«Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità, ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro.»
Umberto Eco
“Costruire il nemico”
(15/05/2008)
Archivio per Stato di diritto
Hic sunt leopoldi
Posted in Masters of Universe with tags Cesarismo, Costituzione, Democrazia, Destra, Diritto, Elezioni, Governo, Guido Morselli, Italia, Leggi, Leopolda, Liberthalia, Matteo Renzi, Nazione, Nemico, Padroni, Partiti, Partito della nazione, PD, Politica, Post-democrazia, Potere, Rappresentanza, Sindacati, Sinistra, Società, Stato, Stato di diritto, Umberto Eco on 28 ottobre 2014 by Sendivogius“Nessun partito politico è di sinistra dopo che ha assunto il potere.”
In quanto ai “partiti della nazione”, che nei casi più deleteri hanno l’inclinazione a degenerare in “partiti unici”, i precedenti non mancano e non sono dei migliori…
Lo scippo
Posted in A volte ritornano with tags Autoritarismo, Bonapartismo, Costituzione, Democrazia, Italia, Liberthalia, Parlamento, Quorum, Referenda, Referendum, Stato di diritto, Totalitarismo on 23 aprile 2011 by SendivogiusÈ educativo studiare l’involuzione democratica in atto, verso le forme autoritarie di un nuovo bonapartismo, sicuramente più funzionale alle aspirazioni monarchiche del Piccolo Cesare, nella sostanziale acquiescenza dei poteri di garanzia e nell’apatia del popolino felice nella sua insipienza plebea.
Capita così di assistere al progressivo smantellamento delle attuali architetture costituzionali, nello stravolgimento stesso dello Stato di diritto con la sua rigida suddivisione di poteri, in funzione di un curioso paradosso…
In nome del popolo sovrano, che però non ha alcun potere di scelta o di controllo, si invoca “la centralità del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale“. Peccato si tratti di un parlamento di nominati, sempre più svuotato di competenze e di ruolo, trasformato da Camera dei Deputati in una dependance delle camere penali, e ridotto a suk di compravendita elettorale, dove ci si limita a convertire in legge i decreti su presentazione governativa.
A tal proposito, è pacifico intendimento porre la totalità delle funzioni nelle mani di un esecutivo onnipotente, sciolto da qualunque controllo e al di sopra di ogni legge, titolare di un potere totalizzante e totalitario su ogni altro ordine dello Stato.
Coerentemente con la sovranità popolare, è cosa normale, assai in sintonia con la libera partecipazione democratica, boicottare in ogni modo il ricorso ai referenda, in quanto uno dei rarissimi momenti di democrazia diretta previsti dal nostro ordinamento e dunque limitati nella funzione (abrogativa e mai propositiva) e nel raggiungimento del quorum (problema che non si pone in nessun altro tipo di consultazione).
Perciò, è assolutamente naturale cercare di cancellare i quesiti sul nucleare e sulla privatizzazione dell’acqua, attraverso la promulgazione di un nuovo decreto governativo, scavalcando la ‘centralità’ di quel parlamento che si vorrebbe “supremo titolare della volontà popolare”. Pertanto, con un mezzuccio da legulei (specialità della casa), e tramite un vero scippo di democrazia, con una decisione d’imperio da parte del ministro interessato (il bancarottiere Paolo Romani) si impedisce la libera consultazione dei cittadini. E per decreto, su pressione confindustriale (la Marcegaglia se ne è vantata pubblicamente!), si cancella un referendum fino a “nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell’agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea“.
E d’altra parte si tutela il Papi, cercando di far decadere il quorum che potrebbe pregiudicare l’approvazione del “legittimo impedimento” ad essere processato, per tutelarsi da altre noie nella sua coazione a delinquere sicuro dell’impunità.
