IUXTA BELLA
Nell’antichità, per distinguersi dall’esecrato dispotismo orientale, Greci e Latini ci tenevano moltissimo a fornire una giustificazione per le proprie campagne militari, conferendo alla guerra una sua legittimità nell’inevitabilità del conflitto armato.
Soprattutto per i Romani, la guerra doveva rappresentare la risposta ad un torto più che circostanziato (causa suscepta). L’apertura delle ostilità belliche era in genere preceduta da un complicato rituale cerimoniale, che aveva la duplice funzione di escludere ogni composizione pacifica e assicurarsi la benevolenza delle divinità, in prospettiva delle rappresaglie (clarigationes) per la ricomposizione del danno presunto (rerum repetitio), perché per sua natura la guerra doveva sempre essere un “bellum iustum ac pium”.
Poi va da sé che spesso e volentieri le guerre non si rivelavano giuste né sante, rimesse com’erano al capriccio di un giovane monarca assettato di gloria e desideroso di distinguersi agli occhi dei sudditi…
Più spesso e volentieri (che i soldati della ‘gloria’ si stancano presto), scaturivano dalla fame di terre altrui, dall’avidità di bottino e dalla bramosia di saccheggio, che nelle economie di rapina del mondo antico costituivano la
principale forma di arricchimento. Oppure, le ragioni andavano ricercate nell’iniziativa personale di un qualche generale ambizioso, o governatore di provincia, che avrebbe sfruttato le proprie fortune militari in campagna elettorale, per costruirsi una carriera politica.
A posteriori, un “casus belli” si trovava sempre. O in alternativa lo si inventava.
Per fortuna, oggi le cose funzionano in maniera totalmente diversa. E mai si potrebbe concepire una guerra per impossessarsi e sfruttare le risorse altrui; per occupare ed espropriare terre con requisizioni forzate, cacciandone via i legittimi proprietari. E magari poi candidarsi alle elezioni sventolando i propri successi di guerra, per accreditarsi come ‘uomini di polso’ contro i nemici esterni della nazione.
Tempora mutantur et nos mutamur in illis; ai tempi odierni, chi mai agirebbe più così?!?
Oggi è lo stesso concetto di conflitto convenzionale ad essere superato, tanto che le guerre non esistono nemmeno più. O quanto meno si nega loro la sostanza, cambiando la formula semantica per la loro definizione, nell’illusione possano essere altro da ciò che effettivamente sono. E dunque, pur di non evocare lo spettro, si preferiscono allocuzioni come: “ingerenza umanitaria”; “operazione di polizia internazionale”; “attacco chirurgico” (con tutta la precisione di un’appendicectomia affidata ad un malato di Parkinson con un trincetto in mano) e “bombe intelligenti”…
Il continuo stato d’assedio a cui è sottoposta la Striscia di Gaza sta lì a dimostrare quanto grottesche e oscene siano simili definizioni di compromesso, nella distorsione della realtà della guerra.
Su quanto possano essere ‘intelligenti’ centinaia di granate sparate a casaccio contro un centro densamente abitato, da un mortaio montato su un M106, sicuramente potranno fornirci lumi quei fortunati che, ricevendo il colpo sopra le loro teste, entreranno a far parte degli “incidenti collaterali”.
Per non parlare poi delle scariche d’artiglieria scagliate da innocui obici semoventi, come i discreti M109…
Nemmeno il Nemico, inteso come entità, organizzazione, esercito, irriducibilmente alieno nella sua alterità ostile, ma quantomeno dotato di una propria identità e riconoscimento, esiste più. Oggi ci sono solo “terroristi”, intesi come massa indistinta ed onnicomprensiva, contro i quali ovviamente si scontrano le “forze del bene”. Contro i ‘terroristi’ – è risaputo! – le convenzioni ed i codici militari, che sono stati inventati per cercare di mitigare la ferocia della guerra, ovviamente non si applicano.
E se le regole non esistono più, allora tutto diventa lecito…
Tanto che a proposito dell’ecatombe attualmente in corso nel mattatoio di Gaza, sul quotidiano conservatore “Times of Israel”, prima della rimozione, era possibile leggere un ispirato editoriale di tal Yochanan Gordon: rampollo di una dinastia di editori yiddish ultra-ortodossi che controllano la testata giornalistica, in cui il giovane Yochanan esercita le sue arti di “opinionista” di papà. È dalle colonne del giornalino di famiglia che il piccolo Sansone redivivo ama esibire il proprio élan guerriero. Il titolo dell’articolo è sibillino, per conclusioni ancor più ambigue:
“QUANDO IL GENOCIDIO È CONSENTITO”
«[…] Concluderò con una domanda per tutti i filantropi là fuori: il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha chiaramente affermato all’inizio di questa incursione che il suo obiettivo è ristabilire una tranquillità sostenibile per i cittadini di Israele. Abbiamo già stabilito che è responsabilità di ogni governo assicurare la salvezza e la sicurezza della sua gente. Se i capi politici e gli esperti militari determinassero che il solo modo di raggiungere il proprio obiettivo a sostegno della sicurezza è il genocidio, lo si può ritenere ammissibile per il raggiungimento di questi obiettivi prefissati?»
Yochanan Gordon
“Times of Israel”
(01/08/2014)
Sinceramente, l’interrogativo non ci aveva mai sfiorato prima..! Tu che dici, Yochanan?
Ci sono genocidi buoni e genocidi cattivi?!? E come si distingue la differenza?
