Archivio per Valter Lavitola

ONORE AL MERITO!

Posted in Masters of Universe, Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 4 agosto 2012 by Sendivogius

«In linea di principio potrei anche assumere mia madre, non mi pare inopportuno»

 È quanto ha dichiarato Sveva Belviso (il 31/07/12), vicesindaco di Roma già assessore alla Politiche Sociali, in merito all’assunzione della… cognata!
Ormai, è quasi impossibile tenere il conto dell’infornata di assunzioni al Campidoglio e “chiamate dirette” nelle aziende municipalizzate del Comune. Del resto, il vero fondamento della Repubblica italiana non risiede certo nel ‘Lavoro’, bensì nella ‘Famiglia’ alla quale gli italiani (politicanti inclusi) sono estremamente legati. Per questo non se ne separano mai.
La parola magica si chiama intuitu personae; è la formula prediletta per la pronta sistemazione di parenti, famigli e sodali, nell’accogliente greppia capitolina, a prescindere da titoli e competenze e fedina penale.
Per il resto dei comuni mortali, che protettori non ne hanno o non ne cercano, le cose funzionano molto diversamente…
Per esempio, è prevista:

a) L’immunità da condanne penali o procedimenti penali in corso che impediscano la costituzione di un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.
b) L’idoneità allo svolgimento delle mansioni relative al posto da ricoprire.

Tali prescrizioni costituiscono soltanto una parte dei requisiti di ammissione, per le “procedure di selezione pubblica per titoli ed esami”, in teoria obbligatorie, per l’assunzione (tramite concorso) al Comune di Roma. E in ogni caso:

“Non possono partecipare alla procedura selettiva coloro che siano dichiarati decaduti dall’impiego per aver conseguito dolosamente la nomina, mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità insanabile [per esempio, una laurea falsa] o che abbia riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato.”

Le disposizioni sono contenute nella delibera comunale n.424 del 22/12/2009, a cura della giunta Alemanno la quale, con ogni evidenza, applica sulla carta i principi che bellamente ignora al proprio riguardo. Mentre il Civetta e la sua cricca piazzava vecchi squadristi e avanzi di galera, cubiste e semianalfabeti, ad incarichi di responsabilità, con infornate di masse e lauti stipendi, è divertente notare la scrupolosa attenzione con la quale vengono selezionati i travet comunali…

I principi che devono orientare l’azione amministrativa della P.A. nell’espletamento della funzione amministrativa sono riconducibili a tre tipologie di fonti normative (comunitarie, costituzionali, l.241/1990). Quale tra quelli indicati è individuato nel capo I della legge n. 241/1990?
A) Principio di semplificazione.
B) Principio del decentramento amministrativo.
C) Principio democratico.
D) Nessuna delle altre risposte è corretta.

Con riferimento alla realtà australiana, una delle seguenti non è tra le ragioni individuate da Savage nel 2006 per spiegare la scarsa attenzione degli operatori museali riguardo alle ricerche sul pubblico:
A) Convinzione che la missione del museo non è il pubblico ma la conservazione delle opere.
B) Convinzione di conoscere il proprio pubblico.
C) Convinzione di non poter sostenere le spese per un’indagine appropriata.
D) Mancanza di fiducia in qualsiasi tipo di ricerca sociale.

Secondo la definizione di Simona Bodo, i modelli di policy per il “museo relazionale” sono:
A) 3.
B) 4.
C) 5.
D) 6.

Con riferimento ai principi e/o criteri individuati nel Capo I della legge n. 241/1990 indicare quale affermazione sul principio della semplificazione del procedimento è corretta.
A) Per semplificazione si intende l’organizzazione del procedimento amministrativo che tende a valorizzare le esigenze di trasparenza e concentrazione dell’azione amministrativa, unitamente a quelle del giusto procedimento, attraverso l’introduzione di istituti e regole operative a tutti i livelli del procedimento.
B) Comporta che l’azione amministrativa deve svolgersi nei limiti dell’autorizzazione legislativa e nel rispetto dei principi che presiedono all’esercizio della funzione amministrativa.
C) Comporta l’obbligo per le P.A. di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso sia quando il procedimento è iniziato ad istanza di parte sia quando è iniziato d’ufficio.
D) Comporta per la P.A. l’obbligo di esporre le ragioni di fatto e di diritto (giustificazione), nonché delle ragioni che stanno alla base della determinazione assunta.

Sono alcuni dei quesiti (neanche tra i più difficili), contemplati nella prova preselettiva per il posto di Istruttore Servizi Culturali, Turistici e Sportivi al Comune di Roma, durante l’ultimo grande concorso pubblico. Sono domandine semplici, che presuppongono una certa preparazione giurisprudenziale, per un profilo professionale riservato a candidati con diploma di maturità liceale.

FOGNA SENZA FONDO
 L’incompetenza genera sempre costi supplementari. Il vantaggio di una giunta bulimica, che non riesce a controllare gli appetiti dei troppi gerarchi, è quello di poter addebitare le spese sul conto della cittadinanza. Infatti, oltre allo spropositato aumento della seconda rata dell’IMU (la più cara d’Italia), i Romani si sono visti aumentare il prezzo del biglietto di autobus e metropolitane, a fronte di un servizio trasporti che, con un pietoso eufemismo, si potrebbe definire ‘carente’. Va inoltre aggiunto l’aumento della tassa sulla (pessima) raccolta rifiuti, in una città oramai assediata dalle sue stesse immondizie. E non andrebbero dimenticati i continui disservizi di ACEA (acqua ed elettricità), che sembra sempre più incapace di emettere bollette con gli importi al consumo esatti.
E questo nonostante le migliaia di assunzioni clientelari nelle municipalizzate (tutte con i bilanci pesantemente in passivo): 1.400 assunzioni in AMA (raccolta rifiuti); 854 in ATAC (trasporto urbano), 600 assunzioni in ACEA (gestione idrica). L’aggravante risiede nel fatto che ACEA è una società quotata in borsa, che ha visto crollare in poco più di una anno i rendimenti azionari a seguito di una gestione a dir poco indecente.

Dopo aver infilato raccomandati ovunque e posto cialtroni incompetenti ai vertici aziendali, prosciugando le casse, la giunta fascista (hic et nunc e tutt’altro che post) ha provato inutilmente di svendere ACEA ai privati (leggi: Gruppo Caltagirone) e privatizzare la rete idrica nonostante l’esito del referendum sull’acqua pubblica. I palazzinari a Roma hanno sempre prosperato con le giunte di qualsiasi colore. Il loro sostegno è imprescindibile. Pertanto, coccolati i Caltagirone (e P.F.Casini, parente acquisito) non poteva certo mancare una lauta contropartita per il Gruppo Parnasi, a carico stavolta dell’ATAC. Si tratta di una delle tante sorprese lasciate in eredità dalla catastrofica gestione di Adalberto Bertucci [QUI] e che la nuova governance aziendale sta cercando disperatamente di contenere, limitando i danni fin dove possibile:

«L’ATAC ha un bilancio in rosso fisso. Eppure, l’azienda che gestisce la mobilità della Capitale, pensa a comprare una nuova sede da 24mila metri quadrati (che ancora deve essere costruita) sborsando 119 milioni di euro. Ma non solo. Decide di farlo con una modalità di pagamento che è estremamente vantaggiosa per il venditore (il fondo Sgr di BNP Baripas che ha come soggetto attuatore il gruppo di costruzioni Parnasi) e ad alto rischio per l’acquirente: un anticipo di 20 milioni e il resto in base all’avanzamento dei lavori. Un’operazione pericolosa fermata, solo per il momento, dalla nuova governance dell’Atac che è riuscita a trasformare il contratto di compravendita in un contratto di affitto. Ma il rischio resta.
[…] Decorsi 30 mesi dalla data di efficacia del contratto di affitto, infatti, il fondo che gestisce l’immobile vicino al Grande raccordo anulare può tornare a chiedere ad Atac di acquistare il complesso a 94 milioni di euro (pari alla differenza tra il nuovo prezzo ribassato e i 20 milioni versati per il canone) utilizzando anche come pagamento un’eventuale permuta. Magari proprio una delle attuali sedi, come quella strategica in via Tiburtina rimasta deserta per via del trasferimento del personale nel nuovo immobile. Operazioni finanziare ad altissimo rischio, effettuate con i soldi dei cittadini.»

Davide Desario
Il Messaggero – 03/08/2012
(Articolo integrale QUI)

Inoltre, trasformare il Campidoglio e le sue aziende in una enorme ‘casa del fascio’, per il collocamento dei camerati in disarmo e dei democristiani in transumanza, con la creazione di nuovi bacini di voto clientelare, non ha portato fortuna al podestà barese subissata da una sequenza di scandali a ciclo continuo, con cadenza settimanale.

Nell’indecente farsa senza fine della parentopoli romana, non poteva certo mancare il classico siparietto assenteista, con gli impiegati che timbrano il cartellino per poi dileguarsi. Palcoscenico di turno: ACEA.
Peccato che i due furbacchioni colti sul fatto non siano dipendenti qualsiasi… Si tratta infatti di Enrico De Castro (classe 1965) e Alessandro Causi (classe 1963), rispettivamente capo della sicurezza informatica e responsabile della vigilanza il secondo. I due utilizzavano le ore d’ufficio per dedicarsi all’autosalone di famiglia, facendosi rimborsare peraltro le “spese di trasferta” direttamente dall’ACEA.
Nel 2010 la loro assunzione, naturalmente con chiamata diretta su segnalazione (pare) del Campidoglio, a suo tempo aveva suscitato più di un mugugno scandalizzato. Il loro primo ingresso nella partecipata pubblica risale al 2008, quando imboccano entrambi con un contratto di consulenza a cinque mesi (rinnovabili), come ‘esperti della sicurezza’ per conto della “Security Service”. Di rinnovo in rinnovo, il contratto originario si trasforma in assunzione diretta a tempo indeterminato, non prima di aver intascato quasi 150.000 euro in consulenze e nonostante in Acea esistesse già una più che avviata divisione per la sicurezza. E se Enrico De Castro ha esperienze lavorative alla Ericsson ed alla British Telecom, Alessandro Causi può vantare una laurea in “Scienze Investigative” conseguita presso la famosissima Constantinian University, ateneo cattolico con sede nel Rhode Island (USA).
La prestigiosa istituzione viene costituita nel lontano agosto del 1966, da mons. Eugenio Tissarant, arcivescovo di Ostia, come Università degli Studi Costantiniana. La sede originale si trova alla Giustiniana (oscillando ai due estremi della periferia romana), ma la vocazione è internazionale e il trasferimento negli USA a partire dal 2000 solleva il presunto ateneo da fastidiose verifiche ministeriali.
Una curiosità: il ‘senato accademico’ della sedicente università vanta tra le sue “autorità” anche il gen. Amos Spiazzi. Il vecchio generale monarchico è stato un anello delle trame eversive, attraverso il quale sono passati i fili della sottile linea nera del golpismo italiano, dalla Rosa dei Venti al Golpe Borghese, dalla Strage di Piazza Fontana all’adesione alla Loggia P2 di Licio Gelli, contraddistinto da un’ambiguità di fondo mai dissolta.

