Archivio per Wolfgang Schäuble

KAIDAN

Posted in Business is Business, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 8 luglio 2015 by Sendivogius

kwaidan

I kwaidan sono i racconti dell’orrore della tradizione folkloristica giapponese, con la consueta galleria di apparizioni spettrali, infestazioni demoniache e creature sovrannaturali, che raggiungono il loro culmine nella Hyakki Yagyō: la “parata notturna dei cento demoni”, la quale ha un curioso omologo nella Caccia infernale della mitologia europea.
kwaidan-hoichi-battlehymn2Strettamente collegati al regno dei morti, sono i personaggi di un mondo parallelo che si sovrappone ed interagisce con la realtà dei comuni mortali, i quali ne subiscono l’influenza e sottostanno ai capricci di entità aliene, che avocano a sé la dimensione umana in un crescendo di terrori notturni. Gli antichi lo chiamavano “timor panico”, ma nell’ambito delle psicopatologie il fenomeno è meglio conosciuto come “derealizzazione”, che poi è perdita del senso di realtà nella mancanza di empatia ed ansia crescente. Se rapportato allo stato catatonico delle istituzioni europee, quanto mai contratte in tutta la loro pletorica alienazione dogmatica, la galleria fantasmagorica di figure fantastiche, che si agitano all’interno di un simile baraccone burocratico nella camera oscura della post-democrazia, assomiglia più che altro al tunnel degli orrori di un luna park impazzito.
tunnel darkTra i fenomeni da baraccone che agitano le notti insonni dei consigli europei, ovvero quei comitati di recupero crediti che hanno fatto dello strozzinaggio intimidatorio una pratica collaudata di governo e di ricatto costante, varrà la pena porre una accenno minimalista ad alcuni degli ectoplasmi in parata…

Hyōsube Martin Schulz, candidato ufficiale del socialdemocratici europei alla presidenza della Commissione europea, è quello che durante la campagna elettorale andava blaterando qualcosa a proposito di un’altra Europa possibile che fosse “più giusta, equa e democratica”, in risposta a quella “delle banche, dei mercati finanziari senza controllo”. Poi, messa all’incasso la rielezione coi voti dei gonzi che ancora ci credono, ha subito cambiato idea: promosso a zerbino personale di quegli stessi “mercati”, si è acconciato a governare con frau Merkel ed herr Schäuble, diventando non solo un convinto assertore di quella “austerity” che tanto andava contestando, ma anche uno dei più intransigenti punitori di quella Grecia, che ha osato disubbidire nella rivendicazione di una propria autonomia decisionale.
È lo stesso che ora va concionando senza ritegno alcuno di “aiuti umanitari” ad un Paese che non è a corto di derrate alimentari, ma sta affrontando una crisi di liquidità con la mancanza di banconote che quegli stessi beni di consumo servono ad acquistare, dopo quattro anni di “cure” disastrose.
È il moderno approccio tedesco all’antico concetto di lager: non è la privazione della libertà con la negazione dei bisogni a costituire il problema, ma un corretto apporto proteico nell’alimentazione della manodopera schiavizzata.

Shirime – Eyeball Butt Jean-Claude Juncker, scialbo burocrate democristiano e indimenticato premier del Lussemburgo, costretto alle dimissioni anticipate per un incredibile scandalo di schedature di massa, con la costituzione di una sorta di polizia segreta parallela, insieme ad una serie di malversazioni e irregolarità fiscali consumate all’ombra dell’austero primo ministro. Per questo l’ottimo Juncker è stato nominato all’unanimità presidente della Commissione UE, potendo contare sul sostegno fondamentale degli ancor più incredibili “socialisti europei”.
Del presidente Juncker, si ricordano le formidabili battute e le scherzose paternali al premier greco Tsipras, ancora troppo inesperto (e che evidentemente ha tanto da imparare da un simile ‘maestro’); nonché come lui, un “vecchio democristiano”, abbia dovuto convincere un comunista a tassare gli armatori greci… Ovverosia, gli stessi armatori che esportano illecitamente i capitali sottratti al fisco ellenico, grazie al formidabile ausilio delle stimatissime società anonime di diritto lussemburghese esperte in riciclaggio e delle ancor più apprezzate Anstalt, che costituiscono una peculiarità assoluta del nobile Principato del Liechtenstein, senza che Juncker e compagnia brutta se ne siano mai data la benché minima preoccupazione.

