Archivio per TLC

Le idee chiare

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , on 27 settembre 2013 by Sendivogius

Foto di Beppe Formica

Com’è noto, Telecom Italia costituisce un vecchio cavallo di battaglia dell’Uomo senza volto
Non per niente, buona parte della fortuna virtuale dell’e_guru scaturisce proprio dalle indecenti vicende che hanno interessato la principale azienda di tlc del Paese, da sempre al centro delle mirabolanti incursioni del Genovese volante. Le assemblee degli azionisti Telecom sono state la vetrina privilegiata per le sue esibizioni sceniche, inutili nella sostanza ma speculari all’ipertrofia narcisistica del se-ghe-penso-mi ligure, capitalizzate poi nelle ambizioni politiche del duce a 5 patacche.
Ovvio che la (improbabile) acquisizione spagnola di Telecom, da parte dell’indebitatissima società Telefonica, non poteva non attrarre gli strali del Vate(r) furente, che tra uno scarico e l’altro con continue richieste di dimissioni all’intero arco costituzionale, può finalmente variare il repertorio rinverdendo un vecchio numero di successo:

«L’Italia perde un altro pezzo, Telecom Italia. Le telecomunicazioni diventano spagnole. Un disastro annunciato da un saccheggio continuato, pianificato e portato a termine con cinismo di quella che era tra le più potenti, innovative e floride società italiane. Fondamentale per le politiche di innovazione del Paese. In passato, anni fa, avevo previsto questa fine ingloriosa con la cessione a Telefonica. […] Il danno che deriva all’Italia dalla perdita di Telecom Italia è immenso. Il governo deve intervenire per bloccare la vendita a Telefonica con l’acquisto della sua quota»

 L’Italia che perde i pezzi  (24/09/13)

Come ci tiene a precisare con puntiglio, il Profeta di Savignone aveva già previsto tutto. E pure con largo anticipo! Ripercorriamo dunque il cammino illuminato dalle divinazioni di questa Cassandra inascoltata…

«Nel maggio 2007 Intesa San Paolo, Mediobanca, Generali e Telefonica liquidano il tronchetto dell’infelicità e comprano il pacchetto di controllo di Telecom dalla Pirelli per un valore esorbitante.
[…] Bernabè, il nuovo amministratore delegato, ha smentito la vendita di Telecom Italia a Telefonica, forse lo farebbe (o dovrebbe fare) volentieri vista la situazione finanziaria disastrosa…. Telecom Italia non può farcela da sola. Il cavaliere bianco si chiama Telefonica.»

Arriba Espana!  (04/08/2008)

La vendita di Telecom è inderogabile e non oltre dilazionabile…

«Non ci può essere un mercato con un’azienda che gestisce, allo stesso tempo, i servizi e l’accesso ai servizi per i concorrenti. E’ una situazione drogata, monopolistica. Servizi e dorsale vanno separati.
Bernabè sa bene chi ha distrutto il valore della Telecom. Conosce i nomi dei responsabili, dei politici e degli imprenditori con le pezze al culo. Non completi la loro opera. Li denunci, chieda loro un cospicuo risarcimento in qualità di amministratore (le carte le ha), venda a Telefonica (tanto prima o poi succederà) e si ritiri nella sua Vipiteno»

Telecom e il Gen. Custer  (16/12/2008)

Il concetto, qualora non fosse chiaro, viene ribadito sotto una selva di telecamere (all’epoca i giornalisti non facevano schifo al Grillo, se tornavano utili alla sua autopromozione), durante l’assemblea degli azionisti a cui il guru partecipa come guest-star. È il 29 Aprile 2010:

«Telecom deve essere venduta al più presto a Telefonica o a qualche grande gruppo internazionale prima che gli attuali azionisti ne spolpino anche le ossa. Telecom è morta, ma si possono espiantare i suoi organi e salvare l’occupazione ancora rimasta. […] Cari Bernabè e Galateri, vendete quello che è rimasto a Telefonica, restituite la dorsale allo Stato e dopo andate a casa, insieme al consiglio di amministrazione, prima del fallimento».

  (29/04/2010)

Telecom Italia “deve” essere venduta, col tono perentorio di chi non ammette deroghe. D’altronde, il “cavaliere bianco” è già pronto da tempo e si chiama Telefonica. Che ben venga lo “straniero” e si fotta l’interesse nazionale:

“..la dorsale telefonica, oggi gestita da Telecom, deve essere resa disponibile da un ente terzo a qualunque azienda offra servizi attraverso la Rete..”

  (Beppe Grillo, 20/08/10)

Cazzone a 5 stelleSettembre 2013. Beppone ha di nuovo cambiato idea.

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Paladini delle Libertà

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 16 marzo 2010 by Sendivogius

Solitamente, un sistema articolato di garanzie e di controlli serve a tutelare i cittadini contro gli abusi del potere, vigilando costantemente sulle anomalie e sanzionando severamente le violazioni, nel nome del principio di legalità. Per questo esistono gli organismi di vigilanza.
Nell’Italietta berlusconizzata, avviata a diventare uno stato patrimoniale nelle disponibilità del Sovrano, tramite la potestà delle istituzioni, le agenzie di controllo (farsescamente chiamate authorities) sono parte integrante di una finzione democratica a corollario del potere assoluto dei Re.
Si assiste così ad un curioso paradosso: invece di limitare e censurare gli appetiti autocratici dell’Unico, con la rimozione del mostruoso conflitto di interessi, se ne da per scontata la sostanza e l’esistenza, costituendo un contorno di sedicenti organismi di controllo, a cartina di tornasole, che lasciano però intatto il problema originale, con la nomina di ‘garanti’ da parte di chi è causa integrante dell’anomalia che si vorrebbe contenere.

