Archivio per Reazione

SIPARIETTI

Posted in A volte ritornano with tags , , , , , , , on 12 febbraio 2023 by Sendivogius

Per carità di patria ed amor proprio, NON parleremo del Festival di Sanremo. Apprendiamo però con sommo divertimento, che tra i fondali patinati e la melassa zuccherosa di ipocrisie assortite che da sempre contraddistinguono la kermesse canterina, è bastato anche solo un accenno all’esistenza del razzismo ed alla Costituzione, per provocare attacchi incontrollati di orticaria ai destronzi di fogna e di governo, fino alla crisi isterica finale dinanzi alle performance di un Fedez. L’affronto intollerabile infatti è lo scandalo di un rapper che strappa la foto di un coglione travestito da nazista, non il fatto che il coglione medesimo (che solitamente parla e si comporta da fascista) possa diventare vice-ministro di uno Stato che non sia il regno di Batalia!
Sempre da Batalia deve provenire pure l’esimio camerata, facente feci di sottosegretario alla Cultura, che trova la cosa più naturale del mondo, cambiare la narrazione del Paese, occupando ogni spazio pubblico disponibile, e farlo manu militari, imponendo i propri “modelli culturali”, meglio se a difesa dei “valori tradizionali”: la solita merda reazionaria, riscaldata per vecchi nostalgici, devoti alla necrofilia.

«E io non banalizzerei parlando di spoil system ma di modelli culturali che cambiano, quando una forza politica che è anche espressione di un’area culturale arriva al governo del Paese per volontà dei cittadini può esprimere dei propri dirigenti che proseguano un cammino facendo una loro proposta

(Gianmarco Mazzi, 12/02/23)

Sorvolando sull’area culturale di provenienza, giusto a proposito di modelli di riferimento, si chiama MinCulPop… Ma abbiamo anche il glorioso esempio del Volksaufklärung tedesco. E non perché non sia lecito fare proposte alternative (che mancherebbe altro!), se non fosse che quando si azzitta ogni altra voce dissonante, cacciando via chi non si allinea, allora si può tranquillamente parlare di propaganda su scelta autoritaria. Che poi è esattamente il modello di riferimento dei Fascisti d’Italia, dunque è inutile anche solo farglielo notare, perché proprio non ci arrivano, tanto pare loro naturale.

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(164) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , on 30 ottobre 2022 by Sendivogius

“Classifica OTTOBRE 2022″

 Con raro gusto del ridicolo, qualcuno ha definito l’esecutivo della sòra Giorgia, come un “governo di talenti”… Ovvero un concentrato di imbarazzanti mezze seghe e vecchi arnesi nostalgici, massimamente riciclati dai precedenti Governi Berlusconi ed in patente conflitto di interessi, che discettano di “merito” e di “libertà” (di sfruttamento, nella pretesa di fare quel cazzo che pare loro). Nella pratica, un concentrato reazionario di misticismo clericale e nostalgie mussoliniane, che guarda allo smantellamento dei diritti sociali e negazione di quelli civili come il più alto punto di sviluppo “nazionale” su incistazione classista.
Divertenti gli interventi del Senatore di Riad che già scalpita per essere imbarcato a bordo della nave nera, offrendo il suo sostegno condizionato. Per non sorvolare sull’ormai mitologico Silvione, che pretende la nomina a ministro delle sue badanti personali e scarabocchia insulti contro la neo-premier su pizzini a promemoria, contro le amnesie geriatriche.
Poi ci sarebbero anche i moderati, post/ex/neo-fascisti di sempre, la premiata coppia La Russa e Gasparri che tanto per distinguersi giocano a chi la spara più grossa: dall’istituzione della “Festa del Regno d’Italia” alla “Giornata della vita nascente”… Né manca il grande ritorno del Ponte sullo Stretto, le Centrali Nucleari (e pazienza per le scorie, quando non si sa come smaltire nemmeno la monnezza semplice), insieme a grandi must intramontabili, come l’ennesimo condono fiscale ed il ritorno a 10.000 euro di contante per la gioia di bottegai ed evasori fiscali assortiti al seguito elettorale… E boia chi molla! Che a ‘sto punto era meglio, che continuavano a celebrare la marcia su Roma!
Ciò che invece colpisce e stupisce è la velocità fulminante con la quale le armate padronali di Confindustria, assieme alle salivanti colonne di pennivendoli al seguito, si sono sbrigate a cambiare repentinamente bandiera e fedeltà, scaricando SuperMario al suo destino: l’uomo che sembrava insostituibile, abbandonato come un gatto sulla tangenziale dell’eterno oblio e subito dimenticato. In compenso il nuovo esecutivo si terrà Attila Cingolani, che offrirà la sua preziosa consulenza a costo zero, per continuare la pervicace opera di distruzione con la quale ha condotto il paese al collasso energetico, per via delle sue straordinarie competenze. Potere del Merito!