Tesso by gegebo Wolfgang Schäuble, arcigno plenipotenziario tedesco alle Finanze, gran sacerdote del Rigore e inflessibile custode dei conti. Spirito luterano applicato ai flussi di cassa, per Schäuble l’ottemperamento dei debiti (altrui) è una questione morale, consacrata all’intransigenza dei pagamenti.
Democristiano dalle pulsioni reazionarie, è in politica da quasi mezzo secolo per eredità di famiglia; fautore dei “valori tradizionali” e liberista in economia, crede nell’etica del capitalismo che evidentemente non è in contrasto con l’accettare finanziamenti in nero da un noto trafficante d’armi internazionale. Nella ritrovata supremazia della Germania all’interno dell’Europa, utilizza la moneta unica (realizzata a immagine e somiglianza del marco) un po’ come il Reich utilizzava le panzerdivisionen. Va da sé che le reni della piccola Grecia devono essere spezzate, giacché la cosa costituisce innanzitutto una “questione di principio”.

Rokurokubi Angela Merkel, l’intoccabile cancelliera di ferro, meglio conosciuta in Italia come la “culona inchiavabile” per gentile intercessione berlusconiana. È la signora dei “nein”, famosa per la tipica flessibilità germanica e per il pessimo vizio di considerare gli altri premier europei non come partner strategici ma come gauleiter personali, convinta com’è di detenere una specie di diritto imperiale nel potersi scegliere i propri interlocutori e, se il caso, rimuovere senza indugio quelli sgraditi. Per questo gestisce e si intromette nelle questioni interne agli stati sovrani, come si trattasse di affari da politica coloniale. Lo schiaffo greco è qualcosa che non aveva previsto. E dunque richiede ritorsioni immediate, tanto per ricordare al resto del pollaio europeo chi è il padrone. Ha il pregio formidabile di aver riportato la germanofobia in Europa, a livelli popolari che non si vedevano dal 1914. Alla testa dei conservatori consacrati al turbocapitalismo finanziario, ha disintegrato il sentimento europeista largamente diffuso nel sentire comune in una palude di risentimenti, egoismi, e diffidenze reciproche, trasformando il sogno dell’integrazione europea in un incubo.

oda_bekuwa-taro Matteo Renzi, è l’ultimo di una lunga serie di inutili idioti. Per l’esattezza è un Cazzaro oramai a corto di battute e con le quotazioni pericolosamente in ribasso, per un’Italia oramai entrata in overdose da fuffa. Per qualche tempo, ha costituito lo zuccherino presto esaurito, per rendere più sopportabili i traumi della cura da cavallo che ha stroncato l’intero sistema economico e produttivo italiano, trasformandolo da secondo competitore commerciale in Europa (dopo la Germania), in un mercato di ripiego per la vendita di merci tedesche e soprattutto per l’accollamento dei crediti scoperti ai quali le banche di Berlino non intendono rinunciare, dopo il salvataggio del sedicente fondo salva-stati.
The Triple Occupation of Greece (by Germany, Italy and Bulgaria)Renzi è quello che ha proposito del caso greco andava concionando qualcosa a proposito di “baby-pensionati” greci in un paese, l’Italia, con “pensionati d’oro” dagli assegni mensili superiori ai 90.000 euro. E con la faccia di tolla che contraddistingue il personaggio blatera di intollerabile “evasione fiscale greca”, che vista in percentuale è solo di poco superiore a quella italiana ma di gran lunga inferiore in rapporto alle somme evase illegalmente, per fronteggiare le quali è stata predisposta la più imponente “sanatoria” di tutti i tempi. La chiamano voluntary disclosure per meglio farsi intendere dai ladri di tutti i continenti. E probabilmente rientra nelle “riforme impressionanti” che tanto eccitano i “mercati”.
Condannato all’assoluta irrilevanza, ignorato nei vertici internazionali, ma disposto a svendere un intero paese per una fotografia insieme ai “grandi” o un invito a fanfaroneggiare liberamente in qualche università, il fin troppo ridanciano Bullo di Pontassieve è il grande sconfitto del referendum greco da cui esce squalificato personalmente e umanamente, dopo la squallida serie di colpi bassi, scorrettezze e machiavellismi della peggior specie, che accompagnano le esibizioni narcisistiche di questo squallido intrigante di provincia, che passa il suo tempo tra “gufi”, “selfie” e “tiki-taka”.

