Ma quant’è bellino il Capitano ogni volta che si tocca il pistolino in cerca di rassicurazioni, quando non si traveste da soldatino per sentirselo duro! Pare proprio un Breivik qualunque, mentre se ne sta tutto avvinghiato a qualche vecchio archibugio da sgrillettare in piena estasi guerriera, smanettando in giro i giocattoli scarichi che solerti trafficanti di armi amici suoi gli mettono in mano, alle convention dedicate per la promozione delle vendite, prima di lanciarsi come una ruspa sul buffet da grufolare in diretta facebook, per un trionfo di sughi colanti ad uso selfie. Sorvoliamo sulla provocazione, velatamente minacciosa per intimidazione preventiva, che lo spin-doctor prezzolato a pubblici denari ha pensato bene di lanciare nel Giorno della Resurrezione, avendo compreso benissimo lo spirito pasquale (mentre in Sri Lanka si contano ancora i morti)…
Tralasciamo l’inquietante somiglianza con altre macchiette abborracciate, per analogie scenografiche che a quanto pare sfuggono alla macchina della propaganda leghista…E sorvoliamo pure sul patetico tentativo di accreditare la versione machista del “Capitano” in armi, pronto a scendere in guerra con lo scolapasta in testa, nella vana impresa di elevare il pupazzone armato ad icona-pop. Uno così, con quella faccia da onanista compulsivo, al massimo può tirarsi una scarica di mitra sul piede, o mozzarsi una falange infilando il dito nel carrello di armamento, mentre imita i gangsta-rap allo specchio mascherandosi da sbirro; senza capire che per quanto grossa possa essere l’arma da brandire a mo’ di protuberanza fallica, ci sarà sempre qualcuno che avrà un pistolone più grande del tuo… Uno così, nella trasparenza di come appare, si qualifica per ciò che è: un COGLIONE. Evidentemente, il modello di riferimento che agita le fantasie armate di un Luca Morisi (il grande esperto di comunicazione) deve essere Al Capone. Tuttavia, viste le frequentazioni del duce di ghisa, tra boss mafiosi, bancarottieri, ladroni conclamati, razzisti viscerali e vecchi arnesi del nazifascismo di ritorno, è lecito credere che il povero Alphonse potrebbe persino provare un qualche imbarazzo dinanzi ad una simile compagnia. Perché non si seppellisce la merda con il fango: la prima riesce sempre fuori, inconfondibile come l’odore.
Parkland, Florida, considerata una delle città più sicure d’America, almeno fino a quando il mattoide di turno non ha fatto irruzione nel liceo locale per l’ennesimo safari, in una di quelle mattanze fatte in casa alle quali gli americani ci hanno abituati ormai da tempo; a tal punto da non fare nemmeno più notizia, tante sono le stragi di massa nel paese più armato al mondo e più di tutti ossessionato dalla sicurezza. Un paese dove ormai è quasi impossibile fumarsi una sigaretta in santa pace (il fumo uccide!), ma puoi comprarti senza troppi problemi un fucile calibro 50 nell’armeria più vicina. Identikit dell’ultimo sparatore: “nazionalista bianco”, filo-nazista, “difensore della razza bianca”, islamofobo, razzista, feticista delle armi, sociopatico paranoico. Praticamente, a dir male, è la descrizione dell’elettorato preferito da un Matteo Salvini; lo stesso verminaio che il grasso citrullo della pedemontana va coccolando (e fomentando) da mesi, per un pugno di voti in più. In fondo, si tratta solo di folklore.