Da parte sua, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto molto dispiaciuto per le vittime tra la popolazione civile di Gaza, alle quali finanche nega pure la ricostruzione delle case che ha loro (di certo con rammarico) raso al suolo, spesso con gli abitanti dentro. E lo fa dopo aver ordinato la sistematica distruzione di interi distretti urbani, con la
medesima nonchalance con cui si da fuoco ad un formicaio dopo averlo cosparso di benzina. Peraltro questo costituisce un trattamento che nei territori occupati della Cisgiordania si applica più facilmente ai ragazzini palestinesi, piuttosto che alle formiche.
A giudicare dalla coerenza tra pensiero e comportamento, a suo tempo, possiamo immaginare che certamente più di qualche ufficiale nazista si sarà “dispiaciuto”, quando venne conclusa l’operazione di polizia per ‘bonificare’ il ghetto ebraico di Varsavia, dopo la prima insurrezione del Gennaio 1943. Considerato “un pericoloso focolaio di disgregazione e di sommossa”, il ghetto di Varsavia fu preso d’assalto dai poliziotti dell’ORPO (Ordnungspolizei), dagli ausiliari ucraini, e dalle Waffen SS della Polizei-Division, impegnati a reprimere le “bande di criminali e terroristi”, che utilizzavano i tunnel sotterranei per rifornirsi di armi ed esplosivi, nascosti in case trasformate in bunker e depositi clandestini, da utilizzare contro gli invasori con la svastica.
«Per motivi di sicurezza ordino che il ghetto di Varsavia sia smantellato, dopo aver trasferito all’esterno il campo di concentramento e avere in precedenza utilizzato tutte le parti della case e i materiali di qualsiasi tipo che possono comunque servire. La demolizione del ghetto e lo spostamento del campo di concentramento sono necessari, perché altrimenti non porteremo mai la calma in Varsavia e, permanendo il ghetto, non si potrà estirpare la delinquenza.»
Heinrich Himmler
(16/02/1943)
La differenza con l’attuale Ghetto di Gaza? Probabilmente il colore delle uniformi e il fatto che al contrario dei loro omologhi nazisti, i soldati di Tsahal (l’esercito israeliano) si guardano bene dall’avventurarsi in profondità tra i centri urbani, preferendo raderli al suolo a distanza insieme ai nuovi “subumani” che vi abitano, evidentemente reputati di nessuna utilità e considerati meno di bestiame da macellare.
Perché come ci insegna il buon Yochanan Gordon:
“Chiunque viva con installazioni di lanciarazzi o tunnel del terrore scavati attorno o nelle vicinanze della propria abitazione non può essere considerato un civile innocente.”
La pensava così anche il generale Jürgen Stroop, che comandava le unità impegnate nel Ghetto di Versavia. Peccato che alla fine del secondo conflitto mondiale sia stato impiccato come criminale di guerra. Invece, contro gli “empi filistei” (così sono stati chiamati i palestinesi in alcuni settori della destra israeliana!) l’ipotesi di sterminio è “permissible”.
A tal propoito, Tsahal è forse uno degli ultimi e pochissimi eserciti moderni ad applicare con disinvoltura il “diritto” di rappresaglia, che esercita senza distinzione alcuna nei confronti degli obiettivi e dei danni subiti: scuole rifugio dell’ONU, ospedali e ricoveri per profughi; parchi gioco per bambini e abitazioni civili; luoghi di culto… tutto costituisce un obiettivo legittimo in evidente sproporzione di mezzi a disposizione e risposta, nella totale indifferenza (e disprezzo) per la vita umana. Perché a Gaza non esistono zone franche, né posti sicuri, né tregue che tengano (perfino lo zoo cittadino è stato bombardato!).
E se è vero (come non è vero) che Hamas è soltanto un’organizzazione terroristica che si fa scudo della popolazione civile, è soprattutto vero che le forze armate israeliane non si fanno alcuno scrupolo a colpire entrambi. E ciò è intollerabile per qualunque compagine statale abbia la pretesa di essere una democrazia. Per essere reputato tale, uno stato democratico deve sottostare alle regole condivise del diritto internazionale. Se le viola in aperta e sistematica flagranza, si pone automaticamente fuori da tale consesso civile, qualificandosi per ciò a cui più assomiglia: uno Stato etnico basato sulla discriminazione confessionale e la segregazione razziale, scaturito da un focolaio abusivo insediatosi con la forza su territori dell’ex impero ottomano, che ha esaurito da tempo la sua missione storica, politica, e finanche ‘morale’.
La facilità con cui Israele marchia i suoi nemici come “terroristi” (così come bolla i suoi detrattori come “anti-semiti”), negando loro ogni dignità e dunque precludendo qualsiasi dialogo, costituisce in realtà uno strumento assai rischioso…
Troppo spesso si finge di ignorare quanto per Israele il “terrorismo di stato” sia stata una pratica consolidata fin dai primi atti della sua fondazione e molto più di un’eccezione, tanto da costituire una costante della sua storia, insieme al ricorso degli “omicidi mirati” (veri assassini di stato contro i propri nemici politici) ed i sequestri di persona.
