
“Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori”
S.Berlusconi
(25/02/2011)
«La scuola, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie.
[…]
Prima di tutto la scuola pubblica. Prima di esaltare la scuola privata bisogna parlare della scuola pubblica. La scuola pubblica è il prius, quella privata è il posterius. Per aversi una scuola privata buona bisogna che quella dello Stato sia ottima.
[…]
Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura.
[…]
Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.
[…]
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada.
Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private.
Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto:
1) Rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni.
2) Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.
3) Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico! […] Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito.
[…]
Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell’art. 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato”. Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, ad interpretazioni sofistiche […] Ma poi c’è un’altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la “frode alla legge”, che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla […] È venuta così fuori l’idea dell’assegno familiare scolastico.
[…]
Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? Un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica.
[…]
Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l’arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri!
[…]
Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito.
[…]
Si vuole trasformare la scuola privata in scuola privilegiata. Questo è il punto che conta. Tutto il resto, cifre astronomiche di miliardi, avverrà nell’avvenire lontano, ma la scuola privata, se non state attenti, sarà realtà davvero domani. La scuola privata si trasforma in scuola privilegiata e da qui comincia la scuola totalitaria, la trasformazione da scuola democratica in scuola di partito.
E poi c’è un altro pericolo forse anche più grave: il pericolo del disfacimento morale della scuola. Questo senso di sfiducia, di cinismo, più che di scetticismo che si va diffondendo nella scuola, specialmente tra i giovani, è molto significativo. Il tramonto di quelle idee della vecchia scuola di Gaetano Salvemini, di Augusto Monti: la serietà, la precisione, l’onestà, la puntualità. Queste idee semplici. Il fare il proprio dovere, il fare lezione. E che la scuola sia una scuola del carattere, formatrice di coscienze, formatrice di persone oneste e leali. Si va diffondendo l’idea che tutto questo è superato, che non vale più. Oggi valgono appoggi, raccomandazioni, tessere di un partito o di una parrocchia. La religione che è in sé una cosa seria, forse la cosa più seria, perché la cosa più seria della vita è la morte, diventa uno spregevole pretesto per fare i propri affari. Questo è il pericolo: disfacimento morale della scuola. Non è la scuola dei preti che ci spaventa, perché cento anni fa c’erano scuole di preti in cui si sapeva insegnare il latino e l’italiano e da cui uscirono uomini come Giosuè Carducci. Quello che soprattutto spaventa sono i disonesti, gli uomini senza carattere, senza fede, senza opinioni. Questi uomini che dieci anni fa erano fascisti, cinque anni fa erano a parole antifascisti, ed ora son tornati, sotto svariati nomi, fascisti nella sostanza cioè profittatori del regime.
E c’è un altro pericolo: di lasciarsi vincere dallo scoramento. Ma non bisogna lasciarsi vincere dallo scoramento.
[…]
E tutti noi, vecchi insegnanti abbiamo nel cuore qualche nome di nostri studenti che hanno saputo resistere alle torture, che hanno dato il sangue per la libertà d’Italia. Pensiamo a questi ragazzi nostri che uscirono dalle nostre scuole e pensando a loro, non disperiamo dell’avvenire. Siamo fedeli alla Resistenza. Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale.»
Piero Calamandrei
III° Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN);
Roma – 11 Febbraio 1950
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This entry was posted on 5 marzo 2011 at 23:21 and is filed under Kulturkampf with tags ADSN, Costituzione, Cultura, Democrazia, Dittatura, Insegnamento, Istruzione, Liberthalia, Pietro Calamandrei, Resistenza, Scuola, Scuola privata, Scuola pubblica, Società civile. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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6 marzo 2011 a 04:15
“Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato”. Mi pare che ci sia poco da interpretare!
Squisita la disamina di Piero Calamandrei e soprattutto molto chiara.
Ciao…
6 marzo 2011 a 10:12
Di recente mi avevano già fatto leggere queste parole. Sinistramente premonitrici e cosi’ attuali! Dobbiamo resistere. Non sempre quello che è comune deve per forza essere demonizzato. Scuola pubblica, acqua comune, terra comune, aria comune. Questi valori non possono conoscere recinti e vanno tutelati e difesi!