Nella  panchina degli osservatori impotenti e spesso benevoli  c’è sicuramente l’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) che svolge la sua attività di controllo nel mercato strategico delle comunicazioni, “volta alla soluzione di questioni di particolare delicatezza” in considerazione dei “rilevanti interessi economici di soggetti operanti ne settore”. Insieme all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’AgCom dovrebbe vigilare anche sui casi di “conflitto d’interessi”, nella remota ipotesi che il governo favorisca gli interessi privati del premier e le attività imprenditoriali della sua famiglia, assicurando “la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini”.
Pertanto, i componenti dell’Autorità “sono chiamati a tenere un comportamento ispirato a lealtà, imparzialità, diligenza e correttezza personale”, con la sottoscrizione di un Codice etico al quale attenersi scrupolosamente:

 Art. 5 – Doveri di imparzialità

1. I Componenti e i dipendenti operano con imparzialità, senza indulgere a trattamenti di favore; assumono le proprie decisioni nella massima trasparenza e respingono indebite pressioni. Non determinano, nè concorrono a determinare, situazioni di privilegio e non ne fruiscono.
2. Nello svolgimento dei suoi compiti il dipendente:
a) non assume impegni, nè fa promesse ovvero dà rassicurazioni in ordine a questioni che rientrino nella competenza dell’Autorità;
b) non promuove incontri informali con soggetti interessati, dedicati a questioni rilevanti ai fini dell’attività d’ufficio, nè vi partecipa, se a ciò non espressamente autorizzato dal dirigente responsabile; in particolare, non partecipa ad incontri informali aventi ad oggetto provvedimenti non ancora deliberati dall’Autorità o non comunicati formalmente alle parti;
c) mantiene un comportamento imparziale in occasione di esami o di concorsi pubblici, nonchè in occasione di promozioni o trasferimenti.
3. Il dipendente evita di assumere incarichi di rappresentanza in associazioni, circoli od altri organismi di qualsiasi natura, qualora da ciò possano derivare obblighi, vincoli o aspettative tali da poter compromettere l’esercizio delle funzioni dell’Autorità.

Con italica coerenza, gli 8 Commissari che ne compongono il Consiglio sono tutti di nomina politica, gravitanti nel mondo dei partiti dei quali rispecchiano gli equilibri: ci sono parlamentari, ex dipendenti Mediaset e persino un paio di sottosegretari di governo.
Il Presidente dell’Agcom invece viene scelto direttamente dal Capo del Governo.

IL CONSIGLIO DEI GUARDIANI
 L’attuale Garante è Corrado Calabrò (classe 1935), giurista esperto e già magistrato della Corte dei Conti, raffinato letterato, dal prestigioso curriculum istituzionale con esperienze importanti nella giustizia amministrativa. Il dott. Calabrò viene nominato presidente dell’Agcom il 18/03/05 su indicazione di Gianfranco Fini, allora vice-premier, con l’assenso di Silvio Berlusconi che al momento della votazione si astiene.
Tutti i componenti sono chiamati a garantire l’autonomia di questo fondamentale organismo indipendente, uniformemente spalmati tra le due commissioni che costituiscono l’Autorità di controllo:

 § Commissione per le infrastrutture e le reti (CIR)

 Prof. Stefano Mannoni
Nato a Sondrio il 1 aprile 1966. E’ professore ordinario di storia delle costituzioni moderne alla Facoltà di Giurisprudenza di Firenze e avvocato.
 È il commissario in quota Lega, nonché editorialista de Il Foglio e de Il Giornale.

«Il costituzionalista Prof. Mannoni si è distinto, tra l’altro, per aver fatto, a suo tempo, un tempestivo e singolare commento all’indomani della pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 31/01/2008 in merito all’assegnazione delle frequenze occupate da “Rete 4” a scapito di “Europa 7”, che (com’è noto) è stata favorevole a “Centro Europa 7”, vincitrice di regolare gara d’appalto indetta dallo Stato italiano.
Su “Il Giornale” l’editorialista Stefano Mannoni ha prontamente dispensato una lettura (che si pretende) “senza pregiudizi” della suddetta sentenza, curiosamente simile al comunicato Mediaset, secondo la cui nota, emessa il giorno precedente, “quale che sia il contenuto della sentenza, questa non può comportare alcuna conseguenza sull’utilizzo delle frequenze nella disponibilità delle reti Mediaset, inclusa ovviamente Retequattro”»

 (fonte: ADUSBEF)

 Dott. Nicola D’Angelo
Giurista di prestigio, “Ha lavorato presso il Ministero delle Comunicazioni, dove ha diretto uffici con competenze giuridiche nel settore della radiotelevisione pubblica e privata e delle telecomunicazioni. Si è inoltre occupato di problematiche relative alla pianificazione delle frequenze, alla convenzione e al contratto di servizio della RAI, alle trasmissioni per l’estero e per le minoranze linguistiche. Nel 1995 è stato consulente giuridico della Commissione speciale della Camera dei deputati per il riordino del settore radiotelevisivo e componente della rappresentanza italiana nel Comitato del Consiglio d’Europa per i mezzi di comunicazioni di massa.
È stato membro della I Commissione TV e minori istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In rappresentanza del Ministero delle Comunicazioni è stato membro del Consiglio di amministrazione della Stet e di Telecom Italia.
Ha poi vinto il concorso in magistratura amministrativa.
È stato consigliere giuridico del Ministro delle Comunicazioni, Capo Ufficio Legislativo del Ministero del Commercio con l’Estero, Capo Ufficio Legislativo del Ministero delle Riforme Istituzionali.
In particolare, in qualità di consigliere giuridico del Ministro delle Comunicazioni ha collaborato alla stesura della legge istitutiva dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e delle norme in materia di riassetto del settore radiotelevisivo e di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni.
Magistrato amministrativo e professore presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università LUMSA di Roma, dove insegna Teoria delle organizzazioni pubbliche, è autore di pubblicazioni nel settore giuridico e delle comunicazioni.”

 Dott. Roberto Napoli
Nato a Battipaglia (SA) il 18 aprile 1950, medico chirurgo specializzato in Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina del Lavoro, è editorialista su numerose riviste specializzate sui temi dell’informazione e della formazione ambientale e della privacy. Ha curato la pubblicazione di studi e ricerche in materia di comunicazione, svolgendo stages, corsi e master sui temi della comunicazione di massa, la privacy e la formazione ambientale”.
Nel 1994 è stato eletto al Senato ove è stato ex Presidente di gruppo parlamentare dellUDEUR.

