“Classifica FEBBRAIO 2022″
Di cosa non parleremo stravolta? Ovviamente del conflitto in Ucraina. Ci sono già troppi strateghi in giro, passati dal tavolo di Risiko! alle stanze di guerra: un esercito di mitomani pagato a chiacchiere, promossi generali sul campo e che si credono Napoleone, ai quali fanno il paio i guerrieri della domenica, addestrati in sessione plenaria su “Call of Duty” direttamente dal divano di casa.
In compenso, non si può fare a meno di notare un certo entusiasmo bellico, che pervade all’improvviso la gilda europea dei mercanti uniti, finalmente ricondotta alla sua dimensione di colonia atlantica convertita al traffico internazionale di armi, nel suo élan guerriero da esportazione, con livelli di isteria russofoba che trascendono il grottesco per sfociare nella nevrosi paranoica. L’ultima perla da manuale di psicopatologia clinica è l’esclusione dei gatti ‘russi’ dalla “Federazione felina internazionale” (qualunque cosa voglia dire)!
Schifoso come sempre è un intero sistema mediatico embedded ed acriticamente schierato a quadrato, dove la propaganda si esplica nella denuncia delle fake news altrui. Ma a quello ci siamo ormai abituati, almeno dalla prima Guerra del Golfo del 1991.
E intanto si discetta con blanda incoscienza, quasi fosse una forma di intrattenimento salottiero, di guerra nucleare, mentre si fanno simulazioni sugli effetti di un eventuale attacco atomico in Lombardia, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Che poi, circoscritti nel nostro infimo, la stampa italiana non abbia mai brillato per imparzialità e approccio oggettivo lo sapevamo già. Tuttavia, vedere uno dei principali gruppi editoriali nazionali (Gedi), trasformato in una ufficio di propaganda a tempo pieno che rimbalza ogni panzana che gli venga passata dai dispacci per la galvanizzazione della truppa al fronte, fa comunque un certo effetto, mentre sproloquia di “partigiani” e “brigate internazionali” con paragoni indecenti, per trovare consensi nel pubblico progressista, cercando di stabilire improbabili paralleli con la Guerra di Spagna e l’invasione della Polonia nel 1939. L’anno fatidico in cui, secondo i media italiani, sarebbe scoppiato l’ultimo conflitto europeo.
I “partigiani” del Battaglione Azov
Ci sarebbe la Guerra in Kosovo del 1996, con l’uso massivo di proiettili all’uranio impoverito (facendo una strage tra i reduci italiani della “missione di pace”) e munizionamento incendiario al fosforo; il bombardamento di convogli di profughi e della città di Belgrado, compresa l’ambasciata cinese (un voluto “effetto collaterale”), compresa la distruzione degli studi della Radio Televisione serba (RTS) con la morte di 24 operatori… Ma questo rientra nel normale percorso delle “missioni umanitarie”.
Al contrario, la distruzione della torre delle trasmissioni di Kiev è diventato un caso internazionale, assurto a “crimine contro l’umanità”.
Della distruzione israeliana della sede della tv Al-Jazeera e della stampa estera a Gaza non è neanche il caso di parlare…
Figuriamoci l’uso del fosforo bianco contro strutture ONU e centri profughi in piena zona residenziale. Nella guerra santa al “terrorismo” (altrui) vale tutto: ogni bersaglio è giustificato; forse perché non avere occhi azzurri e capelli biondi suscita diverse “emozioni”…
All’epoca dei bombardamenti NATO su Belgrado, per sostenere la secessione del Kosovo dalla Serbia (la Crimea ed il Donbass sono tutta un’altra cosa), sulle colonne de La Repubblica, l’inviato Guido Rampoldi ebbe a scrivere un editoriale di raffinato equilibrismo, dove si lamentava la misura (forse) eccessiva, ma si giustificava il fine:
«L’Alleanza atlantica tenta di vincere la guerra mediatica con mezzi militari. Distrugge tv e ripetitori nella prospettiva di invadere l’etere del nemico, come in altri tempi un esercito avrebbe cannoneggiato una fortezza per avere accesso a un’area strategica. Ma una fortezza e una televisione non sono la stessa cosa. La trasposizione della guerra classica nella guerra mediatica ha un prezzo. E solleva questioni che non andrebbero affrontate solo in un consesso di generali o nei consigli di guerra di qualche cancelleria. Prima che il missile trasformasse il palazzo bianco in tomba e rovina, avevamo parlato con operatori e giornalisti. Nervosi, insicuri. La settimana scorsa un ammiraglio britannico aveva annunciato che la loro televisione, la Rts, da quel momento figurava nella lista dei “bersagli autorizzati”. Per questa ragione: aveva calunniato l’Alleanza atlantica, attribuendole la strage di una famiglia jugoslava, i genitori e tre bambini, uccisi da un missile a Pristina. Così motivato, il bombardamento promesso suonava come una vendetta privata dell’aviazione occidentale. Poche ore dopo la Nato aveva onestamente ammesso l’errore di Pristina, sulle prime negato.
[…] La Nato ha spiegato l’attacco alla Rts con una verità incontrovertibile: la tv statale aiuta Milosevic a mantenere la presa sulla Serbia. Neppure i giornalisti della Rts negano che la loro televisione sia un cardine del regime, ovvero del dispotismo sempre meno soffuso e mimetico praticato da Milosevic. Lo è per mandato istituzionale. […] Così a Belgrado la RTS è anche nota come “la Bastiglia”, la prigione della verità….. Per senso di colpa o per stalinismo mentale, chi governa la Bastiglia detesta, ricambiato, la stampa libera. Uno dei capi-redattori plaudiva alla “normalizzazione” di B92, l’ultima radio indipendente: “Sono pagati dagli americani”, mentiva. Questi capetti si sono calati l’elmetto in testa e ogni sera allestiscono la guerra virtuale richiesta dal regime: la Nato “genocida” che vuole sterminare i serbi, il nuovo Terzo Reich, Adolfo Clinton, le mirabolanti imprese della contraerea serba che falcidia l’aviazione nemica. Mai un dubbio su ciò che avviene in Kosovo.»Guido Rampoldi
(04/24/1999)