La senatrice Paola Taverna, la My Fair Lady de Tor Bella, in una di quelle inconfondibili esternazioni che contraddistinguono la non-logica del non-partito, denuncia l’esistenza di un “complotto per far vincere il Movimento 5 Stelle” (!?!) alle prossime elezioni comunali di Roma. L’eclatante rivelazione la si può trovare anche QUI. Ed è quanto di meglio la nostra Eliza Doolittle de’Noantri riesce a sfornare, quando non è troppo impegnata a fornire particolari su ciò che a suo dire sembrerebbe riuscirle meglio, mentre si scambia utili suggerimenti su come ottimizzare certi esercizi orali con quell’altra principessina Sissi del partito bestemmia…
La raffinata senatrice, com’è noto, ha più di qualche problema con la lingua italiana e quindi eventuali fraintendimenti nascono dalla sua evidente difficoltà nel declinare concetti di senso compiuto. Ma che un partito (non definito tale) si presenti con lo scopo implicito di perdere le elezioni, è un obiettivo che non si era mai prefissata nemmeno la mitica Mirella Cece ai tempi gloriosi dei suoi “Teocrati Cristiani Cattolici Ecclesiastici”, riuniti sotto gli stendardi della Lista Sacro Romano Impero Liberale Cattolico.
Nella sua psicopatologia della vita quotidiana, Sigmund Freud descrive il “lapsus” come il fenomeno che meglio di ogni altro fornisce gli elementi per interpretare il funzionamento psichico, permettendo di cogliere gli aspetti di una realtà nascosta nelle pieghe dell’inconscio.
Se ci si candida per perdere, ne consegue che l’attività politica del M5S non consiste nel proporsi come alternativa per governare (tanto se ne è incapaci), ma nell’impedire agli altri di farlo per poi gridare allo sfascio, organizzando veri e propri sabotaggi istituzionali, implicitamente finalizzati alla paralisi del Paese in un distopico culto del caos. Così poi Casaleggio può finalmente giocare al cavaliere dell’Apocalisse, travestito da Gengis Khan sopra un cavallino a dondolo, in attesa dell’avvento di Gaia a movimentare le serate malinconiche dell’orsetto Gianroberto…
E magari “Gaia” fosse il nome d’arte di un’entreneuse! Almeno le “puttanate” avrebbero un qualche risvolto pratico, invece di essere la mitopoiesi politica di un’allucinazione condivisa nei non-luoghi virtuali di un blog, per una militanza a portata di clic, tra banner pubblicitari e prevendite biglietti per i comizi a pagamento del “capo politico”, con gli estremi on line del suo C/C personale per versamenti al “MoVimento”.
Poi certo bisogna pur far giocare i bambini della setta digitale e dare loro l’impressione di contare qualcosa. Per questo esistono le “comunarie” per la scelta dei candidati, graziosamente concesse agli adepti di stretta osservanza, quelli col bollino cinque stelle in fronte, rigorosamente “certificati” dalla Casaleggio Associati.
E siccome amministrare Roma costituisce ormai un’impresa quasi impossibile, secondo le regole stringenti del moVimento (di mouse), un deficiente vale l’altro nella solita carrellata di casi umani allo sbaraglio. Cosa spinga poi persone apparentemente normali a sottoporsi ad una specie di “confessionale” da Grande Fratello, con imbarazzanti filmini di auto-presentazione da caricare in rete a peritura memoria di una minchioneria senza speranza di redenzione, resta un mistero (buffo?) dove il disagio psicologico si assomma alla prevalenza del cretino iperconnesso nella sua dimensione digitale.
Delle candidature, ovvero (per meglio dire) delle caricature a 5 patacche, girano ormai da tempo dei cammei dedicati con le selezioni più rappresentative di questi scampoli di “società civile” strappati al giusto anonimato delle loro esistenze.
La selezione completa dei fenomeni la trovate naturalmente QUI, fintanto che non verranno (purtroppo!) rimossi. Se possibile, il resto degli aspiranti “portavoce” è persino peggio, in questa variante paraolimpica di giochi senza frontiere per eleggere il più grullo nel marchesato del Grillo. Sorvolando sul professore negazionista, a dimostrazione del degrado culturale in cui versano gli atenei italiani e di come una laurea non costituisca un antidoto all’idiozia, nello scorrere i profili si nota subito una interessante preponderanza di ex militari e forzati dell’ordine, un nutrito pattuglione di dipendenti provenienti da quel modello di efficienza e valorizzazione “meritocratica” che è Alitalia, molti impiegati comunali, insieme ad una marea di imprenditori (“gestisco un punto vendita tabacchi“), dirigenti e manager (o sedicenti tali), palesemente a disagio davanti ad una webcam, quando non in aperta difficoltà, che si presentano in un profluvio di banalità, frasi fatte, desolanti ovvietà, e qualche sbrodolamento narcisistico di chi evidentemente sopravvaluta di molto la propria importanza. Partono tutti più o meno bene, ma poi collassano subito dopo il primo paio di battute (il pezzo forte del copione).
C’è quello che si impappina dopo appena 20 secondi…
C’è l’ex consigliere che si vorrebbe ricandidare per “cambiare la città, perché il cambiamento è insito nel movimento… ehhh perché ognuno di noi ci assomigliamo per questa idea di cambiamento… per ehhhh portare avanti questo progetto del cambiamento“ (!!). Effetto “Ecce Bombo“ assicurato (faccio cose.. vedo gente)…
C’è l’altro talmente imbarazzato e contrito, a tal punto da farsi venire l’orticaria in piena presentazione, stringendosi sempre più nelle spalle e nascondendosi il viso.
