Grandi Problemi e Piccole Democrazie
A forza di occuparci dell’aspirante dittatorello di casa nostra, già condito a puntino e pronto per essere bollito entro Natale, rischiavano di tralasciare le questioni serie, trascurando le relazioni internazionali.
Se la situazione non fosse tragica, ci sarebbe quasi da ridere ripensando al Nobel preventivo per la pace, accordato sulla fiducia al più grande piazzista di armi del pianeta e principale sponsor della peggior ciofeca mai uscita prima dagli hangar della Lockheed-Martin (l’economico aeroplanino F-35). Parliamo del pur volenteroso Barack Obama, presidente di belle speranze e nessuna sostanza, impantanato alla Casa Bianca, ostaggio com’è di una politica come quella americana che si nutre di suggestioni imperiali, pulsioni reazionarie e capitalismo selvaggio, senza possibilità di deroghe o eccezioni ad un corso considerato immutabile. E questo vale per qualsiasi amministrazione USA, a prescindere dal colore politico, che poi la scelta pur tenendo conto delle doverose (e ininfluenti) eccezioni si traduce in ben poca cosa: i nazi-fondamentalisti del Partito Repubblicano ed i liberal-fascisti di quello Democratico, con compressione delle estreme e convergenza al ‘centro’ nel raggiungimento di un equilibro di compromesso, secondo il più classico dei paradossi elettorali formulato a suo tempo dal Marchese de Condorcet.
Ad essere perfidi, parliamo in fondo di una nazione composta per i 2/3 da nevrotici compulsivi, ossessionati dall’accumulazione di denaro, e bigotti bambinoni semi-analfabeti con un culto malato per le armi ed una passione perversa per le esecuzioni capitali.
Nell’ambito dell’autoproclamata “grande democrazia americana”, quello che più disturba non è tanto l’aspirazione egemonica per volontà di potenza, ma l’insopportabile presunzione ‘morale’ di una timocrazia fondata sulla disuguaglianza, a cui fa da contraltare quell’ininfluente accozzaglia di oligarchie censitarie, confederate in una gilda mercantilista che chiamano UE, e che alcuni erroneamente confondono con l’Europa, unita nella sovranità del ‘Mercato’ sui popoli.
Su più vasta scala, il Grande Fratello americano si distingue per
attivismo e pretese, intimamente convinto che il pianeta sia una sua proprietà esclusiva, graziosamente concessa in comodato d’uso presso terzi ed in ogni momento reclamabile come propria. In questo, O’Banana è irresistibile quando, impermeabile ad ogni ipocrisia come i suoi imperiali predecessori, blatera qualcosa a proposito di violazione del “diritto internazionale” e “disprezzo della vita umana”, denunciando sdegnato “l’incombente catastrofe umanitaria”. Ovviamente, non allude all’immane mattatoio in corso a Gaza (come sparare fucilate in un recinto di elefanti); certamente non alla Libia, dopo l’immenso casino nel quale è stato precipitato il paese, in seguito alla frettolosa rimozione dell’amico Gheddafi; meno che mai a solide democrazie alleate come il Pakistan o l’Afghanistan o l’Arabia Saudita, oppure l’Iraq liberato a suon di bombe intelligenti…
Perché come ebbe a dire Henry Kissinger a proposito della bestiale dittatura di Anastasio Somoza in Nicaragua, con le sue bande di baby torturatori addestrati a cavare occhi con un cucchiaio: “è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana”.
Quando parla di crimini e violazioni, Mr President infatti si riferisce alla Russia del gelido Putin: il cattivone storico che da sempre costituisce il villain preferito dei supermen tutti strips & stars. E proprio non si capacita sul perché mai, per esempio, il solito orso russo abbia preso così a male l’idea di farsi piazzare a ridosso dei suoi confini, e direttamente puntati
sotto al proprio naso, batterie missilistiche THAAD nell’ambito di follie come lo SDI e in flagrante violazione del Trattato ABM (per poco e per molto meno Kennedy e McNamara nel 1962 non scatenavano la terza guerra mondiale!). Quindi nella reiterazione della provocazione, si schiera senza se e senza ma col nuovo amichetto di turno: quella consolidata democrazia ucraina che si avvale dei paramilitari neo-nazisti di Pravy Sektor, da utilizzare come milizie ausiliarie per le operazioni sporche di pulizia etnica nei distretti orientali; si tratta di un’organizzazione talmente marginale da aver potuto esprimere un ministro della difesa nella nuova Ucraina democratizzata previo colpo di stato, per la pacificazione dell’Est a stragrande maggioranza russa.
