Quando si parla di “Illuminati” si rischia quasi sempre di cadere nel ginepraio delle teorie del complotto, dove a prevalere sono le distorsioni cognitive, nel filtraggio dei fatti attraverso la generalizzazione delle conclusioni.
Quella degli Illuminati di Baviera è una storia nota e circostanziata, soprattutto datata, di cui si dovrebbe sapere tutto eppure si conosce poco, tanto è stata manipolata e riadattata nella creazione di leggende sempre nuove.
Gli Illuminati bavaresi sono un tipico prodotto culturale del XVIII secolo, in cui si intrecciano irrazionalismo tedesco e proto-romanticismo, insieme a confuse istanze di rinnovamento spirituale e riforma sociale. Vi confluiscono il gusto per l’organizzazione segreta, influenze mistiche d’ispirazione teosofica, e una certa visione magica del mondo.
Nel caso degli Illuminati, la scelta del nome non era certo priva di una forte carica simbolica, indicando un percorso di elevazione spirituale verso un’illuminazione mistica, rigidamente disciplinata da un percorso progressivo di gradi di conoscenza secondo un impianto tipico delle prime società massoniche, anche se gli Illuminati frammassoni non lo furono mai. Ovviamente, soprattutto nelle intenzioni dei suoi fondatori, non mancavano richiami al pensiero illuminista in omaggio agli Encyclopédistes e, implicitamente, ai principi radicali di Jean-Jacques Rousseau.
Ce n’era abbastanza per terrorizzare i settori più reazionari del governo bavarese, perché quello che viene ricordato come il Secolo dei Lumi era in realtà un’epoca di assolutismi, ancora intrisa di superstizioni e di retaggi feudali, stretta tra i rigori della censura ed un’opprimente cappa clericale. Infatti, al di fuori dei salotti letterari dove si davano convegno i circoli intellettuali più dinamici, si apriva un mondo tutt’altro che razionale e illuminato…
Il XVIII secolo si era aperto con la Guerra di successione spagnola (1701-1714); per continuare poi con la Guerra di successione austriaca (1740-1748); e chiudere in bellezza con la Guerra dei sette anni (1756-1763), durante la quale Federico II di Prussia aveva potuto esibire i suoi brillanti reggimenti di coscritti, reclutati a forza tra chiunque potesse imbracciare un fucile. I conflitti erano nati per una delle tante dispute dinastiche, circa la trasmissione di feudi e ducati, coi quali le teste coronate arricchivano l’elenco dei loro titoli araldici. Quindi, la guerra era proseguita, alimentata da nuove rivendicazioni territoriali, e si era estesa su quattro continenti (Europa, Africa, Americhe, India), prosciugando le finanze delle monarchie europee e prostrando le popolazioni. Alle estreme propaggini settentrionali dell’Europa, la Scozia usciva a sua volta dissanguata dopo la lunga serie di rivolte giacobite.
In quasi tutta l’Europa (non solo in Russia) vigeva la servitù della gleba e in caso di fuga, specialmente nelle regioni orientali, si era soliti punire i contadini con la marchiatura a fuoco sul viso o con il taglio di naso e orecchie. Quest’ultima pare fosse una pratica piuttosto comune in Romania, riservata alla popolazione rom tenuta in schiavitù.
Il commercio degli schiavi era ampiamente esercitato con profitto e lo sfruttamento servile costituiva la norma nell’economia delle Americhe.
La tortura era pratica comune (e abusata), mentre la pena capitale veniva dispensata con generosità e varietà di esecuzioni. Ma per coloro che attentavano al sacro corpo del sovrano erano previste pubbliche macellazioni: come l’atroce supplizio di Robert-François Damiens nel 1757 che disgustò tutta Parigi; oppure le esecuzioni in Gran Bretagna del ribelle scozzese David Tyrie (1782) e del suo omologo irlandese James O’Coigley (1798), condannati entrambi al mostruoso Hanged, drawn and quartered.