Su cosa sia il “Terrore” d’altronde Israele ha le idee chiarissime e non ne ha mai fatto mistero, tanto è esperto nella pratica come nella teoria:
«Né la moralità, né la tradizione ebraica possono negare l’uso del terrore come mezzo di battaglia. Noi siamo decisamente lontani da esitazioni di ordine morale sui campi di battaglia nazionali. Noi vediamo davanti a noi il comando della Torah, il più alto insegnamento morale del mondo: “Cancellateli… fino alla distruzione!” Noi siamo in particolare lontani da ogni sorta di esitazione nei confronti del nemico, la cui perversione morale è accettata da tutti. Ma il terrore è essenzialmente parte della nostra battaglia politica alle presenti condizioni e il suo ruolo è ampio e grande. Ciò dimostra, a chiare lettere, a coloro che ascoltano in tutto il mondo e ai nostri fratelli scoraggiati fuori le porte di questo paese che la nostra battaglia è contro il vero terrorista che si nasconde dietro le sue pile di carta e di leggi che egli ha promulgato. Non è diretta contro il popolo, è diretta contro i rappresentanti. Finora ciò è efficace.»
“Terrore” (Agosto 1943)
Pubblicato su “Il Fronte” (He Khazit), giornale clandestino del Lehi.
Tra il 1930 ed il 1950, le organizzazioni clandestine armate legate al “sionismo revisionista” di Zeev Jabotinskij, operative in Palestina, si contraddistinguono per ferocia e per lo stillicidio degli attentati dinamitardi contro autorità britanniche e popolazione araba, in un continuo deflagrare di bombe sui treni e nei mercati, nei cinema e negli uffici postali, sugli autobus e nelle stazioni ferroviarie. A questi vanno aggiunte le uccisioni a sangue freddo dei fellahin arabi che vengono ammazzati mentre lavorano nei campi a scopo intimidatorio, insieme ad i raid notturni nelle fattorie arabe ad opere delle SNQ (Special Night Squads) dell’Haganah Leumi, applicando con largo anticipo quella che poi verrà universalmente chiamata “pulizia etnica”.
Lo stesso Likud, il principale partito della destra nazionalista attualmente al governo in Israele, è la filiazione politica di organizzazioni armate come l’Irgun ed il Lehi della famigerata Banda Stern, le attività terroristiche dei quali culmineranno con la strage del King David Hotel di Gerusalemme (22/07/1946), quando i terroristi dell’Irgun fecero saltare in aria un’intera ala dell’albergo, ed il massacro di Deir Yassin (09/05/1948) con tutti i suoi abitanti passati per le armi a sangue freddo dopo la resa.
A questo si aggiunga il rapimento e l’assassinio dei due sergenti inglesi (Clifford Martin e Marvin Paice nel 1947), fatti ritrovare impiccati in un campo d’ulivo; la distruzione dell’ambasciata britannica a Roma, fatta esplodere nella notte del 31/10/1946; l’omicidio del conte Folke Bernadotte (17/09/1948), inviato ONU a Gerusalemme.
Durante la seconda guerra mondiale, le attività criminali della Stern gang in funzione anti-britannica si spinsero a tal punto da prefigurare un’alleanza strategica con la Germania nazista, in un patto scellerato che alla fine non andò in porto.
La sequela di crimini ed azioni terroristiche delle due bande furono tante e tali, da provocare il biasimo e la reazione sdegnata di moltissimi ebrei, tra cui lo stesso Albert Einstein…
Nell’Irgun Zvai Leumi e nel Lehi hanno militato alcuni dei principali leader politici dello Stato israeliano: Yitzhak Shamir (Lehi) e Menachem Begin (Irgun), entrambi attivamente implicati nelle operazioni terroristiche delle due organizzazioni.
Terroristiche furono altresì le attività del generale e premier israeliano Ariel Sharon, che comincia la sua carriera di criminale di guerra nel 1953 con la strage di Qibya, un intero villaggio spazzato via con tutti i suoi abitanti, e raggiunge l’apice con il massacro di Sabra e Shatila durante l’invasione del Libano nel 1982.
In compenso, una volta costituitosi in stato, Israele della vecchia amministrazione imperiale britannica ha mantenuto ed esteso il regime di occupazione militare e l’amministrazione di tipo coloniale dei territori
palestinesi, esercitando requisizioni coatte e confische illegali, le deportazioni forzate, l’uso dei tribunali speciali militari. Si consideri poi l’attribuzione di un diverso status giuridico per i palestinesi, con evidenti discriminazioni in sede processuale, insieme al ricorso agli arresti di massa, con detenzione indeterminata senza certificazione dei capi di imputazione (tutti “terroristi”!). E non si dimentichi la demolizione di abitazioni e distruzione di beni privati, di proprietà palestinese, che si configurano sempre come una forma di punizione collettiva, in un regime di rappresaglia permanente.
Il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza nel 2007 fu propagandato come una forma di disimpegno unilaterale. Peccato che l’enclave palestinese si sia progressivamente trasformata in un immenso lager a cielo aperto, costantemente sotto controllo militare e privo di qualunque autonomia, dal momento che l’esercito di Tel Aviv controlla i valichi di frontiera, lo spazio aereo, i porti marittimi, e tutte le merci in entrata ed uscita dalla Striscia che devono necessariamente transitare in territorio israeliano. Tutti i fondi e gli aiuti economici destinati a Gaza, da quelli destinati ai servizi sanitari, fino al pagamento dei funzionari pubblici, devono essere depositati in banche israeliane che decidono a propria discrezione quando e se erogare le risorse indebitamente trattenute.