Il proliferare di cinguettii virtuali via Twitter, di castronerie digitalizzate a mezzo f/b, e di tutto il variopinto campionario di corbellerie variamente assortite, che impazzano senza posa su Siria e Iraq e dintorni, ci insegna fondamentalmente tre cose: 1) che tra i rappresentanti del popolo supino la lingua corre di gran lunga più veloce del pensiero, nell’ansia da dichiarazioni in deficit di prestazioni; 2) che la competenza in materia è inversamente proporzionale alla mole di chiacchiere, con le quali si va sproloquiando in libertà; 3) che una stronzata tira l’altra e che smarrito ogni minimo senso del ridicolo (e finanche del pudore!) si persiste imperterriti nel ribadire la medesima, quasi che la ripetizione possa coprirne l’olezzo, in un mondo che con ogni evidenza ha smarrito le virtù del silenzio. A termini inversi, per parafrasare un celebre aforisma di Woody Allen, si può dire che un imbecille può dire di tutto, senza timore alcuno di smentita. La sua reputazione ne resterà comunque intatta. Di conseguenza, i rancidi frullati di geopolitica domestica dispensati dal Dibba, le allucinazioni fantapolitiche di un Manlio Di Stefano, i pensierini minimali del prof. Becchi (lo specchio del degrado accademico italiano), fino all’immancabile Carlo Sibilia, che come uno scolaretto inetto sbaglia la lezioncina antropologica imparata a memoria e scambia i misteriosi “Kaka’i” con i fantomatici “Cagai” (forse un lapsus in riferimento alla sua inesauribile produzione scatologica), nel fondo del loro letamaio certificato a 5 stelle, non fanno altro che confermare la fondamentale distinzione insita nella categoria di riferimento, tra imbecilli profondi ed imbecilli superficiali. Ai posteri l’ardua sentenza… Ma la categoria in oggetto è tanto numerosa quanto trasversale. E la cacofonia scatenata attorno all’invio di “armamenti leggeri” e relativo “munizionamento” ai peshmerga curdi, sta lì a dimostrarne tutta l’insipienza. Le armi che il governo italiano si impegna ad inviare sono scarti di produzione post-sovietica sequestrati tra il 1992 ed il 1995, durante il conflitto nella ex Jugoslavia. Si tratta di vecchi kalashnikov assemblati con pezzi scadenti (e per questo chiamati ‘kalakov’), stoccati per oltre un ventennio in bunker seminterrati in vecchie ‘polveriere’ male impermeabilizzate dell’Esercito, prevalentemente in Piemonte (dalle parti del Sestriere), e lì dimenticate. Ignorano i ministri Mogherini e Pinotti, e massimamente il ciarliero Telemaco, che dopo 20 anni il “munizionamento” si deteriora diventando inservibile. E lo stesso accade per i fucili mitragliatori che, senza un’adeguata manutenzione e oliatura, rischiano di diventare un pericoloso giocattolo nelle mani di chi li usa. Di solito, le prestazioni non sono delle migliori…
Le forniture in questione dovranno, legittimamente, passare prima per Baghdad. E possiamo dire con discreta certezza che ai combattenti curdi di Kirkuk non arriveranno mai, o comunque saranno consegnate con ampio ritardo e in numero ridotto. Cosa del resto già avvenuta, nel caso dei ben più efficienti e moderni armamenti che lo USArmy aveva lasciato in abbondanza nelle disposizioni del governo iracheno, il quale si è guardato bene dal fornire il materiale bellico all’amministrazione autonomista del Kurdistan, preferendo piuttosto ammucchiare le dotazioni militari in depositi lasciati poi incustoditi al saccheggio dell’ISIS che adesso può contare su forniture di primissima scelta. Dunque, tanto rumore per nulla. O poco più. In alternativa, la proposta pentastellata verte sulla “disponibilità a fornire equipaggiamenti non letali a protezione della vita umana”… Ovvero sia giubbotti antiproiettile (tanto scomodi quanto totalmente inutili contro un calibro 7,62 mm, che poi è il munizionamento standard di un comune kalashnikov) ed elmetti (non è dato sapere se in kevlar, o vecchi caschetti in disuso risalenti al 1970), fondamentali per respingere un attacco in forze dei massacratori dell’ISIS! Si aggiunga “l’apertura di corridoi umanitari, il ripristino delle forniture di acqua potabile” che non si capisce bene come e da chi dovranno essere garantiti e soprattutto difesi (a sassate?!?); insieme “ad una iniziativa internazionale per il cessate il fuoco”, che di fatto coinvolgerebbe ed implicherebbe un riconoscimento internazionale ed una legittimazione legale alle bande di tagliateste e stupratori che scorrazzano indisturbate nel sedicente Califfato salafita (geniale!), perché come dice l’onorevoleManlio Di Stefano: “serve rispetto per capire l’ISIS”. Diversamente, bisogna coinvolgere l’ONU e chiedere l’intervento di una forza internazionale di interposizione, vale a dire i “caschi blu” dei quali si ricorda la proverbiale determinazione e l’efficacia dimostrata a suo tempo nel grande mattatoio bosniaco. Quest’ultima trovata è scaturita dalla fantasia delle animelle belle di SEL, che per non diventare una “costola del PD” si sono ridotte ad andare a rimorchio (per giunta senza alcuna contropartita) della Setta pentastellata, subendone supinamente l’iniziativa in un cascame di sterili distinguo. E si ignora che i famosi “caschi blu” altro non sono che soldati professionista con l’elmetto coperto da una calottina turchese ed i blindati da combattimento verniciati di bianco, imbrigliati in una inefficiente e rissosa (tante sono le nazionalità) catena di comando.