In Moravia e Slesia si impalavano i cadaveri, tanto che nella prima metà del XVIII secolo l’imperatrice Maria Teresa d’Austria aveva inviato il suo archiatra, Gerard van Swieten, per porre fine alla disdicevole consuetudine. Nelle regioni balcaniche e transilvane, il servizio veniva applicato soprattutto ai vivi. E questo sollevava minori problemi.
La caccia alle streghe, lungi dall’essere scomparsa, era ancora piuttosto diffusa e di tanto in tanto si accendeva qualche rogo: nel cantone svizzero di Glarus (1782); in Polonia, a Durochowo (1775) e Poznan (1783). Nel ducato tedesco del Württemberg, processi per stregoneria vennero celebrati fino al 1805. Nella vicina Baviera, dove la repressione delle streghe era sempre stata particolarmente ‘zelante’, le persecuzioni cessarono nel 1792, mentre l’ultimo barbecue è del 1756. In compenso, la Baviera può esibire a suo vanto la doviziosa inquisizione (e sterminio) della famiglia Pappenheimer.
Ma il ‘700 fu anche l’epoca di avventurieri come Cagliostro ed il Conte di Saint-Germain, che infinocchiarono le corti di mezza Europa con le loro fole alchemiche ed elisir di lunga vita, contribuendo non poco ad alimentare la moda delle società segrete e la mania per i frammassoni.
Tra tutte le confraternite, consorterie, logge e associazioni sorte nelle seconda metà del XVIII° secolo, quella degli Illuminati fu probabilmente la più scalcinata, tra le peggio organizzate e nemmeno la più longeva. Di certo non fu tra le più segrete, visto che di loro la autorità bavaresi sapevano praticamente tutto.
Probabilmente, i fantomatici Illuminati di Baviera non avrebbero attirato tante attenzioni su di loro se, come tante altre associazioni goliardiche filiate in ambito accademico ed a loro contemporanee, se si fossero limitati a qualche rituale cavalleresco di ispirazione romantica.
Oppure, avrebbero potuto dedicarsi con profitto alle ciarlatanate dei primi frammassoni: un po’ di nonnismo da caserma e qualche piccolo trucco da baraccone per impressionare gli ingenui neofiti, ansiosi di essere iniziati a pratiche non più misteriose del catechismo della prima comunione, concionando di improbabili vendette ed improbabili gradi rituali. E chiudere in bellezza con abbuffate pantagrueliche, meglio ancora se finanziate a scrocco dalla quota d’iscrizione di qualche vanitoso borghese, desideroso di acquistare a buon mercato qualche roboante titolo immaginario (cavaliere d’Oriente, principe del Libano, gran patriarca noachita, commendatore dell’aquila bianca e nera, cavaliere dell’ascia reale) con cui surrogare l’assenza di blasoni nobiliari.
Magari, se avessero inscenato pompose mascherate in costumi medioevali, come i neo-templari di “Stretta Osservanza” del barone Karl Gotthelf von Hund, con continue professioni di fede e ubbidienza ai poteri costituiti, avrebbero avuto meno guai. A Karl von Hund (che per inciso significa “cane”) si deve tra l’altro la fortunata invenzione dei “Superiori Ignoti”; idea comunque non nuova, visto che sembra una riproposizione aggiornata dei “Maestri Invisibili” della Rosa-Croce. Tutti sarebbero detentori di un’antica sapienza, meglio se “egizia”, preservata nei secoli e trasmessa a pochi eletti. Invisibili o ignoti che siano, esoteristi e cultori della ‘tradizione’ ermetica andranno cercando questi ritrosi Sconosciuti per ogni angolo del globo, senza peraltro mai riuscire a scovarli. In compenso, gli ‘eletti’ più intraprendenti si inventeranno improbabili messaggi telepatici o contatti onirici con gli irraggiungibili “Superiori”.
Il sedicente Ordine dei Perfettibili, eppoi Ordine degli Illuminati, viene costituito nel 1776 dal
27enne Adam Weishaupt, un oscuro docente di diritto canonico nell’università bavarese di Ingolstadt, sull’innesto di una preesistente conventicola di studenti universitari e costituito da un nucleo originale di 4 componenti (oltre a Weishaupt) dove il più anziano non ha ancora compiuto i 21 anni.