Il Business delle Sicurezza
 La furbissima accoppiata Causi e De Castro, i due consulenti diventati dirigenti ma venditori d’auto a tempo pieno, sembra si avvalesse pure dei servigi degli (ex) colleghi della Security Service, ovvero l’istituto di vigilanza che ha in appalto la sicurezza di Acea.
Nella selva dei nomi più improbabili, per un’inflazione delle sigle più disparate, quello delle agenzie private per la vigilanza e per la sicurezza è un business tutto particolare, pompato da commesse quasi sempre pubbliche, quasi sempre su assegnazione politica, per stipendi miserrimi e assunzioni su ‘segnalazione’. Insieme alle cooperative di facchinaggio e di pulizie, costituiscono una riserva strategica di assunzioni clientelari. Specialmente per quanto riguarda i servizi di portierato e reception, tali agenzie costituiscono un pratico supplemento occupazionale, per la creazione di personali bacini di ritorno elettorale. È questa a Roma una pratica soprattutto ad uso UDC, come si conviene ad una specialità d’origine democristiana.
È un intreccio di rapporti sotterranei e commistioni politiche tutt’altro che limpido e con interessi non sempre leciti, nel suo impianto dalla facciata legalitaria e dall’impronta fascistoide.
La “Security Service”, dalla quale Alessandro Causi proviene e deve le sue fortune nel pubblico impiego, non è affatto sconosciuta alla cronaca recente, essendosi guadagnata una certa notorietà in ambito giudiziario…

LA CUCCAGNA SANITARIA
 Forse pochi ricordano come l’agenzia privata sia stata coinvolta nel mega-scandalo della Sanità laziale, ai tempi allegri della giunta regionale del fascistissimo Francesco Storace, che molto ha contribuito alla voragine contabile della Regione Lazio: questo nero deretano al centro della Penisola, capace di defecare da 70 anni e senza vergogna alcuni dei peggiori politicanti nazionali.
Nel corso del 2007, il NAS dei Carabinieri smantella un sistema di corruzione scientifica, che gravita attorno ad un pugno di manager pubblici e imprenditori privati, fondato sulla manipolazione delle gare d’appalto, il sovrapprezzo delle forniture ospedaliere, l’assegnazione dei servizi di vigilanza privata per i presidi ospedalieri, e i rimborsi truccati della cosiddetta sanità convenzionata.
Al centro della truffa c’è la Asl RM/C. Tra gli ospedali invischiati nello scandalo c’è il presidio dell’Addolorata (interno all’Ospedale S.Giovanni), il Sant’Eugenio, l’Istituto Zooprofilattico del Lazio, il Presidio ospedalierio Sant’Anna…
Si falsifica tutto: dai numero dei pasti forniti ai conti della lavanderia, dai rimborsi spese alla contabilità ordinaria, fino al numero dei ricoverati e delle prestazioni fornite… Dal 2002 al 2006, verranno conteggiati 280.000 degenti fantasma per ricoveri mai avvenuti.
Sono coinvolti dirigenti sanitari, imprenditori, ma anche grossi esponenti politici. Per esempio, c’è Marco Buttarelli, ex capo di gabinetto di Storace; Giulio Gargano, ex assessore ai Trasporti. Soprattutto, c’è Marco Verzaschi, transfuga democristiano specialista in riciclaggio presso il vincitore del momento: candidato in “Forza Italia” (1995), assessore alla Sanità del Lazio nella giunta regionale di Francesco Storace, eppoi riciclato nell’UDEUR di Clemente Mastella (2005), pronto per diventare sottosegretario alla Difesa nel Governo Prodi.
Tra le personalità di rilievo della truffa, c’è Anna Giuseppina Iannuzzi, soprannominata Lady Asl. Figlia di un ambulante dell’avellinese, fa la sua fortuna a Roma e insieme al marito, l’ing. Andrea Cappelli, gestisce il “Centro Romano San Michele”.
Secondo le accuse, Marco Verzaschi si sarebbe fatto versare 200.000 euro, per l’accreditamento della struttura in convenzione. Il condizionale è d’obbligo visto che non c’è una sentenza definitiva e Verzaschi ha sempre respinto ogni addebito.
Altri 200.000 euro l’onorevole se li sarebbe fatti dare, tra il 2004 ed il 2005, da Renato Mongillo, titolare della Security Service, per l’assegnazione della vigilanza privata all’Ospedale S.Giovanni. Altri 20.000 euro Mongillo li avrebbe dati a Franco Cerretti, il direttore amministrativo del S.Maria Addolorata.

Nel sistema, secondo i carabinieri, c’era anche Luigi Moriccioli, il ciclista ucciso sulla pista ciclabile nell’estate del 2007, dipendente del San Giovanni, che avrebbe collaborato con Cerretti. Altre irregolarità sarebbero emerse anche in alcuni appalti della società “Innova” presso gli ospedali Sant’Eugenio e Cto che fanno capo alla Asl RmC.

Cecilia Cirinei
L’Espresso – 10/06/2009

Luigi Moriccioli è il ciclista massacrato a Tor Di Valle, da due balordi rumeni il 17/08/2009.
Il delitto verrà poi strumentalizzato oltre ogni decenza (pareva l’avesse ammazzato Veltroni), durante la campagna elettorale di Gianni Alemanno, insieme ad qualsiasi altro fatto di cronaca nera. Salvo poi glissare ogni responsabilità per l’escalation criminale a elezione avvenuta. La figlia di Moriccioli, aveva trovato pronta candidatura nelle file di AN, come una dei “garanti per la sicurezza”. E d’altra parte le preoccupazioni securitarie del sindachetto barese sono ridotte ormai a propagandistici raid notturni contro il meretricio da marciapiede (peraltro dilagante).

SECURITY SERVICE & dintorni
Renato Mongillo è il grande accusatore. Arrestato nel Luglio del 2007 è colui che permette di scoperchiare i gangli del sistema, rivelando le corruttele politiche.

Il direttore amministrativo del S.Giovanni [Franco Cerretti] è stato incastrato da Renato Mongillo, titolare della Security Service, arrestato a luglio 2007 in uno dei filoni dell’inchiesta su Lady Asl: l’imprenditore ha rivelato di aver dato 20 mila euro a Cerretti in cambio dell’aiuto che avrebbe avuto per vincere l’appalto per la sicurezza del San Giovanni. Dopo la confessione, sono iniziate le intercettazioni telefoniche e ambientali. In quella del 2 dicembre 2007 un’impiegata spiega a una collega: «Loro li alteravano i conteggi, sia Cerretti che Moriccioli. Li alteravano perché consideravano sempre che su un letto mangiavano due persone, quello che usciva e quello che entrava. L’aggiustavano a modo loro. Carta vince e carta perde». Sarebbero stati 283.896, tra il 2002 e il 2006, i pazienti fantasma, conteggiati solo per far lievitare il costo di pasti e lenzuola.

Alessandro Fulloni e Ilaria Sacchettoni
“Tangenti in ospedale”
Corriere della Sera del 10 Giugno 2009

La collaborazione però non gli risparmia il rinvio a giudizio e una condanna di risarcimento erariale, da parte della Corte dei Conti (Sent. N.775/2011).
In pratica, la Security Service, per i suoi servizi di vigilanza, incassa dalla Asl Roma/C pagamenti non dovuti per 1.142.000 euro.

“trattandosi di interessi legali e fatture non ancora liquidate o liquidate solo parzialmente, per le quali erano stati commessi grossolani errori di calcolo, oltre che basati solo sulla documentazione presentata dalla società, senza alcun riscontro con quanto risultante agli atti della A.S.L.”

Inoltre, si legge nella sentenza che:

“gli accertamenti condotti nell’ambito di altro procedimento penale avevano riscontrato diversi episodi di corruzione in cui erano stati coinvolti gli amministratori della ASL RM/B (alcuniimprenditori mediante la corresponsione di tangenti, miravano ad ottenere l’aggiudicazione di appalti o il rinnovo di contratti per la fornitura di beni e servizi); considerato che la medesima società aveva svolto servizi di vigilanza anche per la ASL RM/C, venivano svolti accertamenti che permettevano l’emersione di ulteriori irregolarità consistenti nella emissione di falsi mandati di pagamento, formalmente registrati in favore di società contraenti con la medesima ASL, mentre di fatto le somme di denaro venivano accreditate su c/c intestati ad altre società di comodo riconducibili ai componenti del sodalizio criminale; le informazioni acquisite dai titolari delle società destinatarie dei mandati di pagamento consentivano di accertare che le loro ditte non vantavano i crediti riportati nei mandati e non avevano mai delegato per la riscossione le società sui conti delle quali erano state effettivamente versate le somme di denaro.”

La vicenda, assai poco edificante, non ha impedito alla filiazione meridionale della ‘Security Service’ (la Security Service Sud) di aggiudicarsi nel 2010 un mega-appalto da 45 milioni di euro in tre anni, per i servizi di vigilanza presso la Asl di Napoli 1. La gara al ribasso è stata vinta per un solo centesimo di differenza (sul pagamento ogni singola ora di lavoro), rispetto alle offerte delle concorrenti.
A Roma invece, in un afflato di rigorismo legalista senza precedenti, con raffiche di ricorsi al TAR contro le assegnazioni di appalti pubblici (dall’Acea alle Asl regionali) alla Security Service, si è distinta una battagliera alleanza di alcune delle principali agenzie della Capitale, capitanate dall’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma

Montali & Friends
 L’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma, insieme alla Securitas Metronotte, la Roma Union Security (che fa capo a Claudio Lotito), Italpol, Capitalpol… costituiscono un’associazione temporanea d’impresa (ATI); al contempo, non mancano partnariati anche con la SIPRO di Salvatore Di Gangi. In pratica, si spartiscono la quasi totalità delle commesse pubbliche a Roma e per conto della Regione Lazio. Di fatto, anche se non è lecito dirlo, secondo i malevoli, costituirebbero quasi una sorta di cartello, rimpallandosi a turno gli appalti più ghiotti: i depositi dell’ATAC; il centro RAI di Saxa Rubra; la vigilanza nelle stazioni della metropolitana; il portierato nelle sedi ministeriali, non ultimo, il ministero dei Beni Culturali.
Il responsabile per lo “Sviluppo Partecipazioni e Controllo Gestione” per conto della Nuova Città di Roma è Fabrizio Montali. Figlio di un ex esponente socialista di epoca craxiana: Sebastiano Montali, siciliano trapiantato a Roma, presidente della Regione Lazio (1985-1987), sottosegratario alle partecipazioni statali (il regno degli appalti pubblici), invischiato nel caso della maxi tangente Enimont, e (manco a dirlo!) approdato in “Forza Italia”.
Montali junior, quello che tanto si è indignato per le fortune della rivale Security Service, non sembrerebbe essere esattamente un immacolato…
Nel 2010 viene denunciato da Mauro Brinati, segretario territoriale della Fisacat Cisal di Roma, per tentata corruzione, nell’ambito di una presunta truffa e falsificazione dei bilanci aziendali per 32 milioni di euro.
Ma le prime indagini sul suo conto risalgono al 2003, nell’ambito del cosiddetto “Vip-Gate”, una delle prime inchieste condotte da Henry John Woodcock, per conto della Procura di Potenza.