Hit Parade del mese:

01. PORTATEVOLO VIA

[02 Ott.] «Lo escludo categoricamente, ma se Giorgia Meloni dovesse evocare qualcosa che assomigli alla strage di Stazzema, gli intellettuali di sinistra andrebbero esuli a Parigi, mentre io andrei sui monti a combattere Giorgia Meloni.»
(Alessandro Sallusti, il Partigiano)

02. ONORE AL MERITO

[05 Ott.] «Salvini ministro dell’Interno? Se alle giovani generazioni vogliamo far passare il messaggio che la meritocrazia deve avere un valore e che finalmente diamo merito al merito, allora dobbiamo confermare Salvini al Viminale.»
(Angelo Ciocca, Valorizzatore di talenti)

03. C’ERAVAMO TANTO AMATI

[07 Ott.] «Se il Pd si ricostruisce io ci sono. Con Di Maio una avventura elettorale finita.»
(Bruno Tabacci, L’EX)

04. W IL RE!

[13 Ott.] «Cercherò di essere il presidente di tutti. Anche la nascita del Regno d’Italia sia festa nazionale.»
(Ignazio La Russa, il presidente monarchico)

05. LA GENTILE CONCESSIONE

[30 Ott.] «La mia scelta per la libertà e la democrazia è sempre stata totale. Certo non sfilerò nei cortei per come si svolgono oggi. Perché lì non si celebra una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra. Non ho avuto difficoltà come ministro della difesa a portare una corona di fiori al monumento dei partigiani al cimitero maggiore di milano. E non era un atto dovuto.»
(Ignazio Benito La Russa, il presidente fascista)

06. IL 2 GIUGNO, CAZZO!

[26 Ott.] «Vede signora presidente: la guerra civile terminò il 25 aprile del 1945, con la nascita della Repubblica. Non faccia confusione con le date. Noi saremo qui tutti i giorni a ricordarglielo.»
(Arturo Scotto, lo Smemorato)

07. IL VALORE DELLA MEMORIA

[09 Ott.] «Non dimentichiamo le vittime e la catastrofe di 59 anni fa con il crollo della diga del Vajont, una tragedia in cui persero la vita oltre 2000 persone. Una ferita per il Friuli Venezia Giulia e per l’Italia intera.»
(Debora Serracchiani, Smemorina)

08. SALVEZZE PUBBLICHE

[06 Ott.] «Quando il prossimo governo cadrà, chiederemo le elezioni anticipate. Basta esecutivi di salvezza pubblica.»
(Enrico Letta, il Nipote di Gianni)

09. INDIRIZZO SBAGLIATO

[23 Ott.] «L’energia oggi è la priorità numero uno, ce la metterò tutta.»
(Paolo Zangrillo, ministro della Funzione Pubblica)

10. CHI HA POTUTO MAI?

[13 Ott.] «Ma chi l’ha mai avuta l’idea di fare il ministro?!»
(Licia Ronzulli, Trombata)

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Sono tornati

Posted in A volte ritornano, Muro del Pianto with tags , , , , , , on 23 ottobre 2022 by Sendivogius