Il prof. Weishaupt era stato invitato da un paio di giovanissime matricole di giurisprudenza a presiedere le riunioni del minuscolo gruppetto studentesco, desiderosi di darsi un tono con gli altri colleghi di corso. L’ambizioso professore vede invece l’occasione di dare una scossa alla monotonia della sua vita accademica e l’opportunità di crearsi il suo personalissimo cenacolo filosofico, votato alla perfezione ed inquadrato sotto una rigida gerarchia, al cui vertice (ovviamente) ci sarebbe stato Weishaupt stesso, in qualità di mentore e maestro.
Innanzitutto, ci si inventa una origine “antichissima” e possibilmente esotica… Poiché templari, rosacroce, antichi egizi ed architetti salomonici sono già impegnati, e siccome la vera sapienza deve necessariamente risiedere in Oriente, si guarda alla Persia ed a Zoroastro. Quindi le origini della setta vengono fissate al 632 d.C. e legate ad un non meglio precisato Culto del Fuoco zoroastriano. La sezione bavarese non era che la filiazione di una confraternita molto più grande con migliaia di adepti sparsi in tutto il mondo, titolare di segreti millenari e presieduta da un consesso di maestri iniziati dall’identità segreta. A questo punto, adescato il credulone di turno, il fantasioso Weishaupt “organizzava incontri in cui gli adepti, potevano assistere ad ‘incredibili’ esperimenti di elettricità, impartiva lezioni di filosofia morale e richiedeva puntualmente il pagamento di una retta ai propri soci facoltosi per finanziare il suo misterioso cammino di perfettibilità” (Errico Buonanno).
Attingendo ampiamente dall’armamentario massonico, Adam Weishaupt (che nel giro si fa chiamare “Spartacus”) costruisce una gerarchia semplificata di gradi e classi. Al vertice vi è un “aeropago” con mastro Spartaco affiancato dagli “anziani”, ovvero i ventenni Anton von Massenhausen (Aiace) e Max Merz (Tiberio).
Tra le grandi trovate dell’Ordine antichissimo, c’è l’invenzione del Quibus licet: una specie di diario in cui il novizio doveva annotare e raccontare tutto di sé, insieme ad un dettagliato resoconto delle ricchezze personali e di famiglia, influenze e protezioni… Una volta compilato in dettaglio, il diario andava consegnato ad Adam Weishaupt.
I Perfettibili, costantemente a corto di quattrini e di idee, cambiano il nome in Ordine degli Illuminati, ma le cose non migliorano… Nel 1779, a tre anni dalla sua creazione, l’Ordine conta appena 29 membri. Tale è il suo appeal tra gli studenti di Ingolstadt, che mal digeriscono il
narcisismo dispotico di Weishaupt. Quest’ultimo, alla disperata ricerca di protettori e aderenti, nel frattempo, su raccomandazione del barone Adolph Freiherr Knigge si è iscritto alla loggia massonica ultra-lealista conosciuta come “Teodoro al buon governo”. Il riferimento esplicito è al duca Carlo Teodoro di Wittelsbach, signore della Baviera e Principe del Sacro Romano Impero.
Si può immaginare quale carica eversiva avessero i propositi di Weishaupt..!