C’è l’attiVista, nato a Rrrroma che vive a Rrrroma e si candida per Rrrroma, perché “fa la donazione del sangue“ (anche chi scrive, ma non per questo..), perché “ha partecipato a tante attività territoriali pulendo strade abbandonate“ (che per l’appunto in quanto abbandonate non vengono pulite) e perché, testuale, ha un progetto “per la trasformazione degli fritti e olio in scatola(tonno) per la trasformazione in saponette”.
Eppoi c’è lui, il nostro preferito in assoluto: Renato Borgognoni, imprenditore, manager, consulente, inventore a tempo perso, ma soprattutto “tirchio”. In realtà è sublime!
Poi c’è quello che ovviamente non tollera più il degrado evidente “alla luce di tutti quanti“ ed opera nella “piena consapevolezza della competenze maturate come funzionario pubblico“ (è geometra!) che lo hanno portato a conoscere “i livelli istituzionali ed il funzionamento della pubblica amministrazione“. Modesto!
Ma c’è anche la candidata che dinanzi a tanta tensione dialettica, con la voce tremante, riesce a trattenere a stento una crisi di pianto.
Per ritornare al lapsus originale della senatrice Taverna, il vero dramma (per la città) sarebbe fargliele vincere davvero le elezioni. Altro che “complotto”!
Se non si trattasse di gente mediamente ricompresa in un arco di età dai 40 ai 60 anni, ricordano quei vecchi spot con nugoli di ragazzini ai quali viene chiesto cosa vogliano fare da grandi, ricevendone le risposte più strampalate. E purtroppo per loro, questi sono fin troppo cresciutelli..!
Insomma, a ben vedere, ce n’è davvero per tutti i gusti…
«Il non-partito di Grillo cerca di aggregare un movimento di protesta radicale che accoglie sotto il mito della ribellione intransigente tutte le infinite microfisiche della rivolta che con la crisi si erano accese in ogni angolo della penisola de-industrializzata. Il non-partito dei “cittadini punto e basta”, l’apriscatole che con un semplice click esclude ogni delega politica nelle arcane istituzioni della rappresentanza, deve in realtà accettare supinamente le strategie delle alleanze che nessuno ha discusso prima oppure rassegnarsi ad uscire dal gruppo. Il movimento della iperdemocrazia, che tutto riconduce ad infinite pratiche dialogiche, in cui “uno vale uno” ed i tempi biblici della consultazione scacciano l’onore di ogni decisione controversa, ha delle zone oscure. Che prende le decisioni rilevanti è sempre il capo, sottratto allo sguardo indiscreto di tutti gli altri soci. Il capo vale molto più di uno, le sue mosse sono imponderabili e non richiedono nessuna trasparenza. Le scelte cruciali (come in tutti i poteri tradizionali, le organizzazioni, le imprese, le burocrazie, le gerarchie civili e religiose) sono dettate da mere ragioni di opportunità, di urgenza, di discrezionalità, di arbitrio. La illusoria trasparenza della rete, che nelle pratiche di demagogia virtuale auspica la necessaria soppressione dei partiti, convive con l’opacità del comando in centri privati inestricabili e sottratti a ogni pubblica visibilità. Come nei vecchi organismi di comando verticale, anche nei nuovissimi poteri falsamente orizzontali che decide in ultima istanza può trascendere ogni collegialità, ogni confronto, ogni dialogo, ogni giustificazione, ogni critica. Il capo decide senza motivi discutibili in pubblico. Ogni suo post va solo eseguito. Nessuno può valutare le ragioni e gli scopi di un suo monologo. Solo un analista ingenuo può pensare che la sostanza del non-partito grillino sia nelle singole proposte emerse in un comizio spettacolo, molte delle quali così generiche da acchiappare il consenso di tutti, nella sensazione di partecipazione all’evento con un semplice atto di cliccare un nome.
[…] Toccare il volere del capo, contraddire il suo desiderio ultimo, significa annullare il movimento che si troverebbe all’improvviso senza più simbolo, nome, ragione costitutiva. Il fondamento del tutto regressivo del non-partito della purezza etica esibita in piazza risiede proprio qui, nel suo carattere di ultima istanza privato-proprietario che rende insignificante e sgradita l’opinione dissonante. Con il suo marketing dello sdegno assoluto e dei processi via blog, il movimento attira in modo strutturale pulsioni di estrema destra e di estrema sinistra, a conferma dello stato confusionale delle culture che accompagnano le dure congiunture della crisi italiana.
[…] La strategia dell’antipolitica postula la contestazione delle elite, che si ritrovano di colpo delegittimate in nome del ‘nuovo’ che non accetta alcuno spirito di compromesso. Il nuovismo che contrappone un genuino principio meritocratico a un ammuffito criterio partitocratico di solito apre le danze, mobilitando chi invoca degli spazi di agire sociali liberati dagli apparati logori della casta. Poi però compare chi propone di chiudere le operazioni con l’esibizione muscolare del populismo trionfante che celebra la riscoperta di arcane pratiche di dominio personale.»Michele Prospero
“Il nuovismo realizzato”
Edizioni Bordeaux (2015)