Stavolta, per la serie delle letture domenicali, vogliamo dedicare una delle più celebri poesie di Thomas Stearns Eliot alla metapsichica esistenza delle larve ectoplasmatiche, evocate attorno al migliore dei governi possibili. Ovvero, l’esecutivo di galleggiamento più che mai evanescente nella metafisica panglossiana, che alterna l’eterno rinvio al ritorno del sempre uguale. E, nell’attesa, si tiene in forma tramite i consueti esercizi dello scarica-barile; nell’inamovibilità di chi, ovviamente “per senso di responsabilità” (da scaricare contro terzi in caso di guai), ha smarrito non solo la faccia ma la decenza nel vacuo agitarsi di esistenze vuote. Tra gli effluvi di morte, si consuma la farsa di maschere votate all’eternità sul volgere del crepuscolo, in una terra sempre più desolata che risponde al nome di Italia.
I. Siamo gli uomini vuoti Siamo gli uomini impagliati Che appoggiano l’un l’altro La testa piena di paglia. Ahimè! Le nostre voci secche, quando noi Insieme mormoriamo Sono quiete e senza senso Come vento nell’erba rinsecchita O come zampe di topo sopra vetri infranti Nella nostra arida cantina Figura senza forma, ombra senza colore, Forza paralizzata, gesto privo di moto; Coloro che han traghettato Con occhi diritti, all’altro regno della morte Ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime Perdute e violente, ma solo Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati.
II. Occhi che in sogno non oso incontrare Nel regno di sogno della morte Questi occhi non appaiono: Laggiù gli occhi sono Luce di sole su una colonna infranta Laggiù un albero ondeggia E voci vi sono Nel cantare del vento Più distanti e più solenni Di una stella che si spegne. Non lasciate che sia più vicino Nel regno di sogno della morte Lasciate anche che porti Travestimenti così deliberati Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate In un campo Comportandomi come si comporta il vento Non più vicino – Non quel finale incontro Nel regno del crepuscolo
III. Questa è la terra morta Questa è la terra dei cactus Qui le immagini di pietra Sorgono, e qui ricevono La supplica della mano di un morto Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo. E’ proprio così Nell’altro regno della morte Svegliandoci soli Nell’ora in cui tremiamo Di tenerezza Le labbra che vorrebbero baciare Innalzano preghiere a quella pietra infranta.
IV. Gli occhi non sono qui Qui non vi sono occhi In questa valle di stelle morenti In questa valle vuota Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti In quest’ultimo dei luoghi d’incontro Noi brancoliamo insieme Evitiamo di parlare Ammassati su questa riva del tumido fiume Privati della vista, a meno che Gli occhi non ricompaiano Come la stella perpetua Rosa di molte foglie Del regno di tramonto della morte La speranza soltanto Degli uomini vuoti.
V. Qui noi giriamo attorno al fico d’India Fico d’India fico d’India Qui noi giriamo attorno al fico d’India Alle cinque del mattino. Fra l’idea E la realtà Fra il movimento E l’atto Cade l’Ombra Perché Tuo è il Regno Fra la concezione E la creazione Fra l’emozione E la responsione Cade l’Ombra La vita è molto lunga Fra il desiderio E lo spasmo Fra la potenza E l’esistenza Fra l’essenza E la discendenza Cade l’Ombra Perché Tuo è il Regno Perché Tuo è La vita è Perché Tuo è il E’ questo il modo in cui finisce il mondo E’ questo il modo in cui finisce il mondo E’ questo il modo in cui finisce il mondo Non già con uno schianto ma con un lamento.
«Ho sempre saputo che in questo paese è pericoloso avere delle opinioni. Un pericolo sottile ma controllabile… Almeno fin quando non ci inciampi»
(Alack Sinner)
LIBERTHALIA – Libera Commedia nella colonia corsara
Schegge impazzite, Idee, Cultura, Frammenti resistenti e Opinioni controccorrente con un pizzico di ironia e una goccia di vetriolo.
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«…conto su pochi lettori e ambisco a poche approvazioni. Se questi pensieri non piaceranno a nessuno, non potranno che essere cattivi, ma se dovessero piacere a tutti li considererei detestabili…»
I commenti sono liberi, ma voi non ve ne approfittate o verrete trattati di conseguenza. E senza troppi complimenti.
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«Essere vivo, interessato, vedere le cose, vedere l’uomo, ascoltare l’uomo, immedesimarsi nel prossimo, sentire sé stessi, rendere la vita interessante, fare della vita qualcosa di bello e non di noioso.»
– Erich Fromm –
“Il coraggio di essere”
«Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dica ma cosa vuole dire»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza»
(R.Bradbury – “Fahrenheit 451”)
«Nel sogno c’è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch’è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare»
(D.Buzzati – “Il Deserto dei Tartari”)
«Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni…»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«…Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio»
(J.L.Borges)
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni manutengoli.”
(A.Gramsci - 'Lettere dal carcere')
“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza, se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca”
(P.P.Pasolini)
“Nulla potrebbe essere più irragionevole che dare potere al popolo, privandolo tuttavia dell’informazione senza la quale si commettono gli abusi di potere. Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura l’informazione. Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe”
(J. MADISON - 4 Agosto 1822. Lettera a W.T. Barry)
“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”
(Joseph Pulitzer)
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