A sua volta, puntellata com’è di fortini, avamposti militari, check-point, borghi fortificati e colonie armate, la stessa Cisgiordania assomiglia più ad una riserva indiana rosicchiata dalle giubbe blu, che un “territorio autonomo”: né stato indipendente, né protettorato ONU, ma solo un controsenso geografico a cui attribuire un ambiguo riconoscimento giuridico, senza alcun risvolto pratico e soggetto a tutte le violazioni possibili.
A guardare bene, le esecuzioni extragiudiziali, i rastrellamenti e gli arresti di massa, la totale assenza di processi regolari, le detenzioni illegali, la sistematica distruzione delle proprietà dei sospetti, gli espropri forzati e senza alcun indennizzo, le incursioni militari… insieme alla palese violazione di ogni elementare norma di diritto e di qualunque disposizione terza da parte di organismi internazionali, nell’assoluta certezza che le violazioni non comporteranno alcuna conseguenza o sanzioni, non sembra che pongano molte alternative alla popolazione palestinese che può scegliere tra un regime brutale di occupazione coloniale o un embargo feroce.
In seguito al blocco imposto alla Striscia nel 2008, è stata creata una zona di interdizione di tre km ovviamente all’interno del territorio palestinese e imposto un blocco marittimo che impedisce ai pescatori di Gaza di spingersi oltre le tre miglia navali dalla costa. A meno che questi non vogliano essere mitragliati dalla Marina israeliana e vedersi sequestrare le imbarcazioni. Tagliata fuori da ogni collegamento con i territori autonomi della West Bank, a loro volta frazionati a macchia di leopardo, la Striscia di Gaza risponde alla più classica delle strategie: divide et impera.
E quando questo fondamentale requisito viene mene, ogniqualvolta le fazioni palestinesi sembrano raggiungere un accordo condiviso per una politica unitaria ed una azione comune, Israele attacca adducendo un qualche pretesto che non manca mai.
Per esempio nell’autunno del 2000, quando il premier Ariel Sharon organizzò una provocazione premeditata che scatenò volutamente la rivolta generale dei palestinesi (la Seconda Intifada), per stornare l’attenzione dal fallimento degli accordi di pace (sistematicamente sabotati dal Likud e dall’area più oltranzista della destra israeliana) e legittimare la svolta fascista in Israele, col risultato di favorire ogni volta il sopravvento di formazioni ancora più radicali, come il caso di Hamas e Jihad che hanno progressivamente soppiantato le indebolite organizzazioni laiche di Al-Fatah ed i marxisti del FPLP.
E poi ci sono i sistematici raid su Gaza, che avvengono ormai a cadenza regolare, e che preferibilmente vengono lanciati in prossimità di ogni tornata elettorale in Israele o crisi di popolarità per questo o quell’esecutivo di governo…
Sostanzialmente, il governo conservatore di Tel Aviv cercava solo un pretesto per scatenare l’ennesimo attacco nella Striscia di Gaza, da quando ha iniziato a profilarsi l’ipotesi di un governo di unità nazionale tra i palestinesi della Cisgiordania e quelli di Gaza, con una convergenza delle due principali organizzazioni politiche dei territori autonomi: Al Fatah ed i “terroristi” di Hamas, che avrebbe implicato un maggior peso nell’ambito delle trattative internazionali. Soprattutto non si poteva ammettere alcun cedimento nei confronti dei “terroristi” di Hamas, che si rifiutano di riconoscere lo Stato di Israele (esattamente come Israele ha sempre negato ogni riconoscimento di uno Stato palestinese) e predicano la sua distruzione. Bisogna dire che all’atto pratico l’intento riesce molto più facilmente al governo di Tel Aviv, rispetto ai propositi di Hamas: i razzetti portatili Al-Qassam hanno fatto una ventina di vittime in poco più di dieci anni (meno morti degli incidenti stradali in un week-end), mentre Tsahal ammazza sotto i suoi bombardamenti qualche migliaio di civili ogni due anni, tanto per bilanciare il rapporto demografico.
Sull’altro versante atlantico, l’Amministrazione USA si dice “scioccata” per le ultime stragi di civili, che in massima parte riguardano bambini (gli adulti
invece possono anche crepare senza troppi turbamenti). Però poi all’atto pratico non fa nulla di concreto per fermare il massacro indiscriminato, salvo bloccare sistematicamente col proprio veto al consiglio dell’ONU ogni risoluzione di condanna nei confronti di Israele; giustificandone incondizionatamente qualunque azione (e relativi crimini di guerra); rimpinguandone gli arsenali militari con sistemi balistici e supporti tecnologici di ultima generazione, a meno che non si creda che gli israeliani combattano le loro guerre solo con mitragliette Uzi e fucili automatici Galil. Gli Stati Uniti, indistintamente dal governo in carica, hanno sempre concesso crediti illimitati per svariati milioni di dollari, a carico del contribuente americano tanto ossessionato dalle tasse. Il bravo Barack Obama, a cui si deve a chiacchiere la posizione più critica che gli USA abbiano mai avuto nei confronti degli “eccessi” di Israele, in concreto ha stanziato circa un miliardo di dollari a fondo perduto, e ulterioremente rifinanziato, per la fornitura di sistemi d’arma a Tsahal. Dopo le stragi di Gaza, il contributo non è stato messo affatto in discussione ed anzi è stato prontamente confermato ed incrementato: Israele ha svuotato gli arsenali e bisogna riempirglieli per la prossima guerra.
