Archivio per Siria
Rogue Nation
Posted in Masters of Universe, Risiko! with tags America Latina, Dittatura, Donald Trump, Esteri, Guerra, Imperialismo, Iran, Iraq, Liberthalia, Medio Oriente, Potere, Siria, USA on 6 gennaio 2020 by SendivogiusQual’è il colmo di uno “stato canaglia”, che ama immaginare se stesso come la patria della democrazia?
E ovviamente non poteva mancare l’ineffabile Matteo Salvini, il Capitan Mitraglia del fucile e rosario per tutti. Con ogni evidenza, tra nazisti ci si intende.
Mamma li Turchi!
Posted in Muro del Pianto with tags Europa, Guerra, Kurdistan, Liberthalia, Recep Tayyip Erdoğan, Ricatto, Rojava, Siria, Turchia, UE on 12 ottobre 2019 by SendivogiusNon bastava l’infiorata di svastiche e celtiche che già infarciscono ad libitum i nostri stadi di calcio ad ogni partita. No, adesso ci mancava anche l’esibizionismo militarista dell’imperialismo turco in parata, col suo tronfio travestitismo kitsch per le coreografie da antico ottomano del sultano!
Provocazione lampante di flagrante arroganza, e patente propaganda di regime, dinanzi ad un’Europa divisa, prona nell’alcova del tracotante Sultano, mentre gattona a brache calate, dinanzi alla strafottenza dei ricatti di un ringalluzzito sciovinismo ottomano, dopo aver perso anima, corpo, coraggio, dignità, e finanche qualcos’altro..!
Ma davvero dobbiamo sorbirci anche questa merda qua, senza colpo ferire?!?
E c’era pure ‘qualcuno’ che questi qui voleva fortissimamente farli entrare nella UE dalla porta principale, mentre ancora resta da capire cosa cazzo c’entri la Turchia con l’Europa e coi suoi supposti ‘valori’! Valori dei quali si fa apertamente beffa, mentre reclama il pizzo di stato come un brigante qualunque, quale moderno tributo da versare ad un antico nemico, che ora pensa davvero di usare qualche milione di profughi come potenziale bomba demografica, da far implodere ai porosi confine del fradicio confino europeo dinanzi alle sue tremebonde cancellerie.
E ce li coccoliamo fin dentro casa i nuovi lupacchiotti grigi, che si fregiano (a torto) di discendere direttamente dalle orde mongole di Gengiz Khan e Tamerlano, mentre fantasticano di nuove prese di Costantinopoli, o pensano davvero di riportare i giannizzeri sotto le mura di Vienna!
Davvero, a volte, uno si ritrova nell’anacronistica assurdità di rimpiangere niente meno che lo spirito di un Sobieski o di un Eugenio di Savoia, se l’alternativa è la pavidità parolaia di un’unione di amebe, tanto è lo schifo (non ci sono altre parole) per definirne la penosa inconsistenza.
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SYRIANA (III)
Posted in Risiko! with tags Armi chimiche, Donald J. Trump, Douma, Elmetti bianchi, Esteri, Francia, Geopolitica, Gran Bretagna, Guerra, Khan Shaykhun, Liberthalia, Medio Oriente, Neo-colonialismo, Rami Abdulrahman, Russia, Siria, Twitter, USA, White Helmets on 14 aprile 2018 by SendivogiusQuando le relazioni internazionali sono ridotte ad un tweet, allora capisci davvero che si è raschiato ben oltre il fondo del bidone dai percolanti liquami, dove sguazzano i cialtroni che governano il mondo.
“Io ho il missile più grande!”
“Sì, ma il mio è più lungo del tuo”
Ormai il livello delle esternazioni è questo. Tutto il resto è conseguenza. Siamo di fronte a bulletti, che si provocano negli spogliatoi dopo la partita di calcetto, e che in genere si liquefanno davanti al primo che tiene loro testa.
Dopo le sue rodomontate, il cialtrone più grosso di tutti, Donald J. Trump, non poteva certo perdere troppo la faccia, per quanto da culo questa possa essere; con lo straordinario paradosso che stavolta sono propri i militari a tenere a freno il bullo presidenziale, invitandolo a maggior prudenza. Quindi qualche mortaretto sulla Siria doveva pur lanciarlo, stando ben attento a non fare troppi danni e così irritare oltre il dovuto l’orso russo, che per l’occasione ha minacciato di affondargli senza troppi complimenti i “lanciatori” dai quali sarebbero partiti i razzetti. E all’occorrenza scatenare la terza guerra mondiale, come leggero effetto collaterale.