Ma un coinvolgimento delle Nazioni Unite, con mobilitazione del Consiglio di sicurezza e di interminabili “tavoli di discussione” dove nulla mai si decide tra i veti incrociati, avrebbe il duplice vantaggio di posticipare sine die ogni decisione rendendo inutile qualsivoglia intervento. Ad essere ottimisti, si rimanderà tutto da qui a sei mesi. A quel punto, “in IRAQ e in Siria le minoranze perseguitate, non sono solo quelle cristiane ma anche quelle di yazidi, shabak, bahá’í, armeni, comunità di colore, circassi, Kaka’i, kurdi faili, palestinesi, rom, turkmeni, mandei sabei” cesseranno di esistere del tutto. E quindi non si porrà più l’annoso problema della loro protezione. E potremo così continuare a baloccarci con qualche altra polemica su f/b tipo le presunte censure omofobe della Barilla o le cretinate di un Tavecchio. Sicuramente molto più rassicuranti nel nulla che nasconde l’abisso.
A forza di occuparci dell’aspirante dittatorello di casa nostra, già condito a puntino e pronto per essere bollito entro Natale, rischiavano di tralasciare le questioni serie, trascurando le relazioni internazionali. Se la situazione non fosse tragica, ci sarebbe quasi da ridere ripensando al Nobel preventivo per la pace, accordato sulla fiducia al più grande piazzista di armi del pianeta e principale sponsor della peggior ciofeca mai uscita prima dagli hangar della Lockheed-Martin (l’economico aeroplanino F-35). Parliamo del pur volenteroso Barack Obama, presidente di belle speranze e nessuna sostanza, impantanato alla Casa Bianca, ostaggio com’è di una politica come quella americana che si nutre di suggestioni imperiali, pulsioni reazionarie e capitalismo selvaggio, senza possibilità di deroghe o eccezioni ad un corso considerato immutabile. E questo vale per qualsiasi amministrazione USA, a prescindere dal colore politico, che poi la scelta pur tenendo conto delle doverose (e ininfluenti) eccezioni si traduce in ben poca cosa: i nazi-fondamentalisti del Partito Repubblicano ed i liberal-fascisti di quello Democratico, con compressione delle estreme e convergenza al ‘centro’ nel raggiungimento di un equilibro di compromesso, secondo il più classico dei paradossi elettorali formulato a suo tempo dal Marchese de Condorcet. Ad essere perfidi, parliamo in fondo di una nazione composta per i 2/3 da nevrotici compulsivi, ossessionati dall’accumulazione di denaro, e bigotti bambinoni semi-analfabeti con un culto malato per le armi ed una passione perversa per le esecuzioni capitali. Nell’ambito dell’autoproclamata “grande democrazia americana”, quello che più disturba non è tanto l’aspirazione egemonica per volontà di potenza, ma l’insopportabile presunzione ‘morale’ di una timocrazia fondata sulla disuguaglianza, a cui fa da contraltare quell’ininfluente accozzaglia di oligarchie censitarie, confederate in una gilda mercantilista che chiamano UE, e che alcuni erroneamente confondono con l’Europa, unita nella sovranità del ‘Mercato’ sui popoli. Su più vasta scala, il Grande Fratello americano si distingue per attivismo e pretese, intimamente convinto che il pianeta sia una sua proprietà esclusiva, graziosamente concessa in comodato d’uso presso terzi ed in ogni momento reclamabile come propria. In questo, O’Banana è irresistibile quando, impermeabile ad ogni ipocrisia come i suoi imperiali predecessori, blatera qualcosa a proposito di violazione del “diritto internazionale” e “disprezzo della vita umana”, denunciando sdegnato “l’incombente catastrofe umanitaria”. Ovviamente, non allude all’immane mattatoio in corso a Gaza (come sparare fucilate in un recinto di elefanti); certamente non alla Libia, dopo l’immenso casino nel quale è stato precipitato il paese, in seguito alla frettolosa rimozione dell’amico Gheddafi; meno che mai a solide democrazie