Archivio per Sipro

ATTENTI AL CENSORE!

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 agosto 2012 by Sendivogius

Con raro tempismo, in merito all’articolo ONORE AL MERITO, siamo stati contatti dall’ufficio legale del Gruppo Sipro, cha ha voluto omaggiarci con una letterina dal sapore vagamente intimidatorio, minacciando rappresaglie legali, in mancanza di una meglio circostanziata esposizione delle proprie obiezioni. Non dubitiamo che presto riceveremo altra copiosa corrispondenza da parte di ulteriori ‘soggetti’…
Per la gioia dei lettori, riportiamo il testo integrale della diffida, che ad ogni modo potete leggere nella copia dell’originale QUI:

Raccomandata A/R a mezzo pec a fortezza_bastiani@hotmail.com
Oggetto: articolo “ONORE AL MERITO”

Seguitando l’articolo di cronaca in oggetto emarginato, si rende utile quanto giuridicamente fondato rappresentare alcune oggettive considerazioni.:

• che è comparso sul Vs. sito un articolo nel quale la scrivente società è stata inserita in varie inchieste giudiziarie che si sarebbero svolte in un non meglio precisato passato e che tali affermazioni sono infondate e pertanto non corrispondenti al vero;

• che a margine dell’articolo è presente il logo della nostra azienda, per il quale non ci è stato richiesto nessun permesso a norma di legge.

Invero nel contestare il contenuto delle vostre affermazioni, peraltro in sfregio ai più elementari principi di diritto, poiché né la SIPRO, né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato. Per mero tuziorismo si precisa, laddove ce ne fosse per l’ennesima volta bisogno, che la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato. In difetto saremo costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata.
Nel segnalare i gravi danni che una tale pubblicità negativa può arrecare alla ns. immagine, al nostro lavoro e ai nostri dipendenti, siamo, pertanto, con la presente a richiedere IMMEDIATA rimozione del logo appartenente alla nostra azienda e dell’articolo in oggetto.
Ogni ritardo nell’esecuzione di quanto richiesto, sarà da noi considerato di rilevanza legale ai fini del risarcimento del danno subito.

Con perfetta osservanza.

SIPRO Sicurezza Professionale s.r.l.
Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali

Sarà bene precisare, che nessuno impedisce ai diretti interessati di esercitare il loro legittimo “diritto di replica” ed esplicitare tutte le “oggettive considerazioni” che riterranno opportune.
Sarà altrettanto opportuno ribadire che “rettifica” non è un termine equipollente a “censura”. Le minacce (di natura ‘legale’) non rendono più convincente, né più credibile, un’obiezione; in compenso, chiariscono meglio di qualsiasi altra parola la reale natura di chi se ne fa promotore…

Abbiamo rimosso il logo aziendale (bastava anche la parolina magica: ‘per favore’), che “in sfregio ai più elementari principi di diritto” circola ovunque e sui siti più disparati.
Invece, sarà il caso di sollevare qualche obiezione sulla immediata rimozione dell’articolo in oggetto (la risposta è NO!)

Per mero tuziorismo, onde cautelarsi da pretestuose richieste di risarcimento per danni presunti e tutti da dimostrare, nella pubblicazione incriminata ci si è limitati a citare testualmente, con tanto di virgolettato, una serie di inchieste giornalistiche pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali. Si tratta di articoli a mezzo stampa, di pubblico dominio e reperibili da chiunque.
Se l’ufficio legale della Vs azienda fosse stato altrettanto attento nella lettura, così come si è dimostrato solerte nelle minacce, avrebbe notato che ad ogni citazione viene scrupolosamente riportata la fonte: Autore, Titolo, Data di pubblicazione e link (collegamento ipertestuale) del testo originario a tutt’oggi consultabile da chiunque.

Per praticità di consultazione, riportiamo gli articoli citati (se cliccate sulla scritta in rosso, vi si apre la paginetta web in questione), dai quali le informazioni non sono desunte bensì riportate alla lettera:

“Segreti e appalti milionari; gli affari del re dei vigilantes”
di Luca Fazzo
La Repubblica – (13 Marzo 2006)

“I boss della vigilanza”
a cura di Paolo Forcellini
L’Espresso – (09 Ottobre 2006)

Non si capisce dunque perché gli uffici della Sipro non si siano sentiti “costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata” nei confronti, per esempio, del Gruppo editoriale L’Espresso, “per quanto pretestuosamente affermato”. Forse perché la pretesa è completamente destituita di fondamento?
Magari le Lor Signorie sono convinte (sbagliando) che, in questo caso, sia molto più facile intimorirci, prendendosi una soddisfazione postuma e ignorando che, alla peggio, chiuso un sito se ne riapre subito un altro.
Ma passiamo alle doverose rettifiche:

né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato.

Invero, nell’articolo in oggetto non si è mai parlato della governance aziendale e tanto meno si è messa in discussione la serietà e la professionalità dei dipendenti Sipro, che in alcun modo sono stati fatto oggetto della benché minima allusione.
Negli estratti giornalistici, che ci siamo limitati a riportare, si parlava solo ed unicamente dei Fratelli Di Gangi, sui quali peraltro ci siamo risparmiati ogni personale considerazione. Ovviamente, per mero tuziorismo.

la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato.”