Ormai è un copione collaudato: ogni qualvolta l’esercito siriano, grazie al fondamentale apporto russo, consolida le sue posizioni sul terreno contro le formazioni jihadiste dell’islamismo salafita, a battaglia ormai conclusa e miliziani in fuga, ecco che puntuale giunge il solito attacco chimico istantaneamente attribuito al “Regime di Assad”, onde cercare di annullare in qualche modo gli effetti della vittoria sul campo. E senza bisogno di altra dimostrazione se non la parola (sulla fiducia incondizionata) di quelli che eufemisticamente vengono definiti “ribelli moderati”. Seguono fiumi di indignazione telecomandata dai canali mediatici embedded e minacce di rappresaglie più o meno immediate, che di solito si traducono in una serie di sanzioni contro interessi russi, e all’occorrenza cinesi (tanto per non farsi mancare nulla), insieme a qualche operazione militare del tutto dimostrativa nel suo valore simbolico. La Siria è un pretesto come un altro, per una nuova guerra fredda che ha ben altre motivazioni.
Il problema di Capello Pazzo, laggiù nel lontano Ovest, dalle parti della casa bianca nella prateria, è riassumibile in una sintesi di base:
a) Dopo il presunto (perché le prove non sono mai un optional) scandalo del cosiddetto “Russiagate”, Donald Trump deve dimostrare di non essere il manchurian candidate del Kremlino. Da lì, una politica particolarmente aggressiva nei confronti di Mosca, fatta più di minacce verbali che atti concreti, vista l’imprevedibilità delle conseguenze, onde cercare di fugare i dubbi di essere stato una marionetta eterodiretta.
b) Fin dai tempi dell’ammiraglio Thayer Mahan, gli Stati Uniti hanno sempre guardato al Pacifico come area primaria di interesse strategico. Il Medio Oriente (che deve il suo nome proprio ad A.T.Mahan), nella sua sponda mediterranea, non è mai davvero rientrato in questa sfera fondamentale, essendo l’attenzione statunitense concentrata soprattutto nel Golfo Persico a controllo delle grandi rotte petrolifere.
Sostanzialmente, l’agenda politica americana in Medio Oriente la detta Israele, che per ovvie ragioni ha tutto l’interesse affinché gli USA instaurino una forte presenza militare nella regione, a contrasto dell’espansionismo persiano. E, guarda caso, il ‘provvidenziale’ attacco chimico di Douma giunge proprio nel momento in cui l’Amministrazione Trump dice di voler alleggerire la sua presenza in Siria, alla ricerca di una rapida exit strategy.
c) La Gran Bretagna del catastrofico governo di Theresa May deve gestire i fallimenti di una Brexit condotta malissimo, dinanzi ad una opinione pubblica sempre più scontenta. In parole semplici, ha bisogno di un diversivo che storni l’attenzione altrove. E’ cose c’è di più funzionale se non catalizzare il rancore delle masse contro il classico nemico esterno?!? La Russia putiniana da questo punto di vista è un bersaglio perfetto. Dopo aver montato un caso internazionale sull’avvenelamento di un ex spione fellone del KGB, dai traffici poco chiari, senza prendersi il disturbo di produrre uno straccio di prova del coinvolgimento di Mosca, a Downing Street si cercava un pretesto come un altro per una qualche esibizione di forza. La farsesca strafexpedition siriana era il modo più semplice di colpire il ritrovato nemico russo per interposta procura, senza spiacevoli conseguenze, riconfermando peraltro il rapporto esclusivo ed incondizionato che lega la Gran Bretagna agli USA in nome della comune appartenenza anglosassone.
d) Sul ritrovato interventismo francese, ad opera della mezza checca all’Eliseo, Micron Le Frocion, ci sarebbe solo da ridere; a maggior ragione se la Francia dovesse davvero pensare di ripristinare una sorta di protettorato sulla Siria, in continuità con le sue politiche neo-coloniali in Africa. Come se non fossero già abbastanza i casini combinati in Libia.
E la UE?!? Al di fuori dei saldi contabili che accomunano una sommatoria di statarelli ininfluenti, l’Europa non esiste. Probabilmente non esisterà mai. E di sicuro non conta nulla. A meno che non si voglia attribuire una qualche influenza a questa docile muta di ignavi cagnetti da salotto, subito accucciati ai piedi del padrone. Della gilda mercantile con l’ossessione per il rigore di bilancio, che pletoricamente si fa chiamare “Unione Europea”, altro non si scorge se non il tremolante ditino ammonitore, che dinanzi alla pulizia etnica di Afrin ed al massacro della popolazione curda, è rimasto ben ficcato nell’orifizio della sua ipocrita indignazione a targhe alterne.
Pertanto, se attacco chimico a Douma c’è stato, è abbastanza probabile che si sia trattato di una provocazione orchestrata ad hoc, onde tirare per la mimetica gli USA da sempre riluttanti a farsi trascinare oltre l’indispensabile nel pantano mediorientale.