alleate come il Pakistan o l’Afghanistan o l’Arabia Saudita, oppure l’Iraq liberato a suon di bombe intelligenti… Perché come ebbe a dire Henry Kissinger a proposito della bestiale dittatura di Anastasio Somoza in Nicaragua, con le sue bande di baby torturatori addestrati a cavare occhi con un cucchiaio: “è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana”. Quando parla di crimini e violazioni, Mr President infatti si riferisce alla Russia del gelido Putin: il cattivone storico che da sempre costituisce il villain preferito dei supermen tutti strips & stars. E proprio non si capacita sul perché mai, per esempio, il solito orso russo abbia preso così a male l’idea di farsi piazzare a ridosso dei suoi confini, e direttamente puntati sotto al proprio naso, batterie missilistiche THAAD nell’ambito di follie come lo SDI e in flagrante violazione del Trattato ABM (per poco e per molto meno Kennedy e McNamara nel 1962 non scatenavano la terza guerra mondiale!). Quindi nella reiterazione della provocazione, si schiera senza se e senza ma col nuovo amichetto di turno: quella consolidata democrazia ucraina che si avvale dei paramilitari neo-nazisti di Pravy Sektor, da utilizzare come milizie ausiliarie per le operazioni sporche di pulizia etnica nei distretti orientali; si tratta di un’organizzazione talmente marginale da aver potuto esprimere un ministro della difesa nella nuova Ucraina democratizzata previo colpo di stato, per la pacificazione dell’Est a stragrande maggioranza russa. Per motivazioni identiche ma su posizioni diametralmente opposte, USA e Europa hanno dapprima sostenuto lo smembramento della ex Jugoslavia e poi la guerra per la secessione del Kossovo dalla Serbia (storico protettorato russo). Con ogni evidenza, le ragioni cambiano a seconda delle convenienze della realpolitik. Coerentemente, un secondo dopo l’abbattimento del jumbo malese sui cieli di Donetsk, il Dipartimento di Stato statunitense ha subito stabilito che ad abbattere l’aereo sono stati i “filo-russi”, invocando sanzioni e provvedimenti esemplari. Questa volta, dopo la figuraccia internazionale della smoking gun irachena, l’amministrazione statunitense non s’è nemmeno disturbata a produrre uno straccio di ‘prova’ ancorché fumosa. Ci si è resi infatti conto che con i lanciarazzi a spalla di cui i “ribelli” certamente dispongono (i Grail-Strela) e coi quali abbattono i mastodontici elicotteri Hind di Kiev, difficilmente si può colpire un aereo di linea in alta quota, pertanto il missile dovrebbe provenire (quasi) sicuramente da una batteria anti-aerea di missili Buk-M1: postazioni talmente piccole e poco invasive da passare inosservate. Sono armamenti in dotazione standard dell’esercito ucraino (escluso a priori), ma non nella disponibilità degli insorti. E quindi il missile non può che essere stato sparato dai russi. Il che può essere ipotesi plausibilissima, che necessita però di essere provata fuori da ogni dubbio. E questo interessa molto meno a chi ha già decretato la sentenza di condanna a prescindere. La strage di civili ad Odessa, linciati e bruciati vivi dai nuovi “trawniki” della ‘democrazia’ ucraina (a cui sono stati subito concessi sull’unghia e senza garanzie crediti sempre negati alla martirizzata Grecia), o i bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile di Sloviansk invece sono stati prontamente archiviati dalle cancellerie occidentali e frettolosamente dimenticati. Non sono infatti funzionali alla nuova propaganda di guerra. In fondo a Donetsk come a Gaza, in Siria come a Bengasi, è tutta una questione di prospettive… Come diceva qualcuno che di relazioni pericolose e proposte che non si possono rifiutare se ne intendeva: “it’s just a business”. Sono soltanto affari. Per tutto il resto si tratta di semplici “danni collaterali”.