Visto che le Lor Signorie insistono tanto, sarà meglio andare per ordine…
In riferimento a quanto affermato nell’articolo di Luca Fazzo (La Repubblica del 13/03/06), a meno che non si tratti di una vistosa omonimia (basta confermarlo), il nome di Vittorio Di Gangi compare nell’Ordinanza di Rinvio a giudizio (N.1164/87A G.I.) del giudice istruttore Otello Lupacchini, contro membri e fiancheggiatori della c.d. “Banda della Magliana”.
Nella fattispecie concreta, Vittorio Di Gangi viene esplicitamente menzionato da Fabiola Moretti, legata sentimentalmente a Danilo Abbruciati (trait d’union della Banda, tra criminalità organizzata e mafia, eversione neofascista e Loggia P2).
Riportiamo testuale dall’interrogatorio reso il 08/06/1994 da Fabiola Moretti e contenuto nell’Ordinanza del giudice Lupacchini:

«Ricordo anche, a tal proposito, che prima della carcerazione di Danilo ABBRUCIATI per i sequestri di persona, con lui frequentavamo anche delle case nelle quali si giocava a “chemin”, frequentate anch’esse da Franco GIUSEPPUCCI: Danilo non giocava, ma presenziava al gioco. Altro frequentatore delle bische in questione, dislocate tra l’altro, al Tuscolano ed all’Alberone, era il “Nasca”, del quale non ricordo le generalità, ma di nome Vittorio, un individuo “ciccione”, il quale oggi è ricco sfondato e che, attualmente, dovrebbe essere detenuto per una storia di cocaina [l’imputata si riferisce a Vittorio DI GANGI, soprannominato, appunto, il “Nasca”. Nel Rapporto n. 3489/2-175 “P” redatto dai Carabinieri del Nucleo investigativo in data 14.01.79 si riferiva, a proposito del sequestro del duca Massimiliano GRAZIOLI LANTE della ROVERE: <<Nel febbraio 1978, fonte confidenziale ha indicato in GIUSEPPUCCI Franco (detto “Franco er Negro”) uno degli autori del sequestro di GRAZIOLI Massimiliano.
Da accertamenti condotti e dall’evolversi degli avvenimenti si è appreso che esistono collegamenti fra… Giulio GRAZIOLI, Luciano LENZI ed Enrico MARIOTTI.
Tali collegamenti si concretizzano come segue:
1^)-Il GIUSEPPUCCI e’ stato assiduo frequentatore della sala corse di proprietà del MARIOTTI, sita in Ostia. La circostanza e’ stata confermata dal MARIOTTI medesimo (pg. 43 R.G. nr. 3489/2-153 del 14.04.78) in sede di s.i.t.. Tra i frequentatori delle sue sale corse, il MARIOTTI ha altresì indicato DI GANGI Vittorio, detto “Er Nasca”, (già segnalato nel R.G. 26.02.78), identificato alle ore 03,15 del 10.01.77 – ovvero 3 gg. dopo il sequestro GRAZIOLI – mentre, in compagnia di STRIPPOLI Vincenzo, si aggirava nei pressi di questa caserma.
Il GIUSEPPUCCI ed il DI GANGI si conoscono molto bene e sono entrambi abituali frequentatori, oltre che di sale corse, anche di bische clandestine…-].»

Le Signorie Vostre vorranno di certo precisare, a scanso di fastidiosi equivoci, trattasi di un sicuro caso di omonimia, che tanti danni ha arrecato all’immagine pubblica della Famiglia Di Gangi.
Sicuramente, è l’ennesima omonimia anche l’arresto per usura di tal Vittorio Di Gangi, avvenuto il 09/05/2012 a Roma, ad opera della Direzione investigativa antimafia, e della cui notizia è possibile leggere QUI, ma anche QUI dove si può tra l’altro vedere il filmino del blitz.
Lo spiacevole equivoco, generatosi in seguito all’arresto, deve essere stato davvero notevole, visto che è stata sollevata persino un’interpellanza parlamentare al Ministro dell’Interno (23/05/2012; seduta n.637):

Interrogazione a risposta scritta 4-16233 presentata da JEAN LEONARD TOUADI
Mercoledì 23 Maggio 2012, seduta n.637
TOUADI e VELTRONI. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:
nell’ambito delle indagini coordinate dalla DDA di Roma, il 9 maggio 2012, su un vasto giro di usura, è stato arrestato Vittorio Di Gangi; secondo quanto riportato dalla stampa al Di Gangi sarebbe riferibile la società di vigilanza SIPRO;

la SIPRO risulta sia stata oggetto di parere negativo, da parte del prefetto di Roma pro tempore, in ordine al rilascio della certificazione antimafia ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, come risulta dal decreto della prefettura di Roma n. 8634 area I-bis o.s.p. del 6 febbraio 2007 e dal verbale n. 4 del 2007 della prefettura di Roma relativo alla riunione di coordinamento delle Forze di polizia tenutasi in data 2 febbraio 2007;

la società di vigilanza sopra citata faceva ricorso al giudice amministrativo;

dopo un primo giudizio del Tar, che accoglieva le doglianze della SIPRO, il Consiglio di Stato sospendeva la sentenza del tribunale amministrativo di prima istanza riconoscendo valide le ragioni della prefettura con l’ordinanza 2365 del 13 maggio del 2009;

allo stato pertanto risulterebbe ancora in vigore l’interdittiva antimafia atipica nei confronti della società di vigilanza sopra indicata;

secondo quanto pubblicato sul sito web della società la suddetta svolge i suoi servizi per il Ministro della Difesa, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Rai, il Comune di Roma, Equitalia, INAIL, l’Agenzia del territorio, ANAS, INPS, la regione Lazio ed altri enti -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti, se tali fatti corrispondano al vero e quali iniziative intenda intraprendere e se sia noto al Ministro se altri ministeri ed enti pubblici intendano rescindere i contratti con la società in questione. (4-16233)

Onde evitare “affermazioni superficiali”, il testo originale dell’Atto è reperibile QUI e anche QUI.