Al regime siriano di Bashar al-Assad, nell’immancabile reductio ad Hitlerum che completa la demonizzazione del nemico, già accusato di utilizzare camere a gas e forni crematori (rivelatisi poi falsi), finora sono stati attribuiti una decina di attacchi con uso di armi chimiche e senza che mai siano stati forniti elementi inoppugnabili delle responsabilità, nonché della provenienza.
Per esempio, nel caso del presunto bombardamento di Khan Shaykhun (“presunto”, perché i testimoni oculari non hanno visto, ma ‘sentito’ quelli che sembravano essere elicotteri), avvenuto nel distretto di Idlib il 04/04/17, e che portò alla ritorsione americana, il dossier fornito a giustificazione del raid consta di poco più di tre (diconsi TRE!) paginette scarne [QUI], nelle quali si afferma:
«Abbiamo in nostro possesso un numero credibile di segnalazioni provenienti da fonti aperte, che ci forniscono una versione chiara e consistente. Non possiamo rendere pubbliche le informazioni a nostra disposizione, perché abbiamo la necessità di proteggere le nostre fonti ed i nostri metodi.»
Le “fonti aperte” (open source reporting) delle quali parla il dispaccio di agenzia, che nella sua stringata essenzialità priva di qualunque evidenza probatoria sembra aver sostituito l’imbarazzante “smoking gun” delle guerre umanitarie dei Bush, sono i messaggini e le foto (spesso farlocche) raccolte su quel formidabile strumento di solida inchiesta investigativa che è twitter. E per questo messe a verbale (che non è dato leggere per tutelare le fonti) come prove inoppugnabili, senza bisogno di verifica altrui tanto da fornire una “clear and consistent story”. E da dove provengono così incontrovertibili “informazioni” (intelligence) del tutto obiettive e disinteressate?!? Naturalmente, dalla “pro-opposition social media reports“; ovvero dai “ribelli moderati” che operano nelle zone controllate dai miliziani salafiti legati ad Hayat Tahrir al-Sham, già conosciuto come Jabath Fatah al Sham (“Fronte per la conquista del Levante”), e meglio noto come Fronte al-Nusra, alias al-Qaeda.
Poi per le esigenza di regia, onde rendere meglio presentabili i “social media reports”, al posto dei truci cacciatori di teste con mannaia, è meglio affidarsi ai brogliacci del fantomatico “Osservatorio siriano dei diritti umani“, dietro al nome altisonante del quale si nasconde in realtà un’emanazione dell’MI6 britannico composta da un unico membro ufficiale: tal Rami Abdulrahman, che dal suo negozietto di Coventry in Inghilterra gestisce via internet le informazioni reperite dai suoi contatti in Siria. Eppoi ci sono gli immancabili “White Helmets”, i volontari disarmati e senza paura che salvano vite umane sotto i bombardamenti. Molto spendibili mediaticamente grazie ad una campagna promozionale ben strutturata, onnipresenti in tutte le aree controllate dalle formazioni jihadiste di Al-Nusra, salvo scomparire con esse a bonifica compiuta, i “Caschi Bianchi” operano esclusivamente nei territori occupati dalle bande armate dell’integralismo salafita, agendo indisturbati laddove nessun’altra organizzazione umanitaria può accedere.
E queste sono le principali “fonti di informazione”, insieme alle notizie fornite da altri non meglio precisati attivisti, che vengono utilizzate dalle cancellerie occidentali.
Ormai, non ci si prende neanche più il disturbo di dover produrre quello che un tempo non troppo remoto si chiamava “onere della prova” a fondamento dell’accusa, nell’evidenza dei fatti contestati. Questo perché le prove poi possono essere confutate, soprattutto verificate, e all’occorrenza smentite.
Dunque, tanto vale glissare sulla presentazione delle stesse, facendo invece affidamento sulla grancassa mediatica di una pletora di contriti pappagalli, che ripetono a comando ciò che la propaganda di guerra prescrive loro di recitare, secondo il velinario del giorno. L’effetto riesce meglio, se vengono utilizzati i bambini per ampliare l’impatto emotivo…

Poi certo si può scegliere se prendere per oro colato tutto ciò che passa per twitter, ed estensivamente per i ‘social’, con argomentazioni mai più lunghe di uno slogan, senza mai prendersi il disturbo di appurare le fonti. Quindi si può decidere se promuovere campagne e movimenti di opinione, specialmente se si è in calo di visibilità, ammantando il proprio narcisismo con nobili finalità. Quello di cui invece non si sentiva il bisogno e del quale si poteva anche fare a meno, francamente, è questo…

Perché poi tanta gente, più o meno nota, con un infantilismo che viene scambiato per “impegno”, senta questa intrattenibile impellenza di rendersi inesorabilmente ridicola, liquidando questioni serissime con un selfie imbarazzante, è qualcosa che risulta incomprensibile dai tempi degli “orgoglioni”…
E da questo capisci tutto… Che sarebbe anche ora di crescere!