Al contempo, gli investitori americani acquistano titoli di stato che nessun hedge funds statunitense si sognerebbe mai di reclamare in caso di insolvenza, al contrario di quanto avviene ad esempio per i bond argentini, contribuendo in maniera fondamentale alla prosecuzione dell’orgia di sangue in un circo stanco.
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6 agosto 2014 a 00:07
Divagazioni sui nazisti a parte sembra di leggere quel malato di mente di bimbominkio di stronzfront, parlare con lui ti ha fatto male.
6 agosto 2014 a 01:20
Forse è proprio questo il ‘problema’: io con le persone ci parlo; non le trasformo in mostri disumani da sopprimere. Forse perché, appunto, mi sforzo di continuare a considerare una “persona”, e dunque un essere umano, anche il mio potenziale peggior nemico.
«Nel caso del conflitto israelo-palestinese è stata la pratica dell’apartheid – nei termini di separazione territoriale esacerbata dal rifiuto al dialogo, sostituito dalle armi – che ha sedimentato e attizzato questa situazione esplosiva.

[…] Israele pratica l’apartheid ricorrendo a “due sistemi giudiziari palesemente differenti: uno per i coloni israeliani illegali e un altro per i palestinesi ‘fuorilegge’. Del resto, quando l’esercito israeliano ha creduto di aver identificato alcuni sospetti palestinesi (nella caccia ai responsabili dell’omicidio dei tre adolescenti israeliani rapiti in Cisgiordania il giugno scorso, ndr), ha messo a ferro e fuoco le case dei loro genitori. Invece, quando i sospettati erano ebrei (per il susseguente caso del ragazzino palestinese arso vivo, ndr) non è successo nulla di tutto questo. Questa è apartheid: una giustizia che cambia in base alle persone. Per non parlare dei territori e delle strade riservate solo a pochi. E io aggiungo: i governanti israeliani insistono, giustamente, sul diritto del proprio paese di vivere in sicurezza. Ma il loro tragico errore risiede nel fatto che concedono quel diritto solo a una parte della popolazione del territorio che controllano, negandolo agli altri.
[…] Questa è la logica della vendetta, non della coabitazione. Delle armi, non del dialogo. In maniera più o meno esplicita, a entrambe le parti del conflitto fa comodo la violenza dell’avversario per rinvigorire le proprie posizioni. E il risultato è: sia Hamas sia il governo israeliano, avendo concordato che la violenza è il solo rimedio alla violenza, sostengono che il dialogo sia inutile. Ironicamente, ma anche drammaticamente, potrebbero avere entrambi ragione.
Netanyahu e i suoi sodali, e ancor più gli israeliani che bramano il loro posto, si sforzano di fomentare il desiderio di vendetta nei loro avversari. Spargono semi di odio perché temono che l’odio del passato scemi. Alla luce della loro strategia, questi non sono “errori”. I governanti israeliani hanno più paura della pace che della guerra. Del resto, non hanno mai imparato l’arte di governare in contesti pacifici. E, negli anni, sono riusciti a contaminare gran parte di Israele con il loro approccio. L’insicurezza è il loro migliore, e forse unico, vantaggio politico. E magari vinceranno facilmente le prossime elezioni facendo leva sulle paure degli israeliani e sull’odio dei vicini, che hanno fatto di tutto per irrobustire.
Raramente la vittimizzazione nobilita le sue vittime. Anzi, quasi mai. Troppo spesso, invece, provoca un’unica arte, che è quella del sentirsi perseguitati. Israele, nato dopo lo sterminio nazista contro gli ebrei, non è un’eccezione. Quello a cui siamo di fronte oggi è un triste spettacolo: i discendenti delle vittime nei ghetti cercano di trasformare la striscia di Gaza in un ghetto che sfiora la perfezione (accesso bloccato in entrata e uscita, povertà, limitazioni). Facendo sì che qualcuno prenda il loro testimone in futuro.
[…] Le lezioni dell’Olocausto sono tante. Ma pochissime di loro sono state seriamente prese in considerazione. E ancor meno sono state apprese – per non parlare di quelle messe realmente in pratica. La più importante di queste lezioni è: l’Olocausto è la prova inquietante di ciò che gli umani sono capaci di fare ad altri umani in nome dei propri interessi. Un’altra lezione è: non mettere un freno a questa capacità degli umani provoca tragedie, fisiche e/o morali.
[…] Come ha scritto Asher Schechter su Haaretz, l’ultima ondata di violenza nell’area “ha fatto compiere a Israele un ulteriore passo verso quel torpore emotivo che si rifiuta di vedere ogni sofferenza che non sia la propria. E questo è dimostrato da una nuova, violenta retorica pubblica”.»
Sono le parole di Zygmunt Bauman, noto antisemita, famoso per le sue posizioni filo-naziste, e fanatico negazionista.
L’intervista completa la puoi leggere [QUI]; è successiva alla mia pubblicazione, quindi non posso essere accusato di plagio.
Per il resto, le critiche sono sempre lecite, ma gradirei essere contestato nel merito e non nelle intenzioni. Per giunta presunte.
Attendo di essere smentito, in dettaglio, sulle informazioni riportate. Ogni rettifica in proposito è assolutamente la benvenuta e più che apprezzata.
Si vous vouliez permettre, à la prochaine fois!
6 agosto 2014 a 22:23
“Sono le parole di Zygmunt Bauman, noto antisemita, famoso per le sue posizioni filo-naziste, e fanatico negazionista.”
