Nel giorno in cui si ricorda (?) la strage fascista alla Stazione di Bologna, con un premier come di consueto assente, che per la circostanza non trova niente di meglio che parlare di ramazze e pulizia urbana dal Giappone, mentre si sbrodola addosso dall’ennesimo pulpito universitario blaterando di riforme e crescite favolose, nell’illusione di addivenire in un giorno impossibile ai
complici ed i mandanti del massacro bolognese, alcuni si chiedono come poté maturare un simile crimine e su quali coperture politiche e istituzionali abbia mai potuto contare e su quali ambienti abbiano fatto riferimento…
Per esempio, basterebbe volgere lo sguardo ad un Presidente della Repubblica che dinanzi alle vittime si sentì in dovere di scusarsi con gli assassini, riservando la sua sensibilità democratica nel riconoscimento dell’onorabilità dei fascisti.
Basterebbe ricordare gli esecutivi “post-fascisti” del papi costituente, diretti eredi dell’esperienza repubblichina, che hanno sempre boicottato la ricorrenza, nella riabilitazione dei carnefici e nei rapporti più che amichevoli intrattenuti con gli esponenti dei NAR elevati a starlette mediatiche.
E volgere l’attenzione a quanti si oppongono rabbiosamente alla modifica dell’Art.375 del Codice Penale, con l’introduzione del cosiddetto “reato di inquinamento processuale e depistaggio“ che si prefigge di punire con la reclusione fino a quattro anni, con l’aggravante di pena se i responsabili sono pubblici ufficiali,
“chiunque compia una delle seguenti azioni, finalizzata a impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale:
– mutare artificiosamente il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato;
– distruggere, sopprimere, occultare o rendere inservibili, anche in parte, elementi di prova o elementi comunque utili alla scoperta di un reato o al suo accertamento;
– formare o alterare artificiosamente, anche in parte, elementi di prova o elementi comunque utili alla scoperta di un reato o al suo accertamento.
Sono poi previste alcune aggravanti del nuovo reato, qualora sia stato commesso: nell’esercizio delle funzioni di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (aumento della pena da un terzo alla metà); in relazione a procedimenti per un catalogo di delitti di particolare allarme sociale, tra cui associazione mafiosa, terrorismo, strage, traffico di armi o di materiale nucleare chimico o biologico (reclusione da 6 a 12 anni).”