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FACCE DA CULO
Posted in Risiko! with tags Caschi Bianchi, Donald Trump, Esteri, Europa, Geopolitica, Guerra, Italia, Liberthalia, Siria, Turchia, UE, USA, White Helmets on 8 aprile 2017 by SendivogiusE insieme ad ogni tragedia, immancabile arriva la farsa!
Dopo che The Donald, ovvero il pupazzo presidenziale facente feci in carica, ha ordinato il suo bel raid missilistico sulla Siria, perché la notte prima ha dormito col culo scoperto e s’è svegliato con la luna storta, davvero non ha prezzo vedere le facce da SA del neo-nazismo nazionalpopulista, intruppati dietro il supercafone cotonato alla Casa Bianca, mentre pigolano tutto il loro sconcerto e la ‘delusione’, misurando ora le distanze da questa grottesca parodia di Flavio Briatore, che tanto ne aveva eccitato le polluzioni fascistoidi e che adesso guardano frignanti al ‘compagno’ Putin, una volta vomitata la sbornia trumpista.
In una di quelle turgide esibizioni imperiali con cui l’Amerikani celebrano se stessi, The Donald mostra i muscoli; facendo peraltro una figura miserrima sul piano militare, visto che solo 1/3 dei 60 razzi sparati ad cazzum è andato effettivamente a segno sul bersaglio, in una di quelle smargiassate tipiche del personaggio che galvanizza i tagliagole salafiti e di fatto allontana la conclusione della guerra in Siria, fornendo una sponda inaspettata (ma non imprevedibile) a quelle forze che alimentano il terrorismo islamico internazionale. Complimentoni!
Soprattutto, l’attacco a sorpresa ha ricompattato mezza Europa nel consueto ruolo di sudditanza che gli stati clienti di solito tengono nei confronti del loro vero padrone. A livello nostrano, il sempre più imbarazzante Governo Gentiloni è andato pigolando qualcosa su una reazione nell’ordine: “proporzionata” e “motivata” che “favorisce il processo di pace” (!). Sono gli stessi cacadubbi che, in eccesso di prudenza, nel caso della strage di Stoccolma con l’ennesimo camion lanciato sulla folla inerme, parlano di “presunto atto terroristico” non necessariamente riconducibile ad una “matrice islamica”. No, infatti si stratta di un incidente stradale con un camion impropriamente adibito al trasporto esplosivi. E l’autista poverino era in cura per problemi psichici.
Per fortuna, nel caso siriano, Trump ha messo d’accordo tutti, ricompattando persino l’opposizione ‘democratica’ con gli orgasmi da bombardamento di Kerry e di quella Hilary Clinton, aspirante presidente in quanto donna (e nulla più), che s’agitava da mesi per un intervento armato contro chi i terroristi li combatte per davvero.
«Ora che bombarda ed uccide come tutti gli altri presidenti USA, Trump torna per bene per UE e NATO.
Trump ha fatto il suo esordio da bombardiere, adeguandosi così alla tradizione dei presidenti USA nessuno dei quali si è mai sottratto alla necessità imperiale di lanciare ordigni ed uccidere.
Che sparare missili per vendetta sul gas sia un atto non solo criminale, ma stupido, non passa neppure per l’anticamera del cervello del regime occidentale che da decenni si è arrogato il diritto ed il potere di giustiziere mondiale. Anzi grazie a questo atto il “diverso” Trump torna a pieno titolo nel rispetto e nella considerazione della élite europea e nordamericana. Clinton, Bush, Obama non avrebbero saputo fare di meglio.
I governi UE e NATO tirano un sospiro di sollievo, alla fine Trump non è la Brexit, è solo uno dei tanti modi di mascherarsi che ha il palazzo economico finanziario e militare. Peggio per gli sprovveduti che ci hanno creduto. Trump è solo culturalmente un po’ più fascista e razzista dei predecessori, ma alla fine quando si tratta di difendere gli interessi dell’impero si normalizza. Bentornato tra noi, dicono governi occidentali e stampa, finanza e industria militare, in fondo non avevamo dubbi. Come può un miliardario evasore fiscale non difendere il suo ed il potere delle élites di cui solo ambisce di far parte?