 Dott. Enzo Savarese
Nato a Brescia il 3 gennaio 1953, una laurea in Giurisprudenza, ex deputato di AN, è stato responsabile di Alitalia per le relazioni internazionali e consigliere di amministrazione per Atesia s.p.a. Curiosamente, entrambe le aziende sono miseramente fallite.

§ Commissione per i servizi ed i prodotti (CSP)

 Dott. Michele Lauria
Nato ad Enna il 09/11/42. Una laurea in filosofia; Ex sindaco democristiano di Enna; ex senatore della Margherita; ex sottosegretario nei governi Prodi-D’Alema-Amato.
È uno dei commissari Agcom in quota centrosinistra.

 Dott. Sebastiano Sortino
Nato a Sortino (SR) il 9 settembre 1938. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Catania. Ha frequentato corsi di specializzazione nelle materie economiche in Italia ed all’estero.
È stato per oltre dieci anni responsabile del settore piccola industria presso la Confindustria, e per più di cinque anni responsabile dei rapporti con le Regioni e gli Enti Locali presso l’Ente Nazionale Idrocarburi. Attualmente, conserva il suo incarico nel CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). Dal gennaio 1977 è direttore generale della FIEG, Federazione Italiana Editori Giornali. E forse è l’unico che capisce davvero qualcosa di editoria.

 Dott. Gianluigi Magri
Medico bolognese, “è specialista in Medicina interna e cardiologia. Attualmente è ricercatore confermato presso il Dipartimento di Medicina Interna e Gastroenterologia dell’Università di Bologna.
È autore di circa 270 pubblicazioni scientifiche ed ha collaborato a progetti di ricerca con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Ministero della Salute ed il CNR.
Consigliere del Comune di Bologna eletto nel 1985 è stato rieletto nel 1990 e nel 1995. In questo periodo è
stato capogruppo della DC e poi del CCD nel Consiglio comunale di Bologna.
Dal 1994 al 2003 ha fatto parte dell’Assemblea della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna (in rappresentanza degli enti territoriali).
Dal 1997 all’ottobre del 2002 siede nel Consiglio di Amministrazione di SEABO di Bologna, poi HERA.
Dal febbraio 2003 al 2005 è stato Sottosegretario di stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze del Governo Berlusconi. Durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea ha presieduto il consiglio Ecofin Bilancio preparando e discutendo il primo bilancio europeo allargato a 25 Paesi, che ha firmato, nel dicembre 2003, con il presidente europeo Pat Cox. Ha inoltre seguito i rapporti con la stampa internazionale sul tema del bilancio europeo, collaborando con gli organi istituzionali di informazione sulla materia in oggetto”
. 
 
 Giancarlo Innocenzi
Nato a Verona il 19 agosto 1945, una laurea in Economia e Commercio, è un ex dirigente Fininvest: ex direttore dei servizi giornalistici di Canale 5, Italia 1, Rete 4.
Ex Sottosegretario di Stato al Ministero delle Comunicazioni dal 2001 al 2005 di Forza Italia, è stato pure presidente della commissione per lo Sviluppo del digitale terrestre (grande business di Mediaset).
Dubbi sull’imparzialità del personaggio e sul rispetto del codice etico, erano già stati sollevati dal presidente Calabrò un paio di anni fa. Naturalmente, Innocenzi è rimasto in servizio permanente agli ordini del Grande Capo, che a tutti gli effetti lo considera (e lo tratta) come un suo dipendente. Tanto fedele da guadagnarsi l’inossidabile soprannome di Inox.
Il commissario Innocenzi è uno che deve aver ben compreso il suo ruolo di garanzia…
Padron Silvio si è appena travestito da paladino dell’Amore (proprio): se non lo ami ti spegne.
Ossessionato da Santoro, Floris e dalla libera stampa in generale, abituato alla sua corte di ruffiani e cicisbei non riesce a comprendere la differenza che intercorre tra il panegirico e l’informazione anche critica. Pertanto se ne lamenta al telefono con i suoi agenti del Min.Cul.Pop. delle Libertà
Tra questi c’è appunto Innocenzi, il quale deve sorbirsi le sfuriate del boss che si crede istituzione vivente e che (parole sue) “lo manda a fare in culo ogni tre ore”:

È arrabbiatissimo. E, come sempre quando non gli piace cosa passa la Rai, chiama il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi. I toni non sono esattamente garbati: il Presidente del consiglio parla al responsabile dell’Autorità garante come fosse un suo dipendente. Gli dice di non avere “dignità”, gli consiglia “di dimettersi” se non è in grado di svolgere il lavoro per il quale viene pagato. Lo accusa di non riuscire a “difenderlo” abbastanza, come invece dovrebbe fare. Anche perché – gli ricorda il premier – è stato lui ad averlo “messo in quel posto!”. Berlusconi è furibondo, Innocenzi prova inutilmente a parlare, a difendersi: “Ma insomma: prima Ezio Mauro. Poi Eugenio Scalfari. Ma dove siamo? Mi attaccano, parlano male di me dai canali della televisione pubblica. Ma ti pare una cosa possibile? Come si può fare per far intervenire l’Agcom su una vicenda come questa?” e giù altri giudizi sulla inadeguatezza al ruolo che ricopre del commissario di Agcom.
Innocenzi tenta di giustificarsi in tutte le maniera, sostiene che può fare molto poco, giura al presidente del consiglio di non aver potuto “bloccare” quella trasmissione perché è troppo complesso, troppo difficile. 
 

La Repubblica – 15 marzo 2010

Il fatto è che alcuni giornalisti hanno osato violare la damnatio memoriae decretata dell’Imperatore, intervistando l’ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, oltre ai direttori de La Repubblica Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari, tutti colpiti da mandato di ostracizzazione.
Il Joker di Arcore inoltre è tormentato dal faccione contadino di Antonio Di Pietro, che non vuole più vedere credendosi forse il ceronato più bello del reame.
Soprattutto l’Imperatore non vuole si parli delle sue grane giudiziarie, giacché il problema non è la reiterazione del reato ma la sua pubblicazione. Se ne lamenta col fido Scondizolini, direttorissimo del TG-1 che prontamente esegue. Col direttore RAI, l’impomatato Mauro Masi che per un istante  sospetta di essere in una dittatura africana o peggio: “Certe cose non avvengono neanche nello Zimbabwe, si lamenta. Poi però ci ripensa e prontamente si allinea ai desiderata del Mugabe brianzolo… del Mogamboni al governo.
Questo perché in uno Stato criminale su base proprietaria il problema non è l’Anomalia elevata a regola, ma chi la denuncia…

Innocenzi non può certo deludere Re Silvio e per tirare giù le saracinesche sulla trasmissione dell’esecrato Michele Santoro convoca anche un altro ex manager della Fininvest in disarmo ma sempre fedele, tale Alessio Gorla.