L’Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali della SIPRO ha intenzione di querelare anche gli on. Vetroni e Touadi, nonché il ministro Anna Maria Cancellieri, il Parlamento che ha reso pubblico il documento, più i 4/5 dei media nazionali, per la “pubblicità negativa” ed “ai fini del risarcimento del danno subito”?!?

Tra l’altro, nella pubblica interpellanza, sepolta dalle formule ermetiche del linguaggio burocratico, sembrerebbe desumibile che la SIPRO sia sprovvista del certificato antimafia, nonostante molte delle sue commesse siano pubbliche…
Ne parla il Corriere della Sera: Il caso dei vigilantes senza certificato antimafia” [QUI].
In passato, ne aveva parlato anche Il Tempo [QUI], dove viene fatto riferimento all’Ordinanza del Consiglio di Stato del 12/05/09.
In ambito squisitamente professionale, se ne parlava invece QUI.
Nel dubbio, perché la questione è tutt’altro che chiara, siamo assolutamente certi che le Vs Signorie sapranno fare la massima chiarezza sullo scandaloso proliferare di “tali affermazioni infondate e non corrispondenti al vero”, smascherando una volta per tutte l’odioso complotto. Fino a prova contraria, è legittimo parlarne. E noi saremo felicissimi di dare la giusta risonanza al lieto evento, dimostrandoci i più leali difensori delle società ingiustamente coinvolta in questa cacofonia di rumores
Nel frattempo però, il vostro Ufficio legale avrà molto da fare pure con i forum della Polizia di Stato, che dubbi invece sembra non averne… In proposito, consigliamo una illuminante lettura QUI. Che fate? Avete intenzione di ‘diffidare’ l’universo mondo?!?

Perciò, cari signori dell’Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali, consentiteci un piccolo consiglio: il miglior modo per tutelare gli interessi della Sipro, forse consisterebbe nel cominciare a fare un po’ di chiarezza. E se equivoci ci sono stati, sarà bene dimostrarlo. La censura e le diffide solitamente non danno risposte, ma aumentano le domande, alimentando dubbi e sospetti.
Non ci piace chi cerca di metterci il bavaglio… Ci avete provato; è andata male.
Sarà meglio per tutti chiuderla qui la querelle; a noi rovistare negli archivi pubblici non costa nulla; e saremo lieti di rendere partecipi i nostri lettori di ogni nuovo documento ritrovato…

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ONORE AL MERITO!

Posted in Masters of Universe, Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 4 agosto 2012 by Sendivogius

«In linea di principio potrei anche assumere mia madre, non mi pare inopportuno»

 È quanto ha dichiarato Sveva Belviso (il 31/07/12), vicesindaco di Roma già assessore alla Politiche Sociali, in merito all’assunzione della… cognata!
Ormai, è quasi impossibile tenere il conto dell’infornata di assunzioni al Campidoglio e “chiamate dirette” nelle aziende municipalizzate del Comune. Del resto, il vero fondamento della Repubblica italiana non risiede certo nel ‘Lavoro’, bensì nella ‘Famiglia’ alla quale gli italiani (politicanti inclusi) sono estremamente legati. Per questo non se ne separano mai.
La parola magica si chiama intuitu personae; è la formula prediletta per la pronta sistemazione di parenti, famigli e sodali, nell’accogliente greppia capitolina, a prescindere da titoli e competenze e fedina penale.
Per il resto dei comuni mortali, che protettori non ne hanno o non ne cercano, le cose funzionano molto diversamente…
Per esempio, è prevista:

a) L’immunità da condanne penali o procedimenti penali in corso che impediscano la costituzione di un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.
b) L’idoneità allo svolgimento delle mansioni relative al posto da ricoprire.

Tali prescrizioni costituiscono soltanto una parte dei requisiti di ammissione, per le “procedure di selezione pubblica per titoli ed esami”, in teoria obbligatorie, per l’assunzione (tramite concorso) al Comune di Roma. E in ogni caso:

“Non possono partecipare alla procedura selettiva coloro che siano dichiarati decaduti dall’impiego per aver conseguito dolosamente la nomina, mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità insanabile [per esempio, una laurea falsa] o che abbia riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato.”

Le disposizioni sono contenute nella delibera comunale n.424 del 22/12/2009, a cura della giunta Alemanno la quale, con ogni evidenza, applica sulla carta i principi che bellamente ignora al proprio riguardo. Mentre il Civetta e la sua cricca piazzava vecchi squadristi e avanzi di galera, cubiste e semianalfabeti, ad incarichi di responsabilità, con infornate di masse e lauti stipendi, è divertente notare la scrupolosa attenzione con la quale vengono selezionati i travet comunali…

I principi che devono orientare l’azione amministrativa della P.A. nell’espletamento della funzione amministrativa sono riconducibili a tre tipologie di fonti normative (comunitarie, costituzionali, l.241/1990). Quale tra quelli indicati è individuato nel capo I della legge n. 241/1990?
A) Principio di semplificazione.
B) Principio del decentramento amministrativo.
C) Principio democratico.
D) Nessuna delle altre risposte è corretta.