Oggi si apre un nuovo capitolo della guerra mondiale a pezzi, pezzi che diventano sempre più attaccati fra loro. Un capitolo che stupisce per la velocità con cui una notizia priva di alcuna dimostrazione, l’esercito di Assad avrebbe usato i gas, è diventata la fonte di legittimazione del lancio dei missili. Tranquillizzo gli ipocriti, sono contro Assad, come lo ero verso Gheddafi, Saddam, Milosevic. Ma sono atterrito dalle guerre scatenate dal potere occidentale sulla base delle proprie fake news. Ho ancora in mente l’immagine del segretario di stato degli USA Colin Powell, che all’ONU nel 2003 mentiva sapendo di mentire mentre mostrava la fiala con la falsa prova degli inesistenti gas di Saddam. Grazie a quella falsa prova Bush, la UE e la NATO scatenarono la seconda guerra in Iraq e grazie ad essa ora abbiamo l’ISIS.»Giorgio Cremaschi
(07/04/17)
Mr President ha deciso insindacabilmente che i cattivoni dell’esercito regolare siriano abbiano fatto uso di armi chimiche, ed in assenza di qualunque riscontro o verifica sul campo ha deciso di bombardare i responsabili fino a prova contraria. Sai com’è?!? C’è l’assoluta certezza del governo israeliano, che mira alla dissoluzione della Siria con la sua polverizzazione in microentità, divise in uno stato di anarchia
militare permanente (divide et impera), più facili da contrastare e più pratiche da controllare, se si pensa di creare una zona cuscinetto sotto occupazione a ridosso della frontiera israeliana, con la creazione di una “fascia di sicurezza”. Non sarebbe certo una novità, visto che si tratta della stessa strategia che Tel Aviv utilizza da almeno 30 anni in Libano. In quanto ai bombardamenti mirati con armi proibite, magari al fosforo bianco, dalle parti di Tsahal sono indubbiamente degli esperti…
E l’attacco alla Siria lo chiedeva da tempo anche l’Arabia Saudita, quel fulgido baluardo di laicità e libertà civili, che Daesh (o come diavolo lo si vuole chiamare) l’ha creato e finanziato (e protetto). E ovviamente la Turchia neo-ottomana del sultano Erdogan, che un giorno sì e l’altro pure minaccia l’Europa, usando l’immigrazione di massa come arma non convenzionale. Ovviamente non è il caso di ricordare come l’unico attacco chimico finora certificato in Siria, riconduca a pesanti responsabilità turche [QUI], che vista l’impunità (quella sì, reale) non hanno fatto altro che riproporre il medesimo giochetto con immutato cinismo, cercando una leva più favorevole con la nuova amministrazione USA. E non per niente Idlib è provincia siriana a ridosso del territorio turco. Dove credete sennò che affluiscano armi, rifornimenti (e combattenti) in una città completamente assediata, se non dall’unico lato di un confine non presidiato?!?
Ci sono poi la Gran Bretagna e la Francia, quest’ultima davvero convinta di ricostruirsi un’influenza coloniale nei suoi ex protettorati in Medio Oriente, dopo l’immane casino creato in Libia per un paio di concessioni petrolifere.
E soprattutto c’è la sedicente ONG dei fantomatici “Caschi Bianchi”, che spergiurano sulle responsabilità dell’attacco. Presunto fino a prova contraria, perché al di fuori della loro parola non ci sono altre evidenze…
«Per mesi i media occidentali hanno riempito gli schermi con le loro immagini, mentre salvavano vittime della guerra, diffondendo le loro dichiarazioni come la Verità Assoluta e facendone degli eroi senza macchia.
Statistiche: stessa bambina ad usum fotografi, tre “soccorritori”, salvata tre volte in tre giorni diversi.
Peccato che nessuno dica che i Caschi Bianchi, o meglio White Helmets, sia un’organizzazione con sede in Turchia fondata da James Le Mesurier, un ex ufficiale inglese tutt’ora in stretti rapporti con l’Intelligence britannico. Né dica che i Caschi Bianchi siano sovvenzionati (largamente) dal Governo inglese (12,5 ml di sterline nel 2016, ma erano 32 nel 2013, e questi sono solo fondi “ufficiali”), da società dell’onnipresente Soros (13 ml di dollari) e dagli Stati Uniti tramite l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (23 ml di dollari), oltre che da diversi Paesi occidentali grazie alle pressioni di Usa ed Inghilterra. Come pure, nessuno ha mai trovato singolare che i Caschi Bianchi operino esclusivamente nei territori controllati da Al-Nusra (ovvero Al-Qaeda) e perfino dell’Isis. D’altronde, uno dei suoi capi, Mosab Obeidat, è noto per aver svolto il ruolo di mediatore per rifornire i “ribelli” di armi e munizioni (i rapporti parlano di un “affare” da 2,2 ml di dollari).
Con simili premesse, è singolare che i Caschi Bianchi siano considerati una delle fonti più attendibili per ogni tipo di accusa lanciata contro il Governo siriano e i suoi alleati. E di accuse ne hanno lanciate un’infinità, sempre a senso unico, sempre più “drammatiche”, scagliate nella speranza che la reazione delle opinioni pubbliche occidentali, perché per esse erano confezionate, fermassero l’offensiva di Damasco che stava sgretolando i terroristi.
Eppure, le denunce che i Caschi Bianchi non siano un organismo indipendente ma fornisca servizi medici e supporto ai terroristi, oltre a mettere in atto una sistematica campagna di disinformazione contro il Governo siriano, sono tante.