matteo-renzi-sulla-confezione-di-kinder-cioccolato

Sospeso il golpe bianco in Grecia, respinto con coraggio dal popolo ellenico, nel tentativo fallito (per ora..) di instaurare un governo fantoccio a sovranità limitata su mandato fiduciario, è interessante notare l’ondata di isteria collettiva che ha attraversato le oligarchie timocratiche, incistate nel betrüger in der euro familiecorpaccione metastatico della UE, insieme allo schiumoso livore e alla rabbia repressa con cui è stato accolto il referendum che col suo NO ha sancito il rifiuto della Grecia di essere trasformata in una specie di succursale Necromonger, tramite quello che a tutti gli effetti si configura come un esperimento allargato di ingegneria sociale.
Quando ciò avviene, si chiama “governo tecnico”; da sempre considerato maggiormente responsivo agli ukase delle tecnostrutture monetariste, che dominano l’Unione mercantilista impropriamente chiamata ‘europea’, e ovunque accompagnate dai volenterosi carnefici politicamente ammucchiati nella formula pervasiva delle “Larghe Intese”: variante continentale delle Große Koalition tedesche, riunite sotto il mantra ossessivo e ipnotico delle “riforme”, a dimostrazione di quanto fosse ben poco economica e molto ideologica la sedicente “trattativa” condotta a colpi di ultimatum…

