INDIANA (2)

Finché c’è guerra c’è speranza

Nel XVIII secolo, dinanzi alla preponderanza della sua struttura militare, si era soliti riferirsi alla Prussia federiciana come ad un esercito con uno Stato. Non diversamente, la massima sarebbe stata applicabile alla East India Company (EIC), che di eserciti a contratto ne aveva ben tre: uno per ciascuna delle sue sedi territoriali…
Sono le Presidency Armies di Bombay, Calcutta, e Madras: ognuna con la sua armata privata che gestisce in piena autonomia, alla stregua di una dotazione aziendale. Allo stesso modo, i territori indiani vengono governati in esclusiva, come una proprietà privata della Compagnia, e affidati ad amministratori delegati con pieni poteri. I direttori delle ‘presidenze’ indiane sono affiancati, ma non vincolati, da assemblee composte dai principali azionisti in loco della EIC. Gli utili della Compagnia vengono in parte utilizzati per creare in Gran Bretagna sfacciate operazione di lobbying, non disdegnando la compravendita di parlamentari del regno per l’approvazione di apposite leggi ad aziendam...
Con l’Atto di Regolamentazione (Regulating Act) del 1773, si stabiliscono norme per la gestione degli affari della Compagnia. In pratica, le vengono affidati i pieni poteri in India, con mandato amministrativo in rappresentanza della Corona. D’altra parte, la EIC detiene cospicue quote del gigantesco debito pubblico inglese e paga all’erario un canone significativo, per la concessione dei diritti di sfruttamento in regime di monopolio. Dunque il governo nazionale non è in condizioni, e tanto meno vuole, contrapporsi ai voleri di uno dei principali operatori del mercato.
 In compenso, nel 1784, viene stabilita una commissione di controllo permanente (il Board of Control) composto da sei membri, tra i quali ci sono il Segretario di Stato ed il Cancelliere dello Scacchiere (il ministro del Tesoro). Per ogni presidency, accanto al direttore commerciale della EIC viene affiancato un governatore con poteri militari. E tutti rispondono ad un Luogotenente generale per l’India. Per la bisogna, i funzionari regi dispongono anche di un contingente di truppe regolari, inquadrate nei ranghi dell’Esercito reale di Sua Maestà. Ma per i servizi nei territori coloniali, l’affitto dei contingenti inglesi viene pagato direttamente dalle casse della East India Company. E dunque, all’atto pratico, è a quest’ultima che a tutti gli effetti rispondono.
La EIC provvede agli equipaggiamenti ed alle forniture belliche, al vettovagliamento ed al vestiario, alle paghe come all’addestramento. Finanche alle cure veterinarie per i reparti montati ed ai servizi medici per la truppa. Ha le sue fonderie per la realizzazione degli obici di artiglieria e fabbriche per la produzione di armi e munizioni, tutte gestite in proprio.
All’atto pratico, la Compagnia si occupa di tutto e tutti dipendono da lei per la riscossione dello stipendio. Spesso i principali funzionari pubblici sono anche tra i maggiori azionisti della EIC. Ne consegue un conflitto di interessi evidente, con fenomeni di corruzione tutt’altro che rari.
In sostanza, la sua forza di penetrazione commerciale risiede nel potere di persuasione delle proprie milizie a contratto: al principio del XIX secolo, la Compagnia dispone di un esercito privato in pianta stabile, forte di quasi 90.000 armati, per i 3/4 costituiti da nativi comandati da ufficiali europei. Perennemente impegnati in uno stato di guerra permanente, gli eserciti della EIC combattono quasi ininterrottamente per la conquista del territorio indiano dal 1744 al 1819, approfittando di ogni disputa dinastica per estendere le proprie concessioni territoriali.
La disciplina è calibrata sugli standard europei, ma il personale occidentale è solitamente dispensato dalle punizioni corporali, riservate invece agli effettivi indigeni, tra l’altro molto più marziali dei loro omologhi giunti dall’Ovest.