[…] In realtà, la saga dei Caschi Bianchi non deve stupire e non è affatto l’unica; insieme c’è il sedicente “Osservatorio siriano per i diritti umani”, da sempre voce dei “ribelli”, con sede a Londra e diretto da Rami Abdel Rahman che vive a Coventry, vicino agli ambienti (ed ai finanziamenti) dei Servizi britannici. E ancora, c’è l’infinita serie di appelli che hanno inondato i social da Aleppo; profili farlocchi che raccontavano d’essere comuni cittadini che invocavano l’intervento dell’Occidente, salvo scoprirsi dopo uomini legati ai “ribelli”.
Per tutte vale la storia di Bilal Abdel Kareem, un giornalista accreditato fra i terroristi di Aleppo Est, conosciuto per aver intervistato i capi di Al-Nusra; una personalità assai in vista fra i “ribelli” che si spacciava per espressione della “società civile”.»“Siria, Caschi Bianchi e menzogne“
(24/12/2016)
Con ogni evidenza, l’instabilità della Siria e la recrudescenza terroristica conviene a molti…
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Posted in Kulturkampf, Risiko! with tags Arabia Saudita, Bosnia, Fronte al-Nusra, Guerra, ISIS, Jabhat Fatah al-Sham, Kunduz, Liberthalia, Media, Medio Oriente, MSF, Omran Daqneesh, Propaganda, Russia, Salafiti, Siria, stato islamico, Turchia, USA, Yemen on 20 agosto 2016 by SendivogiusIn Siria i “ribelli moderati” stanno perdendo la guerra. O quantomeno le cose non vanno esattamente secondo le aspettative dei principali sponsor di questi fieri guerrieri della libertà, che giocano al medioevo in una pletora di formazioni monotematiche: da Jaysh al-Islam (“Esercito dell’Islam”) a Jaysh al-Jihad (“Esercito della Jihad”); dalla “Armata dei Mujahedeen” alla “Unione islamica dei combattenti del Levante” (Islami Ajnad al-Sham); da Fatah al Islam a Jabhat Ansar al-Islam; dal “Fronte islamico” a Sham al-Islam… convenuti in Siria (al-Sham appunto) sotto i bandieroni neri della sharia, finalmente ripristinata quale unica legge dello stato (islamico) e tutti generosamente finanziati da indefessi campioni della democrazia votati alla laicità, come le monarchie del Golfo arabico e la sempre prodiga Turchia di Erdogan che negli anni non ha certo lesinato le armi e la fornitura di ordigni chimici (a tutt’oggi gli unici ad essere stati usati). Ovviamente, tra i compagni di merende beneficiati da patenti democratiche, dispensate con estrema prodigalità, non vanno dimenticati i galantuomini di Jabhat Fatah al-Sham (“Fronte per la conquista del Levante”), meglio conosciuto come Fronte (Jabhat) al-Nusra, e già costola siriana di al-Qaeda, nella giostra di formazioni salafite che entrano ed escono dalla porta girevole del sedicente “califfato”, tramite il gioco trasversale delle alleanze di comodo. Evidentemente, il cambio di nome è funzionale alla ritrovata verginità “moderata” [QUI], nella fiducia di poter avere insospettabili protezioni sotto cui agire.
La nuova Siria democratica:
A sinistra, miliziano di Jabhat al-Nusra.
Al centro, miliziano dell’Isis.
A destra, miliziano del Fronte Islamico.
Trova le differenze…
Trattasi di quella sincera opposizione democratica, mediaticamente impresentabile, e che quindi bisogna rilanciare in qualche modo presso il grande pubblico che giustamente ne diffida con ragioni più che fondate.
La libera opposizione siriana si batte per la democrazia, per i diritti delle donne, per la libertà e una società più laica.
Questo perché fortunatamente tra le opinioni occidentali esiste ancora una sana repulsione verso chi taglia teste, come neanche nella Francia di Robespierre, distrugge i monumenti islamicamente non conformi e devasta con gusto gli antichissimi monasteri cristiani; imburqa le donne nei territori ‘liberati’ e ostenta i cadaveri dei nemici maciullati in compiaciuta esibizione di sé.
Pertanto, bisognava assolutamente rilanciare l’appeal di simili
figuri in seria crisi di immagine, confezionando per loro un qualche pedigree accettabile… operazione già disperata di suo… infine ammansire gli scettici che ne biasimano le gesta e magari giustificare la prossima “ingerenza umanitaria” (a suon di bombe) nel conflitto siriano, per sostituire il regime nazionalsocialista di Assad con uno persino peggiore, purché sia in funzione anti-russa, secondo le linee guida della nuova guerra fredda e che ha in quella Hillary Clinton in corsa alla Casa Bianca il suo alfiere più convinto.