In una democrazia ormai in ostaggio, ciò avviene senza alcun passaggio parlamentare e senza mettere in discussione i contenuti della Legge 133, che recepisce le direttive del DL 112/08 ad insindacabile stesura governativa. Né si attende il giudizio della Corte di Cassazione, l’unica titolata alla revisione dei quesiti referendari, confidando piuttosto sulla firma per quieto vivere del Bell’Addormentato sul Colle.
Del resto, questo governo ci ha insegnato che le leggi elettorali si cambiano in base ai sondaggi e vengono elaborate in funzione della maggioranza uscente, a limitazione del danno, con premi elettorali studiati su misura.
Fedele al sacro principio della sovranità popolare, la corte del Pornocrate ha deciso che i referenda, specialmente se il risultato non piace, hanno una scadenza naturale. E, nonostante tutto, quando c’è il rischio che si raggiunga un nuovo quorum, allora si sospende la legge da abrogare, si cancella il referendum, e si ripresenta la norma intatta ad un anno di distanza.
In una maggioranza relativa che si appresta a diventare dittatura assoluta nell’impunità del numero, il parametro di riferimento risiede nel gioco delle tre carte, dove è chi tiene il banco a decidere le regole apparenti, che sistematicamente viola a suo unico vantaggio.
Saggiata la malleabilità degli argini costituzionali, aperta la breccia, si procede ad ondate concentriche per scardinare il resto dell’impalcatura istituzionale, secondo una prassi ormai collaudata:
I) Si inondano le Camere con proposte di legge, sempre più provocatorie, presentate come un’iniziativa personale (è la formula di rito) decisa autonomamente da parlamentari che sembrano muoversi in solitario, ma in realtà funzionali ad una strategia ben precisa. Soltanto nell’ultimo mese, si va dalla cancellazione del divieto di ricostituzione del partito fascista, alla riscrittura dei libri scolastici perché filocomunisti (un must dei neofascisti al governo), passando per l’abolizione della Festa di Liberazione. E si finisce con la riscrittura dei singoli articoli della Costituzione, arrivando a mettere in discussione persino i suoi principi fondamentali.
II) Si testano le reazioni, si sondano le disponibilità trasversali e, secondo la permeabilità dell’iniziativa, si decide se appoggiare o meno le singole proposte, strutturandole in iniziative legislative.
Tanto per dire, il cosiddetto “processo breve” (la prescrizione ammazzaprocessi) si è arricchito in corso d’opera con una serie di emendamenti ad hoc che, a sentire i relatori del provvedimento, mai sarebbero stati recepiti nel testo definitivo. Potete avere un saggio della loro natura leggendo QUI e anche QUI. Confezionati su misura e presentati a titolo personale, sono stati dapprima sconfessati ufficialmente e quindi convertiti in articoli dietro le quinte. Naturalmente sono diventati parte integrante della norma.
C’è del metodo in tutto ciò. Ed ha un’impostazione di tipo militare:
Si mandano in avanscoperta pattuglie isolate di Akingi per esplorare il territorio, saggiare la resistenza del nemico, e verificare la disponibilità di quinte colonne. Si procede secondo una direttiva estesa su più fronti di penetrazione, tanto per spiazzare la linea di difesa. Se l’incursione ha successo, il resto dell’armata interviene in appoggio, sostenendo l’offensiva con un attacco di massa.
Nella sua presunzione di impunità, c’è da chiedersi se il Pornonano si reputi eterno e se non pensi di tradurre il suo mandato in una investitura ad vitam, come un qualunque rais africano. Perché è chiaro che un simile sbilanciamento di poteri a proprio favore, non contempla l’opzione di un passaggio di consegne o l’ipotesi di un ruolo d’opposizione, in caso di sconfitta elettorale.
Cosa pensa di fare il Pornocrate?!? Preparare un pacchetto di decreti con norme variabili, a seconda di chi vince le elezioni, magari approvati ad una settimana dalla tornata elettorale?!? Sospendere gli scrutini gridando (come d’abitudine) ai brogli, se i risultati lo danno perdente?!? Proclamare la legge marziale, annunciando un’invasione da Marte?