Originario di Francoforte, il barone von Knigge vanta ottime entrature tanto nella corte bavarese quanto nei circoli massonici. Nel 1780 entra a far parte degli “Illuminati” con lo pseudonimo di Filone. Avventuriero e uomo di mondo, ex soldato di ventura e con una passione per il teatro, riformatore e libertino, Knigge intravede le potenzialità degli Illuminati e pensa di farli fruttare a suo vantaggio e attuare i propri progetti di riforma…
Sotto i buoni auspici di Adolf von Knigge, l’Ordine degli Illuminati viene riadattato secondo le nuove esigenze di marketing per far proseliti: Il barone aumenta il numero dei gradi di ‘iniziazione’ e, con un certo gusto teatrale, cura i rituali scenici. Già che c’è, sposta le origini della setta fino a Noé, passando per Giovanni evangelista e Gesù Cristo, tutti ovviamente iscritti d’ufficio alla confraternita. Dopo la riorganizzazione curata da Knigge, in un triennio, l’associazione passa da circa 50 membri a quasi duemila, soprattutto tra la gente che conta. Motivo per cui Knigge e Weishaupt annacquano in fretta la loro carica radicale e teista, mettendo da parte ideali libertari e propositi repubblicani. Aderiscono agli Illuminati, personaggi del calibro del Duca di Brunswick-Wolfenbüttel (Aronne); il barone Ditfurth (Minosse), consigliere della Camera imperiale; i duchi di Sassonia; il barone von Dalberg, arcicancelliere del Sacro Romano Impero…
Con il successo, aumentano le ripicche e le gelosie, le vecchie logge della massoneria spiritualista si sentono espropriate dei loro clienti più facoltosi.
«Le autorità iniziarono improvvisamente a ricevere sempre più denuncie. Un ufficiale di fanteria di nome Ecker, fondatore di una loggia rosicrociana a Burghausen ed entrato in conflitto anni prima con Weishaupt, assicurò alla polizia che quello degli Illuminati non era un ordine come tanti, mentre via via affiliati “pentiti” erano pronti a rivelare nuove verità improbabili: amoralità, corruzione, spionaggio persino.
Il 22 giugno 1774 il duca elettore di Baviera emise un editto in cui venivano proibite tutte le società segrete non approvate dal governo. Dopo una lunga riflessione, il 24 febbraio 1785 gli Illuminati reagirono scrivendo al sovrano di essere sicuramente vittime di un malinteso o di un complotto gesuita, come il buonsenso del duca non avrebbe tardato a capire. La sua risposta non si fece attendere; sei giorni dopo, Carlo Teodoro soppresse ufficialmente l’Ordine degli Illuminati, dichiarandone fuorilegge ogni attività. Per l’epoca, molte logge si erano semplicemente convertite in “società di letture”.»Errico Buonanno
“Sarà vero. La menzogna al potere”
Einaudi, 2009
E se questo fosse un romanzo, dovrebbe cominciare col più classico degli incipit: Era una notte buia e tempestosa…
Il 10 luglio nell’anno di grazia 1785, in una notte di tregenda un uomo dalle vesti nere percorre a fatica le strade fangose delle campagne bavaresi, martellato da una pioggia impietosa, nel vano tentativo di raggiungere le lontane province della Slesia prussiana. Vuoi la collera divina, o una caduta accidentale da cavallo, o il sicario di una setta rivale, lo sfortunato viandante ingaggiato per un viaggio impossibile non giungerà mai a destinazione. Nei pressi di Regensburg, viene rinvenuto il cadavere di quello
che si rivelerà essere un prete cattolico; Johan Jakob Lanz, viene ritrovato affondato nella melma, in apparenza folgorato. Lanz (col nome di battaglia di “Tamerlano”) è un affiliato degli Illuminati ed ha le vesti imbottite con mucchi di carte compromettenti dell’Ordine. La scoperta dimostrava come la setta avesse ignorato bellamente il divieto imposto dal Duca di Baviera, che aspetta tre mesi per organizzare una retata contro i membri della confraternita, acquisendo documenti, elenco degli iscritti, carte di intenti e quant’altro può essere utile a screditare l’organizzazione. La repressione peraltro è blanda, anche in virtù di accuse e prove inconsistenti per un vero processo: le condanne più severe non superano i cinque mesi di reclusione e non prevedono la confisca dei beni. Il marchese Constius de Costanzo ed il conte Ludovico Savioli-Corbelli vengono semplicemente invitati a lasciare la Baviera e fare ritorno in Italia. Per il disturbo viene loro fornito un vitalizio.

Il barone Adolf Knigge, che per di più era già uscito dall’Ordine dopo aver bisticciato con Weishaupt, era riuscito a farsi raccomandare presso il principe Giorgio III di Hannover, svolgendo incarichi amministrativi e dilettandosi nel tempo libero con la pubblicazione di romanzi umoristici e d’avventura, fino alla sua morte nel 1796.