Che cosa s’intende per riforma? Lo strano caso della Grecia e dell’Europa

Usuraio «Il termine, riforma, è oggi diventato centrale nel tiro alla fune tra la Grecia e i suoi creditori. Un nuovo sollievo dal debito potrebbe essere possibile, ma solo se i greci acconsentiranno a “riforme”. Ma a quali riforme e a qual fine? La stampa ha fatto circolare il termine, riforma, nel contesto greco come se ci fosse un vasto accordo sul suo significato.
Le specifiche riforme pretese dai creditori della Grecia oggi sono una miscela speciale. Mirano a ridurre lo stato; in questo senso sono “orientate al mercato”. Tuttavia sono la cosa più lontana dalla promozione del decentramento e della diversità. Al contrario, operano per distruggere le istituzioni locali e per imporre un unico modello di politica in tutta Europa, con la Grecia non come fanalino di coda, bensì all’avanguardia. In quest’altro senso le proposte sono totalitarie, anche se il padre filosofico è Friedrich von Hayek, l’antenato politico, per dirla brutalmente, è Stalin.
usura di statoLa versione dell’Europa moderna dello stalinismo di mercato, per quanto riguarda la Grecia, ha tre punte. La prima riguarda le pensioni, la seconda i mercati del lavoro e la terza le privatizzazioni. Poi c’è una questione onnicomprensiva di imposte, austerità e sostenibilità del debito cui possiamo tornare più avanti.
Per quanto riguarda le pensioni i creditori chiedono che circa l’un per cento del PIL sia tagliato “quest’anno” dalle pensioni, in un paese in cui quasi la metà delle pensioni corrisponde somme inferiori alla soglia della povertà. La specifica richiesta taglierebbe circa 120 euro a pensioni al livello di 350 euro, o meno, al mese. Il governo replica che anche se il sistema previdenziale necessita di essere riformato – l’attuale età di pensionamento anticipato è insostenibile – tale riforma può essere attuata solo gradualmente e parallelamente all’introduzione di un efficace piano di assicurazione contro la disoccupazione.
borsaQuanto ai mercati del lavoro i creditori hanno già imposto la quasi completa eliminazione della contrattazione collettiva e la riduzione dei salari minimi. Il governo fa notare che l’effetto è di rendere informale il mercato del lavoro, in modo tale che il lavoro non sia registrato e i contributi previdenziali non siano versati, il che a sua volta mina il sistema previdenziale. La proposta greca consiste nell’ideare un nuovo sistema di contrattazione collettiva che soddisfi i parametri dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Quanto alle privatizzazioni i creditori hanno richiesto la vendita di aeroporti, porti marittimi e aziende dell’elettricità, tra altre attività, e che tutto ciò sia fatto rapidamente. Qui l’obiezione greca non è contro l’amministrazione privata o straniera di determinate attività bensì piuttosto contro la loro svendita, o senza condizioni o senza mantenere una partecipazione al capitale. Così nella privatizzazione in corso del porto del Pireo a favore della società cinese Cosco, il governo ha insistito su un piano d’investimento e su diritti dei lavoratori. (Completando la svolta post-moderna del linguaggio, qui un governo di sinistra in un paese capitalista impone diritti sindacali a un’impresa multinazionale di un paese comunista).
CinaPassando alle imposte, i creditori hanno richiesto un forte aumento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), che ha già un’aliquota massima del 23 per cento. Tra altre cose l’onere ricadrebbe sui farmaci (e perciò sugli anziani) e sulle aliquote speciali godute dalle isole greche (circa il 10 per cento del paese, per popolazione), dove è incentrato il turismo e dove i costi sono in ogni caso maggiori. Il governo fa notare che gli aumenti dell’imposta sul turismo danneggiano la competitività e che l’effetto complessivo dell’aumento del carico fiscale consisterà nel ridurre l’attività, aggravando il problema del debito. Ciò che serve, invece, è far pagare le imposte; ridurre l’evasione dell’IVA potrebbe, molto presto, consentire una riduzione delle aliquote.
Quella che manca nelle richieste dei creditori è, beh, la “riforma”. Tagli alle pensioni e aumenti dell’IVA non sono riforme; non aggiungono nulla all’attività economica o alla competitività. Le privatizzazioni a prezzi di realizzo possono determinare monopoli privati predatori come sa chiunque viva in America Latina o in Texas. La liberalizzazione del mercato del lavoro ha la natura di un esperimento immorale, l’imposizione della sofferenza come terapia, qualcosa che è confermato dai documenti interni del FMI sin dal 2010. Nessuno può suggerire che i tagli ai salari possono portare la Grecia a un’efficace competizione per il lavoro in merci scambiate con la Germania o con l’Asia. Invece, ciò che avverrà e che chiunque disponga di competenze concorrenziali se ne andrà.
cravattaroLa riforma, in qualsiasi senso reale, è un processo che richiede tempo, pazienza, pianificazione, e denaro. La riforma previdenziale e dell’assicurazione sociale, moderni diritti del lavoro, privatizzazioni razionali ed efficace incasso delle imposte sono riforme. Lo stesso sono le misure relative all’amministrazione pubblica, al sistema giudiziario, al funzionamento del fisco, all’integrità statistica e su altre questioni, che sono concordate in linea di principio e che i greci metterebbero in atto prontamente se i creditori lo permettessero, ma per motivi negoziali non lo fanno. Lo stesso sarebbe un programma d’investimenti che sottolinei i servizi avanzati che la Grecia è ben adatta a fornire, tra cui l’assistenza sanitaria, quella agli anziani, l’istruzione superiore, la ricerca e le arti. E’ necessario riconoscere che la Grecia non può avere successo essendo uguale ad altri paesi; deve essere diversa, un paese con piccoli negozi, piccoli alberghi, elevata cultura e spiagge pubbliche. Una ristrutturazione del debito che riporterebbe la Grecia ai mercati (e, sì, può essere fatto e i greci hanno una proposta per farlo) sarebbe anche, secondo ogni calcolo ragionevole, una riforma.
strozzinoL’evidente oggetto del programma dei creditori perciò non è una riforma. E’ il raddoppio dell’incasso del debito in presenza di un disastro. Tagli alle pensioni, tagli ai salari, aumenti delle imposte e svendite sono offerti sulla base del pensiero magico che l’economia riprenderà ‘nonostante’ il fardello di imposte più elevate, di minor potere d’acquisto e di rimpatrio esterno di profitti da privatizzazioni. La magia è già stata messa alla prova per cinque anni, senza successo nel caso greco. E’ per questo che, invece di riprendersi come predetto dopo il salvataggio del 2010, la Grecia ha sofferto la perdita di più del 25 per cento del suo reddito, senza alcuna fine in vista. E’ per questo che il fardello del debito è passato dal 100 per cento del PIL al 180 per cento, misurato in termini di valori nominali. Ma ammettere questo fallimento, nel caso della Grecia, comprometterebbe l’intero progetto politico europeo e l’autorità di quelli che lo gestiscono.
imagesCosì il confronto greco resta in stallo. In realtà non è nemmeno uno stallo, visto che i greci sono sotto pressione estrema. O cedono alle posizioni dei creditori o potranno ritrovarsi con le banche chiuse e costretti a uscire dall’euro, con conseguenze altamente dirompenti almeno nel breve periodo. I creditori lo sanno. Perciò continuano a costringere i greci contro un muro, non modificando mai le proprie posizioni e contemporaneamente lamentando che la parte greca non si dà abbastanza da fare. E mentre i greci cedono terreno, centimetro per centimetro, i creditori non fanno che chiedere di più

James K. Galbraith
(23/06/2015)