Ad un secolo dalla Marcia su Roma, per uno di quegli strani ricorsi vichiani, capita di assistere all’insediamento del governo più compiutamente fascista degli ultimi 100 anni, con l’aggiunta di una nutrita rappresentanza fondamentalista, per decise punte reazionarie… Di quelle che un tempo sarebbero state subito riconosciute come “clerico-fascismo” e che oggi vengono eufemisticamente chiamate “centrodestra”, per distorsione semantica, dove la componente ‘moderata’ sarebbe rappresentata dallo spettro caricaturale di un Silvione allo stato terminale (una garanzia!).
Perché gli italiani, non conoscendola affatto, hanno bisogno di rivivere la storia più e più volte, non assimilandola mai, sempre in bilico tra la tragedia e la farsa, con spiccata propensione per quest’ultima, nel limite sottile che separa l’una dall’altra.
In merito alle aspettative messianiche che circonfondono la statista della Garbatella, i nostri ineffabili pennivendoli d’accatto, in piena opera di riposizionamento, già parlano di “mamma al governo” (sic!).
A noi, più che altro viene in mente il Céline migliore…

“Perché nel cervello d’un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose e di molto crudeli.”

Louis-Ferdinand Céline
“Viaggio al termine della Notte”
(1932)

Il nostro viaggio nella notte più buia della Repubblica è appena cominciato. E sarà una lunga notte…
Poi, nella pratica, quello che la Mamma d’Italia potrà fare o meno è già scritto altrove: la politica economica la dettano UE e BCE; mentre la politica estera la impongono USA e NATO. L’unica libertà concessa alla ducia in pectore sarà quella di riportare l’Italia al medioevo dei diritti. Ma la regressione culturale era già in atto da tempo. Il pubblico non si accorgerà della differenza.
Buonanotte Italia

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In Nome del Papa Re

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , on 23 giugno 2021 by Sendivogius

Era il 2013 ed il gesuita furbo travestito da francescano si esibiva in un’altra delle sue performance mediatiche, che tanto incantano i gonzi alla sinistra del papa. Ve la ricordate?!?

“Chi sono io per giudicare un gay?”

Poi, nel frattempo, oltre al (pre)giudizio, è arrivato pure l’anatema, con tanto di interdizione pontificia, contro una legge che vorrebbe porre un limite al pestaggio dei froci come sport nazionale.
Pare che qualche spirito laico, sbagliando, si sia risentito per (l’ennesima) indebita intromissione in faccende altrui, da parte del pontefice massimo e la sua ingombrante ecclesia. Mai infatti tanta indignazione contro l’ingerenza vaticana fu più malriposta.
Per un’associazione a delinquere fondata sullo sfruttamento della credulità popolare e sulla circonvenzione di incapace, finalizzata all’appropriazione indebita di risorse pubbliche, nonché all’accantonamento e riciclaggio internazionale di fondi neri, dove gli affiliati nel tempo libero si inculano i bambini o peggio (ma se lo stupratore è un prete, non è “peccato”), in regime di impunità permanente, una nota di protesta formale contro la Repubblica Italiana (succursale vaticana) per un disegno di legge parlamentare, che qualora fosse malauguratamente approvato renderebbe più complicato discriminare froci e affini, additandoli al pubblico disprezzo come stigma liturgico, costituisce veramente l’ultimo dei problemi. Visto che un tempo, nemmeno troppo remoto, la Chiesa gli omosessuali era solita mandarli a meditare a fuoco lento, direttamente sul rogo, lanciando finocchi (da lì il simpatico nomignolo) sulla pira ardente, onde coprire il lezzo della carne bruciata, parliamo proprio di quisquiglie. Si tratta di un niente, per chi nel suo ordinamento giuridico, attraverso il sistematico ricorso alla pena capitale, prevedeva l’esecuzione per squartamento, estesa ai delitti di lesa maestà, e generosamente dispensata fino alll’anno di grazia 1828.
E adesso si vorrebbe sollevare un caso, destinato a sgonfiarsi nelle prossime 24h tra la supina accondiscenza cortigiana al primato del papa-re, su ingerenza clericale, col solito codazzo di atei-devoti e sovranisti col rosario, perché alle ultime metastasi di questa teocrazia medioevale (dove peraltro la pederastia è di casa) non piace l’approvazione di una legge che, in linea puramente teorica, dovrebbe introdurre qualche blanda e del tutto simbolica “misura di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenzaper motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”?!? Ma suvvià, signora mia!
Per inciso, la Chiesa è ferocemente contro il divorzio, la contraccezione, l’aborto, e perfino contro le coppie di fatto e la convivenza extramatrimoniale. Fino al 1970 pregava anche contro “i perfidi giudei” (nel frattempo c’era stato anche un tentativo di genocidio, ma vabbé certe tradizioni sono dure da cambiare)… e c’è chi si scandalizza perché si scaglia tanto contro i sodomiti?!? Le pratiche dei quali sono peraltro apprezzatissime nelle sacre stanze del Vaticano.