Un assaggio potremmo averlo presto, qualora dovesse perdere le amministrative a Milano.
AVE DOMINE!
Posted in A volte ritornano with tags Avvocati del Premier, Consulta, Corte costituzionale, Democrazia, Fattoria degli Animali, Gaetano Pecorella, George Orwell, Giambattista Vico, Giorgio Napolitano, Il Caimano, Imperatore, Liberthalia, Lodo Schifani, Michele De Vivo, Niccolò Ghedini, Ottaviano Augusto, Primus inter pares, Primus super pares, Res Gestae, Stato di diritto on 7 ottobre 2009 by Sendivogius
TUTTI GLI ANIMALI SONO EGUALI
MA ALCUNI ANIMALI SONO PIÙ EGUALI DEGLI ALTRIDopo ciò non parve più strano che i maiali che sorvegliavano i lavori reggessero fruste nelle loro zampe. Non sembrò strano di apprendere che i maiali si erano comperati per loro uso un apparecchio radio.
(George Orwell, La Fattoria degli Animali. Oscar Mondadori; 1995)
Le ironie della Storia sono imprevedibili, ma stranamente cicliche…
Un vecchio sovversivo tedesco che sapeva il fatto suo, tale Karl Marx, parafrasando il pensiero di Giambattista Vico, una volta ebbe a dire:
«Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa.»
Il 22 Luglio 2008, come primo atto del governo Berlusconi, le Camere approvano il cosiddetto Lodo Schifani che sancisce per legge l’impunità del premier.
Con incredibile solerzia, il 23 Luglio (non sono trascorse nemmeno 24h) il presidente Giorgio Napolitano firma subito il provvedimento, ravvisandone “ad un primo esame” i rilievi di costituzionalità.
Il testo approvato, secondo la frettolosa valutazione presidenziale, è talmente ‘ineccepibile’ che diventa subito oggetto di esame da parte della Consulta, a seguito di impugnazione. Capita così di assistere ad una singolare tenzone, che contrappone la Corte costituzionale alle coorti pretorie dell’Imperatore.
Se la Consulta dovesse malauguratamente bocciare il Lodo, ciò implicherebbe una sconfessione dell’operato presidenziale e sancirebbe un’implicita incapacità, da parte di Napolitano, nel valutare correttamente i rilievi posti a suo tempo dalla Consulta stessa.
Meglio sarebbe stato (per Napolitano) una soluzione terza: approvazione di costituzionalità con la sollevazione di alcune obiezioni formali, ma senza mettere troppo in difficoltà il Presidente della Repubblica che con la sua firma, e ancor di più con la sua improvvida dichiarazione, ha già legittimato il provvedimento. La cosa implica un curioso paradosso: la Corte si troverebbe ‘obbligata’ ad approvare il Lodo Alfano per motivi di opportunità istituzionale, ma al contempo non può ignorare la filosofia che ispira la legge in questione. Filosofia ‘giuridica’ ben esplicata dalle esternazioni degli avvocati-deputati che perorano la causa dell’Unto, ma che molto poco ha a che fare con uno Stato di diritto…
I duumviri Ghedini-Pecorella si preparano a scrivere l’epitaffio della democrazia per conto terzi, rilasciando ai posteri dichiarazioni incredibili che si commentano da sole, insieme alle minacce di sollevazione ed altre farneticazioni (queste sì!) eversive da parte del ministerume di contorno (come profeticamente preannunciava, inascoltato, Nanni Moretti nell’inquietante finale del suo film: “Il Caimano”):
“La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione”
(Niccolò Ghedini)
“Berlusconi non è primus inter pares ma primus super pares”
(Gaetano Pecorella)
In pratica, l’ineffabile Ghedini si ispira direttamente ai capolavori di Orwell: da 1984 a La Fattoria degli Animali! Ormai l’Azzeccagarbugli del Re, dopo anni di fedelissimo servaggio, non è più in grado di distinguere il suo padrone dal maiale Napoleon, tante sono le analogie.