L'amico di famiglia La differenza sostanziale che intercorre tra uno strozzino ed un onesto creditore, consiste nel fatto che quest’ultimo è spesso una persona ragionevole, disponibile a rivedere e rinegoziare le modalità di pagamento, per mettere il proprio debitore nelle condizioni di poter restituire il denaro ricevuto in prestito, evidentemente dilazionando le rate e rivedendo gli interessi. E in questo agisce per sua stessa convenienza. Specialmente quando nell’immediato il pagatore non dispone delle risorse necessarie per rifondere il debito. Lo strozzino invece più che al recupero del capitale investito mira all’acquisizione degli interessi, incrementati esponenzialmente dall’insolvenza del debitore. Per lo strozzino, la condizione ottimale è che questi sia messo nelle condizioni di non poter pagare, in modo da impossessarsi di ogni suo bene, andando ben oltre l’entità del debito originario. Lo scopo infatti non è l’estinzione del debito, ma la sua insostenibilità. Va da sé che il vero vantaggio dell’investimento risiede nella rovina del debitore. Che poi la UE si presti alle linee guida di un’economia criminale è un altro discorso…

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HYBRIS

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 12 febbraio 2015 by Sendivogius

MordorNell’autistico isolamento della gelida fortezza di Asgard, dove dimorano le vestali norreniche dei conti ordinati e dei compiti a casa, il riverbero del sole sui ghiacci deve aver finito con l’accecare gli spiriti minimi, che dall’alto dei loro piedistalli si ergono come statue di sale e di pietra, vegliando nella preservazione del dogma del rigore.

Beccamorto«Ha un’idea poco chiara della realtà chi dice di non vedere che noi, attraverso i due programmi di aiuto europei, finalmente abbiamo portato la Grecia sulla strada della crescita, della riduzione della disoccupazione e abbiamo reso progressivamente sostenibili sul lungo periodo le finanze pubbliche.»

  Wolfgang Schäuble
  (05/02/2015)

Se i bramini dell’Austerity di tanto in tanto sfogliassero i Classici invece di dare i numeri, scoprirebbero come gli dei confondono la mente di coloro che peccano di tracotanza, nella presunzione di poter diventare essi stessi divinità. Aristotele ed i poeti della tragedia greca la chiamavano Hýbris. E di solito si ritorceva sempre contro il superbo, con effetti terribili nell’ineludibilità del fato, dopo che questo era stato colmato di potere e ricchezze destinate a crollare.

Malcom Morley - Flight of IcarusPiù prosaicamente, nel caso di Schäuble siamo dinanzi all’ennesima forma di distorsione cognitiva, secondo il bias mutuato da una formazione che prima ancora che ‘culturale’ è religiosa, condizionata com’è da un rigidissimo impianto luterano nel più cupo protestantesimo evangelico. La mistica di Schäuble in fondo è semplice: si nutre di una dimensione tutta tedesca, che vive nell’etica della punizione attraverso la pedagogia del castigo, vissuto come momento di espiazione della colpa (il debito), nell’irrimediabilità del peccato per il quale non esiste perdono né redenzione possibile. La macchia rimane ed è indelebile. Per questo il castigo deve essere inflessibile, mortificante, ed il più severo possibile, servendo come esempio morale e monito per tutti i trasgressori.
Luca_signorelli,_compianto,_cortona,_predella,_04_flagellazioneQuello della Grecia non si configura infatti come un “contagio”, ma una forma di contaminazione mediterranea contro la purezza contabile dei laboriosi popoli norreni, minacciandone l’integrità morale. Ogni deroga al dogma del rigore è una forma di eresia, che va immediatamente ricondotta all’ortodossia monetarista.