“[L’inchiesta] nota come «Vip-gate» nel dicembre del 2003 portò all’iscrizione nel registro degli indagati di 78 persone tra cui politici, due ministri, personaggi dello spettacolo e del giornalismo, funzionari di Ministeri, Comuni, enti pubblici per una serie di reati che andavano dall’associazione per delinquere per la turbativa di appalti all’estorsione, alla corruzione, al millantato credito ed al favoreggiamento. Un’inchiesta che si concluse con l’archiviazione degli indagati più noti ma alcuni fascicoli sono ancora aperti in altre Procure. Il Vip gate era un filone di una precedente indagine incentrata sulle «tangenti Inail» e sulle «tangenti del petrolio» del maggio dell’anno precedente che aveva decapitato i vertici nazionali dell’Inail e coinvolto anche politici lucani di primo piano.

Il Tempo – 17/06/2006

Nel 2006 invece è coinvolto in una storiaccia di estorsioni e minacce con l’intramontabile Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana, per conto del quale pare faccia il prestanome per l’intestazione fittizia dei beni. L’intera vicenda la trovata riassunta QUI.
Per questo,

«E’ indagato per tentata estorsione dal pm Lucia Lotti della Procura di Roma che ne ha già chiesto il rinvio a giudizio per riciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante di mafia. Montali sarebbe stato il prestanome di Enrico Nicoletti, accusato di essere il cassiere della banda della Magliana

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Pertanto, nell’autunno del 2006, tramite il Consorzio Pegaso di cui è presidente, Montali rileva dal fallimento l’Istituto Urbe.

«Nel consorzio Pegaso è presente anche Salvatore Di Gangi, il re della vigilanza privata al vertice di un impero di 5 mila vigilantes. Anche lui in passato si è incrociato con Nicoletti: è stato socio al 50 per cento di un’immobiliare che, per l’altra metà, è stata sequestrata a don Enrico. Nonostante tutto, la politica asseconda il consorzio Pegaso. Montali ha partecipato alle riunioni convocate dal ministero dello Sviluppo in qualità di salvatore dell’Urbe.»

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Salvatore Di Gangi, gran patronus di un colosso della vigilanza privata come la SIPRO, è uno di quei personaggi che meriterebbe una trattazione a parte…

«Salvatore Di Gangi, siciliano, inquisito per una lunga serie di reati. E ciò nonostante dominus di una delle più emergenti tra le aziende che si occupano di sicurezza privata in Italia. L’azienda di Di Gangi si chiama Sipro, e nasce nel segno della P2. A fondarla, infatti, è Antonino Li Causi, tessera 526 della loggia guidata da Licio Gelli, un siciliano trapiantato a Roma. Nel 1994 la Sipro viene rilevata da un altro isolano di stanza nella capitale: è lui, Di Gangi, nato nel 1946 a Canicattì. Quando rileva la Sipro, Di Gangi a Roma si è gia ben ambientato, ha amici politici e rapporti d’affari. E anche frequentazioni oscure: suo fratello Vittorio detto Er Nasca bazzica gli ambienti della Banda della Magliana, l’altro fratello Aldo detto Buscetta inanella denunce. Ma ciò non impedisce alla Sipro, sotto la guida dell’ energico siciliano, di crescere, espandersi, conquistare appalti privati e pubblici: questi ultimi soprattutto nelle Poste e nella Difesa, da anni feudo della destra. Per allargarsi, Di Gangi non disdegna metodi sbrigativi, come truccare gli appalti mettendosi d’accordo con i concorrenti. Ed è così che entra nella indagine da cui, filiando come amebe, scaturiscono quasi tutte le inchieste successive, compresa quella che oggi colpisce Storace. L’inchiesta-madre è quella sull’Ivri, il più grosso istituto di vigilanza privata italiano, accusato di comprare appalti a suon di tangenti. Di Gangi finisce inquisito per avere addomesticato in combutta con Ivri una gara per la vigilanza sulle caserme dell’esercito.
[…] Ma di certo l’imprenditore della Sipro ha amicizie che portano dritto nel cuore del mondo delle intercettazioni: è lui stesso a vantarsi di avere un “contatto” ai vertici di Telecom, i suoi rapporti con alcuni alti ufficiali della Guardia di finanza sono notori. Meno notorie, e ormai ingiallite dal tempo, sono le tracce che lo legavano, anche se meno direttamente del fratello Vittorio, ad ambienti criminali dell’ estrema destra romana: in via Magliano Sabina 22, dove hanno sede le società di Di Gangi, risultava anche la Immobiliare Generale Sarda, una società controllata da Enrico Nicoletti, che della Banda della Magliana era accusato di essere il cassiere. Vicende remote e vicende recenti, insomma, sembrano incrociarsi intorno a questo sessantenne riservato e alacre. Oggi Di Gangi è un imprenditore talmente rispettabile che il 27 aprile dell’anno scorso l’Unione Industriali di Roma lo ha designato alla guida della nuova associazione di settore dedicata al mondo della security aziendale, la Sezione Sicurezza. E, a dispetto dei dispiaceri giudiziari, la Sipro sta allargando a vista d’ occhio il suo giro d’affari. A Milano, per esempio, ha ottenuto un contratto per la sicurezza della Fiera, andando ad occupare lo spazio lasciato libero dai rivali di Ivri: gli stessi con cui, secondo la Procura milanese, si accordava per taroccare le gare d’appalto.»

“Segreti e appalti milionari gli affari del re dei vigilantes”
Luca Fazzo La Repubblica (13/03/2006)

Secondo le ricostruzioni giornalistiche, Salvatore Di Gangi avrebbe le mani in pasta ovunque, dai depuratori calabresi al mondo delle intercettazioni illegali; bazzica i servizi segreti militari di Niccolò Pollari e gli spioni del Caso Telecom.
Sempre nell’ambito del Consorzio Pegaso, ritornando invece a Fabrizio Montali, nel 2006 a perorare il salvataggio dell’Istituto Urbe, facendosi sponsor politico dell’operazione, c’è il Sergio De Gregorio… Il senatore napoletano è un altro di quei fenomeni da baraccone che solo Antonio Di Pietro (con raro intuito) riesce a raccattare tra i suoi candidati, a imperitura vergogna. De Gregorio in pratica attraversa tutto l’arco istituzionale: prima il PSI, poi Forza Italia, poi gli Autonomisti di Gianfranco Rotondi… Nel 2000 fonda l’associazione “Italiani nel mondo”, insieme a Nicola Di Girolamo (un altro bel tomo la cui storia abbiamo raccontato QUI); nel 2005 entra nelle fila dell’IdV, poi è di nuovo in Forza Italia e quindi nel PdL. Recentemente salvato dall’arresto con la negazione parlamentare della richiesta a procedere, tra il 2007 ed il 2009, De Gregorio è nell’ordine indagato dalla Procura di Napoli per riciclaggio e favoreggiamento della camorra; stesso reato gli viene ascritto dalla Procura di Reggio Calabria, insieme al concorso esterno di associazione a delinquere di stampo mafioso. Dalla Procura di Roma invece è indagato per corruzione.
 Nel febbraio 2012, concludendo in bellezza, Sergio De Gregorio viene indagato per truffa e false fatturazioni insieme al faccendiere Valter Lavitola (quello della Casa di Fini a Montecarlo), per appropriazione indebita dei finanziamenti (23 milioni di euro) destinati a L’Avanti! il quotidiano di cui Lavitola è direttore.

Poi ci si meraviglia che a Roma la giunta comunale abbia reclutato il povero Maurizio Lattarulo.
Ci si chiede piuttosto perché mai non venga riabilitata l’intera Banda della Magliana, appaltando la sicurezza dello Stato direttamente ai picciotti di mafia, in perfetta sinergia.

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I Predatori dell’Industria perduta

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Come i vermi che formicolano su un cadavere consentono di stabilirne il grado di decomposizione, così la specie di avventurieri che riescono ad imporsi in un dato momento storico illuminano lo stadio di decadimento di una nazione.
Camillo Berneri (1934)

 Al netto delle glorie (passate) e delle infamie (presenti), l’Italia è innanzitutto terra di pupari.
Se l’istrione è la figura prevalente nella storia patria.. l’imbonitore adorato dalle masse.. l’idealtipo dominante in cui riversare le aspettative della propria mediocrità riflessa… a manovrare i fili della rappresentazione, e tessere la trama del gioco, sono i burattinai dietro i riflettori del palcoscenico. Si muovono discreti all’ombra dello statista di turno, di cui puntellano e sfruttano il potere momentaneo. Meglio conosciuti come “faccendieri”, perennemente in bilico tra politica e affari, sono i ‘signori delle referenze’, esperti in pubbliche relazioni a beneficio privato. E personale.
Nell’albo d’oro dei grandi tessitori meritano una menzione speciale l’onnipresente Gianni Letta, insieme all’intraprendente Luigi Bisignani.
Ai margini estremi della ragnatela penzolano invece il boccaccesco Valter Lavitola, il trasversale Piero Daccò, l’esuberante Lorenzo Cola… e tanti altri pesciolini di piccola taglia, ma non per questo meno famelici dei grossi squali nel mare magnum della finanza truccata.
A loro modo, sono gli eredi minori dell’eterno Licio Gelli, del curiale Umberto Ortolani, dell’immarcescibile Flavio Carboni (del quale ci siamo occupati QUI e QUI), del tetro Francesco Pazienza… Li accomuna e li contraddistingue una lettera, con un numero in progressione: P2..P3..P4…
E se le ambizioni politiche e i “piani di rinascita” sono evaporati, lasciando spazio unicamente agli ‘affari’, il modello insuperato resta comunque quello.
Gli effetti standard, ancor prima di quelli collaterali, sono generalmente pessimi.