“È Gorla a svolgere il ruolo di ponte tra Innocenzi e la Rai. È lui a fornire al commissario dell’Agcom le carte utili per far scrivere al presidente dell’Autorità una lettera pepata contro Michele Santoro. Gorla, a 73 anni è stato premiato con la poltrona di consigliere della Rai dopo avere rivestito cariche manageriali nel gruppo Fininvest.
Nel 1994 è entrato in Forza Italia e ha coordinato la campagna elettorale del partito. Passato in Rai come direttore delle risorse è stato pensionato nel 2006 e richiamato in consiglio lo scorso anno. Anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, prima di cercare in ogni modo di eliminare dal video i suoi rivali mediatici, è stato dipendente di Berlusconi come segretario generale di Palazzo Chigi. Infine Giorgio Lainati, l’uomo che si definisce un soldato nelle intercettazioni della Procura di Trani e che si lamenta contro Mauro Masi e contro i precedenti direttori generali che non sono riusciti a chiudere Annozero nonostante sette esposti presentati (non solo da lui) dalla Commissione di Vigilanza, quel Giorgio Lainati che oggi è vicepresidente della Commissione di vigilanza sulla Rai, per anni è stato un dipendente proprio di Mediaset. Prima di essere eletto nelle file di Forza Italia in Parlamento è stato giornalista di Studio Aperto e Canale5.”

  Il Fatto Quotidiano – 14 marzo 2010

Lainati è un altro di quegli spiriti liberi, intruppati nel Pretorio delle Libertà: lui si definisce un “soldato” pronto ad eseguire gli ordini del capo. Per la bisogna mette insieme una squadra d’assalto di spregiudicati quarantenni, a dimostrazione che nella gerontocratica Italia l’età non fa affatto la differenza. Il commando degli  ultrà di regime  include l’avvocato-parlamentare Iole Santelli, cresciuta all’ombra di Cesare Previti. Ma c’è anche il leghista Davide Caparini, giornalista della Padania e Amministratore unico della “Celticon“. Soprattutto, è responsabile della Lega per le tlc. In quanto Segretario della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, si occupa della vigilanza RAI e coerentemente invita a non pagare il canone di abbonamento. A conludere il trittico, contribuisce il senatore e giornalista Alessio Butti. Comasco, pizzo alla D’Artagnan, è membro della commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
È tutta gentucola che ha costruito le proprie fortune scrivendo sui giornalini di partito in ossequio al padrone. Le servette pronto uso che, forti dell’intoccabilità dei politici trovano molto liberale censurare gli articoli altrui, tappando la bocca ai giornalisti veri ma sgraditi all’Imperatore.

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BELLA GENTE

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C’è del marcio in Danimarca
(W.Shakespeare – Amleto: atto I, scena IV)

In termini inversi, c’è da chiedersi se in Italia esista ancora qualcosa di sano…
Se la corruzione è una sciagura antica, senza bandiere di appartenenza, nel cosiddetto Belpaese ha assunto dimensioni tali da diventare strutturale, quale elemento endogeno nel carattere identitario di un’intera nazione, che ha fatto del malcostume diffuso il proprio tratto distintivo. E, come il vaso di Pandora, non smette di riversare i suoi mali nella sfacciata presunzione di impunità.
È un circolo vizioso, innestato su di un sistema economico già amorale per sua intrinseca natura e per questo più propenso a delinquere. Ciò che stupisce è la ribalta degli stessi personaggi, la riproposizione delle solite facce di sempre, legate con doppio filo ad un passato che non vuole passare, secondo un copione fin troppo noto.

LA ‘FRODE CAROSELLO’
 L’ultima (ma non definitiva) della serie, è l’ennesima truffa finanziaria che ha tra i principali protagonisti due delle principali compagnie di telefonia italiane: FASTWEB e TELECOM Italia tramite la propria controllata SPARKLE.
Sembra che i due colossi delle tlc si fossero specializzati nella compravendita fittizia di servizi telefonici, tramite un’intricata serie di triangolazioni societarie e finte fatturazioni, finalizzata alla creazione di falsi crediti IVA.
Il giochino contabile, conosciuto nell’ambiente come “Frode Carosello”, andava avanti almeno dal 2002 ed ha comportato un danno di 365 milioni di euro, per mancati introiti, alle esangui casse di uno Stato, particolarmente prodigo quando c’è però da favorire i ladroni amici…
Nella sua estensione, la natura della frode è molto più complicata. Tuttavia, una delle varianti più semplici consiste nella vendita di traffico telefonico ad aziende estere in ambito europeo, esenti dal pagamento dell’IVA secondo la normativa comunitaria. Per la transazione internazionale, ci si avvale di intermediari commerciali: sono società di comodo per il transito di capitali, con sede nazionale ed estera (Panama; USA; Svezia).
Le Limited straniere (chiamiamole Beta) acquistano i pacchetti telematici dalle grandi compagnie italiane (Alfa). Questo tipo di transazioni, in quanto esportazioni estere, non sono soggette al pagamento dell’IVA, per mancanza del presupposto territoriale.
A loro volta, le stesse aziende estere rivendono il pacchetto appena acquisito ad una o più società terze (denominate ‘cartiere’), con sede in Italia, che rigirano nuovamente il prodotto alle compagnie originarie (sempre Alfa). Queste ultime versano in anticipo il pagamento dell’IVA sul prodotto riacquistato, direttamente nelle casse della società cartiera. In questo modo, Telecom Sparkle (o chi per lei) vanta un credito d’imposta nei confronti del Fisco italiano; si tratta di un rimborso che può scorporare in fase di bilancio dal resto delle somme da versare all’erario.
La ‘cartiera’ (Gamma) non solo si guarda bene dal versare l’IVA dovuta, ma viene altresì posta in liquidazione (o fallimento) a transazione avvenuta, per rinascere sotto altro nome e pronta a ricominciare il giro, con i suoi flussi di cassa virtuali.
Il cosiddetto mobile phone supply (traffico di schede prepagate; accesso a servizi internet…) è totalmente inesistente, così come è fittizia la compravendita di servizi in realtà mai forniti, tramite le ‘cartiere’ che erogano false fatture, incrementando i rimborsi e creando fondi neri.
È più o meno, quanto avveniva in SPARKLE, sotto la famigerata amministrazione TELECOM di Marco Tronchetti Provera. Grossomodo, sembra sia il caso della FASTWEB guidata da Silvio Scaccia.