Bauman non è antisemita, non è famoso per le sue posizioni filo-naziste e non è un fanatico negazionista.
Hai preso un granchio grande come king kong, Bauman è un filosofo ebreo molto critico nei confronti dei negazionisti, definirlo antisemita e filonazista significa non conoscerlo minimamente e questo spiega tutta la confusione che hai in testa e le tue vergognose posizioni filopalestinesi, kokaburra ha ragione, il tarlo dell’antisemitismo ti ha corroso profondamente.
7 agosto 2014 a 15:04
Ma tu sei deficiente o cosa?!? Il tarlo della demenza precoce a te invece ha corroso anche quei pochi neuroni funzionanti, che ancora vagavano solitari nella tua gelatina cerebrale.
So BENISSIMO chi è Zygmunt Bauman, non foss’altro perché leggo, studio e apprezzo, i suoi saggi non da ieri, e se ti fossi preso il disturbo di aprire i link allegati, invece di sbrigarti a postare il tuo complemento aggiuntivo di farneticazioni (che a giudicare da tempismo e IP sembrano avere tutte una comune manina di regia..), avresti facilmente avuto conferma che si trattava di semplice ironia. O non ti hanno tradotto bene il testo in francese?
Ma a te ed ai tuoi amichetti dell’Hasbarà, con ogni evidenza, non interessa capire alcunché. E’ per altro che vi pagano…
Non per niente, noto che ci si guarda bene dall’entrare nello specifico dei dati e delle informazioni riportate nella pubblicazione in oggetto, preferendo fare cortina fumogena nella degnigrazione dell’Autore. La solita vecchia tecnica dello “Argumentum ad hominem“.
P.S. Con me il giochetto trito e ritrito dell’antisemitismo sbandierato come clava e marchio di infamia proprio non attacca.
Su queste stesse pagine, sono stato definito a più riprese: “shamash”, “leccasputi dei giudei”, “schiavo di sion”, “ebreo travestito da gojim”, “nasone circonciso dai riccioli neri”… e via declinando altre amene definizioni sempre sullo stesso tenore. Figurati quanto mi può impressionare un’accusa di anti-semitismo, per giunta inoltrata d’ufficio da un’agenzia straniera di propaganda governativa.
P.S.2 Per la prossima volta, qualche suggerimento utile, e sicuramente più intelligente di te, su come impostare la strategia di manipolazione mediatica, lo puoi trovare [QUI]:
“We should stop categorizing everything in black-and-white terms and simply tell the Israeli story, as it is, with the good and the bad. People don’t like to hear too many accusations, complaints and threats aimed at the other side. Self-justification and self-glorification are just as annoying.
We must accept that we will never be popular and supported by everyone, and that even when our friends criticize us, they are still our friends. Not every criticism is delegitimization of Israel and not every accusation is anti-Semitism.”
The Jerusalem Post
(12/06/2014)
7 agosto 2014 a 15:28
sarebbe interessante, a questo punto, risalire all’origine dei rapporti privilegiati fra USA e Stato d’Israele, o quantomeno agli intrecci di potere fra le due potenze. Ciò che Israele ricava con questa collaborazione diabolica è chiarissimo – armi, supporto finanziario, legittimazione per l’esistenza stessa del loro Sato e un brainwashing diretto dai media mainstream occidentali (si sa, quello che si dice negli USA viene ripetuto a pappagallo in tutta Europa) – ma ilt ornaconto degli USA in tutta questa situazione mi pare più subdolo: soldi ricavati dalle vendite di armamenti? Controllo nel medio oriente? (ma allora perché non usare il solito metodo “destabilizza – manda una missione di pace – poni al governo un fantoccio americano che agevoli i commerci di risorse?) vantaggi elettorali? Non saprei quale opzione ritenere più giusta.
7 agosto 2014 a 15:54
Vedrai che adesso anche tu verrai marchiata con la lettera scarlatta dell’antisemitismo..;)
Le motivazioni (e le supposizioni) sono tante e tali, che per racchiuderle tutte non basterebbe un’enciclopedia.
Ne riassumo qualcuna in sintesi, e in modo piuttosto semplicistico, tralasciando le motivazioni “etiche”.. il “risarcimento morale” per lo sterminio degli ebrei in Europa… e tutte le varie ipocrisie che la realpolitik usa da sempre, se funzionali ai suoi scopi ma senza che gliene freghi nulla.
Con la fine del secondo conflitto mondiale ed al principio della “Guerra fredda”, agli USA serviva un solido baluardo in M.O. con un alleato autonomo, militarmente autosufficiente, e assolutamente affidabile, rispetto agli instabili e caotici regimi arabi.
Uno stato come quello di Israele rispondeva, nella politica internazionale statunitense ad una serie di esigenze fondamentali:
Avrebbe favorito il tracollo delle ultime velleità colonial-imperialiste di Francia e Gran Bretagna, estromettendole dal controllo del Canale di Suez (vedasi la crisi del 1956), provocando il loro disimpegno in M.O. e la trasformazione della Gran Bretagna in una sorta di 51° stato dell’Unione.
Al contempo Israele finiva col costituire una ridotta avanzata ed un solido baluardo armato, incuneato tra i regimi baathisti di Siria ed Egitto ed Iraq, col la loro ‘via araba’ al socialismo ed i rapporti privilegiati col nemico di sempre: la Russia (sovietica).