Ci si meraviglia pure se da 2000 anni la Chiesa ce l’ha ossessivamente coi froci… ma anche coi miscredenti… con gli atei… gli eretici… gli apostati… L’elenco completo lo trovate QUI, si chiama “Sillabo” e non risulta sia stato mai abolito.
Contro qualcuno i papi dovranno pur lanciare anatemi, mentre sculettano sul pulpito indossando una gonna.
Con ogni evidenza, rientra nel “modo di vivere cristiano”.

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(121) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 31 marzo 2019 by Sendivogius

Classifica MARZO 2019”

Che famija de merda!

È inutile rigirarla con tanti fronzoli… Il congresso di Verona è solo l’ultimo schizzo di merda in un pozzo nero senza fondo, per la stura di fanatici di ogni risma: uomini (?) che odiano le donne (tanto ne sono terrorizzati) e che però pretendono di parlare a loro nome, ipotecandone diritti e libertà, riuniti in conclave al sedicente “convegno delle famiglie”; omofobi ossessionati dai gay (mamma li froci!), tanto bastano a destabilizzare le loro insicurezze di genere; talebani del fondamentalismo cristiano, con l’immancabile codazzo di vescovoni medioevali che però reputano un loro precipuo diritto sodomizzare i pargoli, devastando le famiglie altrui (rigorosamente ‘tradizionali’).
Ultimamente, l’Italia sembra essere diventata un laboratorio privilegiato dell’internazionale nera, almeno nelle intenzioni ideali della destra più reazionaria e retriva, che guarda al cosiddetto “governo del cambiamento” come ad un opportunità irripetibile. E nel loro immaginario fantastico ne costituisce il cavallo di Troia che scardinerà dall’interno l’Europa, instaurando un nuovo ordine, attraverso la saldatura ideale con l’integralismo delle sette evangeliche, l’ultraconservatorismo cattolico, il neo-nazismo riscaldato (e sdoganato) in salsa sovranista, insieme agli spurghi di fogna provenienti dalle cloache di ogni latitudine. Dalla Russia nazi-bolscevica del compagno Putin…
Ai nazisti da operetta (non solo dell’Illinois) negli USA del camerata Trump…
Passando ovviamente per l’Ungheria di Orban (con le sue nuove Croci Frecciate), ai nazionalisti di madame Le Pen e tutto il cucuzzaro sciovinista, che s’agita da Berlino a Visegrad.
Per la Lega salviniana a trazione clericofascista sembra che niente sia troppo a destra. E il Congresso di Verona non fa eccezione. Infatti vi partecipa con un nutrito manipolo di ministri verde-bruni, in rappresentanza del governo in carica, per una perfetta continuità di intenti.