Il sofisticato Pecorella, difensore di camorristi (Clan dei Casalesi) e terroristi (Delfo Zorzi, per la strage di Milano) invece preferisce attingere alla storia romana ed ai suoi ‘modelli costituzionali’ sicuramente più pertinenti all’immaginario di Silvio l’Immortale.
Per seguire l’epopea del Grande Condottiero nel corso dei secoli, visitando la pinacoteca imperiale, vi consigliamo di cliccare qui.
Al caro Pecorella vogliamo sommessamente ricordare che in uno Stato libero il premier non dovrebbe nemmeno essere considerato primus inter pares.
Il Primus inter pares designava infatti il primato di uno solo tra individui (di rango aristocratico) di pari dignità, sancendo una posizione di privilegio. Per questo il primus veniva più spesso chiamato princeps, “Principe”.
Il rispetto delle istituzioni repubblicane era un semplice espediente formale: “Al vertice dello Stato si era ormai insediato un uomo solo che accentrando in sé tutti i poteri che la costituzione prevedeva, di fatto veniva a configurarsi come un vero e proprio monarca.” (Michele De Vivo)
Ad essere chiamato Primus inter pares, nonchè princeps, era il primo imperatore romano, Ottaviano Augusto, il quale spiegava a modo suo il senso del termine, in linea con la propaganda dell’epoca:
«Nel mio sesto e settimo consolato, dopo aver sedato l’insorgere delle guerre civili, assunsi per consenso universale il potere supremo, trasferii dalla mia persona al senato e al popolo romano il governo della repubblica. Per questo mio atto, in segno di riconoscenza, mi fu dato il titolo di Augusto per delibera del senato e la porta della mia casa per ordine dello Stato fu ornata con rami d’alloro, e una corona civica fu affissa alla mia porta, e nella Curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attestava che il senato e il popolo romano me lo davano a motivo del mio valore e della mia clemenza, della mia giustizia e della mia pietà. Dopo di che, sovrastai tutti per autorità, ma non ebbi potere più ampio di quelli che mi furono colleghi in ogni magistratura. »
(Res Gestae Augusti, Cap. 34)«Quando rivestivo il tredicesimo consolato, il senato, l’ordine equestre e tutto il popolo Romano, mi chiamò Padre della Patria, decretò che questo titolo dovesse venire iscritto sul vestibolo della mia casa, e sulla Curia Iulia e nel Foro di Augusto sotto la quadriga che fu eretta a decisione del Senato, in mio onore. Quando scrissi questo, avevo settantasei anni.»
(Res Gestae Augusti, Cap. 35)
Non è che poi manchino tanti anni…
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2009 – Agenda delle Priorità
Posted in A volte ritornano, Stupor Mundi with tags Alitalia, CAI, Confindustria, Costituzione, Disoccupazione, Federalismo, Flessibilità, Governo, Intercettazioni, Jorge Rafael Videla, Licenziamenti, Magistratura, Monarchia, Napoleone III, Precari, Presidenzialismo, Recessione, Silvio Berlusconi, Stato di diritto on 29 dicembre 2008 by Sendivogius
“Fortuna che Silvio c’è…”
Secondo molti dei suoi malevoli nemici, S.Berlusconi sarebbe un fascista
Vi pare che ci sia qualche somiglianza?!?
Per quanto, col vecchio caro Jorge Rafael qualche affinità a cercarla si trova…
Secondo alcuni assomiglierebbe invece ad un arcigno reazionario
Figuriamoci! Troppe mostrine con tutto quel sovraccarico di patacche appuntate sul petto.
Per non parlare di quegli orribili baffoni!
Per altri è soltanto un imbarazzante pagliaccio
Tuttavia, anche i clown possono essere pericolosi…
Il 2009 si preannuncia come l’Annus Horribilis per l’economia mondiale con impatti devastanti sui redditi degli italiani, eppur felici nella gaia insipienza dei famuli alla greppia del sovrano.