Eppoi si consideri che una fetta consistente dei cittadini israeliani ha doppia cittadinanza statunitense, così come negli Stati Uniti esistono gruppi di pressione tutt’altro che marginali e che in qualche modo condizionano le scelte del Dipartimento di Stato, per motivi più che elettorali…
Poi certo i governi di Tel Aviv, di pari passo con la sindrome di accerchiamento da parte dei loro bellicosi vicini, hanno anche maturato una sorta di presunzione di onnipotenza nella convinzione che tutto sia loro lecito e che qualunque governo USA alla fine appoggerà con poche o nussuna condizione le loro scelte, anche le più discutibili.
Finora bisogna dire che non hanno avute molte smentite in merito.
7 agosto 2014 a 16:07
sì, ora arriverà qualcuno a dare dell’antisemita pure a me, ignorando le proteste che gli stessi ebrei (coraggiosissimi, bisogna dire, considerato il clima politico che regna a Tel Aviv al momento) hanno organizzato negli ultimi giorni ad Israele; o i ragazzi miei coetanei che, ancora più coraggiosi, si sono rifiutati di arruolarsi nell’esercito israeliano (per poi finire in prigione, a quanto sembra). -e proprio loro sono la speranza, loro sono i veri ebrei che facendosi sentire dall’interno si oppongono al vero antisemitismo e al fascismo repressore del governo israeliano. come abbiamo detto spesso, è comodo semplificare tutto e ridurre ai minimi denominatori.
la tua risposta comunque ha fatto più chiarezza fra le mie supposizioni e mi ha confermato che volenti o nolenti lo zio sam mette sempre il becco ovunque, ma al contempo si erge a baluardo di civilizzazione e moralità, come da tradizione.
7 agosto 2014 a 16:10
*ovviamente mi riferisco ad ALCUNI ebrei che si stanno opponendo, insomma quelli non completamente assuefatti alla propaganda governativa israeliana
7 agosto 2014 a 16:11
Di cui puoi apprezzare i ben poco mirabili esercizi esposti sopra..;)
7 agosto 2014 a 16:27
già, a parte gli ormai famosi che si mettevano con la bibita ad applaudire mentre i bombardamenti erano in atto sono anche da segnalare: le campagne web delle IDF che hanno chiesto alle donne israeliane di postare sul web il loro sostegno morale e quelle si sono immortalate in bikini su instagram con le scritte “i love IDF”; i commenti in molti siti di informazione israeliani in cui il minimo che ho letto erano cose come “uccidete tutti i figli perché poi crescono terroristi”; le dichiarazioni orrende di Ayelet Shaked, paradigma di tutta l’estrema destra israeliana; e tanto altro ancora, figurati che molti personaggi in vista di Israele che si sono opposti pubblicamente alla politica governativa sono stati apertamente minacciati di morte.
qui nel video che posto si può osservare un democratico scambio di opinioni a Tel Aviv in cui, a metà video, dei galantuomini pro-governo confutano pacatamente le posizioni dei contestatori :
7 agosto 2014 a 20:53
Carissima,

L’iniziativa di sostegno delle soldatesse israeliane ai propri commilitoni, con esibizione di fotine più o meno osé, non credo che rientrasse nelle intenzioni dell’IDF (Tsahal) che in genere su queste iniziative è molto più sobrio. Ciò detto, queste sono goliardate da caserma, assolutamente innocue, e nemmeno tra le più le più discutibili e di pessimo gusto, come le t-shirts “One shot two kills“, con l’immagine con un mirino puntato sul pancione di una donna inburkata.
L’intera collezione estiva la si può ‘ammirare’ QUI.
La cosa secondo me più grave è che si vuole far credere che la svolta autoritaria e parafascista attualmente in corso in Israele sia rappresentativa dell’intera società israeliana e che questa a sua volta sia identificativa di tutti gli “ebrei”, senza possibilità di eccezione.
Va da sé che ogni opposizione interna viene bollata come anti-nazionale e chiunque si faccia promotore di posizioni critiche viene indicato come un “traditore”; mentre in tutti gli altri casi si liquida la faccenda come anti-semitismo.
E’ una tecnica che non funziona più e che anzi favorisce le posizioni più oltranziste: gli “antisemiti” (nella cui categoria praticamente rientra chiunque non sia allineato col nuovo corso di ultra-destra) vanno silenziati; i “traditori” vanno eliminati.
Al vecchio Likud, ormai si affiancano partiti molto più estremi, legati all’integralismo religioso, come il Gush Emunim ed il Kach.
In tale ambito, la criminalizzazione di ogni opposizione critica ma ragionata, dentro e fuori i confini di Israele, è andata di pari passo con l’affermazione del movimento Neo-Con negli USA, sul finire degli anni ’90, che ha i suoi fondamenti intellettuali (e legami impliciti) col pensiero di Leo Strauss, e ha segnato l’era di George W. Bush, con le sue “guerre preventive” e guerre eterne (chiamate enduring freedom) che guarda caso hanno avuto il loro scacchiere privilegiato in M.O.
Un nuovo approccio che è stato fatto proprio da tutte le destre “liberal-liberiste” occidentali e che in Italia ha il suo megafono privilegiato ne “Il Foglio“ di Giuliano Ferrara.