Con riferimento alla realtà australiana, una delle seguenti non è tra le ragioni individuate da Savage nel 2006 per spiegare la scarsa attenzione degli operatori museali riguardo alle ricerche sul pubblico:
A) Convinzione che la missione del museo non è il pubblico ma la conservazione delle opere.
B) Convinzione di conoscere il proprio pubblico.
C) Convinzione di non poter sostenere le spese per un’indagine appropriata.
D) Mancanza di fiducia in qualsiasi tipo di ricerca sociale.

Secondo la definizione di Simona Bodo, i modelli di policy per il “museo relazionale” sono:
A) 3.
B) 4.
C) 5.
D) 6.

Con riferimento ai principi e/o criteri individuati nel Capo I della legge n. 241/1990 indicare quale affermazione sul principio della semplificazione del procedimento è corretta.
A) Per semplificazione si intende l’organizzazione del procedimento amministrativo che tende a valorizzare le esigenze di trasparenza e concentrazione dell’azione amministrativa, unitamente a quelle del giusto procedimento, attraverso l’introduzione di istituti e regole operative a tutti i livelli del procedimento.
B) Comporta che l’azione amministrativa deve svolgersi nei limiti dell’autorizzazione legislativa e nel rispetto dei principi che presiedono all’esercizio della funzione amministrativa.
C) Comporta l’obbligo per le P.A. di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso sia quando il procedimento è iniziato ad istanza di parte sia quando è iniziato d’ufficio.
D) Comporta per la P.A. l’obbligo di esporre le ragioni di fatto e di diritto (giustificazione), nonché delle ragioni che stanno alla base della determinazione assunta.

Sono alcuni dei quesiti (neanche tra i più difficili), contemplati nella prova preselettiva per il posto di Istruttore Servizi Culturali, Turistici e Sportivi al Comune di Roma, durante l’ultimo grande concorso pubblico. Sono domandine semplici, che presuppongono una certa preparazione giurisprudenziale, per un profilo professionale riservato a candidati con diploma di maturità liceale.

FOGNA SENZA FONDO
 L’incompetenza genera sempre costi supplementari. Il vantaggio di una giunta bulimica, che non riesce a controllare gli appetiti dei troppi gerarchi, è quello di poter addebitare le spese sul conto della cittadinanza. Infatti, oltre allo spropositato aumento della seconda rata dell’IMU (la più cara d’Italia), i Romani si sono visti aumentare il prezzo del biglietto di autobus e metropolitane, a fronte di un servizio trasporti che, con un pietoso eufemismo, si potrebbe definire ‘carente’. Va inoltre aggiunto l’aumento della tassa sulla (pessima) raccolta rifiuti, in una città oramai assediata dalle sue stesse immondizie. E non andrebbero dimenticati i continui disservizi di ACEA (acqua ed elettricità), che sembra sempre più incapace di emettere bollette con gli importi al consumo esatti.
E questo nonostante le migliaia di assunzioni clientelari nelle municipalizzate (tutte con i bilanci pesantemente in passivo): 1.400 assunzioni in AMA (raccolta rifiuti); 854 in ATAC (trasporto urbano), 600 assunzioni in ACEA (gestione idrica). L’aggravante risiede nel fatto che ACEA è una società quotata in borsa, che ha visto crollare in poco più di una anno i rendimenti azionari a seguito di una gestione a dir poco indecente.

Dopo aver infilato raccomandati ovunque e posto cialtroni incompetenti ai vertici aziendali, prosciugando le casse, la giunta fascista (hic et nunc e tutt’altro che post) ha provato inutilmente di svendere ACEA ai privati (leggi: Gruppo Caltagirone) e privatizzare la rete idrica nonostante l’esito del referendum sull’acqua pubblica. I palazzinari a Roma hanno sempre prosperato con le giunte di qualsiasi colore. Il loro sostegno è imprescindibile. Pertanto, coccolati i Caltagirone (e P.F.Casini, parente acquisito) non poteva certo mancare una lauta contropartita per il Gruppo Parnasi, a carico stavolta dell’ATAC. Si tratta di una delle tante sorprese lasciate in eredità dalla catastrofica gestione di Adalberto Bertucci [QUI] e che la nuova governance aziendale sta cercando disperatamente di contenere, limitando i danni fin dove possibile:

«L’ATAC ha un bilancio in rosso fisso. Eppure, l’azienda che gestisce la mobilità della Capitale, pensa a comprare una nuova sede da 24mila metri quadrati (che ancora deve essere costruita) sborsando 119 milioni di euro. Ma non solo. Decide di farlo con una modalità di pagamento che è estremamente vantaggiosa per il venditore (il fondo Sgr di BNP Baripas che ha come soggetto attuatore il gruppo di costruzioni Parnasi) e ad alto rischio per l’acquirente: un anticipo di 20 milioni e il resto in base all’avanzamento dei lavori. Un’operazione pericolosa fermata, solo per il momento, dalla nuova governance dell’Atac che è riuscita a trasformare il contratto di compravendita in un contratto di affitto. Ma il rischio resta.
[…] Decorsi 30 mesi dalla data di efficacia del contratto di affitto, infatti, il fondo che gestisce l’immobile vicino al Grande raccordo anulare può tornare a chiedere ad Atac di acquistare il complesso a 94 milioni di euro (pari alla differenza tra il nuovo prezzo ribassato e i 20 milioni versati per il canone) utilizzando anche come pagamento un’eventuale permuta. Magari proprio una delle attuali sedi, come quella strategica in via Tiburtina rimasta deserta per via del trasferimento del personale nel nuovo immobile. Operazioni finanziare ad altissimo rischio, effettuate con i soldi dei cittadini.»