Un gruppo di pericolosi cospiratori bolscevichi, conosciuto col nome di Confindustria, prevede due anni di recessione (con una timida ripresa nel 2010):
§ Il PIL scenderà al – 1,3%
E ciò comporterà effetti negativi su occupazione, salari, e spesa pro capite…
§ Consumi Fissi lordi in caduta al – 2,9%
§ Consumi delle famiglie in calo al – 1,4%
§ Esportazione di beni e servizi in crollo al – 2,1%
§ 600.000 persone perderanno il loro posto di lavoro nel corso del solo 2009.
Secondo le stime delle organizzazioni sindacali, la cifra sarebbe invece superiore al milione.
I dati in questione però non tengono conto di quanti popolano l’immensa galassia del lavoro flessibile (e non garantito), risucchiati dal buco nero di un “precariato” senza prospettive e senza alcuna tutela. Infatti, includendo i lavoratori “interinali”, “ciclici”, “occasionali”, “somministrati”, “coordinati”, “associati”… si arriva a 1.500.000 persone sbalzate fuori dal mercato del lavoro. Si tratta di soggetti per i quali non sono previsti ammortizzatori sociali, né coperture fiscali, né indennità di sorta. Giovani fantasmi che non fanno statistica e non rientrano nei piani di salvaguardia occupazionale. Sono i pezzi intercambiabili delle aziende in espansione. Sono la variabile distorta che fa aumentare le percentuali dei nuovi assunti, ma mai quella dei disoccupati: i precari non si licenziano, non si mettono in mobilità, non vengono cassaintegrati… I precari non vengono censiti alla perdita di occupazione; basta non rinnovare loro il contratto temporaneo al momento della scadenza.
Il 2009 sarà l’anno in cui i nodi irrisolti arriveranno al pettine. Cominceremo a pagare alla UE le gigantesca multa per le storture nella concessione delle frequenze televisive… Soltanto una tra le tante, costose, anomalie che costituiscono il noioso conflitto di interessi del Puffo Nero.
E sarà infine evidente il fallimento di Alitalia e tutta l’inconsistenza della cordata di salvataggio, raffazzonata col peggio dell’imprenditoria italiana: la sedicente CAI (Cosca Affaristica Insaziabile) dei capitani senza capitali.
In presenza di tante funeste avversità, “rivolgiamo il pensiero a Colui che tutto sa e tutto vede, a Colui che legge con occhio fermo nei cuori umani”, per un governo che decide.
Abbiamo scherzato. La crisi non esiste. È un’invenzione dei giornalisti e della sinistra.
Va tutto bene Madama la Marchesa!
È già pronta una lista delle priorità da affrontare quanto prima nel corso del 2009…
A problemi concreti, idee chiare con risposte lineari:
DETASSAZIONE STRAORDINARI
Lavorare di più per guadagnare di più. Anzi no!
Contrordine Compagni! Lavorare meno, lavorare tutti. Meno ore di lavoro e salari più bassi.
Sacconi-Tremonti: la coppia più bella del mondo.
INTERCETTAZIONI
Tra tutti i problemi che affliggono gli italiani, quello delle intercettazioni telefoniche è sicuramente il più sentito. Dopo anni di abusi, una rigida regolamentazione garantirà finalmente sonni tranquilli a: Bancarottieri – Truffatori – Concussori e Corruttori – Estorsori e Strozzini – Rapinatori –Spacciatori – Ricettatori – Stupratori…
Nessuno potrà più permettersi di violare la loro privacy. Le intercettazioni infatti saranno consentite solo per i reati “più gravi”: Mafia (a patto che il mafioso non parli con personaggi politici, sennò l’intercettazione non va più bene); Terrorismo; Pedofilia.
MODIFICA DELLA COSTITUZIONE repubblicana, democratica, e antifascista.
