Con raro tempismo, in merito all’articolo “ONORE AL MERITO”, siamo stati contatti dall’ufficio legale del Gruppo Sipro, cha ha voluto omaggiarci con una letterina dal sapore vagamente intimidatorio, minacciando rappresaglie legali, in mancanza di una meglio circostanziata esposizione delle proprie obiezioni. Non dubitiamo che presto riceveremo altra copiosa corrispondenza da parte di ulteriori ‘soggetti’…
Per la gioia dei lettori, riportiamo il testo integrale della diffida, che ad ogni modo potete leggere nella copia dell’originale QUI:
Raccomandata A/R a mezzo pec a fortezza_bastiani@hotmail.com
Oggetto: articolo “ONORE AL MERITO”Seguitando l’articolo di cronaca in oggetto emarginato, si rende utile quanto giuridicamente fondato rappresentare alcune oggettive considerazioni.:
• che è comparso sul Vs. sito un articolo nel quale la scrivente società è stata inserita in varie inchieste giudiziarie che si sarebbero svolte in un non meglio precisato passato e che tali affermazioni sono infondate e pertanto non corrispondenti al vero;
• che a margine dell’articolo è presente il logo della nostra azienda, per il quale non ci è stato richiesto nessun permesso a norma di legge.
Invero nel contestare il contenuto delle vostre affermazioni, peraltro in sfregio ai più elementari principi di diritto, poiché né la SIPRO, né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato. Per mero tuziorismo si precisa, laddove ce ne fosse per l’ennesima volta bisogno, che la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato. In difetto saremo costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata.
Nel segnalare i gravi danni che una tale pubblicità negativa può arrecare alla ns. immagine, al nostro lavoro e ai nostri dipendenti, siamo, pertanto, con la presente a richiedere IMMEDIATA rimozione del logo appartenente alla nostra azienda e dell’articolo in oggetto.
Ogni ritardo nell’esecuzione di quanto richiesto, sarà da noi considerato di rilevanza legale ai fini del risarcimento del danno subito.Con perfetta osservanza.
SIPRO Sicurezza Professionale s.r.l.
Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali
Sarà bene precisare, che nessuno impedisce ai diretti interessati di esercitare il loro legittimo “diritto di replica” ed esplicitare tutte le “oggettive considerazioni” che riterranno opportune.
Sarà altrettanto opportuno ribadire che “rettifica” non è un termine equipollente a “censura”. Le minacce (di natura ‘legale’) non rendono più convincente, né più credibile, un’obiezione; in compenso, chiariscono meglio di qualsiasi altra parola la reale natura di chi se ne fa promotore…
Abbiamo rimosso il logo aziendale (bastava anche la parolina magica: ‘per favore’), che “in sfregio ai più elementari principi di diritto” circola ovunque e sui siti più disparati.
Invece, sarà il caso di sollevare qualche obiezione sulla “immediata rimozione dell’articolo in oggetto” (la risposta è NO!)…
Per mero tuziorismo, onde cautelarsi da pretestuose richieste di risarcimento per danni presunti e tutti da dimostrare, nella pubblicazione incriminata ci si è limitati a citare testualmente, con tanto di virgolettato, una serie di inchieste giornalistiche pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali. Si tratta di articoli a mezzo stampa, di pubblico dominio e reperibili da chiunque.
Se l’ufficio legale della Vs azienda fosse stato altrettanto attento nella lettura, così come si è dimostrato solerte nelle minacce, avrebbe notato che ad ogni citazione viene scrupolosamente riportata la fonte: Autore, Titolo, Data di pubblicazione e link (collegamento ipertestuale) del testo originario a tutt’oggi consultabile da chiunque.
Per praticità di consultazione, riportiamo gli articoli citati (se cliccate sulla scritta in rosso, vi si apre la paginetta web in questione), dai quali le informazioni non sono desunte bensì riportate alla lettera:
“Segreti e appalti milionari; gli affari del re dei vigilantes”
di Luca Fazzo
La Repubblica – (13 Marzo 2006)“I boss della vigilanza”
a cura di Paolo Forcellini
L’Espresso – (09 Ottobre 2006)
Non si capisce dunque perché gli uffici della Sipro non si siano sentiti “costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata” nei confronti, per esempio, del Gruppo editoriale L’Espresso, “per quanto pretestuosamente affermato”. Forse perché la pretesa è completamente destituita di fondamento?
Magari le Lor Signorie sono convinte (sbagliando) che, in questo caso, sia molto più facile intimorirci, prendendosi una soddisfazione postuma e ignorando che, alla peggio, chiuso un sito se ne riapre subito un altro.
Ma passiamo alle doverose “rettifiche”:
“né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato.”
Invero, nell’articolo in oggetto non si è mai parlato della governance aziendale e tanto meno si è messa in discussione la serietà e la professionalità dei dipendenti Sipro, che in alcun modo sono stati fatto oggetto della benché minima allusione.
Negli estratti giornalistici, che ci siamo limitati a riportare, si parlava solo ed unicamente dei Fratelli Di Gangi, sui quali peraltro ci siamo risparmiati ogni personale considerazione. Ovviamente, per mero tuziorismo.
“la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato.”
Visto che le Lor Signorie insistono tanto, sarà meglio andare per ordine…
In riferimento a quanto affermato nell’articolo di Luca Fazzo (La Repubblica del 13/03/06), a meno che non si tratti di una vistosa omonimia (basta confermarlo), il nome di Vittorio Di Gangi compare nell’Ordinanza di Rinvio a giudizio (N.1164/87A G.I.) del giudice istruttore Otello Lupacchini, contro membri e fiancheggiatori della c.d. “Banda della Magliana”.