Davide Desario
Il Messaggero – 03/08/2012
(Articolo integrale QUI)

Inoltre, trasformare il Campidoglio e le sue aziende in una enorme ‘casa del fascio’, per il collocamento dei camerati in disarmo e dei democristiani in transumanza, con la creazione di nuovi bacini di voto clientelare, non ha portato fortuna al podestà barese subissata da una sequenza di scandali a ciclo continuo, con cadenza settimanale.

Nell’indecente farsa senza fine della parentopoli romana, non poteva certo mancare il classico siparietto assenteista, con gli impiegati che timbrano il cartellino per poi dileguarsi. Palcoscenico di turno: ACEA.
Peccato che i due furbacchioni colti sul fatto non siano dipendenti qualsiasi… Si tratta infatti di Enrico De Castro (classe 1965) e Alessandro Causi (classe 1963), rispettivamente capo della sicurezza informatica e responsabile della vigilanza il secondo. I due utilizzavano le ore d’ufficio per dedicarsi all’autosalone di famiglia, facendosi rimborsare peraltro le “spese di trasferta” direttamente dall’ACEA.
Nel 2010 la loro assunzione, naturalmente con chiamata diretta su segnalazione (pare) del Campidoglio, a suo tempo aveva suscitato più di un mugugno scandalizzato. Il loro primo ingresso nella partecipata pubblica risale al 2008, quando imboccano entrambi con un contratto di consulenza a cinque mesi (rinnovabili), come ‘esperti della sicurezza’ per conto della “Security Service”. Di rinnovo in rinnovo, il contratto originario si trasforma in assunzione diretta a tempo indeterminato, non prima di aver intascato quasi 150.000 euro in consulenze e nonostante in Acea esistesse già una più che avviata divisione per la sicurezza. E se Enrico De Castro ha esperienze lavorative alla Ericsson ed alla British Telecom, Alessandro Causi può vantare una laurea in “Scienze Investigative” conseguita presso la famosissima Constantinian University, ateneo cattolico con sede nel Rhode Island (USA).
La prestigiosa istituzione viene costituita nel lontano agosto del 1966, da mons. Eugenio Tissarant, arcivescovo di Ostia, come Università degli Studi Costantiniana. La sede originale si trova alla Giustiniana (oscillando ai due estremi della periferia romana), ma la vocazione è internazionale e il trasferimento negli USA a partire dal 2000 solleva il presunto ateneo da fastidiose verifiche ministeriali.
Una curiosità: il ‘senato accademico’ della sedicente università vanta tra le sue “autorità” anche il gen. Amos Spiazzi. Il vecchio generale monarchico è stato un anello delle trame eversive, attraverso il quale sono passati i fili della sottile linea nera del golpismo italiano, dalla Rosa dei Venti al Golpe Borghese, dalla Strage di Piazza Fontana all’adesione alla Loggia P2 di Licio Gelli, contraddistinto da un’ambiguità di fondo mai dissolta.

Il Business delle Sicurezza
 La furbissima accoppiata Causi e De Castro, i due consulenti diventati dirigenti ma venditori d’auto a tempo pieno, sembra si avvalesse pure dei servigi degli (ex) colleghi della Security Service, ovvero l’istituto di vigilanza che ha in appalto la sicurezza di Acea.
Nella selva dei nomi più improbabili, per un’inflazione delle sigle più disparate, quello delle agenzie private per la vigilanza e per la sicurezza è un business tutto particolare, pompato da commesse quasi sempre pubbliche, quasi sempre su assegnazione politica, per stipendi miserrimi e assunzioni su ‘segnalazione’. Insieme alle cooperative di facchinaggio e di pulizie, costituiscono una riserva strategica di assunzioni clientelari. Specialmente per quanto riguarda i servizi di portierato e reception, tali agenzie costituiscono un pratico supplemento occupazionale, per la creazione di personali bacini di ritorno elettorale. È questa a Roma una pratica soprattutto ad uso UDC, come si conviene ad una specialità d’origine democristiana.
È un intreccio di rapporti sotterranei e commistioni politiche tutt’altro che limpido e con interessi non sempre leciti, nel suo impianto dalla facciata legalitaria e dall’impronta fascistoide.
La “Security Service”, dalla quale Alessandro Causi proviene e deve le sue fortune nel pubblico impiego, non è affatto sconosciuta alla cronaca recente, essendosi guadagnata una certa notorietà in ambito giudiziario…