È ora di mettersi al passo coi tempi. Tempora mutantur et nos mutamur in illis.
FEDERALISMO
Il separatismo federalista come anticamera della secessione. L’Unione nazionale sacrificata in nome dell’unione elettorale.
PRESIDENZIALISMO
Elezione diretta del Presidente della Repubblica per plebiscito.
Incremento degli attuali poteri del Presidente.
Controllo diretto sull’esecutivo di governo: ulteriore estensione dei poteri di decretazione; nomina e revoca dei ministri.
Controllo del potere legislativo: convocazione e scioglimento delle Camere, a piacimento del Presidente-Re.
La “riforma” è ancora in via di definizione ma, se tutto andrà come deve, in un solo colpo (di Stato) ci ritroviamo un Presidente federale a capo delle Forze Armate, del CSM, del Governo, con poteri di intervento diretto sul Parlamento e con facoltà illimitata di emanare decreti, per ovviare alle leggi che nonostante tutto dovessero passare senza il gradimento presidenziale. Niente di cui allarmarsi: abbiamo il fortunato precedente di Napoleone III ed il solido esempio della Repubblica di Weimar.
RIFORMA DELLA MAGISTRATURA
Corollario imprescindibile fin dai tempi della P2.
Eliminazione dell’Obbligatorietà dell’azione penale. Sarà il Governo a decidere di volta in volta la priorità dei reati da perseguire.
Separazione della funzione giudicante da quella inquirente, con netta distinzione delle carriere e dei percorsi. Gli attuali PM (Pubblici Ministeri) saranno sottoposti al diretto controllo del Guardasigilli (a sua volta sotto il controllo del Presidente) che ne orienterà l’azione e controllerà l’operato. Le indagini verranno affidate alla Polizia (sottoposta al controllo del Ministero dell’Interno) ed il pm, ridotto a poco più di un funzionario ministeriale, dovrà attenersi a quanto gli agenti di PS decideranno di fornirgli, condividendo il suo lavoro con gli avvocati della difesa.
Insomma, abbiamo il superamento della divisione dei poteri (Legislativo-Esecutivo-Giudiziario) alla base dello Stato di Diritto, che dopo anni di dispersione tornano finalmente a vivere tra le mani di un unico monarca.
Felice Anno Nuovo
Lo Stato di Polizia
Posted in A volte ritornano with tags 25 Ottobre, Aldrovandi, Bolzaneto, Consenso, Cossiga, Decreti Legge, Democrazia, Dittatura, Eluana Englaro, Governo, Manifestazione Nazionale, Parlamento, PD, Polizia, Principio di Necessità, Rasman, Repressione, Silvio Berlusconi, Stampa, Stato di diritto, Stato di Polizia, Studenti on 24 ottobre 2008 by Sendivogius
“La lunga marcia verso il baratro”
Uno strano demone sembra agitare i desideri ed i furori di Silvio Berlusconi, il Cavaliere Oscuro e Nerissimo di questa Gotham volgare e strapaesana. Una titanica lotta tra passioni contrastanti, il cui unico risultato è la sconfitta della Ragione Democratica, che resta sostanzialmente estranea al suo Ego smisurato. C’è forse un trauma misterioso all’origine di un complesso d’inferiorità mai colmato: Berlusconi appare come divorato dalla patologica ricerca di riconoscimenti ed onori, del tributo plebiscitario, quasi travolto da un esibisionismo narcisista che straborda in un incontenibile Delirio di Onnipotenza.