Li accomuna l’illusione di elidere la complessità del mondo contemporaneo con una ritrovata semplicità pre-moderna, per involuzione primitiva dello stesso, condividendo la visione fortemente regressiva di una società fratturata in trincee di ridotte blindate per paranoici, con licenza di sparare a vista ad ogni possibile intruso, in vista di chissà quale invasione aliena: una comunità armata di fedeli devoti al dio degli eserciti, in difesa della Fortezza Europa.
L’idea è vecchia… Ci aveva già pensato a suo tempo lo zio Adolf in arte führer, ma in concomitanza col gran revival nazifascista in corso sembra essere tornata di gran moda….
Cazzo! Sembrano i cattivissimi Nazi-Imperiali psicopatici di Star Wars..! Dall’emblema dell’Impero dei Sith…

A quello di Fortezza Europa…

La scelta della nerissima Verona non è niente affatto casuale, essendo stata da tempo eletta a capitale dei movimenti di estrema destra che rifluiscono nella città scaligera, trovandovi un alveo quanto mai prospero ed accogliente per proliferare, dopo averne fatto la loro fucina sperimentale…
In questo la Lega del duce di ghisa, più ancora dei suoi predecessori, si sta rivelando un ottimo collettore (fognario), per liquami assortiti.
In fondo, parliamo di un partito che sta spostando le lancette della civiltà del diritto a diversi secoli addietro, con la sua retorica securitaria e la propaganda forcaiola pompata ai massimi livelli.
Perché, in assenza di coesione, il rancore può essere un ottimo collante per un tessuto sociale lacerato dalla lunga crisi, nella raccolta e nell’esasperazione di frustrazioni collettive.
Perché in una società senescente di vecchi spaventati, l’uso e l’abuso della paura è lo strumento migliore per raccogliere facili consensi, senza che peraltro i problemi siano mai davvero affrontati al netto delle fanfaronate machiste, la minaccia di punizioni esemplari e l’istituzione di leggi draconiane, nell’universo nazi-fantasy di una compagine politica che nel suo tribalismo armato, se potesse, ripristinerebbe il Codice di Hammurabi, qualora non fosse troppo moderno.
Quando si parla di stupro (lo stesso che i gialloverdi augurano on line con cadenza quotidiana al nemico del giorno), se ogni volta comincia tra leghisti e grillini in cerca di visibilità un patetico rilancia e raddoppia di provvedimenti severissimi a chiacchiere, che fanno il paio con la totale assenza di certezza della pena, per mostrare ai propri elettori chi ce l’ha più lungo… “dieci anni di carcere per gli stupratori… No! Almeno 20 anni! Ergastolo!! CASTRAZIONE!!!”… allora è fin troppo ovvio che non ci sia in realtà alcuna intenzione di affrontare seriamente l’odioso fenomeno e tutto si riduce a boutade elettorale.
É altrettanto ovvio che delle “donne” non freghi loro assolutamente nulla, essendo le stesse uno strumento funzionale ad una presunta egemonia maschile, che si sente costantemente minacciata dall’elemento femminile, tanto è inadeguata a relazionarsi con essa in modo paritario e che non sia mera sudditanza al “maschio” e lontanissima dalla realtà: una donna angelicata (a parole) ed orpello del focolare domestico da usare piacimento.

In pratica, una madonna laica, che sia però puttana a letto e schiava in casa: una via di mezzo tra colf, badante, oggetto sessuale, ed incubatrice di fanciulli da sfornare con cadenza annuale, per rinfoltire i ranghi dei nuovi balilla di regime alle guerre razziali.
In fondo, anche questa è tutta merda già abbondantemente vista in passato…

Ogni altra interpretazione di ruoli, insieme a tutto ciò che possa esulare dai rigidi schemi prestabiliti di una visione talebana, si configura allora come sovvertimento dell’ordine naturale, pretescamente dato: è contro natura, innaturale, diabolico; qualcosa di perverso, da redimere e perseguire in caso di recidiva… come gli eretici con la ‘santa’ inquisizione.
Ovvero, una disfunzione patologica da “curare” coattivamente, su precisa sintomatologia clinica, come avveniva ai bei tempi dei manicomi che si accompagnavano alle case chiuse. Perché una donna che non si sottomette, è pazza o puttana. In ogni caso va reclusa, affinché il contagio non si propaghi.