Operazione PHUNCARD-BROKER
 Nel 2004, su segnalazione dell’Agenzia delle Entrate di Roma, il Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza avvia una serie di indagini tributarie sui bilanci di TELECOM per sospetta elusione fiscale. I finanzieri scoprono una serie di ingenti movimenti contabili poco chiari, tra intermediari italiani ed esteri, con società finlandesi che fatturano miliardi per gestire traffici telefonici da Parigi a Roma. L’interesse delle Fiamme Gialle si concentra sulla concessione dei ‘servizi’ dial-up (la truffa dei numeri dialer) e, seguendo il groviglio delle società coinvolte, vira rapidamente verso FASTWEB in merito alla commercializzazione delle Phuncards: carte prepagate per l’accesso, tramite un sito internet, a contenuti tutelati dal diritto d’autore (royalties). Salvo scoprire che non esiste alcun sito né diritto tutelato, ma solo una massiccia produzione di fatture false per operazioni mai effettuate.
Al contempo, sempre a Roma, i Carabinieri del ROS indagano su un giro di usura ai danni di un imprenditore locale, taglieggiato da… un ufficiale della Guardia di Finanza del nucleo anti-estorsioni!
“L’11 febbraio 2004 la Procura di Roma chiede ai carabinieri dei Ros di riscontrare le dichiarazioni della denuncia presentata da Vito Tommasino, che accusava il maggiore Luca Berriola di averlo ricattato e di avergli prestato soldi a tassi d’usura incredibili.”
Berriola utilizza l’imprenditore Tommasino, per far rientrare dall’estero 1,5 milioni di euro su un suo conto corrente cifrato panamense e riconducibile alla Broker Management SA, i cui flussi finanziari sono risultati ricollegabili al traffico di carte telefoniche sulle quali stanno già indagando i militari del Nucleo valutario della GdF.
Agli inquirenti non serve molto per capire che le indagini sono strettamente collegate: tanto i militari della Finanza tanto quelli dell’Arma, stanno investigando sulla medesima banda criminale coinvolta in due diverse operazioni di riciclaggio.
Le due indagini vengono quindi riunite e poste sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Roma, fino ai 56 arresti degli ultimi giorni per associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata.

I BRICCONCELLI
A gestire l’immenso giro di denaro sporco è un’agguerrita cricca di riciclatori professionisti, che opera su dozzine di conti correnti. L’intraprendente gruppo traffica in diamanti e beni di lusso; non disdegna di investire i suoi proventi nel mercato delle armi e in forniture militari nel sud-est asiatico. In eccesso di liquidità, effettua compravendite immobiliari e cerca persino una partecipazione in FINMECCANICA. Inoltre, attraverso una galassia di piccole società, offre i propri servizi di intermediazione finanziaria ai manager di Fastweb e Telecom Sparkle.
Nell’organizzazione confluiscono neo-fascisti militanti, vecchi esponenti della Banda della Magliana e capibastone delle ‘ndrine crotonesi.
Ma nel mazzo ci sono pure consulenti finanziari e liberi professionisti, manager in carriera e specialisti in intermediazioni d’affari sui mercati esteri. Ognuno col suo soprannome, come si conviene nel bestiario della mala romana. È divertente notare come uno dei principali broker implicati nel riciclaggio internazionale, Marco Toseroni (detto er Pinocchio), presenti l’attività nel proprio curriculum vitae:

“In 21 investimenti, ho assunto il ruolo di consulente e successivamente di dirigente essendo coinvolto nel processo di selezione delle opportunità di investimento e negoziazione dei deal (operazioni commerciali n.d.r). Ho inoltre svolto attività di consulenza finanziaria e di pianificazione strategica rivolte ad imprese a conduzione familiare in ordine al perfezionamento di acquisizioni, allo sviluppo di canali commerciali all’estero, alla ristrutturazione del business”

Più che un clan mafioso, è un piccolo partito del malaffare organizzato che vanta persino un proprio rappresentante in Senato: Nicola Paolo Di Girolamo. Ma andiamo per ordine…

 Gennaro MOKBEL. È il Mister X di questa sorta di Spectre capitolina. Mokbel, madre napoletana e padre egiziano, 50 anni ben portati, è una vecchia conoscenza della DIGOS romana…
Vecchio fascistone dalle simpatie neo-naziste, in gioventù bazzica gli ambienti eversivi di Terza Posizione, entrando presto nella rete di fiancheggiatori dei NAR. Infatti, nel maggio 1992, viene arrestato durante un blitz dell’UCIGOS insieme ad Antonio D’Inzillo, un latitante che Mokbel nasconde in casa sua, e si becca tre mesi di reclusione. Con gli anni, si dedica al più lucroso traffico di stupefacenti, guadagnandosi a contorno una serie di condanne per ricettazione, detenzione di armi da fuoco, lesioni aggravate, e “usurpazione di titoli”, prima di riciclarsi come imprenditore criminale. Tuttavia, non dimentica i vecchi camerati (Mambro, Fioravanti, Pedretti) ai quali si vanta di pagare le spese legali. Ne parla al telefono con Carmine Fasciani, esponente della criminalità romana, legato ai resti della Banda della Magliana:

“Valerio e Francesca… Dario Pedretti…te li ricordi tutti?… Li ho tirati fuori tutti io …tutti con i soldi mia, lo sai quanto mi so costati Ca’?… un milione e due…un milione e due!”