Adam Weishaupt perse il posto all’università e venne condannato in contumacia, visto che nel frattempo si era rifugiato a Ratisbona. La cosa non gli impedì di trovare un pronto impiego come precettore privato. Nel 1808 verrà riabilitato e prosciolto da tutte le accuse, otterrà un incarico presso l’Accademia delle Scienze ed anche una piccola pensione, convertito in buon cattolico ossequioso dell’autorità costituita.
«Sugli Illuminati di Baviera è stata scritta, dal tempo della loro soppressione fino ai nostri giorni, un’enorme quantità di sciocchezze. Weishaupt certamente voleva cambiare il mondo e sottolineò l’importanza della segretezza, dell’obbedienza, dell’interrogazione e dell’inquisizione degli inferiori, cosa che sa di scuola di dispotismo. Ma nel cercare di sfruttare a fine politico la segretezza massonica, non aveva fatto che seguire l’esempio dei principi conservatori tedeschi, cercando di trasformare il loro esempio a vantaggio dei radicali. Era del tutto inutile; in Weishaupt c’era troppo del maestro di scuola e troppo poco del politico. Quando il governo bavarese suppose che la presenza degli Illuminati si fosse fatta allarmante, nel 1785 li identificò e li soppresse senza il minimo problema.
[…] Quattro anni dopo, quando scoppiò la Rivoluzione francese, le mitiche credenze circa gli Illuminati di Baviera finirono nel crogiuolo di una più vasta e avventata teoria cospiratoria.»Peter Partner
“I Templari”
Einaudi, 1987
Gli Illuminati nacquero anche in contrapposizione ad un certo “gesuitismo” (nonostante lo scioglimento della Compagnia), ancora prevalente in ambito accademico. Per un curioso paradosso, il fondatore Weishaupt, che si era formato presso i gesuiti, profondamente avverso all’Ordine di Loyola, finì per mutuarne i metodi nell’organizzazione della setta e fu accusato lui stesso di gesuitismo dalle confraternite massoniche alle quali si ispirava. Destinati a scomparire in fretta e dissolversi nell’oblio, gli Illuminati devono la loro fama tanto sinistra quanto imperitura proprio alla crociata anti-illuminista di un ex gesuita, che trasformò i suoi nemici in un formidabile spauracchio immune allo scorrere del tempo. E d’altronde, al colmo di un gioco di specchi infinito, come era già avvenuto per i Rosacroce, anche gli Illuminati furono accusati di essere stati fondati dai gesuiti per infiltrarsi nel mondo delle società segrete.
Oggi, ad oltre 200 anni dal suo scioglimento, del sedicente “Ordine degli Illuminati” non si ricorderebbe più nessuno, se non fosse per l’instancabile zelo reazionario dell’abate Barruel che, a partire dal 1794, e soprattutto nei cinque tomi che compongono la sua monumentale “Storia del Giacobinismo” (Mémoires pour servir à l’Histoire du Jacobinisme) pubblicati tra il 1796 ed 1803, dette la stura ad un incredibile frullato di ipotesi strampalate, alla base del moderno cospirazionismo.
Basandosi su una mole impressionante di documenti, sulla scia della pamphlettistica di fine ‘700, Augustin Barruel riassembla testi, che taglia e ricuce attraverso una ridda di congetture e supposizioni in feroce polemica anti-illuminista. Massoneria e società segrete, Templari e Rosa-Croce, sette ereticali del medioevo, filosofi laici e libero pensiero, Voltaire e gli Enciclopedisti, repubblicani e giacobini, ma anche Federico II di Prussia ed il Duca d’Orleans… tutto fa brodo nell’ossessione controrivoluzionaria del prolifico abate e nell’incrollabile certezza che la Rivoluzione francese del 1789 sia scaturita da un gigantesca cospirazione contro la monarchia.