LA DISCESA NEL MAELSTRÖM
Il gorgo oscuro nel quale è stata risucchiata FINMECCANICA, un tempo fiore all’occhiello delle partecipate pubbliche e sinonimo di eccellenza nell’industria tecnologica italiana, rappresenta la metafora di un Paese che sembra precipitato nell’abisso senza ritorno di una fogna senza fondo.
 Lo scandalo che sta scuotendo i vertici di Finmeccanica è lo specchio di un capitalismo malato (o semplicemente coerente con la sua intrinseca natura predatoria), ulteriormente esasperato dai vizi antichi del malcostume italico: familismo amorale e cooptazione clanica; spartizione clientelare degli incarichi; appetiti smisurati, uniti alle ambizioni ed all’avidità personale di certa dirigenza. A tutto ciò si aggiunga l’ingorda ingerenza dei partiti, che usano le partecipate pubbliche come uffici di collocamento politico e filiali di pronto cassa per il loro finanziamento illecito.
Quello che è stato denominato “Sistema Finmeccanica”, sembra in realtà costituire una prassi più che diffusa (e tollerata), nell’ambito dei grandi gruppi industriali per l’aggiudicazione delle pubbliche commesse. Ed in particolare per quelle corporation, che trattano le forniture di armamenti hi-tech.
Per piazzare determinati prodotti (e costosissimi giocattolini militari) è necessario “convincere” il potenziale acquirente interessato. Regalini, generose prebende, e cospicue offerte ad personam costituiscono ottimi argomenti per sbloccare certe trattative riservate… Ovviamente, richiedono sensibili esborsi in denaro (possibilmente non tracciabili) ed abili “intermediatori d’affari”, ai quali vengono erogate golose provvigioni per il disturbo e che siano in grado di gestire al meglio la transazione (e la dazione). Possibilmente con discrezione.
Per la bisogna, le holding in gara hanno bisogno di accantonare notevoli somme di denaro cash, alle quali poter attingere secondo necessità. Questa “liquidità finanziaria”, fondamentale per oliare la stipula dei contratti d’appalto (e ‘dopare’ le gare), è strutturata nella costituzione di “fondi” ad hoc. Naturalmente si tratta di rilevanti importi extra-contabili, cioè non registrati nei bilanci consolidati dell’azienda, o comunque camuffati sotto acquisizioni societarie.
La vulgata comune li chiama prosaicamente “fondi neri” e sono alla base delle operazioni di corruzione. Ma gli ‘addetti ai lavori’, come ogni professionista del crimine, vi diranno che si tratta semplicemente di “affari”.
Per accantonare le cifre necessarie alla costituzione di fondi neri, per la corruzione di funzionari pubblici o il pizzo da versare agli uomini politici, esistono una serie di sistemi collaudati: le false fatturazioni, con l’immancabile truffa sui rimborsi dei Crediti IVA; la compravendita fittizia di nuovi asset, più o meno strategici, e di aziende minori ad un prezzo di gran lunga maggiorato rispetto al valore reale. Il reperimento di risorse in nero può avvenire inoltre facendo lievitare il costo degli appalti (meglio se pubblici); oppure attraverso complicate triangolazioni dei pagamenti tramite società off shore. Il surplus viene accantonato e stornato su conti protetti, solitamente nei “paradisi fiscali”, per le pratiche occulte di persuasione.
Tuttavia, nel caso specifico di Finmeccanica è bene precisare che la pratica veniva esercitata attraverso canali diversi, senza intaccare l’affidabilità dei bilanci societari, agendo piuttosto sulla contabilità delle partecipate azionarie e delle aziende minori del gruppo, tramite la catena dei subappalti affidati prevalentemente a piccole società esterne. A queste ultime venivano assegnati lavori fittizi e mai realizzati; oppure venivano erogati importi nettamente superiori al prezzo del servizio prestato e attraverso l’emissione di false fatturazioni si provvedeva alla creazione delle provviste nere.
 Un sistema dove i rischi dell’intrapresa privata sono elusi dall’intervento statale nel ripianamento delle perdite, dove i margini di profitto e le opportunità di arricchimento personale sono altissime, dove la spregiudicatezza individuale può trasformarsi in un requisito di successo, attirerà inevitabilmente avventurieri della finanza e faccendieri senza scrupoli, intenzionati a ritagliarsi il loro spazio nel lucroso campo delle intermediazioni commerciali, tra i “consulenti” che gravitano nell’orbita della galassia Finmeccanica.
Al contempo, l’enorme flusso di denaro che circola nelle casse del corporate group non poteva non suscitare gli appetiti della nutrita pletora di parassiti e politicanti, che gravita attorno all’orbita dei partiti, tanto da trasformare l’azienda in una centrale di finanziamento occulto. La prassi è quella già collaudata ai tempi di Tangentopoli: commesse sub-appaltate ad aziende raccomandate da esponenti politici in cambio di tangenti; assunzioni di parenti e famigli con cariche direttive; la compravendita di poltrone e del sostegno politico a vertici aziendali; finanziamenti a correnti e fondazioni di partito…
Il problema è che Finmeccanica è anche un colosso dell’industria bellica al quale sono demandati settori strategici della Difesa nazionale.
Fintanto che produceva utili, bilanci in attivo, e buoni dividendi azionari, il “sistema Finmeccanica” è andato benissimo: tutti sapevano e tutti tolleravano. In fin dei conti, la concorrenza internazionale ha sempre giocato sporco, esercitando pressioni tutt’altro che lecite e di gran lunga peggiori. Gli scandali della Boeing, della Lockheed Martin, o dell’incredibile Halliburton (ma anche QUI), lo dimostrano fin troppo bene.
Tuttavia, l’aggravarsi della crisi economica e la conseguente contrazione degli appalti pubblici, oltre ad una lunga serie di scelte di investimento sbagliate, ha fatto implodere il “sistema” lasciando aperta una mostruosa voragine di debiti e perdita di quote di mercato. Tant’è che adesso l’azienda è costretta a (s)vendere i gioielli di famiglia, come nel caso della storica Ansaldo-Breda.

LA GIOSTRA DEI FONDI NERI
 Con bilanci sostanzialmente regolari, all’interno di Finmeccanica la costituzione dei fondi neri veniva in prevalenza affidata, per iniziativa di singoli manager del Gruppo, ai fornitori esterni delle società controllate. Tra le finalità, oltre al mero arricchimento personale, c’era la necessità di incrementare una liquidità supplementare, onde poter disporre di una riserva in contanti da versare al mondo politico, in cambio di protezioni e del rinnovo degli incarichi dirigenziali.
Il denaro accantonato grazie alle false fatturazioni e agli artifici contabili collegati al cash flow, veniva occultato tramite una serie di triangolazioni su conti bancari ciprioti e della Repubblica di San Marino, intestati a società di comodo lussemburghesi, e alfine rimesso in circolo (e nelle tasche) lungo i canali della corruzione.
Perno del sistema di corruzione sembra essere la Selex Sistemi Integrati: una costola di Finmeccanica, nata nel 2005 dalla fusione delle compartecipate dell’ALENIA, e amministrata dall’ing. Marina Grossi, che avrebbe ereditato la ‘pratica’ dal suo predecessore Paolo Prudente (ex direttore generale di Alenia). La spettrale signora torinese è altresì la moglie del 75enne Pierfrancesco Guarguaglini: ex amministratore delegato di Finmeccanica e presidente (dimissionario) del Gruppo, con i suoi 4.712.000 euro di stipendio all’anno. Attualmente, insieme alla moglie, è iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma, per frode fiscale, fatture false ed altri reati tributari.
La giostra dei “fondi neri” ruota attorno alle commesse fiduciarie e agli appalti che SELEX affida all’ENAV, tramite il collaudato sistema delle false fatturazioni a prezzi maggiorati.
Per rendere l’idea in sintesi di quali aziende stiamo parlando:

 ENAV è la società che fornisce il servizio nazionale di controllo e assistenza del traffico aereo civile. Ente interamente pubblico, e di fondamentale importanza, è controllato dai ministeri del Tesoro, delle Infrastrutture e Trasporti.
In considerazione delle responsabilità e delle delicate mansioni che la società svolge, nel 2009 è stato nominato presidente dell’ENAV Luigi MARTINI: ex calciatore della Lazio, con un diploma tecnico-professionale per l’artigianato, eletto deputato nelle fila di AN e famoso per il cumulo degli stipendi. Secondo la testimonianza dell’imprenditore Di Lernia, pare che l’on. Martini debba la sua nomina per l’assunzione all’Alitalia del figlio dell’ex ministro Altero Matteoli (AN-PdL): Martini faceva parte della commissione di esame.
Ma all’Enav, con ruoli di dirigenza lavorano pure Enzo Minzolini, fratello del direttorissimo raccomandatissimo al TG1 e il genero di Rocco Buttiglione. Prima di essere costretto alle dimissioni, l’amministratore delegato era un vecchio residuato democristiano, sul quale ritorneremo: Guido Pugliesi.
ENAV per la propria attività ha nelle sue disponibilità un patrimonio di impianti di supporto logistico e di infrastrutture tecnologiche altamente sofisticate, che richiedono una manutenzione ed una integrazione costante degli applicativi con l’impiego di nuovi software sempre aggiornati. Tutti servizi di supporto tecnico-informatico, sistemistica e manutenzione logistica, sono affidati ad una società controllata dell’Enav. Si tratta della TECHNO SKY srl, che nel sistema messo in piedi da Selex ed Enav ha un ruolo importante e un passato pesante… La “Techno-Sky” infatti non è altro che la vecchia “Vitrociset Sistemi” (sotto nuovo nome) di Camillo Crociani (già coinvolto nello scandalo Lockeed del 1976), acquistata da ENAV per 109 milioni di euro.

 SELEX Sistemi Integrati, come si può leggere sul sito ufficiale, è “la società di FINMECCANICA che progetta, realizza e commercializza tecnologie per l’Homeland Protection, sistemi e radar per la difesa aerea, la gestione del campo di battaglia, la difesa navale, la gestione del traffico aereo ed aeroportuale, la sorveglianza costiera e marittima. L’azienda, che occupa circa 4.200 dipendenti, vanta un’esperienza di cinquanta anni e una clientela in 150 Paesi”.

SELEX paga ENAV per ricevere appalti. ENAV affida con trattativa privata (non prevede gare) le commesse alla SELEX, che però non si occupa dei lavori direttamente ma li sub-appalta alla TecnoSky (che appartiene ad ENAV). Cioè affida i lavori all’azienda controllata dell’ENAV, che si occupa dei servizi di manutenzione, con evidente maggiorazione dei costi per il doppio appalto che invece poteva essere gestito direttamente all’interno della società stessa.
Tecno Sky a sua volta affida i lavori, con un nuovo sub-appalto, ad altre società esterne con un ulteriore rincaro dei costi. Si tratta di piccole società a responsabilità limitata, spesso e volentieri riconducibili a manager e consultant trading assai attivi all’interno di Finmeccanica; oppure vicine a personaggi politici e sostenute da singoli esponenti di partito.
Non di rado si tratta di società di comodo, senza alcuna specifica competenza di settore, che attraverso il rigonfiamento dei costi, false fatturazioni, bilanci truccati, e la sistematica evasione delle imposte, riescono a ritagliare profumate provvigioni al nero per manager compiacenti (e non solo), che si spartiscono la cresta sui pagamenti.
Capita che le società in questione ricevano perfino saldi anticipati per lavori in realtà mai realizzati e senza alcuna verifica su quelli invece effettuati.

PICCOLE IMPRESE PER GRANDI AFFARI
 Tra le aziende beneficiate dagli appalti agevolati e miracolate dagli affidamenti della TecnoSky-ENAV, la concorrenza è piuttosto affollata. Naturalmente, ognuna di queste società ha il suo referente in Finmeccanica ed il suo sponsor politico…
Tra le società più attive risulta esserci la ARCTRADE. L’azienda è direttamente riconducibile a Lorenzo Cola, uomo di fiducia della coppia Grossi-Guarguaglini e superconsulente di Finmeccanica. Lo stesso Cola si definisce “consulente globale” ed è attivo su tutti i fronti di vendita, gestendo commesse milionarie e, a tratti, condizionando la stessa politica industriale del gruppo Finmeccanica, con contatti negli ambienti militari e nei servizi segreti.
D’altra parte, a Lorenzo Cola è riconducibile anche la EDIL-COGIM che si aggiudica le opere per l’aeroporto di Lamezia Terme (5,3 milioni di euro).
La “ARC-Trade” invece, gestita ufficialmente dal commercialista Marco Iannilli (il sodale di Cola) e con appena 30 dipendenti, grazie agli appalti dell’Enav riesce a fatturare soltanto nel 2008 qualcosa come 24 milioni di euro.
Nella fattispecie, Iannilli avrebbe emesso fatture per un cifra di 800.000 euro a favore di “Selex” per una serie di lavori in realtà mai eseguiti, a partire dal riammodernamento dell’aeroporto del Qatar. E incassa importi  maggiorati per opere in quello di Palermo.
A tal proposito, è illuminante constatare come una “azienda leader” nello sviluppo s/w e nell’Information Technology abbia a tutt’oggi una pagina web ancora in allestimento, dove NON vengono riportati partenariati, clienti, competenze e certificazioni. Sarebbe interessante sapere con quali requisiti sia stata scelta…
 Particolarmente attiva è anche la PRINT SYSTEM (sistemi radar) di Tommaso Di Lernia, il grande accusatore, già arrestato nell’Aprile del 2006 insieme a Stefano Ricucci che aveva foraggiato per la scalata alla RCS. All’imprenditore Di Lernia, insieme a Lorenzo Cola, la Procura di Roma contesta un’evasione delle imposte per quasi 5 milioni di euro, avvalendosi di fatture relative ad operazioni inesistenti emesse nel 2009 dalle società cipriote “Antinaxt Trading Limited”, con sede a Nicosia, per un ammontare pari a 3.393.560 euro e dalla società “Esmako Limited” per un ammontare pari a 1.385.822,80 euro. Il pm Paolo Ielo gli contesta inoltre l’emissione di fatture relative a operazioni inesistenti annotate. Reato aggravato per essere stato commesso anche al fine di realizzare le provviste per l’erogazione di utilità a pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio per il compimento di atti contrari ai doveri del loro ufficio.
Per sottolineare quanto sia stretto il legame che unisce la “Print System” con “Enav” e la Difesa, sarà il caso di ricordare Bruno Nieddu, generale (in pensione) della GdF, ex presidente di ENAV e  concreti interessi nella società del Di Lernia.