Dopo l’inaspettato successo dell’articolo dedicato all’iniziativa ‘culturale’ conosciuta come “Allenati per la vita”[QUI], siamo stati onorati dall’inaspettata attenzione dell’ANCI (Associazione Nazionale Cadetti d’Italia)che della summenzionata attività è promotrice ed ispiratrice. Proprio grazie alla segnalazione del nostro link, siamo venuti a conoscenza dell’associazione della quale, colpevolmente, ignoravamo ancora l’esistenza. La fortunata circostanza ci offre la preziosa opportunità di sottrarre così l’ANCI di Monza all’ingiusto oblio nella quale era tenuta. Pertanto, crediamo sia doveroso riportare la lettera (del 26/09/2010), pacatissima nei toni e nei contenuti, facilmente reperibile nel forum di discussione, con cui i responsabili si rivolgono ai propri associati, ad ulteriore integrazione di quanto già scritto in precedenza:
Cari amici,
Cari genitori,
sabato sera, mentre mi trovavo in un ristorante a Oreno di Vimercate, mi è capitato di sentire una coppia, che mangiava al tavolo dietro al mio, discutere sul Progetto “Allenàti per la Vita” che, come senz’altro saprete, è il frutto della collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione e il Ministero della Difesa sulla quale si basa non solo l’esistenza della nostra associazione (che comunque esisterebbe anche qualora non ci fosse quest’accordo), ma anche e soprattutto il Training Day come esperienza nazionale, dal momento che quest’ultimo non è solo un’iniziativa “nostra”, ma anche, per esempio, dell’UNUCI, vero organo responsabile dell’attuazione di questo progetto. Ebbene, le opinioni nettamente negative che sono stato in grado di cogliere dalla sopracitata discussione e le recenti notizie e opinioni diffuse dal mondo dell’informazione e di Internet mi hanno talmente indignato che mi è parso bene pubblicare e diffondere questo post affinché venga finalmente fatta un po’ di costruttiva chiarezza.
Il primo indizio l’abbiamo avuto con quella lettera che ci è giunta dall’Associazione GreenMan; poi un diffamatorio e falso articolo comparso su Famiglia Cristiana; poi i numerosissimi blog e forum che ci attaccano a priori, quando probabilmente non hanno capito le nostre vere intenzioni […]; infine la discussione di ieri sera: “Ma io non capisco perché militarizzare la scuola in questo modo portandoci le pistole. Che senso ha? Visto che la violenza e la guerra nel mondo ci saranno sempre, lasciamole a chi le sceglie come stile di vita!“.
[…] Nessuno, invece, dice che abbiamo partecipato alla preparazione degli Special Olympics (come invece ha fatto il Presidente della Provincia di Monza e Brianza Dario Allevi, ringraziando gli studenti per la disponibilità e la collaborazione prestate, durante la cerimonia di premiazione degli studenti eccellenti della provincia). Nessuno dice delle nostre allegre escursioni (vedi Capanna Monza, Campo Invernale ecc.). Nessuno dice delle risate che, in fondo, ci facciamo quando siamo insieme. Nessuno parla della reale coesione che si è formata tra noi. Perché nessuno vuole ammettere che la nostra è un’attività sana. Non propagandistica. Non neofascista. Volontaria. Aperta a ragazzi e ragazze non solo maggiorenni, ma anche di 14 anni (la firma dei genitori di colpo non ha più valore?).
[…] Basta dire castronerie! Perché è solo colpa della cattiva informazione se questo bel progetto, che pure ha sollevato tante inutili critiche, l’anno prossimo verrà soppresso.
Ma noi ANDIAMO AVANTI. Dall’anno prossimo, anzi, non dipendendo direttamente dal Ministero della Difesa, l’ANCI sarà la sola associazione che sarà in grado di offrire ai ragazzi e alle famiglie questa opportunità formativa. E allora, davvero, vedremo chi ha ragione…
La giusta indignazione, che pervade l’animo degli organizzatori dinanzi a critiche preconcette e tanto ingiuste, merita sicuramente una pubblicità maggiore e fornisce a noi l’opportunità per rimediare ad una severità forse eccessiva, in nome di una “comune chiarezza costruttiva”.
In sintesi, l’ANCI lamenta di essere accusata di:
1) indossare magliette nere;
E certo si poteva obiettare di meglio invece che disquisire, stupidamente, sul colore scelto per le t-shirt.
2) studiare “minuziose dispense sulle armi e sui mezzi militari”;
Le famigerate dispense contengono in realtà informazioni tecniche sulle armi individuali in dotazione ai reparti NATO, con i loro requisiti minimi (spesso incompleti). Sono dati facilmente reperibili ovunque.