Inquisizione Monaco

Schäuble è l’inquisitore che veglia sul mantenimento di un ordine che reputa immutabile. Ogni concessione è un intollerabile cedimento al peccato.
Wolfgang Schäuble Come poi questa brutta copia carrozzata di Gollum prestata alla politica, che a suo tempo paragonò Gorbaciov e la sua Perestroika (grazie al quale fu possibile la riunificazione tedesca) a Joseph Goebbels (!), invischiato in un giro di tangenti organizzato dal trafficante d’armi internazionale Karlheinz Schreiber, sia potuto diventare ministro plenipotenziario in Europa, tanto da condizionarne l’intera politica finanziaria, la dice lunga sullo spirito tedesco e sull’identità di questa UE mercatista a trazione franco-germanica.
Gollum Evidentemente, nei club esclusivi dove si danno convegno l’inflessibile ministro e tutti gli altri ragionieri contabili, che amano immaginarsi élite dominante, deve essere sfuggita qualche piccola variabile…
Vampires di John CarpenterNei cinque anni di prestiti a strozzo imposti dalla troi(k)a vampirica a tutti coloro che si sono rimessi alle sue ‘cure’ estreme, tra i principali segnali di una insostenibile ripresa, la Grecia può vantare primati eccitanti. Ad esempio, può godere dei benefici effetti di un PIL diminuito del 25% insieme alla distruzione del 18% dei posti di lavoro, su un tasso di disoccupazione del 27% che supera il 50% tra i più giovani. E per chi ancora non condivide la ritrovata libertà dalla schiavitù del lavoro, c’è sempre il taglio dei salari che per i più fortunati può arrivare anche ad una riduzione del 40% (insieme all’eliminazione di altri inutili privilegi come la “tredicesima”). In cantiere vi è pure la riduzione del 22% del salario minimo. Tanto per restare più ‘sereni’, sono stati cancellati i contratti collettivi di lavoro, avviate privatizzazioni di massa e smantellato l’intero sistema di tutele sociali, che certi lussi non ce li si può più permettere.

Matteo Renzi, Alexis Tsipras

Altrimenti bisognerebbe iniziare ad incidere sui margini di profitto dei grandi trust armatoriali e cominciare a far pagare le tasse ai super-ricchi, che invece hanno avuto tutto il tempo di far sparire i loro capitali all’estero. Soprattutto, Francia e Germania avrebbero dovuto rinunciare alle lucrose commesse militari, affidate loro in linea diretta dai compiacenti governi ellenici degli amici Karamanlis e Samaras, che tra reazionari ci si intende sempre.
Vacanze in Grecia - Karamanlis-MerkelCome risultato tangibile, circa 1/3 dei greci vive sotto la soglia di povertà, ed il 40% di questi sono minori, mentre il 20% manifesta problemi di denutrizione.
Secondo statistiche piuttosto contestate, la mortalità infantile sarebbe balzata al 43%. Ma solerti commentatori ‘liberali’ vi spiegheranno come questo non sia assolutamente collegabile ai tagli imposti alla spesa sanitaria. Sarà per questo che, a fronte di un crollo radicale della natalità, in un quinquennio il numero dei bambini abbandonati negli ospedali e negli orfanotrofi è aumentato del 336% (!): percentuali da quarto mondo nell’Europa dei G20.
Quantomeno, e nonostante i danni collaterali, le ricette macroeconomiche imposte dalla infamissima trinità BCE-FMI-UE sono servite almeno a rilanciare il tessuto produttivo ellenico, aiutando il paese a contenere i suoi deficit strutturali… E invece no. Sbagliato! Visto che il debito greco ha superato il 175% in rapporto al prodotto interno lordo di un paese schiantato da una depressione senza uscita.
Per questo bisogna perseverare negli errori con diabolica determinazione, continuando ad applicare pedissequamente i “programmi di aiuto europeo” (ma sarebbe più appropriati definirli piani di rientro bancario dalla truffa dei derivati) approntati a Berlino, con la collaborazione altrettanto interessata di Parigi.
Secondo gli osservatori più maliziosi, ovvero quel Wall Street Journal noto in tutto il mondo per il massimalismo marxista dei suoi editoriali, la concessione dei prestiti franco-tedeschi sarebbe stata condizionata dall’imprescindibile acquisto di dotazioni militari. Ad ogni nuova tranche della troi(k)a per il rifinanziamento del debito ellenico, uno stock di acquisti obbligati per una di quelle offerte che non si può rifiutare, secondo lo stile ‘austero’ dei Vito Corleone seduti nei board delle tecnoburocrazie europee.
Vito CorleoneSarà per questo che Berlino e Parigi si sono aggiudicati rispettivamente il 22,7% ed il 12,5% delle forniture belliche della Grecia, per oltre 10 miliardi di euro. In particolare, se la Francia si è accaparrata la vendita di sei fregate e 15 elicotteri per la Marina da guerra, a sbancare è la Germania che riesce a piazzare persino i suoi fondi di magazzino, sottraendoli alla rottamazione, come i 223 vecchi obici di artiglieria da dismettere. Ma anche 170 panzer Leopard-2-A6 di ultima generazione ed il fondamentale acquisto di quattro nuovi sottomarini a fabbricazione ThyssenKrupp: sì, proprio quella del rogo degli operai di Torino e nata dalla fusione con quelle Acciaierie Krupp, che furono tra i principali finanziatori (e beneficiati) dell’ascesa nel nazismo.
Gruppo KruppQuando l’effimero governo socialista ha provato a tagliare l’acquisto delle forniture, nell’ambito della politica di bilancio ed in ottemperamento ai tagli della spesa statale, ha ricevuto un secco NEIN! insieme all’ingiunzione a confermare l’acquisto e pagare quanto prima il saldo. In merito, a perorare la causa dell Thyssen, è intervenuta fraulein Merkel in persona, abbaiando qualcosa sul rispetto degli impegni, che culminarono con la pronta rimozione del premier disubbidiente. Perché ci sono spese che si possono tagliare (sanità e servizi sociali) ed altre invece che sono intaccabili; specialmente quando queste interessano Berlino.
nazi_uboot_grToglietegli tutto ma non il mio U-Boot!