Nell’attesa, c’è già chi parla di “intervento umanitario” come in Bosnia o in Kosovo… E peccato solo per il fatto che i due staterelli artificiali precocemente falliti si siano trasformati in campi di addestramento terroristici a cielo aperto, per la penetrazione salafita in Europa; ampiamente conosciuti e tollerati, nella sostanziale acquiescenza della NATO che pure dovrebbe presidiarne il territorio.
Che l’ISIS non sia mai stato un vero problema dell’Amministrazione USA è reso evidente dalla leggerezza con cui il fenomeno è stato ampiamente sottovalutato e lasciato crescere a dismisura, fintanto che poteva tornare utile nel great game mediorientale e ridisegnare le sfere geopolitiche di influenza. Adesso che il Dipartimento di Stato sta approntando i preparativi per la prossima guerra, bisogna predisporre il terreno emotivo per rendere più digeribile il nuovo conflitto, presso un’opinione pubblica quanto mai perplessa, data la natura dei nuovi “alleati”.
E quindi cosa c’è di meglio dell’uso strumentale dell’ennesimo infante flagellato dagli orrori della guerra?!?
Perché va da sé che i bombardamenti non sono tutti uguali. Per esempio, quelli perpetrati sullo Yemen, meglio se contro scuole e ospedali eletti ad obiettivi privilegiati dell’aviazione saudita, opportunamente rifornita di bombe dalle grandi democrazie occidentali (Italia in primis), non fanno assolutamente notizia.
Lo Yemen è lontano; scarseggiano le coperture mediatiche; non produce flussi di profughi a getto continuo (e dove mai potrebbero fuggire, chiusi come sono tra il deserto arabico e l’Oceano Indiano?). La sua popolazione poi è scarsamente fotogenica (forse) e non interessa agli specialisti del pietismo telecomandato.
L’attacco sistematico delle strutture sanitarie costituisce d’altronde l’ultima grande novità delle guerre asimmetriche del nuovo millennio. A tutt’oggi resta insuperata la distruzione dell’ospedale di Kunduz in Afghanistan, gestito da “Medici senza frontiere”, e spazzato via dalle bombe intelligenti della USAF che, compiuta la missione, ha subito assolto se stessa, salvo preoccuparsi dei raid russi in Siria e non perdendo mai occasione di denunciare i crimini di guerra (degli altri).
Al netto delle ipocrisie, l’ineffabile Edward Luttwak, con tutta la consueta simpatia che ne contraddistingue le apparizioni pubbliche, ha sciolto ogni equivoco ribadendo come un ospedale che cura tutti i feriti senza distinzioni di fronte si configura come un legittimo obiettivo militare, con buona pace degli ultimi duecento anni di convenzioni belliche comunemente accettate, che mai avevano messo in discussione il ruolo universale delle strutture sanitarie in zona di guerra.
Il dio biblico degli eserciti benedica dunque quest’uomo, che ha la capacità di dire le più ciniche abnormità, senza che nulla sfiori mai la sua spietata imperturbabilità!
Pertanto, il cannoneggiamento degli ospedali si configura come crimine variabile, a seconda di chi distrugge cosa, della latitudine, e degli schieramenti di appartenenza, nell’ambito assai flessibile dei “danni collaterali”.
Anche l’uso di bombarde improvvisate da parte del “libero esercito siriano”, che sparano a casaccio bomboloni caricati a mitraglia nei quartieri alawiti (e cristiani) delle città siriane, rientra nell’alveo delle operazioni militari moralmente corrette e strategicamente ineccepibili.
Ci sono inoltre immagini ‘crude’ che possono essere mostrate, sbattute in prima pagina su tutti i quotidiani, ed altre invece no. Altrimenti bisognerebbe gettare nel pastone mediatico anche i neonati seppelliti vivi sotto le macerie di Gaza, i bambini devastati dalle schegge, durante i “bombardamenti chirurgici” dell’esercito israeliano. Ma non sarebbe opportuno…
Luglio 2014. Operazione “Margine di protezione”.
Israele bombarda i ‘terroristi’ di Hamas.
Se volete vedere una vera galleria degli orrori, disgustarvi sarebbe fin troppo facile…
Ma è assai sconveniente per i media embedded proporre immagini non compatibili con le loro narrazioni funzionali.
In fondo, la strategia di propaganda aveva già ripagato nel caso del piccolo Aylan: il bimbo curdo adagiato cadavere tra i flutti del bagnasciuga dai solerti gendarmi turchi ad usum fotografi, appositamente fatti convenire sul luogo dello scempio.
L’immagine, una volta introiettata in ‘Occidente’ e oltre, è stata subito trasformata da tragedia in farsa, che gli istrionici coglioni non mancano proprio mai…



Datemi un cazzo di bulldozer!!