ARC Trade e PRINT SYSTEM sono sponsorizzate direttamente da Marina Grossi (amministratrice della “Selex”), che d’altronde affida al fratello Giorgio, pare con assegnazione diretta, la ristrutturazione di alcuni fabbricati dell’aeroporto romano di Fiumicino, al costo di 2 milioni di euro.
AICOM (engineering system), SIMAV (sistemi di manutenzione avanzati), RENCO S.p.A. godono invece dell’interessamento di Lorenzo Borgogni, (ex) responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, che per il disturbo intasca cospicui fuori-busta per svariate centinaia di migliaia di euro. Per esempio, si fa liquidare dalla SIMAV la modica cifra di 1.250.000 euro in “consulenze” e studi gestionali affidati alla “SGI Consulting”: una società fondata insieme a Luigi Martini (il presidente post-fascista di ENAV e gentile signora), al quale viene rigirato il medesimo importo. Due milioni e mezzo di euro ad ufo.
Almeno questo è quanto scaturisce dalle testimonianze incrociate, messe a verbale, dell’accoppiata Iannilli-Cola e Di Lernia.

Lo strano caso della OPTIMATICA
OPTIMATICA S.p.A. è un altra delle società fornitrici della SELEX. Specializzata in knowledge management (processi gestionali), “Optimatica” vanta tra i suoi clienti primari: ENAV, INAIL e il Dipartimento per la Funzione Pubblica, ma anche le informatiche IBM e Symtec, insieme alla società di revisioni “Accenture”.
Nell’ambito degli appalti Enav-Selex, la società si è assicurata la gestione degli archivi informatici per la modesta somma di 9.900.000 euro (il tetto limite dell’appalto era dieci milioni). Una cifra assolutamente fuori mercato.
Soprattutto, l’Optimatica è una società nelle grazie degli ex-AN… nella fattispecie: Luigi Martini (ENAV) e Altero Matteoli (ex ministro ai Trasporti) al quale, secondo la testimonianza di Tommaso Di Lernia, “Optomatica” eroga finanziamenti per la sua fondazione.

e della ELSAG-DATAMAT
Da notare che tra i clienti di rilievo della “Optimatica” c’è anche l’ELSAG, a cui nel 2007 si aggiunge DATAMAT, e infine confluita in SELEX.
L’ELSAG-DATAMAT, azienda d’eccellenza, entra agli onori delle cronache in occasione della “Louis Vuitton Cup” del 2009. I manager della società sono sospettati di turbativa d’asta e corruzione in merito ai lavori di ampliamento e ristrutturazione del porto di Trapani, interessato dalla competizione velistica. Si tratta di Francesco Subbioni, responsabile della divisione Servizi, e Carlo Gualdaroni, direttore generale di ELSAG. Entrambi suscitano le attenzioni della Direzione Investigativa Anti-mafia. Nella vicenda risultano coinvolti pure il senatore (PdL) Antonio D’Alì, ex sottosegretario agli Interni, attualmente indagato dalla Procura di Palermo per “concorso esterno in associazione mafiosa”, e Valerio Valenti, viceprefetto di Trapani, che secondo gli inquirenti avrebbero discusso col direttore Gualdaroni i termini dell’accordo per assicurarsi l’appalto.

IL JOLLY DELLE CONSULENZE D’ORO
 Nell’ambito di un sistema consolidato, le operazioni più complesse insieme alle più delicate trattative commerciali sono spesso affidate ad una serie di “consulenti” specializzati.
Lorenzo COLA è il jolly spiccia-faccende nel mazzo truccato delle carte Finmeccanica; dopo un esordio professionale alla “Ernst & Young”, è il pontiere dei grandi appalti, in grado di condizionare le stesse scelte strategiche del Gruppo in ambito internazionale. Lui stesso si definisce un “consulente globale” di Finmeccanica. È l’ombra nera di Guarguaglini ed è anche uno dei grandi accusatori insieme a Tommaso Di Lernia.
Di Cola si sa pochissimo, ma i suoi hobby sono diventati famosi: le auto da corsa (gli piace correre in F3); la raccolta di cimeli nazisti che sembra andare oltre la passione collezionistica, visto che le svatische le porta tatuate direttamente addosso.
Lorenzo Cola imbocca in Finmeccanica nel 2005, poco più che quarantenne, su raccomandazione di Luca Danese (nipote di Giulio Andreotti) che lo presenta a Paolo Prudente, all’epoca capo dell’Alenia (poi Selex). Da quel momento, la carriera di Cola si fa strepitosa…
Come presidente della COGIM piazza prefrabbricati di uso militare, per conto del Ministero della Difesa, in Iraq e Afghanistan e Bosnia per il contingente italiano.
Come super-consulente di Guarguaglini, nel 2008 Lorenzo Cola cura l’acquisizione per conto di Finmeccanica della DRS Technologies: colosso statunitense degli armamenti. Costo dell’operazione: 5,2 miliardi di dollari (3,3 miliardi di euro). Per Cola la provvigione ammonta a 8 milioni di euro.
L’acquisto, gestito dalla banca d’affari Lehman Brothers (vi ricorda niente?), assicura a Finmeccanica l’accesso alle forniture del Pentagono (DRS produce i caccia F-16 e gli elicotteri d’attacco Apache). Ed è anche il motivo per cui ci ritroviamo sul groppone gli inutilissimi 131 cacciabombardieri, per il trasporto intercontinentale di testate atomiche, F-35 JSF (joint strike fighter), al mostruoso costo di 13 miliardi di euro e a discapito del più versatile (ed economico) Eurofighter, prodotto dal consorzio europeo per l’EFA (European Fighter Aircraft).
Ad anticipare la quasi totalità dei soldi (3,2 miliardi di euro), necessari a comprare la DRS, ci pensano le banche: Intesa-SanPaolo, Unicredit, e (per gli amanti della cospirazione globale) l’immancabile Goldman Sachs. Come copertura del credito, Finmeccanica offre in garanzia l’ANSALDO… Peccato che con la riduzione delle spese militari ed il disimpegno USA in Iraq, l’acquisto della DRS si stia rivelando un pessimo affare. Per questo ora Finmeccanica pianifica di spacchettare l’Ansaldo e vendere la Breda a copertura dei debiti contratti con le banche.
 Lorenzo Cola è anche il fautore delle trattative coi libici di Gheddafi, per le forniture di sistemi d’arma ed alta tecnologia al deposto regime del rais, per un valore di 150 milioni di euro. Nel ruolo di super-consulente, nel 2008 Cola partecipa anche all’acquisizione di quote Finmeccanica (il 5%) da parte dei fondi sovrani libici. Operazione che suscita parecchie perplessità e l’aperta ostilità dell’ex ministro Tremonti. Grande artefice dell’operazione (ça va sans dire): Gianni Letta.
Per conto dell’Ansaldo, cura invece le forniture per la costruzione di “centrali” (nucleari?) in Iran.
Al contempo, il Lorenzo Cola conosce e olia il “sistema”, gioca in proprio con sue società di comodo, cura la rete di appalti gonfiati e relazioni interessate, che garantiscono a lui ed ai manager corrotti profitti stratosferici. Il gioco funziona, finché non punta sul cavallo sbagliato…

L’Affare DIGINT
La nemesi di Lorenzo Cola si chiama DIGINT.
La società, che dovrebbe occuparsi di sicurezza digitale, è una creazione di Lorenzo Cola e Marco Iannilli, che la usano per pompare soldi dalle commesse gonfiate di Selex e Finmeccanica.
Sostanzialmente, la DIGINT è una scatola vuota, utile però per movimentare e ripulire fondi neri all’estero. Nell’affare, Cola e Iannilli, coinvolgono pure Gennaro Mokbel, faccendiere capitolino e noto fascistone border-line che su Cola ha le idee chiarissime:

«Lorenzo, che è uno psicopatico, pare uno psicopatico… ma per farvi capire: diciamo che è il primo consigliere di Guarguaglini»

Di Mokbel, dei suoi sodali, e dell’utile idiota fatto eleggere senatore (con la gentile intercessione della ‘Ndrangheta) per tutelare gli interessi della banda, avevamo parlato in dettaglio QUI.
La DIGINT diventa quindi una società controllata al 51% dalla Finmeccanica Group Services ed al 49% dalla Financial Lincoln. Quest’ultima è una società anonima lussemburghese, appositamente registrata nel 2006 dalla banda Mokbel. La partecipazione all’affate richiede un investimento di 8,3 milioni di euro per l’acquisto delle quote societarie, con l’intenzione di creare una joint-venture per infilarsi negli appalti di Finmeccanica.
Gli intrallazzi che intanto Mokbel va combinando a Roma ed in giro per l’Europa, catturano l’attenzione del ROS dei Carabinieri che in tal modo scoprono anche la truffa in atto alla DIGINT e scoperchiano il “sistema” in vigore a Finmeccanica, determinando le dimissioni di Renzo Meschini (ex amm. della Finmeccanica Group Services)
Lorenzo Cola viene arrestato l’8 Luglio 2011 per riciclaggio aggravato, truffa, false fatturazioni. E da quel momento inizia a parlare…

IL GRANDE DISPENSIERE
 L’altro grande “pentito” di tutta la faccenda è Tommaso DI LERNIA (Roma, 12/08/1963): il procacciatore di appalti e mazzette, che insieme a Lorenzo Cola dispensa poi al mondo politico in cambio di benevolenza.
Soprannominato il “cow-boy”, a causa della sue passione per gli stivaletti da ranchero che sembra non togliere mai, Di Lernia è il gola profonda dello scandalo Finmeccanica. Con una semplice licenza media per titolo di studio, ufficialmente Di Lernia è il “direttore tecnico” della PRINT SYSTEM, ma controlla anche la EUROCOS e la FINED: altre s.r.l. nel giro Enav-Selex.
In ENAV l’intraprendete Di Lernia ci entra intorno al 2005 grazie ai buoni uffici dell’amministratore e gen. Bruno NIEDDU, che in cambio si fa regalare un paio di appartamenti e un appannaggio da 300.000 euro (naturalmente a sua insaputa). Il colonnello Tavano è colui che invece gli presenta personalmente Lorenzo Cola. È interessante notare l’intreccio di relazioni tra alti ufficiali della Guardia di Finanza e Tommaso Di Lernia, che ha tra l’altro addebiti penali pendenti per favoreggiamento ed omicidio colposo.
Di Lernia paga a Cola fatture per consulenze in realtà mai avvenute, emesse a nome della “Antinaxt Trading Limited” e della “Esmako Limited” di Cipro. Quindi, rigira la plusvalenza ritagliata illegalmente e al nero su conti lussemburghesi e ciprioti.
La SELEX S.I. di Marina Grossi avrebbe sopraffatturato i costi dei lavori sub-appaltati ad un consorzio tra la Print System e la RENCO, per conto ENAV. La Print System avrebbe a sua volta sovra-fatturato a favore di società cipriote di copertura, in modo da realizzare la provvista necessaria a pagare le intermediazioni di Lorenzo Cola.