Hit Parade del mese:

01. A NOI!

[13 Mar.] «Annuncio che stiamo lavorando con l’ambasciatore francese per riprenderci la Gioconda.»
 (Matteo Salvini, Mitomane)

02. ALLOGENI & MERDONI (I)

[21 Mar.] «La cittadinanza a Ramy? Valuteremo.»
 (Matteo Salvini, il Valutatore)

02.bis ALLOGENI & MERDONI (II):
Poenitentiam agere

[22 Mar.] «La cittadinanza non è un biglietto del lunapark.»
 (Matteo Salvini, Bimbominkia)

02.ter ALLOGENI & MERDONI (III):
Cuique suum tribuere

[23 Mar.] « Rami vorrebbe avere lo ius soli? Lo potrà fare quando verrà eletto parlamentare.»
 (Matteo Salvini, il Bullo)

02.quater ALLOGENI & MERDONI (IV):
Dignus non est

[25 Mar.] «Io devo rispettare la legge e farla rispettare. Stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso. Purtroppo a stasera non ci sono gli elementi per concedere la cittadinanza a Ramy. Non posso regalare le cittadinanze, a oggi non ci sono gli elementi per concedere la cittadinanza.»
 (Matteo Salvini, l’Inflessibile)

02.quinquies ALLOGENI & MERDONI (V):
Filioque

[25 Mar.] «Sì alla cittadinanza a Rami: è come se fosse mio figlio.»
 (Matteo Salvini, il papà della patria)

03. ASSENZA DI SENSO

[03 Mar.] «Chiunque abbia un minimo di buon senso non vede alcun razzismo.»
 (Beppe Grillo, il Cieco)

04. PURE TERZANI!

[28 Mar.] «Il premio Terzani non promuove qualcosa di specifico e identificabile con la nostra realtà e funge in maniera marginale da traino per l’industria turistica. Terzani è diventato un Santo secolare, un oggetto di culto, complimenti a chi è riuscito a imporlo associandolo a un’idea di alta qualità come persona, della quale io fortemente dubito anche perché ci sono autorevoli esponenti che sull’analisi storica di Terzani avrebbero mosso più di qualche critica.
Avevamo chiesto già in campagna elettorale un ripensamento di questa manifestazione…. c’è la necessità di condividere un progetto un po’ più vicino e un po’ meno lontano dalla città, più collegato alla nostra realtà locale e che consenta un confronto più ampio di posizioni…. Riguardo al premio nessuno discute la qualità letteraria degli scritti di Terzani, ma credo che il suo sia un modello molto distante dalla sensibilità della maggioranza dei friulani.»
 (Fabrizio Cigolot, ovviamente leghista)

05. LA MINACCIA FANTASMA

[28 Mar.] «È in atto un’aggressione mondiale alla famiglia naturale.»
 (Maria Giovanna Maglie, più bella che intelligente)

06. FUROR UTERINUS

[28 Mar.] «Il “codice rosso” è una norma che prevede che quando una donna fa una denuncia per violenza deve essere ascoltata entro tre giorni dal Pg o dal Pm. Così si può appurare immediatamente se si ha a che fare con una isterica o con una donna in pericolo di vita e salvarla.»
 (Giulia Bongiorno, la garante leghista)

07. MASTURBAZIONI FILOSOFICHE

[29 Mar.] «Coloro che converranno a Verona hanno le loro idee ma bollarli come gli alfieri di un ritorno al Medioevo significa, da una parte, delegittimarli prima ancora di discuterne (e caso mai confutarne) le tesi, dall’altra, mostrare di avere un’idea molto vaga e approssimativa del Medioevo, ove si sono forgiate le idee e le libertà del mondo attuale, come la storiografia attuale ci sta insegnando. Vedere il Medioevo come un insieme di “secoli bui” era strumentale alla retorica degli illuministi, che non a caso avevano una concezione del Progresso unilineare»
 (Corrado Ocone, sofista da tre euro)