«Nella Rivoluzione francese tutto, persino i suoi misfatti più spaventevoli, tutto era stato preveduto, meditato, combinato, risoluto, stabilito; tutto fu l’effetto della più profonda scelleratezza, poiché tutto è stato condotto da uomini che soli tenevano il filo delle cospirazioni ordite nelle società segrete, e che hanno saputo scegliere e studiare il momento propizio alle congiure»
A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo I (1802)
Per Barruel si tratterebbe infatti di una “congiura anticristiana”, in gestazione da secoli, contro il diritto divino di imperatori e papi, atto a scardinare quello che lui ritiene un perfetto ed immutabile ordine naturale per volontà celeste, secondo un principio rigorosamente gerarchico.
«Col malaugurato nome di Giacobini è comparsa nei primi giorni della rivoluzione francese una setta che insegna che gli uomini sono tutti eguali e liberi, e che in nome di questa libertà ed uguaglianza disorganizzanti calpesta altari e troni, spingendo tutti i popoli alle stragi della ribellione ed agli orrori dell’anarchia.»
A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo I (1802)
Secondo l’immaginifico abate è una cospirazione universale che si attiva su tre livelli (contro la religione, contro la monarchia ed infine contro la società universale); per “mezzi” (Enciclopedisti e libero pensiero) e per “gradi” (messa in discussione del potere assoluto dei re e primi esperimenti democratici); nel corso di “epoche” (dall’Illuminismo alla massoneria).
Tutto avverrebbe in un perfetto gioco ad incastri dove nulla è casuale e tutto è preordinato.
Nell’universo cospirazionista, concepito dalla fervida fantasia di Barruel, gli “Illuminati” fanno il loro ingresso (più che trionfale), soltanto nel 1798 con la pubblicazione del terzo tomo a loro interamente dedicato, tanto non par vero all’abate di aver trovato (a partire dal nome stesso) il presunto trait d’union di tutte le sue ossessioni, nell’equazione Illuminati-Illuminismo-Frammassoni-Eretici-Luterani:
«Il nome di Illuminato, scelto da questa setta, la più disastrosa nei suoi princìpi, la più vasta nei suoi progetti, la più astuta e scellerata nei suoi mezzi, questo nome d’Illuminato è antico negli annali dei sofisti sconvolgitori; se ne vantavano in principio Mani e i suoi seguaci….
I primi Rosa-Croce comparsi in Germania si dicevano anch’essi Illuminati. Ai giorni nostri i Martinisti e varie altre sette fanno riferimento all’Illuminismo.
Per fedeltà alla Storia, distinguendo i loro complotti e i loro dogmi, io li ridurrò a due classi. In oggi vi sono degl’Illuminati dell’ateismo e degli Illuminati della Teosofia. Questi ultimi sono particolarmente i Martinisti, dei quali ho già fatto conoscere il sistema nel secondo tomo, e gli Swedenborghiani, riguardo ai quali dirò a suo tempo e luogo quanto mi è riuscito di sapere della loro setta.»A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo III (1802)
E diventano l’oggetto principale delle sue paranoie, tanto che agli “Illuminati” (di Baviera) l’abate Augustin Barruel dedica anche il quarto ed il quinto volume delle sue “Memoires”.
«L’ordine che seguirò per svelare i fasti della setta è quello delle sue epoche più importanti.
La prima epoca sarà quella in cui Weishaupt getta le fondamenta del suo Illuminismo formando attorno a sé i suoi primi adepti, le sue prime logge, cercando i suoi primi apostoli e disponendoli a delle grandi conquiste.
La seconda sarà quella di una fatale intrusione, che valse a Weishaupt migliaia e migliaia di adepti, e che chiamerò l’epoca della massoneria “illuminizzata”.