Da tempo abbiamo imparato a conoscere le ambizioni smisurate del personaggio: eroe e specchio di un’Italietta deprimente nel suo qualunquismo, ma pur sempre maggioritaria; il prodotto viscerale di una “massa amorfa”, ma ben distinta, che si nutre delle fobie e delle irrazionalità della folla. La Paura come combustibile per la Fabbrica del Consenso (ne abbiamo già parlato in “Chi coltiva il seme di Phobos”). L’elezione come investitura totale. La designazione politica come incoronazione popolare e unzione regale, mentre l’esercizio della funzione pubblica viene trasfigurato in decisionismo paternalistico, tramite l’accorpamento dei poteri dello Stato regredito alla sua forma pre-moderna. Padre e Re della Nazione, trascende l’immanente per assurgere a Verbo incarnato nel sacro corpo dello Stato. L’Etat c’est moi! Ed è forte la sensazione che la Repubblica stia scivolando lungo una pericolosa involuzione autoritaria, perpetrata nell’indifferenza generale della cosiddetta “gente” raggrumata in un comun sentire volto al ribasso. Appendice propedeutica al potere del Re Taumaturgo.
Demiurgo e tautologo, l’Unto parla alla pancia di un elettorato deresponsabilizzato, ridotto a ruolo di plebe da compiacere. Ne eccita le fantasie e con illusioni ne soddisfa i bisogni primari, attraverso un inarrestabile processo regressivo e altresì di identificazione costante. Dalla Democrazia delle cittadinanze attive all’Oclocrazia di sudditi plaudenti, tra specialisti in querimonie e accattoni professionisti dello scambio clientelare. Riconoscerli è facile; esistono dei parametri su scala nazionale: vivono ossessionati dalla “roba”; hanno poche idee ma confuse; se gli parli di “valori” controllano subito le tasche per essere sicuri che qualcuno non glieli abbia fregati. Spesso non pagano le tasse, perché evadere è giusto (e se lo dice Lui…), perché tanto c’è il condono. Però i servizi pubblici li pretendono perfetti, confezionati su misura, e rigorosamente gratuiti! Piangono miseria, ma intanto accumulano denari ed elemosinano favori. Il loro mantra si chiama “Sicurezza”. Diffidano di tutti e di tutto; trincerati nel loro sterile orticello provinciale, vivono in perenne sindrome d’assedio.
“La società civile non esiste!” M. Thatcher, the iron lady, aveva ragione. Anche il nostro supereroe nazionale, il Cavaliere Nero di Arcore, lo sa bene e mette in pratica la lezione. Perciò, per quei pochi che ancora si indignano:
Inquieta il progressivo svuotamento dei poteri degli organismi di controllo e di garanzia istituzionale, ridotti a mere propaggini formali di un ordinamento piegato e conformato alle esigenze del sovrano. Eclatante è in tal senso la reiterazione dei provvedimenti ad personam nell’esclusivo beneficio di un unico soggetto, che stabilisce per legge il suo stato d’eccezione con una incredibile sospensione dello stato di diritto.
Preoccupa il ricorso esasperato alla decretazione d’urgenza, come normale prassi di governo secondo il principio di necessità, che (de facto) esautora il Parlamento delle sue prerogative. A tal proposito l’autonomia legislativa delle Camere sembra ledere le aspirazioni assolutistiche del regolo brianzolo, che infatti sollecita la modifica dei regolamenti parlamentari in senso restrittivo, nonostante disponga di una maggioranza schiacciante senza precedenti.
Sconcerta l’onnipresenza interventista in ambito economico e finanziario, come ad esempio l’immissione di enormi capitali pubblici nella crisi dell’Alitalia e del sistema bancario, con la collettivizzazione delle perdite, senza uno straccio di confronto parlamentare e senza che si conoscano in dettaglio gli oneri dell’intervento.
Imbarazza l’abdicazione dei principi laici e dei diritti individuali in nome di una contiguità di interessi col potere clericale, che in proposito continua a decidere l’agenda politica: sul Caso Englaro relativo al testamento biologico; sull’applicazione della Legge 194; sull’accesso alla cosiddetta “pillola del giorno dopo”; sulla libertà di ricerca medica (sperimentazione delle staminali); sull’ostracismo pubblico delle “coppie di fatto”; sulla preminenza dei valori religiosi…
Il tutto avviene con una concentrazione di poteri senza eguali, nell’impotente inerzia delle opposizioni. Eppure ciò sembra non bastare ancora all’insaziabile reuccio di Arcore che dal suo trono ammonisce, strepita, e poi smentisce, per ribadire l’indomani ciò che ha rinnegato soltanto ieri! Ha un consenso da regime (oltre il 60% dice Lui), eppure non si sente sicuro.