«Cola mi diceva che la Grossi era perfettamente al corrente del pagamento delle tangenti verso Enav, mentre nulla mi diceva circa il ruolo di Guarguaglini.
Similmente Fiore [Manlio Fiore: direttore tecnico di Selex. N.d.r] mi diceva di agire per conto della Grossi, la quale sapeva dei pagamenti. Peraltro ogni volta che mi recavo da Fiore egli prendeva appunti su in foglietto, andava a riferire credo alla Grossi, e poi tornava con le direttive.»

 Tribunale di Roma
 Verbale di interrogatorio del 25/05/11

Dall’interrogatorio di Tommaso Di Lernia, i magistrati della procura romana (Capaldo e Ielo) traggono le loro conclusioni:

«ln accordo con Lorenzo Cola, Letizia Colucci (direttore generale) e Manlio Fiore (direttore e responsabile tecnico), al fine di consentire ad Enav l’evasione delle imposte dirette, emetteva, nel 2009, fatture relative a operazioni in tutto o in parte inesistenti per un valore non inferiore a 10 milioni di euro. […] In accordo con Cola, Colucci, Fiore, al fine di evadere le imposte dirette e indirette e avvalendosi di fatture relative a operazioni in tutto o in parte inesistenti, indicava nella dichiarazione dei redditi Selex in relazione agli anni 2008-2009, elementi passivi fittizi».

 Nato a Istanbul nel 1957, Manlio FIORE è il responsabile commerciale di SELEX Sistemi Integrati e braccio destro dell’ad Marina Grossi per conto della quale cura la direzione tecnica. Del suo ruolo abbiamo già detto. Ma a destare l’attenzione dei Carabinieri e determinare il suo arresto, più dei giri di mazzette hanno contribuito le sue passioni inconfessabili. Sfrugugliando nel pc del manager della “Selex” in cerca di documenti, i Carabinieri del ROS hanno trovato qualcos’altro: centinaia di immagini e filmini pedo-pornografici. Pare infatti che il bravo dirigente di Finmeccanica faccia parte di una rete internazionale di pedofili, coi quali si scambiava la fruttuosa corrispondenza.
Le dichiarazioni che Di Lernia rende all’Autorità giudiziaria costituiscono invece l’antipasto di un’immane abbuffata, che sembra non risparmiare nessuno e coinvolge naturalmente il famelico mondo della “Politica”…

L’Amico MILANESE
 Marco Milanese, ex ufficiale della GdF e braccio destro di Giulio Tremonti all’Economia, meriterebbe una trattazione a parte, rispetto a questo articolo già over-size. Infatti sarà il caso di tornare sul personaggio in altra occasione.
In questa circostanza, basti ricordare che anche lui entra in gioco con la faccenda Finmeccanica. E lo fa arrivando in “barca”…

«…è una storia che gira intorno ad un magnifico yacht, un “Dolphin 64” di 20 metri della Mochi Craft, che Milanese possiede ma non è in grado di pagare. Del quale, come gli accade con le fuoriserie che cambia con la frequenza delle scarpe (Bentley, Ferrari, Aston Martin), decide dunque di liberarsi, accollandone però il costo ad altri e per giunta facendoci sopra una bella “cresta” da 224 mila euro.
Anche perché, ha gioco facile nel farlo, visto che, come uno sciame d’api sul miele, gli corre in soccorso una variopinta comitiva di giro, che della sua benevolenza e del suo potere di interferenza sulle società a partecipazione pubblica ha bisogno come l’aria. Un manager che orbita nella destra sociale di Alemanno e questua una nomina in una società controllata da Enav [si tratta di Fabrizia Testa, già consigliere nel CdA di ENAV e dirigente della Techno-Sky]; due “imprenditori” rotti al giochino delle sovrafatturazioni, delle provviste nere e inseriti stabilmente nel Sistema degli appalti Enav (Di Lernia e il suo factotutm De Cesare), un’eminenza grigia di “Finmeccanica” che chiamano “il generale” (Cola).
Lo yacht, dunque. Milanese lo acquista di seconda mano nel giugno 2009, accollandosi dal vecchio proprietario un leasing di 1 milione e 97 mila euro. E’ un giocattolo che, solo di rata mensile, costa dunque 20 mila euro. E che l’ex ufficiale della Finanza, che in carriera ha collezionato encomi come figurine, non ha, o non ha intenzione di spendere. Per la barca, infatti, dalle tasche dello “scapocchione fortunato” (così lo chiama Paolo Viscione, imprenditore cui munge nel tempo “una milionata” di euro in regalie e contanti) escono solo 1.200 euro, il costo della pratica di cessione del leasing. Non paga le rate, infatti. Accumula interessi di mora. E finisce con il bordeggiare sul “Dolphin” una sola estate. Finché, a dicembre 2009, segnala a Viscione di “trovarsi in imbarazzo”. Insomma, dice ai pm, l’imprenditore, “mi voleva rifilare la barca”. E’ troppo anche per lui

  Carlo Bonini
La Repubblica (09/11/11)
Articolo integrale QUI

Alla fine di una lunga trafila, ‘sta benedetta barca viene appioppata al solito Tommaso Di Lernia, che in cambio del ‘favore’ spera di ricavare “crediti” di benevolenza, da spendere in Enav-Finmeccanica…

«Il “Dolphin” viene quindi acquistato a cifre da capestro. Il valore non supera i 700 mila euro, ma Milanese lo piazza a 1 milione e mezzo. Una cifra in cui c’è il valore residuo del leasing, caricato dagli interessi di mora (1 milione 318 mila e 500 euro) per le rate scadute (220 mila euro) che Milanese non ha mai pagato e che pure Di Lernia, al momento del contratto, gli ha anticipato in contanti.»

Davvero un ottimo affare.

POLITICANTI ALL’ARREMBAGGIO
 Se Finmeccanica può vantare tra i suoi ranghi una nutrita pletora di politicanti in disarmo, nipoti e figli di parlamentari (per esempio Marco Forlani, figlio del più famoso Arnaldo), generali da ricollocare, e mogli dei vari “Lei non sa chi sono io”, con una provenienza in prevalenza democristiana, è l’ENAV in quanto “ente pubblico” ad essere il dispensiere di poltrone per i partiti. La “Società Nazionale per il Volo” si è alfine trasformata da ente di controllo a feudo impestato di politicanti. Alla munifica greppia dell’ENAV mangiano un po’ tutti, ma a spartirsi il grosso delle cariche sono soprattutto l’UDC e le varie correnti della ex Alleanza Nazionale, confluita armi e camicie nere nel PdL berlusconiano.
Per esempio, in Enav sono imboccati tra i tanti: Antonino Vecchio Domanti, ex direttore servizio finanze ENAV, e organico all’UDC; Giovanni Federico Gamaleri, figlio di Giulio ex parlamentare democristiano ed ex consigliere RAI; Carlos Salazar, imparentato con Rocco Buttiglione… Invece, del presidente Mancini e del Minzolini fratello abbiamo già ricordato.
A supervisionare gli ingressi e favorire le candidature ai vertici provvede come sempre il serafico (e grande sponsor di Guarguaglini) Gianni Letta: il gran ciambellano di Re Pompetta.

 Guido PUGLIESI è (stato) amministratore delegato di ENAV, nominato nel 2003 dopo l’azzeramento dei vertici a seguito della strage all’aeroporto di Milano-Linate.
Così lo descrive Alberto Statera sulle pagine de La Repubblica del 21/11/2011:

«Mini-boiardo non dei più autorevoli, superstite della Prima Repubblica proprio perché piccolo e non troppo astuto, sopravvissuto così al cambio di regime che ha catapultato in prima fila gli scarti del cinquantennio democristiano. Tra quelli ancora benvoluti da Luigi Bisignani e da Marco Milanese, businessmen delle nomine dei manager pubblici, purché malleabili, ubbidienti e generalmente di poche pretese. Questo Pugliesi nella Prima Repubblica portava la borsa a suo cognato Paolo Benzoni, amministratore della SIP. Vistosi perduto dopo Tangentopoli e all’albore del berlusconismo, si buttò – pensate – con Storace, che lo mise a dirigere l’ospedale San Camillo di Roma. Dai telefoni ai cateteri, per la serie: vinca la competenza. Poi, con l’UdC passato all’opposizione, Pugliesi, che pare non trascurasse di consultare il sempiterno luciferino Andreotti, trovò più naturali spazi nel risorgente centrismo. Spazi che andavano congruamente retribuiti per sperare di mantenere il posto. Con i contanti. Old style diccì.
Ma Pugliesi, testimone e pronubo della valigetta di banconote al partito di Casini, con la vecchia tecnica della mazzetta ormai sostituita dall´appartamento acquistato “ad insaputa” e dalla barca venduta al doppio del suo valore o all’affitto di seimila euro saldato in contanti dall’amico fatto onorevole, è poco più che una comparsa nel sistema di corruzione che ha fatto di Finmeccanica, che con l’ENI è il più grande gruppo pubblico d’Italia, la sentina del berlusconismo arrembante, fatto di ex fascisti affamati da decenni di potere e denaro, di ex democristiani ed ex socialisti in cerca di consulenze e di ricollocazione sotto il nuovo ombrello, generoso soprattutto con faccendieri, truffatori, lenoni e ricattatori. I personaggi che “Cesare” tratta con più disinvoltura.»

 “Gli eterni vizi dei boiardi”
Alberto StateraLa Repubblica (21/11/11)

Forte della sua esperienza alla Sanità del Lazio, ai tempi della giunta di Francesco Storace (il fascista verace che ha lasciato in eredità alla regione una voragine da 9,5 miliardi di deficit), dalla direzione dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, Pugliesi si porta appresso altri due dirigenti: Luigi Trapazzo e Raffaello Rizzo, cha da Di Lernia si fa dare 90.000 euro per l’acquisto di un monolocale e poi altri 50.000 euro per assegnare lavori in Enav alle imprese amiche.

«Il ruolo di Rizzo era quello di favorire le imprese che erogavano finanziamenti all’UDC e alla frangia romana riconducibile all’attuale sindaco di Alleanza Nazionale [ovvero, Gianni Alemanno! n.d.r].
Sostanzialmente tali imprese portavano finanziamenti all’UDC alle feste di partito a fare delle donazioni.
Per contro, i finanziamenti agli uomini di AN avvenivano direttamente nell’ufficio di Pugliesi dove gli imprenditori portavano le somme di denaro che Pugliesi dava ad AN.
Ricordo anche che in un’occasione, in relazione ai lavori effettuati a Venezia, vennero assegnati lavori a una società che si chiamava “Costruzioni e Servizi” vicino a Marco Follini, all’epoca vice-presidente del Consiglio.»