Un discorso a parte merita Antonio D’Inzillo, giovanissimo killer dei NAR passato alla Banda della Magliana. Per chi ha letto ‘Romanzo Criminale’ di Giancarlo De Cataldo, D’Inzillo è Il Pischello.
A.D’Inzillo, classe 1963, figlio di un noto ginecologo della Capitale, comincia la sua militanza politica nei CLA (Costruiamo l’Azione) d’ispirazione ordinovista.

Il 17/12/1979 a Roma un commando dei NAR uccide il 24enne Antonio Leandri [maggiori dettagli li trovate QUI]. I killer materiali sono Bruno Mariani e Giusva Fioravanti; l’autista alla guida di una Fiat 131 rubata è il 16enne D’Inzillo. Il gruppo di fuoco viene arrestato quasi subito, tranne Fioravanti che riesce a scappare.
Bruno Mariani ha 19 anni, una militanza studentesca in Avangurdia Nazionale ed amicizie con l’ala militare dei CLA, dove conosce D’Inzillo che si unisce alle sue scorribande squadriste. Dopo l’arresto per l’omicidio Leandri, il minorenne D’Inzillo viene condannato in primo grado a 15 anni di reclusione, ma nel marzo 1985 viene scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
Il 02/03/1989 viene nuovamente arrestato, insieme a due camerati di TP, presso il deposito bagagli della stazione Tiburtina di Roma, mentre ritira un borsone con le armi dei NAR. Nel gruppetto c’è anche Giorgio De Angelis, attualmente consigliere del sindaco Alemanno.
 In carcere D’Inzillo rimane poco anche stavolta, sempre per decorrenza dei termini di custodia, tuttavia fa in tempo a conoscere Marcello (Marcellone) Colafigli, uno dei boss della Magliana, ed a prendere contatti con l’omonima banda.
Cocainomane abituale, D’Inzillo viene successivamente accusato di aver provocato la morte, durante una lite, di Patrizia Spallone con la quale ha una relazione sentimentale. La ragazza è la nipote del chirurgo di Togliatti.
D’Inzillo fugge in Belgio, ma nel 1991 viene estradato in Italia per traffico di stupefacenti.
Nel 1993, nell’ambito della faida che vede coinvolti vari esponenti della Banda della Magliana, viene incriminato per l’assassinio di Enrico De Pedis, detto Renatino (è il Dandy di ‘Romanzo Criminale’), boss del gruppo dei ‘Testaccini’, ammazzato il 02/02/1990.
A questo punto, D’Inzillo si dà alla latitanza e di lui si perdono (apparentemente) le tracce. 
Ufficiosamente, D’Inzillo si trasferisce in Africa dove fa il mercenario per gruppi paramilitari, che gestisce in proprio ed affitta per servizi particolari in Kenya, Congo, Uganda… in quanto lavora “al servizio di apparati governativi come coordinatore militare di attività segrete, assolutamente illecite, quali la raccolta e il trasporto di legname rubato in territorio sudanese oltre al traffico di particolari risorse minerarie, come l’oro del Congo”. In Uganda si mette sotto la protezione del presidente Museveni, organizza squadre di autodifesa  contro i macellai dell’LRA, e si dedica al lucroso traffico internazionale di diamanti, che (guarda caso) costituiscono una voce importante negli investimenti di Gennaro Mokbel, che sembra procurarsi la materia prima con estrema facilità tramite dei canali privilegiati…
Rintracciato dalla magistratura italiana, nel 2008 D’Inzillo muore. Una scomparsa provvidenziale che però non produce cadaveri, visto che il corpo è stato cremato e, al di fuori del certificato, nulla attesta il decesso. Incredibilmente, la notizia la trovate QUI.

 Fabrizio RUBINI. Già rinviato a giudizio per omicidio aggravato  (QUI), è un nome noto alla Polizia: “nel 2005 è finito in carcere a Regina Coeli, accusato di aver ucciso il rivale in amore, un geometra di Ostia. Nonostante l’accusa grave e le intercettazioni che inchiodavano lui e l’amante, Rubini è stato scarcerato nel 2006. Sembra si sia rimesso subito in affari. Rubini, commercialista noto della Capitale, è stato socio con Di Girolamo in varie società (Wbc srl; Emmemarine srl; Progetto Ristorazione), ma secondo gli inquirenti ora mira in alto: sarebbe lui l’intestatario di un conto a San Marino dove vengono accreditati milioni di euro, soldi che la banda mandava dalle società di vari paradisi fiscali” (fonte La Repubblica).

 Paolo COLOSIMO. Avvocato vicino agli ambienti neo-fascisti della Capitale, è il difensore di Niccolò Accame, ex portavoce di Francesco Storace, nel processo Lazio-gate. È anche l’ex legale dell’immobiliarista Danilo Coppola: uno dei Furbetti del Quartierino. Coppola è indagato dalla Procura di Roma per sospette operazioni di reciclaggio per conto di Enrico Nicoletti, il cassiere della ‘Banda della Magliana’, Aldo De Benedittis ed i fratelli Ascenzi, a loro volta legati ad Enrico Terribile e tutti cresciuti sotto l’ombra protettiva della Bandaccia.
Nel maggio 2007, l’avv. Colosimo viene arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta ed intestazione fittizia di beni, in seguito al crack del gruppo Coppola, quindi posto agli arresti domiciliari. Tra l’altro, l’avvocato aveva già all’attivo una condanna per porto abusivo di armi da sparo.
Ma Paolo Colosimo è anche il difensore di fiducia di Giuseppe Arena, affiliato all’omonima cosca calabrese, operante nella provincia di Crotone…

 Franco PUGLIESE. 53 anni, è stato condannato in via definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, violazione di sigilli, abusivismo edilizio, ricettazione, estorsione ed usura.
Nel maggio del 1997 il Tribunale di Crotone confisca a Pugliese beni per un valore di 12 miliardi di lire. Al presunto boss, in quell’occasione, fu applicata la sorveglianza speciale per tre anni.
Inoltre, Franco Pugliese è strettamente legato alla famiglia mafiosa degli Arena,
“in considerazione del fatto che la figlia Mery è la compagna del latitante Fabrizio Arena (il cui padre, Carmine, uno degli esponenti storici dell’omonima cosca di Isola Capo Rizzuto risulta ucciso in un eclatante agguato mafioso nel 2004, mediante l’esplosione di un colpo di bazooka) e la sorella PUGLIESE Vittoria risulta sposata con Nicoscia Pasquale, già inserito nell’omonima cosca e assassinato in data 11/12/04.” (Tribunale di Roma, 23/02/2010)

Roberto MACORI. Già condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale, è l’inviato speciale di Mokbel nei rapporti di collaborazione con i calabresi.