Nella fattispecie concreta, Vittorio Di Gangi viene esplicitamente menzionato da Fabiola Moretti, legata sentimentalmente a Danilo Abbruciati (trait d’union della Banda, tra criminalità organizzata e mafia, eversione neofascista e Loggia P2).
Riportiamo testuale dall’interrogatorio reso il 08/06/1994 da Fabiola Moretti e contenuto nell’Ordinanza del giudice Lupacchini:
«Ricordo anche, a tal proposito, che prima della carcerazione di Danilo ABBRUCIATI per i sequestri di persona, con lui frequentavamo anche delle case nelle quali si giocava a “chemin”, frequentate anch’esse da Franco GIUSEPPUCCI: Danilo non giocava, ma presenziava al gioco. Altro frequentatore delle bische in questione, dislocate tra l’altro, al Tuscolano ed all’Alberone, era il “Nasca”, del quale non ricordo le generalità, ma di nome Vittorio, un individuo “ciccione”, il quale oggi è ricco sfondato e che, attualmente, dovrebbe essere detenuto per una storia di cocaina [l’imputata si riferisce a Vittorio DI GANGI, soprannominato, appunto, il “Nasca”. Nel Rapporto n. 3489/2-175 “P” redatto dai Carabinieri del Nucleo investigativo in data 14.01.79 si riferiva, a proposito del sequestro del duca Massimiliano GRAZIOLI LANTE della ROVERE: <<Nel febbraio 1978, fonte confidenziale ha indicato in GIUSEPPUCCI Franco (detto “Franco er Negro”) uno degli autori del sequestro di GRAZIOLI Massimiliano.
Da accertamenti condotti e dall’evolversi degli avvenimenti si è appreso che esistono collegamenti fra… Giulio GRAZIOLI, Luciano LENZI ed Enrico MARIOTTI.
Tali collegamenti si concretizzano come segue:
1^)-Il GIUSEPPUCCI e’ stato assiduo frequentatore della sala corse di proprietà del MARIOTTI, sita in Ostia. La circostanza e’ stata confermata dal MARIOTTI medesimo (pg. 43 R.G. nr. 3489/2-153 del 14.04.78) in sede di s.i.t.. Tra i frequentatori delle sue sale corse, il MARIOTTI ha altresì indicato DI GANGI Vittorio, detto “Er Nasca”, (già segnalato nel R.G. 26.02.78), identificato alle ore 03,15 del 10.01.77 – ovvero 3 gg. dopo il sequestro GRAZIOLI – mentre, in compagnia di STRIPPOLI Vincenzo, si aggirava nei pressi di questa caserma.
Il GIUSEPPUCCI ed il DI GANGI si conoscono molto bene e sono entrambi abituali frequentatori, oltre che di sale corse, anche di bische clandestine…-].»
Le Signorie Vostre vorranno di certo precisare, a scanso di fastidiosi equivoci, trattasi di un sicuro caso di omonimia, che tanti danni ha arrecato all’immagine pubblica della Famiglia Di Gangi.
Sicuramente, è l’ennesima omonimia anche l’arresto per usura di tal Vittorio Di Gangi, avvenuto il 09/05/2012 a Roma, ad opera della Direzione investigativa antimafia, e della cui notizia è possibile leggere QUI, ma anche QUI dove si può tra l’altro vedere il filmino del blitz.
Lo spiacevole equivoco, generatosi in seguito all’arresto, deve essere stato davvero notevole, visto che è stata sollevata persino un’interpellanza parlamentare al Ministro dell’Interno (23/05/2012; seduta n.637):
Interrogazione a risposta scritta 4-16233 presentata da JEAN LEONARD TOUADI
Mercoledì 23 Maggio 2012, seduta n.637
TOUADI e VELTRONI. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:
nell’ambito delle indagini coordinate dalla DDA di Roma, il 9 maggio 2012, su un vasto giro di usura, è stato arrestato Vittorio Di Gangi; secondo quanto riportato dalla stampa al Di Gangi sarebbe riferibile la società di vigilanza SIPRO;la SIPRO risulta sia stata oggetto di parere negativo, da parte del prefetto di Roma pro tempore, in ordine al rilascio della certificazione antimafia ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, come risulta dal decreto della prefettura di Roma n. 8634 area I-bis o.s.p. del 6 febbraio 2007 e dal verbale n. 4 del 2007 della prefettura di Roma relativo alla riunione di coordinamento delle Forze di polizia tenutasi in data 2 febbraio 2007;
la società di vigilanza sopra citata faceva ricorso al giudice amministrativo;
dopo un primo giudizio del Tar, che accoglieva le doglianze della SIPRO, il Consiglio di Stato sospendeva la sentenza del tribunale amministrativo di prima istanza riconoscendo valide le ragioni della prefettura con l’ordinanza 2365 del 13 maggio del 2009;
allo stato pertanto risulterebbe ancora in vigore l’interdittiva antimafia atipica nei confronti della società di vigilanza sopra indicata;
secondo quanto pubblicato sul sito web della società la suddetta svolge i suoi servizi per il Ministro della Difesa, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Rai, il Comune di Roma, Equitalia, INAIL, l’Agenzia del territorio, ANAS, INPS, la regione Lazio ed altri enti -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti, se tali fatti corrispondano al vero e quali iniziative intenda intraprendere e se sia noto al Ministro se altri ministeri ed enti pubblici intendano rescindere i contratti con la società in questione. (4-16233)