 Tribunale di Roma
Verbale del 27/06/11

Guido Pugliesi invece si fa pagare 206.000 euro (02/02/2010) per i suoi buoni offici.
In sostanza, stando alle ricostruzioni probatorie, Pugliesi si fa versare i soldi da Cola e Di Lernia; ne trattiene una parte a titolo personale e rigira il resto alle casse dei partiti in lizza.

“Io C’entro”: Oboli all’UDC
 Tra i reati contestati a Guido Pugliesi c’è anche l’accusa di illecito finanziamento in relazione ad una presunta tangente da 200 mila euro versata dall’imprenditore Tommaso Di Lernia, titolare della Print System, al segretario amministrativo e tesoriere dell’UDC, il deputato Giuseppe Naro (che ha sempre negato ogni responsabilità), e che Di Lernia avrebbe consegnato personalmente alla sede romana del partito nel Marzo 2010.
Altri soldi all’UDC sarebbero arrivati tramite il commercialista Franco BONFERRONI (classe 1938), ex senatore democristiano e componente del CdA di Finmeccanica, che nel 2008 si fa girare da Lorenzo Cola circa 350.000 euro. Sarà forse il caso di ricordare che Bonferroni, originario di Reggio Emilia, sottosegretario all’Industria e Commercio estero nel VI e VII Governo Andreotti dal 1989 al 1992, risultava già implicato nel crac finanziario della PARMALAT di Callisto Tanzi: l’ex senatore democristiano si era fatto liquidare profumate “commissioni” dal ragioniere Fausto Tonna (ex direttore finanziario di Parmalat), per una serie di catastrofici investimenti in Indocina.

Oro al Partito degli Honestiores
Tra i beneficiati dalle oblazioni di Guido Pugliesi, in munifico manager di Enav, pare ci sia anche una assidua conoscenza delle cronache giudiziarie l’on. Aldo BRANCHER (deputato, naturalmente, PdL), che dal Di Lernia si sarebbe fatto finanziarie le sue “Officine della libertà”.

 Ilario FLORESTA (Milano, 1941) è un altro dei politici a libro paga: già parlamentare di Forza Italia e sottosegretario al Bilancio nel primo governo Berlusconi, nonché consigliere d’amministrazione in ENAV dal Luglio 2009, vanta come formazione un diploma da perito tecnico-industriale.
Dal commercialista Iannilli (per conto della “ArcTrade”), Floresta si fa passare un mensile supplementare di 15.000 euro; quindi si fa anticipare circa 300.000 euro a titolo di compromesso per l’acquisto di una villa a Sharm El Sheik in Egitto, senza che la compravendita vada mai in porto. Ma l’ex deputato pare insaziabile, visto che verrà a pretendere da Di Lernia il pagamento di tangenti per 500.000 euro.
Sia Pugliesi che Floresta sollecitano pagamenti anche dalle società che subappaltano da Selex le opere commissionate da Enav e riconducibili a Lorenzo Borgogni…

 Lorenzo BORGOGNI (Siena, 1952) è stato l’ombra di Pierfrancesco Guarguaglini, che lo ha voluto alla direzione delle relazioni esterne di Finmeccanica nel 2002.
Borgogni è un altro mazziere addetto allo smistamento tangenti: incassa dai fornitori, trattiene per sé, e rigira il resto ai politici. Come dichiara Lorenzo Cola ai magistrati:

«Il suo lavoro era quello di tenere i contatti con i politici che avevano i rapporti con le società del Gruppo. Da un lato, Borgogni era informato, attraverso i suoi collaboratori, dei politici che chiedevano un colloquio con responsabili vari delle società e, dall’altro, egli stesso li indirizzava a questa o a quell’altra società, a seconda della loro esigenza. Borgogni era a conoscenza, fin da epoca remota, del sistema di pagamento delle tangenti da parte dei fornitori di “Selex Sistemi Integrati”. Lui stesso era beneficiario di una parte di queste tangenti. So questo con certezza perché in moltissime occasioni mi è accaduto di parlarne con lui

Con questo sistema, dal 2006 al 2011, accumula un patrimonio in nero di 7 milioni di euro, ad integrazione del magro stipendio che percepisce come manager pubblico in Finmeccanica: le sue dichiarazioni annuali dei redditi vanno da 1,2 milioni di euro del 2007, a 1,7 milioni nel 2010.
La “ArcTrade” di Cola e Marco Iannilli è il suo bancomat personale: 550.000 euro e altri contributi che il manager chiama “zucchine”.
Tuttavia, Lorenzo Borgogni attinge anche altrove: AUXILIUM (150.000 euro); SIMAV (2 milioni di euro, in cambio dell’interessamento per la cessione di quote societarie, che si spartisce con Luigi Mancini); Consorzio ANCV (1,5 milioni di euro nel 2000); ITALBROKER (2 milioni, in cambio del mantenimento della copertura assicurativa che aveva in Finmeccanica); CREDSEC (2 milioni, per l’acquisto da FinGroup di due immobili industriali).
Il frutto di tanto onesto lavoro viene trasferito su conti esteri. Poi grazie allo “scudo fiscale” di Giulio Tremonti, nel 2010 fa rientrare in Italia 5 milioni e 600 mila euro (per altro a nome della moglie) e, tallonato dagli inquirenti, si presenta dai magistrati per chiarire che i soldi li ha “guadagnati in modo lecito”, tramite le sue esose mediazioni.
Ma Borgogni è pure un ragazzone diligente, che svolge bene i suoi compitini. Infatti, annota tutto onde poter stabilire un prezzario per il mercato delle nomine politiche ai vertici della holding Finmeccanica, con l’assunzione di amici e parenti:

«Squillace è espressione del ministro La Russa, il consigliere Galli della Lega, mentre per lo Sviluppo Economico e Scajola, il riferimento è stato Alberti […] Ricordo, ad esempio che la Lega, a mezzo Giorgetti, chiese che un posto fosse senz’altro riservato a quel partito in Ansaldo Energia. Che il nominativo di Adolfo Vittorio per Elsag-Datamat me lo diede Gianni Letta per conto di Carlo Giovanardi e che poi mi chiamò in prima persona.»

 Tribunale di Roma
Dichiarazioni spontanee di Borgogni
Verbale del 11/01/2011

Soprattutto, Borgogni si vanta di aver ottenuto direttamente da Silvio Berlusconi la nomina di Giuseppe Orsi: nuovo amministratore delegato di Finmeccanica, in quota Lega Nord, che si fa subito interprete della strategia padana… Svuotare il Sud delle sue realtà economiche e industriali, chiudendo gli impianti e trasferendo la produzione al Nord. Esattamente come avveniva ai tempi dei Savoia, ma con l’intento neanche troppo segreto di creare nuove clientele assistite e concentrare le risorse in ‘padania’, prima dell’impossibile secessione. È divertente notare che gran parte dei personaggi coinvolti nel gigantesco scandalo Finmeccanica, provengano dal “Nord operoso che lavora”. Notoriamente, a sud di Perugia si campa di rendita e gli zecchini d’oro crescono copiosi sugli alberi.

Daniela..Giampi..Valterino & Co.
 Tra i beneficiati dei fondi Finmeccanica erogati dal bravo Borgogni, compare anche la scoppiettante Daniela Santanché: la pasionaria fascista, così attiva al governo senza mai essere stata eletta dall’abusato “popolo sovrano”…

«Nell’inverno del 2009 partecipai a una cena a dove c’erano l’onorevole Alfonso Papa, Luigi Bisignani, Daniela Santanchè e Galbusera. Nell’occasione Bisignani mi chiese di aiutare la Santanchè, che non era stata rieletta, con la sua agenzia pubblicitaria Visibilia che gestiva la raccolta per “Il Giornale”, “Libero”, “il Riformista”, e di dare un contributo attraverso contratti che Finmeccanica ha con varie testate. Dopo qualche giorno lei mandò un collaboratore a parlare con il mio responsabile della comunicazione per rendere concreto l’aiuto. Successivamente lei mi chiamò lamentandosi degli importi stanziati e disse che era un po’ ridicolo.»

In pratica, la Santanché si occupa della raccolta pubblicitaria e pensa bene di battere cassa a Finmeccanica, grazie alle sue entrature politiche, salvo poi lamentarsi dell’esiguità dei contributi: solo 350.000 euro (di soldi pubblici) nel biennio 2009-2011. Una vera miseria!

Ma Lorenzo Borgogni, per conto di Finmeccanica, segue anche gli investimenti panamensi di un nuovo potenziale “consulente” fortemente raccomandato dal papi nazionale… Si tratta di Valter Lavitola, ex direttore del quotidiano “L’Avanti!” (un tempo glorioso giornale socialista e ora ridotto a imbarazzante larva assistita a spese pubbliche), attualmente latitante, assurto agli onori delle cronache per la famosa telenovela estiva sulla casa del cognato di Fini a Montecarlo, la scoperta dell’isola del tesoro nascosto (Santa Lucia), e gli intrallazzi insieme al lenone ufficiale (e cornuto) di Palazzo: Giampiero Tarantini.
Lavitola è interessato agli appalti per la “security” del Canale di Panama e riesce perfino a trovare una sponda nel (ex) direttore commerciale di Finmeccanica: Paolo Pozzessere, che sul campo sudamericano vanta anche altre preziose risorse…
 Tra gli altri consulenti di punta in America latina, resta sicuramente indimenticabile Debbie Castaneda, soubrette colombiana e grande amica dello statista di Arcore, che si vede sottrarre la provvigione di 6 milioni di euro per un appalto Finmeccanica, da Alessandro Agag (genero dell’ex premier spagnolo Aznar), e per questo va a piangere direttamente da papi Silvio.
Sulle specializzazioni professionali ed i requisiti tecnici della Castaneda non possono sussistere dubbi, come appare evidente dal suo C/V:

«Dopo essere stata eletta Miss Colombia nel 1996, Debbie si è dedicata per tre anni agli studi universitari, conseguendo una Laurea in Pubblicita’ e Marketing con il massimo dei voti in USA. Tra i suoi hobby il canto e il disegno (ha conseguito un master in disegno grafico). Ama molto gli sport, e in particolare, nuoto e jogging.
Dopo aver recitato in vari serial televisivi e telenovelas nel suo paese, Debbie partecipa nel 2000 al film di Oliver Stone “Ogni maledetta domenica”. Nello stesso anno approda in Italia ed esordisce in tv su Italia1 con la trasmissione “Tribe Generation”, mentre nel 2001 è una delle top model della trasmissione di Canale 5 “Italiani”. Dal 28 settembre 2003 al 6 gennaio 2004 Debbie ha fatto parte del cast della trasmissione di Giorgio Panariello “Torno sabato… e tre” trasmesso su Raiuno. Di recente Debbie ha anche partecipato al film di Guy Ferland “Dirty Dancing 2: Havana Night”, che uscirà nelle sale americane nel Maggio del 2004.»