Si va dai mitragliatori d’assalto semiautomatici, alle armi di reparto (mitragliatrici pesanti e lanciagranate anticarro), passando per i PSG della Heckler & Koch (il fucile di precisione preferito dal mitico Solid Snake della serie Metal Gear) fino al devastante “cinquantino” BARRETT M82 (con due “t”) e ormai superato dal modello M95, senza dimenticare l’intramontabile “MariaGrazia”: la vecchia mitragliatrice MG del 1942.
Resta intatto il quesito originale: perché ad un 14enne dovrebbe essere impartita la conoscenza di armi da guerra e quale sarebbe la funzionalità didattica? Cosa diamine mai c’entrerà col rispetto della Costituzione?!?
3) voler ricreare l’Opera Nazionale Balilla;
Ad essere maliziosi, le analogie con la Gioventù Italiana del Littorio (GIL) non mancano…
4) voler reistituire il Sabato Fascista;
Sarebbe il problema minore.
5) di “rubare” con questo progetto i soldi che, invece, dovrebbero essere destinati per il riassorbimento dei precari;
In effetti, il pensiero ci aveva sfiorato..:)
6) (questa è la più ridicola di tutte) di voler attuare un colpo di stato!!! (non trovo più la fonte, ma sono sicuro di averla letta da qualche parte)
Infatti è una scemenza totale ed in proposito concordiamo con le rimostranze dell’ANCI.
Siamo forse reazionari?
Non è certo un delitto e per di più sareste in perfetta sintonia con la maggioranza degli italiani.
Siamo sovversivi?
Questa è prerogativa esclusiva di anarchici e kommunisti… Non rubate(ci) un simile onore.
Abbiamo mai fatto del male a qualcuno?
Ci mancherebbe altro!
La nostra esistenza compromette la libertà di espressione e di pensiero?
Ognuno dovrebbe essere libero di gestire sé stesso come meglio crede, restando intatto il diritto di critica (e di replica).
Del resto, i Cadetti d’Italia saranno sicuramente temprati alle critiche più ingenerose, come sembra promettere il loro stesso motto di ispirazione ciceroniana: “Praeter Omnia Semper” (sempre oltre tutte le avversità). D’altra parte, l’ANCI monzese si muove in stretta collaborazione con il G.S.A. (Gruppo Sportivo Alpini) di Monza, con cui concorda gran parte delle iniziative in Brianza:
«Il Gruppo Sportivo Alpini della locale Associazione Nazionale Alpini nasce dall’esigenza di poter organizzare e partecipare alle competizioni di carattere sportivo-militare dalla stessa A.N.A. ma anche di altre Associazioni d’Arma e di volontariato nonch’è dall’Esercito Italiano. Il G.S.A., soprannominato “la Ferrea” in ricordo della Corona Ferrea simbolo della nostra Città, è un nucleo di Alpini e simpatizzanti iscritti ai gruppi della nostra sezione A.N.A. di Monza. I compiti del G.S.A. sono molteplici e spaziano dall’organizzare e partecipare a competizioni sportivo-militari fino a organizzare e attuare un servizio d’ordine e di cerimoniale per le manifestazioni e ricorrenze della nostra sezione A.N.A. di Monza.
Attualmente il G.S.A. “la Ferrea” collabora con altre associazioni d’Arma, in primis l’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia sezione di Monza, per la buona riuscita del progetto “Allènati per la vita” stipulato dal Provveditorato agli studi della Regione Lombardia e il comando militare Esercito Lombardia.
Dal 2010 il GSA di Monza ha l’incarico di arruolare i ragazzi che vogliono partecipare al progetto dell’Esercito ‘PIANETA DIFESA’ della provincia di Monza e Brianza.
Possono isriversi al G.S.A. tutti i tesserati, Alpini e Simpatizzanti, dei vari gruppi Alpini della sezione di Monza.»