LA CUCCAGNA SANITARIA
 Forse pochi ricordano come l’agenzia privata sia stata coinvolta nel mega-scandalo della Sanità laziale, ai tempi allegri della giunta regionale del fascistissimo Francesco Storace, che molto ha contribuito alla voragine contabile della Regione Lazio: questo nero deretano al centro della Penisola, capace di defecare da 70 anni e senza vergogna alcuni dei peggiori politicanti nazionali.
Nel corso del 2007, il NAS dei Carabinieri smantella un sistema di corruzione scientifica, che gravita attorno ad un pugno di manager pubblici e imprenditori privati, fondato sulla manipolazione delle gare d’appalto, il sovrapprezzo delle forniture ospedaliere, l’assegnazione dei servizi di vigilanza privata per i presidi ospedalieri, e i rimborsi truccati della cosiddetta sanità convenzionata.
Al centro della truffa c’è la Asl RM/C. Tra gli ospedali invischiati nello scandalo c’è il presidio dell’Addolorata (interno all’Ospedale S.Giovanni), il Sant’Eugenio, l’Istituto Zooprofilattico del Lazio, il Presidio ospedalierio Sant’Anna…
Si falsifica tutto: dai numero dei pasti forniti ai conti della lavanderia, dai rimborsi spese alla contabilità ordinaria, fino al numero dei ricoverati e delle prestazioni fornite… Dal 2002 al 2006, verranno conteggiati 280.000 degenti fantasma per ricoveri mai avvenuti.
Sono coinvolti dirigenti sanitari, imprenditori, ma anche grossi esponenti politici. Per esempio, c’è Marco Buttarelli, ex capo di gabinetto di Storace; Giulio Gargano, ex assessore ai Trasporti. Soprattutto, c’è Marco Verzaschi, transfuga democristiano specialista in riciclaggio presso il vincitore del momento: candidato in “Forza Italia” (1995), assessore alla Sanità del Lazio nella giunta regionale di Francesco Storace, eppoi riciclato nell’UDEUR di Clemente Mastella (2005), pronto per diventare sottosegretario alla Difesa nel Governo Prodi.
Tra le personalità di rilievo della truffa, c’è Anna Giuseppina Iannuzzi, soprannominata Lady Asl. Figlia di un ambulante dell’avellinese, fa la sua fortuna a Roma e insieme al marito, l’ing. Andrea Cappelli, gestisce il “Centro Romano San Michele”.
Secondo le accuse, Marco Verzaschi si sarebbe fatto versare 200.000 euro, per l’accreditamento della struttura in convenzione. Il condizionale è d’obbligo visto che non c’è una sentenza definitiva e Verzaschi ha sempre respinto ogni addebito.
Altri 200.000 euro l’onorevole se li sarebbe fatti dare, tra il 2004 ed il 2005, da Renato Mongillo, titolare della Security Service, per l’assegnazione della vigilanza privata all’Ospedale S.Giovanni. Altri 20.000 euro Mongillo li avrebbe dati a Franco Cerretti, il direttore amministrativo del S.Maria Addolorata.

Nel sistema, secondo i carabinieri, c’era anche Luigi Moriccioli, il ciclista ucciso sulla pista ciclabile nell’estate del 2007, dipendente del San Giovanni, che avrebbe collaborato con Cerretti. Altre irregolarità sarebbero emerse anche in alcuni appalti della società “Innova” presso gli ospedali Sant’Eugenio e Cto che fanno capo alla Asl RmC.

Cecilia Cirinei
L’Espresso – 10/06/2009

Luigi Moriccioli è il ciclista massacrato a Tor Di Valle, da due balordi rumeni il 17/08/2009.
Il delitto verrà poi strumentalizzato oltre ogni decenza (pareva l’avesse ammazzato Veltroni), durante la campagna elettorale di Gianni Alemanno, insieme ad qualsiasi altro fatto di cronaca nera. Salvo poi glissare ogni responsabilità per l’escalation criminale a elezione avvenuta. La figlia di Moriccioli, aveva trovato pronta candidatura nelle file di AN, come una dei “garanti per la sicurezza”. E d’altra parte le preoccupazioni securitarie del sindachetto barese sono ridotte ormai a propagandistici raid notturni contro il meretricio da marciapiede (peraltro dilagante).

SECURITY SERVICE & dintorni
Renato Mongillo è il grande accusatore. Arrestato nel Luglio del 2007 è colui che permette di scoperchiare i gangli del sistema, rivelando le corruttele politiche.

Il direttore amministrativo del S.Giovanni [Franco Cerretti] è stato incastrato da Renato Mongillo, titolare della Security Service, arrestato a luglio 2007 in uno dei filoni dell’inchiesta su Lady Asl: l’imprenditore ha rivelato di aver dato 20 mila euro a Cerretti in cambio dell’aiuto che avrebbe avuto per vincere l’appalto per la sicurezza del San Giovanni. Dopo la confessione, sono iniziate le intercettazioni telefoniche e ambientali. In quella del 2 dicembre 2007 un’impiegata spiega a una collega: «Loro li alteravano i conteggi, sia Cerretti che Moriccioli. Li alteravano perché consideravano sempre che su un letto mangiavano due persone, quello che usciva e quello che entrava. L’aggiustavano a modo loro. Carta vince e carta perde». Sarebbero stati 283.896, tra il 2002 e il 2006, i pazienti fantasma, conteggiati solo per far lievitare il costo di pasti e lenzuola.

Alessandro Fulloni e Ilaria Sacchettoni
“Tangenti in ospedale”
Corriere della Sera del 10 Giugno 2009

La collaborazione però non gli risparmia il rinvio a giudizio e una condanna di risarcimento erariale, da parte della Corte dei Conti (Sent. N.775/2011).
In pratica, la Security Service, per i suoi servizi di vigilanza, incassa dalla Asl Roma/C pagamenti non dovuti per 1.142.000 euro.

“trattandosi di interessi legali e fatture non ancora liquidate o liquidate solo parzialmente, per le quali erano stati commessi grossolani errori di calcolo, oltre che basati solo sulla documentazione presentata dalla società, senza alcun riscontro con quanto risultante agli atti della A.S.L.”