In compenso, accesi i riflettori sul caso, la cosa ha permesso al sultano di Ankara, tra le altre, di intascare a fondo perduto i miliardi di una UE supina ai ricatti di un infame dittatorello asiatico, che ormai usa la Germania come il suo personale parco giochi, mentre nei distretti orientali dell’Anatolia (gli stessi che un secolo fa videro il genocidio degli Armeni e degli Assiro-Caldei) continua indisturbata la spietata repressione delle popolazioni curde (come il piccolo Aylan e la sua famiglia).
Al contempo, notizie come questa QUI non conquistano la prima pagina dei giornali, sempre per quella questione di opportunità, alleanze, e presentabilità.
È la stampa bellezza. E tu puoi fare molto più di niente…
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Orange is a new Revolution
Posted in Risiko! with tags Caos, CIA, Colpo di Stato, Cultura, Destabilizzazione, Esteri, Freedom House, Geopolitica, Golpe, Informazione, Liberthalia, Media, Medio Oriente, Mondo, Noam Chomsky, Rivoluzione di velluto, Rivoluzioni arancioni, Russia, Siria, Ucraina, USA on 12 ottobre 2015 by SendivogiusC’era una volta un Presidente che (bontà sua!) credeva davvero le rivoluzioni nascessero su internet e si sviluppassero a colpi di tweet (o negli account di finti blogger dissidenti), per correre libere su verdi praterie di dollari fruscianti e sbocciare un po’ come i fiori, dai quali di volta in volta prendono il nome (tulipani, rose, gelsomini..). Peccato che poi il bouquet floreale sia destinato ad appassire in fretta, per lasciare il posto a ben altro…
Tuttavia, almeno nella fase preliminare, basta scegliersi un colore (di preferenza l’arancione); confezionarsi in casa i movimenti, meglio se assemblati in serie presso la Pickle Factory di Langley; esportare il prodotto in un accattivante
involucro di velluto e allegare il Manuale universale di istruzioni pronto uso. Creati i “rivoluzionari digitali” da esportazione in franchising, una volta sul posto il lavoro viene generalmente appaltato in conto terzi specializzati nel settore.
Et voilà! Le coup d’etat c’est servi. Rapido, possibilmente indolore, sostanzialmente pulito.
Certo, non sempre tutte le ciambelle riescono col buco. E spesso bisogna accontentarsi di quello che offre il mercato locale, per assemblare produzioni non del tutto riuscite con pezzi scadenti…

Nazisti liberati dell’Ucraina democratica
Ma in fondo i demiurghi non ci si sono mai preoccupati troppo della natura del referente finale, fintanto questi si è rivelato uno zelante esecutore delle loro direttive…

Cile 1973. Insediamento dell’amico Pinochet
Altre volte invece il risultato va persino contro le peggiori aspettative, per esiti catastrofici.

Ribelle moderato nella Siria liberata
Succede; specialmente quando si gioca agli apprendisti stregoni con le rivoluzioni a primavera.
Per fortuna, a presentare la mercanzia sotto la luce migliore, provvederanno i riflettori dei media reclutati per l’occasione, con servizi ritagliati su misura del travestimento, tramite la fabbricazione del consenso. Meglio se si tratta di “fondazioni no-profit” e ONG “indipendenti”, nell’illusione di non dare troppo nell’occhio se non fosse per l’indirizzo di riferimento: la USAID, il National Endowment for Democracy, l’International Republican Institute, il National Democratic Institute for International Affairs… Perché a ben vedere tutte le rivoluzioni (e massimamente l’iride colorata di quelle vellutate) portano a Washington…
Del mazzo fa parte anche la “Freedom House”, in Italia particolarmente nota per le pagelline sulla libertà di stampa che vengono fatte rimbalzare con furiosissimo sdegno dai vari giornalini anti-casta, trasmissioni-denuncia, e siti di “controinformazione alternativa”, senza che nessuno si interroghi mai su chi stila certe (improbabili) classifiche.
«Freedom House, la cui fondazione risale agli inizi degli Anni ’40, ha avuto collegamenti con la “World Anticommunist League”, “Resistance International”, con organismi del governo degli Stati Uniti come “Radio free Europe” e la CIA, ed ha a lungo servito come braccio di propaganda virtuale del governo e dell’ala destra internazionale…….
[Negli Anni ‘80] Ha speso notevoli risorse per criticare i media per l’insufficiente sostegno alla politica estera degli Stati Uniti e per le critiche troppo dure ai loro stati clienti. In questo ambito, la sua pubblicazione più significativa è stata “Big Story” di Peter Braestrup, in cui si sostiene che la presentazione negativa che i media hanno dato dell’offensiva del Tet ha contribuito a far perdere agli USA la guerra in Vietnam. L’opera è una parodia dell’opera di studio, ma la sua premessa è molto più interessante: che i mass media non solo devono sostenere ogni avventura del governo nazionale all’estero, ma devono farlo con entusiasmo giacché tali imprese sono nobili a prescindere.»Edward S. Herman & Noam Chomsky
“La Fabbrica del Consenso”
(1988)