UNA PURA FORMALITÀ Dunque, ci permettiamo di rivolgere ai “Cadetti d’Italia” alcune piccoli osservazioni, sine animo et ira, fornendo magari qualche consiglio (non richiesto)…
Ci sfugge la necessità di costituire un’associazione che, solo per uno sfortunato malinteso, sembra strutturata a livello territoriale come una organizzazione paramilitare, ripartita in “gradi” gerarchici, “Compagnie” e “Distaccamenti”, con questa strana passione per le scuole:
L’ ANCI è strutturata con i seguenti livelli direttivi operativi e gestionali: Distaccamento (Istituti Scolastici o zone territoriali) Compagnia (Capoluogo di Provincia)
Coordinamento Regionale
Coordinamento Nazionale Nei capoluoghi di provincia sono insediati gli Staff dell’ANCI e sono costituite le ‘Compagnie Cadetti’. Se le condizioni lo richiedono possono essere attivati dei ‘Distaccamenti’ in altri luoghi della Provincia. Anche presso le diverse scuole che aderiscono al progetto, possono essere attivati dei distaccamenti. I distaccamenti dipendo dalla Compagnia di riferimento. Le compagnie acquisiscono il nome della città.
Naturalmente, il tutto per “Amor di Patria” e per instillare il sacrosanto “senso del dovere” nelle giovani generazioni, s’intende!
“L’ANCI pur promuovendo le Forze Armate non vuole essere un’organizzazione di reclutamento o indottrinamento, ma piuttosto una organizzazione che guarda al futuro delle giovani generazioni e richiede alle stesse impegno e capacità di sacrificio per crescere e prepararsi alla vita promuovendo capacità importanti quali leadership, disciplina, intraprendenza, indipendenza e resistenza. Possono far parte dell’Associazione studenti maschi e femmine che di età compresa tra i 14 e 18 anni (Cadetti) e adulti (Aspiranti Istruttori/Istruttori).
In ingresso i ragazzi e ragazze sono Allievi Cadetti. L’Allievo Cadetto che negli anni successivi al primo, sceglie di permanere nell’ANCI ha l’opportunità di approfondire conoscenze ed esperienze. In funzione della crescita individuale sono stati definiti appropriati Livelli, ai quali corrisponde l’avanzamento ai gradi superiori. Per ottenere la promozione al grado superiore è necessario superare le seguenti Qualifiche di Profitto..”
Nella fattispecie, le “Qualifiche di Profitto” prevedono il conferimento di appositi gradi sotto forma distars(come le stellette che contraddistinguono gli ufficiali dell’esercito).
E d’altronde l’intera terminologia sembra mutuata dal linguaggio militare, inerente l’addestramento reclute:
“La carriera del Cadetto/a avviene previo la partecipazione alle attività proposte dall’ANCI unitamente al superamento positivo del livello di qualifica previsto. Il grado iniziale è Cadetto TD che lo studente/ssa acquisisce automaticamente al termine del percorso del Training Day. I successivi avanzamenti sono possibili partecipando, agli addestramenti e alle Qualifiche di Profitto. Al grado di Cadetto Maggiore Aspirante Istruttore è possibile accedere (per il Cadetto Maggiore) dopo aver compiuto da almeno 6 mesi il 18° anno. Per accedere al ruolo Istruttore è necessario frequentare il Corso Istruttori, al termine del quale il CMAI ottiene la qualifica di Aspirante Istruttore (AI). Per transitare nel ruolo Istruttore l’Aspirante Istruttore deve prestare servizio in quel ruolo per almeno due anni.”
Pilastro della formazione sono infatti gli “Istruttori Militari” che garantiscono il corretto training dei “cadetti”:
“Appartengono alla categoria degli Istruttori Militari tutti quelli che hanno svolto il servizio militare (Riserva), o ne fanno parte. Possono tutti acquisire il ruolo Istruttori senza limitazioni di Corpo, Arma o Grado. E’ incluso nello stesso rango anche il personale proveniente dalle Associazioni d’Arma. Per ottenere la qualifica di ‘Istruttore’ è necessario frequentare il Corso Istruttore. Gli Istruttori Militari una volta abilitati al ruolo, devono esibire il grado acquisito durante il servizio militare accompagnato da specifico brevetto di Istruttore.”
Tutte le informazioni potete reperirle direttamente sul sito ufficiale dell’ANCI di Monza[QUI].
Quello strano déjà vu… Confessiamo che lo stemma dell’ANCI-MONZA ci ha alquanto ‘incuriosito’… Gladio e Alloro… dov’è che l’avevamo già visto? Ah sì! Ci sembra di ricordare…
Se non fosse per la vanga ed il piccone, non era forse uno dei principali emblemi della Repubblica Sociale di Salò, onnipresente sulle mostrine militari delle camicie nere repubblichine (gladio al centro, con corona di alloro e foglie di quercia)?!?