6 marzo 2011 a 15:27
L’aspetto ‘consolante’ nelle parole di Calamandrei risiede in una sorta di paradosso di sostanza:
Il suo discorso a difesa della scuola pubblica sembra attualissimo, pur essendo stato pronunciato 61 anni fa. Ciò vuol dire che l’attacco strutturale contro l’Istruzione e le conquiste civili della democrazia sono in corso da oltre mezzo secolo; praticamente, fin dalla fondazione della Repubblica. E, nel corso degli anni, l’assalto non si è mai fermato.
Ciò dimostra quanto grandi e radicate siano le pulsioni sanfediste, le correnti reazionarie, l’eredità fascista, che pervadono nel profondo l’identità dell’italiano medio e che come un fiume carsico scorrono sotto i pilastri della Repubblica costituzionale, cercando di consumarne le fondamenta.
Al contempo, dimostra quanto inaspettatamente forti siano state le resistenze, i valori etici, e la moralità laica, di una minoranza di italiani ben determinati a respingere le pressioni di una Reazione antica ed inesauribile, di natura “tridentina”.
Soprattutto, le parole di Calamandrei dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, tutta l’attualità dell’ANTI-FASCISMO militante e quanto siano fondamentali per la continuità democratica i principi della Resistenza.
6 marzo 2011 a 19:55
Straordinariamente attuale, dimostra come la scuola faccia paura a chi detiene il potere. Le premonizioni di Calamandrei sono già realtà per molti aspetti, e lo scoramento è dietro l’angolo, perchè l’attacco alla scuola pubblica è sempre più palese.
Condivido in pieno l’analisi che scrivi nel tuo commento.
7 marzo 2011 a 00:34
«Si può ciò che si vuole, e si vuole tutta una serie di cose di cui presentemente si è privi. È, in fondo, il presente capovolto che si proietta nel futuro.
Tutto ciò che è represso si scatena. Occorre invece violentemente attirare l’attenzione nel presente cosí com’è, se si vuole trasformarlo.
Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà.»
Antonio Gramsci
Passato e Presente
7 marzo 2011 a 13:50
[…] degno di una nazione europea) non ha saputo liberarsi di gravi malattie come il fascismo o la P2. Sendivogius riassume benissimo il […]
8 marzo 2011 a 15:31
Le parole di Calamandrei personalmente già le conoscevo. E concordo con quello che dici, che l’intenzione, o almeno un sentore, di affondarla c’è già da tempo, altrimenti non avrebbe senso il suo discorso.
Fatto sta che mi colpisce l’ennesima perla del comico: “Libertà vuol dire avere la possibilità di educare i propri figli liberamente, e liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori”.
Come a dire: “Libertà significa comportarsi liberamente, ma liberamente vuol dire che non dovete fare questo, questo e quest’altro. Dovete essere liberi di non essere liberi”. A dir poco geniale.
8 marzo 2011 a 17:00
A sua discolpa, è vero che il ducetto brianzolo ha seri problemi nell’uso corretto della lingua italiana, ma la scelta del verbo “inculcare” la dice lunga sulla sua concezione del ‘libero pensiero’ e su cosa intenda per ‘elaborazione critica’ delle idee.
E’ l’insanabile contraddizione di uno che ha confuso l’arbitrio di fare ciò che più gli pare, tramite il sistematico abuso del potere, col concetto (del tutto astratto) di “Libertà”; e scambia l’Istruzione con l’indottrinamento.
9 marzo 2011 a 10:31
“e scambia l’Istruzione con l’indottrinamento”
Ciò dimostra (in base al principio secondo il quale ciò che si dice riflette la propria visione del mondo) che per lui l’istruzione è coincidente con l’indottrinamento!
9 marzo 2011 a 16:01
Ed in proposito mi sembra che abbia trovato un’ottima e nutrita compagnia a fargli da sponda….
14 ottobre 2012 a 20:38
La scuola e’ la partenza emblematica di ogni bambino che deve affrontare la vita. Nella scuola dovrebbero insegnare di più i valori della sapienza un bene inestimabile che nostro Signore ci ha donato,e proprio dentro le mura della scuola questi valori devono essere coniati nelle menti dei bambini futuri adulti, se non vogliamo che la criminalità in continuo aumento prenda il sopravvento il male sul bene.Dipende soprattutto dai docenti che devo essere lungimiranti ed insegnare con coscienza secondo i valori della cristianità