Nicola DI GIROLAMO È il pezzo pregiato della collezione Mokbel: l’utile idiota posto a rappresentare gli interessi della banda in Parlamento, con la gentile collaborazione della ‘Ndrangheta calabrese.
Romano, avvocato, imprenditore, il 50enne Di Girolamo cura il giro di intermediazioni societarie per conto di Mokbel, si preoccupa di reinvestire i capitali illeciti e dell’esportazione di valuta all’estero (Panama e Hong Kong). Soprattutto, è coinvolto nelle intestazioni fittizie di beni e nel riciclaggio internazionale, con l’aggravante di rivestire il ruolo di promotore ed organizzazione dell’associazione a delinquere, secondo quanto riportato dai magistrati.
Vuoi perché Di Girolamo abbia ambizioni politiche… Vuoi perché Mokbel ritenga la rappresentanza parlamentare utile alla causa… Com’è, come non è, ad un certo punto la banda decide di candidare Di Girolamo alle elezioni.

BIRBANTELLI IN PARLAMENTO
Nel 2007 anche Gennaro Mokbel aveva tentato la via politica aderendo ad “Alleanza Federalista”, un movimento nato nell’ottobre 2003 come costola romana della LEGA NORD. Dopo aver assunto la carica di ‘segretario regionale’, Mokbel distribuisce le cariche tra moglie e parentado associato.

“Nell’ottobre 2007, a seguito dei contrasti con i vertici di Alleanza Federalista accusati di immobilismo ma soprattutto di non coinvolgere MOKBEL Gennaro nella condivisione/scelta delle strategie politiche, maturerà la decisione di costituire un autonomo gruppo politico a cui veniva dato il nome di Partito Federalista Italiano. Partito attraverso cui venivano avviati una serie di contatti con esponenti politici di primo piano, che culmineranno nella candidatura alle elezioni politiche del 13 e 14 Aprile 2008 di DI GIROLAMO Nicola, quale candidato al Senato.”

 (Atti dell’inchiesta)

È Mokbel che pensa a tutto: soldi, finanziamenti, appoggi politici, alleanze, strategie… Tanto che l’avv. Di Girolamo sembra quasi disinteressarsi alla sua campagna elettorale. E mal gliene incolse!
Le intercettazione telefoniche la dicono lunga su quale fosse la reale stima del suo capo e la considerazione di cui gode Di Girolamo nel resto del gruppo:

“Hai sbagliato però… a Nicò… ma tu ma dove cazzo… che me stai a pija per culo?!? A Nicò guarda che io… ti do una capocciata eh… Nicò?!? (…) Io me altero che tu me prendi per il culo… Io te indico come segretario politico… che so due giorni che me dice c’abbiamo una serie di incontri… col sindaco de Marino, con tutta gente… e tu non m’hai… non mi hai mai fatto una telefonata! Nicola io non so se tu sei capace a comportarte o sei non sei capace a fare delle cose. Tutti gli altri esistono per darte ‘na mano a farle ‘ste cose, non per essere trattati con sufficienza, con menefreghismo, con superficialità… Nicò, non stai facendo un cazzo, perdendoti nelle tue elucubrazioni, ti ho avvisato la prima, ti ho avvisato la seconda, e ti ho avvisato la terza volta… qui si tratta che tu stai sulla luna (…) e rimani ne a luna… perché io appresso a un coglione come te nun me ce ammazzo… Nicò… hai capito?!? Non ce perdo tempo, non ce perdo più soldi! Ti ho continuato a dire: tocca fare questo, tocca fare quello, tocca fare quest’altro… tu fai solo una confusione inutile, giri su te stesso, fai rodere il culo a tutti quanti… poi siccome non te dicono un cazzo a te, vengono da me… oh che dovemo fa?!? L’incontro tocca farlo, st’altra cosa tocca farla… e a un certo punto me so rotto i coglioni, capito caro Nicola?  Vai a fare il senatore, prendi i tuoi sette mila euro al mese, vattene affanculo a me non me rompe li coglioni sennò te metto le mani addosso!”

Vista la caratura del candidato, per la bisogna, Gennaro Mokbel si appoggia alla comprovata esperienza delle cosche calabre nel reperimento voti. E qui entra in gioco Franco Pugliese, che si accolla il disturbo in cambio del pagamento delle spese e di un prestanome a cui intestare uno yacht appena acquistato. Roberto Macori (l’uomo di Mokbel) e  Giovanni GABRIELE (il referente della cosca) volano subito in Germania, nella zona di Stoccarda, dove iniziano a rastrellare voti tra gli immigrati calabresi, procacciandosi schede elettorali in bianco da falsificare.
Di Girolamo viene eletto nelle liste PDL per la circoscrizione estera – collegio Europa e diventa senatore della Repubblica con 22.875 voti validi. Il 29/12/08 il sen. Sergio De Gregorio (Pdl) annuncia la nomina di Nicola Di Girolamo a vicepresidente della sedicente fondazione “Italiani nel mondo”. Diventa membro della III° Commissione Affari Esteri del Senato ed entra a far parte anche del Comitato per le questioni degli Italiani all’estero.
Tuttavia, a scanso di equivoci, subito dopo l’elezione Mokbel ricorda al neo-eletto senatore chi è che comanda davvero:

“Da ‘sto momento la vita tua è questa: senato, viale Parioli, viale Parioli, senato e a casa. Poi da viale Parioli si decide co’ chi devi sta a pranzo, con chi devi sta a cena, che devi incontra… chi dobbiamo vede’, i viaggi che se demo fa… Se lo capisci, bene! Sennò vattene per i cazzi tua, prendi un milione e cento e va a… Mettemo un altro… non c’ho tempo da perde”

E non perde occasione per ribadire il concetto al povero senatore pezza da piedi che, tra minacce e umiliazioni, fa quasi pena:

“Mò ricordati che devi paga’ tutte le cambiali che so state aperte e in più devi paga’ lo scotto sulla tua vita, Nicò perché tu una vita non ce l’avrai più.. ricordati che dovrai fare tutte le tue segreterie, tutta la gente sul territorio, chi te segue le Commissioni, il porta borse, l’addetto stampa, il cazzo che se ne frega… ma come ti funziona ‘sto cervello Nicò?”