Pochi anni bastano a queste conquiste sotterranee, ma il fulmine del Cielo ne avverte la terra, e così la setta e le sue cospirazioni sono scoperte in Baviera; questo è il periodo che essa chiama delle sue persecuzioni; le potenze ingannate lo prendono per il periodo della sua morte. Rifugiatasi nei suoi antri ma più che mai attiva, passando di sotterraneo in sotterraneo essa arriva infine in quelli di Filippo d’Orleans che le dona tutte le logge della sua massoneria francese insieme con tutti i loro adepti delle retro-logge. Da questa mostruosa associazione nascono, insieme coi giacobini, tutti i delitti e tutti i disastri della rivoluzione. Questa è la quarta epoca dell’Illuminismo, quella in cui il leone si sente in pieno vigore ed esce ruggendo dalla sua caverna perché gli occorrono delle vittime. I giacobini massoni illuminati lasciano le logge sotterranee; le loro urla annunziano ai potentati che è tempo per esse di tremare, che è giunto il giorno delle rivoluzioni.»A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo IV (1802)
Tempo addietro [QUI] avevamo avuto modo di osservare come: le teorie del complotto siano il prodotto di una lunga genesi storica e culturale, aperta ad influssi ed apporti sempre nuovi: sostanzialmente costituiscono l’incontro e la sintesi (in divenire) di più paranoie e di ossessioni collettive che si incontrano, si auto-alimentano e si strutturano con l’aggiunta di elementi sempre nuovi e dinamici. E in tal modo originano una mitopoiesi, tanto complessa quanto poliedrica, che raccoglie alcuni elementi storici e informazioni vere. Tuttavia, i cosiddetti “cospirazionisti” reinterpretano i dati, generando dei falsi metastorici che, per sembrare credibili, attingono costantemente a contenuti reali, plagiati però secondo le esigenze di un immaginario fantastico.
Il “complottista” non confuta un fatto secondo una interpretazione soggettiva (e dunque fallace). Piuttosto, porta avanti una tesi, o meglio una teoria (quasi sempre falsa), che non ha valore relativo ma assoluto. E viene presentata come si trattasse di una verità incontrovertibile, esponendola con i toni della rivelazione. Solitamente, nei casi più raffinati e culturalmente più preparati, la tesi in questione viene suffragata da una massa eccezionale di dati reali e verificabili, che non dimostrano la validità del complotto, ma ‘sembrano’ provarla.
Intendiamoci! I complotti nella storia sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Tuttavia, come sintetizza bene la semiotica di Umberto Eco, i complotti reali hanno una peculiarità: prima o poi si scoprono. Sempre. E ciò avviene in tempi piuttosto ragionevoli. Questo perché, se il complotto riesce, i cospiratori solitamente si vantano del loro successo; se il complotto fallisce, coloro che hanno sventato la cospirazione hanno tutto l’interesse a farlo sapere.
I complotti, anche i più complessi non avvengono mai così come sono stati pianificati. L’imprevisto, come le variabili del caso, sono sempre in agguato. Ma nella mente del complottista le cospirazioni racchiudono sempre una perfezione quasi divina (o meglio, luciferina) che rasenta l’infallibilità. Solitamente hanno una dimensione ‘globale’, e sono capaci di determinare il corso della storia attraverso il controllo di ogni singolo evento…
«Naturalmente il potere decide, ma al complottista non basta credere che i vertici siano responsabili di guerre, speculazioni, leggi e percorsi economici. Esaspera, estende e totalizza. Chi ci governa è tanto infallibile da programmare a tavolino ogni casistica e minuzia.
[…] Karl Popper descrisse il fenomeno con un paragone calzante. Il complottismo sarebbe una forma di teismo (e aggiungeva “primitivo”) e chi si abbandona alla “teoria sociale della cospirazione” non farebbe altro che assumere l’ottica dell’Iliade: “secondo la concezione omerica del potere divino, qualunque cosa accadesse sulla piana di Troia, era solo un riflesso dei vari complotti in atto sull’Olimpo”. Insomma “una fede in divinità, i cui capricci e desideri governano ogni cosa” e il cui posto oggi è occupato da vari uomini e gruppi di potere, sinistri individui sui quali deve ricadere la colpa di aver progettato la Grande Depressione e tutti i mali di cui oggi soffriamo”. Popper puntava sull’idiozia di un’ottica simile applicata alle scienze sociali, ma era un discorso molto più ampio…»Errico Buonanno
“Sarà vero. La menzogna al potere”
Einaudi, 2009