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GLOBALISMO

Posted in Uncategorized with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 5 gennaio 2015 by Sendivogius

Immortal ad vitam

Teorico della “società del rischio” (da cui il nome della sua opera più famosa), Ulrich Beck è stato uno dei massimi studiosi dei processi della globalizzazione nelle moderne società di massa delle quali ha analizzato le dinamiche e teorizzato gli effetti, attraverso la “pluralizzazione conflittuale dei rischi” e della loro definizione. Seguendo l’incidenza dei mutamenti su una società sempre più in bilico tra individualizzazione ed atomizzazione, ha contribuito a delinearne i profili.
Beck,-Ulrich-(R.-Schmeken) Nell’ambito della critica sociologica, Ulrich Bech, pur pervaso da un inguaribile ottimismo e con l’occhio sempre attento alla peculiarità tedesca, è stato uno dei più lucidi interpreti della “modernità” della quale ha saputo tracciare le nuove prospettive in un mondo globalizzato, che sapeva investigare come pochi. Ne ha rilevato le trappole concettuali, fornendo sempre nuove chiavi di lettura per potersi orientare in una realtà convulsamente asimmetrica. Distinguendo nettamente tra “globalismo” e “globalizzazione”, mette in discussione la “metafisica del mercato mondiale” con la sua mistica neo-liberale, rivendicando la politicità di una società cosmopolita e policentrica nella sua multidimensionalità su scala mondiale.
Con la scomparsa di Herr Bech, perdiamo una finestra affacciata sulla complessità degli eventi.

helmetMetafisica del mercato mondiale

«Il globalismo riduce la nuova complessità della globalità e della globalizzazione ad un’unica dimensione – quella economica – che viene anche pensata in maniera lineare, come tutto ciò che dipende permanentemente dalle regole del mercato mondiale. Tutte le altre dimensioni (globalizzazione ecologica, glocalizzazione cultura, politica policentrica, il sorgere di spazi e di identità transnazionali) vengono generalmente tematizzate solo presupponendo il dominio della globalizzazione economica. La società mondiale viene così ridotta e contraffatta nella società mondiale del ‘mercato’. In questo senso, il globalismo neo-liberale è una manifestazione del pensiero e dell’agire “unidimensionali”, un’espressione della visione del mondo “monocasuale”, cioè dell’economicismo. Fascino e pericolo di questa nient’affatto nuova metafisica della storia del mercato mondiale traggono origine da un’unica fonte: il bisogno, anzi la smania di semplificare, per orientarsi in un mondo divenuto indecifrabile.
Quanto questa metafisica del mercato mondiale renda ciechi lo si vede nelle discussioni sulla riforma delle pensioni.
[…] Quando, in economia e in politica, i neoliberali sostengono che il sistema pensionistico è antieconomico, poiché lo stesso denaro potrebbe essere investito in modo più redditizio in fondi pensione privati, essi dimostrano una volta di più che del significato politico-culturale di queste cose capiscono quanto i sordi della musica. Infatti, da un lato le pensioni assicurano anche quelli che non pagano contributi per esse, come gli altri membri della famiglia (moglie e figli), e dall’altro i datori di lavoro sono fatti partecipare ai costi.
Wolfgang Schäuble[…] Quel che c’è di spregevole quando si parla delle pensioni come di un “sistema collettivo di coercizione” (Wolfgang Schäuble) è che con ciò viene diffamato e sacrificato un pezzo di solidarietà sociale, e proprio da parte di quelli che più di tutti lamentano la perdita dei valori tradizionali.