Pare infatti che Di Girolamo non sia stato poi un grande investimento politico… Preoccupato di cancellare le tracce che possano collegarlo alla sua passata attività di riciclatore, fa casino sui vecchi c/c e sull’allineamento dei ‘poteri di firma’. Soprattutto, prende iniziative autonome dal resto della banda e pasticcia con gli svizzeri della Egobank di Lugano. Il senatore infatti è preoccupato di finire come Coppola e Fiorani.
Di errore in errore, Di Girolamo continua a suscitare le ire del ras della Camilluccia, che non lesina complimenti alla sua creatura malriuscita:

MOKBEL: «Se t’è venuta la “candidite”, se t’è venuta la “senatorite” è un problema tuo, però stai attento che ultimamente te ne sei uscito 3-4 volte che io sò stato zitto, ma oggi mi hai riempito proprio le palle Nicò, capito?!? Se poi dopo te e metto tutte in fila e cose… abbozzo du volte… tre volte…»
DI GIROLAMO: «Comunque, guarda, mi dispiace…»
MOKBEL: «Devo aprì bocca Nicò? devo aprì a bocca mia? Io quando apro a bocca faccio male, a secondo del male che si fa, Nicò, hai capito? Vuoi che parlo io?
(…) Non me ne frega un cazzo, a me di quello che dici tu, per me Nicò puoi diventà pure presidente della Repubblica, per me sei sempre il portiere mio, cioè nel mio cranio sei sempre il portiere, non nel senso che tu sei uno schiavo mio, per me conti come il portiere, capito Nicò? Ricordati che io per le sfumature mi faccio ammazzà e faccio del male!»

In un’ampia scelta di casistiche, il senatore Di Girolamo può scegliere se essere lo schiavo, il portiere, o il pupazzo di Mokbel:

“lui è legato a me non da filo doppio, ma da cento fili… senza de me è finito, non può far nient’altro”

Tuttavia, non tutte le ciambelle riescono col buco…
Già alla vigilia della sua elezione a senatore, Di Girolamo viene sospettato di aver falsificato la sua residenza all’estero. Il Tribunale di Roma ne chiede l’arresto per attentato ai diritti politici, falso ideologico, false dichiarazioni, e falsificazione di atti pubblici.
 Settembre 2008; il Senato non concede l’autorizzazione a procedere l’arresto contro Di Girolamo e rinvia l’ipotesi di decadenza dal seggio senatorio alla Giunta delle Elezioni per il Senato.
 20 ottobre 2008; la Giunta delle Elezioni ordina l’annullamento della nomina, ma la decisione viene sospesa per l’intervento dal senatore Andrea Augello (Pdl), ventriloquo di Alemanno a Roma.
 29 Gennaio 2009; il Senato rimette la decadenza Di Girolamo come senatore, alla futura sentenza penale.
 Febbraio 2009. Si sveglia il ferale presidente del Senato, Renato Schifani, che promette tempi certi per la rimozione dell’imbarazzante senatore, avvertendo fortemente l’esigenza di eiattare il degno prodotto del ‘popolo delle libertà’…

“Sei una grandissima testa di cazzo… Nicò sei proprio sballato. Sei una grande delusione, lo sai Nicò?” 

(Gennaro Mokbel)

CAMERATA ANDRINI, PRESENTE!!
 Stando alle amabili definizioni del gran capo, se Di Girolamo è un “coglione” è pur vero che questi vanno sempre abbinati in coppia…
Che cosa è successo? Per essere candidati nella Circoscrizione Europa, bisogna innanzitutto risiedere all’estero. E non è il caso dello strapazzato Di Girolamo.
A falsificare i certificati di residenza, ci pensa un altro fenomeno da baraccone pescato tra i protetti di Gianni Alemanno. Si tratta dell’ormai famoso Stefano Andrini: un personaggio dagli interessanti contatti…
Andrini infatti conosce bene l’ambasciatore italiano in Belgio, Sandro Maria Siggia. Inoltre, entra in contatto con Aldo Mattiussi, un funzionario del Consolato italiano a Bruxelles, che provvede a certificare la falsa residenza dell’avv. Di Girolamo nella capitale belga.
Stefano Andrini si preoccupa pure di scegliere l’alloggio per l’aspirante senatore e non ha niente di meglio che indicare, nell’attestazione di residenza, un trilocale in uso a studenti fuori sede…
Andrini ha un amico suo pugliese che è “borsista” (mò si chiamano così) presso il Parlamento Europeo. Il borsista ha un appartamento in locazione, che sub-affitta ad altri ragazzi per pagarsi le spese. E si offre di ospitare pure Di Girolamo.
Persino gli inquirenti non resistono dall’ironizzare sulla brillante sistemazione offerta da Andrini:

«Ed è questa sistemazione che viene scelta a Bruxelles come “residenza” del futuro senatore della Repubblica. Si tratta di un appartamento evidentemente inidoneo, costituito da un salone, due stanze e servizi, in cui il professionista romano, avv. Di Girolamo Nicola Paolo, avrebbe dovuto risiedere dormendo sul divano-letto della sala, poiché le due camere erano già occupate da altri ragazzi»

Poi, come al solito, Di Girolamo ci mette del suo e sbaglia a trascrivere l’indirizzo, fino all’epilogo di questi giorni.
Alla luce dei fatti, visto l’enorme potere che la categoria ingiustamente sottovalutata può acquisire ed esercitare, la domanda nasce spontanea: quanto può essere pericoloso un coglione?

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