D’altra parte, le maggiori possibilità di carriera, le notevoli prospettive di arricchimento personale (dalle compartecipazione azionarie alla tolleranza per i saccheggi), la dimensione ‘borghese’ della EIC, che predilige il merito e le capacità individuali piuttosto che i titoli nobiliari, rendono particolarmente appetibile il servizio militare per la Compagnia. Infatti, se riesce a sopravvivere alle malattie ed a condizioni ambientali spesso proibitive per un occidentale, un ufficiale ambizioso con un minimo di abilità, a prescindere dall’origine sociale, in pochi anni può ritrovarsi ricco ed elevato a posizioni di prestigio; cosa difficilmente realizzabile in Europa.
Per questo, gli eserciti indiani della East India finiranno con l’attrarre avventurieri ed ufficiali, provenienti da ogni parte del vecchio continente, senza fare troppe sottigliezze nella scelta. Tra i suoi ranghi si possono trovare svizzeri e francesi, nonché avventurieri di origine italiana e perfino statunitense…
Molti di loro costruiranno le loro fortune, grazie alle quattro guerre anglo-indiane contro il Regno di Mysore (dal 1767 al 1799). E non sono pochi coloro che cercheranno (e troveranno) fortuna presso i veri regoli indiani….

Tra gli ufficiali in servizio c’è per esempio Anthony (Antonio) Malevolti Tremamondo. Nato nel 1747, è figlio del livornese Domenico Angelo Tremamondo Malevolti: esperto di equitazione e soprattutto uno dei più famosi ed apprezzati maestri di scherma del ‘700 (tra i suoi allievi c’è anche Giacomo Casanova). Intorno al 1755, Angelo Tremamondo si trasferisce a Londra, dove sposa una dama inglese e fonda una rinomata scuola di scherma a Carlisle House nel quartiere di Soho, entrando nelle grazie della famiglia reale. Nel 1763 scrive un trattato, particolarmente apprezzato, sulla nobile arte (L’École des Armes avec l’Explication générale des Principales Attitudes et Positions concernant l’Escrime), a tal punto da meritargli una citazione tanto nell’Encyclopaedia Britannica quanto nell’Encyclopédie di Diderot.
Suo figlio Anthony intraprende la carriera militare, probabilmente sotto la protezione dei Conti di Pembroke, come ufficiale di cavalleria. Nel 1778 si trasferisce in India, dove comanda una compagnia di cavalleggeri, e nel 1780 entra a far parte della guardia personale del governatore di Madras, diventando maestro di equitazione.

John Samuel Torriano, del quale si ignorano le origini, è un cadetto della Royal Academy di Woolwich. Nel 1768 prende servizio a Bombay per conto della EIC come ufficiale di artiglieria, divenendo segretario privato del governatore.
Nel 1772 partecipa all’attacco contro la Fortezza di Baroche, nei pressi di Bombay, difesa da una guarnigione di mercenari arabi: formidabili tiratori scelti, addestrati a colpire gli ufficiali inglesi.
Nel 1774 è comandante di artiglieria a Surat e partecipa alla prima guerra contro la confederazione maratha (1775-1882) e fa parte del corpo di spedizione che la EIC affitta a Raghunath Rao che ha usurpato il trono dei maratha. Promosso capitano, assume il comando della postazioni di batteria, durante la presa e occupazione del forte di Gwalior.
In totale, Torriano trascorre 43 anni in India al servizio della Compagnia ed è probabilmente tra coloro che, rinchiusi nel Black Hole di Calcutta (di cui abbiamo parlato QUI), ne usciranno vivi.

David Ochterlony, nato a Boston il 12/02/1758, è il figlio di un immigrato scozzese.
Nel 1777 giunge in India come ufficiale cadetto e prende servizio nell’Armata del Bengala, presso il 24° Fanteria indigena. Nei successivi 48 anni, partecipa a tutti i conflitti possibili: contro il Regno di Mysore.. contro l’Impero Maratha.. contro il Regno Gurkha del Nepal.. e tra una guerra e l’altra mette insieme una fortuna, diventando baronetto e Cavaliere dell’Ordine del Bagno.
Nel 1804 viene nominato generale e assume il comando della piazzaforte di Dehli. Si atteggia a principe moghul; si interesse alla cultura indiana e soprattutto alle donne locali, tanto da mettere insieme un harem personale di 13 concubine, che lo seguono ovunque e con le quali si sposta per la città in groppa ad un elefante.

E proprio il fascino esotico della realtà indiana non mancherà di impressionare i nuovi padroni dell’India, in uno di quei numerosi  casi della Storia in cui i conquistati finirono col conquistare i loro stessi invasori…

 Continua.

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