Il cosiddetto libero mercato mondiale

Il globalismo leva un inno al libero mercato mondiale. Si sostiene che l’economia globalizzata sia destinata ad aumentare il benessere in tutto il mondo e con ciò ad eliminare situazioni sociali insostenibili. Anche nella tutela dell’ambiente, così si dice, si possono ottenere progressi tramite il libero mercato, poiché il meccanismo della concorrenza contribuirebbe alla protezione delle risorse e indurrebbe ad un rapporto non aggressivo con la natura.
Con ciò viene tuttavia trascurato intenzionalmente il fatto che viviamo in un mondo infinitamente lontano da un modello di libero mercato fondato sui vantaggi che possono derivare dalla comparazione dei costi à la David Ricardo. L’alta disoccupazione nel cosiddetto terzo mondo e nei paesi postcomunisti d’Europa costringe i governi di questi paesi a praticare una politica economica orientata alle esportazioni a spese degli standard ecologici e sociali. Con basse retribuzioni, spesso con condizioni di lavoro pessime ed estromettendo di fatti i sindacati, questi paesi concorrono l’un contro l’altro e con i ricchi paesi dell’Ovest per assicurarsi capitale straniero.
L’affermazione per cui il mercato mondiale rafforza la competizione e porta ad un abbassamento dei costi, del quale alla fine tutti approfittano, è notevolmente cinica. Non si dice che ci sono due modi di abbassare i costi: o tramite un’accresciuta redditività (miglior tecnologia, organizzazione, ecc.) oppure tramite l’abbassamento degli standard di produzione e lavoro umani. Le aziende ricavano di più, ma solo grazie ad una caduta della qualità dei prodotti e dei servizi offerti.

Drammaturgia del rischio

[…] Anche la pretesa di insediare sua maestà il marco tedesco sul trono dei rapporti sociali è tutt’altro che nuova….
Il globalismo trae il suo potere solo in piccola parte dal suo effettivo verificarsi. Il potere del globalismo deriva per lo più dalla messa in scena della minaccia: domina il “potrebbe essere”, il “dovrebbe essere”, il “se…allora”.
Ciò da cui le imprese transnazionali traggono il loro potere è dunque una specie di società del rischio. Non il “malaugurato verificarsi” dell’effettiva globalizzazione economica, come ad esempio il completo trasferimento di posti di lavoro in paesi dai bassi salari ma, prima ancora, la di minaccia di ciò: il gran parlare che se ne fa provocano paure, spaventano e costringono infine gli antagonisti politici e sindacali a fare ciò che la “disponibilità agli investimenti” richiede, per evitare qualcosa di ancora peggiore. L’egemonia semantica, la paura del globalismo fomentata pubblicamente è una fonte di potere, dalla quale il sistema industriale ricava il suo potenziale stretegico.

Assenza di politica come rivoluzione

Il globalismo è un virus che ha colpito ormai tutti i partiti, tutte le sedi, tutte le istituzioni. Il principio su cui si base non ha a che vedere solo con la politica dei profitti, ma sul fatto che tutti e tutto – politica, scienza, cultura – sono sottomessi al primato dell’economico.
[…] Una sorta di setta religiosa i cui seguaci e profeti non distribuiscono volantini alle uscite della metropolitano, ma annunciano la salvezza del mondo ad opera del mercato.
Il gloabalismo neoliberale è a tale riguardo una manifestazione altamente politica, che si esprime però in modo completamente impolitico. Mancanza di politica come rivoluzione! L’idea di questo globalismo è: non si agisce ma si ubbidisce alle leggi del mercato mondiale, le quali costringono a ridurre al minimo lo Stato (sociale) e la democrazia

Ulrich Beck
Che cos’è la globalizzazione
Carocci Editore Roma, 1999.
(Pagg 142-146)

cartoon_globalization1Era il 1997 e la grande depressione del XXI secolo non esisteva nemmeno nelle ipotesi di scuola.
Helghast SenatusL’Europa non s’era ancora trasformata in un moloch tecnocratico dalle pulsioni sempre più totalitarie… L’euro non era ancora stato posto in gestazione (ad immagine e somiglianza del marco tedesco), mentre al suo posto circolava un famigerato prototipo chiamato ECU: come surrogato, fu un mezzo disastro a precorrimento dei successivi sviluppi…

Suora

Il Telemaco di Firenze probabilmente sgambettava ancora in braghette di tela nel cortile dell’oratorio, mentre l’allora centrosinistra si suicidava sotto le fragile fronde dell’Ulivo… Il papi fanfaroneggiava di milioni di posti di lavoro…. Ed il peggio era ancora da venire.

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