Sicuramente si tratta di uno spiacevole equivoco, giacché è evidente che i “Cadetti Italiani”, nella scelta del simbolo, volevano onorare i parà della Folgore e giammai gli ultimi pretoriani del Duce.
Infatti, il nome dell’associazione territoriale non lascia spazio ad ombra di dubbio: “La Ferrea” in ricordo della Corona Ferrea, custodita proprio a Monza, che cingeva il capo dei primi Re d’Italia…
Peccato davvero che, in tempi più recenti, “La Ferrea” sia stato anche il nome tributato alla 25esima Legione ordinaria “Ferrea” di Monza, inquadrata nelle camicie nere territoriali della MVSN(Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) per laII° Zona “Lombardia”. La scelta del nome si ispira probabilmente alla ben più famosa LEG VI FERRATA: un’antica formazione legionaria di stanza in Siria, in origine reclutata da Cesare tra i Galli dell’Insubria, nella metà del I°sec. a.C.
Tornando al XX secolo, uno dei più importanti comandanti della “Ferrea”, in qualità di “console”, fuEnzo Emilio Galbiati (dal 1° Luglio 1923 al 20 Luglio 1925); fascista convinto e squadrista della prima ora, era il responsabile delle squadracce brianzole operative nel monzese.
Ma la storia della “Ferrea” è a suo modo intrecciata coi “Moschettieri delle Alpi”: reparti alpini di provenienza lombarda, inquadrati nella 116^ Legione Alpina “Como”…
I Lombardi alle Colonie …Infatti, nel 1935 la 116^ partecipa alla Guerra d’Etiopia insieme ad un distaccamento della “Ferrea”; si tratta del CXXV (125°) Battaglione CC.NN. (Camicie Nere) “Monza”.
Entrambe i reparti sono aggregati alla II^ Divisione CC.NN. “28 Ottobre”. Questa è una unità di combattimento, con connotazione regionale, dove è forte la presenza lombarda. Lo si può dedurre anche da parte dell’organigramma, inerente la composizione:
Per una storia completa della II Divisione CC.NN. e la suddivisione dei reparti potete cliccareQUI. Invece, per una prospettiva circa l’organizzazione territoriale della Milizia, cliccateQUI.
Tra l’altro, “La Ferrea” è il nome della massima onorificenza al valore, conferita alle camicie nere delle unità aggregate alla Divisione ’28 Ottobre’ (giorno della marcia su Roma).
Le immagini dell’ambita croce commemorativa dovrebbero essere abbastanza eloquenti in proposito…
Ma noi sappiamo bene che, nel caso della Associazione Cadetti d’Italia di Monza, si tratta solo di uno spiacevole equivoco:Ogni riferimento a circostanze o fatti realmente accaduti e/oa persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. Tuttavia, ci permettiamo un suggerimento amichevole: onde evitare fastidiosi accostamenti forse sarebbe meglio prestare una maggior attenzione a certa scelta ‘simbolica’ che, ne siamo sicuri , è stata totalmente involontaria..!
«Ho sempre saputo che in questo paese è pericoloso avere delle opinioni. Un pericolo sottile ma controllabile… Almeno fin quando non ci inciampi»
(Alack Sinner)
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«…conto su pochi lettori e ambisco a poche approvazioni. Se questi pensieri non piaceranno a nessuno, non potranno che essere cattivi, ma se dovessero piacere a tutti li considererei detestabili…»
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“Il coraggio di essere”
«Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dica ma cosa vuole dire»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza»
(R.Bradbury – “Fahrenheit 451”)
«Nel sogno c’è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch’è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare»
(D.Buzzati – “Il Deserto dei Tartari”)
«Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni…»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«…Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio»
(J.L.Borges)
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni manutengoli.”
(A.Gramsci - 'Lettere dal carcere')
“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza, se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca”
(P.P.Pasolini)
“Nulla potrebbe essere più irragionevole che dare potere al popolo, privandolo tuttavia dell’informazione senza la quale si commettono gli abusi di potere. Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura l’informazione. Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe”
(J. MADISON - 4 Agosto 1822. Lettera a W.T. Barry)
“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”
(Joseph Pulitzer)
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fortezza_bastiani@hotmail.com
Scrivere è un diritto.
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