Per motivazioni identiche ma su posizioni diametralmente opposte, USA e Europa hanno dapprima sostenuto lo smembramento della ex Jugoslavia e poi la guerra per la secessione del Kossovo dalla Serbia (storico protettorato russo).
Con ogni evidenza, le ragioni cambiano a seconda delle convenienze della realpolitik. Coerentemente, un secondo dopo l’abbattimento del jumbo malese sui cieli di Donetsk, il Dipartimento di Stato statunitense ha subito stabilito che ad abbattere l’aereo sono stati i “filo-russi”, invocando sanzioni e provvedimenti esemplari. Questa volta, dopo la figuraccia internazionale della smoking gun irachena, l’amministrazione statunitense non s’è nemmeno disturbata a produrre uno straccio di ‘prova’ ancorché fumosa. Ci
si è resi infatti conto che con i lanciarazzi a spalla di cui i “ribelli” certamente dispongono (i Grail-Strela) e coi quali abbattono i mastodontici elicotteri Hind di Kiev, difficilmente si può colpire un aereo di linea in alta quota, pertanto il missile dovrebbe provenire (quasi) sicuramente da una batteria anti-aerea di missili Buk-M1: postazioni talmente piccole e poco invasive da passare inosservate. Sono armamenti in dotazione standard dell’esercito ucraino (escluso a priori), ma non nella disponibilità degli insorti. E quindi il missile non può che essere stato sparato dai russi. Il che può essere ipotesi plausibilissima, che necessita però di essere provata fuori da ogni dubbio. E questo interessa molto meno a chi ha già decretato la sentenza di condanna a prescindere.
La strage di civili ad Odessa, linciati e bruciati vivi dai nuovi “trawniki” della ‘democrazia’ ucraina (a cui sono stati subito concessi sull’unghia e senza garanzie crediti sempre negati alla martirizzata Grecia), o i bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile di Sloviansk invece sono stati prontamente archiviati dalle cancellerie occidentali e frettolosamente dimenticati. Non sono infatti funzionali alla nuova propaganda di guerra.
In fondo a Donetsk come a Gaza, in Siria come a Bengasi, è tutta una questione di prospettive…
Come diceva qualcuno che di relazioni pericolose e proposte che non si possono rifiutare se ne intendeva: “it’s just a business”. Sono soltanto affari. Per tutto il resto si tratta di semplici “danni collaterali”.
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This entry was posted on 1 agosto 2014 at 21:38 and is filed under Masters of Universe, Risiko! with tags Armi, Barack Obama, Crisi internazionale, Democrazia, Donetsk, Esteri, Europa, Gaza, Guerra, Henry Kissinger, Israele, Liberthalia, Paradosso di Condorcet, Politica, Pravy Sektor, Relazioni Internazionali, Russia, SDI, Stati Uniti d'America, THAAD, Ucraina, UE, USA. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.
4 agosto 2014 a 15:12
In effetti con i tanti miliardi spesi per le armi si potrebbero risolvere molti problemi… si parla di 1464 miliardi di dollari all’anno… si dice anche che con 19 miliardi di dollari/anno si eliminerebbero la fame e la malnutrizione nel mondo, con altri 12 miliardi di dollari/anno si potrebbero garantire la scolarizzazione a ogni bambino del mondo ed infine con 23 miliardi di dollari/anno si potrebbero fermare la diffusione di Aids e malaria.
Discorsi lapalissiani che anche un bimbo capisce ma che purtroppo rimangono lettera morta.
L’offerta politica italiana è al ribasso, perchè non vi presentate alle prossime elezioni politiche magari con il nome di @Liberthalia?
Buon proseguimento!
4 agosto 2014 a 17:15
🙂 No, per carità!!
Grazie davvero per la fiducia e la stima dimostrata, ma di partito-moVimento-blog-sito uno basta e stra-avanza.