L’approccio usato invece da Giampi Tarantini, per accedere ai salotti buoni di Finmeccanica, è noto e resta inconfondibile… Si presenta infatti col solito codazzo di troie, da piazzare nel letto del potente di turno a cui elemosinare favori.
 Il suo aggancio si chiama Salvatore METRANGOLO, consigliere di amministrazione della SEICOS, società che progetta e gestisce reti integrate di comunicazioni, e presidente della SSI (Sistemi Software Integrati). Entrambe società del gruppo Finmeccanica:

«Salvatore Metrangolo, per gli amici Rino. Nato a Guagnano vicino Lecce, commerciante di moto e ciclomotori, “Rino” è non solo procuratore generale della SELEX Service e della SEICOS, ma anche presidente del cda della Space Software Italia, società controllata dalla ELSAG. E’ un fatto che a gennaio 2009 il manager sia stato registrato da una cimice della Guardia di finanza nel privé dell’Hotel De Russie a Roma, mentre insieme a Tarantini, l’amico Enrico Intini, la Cosentino (ex direttore ASL di Bari) e l’imprenditore Cosimo Catalano discute animatamente su un bando da una cinquantina di milioni di euro per alcuni servizi da gestire negli ospedali regionali.»

 Gianluca di Feo ed Emiliano Fittipaldi
L’Espresso (04/06/2010)

Tra i principali referenti politici di Metrangolo, c’è il deputato PdL Alfonso Papa (attualmente ospite delle patrie galere). È un cerchio che non si chiude…

Se il berlusconismo ha un primato, è quello di aver condensato in meno di un ventennio gli scandali e le porcherie (trasmutate in farsa scollacciata) che l’Italia unita non era riuscita a cumulare, nonostante l’impegno, in tutti i suoi 130 anni precedenti la “discesa in campo” dell’Unto..!

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(32) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , on 31 ottobre 2011 by Sendivogius

Classifica OTTOBRE 2011”

 In effetti, negli ultimi tempi, l’avevamo un po’ trascurato nello stilare le posizioni della consueta classifica mensile, ma rimediamo subito dedicandogli il giusto spazio…
Intanto ci era sfuggita questa preziosa ‘chicca’ (che potete ammirare al vostro lato), ricavata da una ripresa risalente al 2007, dove l’Innominabile offre al pubblico il meglio di sé.
Il sentimento prevalente ormai è il disgusto.
A leggere le pagine economiche dei principali quotidiani, non organici all’Ufficio Propaganda della Real Casa, sembra di assistere ad un bollettino di guerra con dispacci provenienti direttamente da Caporetto. Inconcepibile solo fino ad un anno fa, il rischio default per l’Italia sembra concretizzarsi sull’ombra lunga del crollo degli spread. Complice è una speculazione finanziaria sui mercati borsistici, con un attacco concentrico senza precedenti, che punta al collasso italiano per innescare un effetto domino in Europa. È questa l’unica vera apocalisse che si dovrebbe temere per il 2012; altro che le menate maya!
In concomitanza con la festa dei morti, il differenziale di rendimento con i titoli di Stato tedeschi (bund) ha oltrepassato la fatidica soglia del 6%… La Grecia, con un debito pubblico di gran lunga inferiore al nostro, è andata in collasso dopo lo sforamento del 7%. È questa considerata la soglia critica da non superare. Mai.
Intanto, il numero dei disoccupati nel mese di Settembre ha sfondato quota due milioni, con percentuali del 30% per quanto riguarda i più giovani.
Si ha l’impressione di un Paese in agonia irreversibile, avviato alla prossima catastrofe in una sorta di ineluttabilità del Fato, con un moderno Sardanapalo accerchiato dalla sua corte di servi senza salvacondotto e avvinghiato alle cosce delle sue mignotte, mentre nell’alcova solenne pronuncia: dopo di me, il diluvio!
Ed è stridente il contrasto, rispetto alla drammaticità degli eventi, con lo spettacolo inverecondo di questo cimitero vivente di vecchie cariatidi in decomposizione, ma disperatamente appiccicate ad un “potere” eterno, fatto di privilegi e ruberie.
È rassicurante sapere che ad affrontare una crisi eccezionale si può contare sull’intervento di personaggi straordinari, investiti delle massime responsabilità. Tra questi vale la pena ricordare:
Il secessionista Cerebroleso da Pontida…
Un noto puttaniere plurinquisito…
Un grumo di fascisti irriducibili; tra questi il ministro della Difesa che si regala 19 Maserati, in tempo di austerità e di tagli indiscriminati a scuola e sanità…
Lo svergognato rigurgito di residuati craxiani, tra i quali si distingue più che mai l’osceno Maurizio Sacconi, a cui non è rimasto che invocare il ritorno al terrorismo, pur di conservare la poltrona, soffocare le critiche sacrosante e legittimare la repressione…
Tuttavia, nella Corte dei Miracoli che contraddistingue la malabolgia berlusconiana, non potevano mancare due protagonisti d’eccezione nel ruolo di principali consiglieri del Pornocrate: l’allucinante doppietta Scilipoti-Lavitola, a infamia perenne.
E proprio Valter (con la “V”) Lavitola, il pataccaro dei due mondi, sembra essere diventato il confidente privilegiato di un accigliato premier i cui sfoghi raccoglie ed il cui nome spende per i suoi intrallazzi personali, in una grottesca parodia di “Mi manda Picone”
Riguardo all’influenza che il latitante Lavitola esercita sul miglior statista degli ultimi 150 anni, come nei più prevedibili romanzetti gialli, il colpevole è.. il maggiordomo (Alfredo)!

«Una sera Alfredo si affacciò alla porta del mio studio con un cellulare in mano: “Dottore, mi disse, Lavitola ha chiamato almeno venti volte, vuole rispondergli almeno una volta?” Ci parlai, ma con il convincimento che il cellulare fosse quello di Alfredo.»

 E’ quanto il Pornonano è andato rivelando al confessionale di Bruno Vespa.
Certe cazzate hanno un limite. Per tutte le altre c’è master-cazzaro Silvio.
Naturalmente, anche l’imminente crollo finanziario ha responsabili ben precisi, contro i quali dovranno essere predisposte quanto prima tutte le misure necessarie, affinché simili eventi non si abbiano più a ripetere…

 C’è post@ per te
 [di Alessandra Daniele]

Pace fatta fra i leader europei: finalmente è stato individuato l’autentico responsabile della crisi economica mondiale, che perciò dovrà pagarne tutte le spese.
Tu.
No, non è il solito ”tu” retorico, si tratta proprio di te che stai leggendo.
Sei licenziato.
Alza il culo, raccogli le tue cianfrusaglie, e levati dai coglioni.
Sì, subito, i mercati non aspettano.
No, non c’è più niente che tu possa fare per evitarlo, l’Articolo 18 è clinicamente morto. Ormai si tratta solo di staccare la spina, e il Vaticano non si oppone. Chiamalo pure Articolo Mortis.
Cosa c’è, sei incazzato/a, anzi ”indignado” come dite voi? Calmati.
Ti sconsigliamo di scendere in piazza, ha piovuto, è allagata dal fango.
Ti sconsigliamo di provare a bruciare un’automobile, sei così incapace che finiresti per bruciare la tua.
Torna a casa, e accendi la Tv. Ci sono sempre in onda vari talk show, e in tutti c’è Sallusti. Terreo e ubiquo, come Padre Pio. Ascolta le sue sante parole, e vergognati.
Tu sei un parassita. Un peso morto. Per anni hai preteso di essere pagato per lavorare, e persino di essere pagato dopo aver lavorato, ormai vecchio e inutile.
Un sopruso che i mercati non intendono più subire.
Il lavoro non è un diritto, è una merce. E tu non potrai più costringere nessuno a comprare la tua merce avariata.
Tu non ci servi. Al mondo ci sono milioni di disperati pronti a strisciare per un decimo del tuo stipendio, tu non sei competitivo, sei un pessimo affare, anzi, sei proprio una patacca. Levati dai coglioni, e ringraziaci di non averti denunciato per truffa.
Ringraziaci di aver difeso la libertà dei mercati, di aver trovato l’ingranaggio guasto che inceppava la meravigliosa macchina del Capitalismo.
Tu sei il guasto. E sarai rimosso, in modo che la macchina del Capitalismo torni a macinare risorse umane e naturali a pieno regime.
Il futuro di cui parli non ti è stato rubato, non è mai esistito. Tu non hai mai avuto nessun futuro. Tu sei un rudere, un fossile, un rifiuto tossico del passato da spazzare via. Sei un ostacolo al progresso, sei una zavorra per l’alta velocità. Sei la carcassa scheletrica del cane randagio che blocca la strada al SUV dell’avvenire.
Raccogli le tue ossa marce, e sgombera.
La pazienza del Capitalismo è finita.

Bene! Adesso che abbiamo messo le cose in chiaro, dedichiamoci alla classifica…

Hit Parade del mese:

01. ET LIBERA NOS A MALO

[07 Ott.] «Non sono entrato in politica per conquistate il potere né per mantenerlo, anche perché stare al governo in una crisi planetaria come questa comporta per me e per tutti i componenti del governo un fardello di cui mi libererei volentieri.»
 (Silvio Berlusconi, il Martire)

02. EQUO E SOLIDALE

[08 Ott.] «Il condono è eticamente giusto poiché gran parte del debito è imputabile all’evasione e noi in questo modo ci rivolgiamo a chi di questo buco è responsabile. In caso contrario, finiremo per far pagare sempre gli stessi cittadini»
 (Massimo Corsaro, il Dispensiere)

03. UN CUORE DI NANO

[04 Ott.] «Quello che mi sta a cuore in questo momento è continuare a lavorare per portare l’Italia al riparo dall’attacco del debito pubblico e fuori dalla crisi finanziaria globale.»
 (Silvio Berlusconi, il Problema)

04. PERSUASIONI OCCULTE

[22 Ott.] «Ho parlato con la Merkel e penso di averla persuasa sulle nostre misure per la crescita»
 (Silvio Berlusconi, il solito cazzaro)

05. TO CARE & TO PROTECT

[14 Ott.] «Noi siamo in piazza non per contrastare i manifestanti, ma per assicurare loro la libertà di espressione garantita dalla Costituzione»
 (Antonio Manganelli, capo-bastonatori)

06. EFFUSIONI PADANE

[20 Ott.] «Se Bossi mi dà dello stronzo, manifesta affetto. Sa quante volte mi ha detto stronzo?»
 (Davide Caparini, uno stronzo?)

07. DIVERSAMENTE INCULATI

[29 Ott.] «Non si parli di licenziamenti, ma di flessibilità in uscita»
 (Alberto Bombassei, Padron Frode)

08. QUANTO TI PIACEREBBE…

[30 Ott.] «Temo una nuova ondata brigatista sull’Italia.»
 (Maurizio Sacconi, Terrorizzante di Stato)

09. VENGHINO SIGNORI

[27 Ott.] «Alla UE presentati impegni in tempi certi. Tutti dovrebbero appoggiarli. L’Europa ha apprezzato e approvato il programma di governo per i prossimi 18 mesi.»
 (Silvio Berlusconi, il Tappetaro)

10. FONDAMENTALI LINGUISTICI

[04 Ott.] «C’è gente che parla a vanvera. La gente ci doveva essere all’inizio a fare la lega e questa gente non c’era»
 (Umberto Bossi, l’uomo che c’era e non ci fa)

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