Inoltre, si legge nella sentenza che:

“gli accertamenti condotti nell’ambito di altro procedimento penale avevano riscontrato diversi episodi di corruzione in cui erano stati coinvolti gli amministratori della ASL RM/B (alcuniimprenditori mediante la corresponsione di tangenti, miravano ad ottenere l’aggiudicazione di appalti o il rinnovo di contratti per la fornitura di beni e servizi); considerato che la medesima società aveva svolto servizi di vigilanza anche per la ASL RM/C, venivano svolti accertamenti che permettevano l’emersione di ulteriori irregolarità consistenti nella emissione di falsi mandati di pagamento, formalmente registrati in favore di società contraenti con la medesima ASL, mentre di fatto le somme di denaro venivano accreditate su c/c intestati ad altre società di comodo riconducibili ai componenti del sodalizio criminale; le informazioni acquisite dai titolari delle società destinatarie dei mandati di pagamento consentivano di accertare che le loro ditte non vantavano i crediti riportati nei mandati e non avevano mai delegato per la riscossione le società sui conti delle quali erano state effettivamente versate le somme di denaro.”

La vicenda, assai poco edificante, non ha impedito alla filiazione meridionale della ‘Security Service’ (la Security Service Sud) di aggiudicarsi nel 2010 un mega-appalto da 45 milioni di euro in tre anni, per i servizi di vigilanza presso la Asl di Napoli 1. La gara al ribasso è stata vinta per un solo centesimo di differenza (sul pagamento ogni singola ora di lavoro), rispetto alle offerte delle concorrenti.
A Roma invece, in un afflato di rigorismo legalista senza precedenti, con raffiche di ricorsi al TAR contro le assegnazioni di appalti pubblici (dall’Acea alle Asl regionali) alla Security Service, si è distinta una battagliera alleanza di alcune delle principali agenzie della Capitale, capitanate dall’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma

Montali & Friends
 L’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma, insieme alla Securitas Metronotte, la Roma Union Security (che fa capo a Claudio Lotito), Italpol, Capitalpol… costituiscono un’associazione temporanea d’impresa (ATI); al contempo, non mancano partnariati anche con la SIPRO di Salvatore Di Gangi. In pratica, si spartiscono la quasi totalità delle commesse pubbliche a Roma e per conto della Regione Lazio. Di fatto, anche se non è lecito dirlo, secondo i malevoli, costituirebbero quasi una sorta di cartello, rimpallandosi a turno gli appalti più ghiotti: i depositi dell’ATAC; il centro RAI di Saxa Rubra; la vigilanza nelle stazioni della metropolitana; il portierato nelle sedi ministeriali, non ultimo, il ministero dei Beni Culturali.
Il responsabile per lo “Sviluppo Partecipazioni e Controllo Gestione” per conto della Nuova Città di Roma è Fabrizio Montali. Figlio di un ex esponente socialista di epoca craxiana: Sebastiano Montali, siciliano trapiantato a Roma, presidente della Regione Lazio (1985-1987), sottosegratario alle partecipazioni statali (il regno degli appalti pubblici), invischiato nel caso della maxi tangente Enimont, e (manco a dirlo!) approdato in “Forza Italia”.
Montali junior, quello che tanto si è indignato per le fortune della rivale Security Service, non sembrerebbe essere esattamente un immacolato…
Nel 2010 viene denunciato da Mauro Brinati, segretario territoriale della Fisacat Cisal di Roma, per tentata corruzione, nell’ambito di una presunta truffa e falsificazione dei bilanci aziendali per 32 milioni di euro.
Ma le prime indagini sul suo conto risalgono al 2003, nell’ambito del cosiddetto “Vip-Gate”, una delle prime inchieste condotte da Henry John Woodcock, per conto della Procura di Potenza.

“[L’inchiesta] nota come «Vip-gate» nel dicembre del 2003 portò all’iscrizione nel registro degli indagati di 78 persone tra cui politici, due ministri, personaggi dello spettacolo e del giornalismo, funzionari di Ministeri, Comuni, enti pubblici per una serie di reati che andavano dall’associazione per delinquere per la turbativa di appalti all’estorsione, alla corruzione, al millantato credito ed al favoreggiamento. Un’inchiesta che si concluse con l’archiviazione degli indagati più noti ma alcuni fascicoli sono ancora aperti in altre Procure. Il Vip gate era un filone di una precedente indagine incentrata sulle «tangenti Inail» e sulle «tangenti del petrolio» del maggio dell’anno precedente che aveva decapitato i vertici nazionali dell’Inail e coinvolto anche politici lucani di primo piano.

Il Tempo – 17/06/2006

Nel 2006 invece è coinvolto in una storiaccia di estorsioni e minacce con l’intramontabile Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana, per conto del quale pare faccia il prestanome per l’intestazione fittizia dei beni. L’intera vicenda la trovata riassunta QUI.
Per questo,

«E’ indagato per tentata estorsione dal pm Lucia Lotti della Procura di Roma che ne ha già chiesto il rinvio a giudizio per riciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante di mafia. Montali sarebbe stato il prestanome di Enrico Nicoletti, accusato di essere il cassiere della banda della Magliana

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Pertanto, nell’autunno del 2006, tramite il Consorzio Pegaso di cui è presidente, Montali rileva dal fallimento l’Istituto Urbe.

«Nel consorzio Pegaso è presente anche Salvatore Di Gangi, il re della vigilanza privata al vertice di un impero di 5 mila vigilantes. Anche lui in passato si è incrociato con Nicoletti: è stato socio al 50 per cento di un’immobiliare che, per l’altra metà, è stata sequestrata a don Enrico. Nonostante tutto, la politica asseconda il consorzio Pegaso. Montali ha partecipato alle riunioni convocate dal ministero dello Sviluppo in qualità di salvatore dell’Urbe.»

