Italiani allo specchio

Delineare le radici storiche e culturali alla base di una presunta identità italiana, nella presunzione di realizzare un modello di riferimento universale, da applicare alla stregua di una fotografia segnaletica alla specificità italiana, è un’operazione ardua (per alcuni impossibile). Si parte dai contorni di un “tipo ideale”, tanto per fare il verso a Max Weber, e si finisce per declinare il profilo secondo le impressioni personali dei molti ritrattisti che si sono alternati nell’impresa.
Un affresco interessante è quello realizzato dalla penna corrosiva di Curzio Malaparte, in una delle sue opere meno conosciute: “Muss. il Grande Imbecille”. Trattasi in realtà di una raccolta postuma di testi, impressioni, appunti sparsi, su Benito Mussolini (Muss.) e sul carattere degli italiani in generale. Italiani che, a quanto pare, sembrano sempre essere alla ricerca di un nuovo “Grande Imbecille” da idolatrare…
 Curzio Malaparte (1898-1857), al secolo Kurt Erich Suckert, è stato un apostata politico del trasformismo più acrobatico: militarista convinto, a tratti guerrafondaio, e poi pacifista; squadrista dei più fanatici e poi anti-squadrista; fascista e quindi anti-fascista, quando il Fascismo trionfava al potere; anticomunista viscerale e infine comunista… A suo merito, si potrebbe definire il personaggio un voltagabbana cronico, eppure non un opportunista.
Tuttavia, l’immagine irriverente che Malaparte traccia degli italiani potrebbe essere tanto più interessante, perché tanto più gli assomiglia nelle loro contraddizioni. In fondo, per l’Autore, è quasi un ritrovarsi allo specchio e ciò rende più vero il riflesso, pur con le dovute eccezioni:

«Non è mai stata una facile impresa disegnare un ritratto del popolo italiano. E infatti non esiste, nella nostra letteratura, nella nostra storiografia, un “ritratto” del popolo italiano. Non già perché non esista un popolo italiano, ma perché il nostro è un popolo complesso, e il disegnarne un ritratto significa ritrarre press’a poco tutte le virtù e tutti i difetti degli uomini, che gli italiani possiedono in sommo grado. Si può tentar di stabilire quale sia il carattere predominante nel  nostro popolo: e stabilito questo carattere predominante si sarà colto l’elemento fondamentale della sua storia, del suo ritratto. Questo carattere predominante del popolo italiano a me sembra che sia la malafede. Dirò che la malafede è il carattere predominante di ogni popolo: come dell’inglese e del tedesco, come del francese o del russo. Resta ora da dire quale sia il carattere della malafede italiana. La malafede del popolo italiano lo porta a finger di credere in cose, in persone, in idee, cui non crede, e ad agire in conseguenza. Tale era la malafede di Mussolini. Di fronte a se stesso, l’italiano, a somiglianza di ogni altro popolo, è in continua malafede.
L’italiano finge di credersi sentimentale: e non è. Romantico: e non è. Idealista: e non è.
L’italiano è realista, guarda al sodo, al proprio tornaconto, al proprio “particolare” del Guicciardini. È sensuale. La sua facilità alle lacrime sol che gli si ricordi la madre, la sposa, i figli, non è che finzione. In realtà, non è che senso, primitivo, del clan (famiglia).
Il vivere insieme in un letto, maschi e femmine, non dipende solo da miseria. I contadini arricchiti continuano a dormire insieme. In una stessa stanza, in un solo letto. Si annusano l’un l’altro, amano il proprio odore e quello altrui. L’italiano ama credersi un uomo libero: e non è. Amante della libertà: e non è. Devoto: e non è. Fedele: e non è.
Pronto a sacrificarsi, per le proprie idee: e non è. L’italiano non si sacrifica neppure per i propri interessi. Si sacrifica soltanto per l’idea che egli si è fatto di sé, e per smentire, o non smentire, l’idea che gli altri si son fatti di lui. “Gli altri”. Ecco il prossimo degli italiani. Gli altri dominano la vita del popolo italiano, e di ogni italiano, con una potenza straordinaria. Il che significa che il carattere fondamentale degli italiani è la vanità.

[…] L’ideale dell’italiano è l’avvocato: ma l’avvocato sotto la forma dell’oratore, e soltanto sotto questa forma. Un oratore presuppone una folla di uditori e di spettatori, davanti ai quali recitare, come un attore.
In Italia non esistono avvocati che parlino da soli.
Nei tempi moderni, i due italiani più tipici, più rappresentativi, sono Napoleone e Mussolini. Non per quello che Mussolini credeva, ma per quello che avevano realmente in comune, cioè le qualità e i difetti comuni a tutti gli italiani.
Altro carattere comune agli italiani è la gelosia, in tutte le sue forme. Vanità e gelosia: due difetti che dipendono l’uno dall’altro. Altro carattere comune è l’ingenuità.
Questo popolo di piccoli furbi, di cavillosi, di contenziosi, di legulei, di astuti, è in realtà di una ingenuità che sorpassa il ridicolo, che tocca l’imbecillità. L’italiano è furbo nelle piccole cose: nelle grandi è ingenuo. […] Tutti i nostri maggiori uomini politici, a cominciare da Cavour, per il quale una certa classe di italiani ha una stima esagerata, erano e sono di una stupidità quasi meravigliosa: sono uomini politici tipicamente levantini, siano essi nati in Piemonte, in Puglia, in Sicilia. Eccellono nell’arte di fingere, di tessere  intrighi, di corrompere: ma nelle questioni importanti, nei grandi fatti, sono piccoli e miserabili. Spregevoli e ridicoli personaggi, perfino inferiori alla parte deteriore del popolo italiano.
Il carattere fondamentale dell’italiano in guerra non è, come tutti i popoli stranieri credono, la vigliaccheria: ma la stupidità. I grandi dolorosi esempi di vigliaccheria di capi o di interi eserciti, tante volte ripetutisi nella nostra storia, e non soltanto in quella moderna, sono, in realtà, esempi grandi e dolorosi di stupidità

 Curzio Malaparte
 “Muss. – Il grande imbecille” 
 Luni; Trento 1999

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3 Risposte a “Italiani allo specchio”

  1. Midhriel Says:

    Un ritratto sempre attuale, purtroppo. Impietoso, ma realistico.

  2. effettivamente è un po’ cattivello, ma sincero. Un’analisi minuziosa, da cui spero di distaccarmi con i miei comportamenti, i miei pensieri… eppure, l’autore dice che gli italiani hanno anche virtù (per fortuna), però non le cita…

    • Per quel che ho letto di Malaparte, si ha l’impressione che le virtù, più che essere “nazionali”, abbiano un carattere soprattutto “regionale” e, massimamente, “toscano”: regione d’elezione alla quale Malaparte attribuisce il maggior numero dei pregi.

      P.S. Se il buongiorno si vede dal mattino, mi sembra proprio che le mediocrità dell’italiano medio siano quanto di più lontano possibile dal tuo essere…

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