Nello stesso periodo in Israele c’è stato un vero golpe bianco, che ha portato all’avvento di una destra sempre più razzista, violenta, e confessionale. Questa involuzione democratica si può simbolicamente far coincidere con l’assassinio di Yitzhak Rabin nel 1995. Lungi dal rientrare, è proseguita con violenti attacchi contro la Sinistra laica ed il meglio dell’intelligenza culturale di Israele: uomini che peraltro hanno militato spesso e volentieri nel sionismo laburista, partecipando attivamente alla difesa di Israele sul fronte di guerra, al contrario degli esaltati rabbini chassidici che sembrano condizionare in maniera sempre più pesante la Knesset.
Ne hanno fatto le spese esponenti di organizzazioni umanitarie e pacifiste ebraiche e giganti intellettuali del calibro di Zeev Sternhell, forse il più grande esperto al mondo dei movimenti fascisti, contro i quali sono state emesse delle vere e proprie taglie per la loro morte.
Tanto si rischia oggi ad essere laici, progressisti, critici e indipendenti, in un Israele che (lontano dall’ipermoderna città di Tel-Aviv) sembra sempre più in balia di fanatici religiosi ed estremisti, che in ogni altra latitudine del globo, in senso estensivo, vengono chiamati per quello che sono: fascisti.
9 agosto 2014 a 16:41
Una volta si chiamavano pogrom, adesso si chiamano “manifestazioni di solidarietà per il popolo palestinese”, storicamente questo popolo non è mai esistito, l’hanno invetato qualche decennio fa, ma non stiamo tanto a sottilizzare, l’importante è dire che gli ebrei sono cattivi, criminali e implicitamente vanno odiati. L’antisemitismo ha diverse facce, una è quella del gestore di questo sito, che ci vorrebbe tutti morti, ma non vuole ammetterlo e allora preferisce dire che gli ebrei sono sterminatori di popoli. CI STIAMO DOLO DIFENENDO da chi ci vuole distruggere, da chi nel suo statuto ha stabilito che tutti gli ebrei del mondo devono essere uccisi, ci stiamo difendendo per il diritto ad una terra che ci hanno negato da migliaia di anni, la NOSTRA terra. Cosa dovremmo fare? non dovremmo difenderci dai migliaia di razzi che i terroristi ci lanciano addosso? dovremmo restare impassibili e calmi mentre ci massacrano? Israele non morirà, Israele continuerà a vivere, malgrado l’odio antisemita che ha avvelenato il mondo.
9 agosto 2014 a 17:15
Non entro nel merito e non polemizzo. Non ne vale nemmeno la pena, tanto mi rendo conto siano andati completamente smarriti il senso delle proporzioni e finanche delle parole, e soprattutto la minima ombra di decenza quando si parla di “massacri” e si usa con tanta superficiale leggerezza la solita offesa di anti-semitismo, alla stregua di uno sputo virtuale, ogni volta si è a corto di argomentazioni mentre rimorde la coscienza:
“manifestazione di solidarietà al popolo palestinese” diventata sinonimo di “pogrom“ (!)…
Solomon, ma tu sai davvero cos’è un pogrom?!?
La “NOSTRA terra”…
Quindi tutti gli ‘altri’ sono abusivi ed in un modo o nell’altro vanno sloggiati; con le buone e soprattutto con le cattive. Insomma, dopo “migliaia di anni” (di assenza), la “nostra terra” va ripulita dalle presenze indesiderate.
Ti ringrazio invece per certe implicite delucidazioni: pensavo (evidentemente sbagliando) che fosse una guerra contro Hamas, invece ora apprendo che è una guerra contro il “popolo palestinese” che per inciso “non è mai esistito“, tanto per rimanere nell’ambito del reciproco riconoscimento e dialogo.
Quindi, nel fondamentale diritto alla difesa, rientra pure la distruzione degli ospedali e dei centri di raccolta profughi, a maggior ragione che si sta bombardando qualcosa che nemmeno esiste.
Non io, ma qualcun altro è avvelenato da un odio insanabile e da un fanatismo che acceca la ragione e offusca i sentimenti.
Non io, ma qualcun altro dissemina odio nella ricerca di nemici che vuole morti.
Per quelli come te, Shlomo, provo solo una pena infinita. E mi rendo conto che il peggior nemico di Israele è la paura che gli cova dentro e che genera l’odio cieco che ne sta divorando l’ossatura democratica.
A proposito, è un antisemita, intriso di odio verso gli ebrei, “che ci vorrebbe tutti morti“, istigatore di pogrom anche lui?!?
12 agosto 2014 a 23:32
hahahahahahaha… minkia… Shlomo… Carlo Martello…. e quell’altro che dice che mi somigli…. l’ho sempre detto che questa fogna è frequentata dai nasoni, occhio alle chiappe Sette Carati… che questi te le aprono come una cozza.
13 agosto 2014 a 01:37
“Fogna” nella quale sembri sguazzare e abbeverarti copiosamente.

E, come i tuoi pari, presto o tardi ritorni sempre a galla.
17 agosto 2014 a 00:31
ma no… ogni tanto butto un occhio… controllo sempre i “movimenti” del nemico 🙂 … e a quanto pare non sono l’unico.
Sette Carati… fai attenzione che quelli sono pericolosi per davvero, mica sono innocui “nazzzisti” come il sottoscritto, quelli non hanno né il senso dell’umorismo, né la voglia di discutere…. se iniziano a metterti gli occhi addosso sono davvero cazzi tuoi.
23 marzo 2016 a 16:45
Voglio vedere tutti i buonisti di merda qui in mezzo quando magari partono le prime bombe da noi… vi avviso… se sento una lacrima vi prendo a calci in culo a voi e a vostri amici musulmani di merda.