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Salvatore Di Gangi, gran patronus di un colosso della vigilanza privata come la SIPRO, è uno di quei personaggi che meriterebbe una trattazione a parte…

«Salvatore Di Gangi, siciliano, inquisito per una lunga serie di reati. E ciò nonostante dominus di una delle più emergenti tra le aziende che si occupano di sicurezza privata in Italia. L’azienda di Di Gangi si chiama Sipro, e nasce nel segno della P2. A fondarla, infatti, è Antonino Li Causi, tessera 526 della loggia guidata da Licio Gelli, un siciliano trapiantato a Roma. Nel 1994 la Sipro viene rilevata da un altro isolano di stanza nella capitale: è lui, Di Gangi, nato nel 1946 a Canicattì. Quando rileva la Sipro, Di Gangi a Roma si è gia ben ambientato, ha amici politici e rapporti d’affari. E anche frequentazioni oscure: suo fratello Vittorio detto Er Nasca bazzica gli ambienti della Banda della Magliana, l’altro fratello Aldo detto Buscetta inanella denunce. Ma ciò non impedisce alla Sipro, sotto la guida dell’ energico siciliano, di crescere, espandersi, conquistare appalti privati e pubblici: questi ultimi soprattutto nelle Poste e nella Difesa, da anni feudo della destra. Per allargarsi, Di Gangi non disdegna metodi sbrigativi, come truccare gli appalti mettendosi d’accordo con i concorrenti. Ed è così che entra nella indagine da cui, filiando come amebe, scaturiscono quasi tutte le inchieste successive, compresa quella che oggi colpisce Storace. L’inchiesta-madre è quella sull’Ivri, il più grosso istituto di vigilanza privata italiano, accusato di comprare appalti a suon di tangenti. Di Gangi finisce inquisito per avere addomesticato in combutta con Ivri una gara per la vigilanza sulle caserme dell’esercito.
[…] Ma di certo l’imprenditore della Sipro ha amicizie che portano dritto nel cuore del mondo delle intercettazioni: è lui stesso a vantarsi di avere un “contatto” ai vertici di Telecom, i suoi rapporti con alcuni alti ufficiali della Guardia di finanza sono notori. Meno notorie, e ormai ingiallite dal tempo, sono le tracce che lo legavano, anche se meno direttamente del fratello Vittorio, ad ambienti criminali dell’ estrema destra romana: in via Magliano Sabina 22, dove hanno sede le società di Di Gangi, risultava anche la Immobiliare Generale Sarda, una società controllata da Enrico Nicoletti, che della Banda della Magliana era accusato di essere il cassiere. Vicende remote e vicende recenti, insomma, sembrano incrociarsi intorno a questo sessantenne riservato e alacre. Oggi Di Gangi è un imprenditore talmente rispettabile che il 27 aprile dell’anno scorso l’Unione Industriali di Roma lo ha designato alla guida della nuova associazione di settore dedicata al mondo della security aziendale, la Sezione Sicurezza. E, a dispetto dei dispiaceri giudiziari, la Sipro sta allargando a vista d’ occhio il suo giro d’affari. A Milano, per esempio, ha ottenuto un contratto per la sicurezza della Fiera, andando ad occupare lo spazio lasciato libero dai rivali di Ivri: gli stessi con cui, secondo la Procura milanese, si accordava per taroccare le gare d’appalto.»

“Segreti e appalti milionari gli affari del re dei vigilantes”
Luca Fazzo La Repubblica (13/03/2006)

Secondo le ricostruzioni giornalistiche, Salvatore Di Gangi avrebbe le mani in pasta ovunque, dai depuratori calabresi al mondo delle intercettazioni illegali; bazzica i servizi segreti militari di Niccolò Pollari e gli spioni del Caso Telecom.
Sempre nell’ambito del Consorzio Pegaso, ritornando invece a Fabrizio Montali, nel 2006 a perorare il salvataggio dell’Istituto Urbe, facendosi sponsor politico dell’operazione, c’è il Sergio De Gregorio… Il senatore napoletano è un altro di quei fenomeni da baraccone che solo Antonio Di Pietro (con raro intuito) riesce a raccattare tra i suoi candidati, a imperitura vergogna. De Gregorio in pratica attraversa tutto l’arco istituzionale: prima il PSI, poi Forza Italia, poi gli Autonomisti di Gianfranco Rotondi… Nel 2000 fonda l’associazione “Italiani nel mondo”, insieme a Nicola Di Girolamo (un altro bel tomo la cui storia abbiamo raccontato QUI); nel 2005 entra nelle fila dell’IdV, poi è di nuovo in Forza Italia e quindi nel PdL. Recentemente salvato dall’arresto con la negazione parlamentare della richiesta a procedere, tra il 2007 ed il 2009, De Gregorio è nell’ordine indagato dalla Procura di Napoli per riciclaggio e favoreggiamento della camorra; stesso reato gli viene ascritto dalla Procura di Reggio Calabria, insieme al concorso esterno di associazione a delinquere di stampo mafioso. Dalla Procura di Roma invece è indagato per corruzione.
 Nel febbraio 2012, concludendo in bellezza, Sergio De Gregorio viene indagato per truffa e false fatturazioni insieme al faccendiere Valter Lavitola (quello della Casa di Fini a Montecarlo), per appropriazione indebita dei finanziamenti (23 milioni di euro) destinati a L’Avanti! il quotidiano di cui Lavitola è direttore.

Poi ci si meraviglia che a Roma la giunta comunale abbia reclutato il povero Maurizio Lattarulo.
Ci si chiede piuttosto perché mai non venga riabilitata l’intera Banda della Magliana, appaltando la sicurezza dello Stato direttamente ai picciotti di mafia, in perfetta sinergia.

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