Minaccia pubblicamente quel poco che resta della libera informazione. E questo nonostante abbia la proprietà di media e testate giornalistiche, a cui si aggiunge la compiacenza di buona parte della stampa; sia uno dei tycoon editoriali più potenti del pianeta; disponga del controllo diretto (e indiretto) di sei reti televisive, tra cui una abusiva.
Con l’82% delle presenze televisive (tra governo, premier, e maggioranza) tuona contro l’eccessivo spazio concesso agli esponenti dell’opposizione parlamentare, arrivando ad inibire loro l’accesso alle TV pubbliche, e scatenando i suoi bastonatori in livrea qualora tale divieto non venga ottemperato secondo le volontà del sovrano.
Pretende di scegliersi pure chi abbia il privilegio di fargli opposizione e soprattutto come farla: i suoi detrattori il Re se li sceglie da solo, in una parvenza di finzione democratica. Ad esempio, la IdV non è di suo gradimento, pertanto ha deciso unilateralmente che si tratta di un “partito eversivo” da ostracizzare nel Parlamento e nella società. I presidenti delle Commissioni di Vigilanza, la cui nomina spetta da sempre all’opposizione, si eleggono solo se sono di suo gradimento.
Insofferente all’idea stessa che possa esistere una qualche forma di dissenso, Re Silvio ne relega la natura a problema di Ordine Pubblico, inteso come mera repressione poliziesca contro le offese alla sua sacra maestà. Convoca d’urgenza il suo Ministro della Polizia per decidere le ritorsioni contro gli studenti (per ora chiamati “facinorosi”, domani perseguiti come “sovversivi”?) che osano contestare gli insindacabili atti del monarca. Galvanizza gli organici di polizia, garantendo loro un arbitrio mai visto e una sostanziale impunità per eventuali abusi (vogliamo qui ricordare i massacri della scuola A.Diaz e di Bolzaneto? Gli omicidi legalizzati di Federico Aldrovandi, di Riccardo Rasman, di Aldo Bianzino, fino all’assassinio di Gabriele Sandri?). Svuota le caserme e riversa i militari per le pubbliche vie in nome della sicurezza nazionale.
Sconcertante è l’atteggiamento assunto dal Reuccio e la sua corte contro la manifestazione nazionale di sabato 25 Ottobre (una iniezione adrenalinica per l’esangue PD veltroniano), vissuta come un delitto di lesa maestà. Indecente è la pretesa di cancellare l’iniziativa, programmata con ben quattro mesi di anticipo, perché sarebbe contro il governo (!?!) e ne danneggerebbe l’immagine durante una delicata congiuntura internazionale. Invece, nel 2006, le sguaiate iniziative del Nano Nero contro i “brogli di Prodi” erano parte di un normale percorso democratico. Cosa pensa di fare l’indignato monarca? Provocare i manifestanti per giustificare la reazione? Soffocare la protesta a colpi di manganello e lacrimogeni speciali? Punire i “sovversivi/terroristi” nel chiuso delle celle di sicurezza come a Genova durante il G-8? Sparargli addosso come ai tempi di Cossiga, secondo gli insegnamenti di Bava Beccaris? In proposito, sarà bene ricordare che Gaetano Bresci partì dagli USA proprio per vendicare la strage milanese del 1898.
Siamo alla vigilia dello Stato di Polizia? Di un golpe bianco? Sarebbe lecito crederlo, se il cipiglio severo del decisionista non si perdesse tra le smentite reiterate e le fanfaronate istrioniche di un avanzo da avanspettacolo, promosso a dittatorello da repubblica bananiera.