08. L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI LORELLA

[04 Mar.] «Penso che sia importante ricordare che le elezioni che abbiamo fatto lo scorso anno erano elezioni che non facevamo da diversi anni. Ora non ricordo, ma noi non votavamo veramente per le politiche da quanto, forse dieci anni?»
 (Lorella Cuccarini, opinionista sovranista)

09. COLPO SU COLPO

[23 Mar.] «Ho capito il gioco di Salvini, è chiaro, ogni volta che otteniamo un risultato, lui prova a spostare l’attenzione su qualcosa che non va. Ma ora rispondo colpo su colpo.»
 (Luigi Di Maio, la pezza da piedi)

10. AGNUS DEI

[03 Mar.] «Chiunque vinca le primarie non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito.»
 (Matteo Renzi, la vittima)

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ILLUMINATI

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 20 settembre 2013 by Sendivogius

Art of GRIM REAPERQuando si parla di “Illuminati” si rischia quasi sempre di cadere nel ginepraio delle teorie del complotto, dove a prevalere sono le distorsioni cognitive, nel filtraggio dei fatti attraverso la generalizzazione delle conclusioni.
Quella degli Illuminati di Baviera è una storia nota e circostanziata, soprattutto datata, di cui si dovrebbe sapere tutto eppure si conosce poco, tanto è stata manipolata e riadattata nella creazione di leggende sempre nuove.
EXCALIBURGli Illuminati bavaresi sono un tipico prodotto culturale del XVIII secolo, in cui si intrecciano irrazionalismo tedesco e proto-romanticismo, insieme a confuse istanze di rinnovamento spirituale e riforma sociale. Vi confluiscono il gusto per l’organizzazione segreta, influenze mistiche d’ispirazione teosofica, e una certa visione magica del mondo.
Nel caso degli Illuminati, la scelta del nome non era certo priva di una forte carica simbolica, indicando un percorso di elevazione spirituale verso un’illuminazione mistica, rigidamente disciplinata da un percorso progressivo di gradi di conoscenza secondo un impianto tipico delle prime società massoniche, anche se gli Illuminati frammassoni non lo furono mai. Ovviamente, soprattutto nelle intenzioni dei suoi fondatori, non mancavano richiami al pensiero illuminista in omaggio agli Encyclopédistes e, implicitamente, ai principi radicali di Jean-Jacques Rousseau.
Ce n’era abbastanza per terrorizzare i settori più reazionari del governo bavarese, perché quello che viene ricordato come il Secolo dei Lumi era in realtà un’epoca di assolutismi, ancora intrisa di superstizioni e di retaggi feudali, stretta tra i rigori della censura ed un’opprimente cappa clericale. Infatti, al di fuori dei salotti letterari dove si davano convegno i circoli intellettuali più dinamici, si apriva un mondo tutt’altro che razionale e illuminato…
Hohenfriedeberg.Attack.of.Prussian.Infantry.1745Il XVIII secolo si era aperto con la Guerra di successione spagnola (1701-1714); per continuare poi con la Guerra di successione austriaca (1740-1748); e chiudere in bellezza con la Guerra dei sette anni (1756-1763), durante la quale Federico II di Prussia aveva potuto esibire i suoi brillanti reggimenti di coscritti, reclutati a forza tra chiunque potesse imbracciare un fucile. I conflitti erano nati per una delle tante dispute dinastiche, circa la trasmissione di feudi e ducati, coi quali le teste coronate arricchivano l’elenco dei loro titoli araldici. Quindi, la guerra era proseguita, alimentata da nuove rivendicazioni territoriali, e si era estesa su quattro continenti (Europa, Africa, Americhe, India), prosciugando le finanze delle monarchie europee e prostrando le popolazioni. Alle estreme propaggini settentrionali dell’Europa, la Scozia usciva a sua volta dissanguata dopo la lunga serie di rivolte giacobite.
Giacobiti - Clan CullodenIn quasi tutta l’Europa (non solo in Russia) vigeva la servitù della gleba e in caso di fuga, specialmente nelle regioni orientali, si era soliti punire i contadini con la marchiatura a fuoco sul viso o con il taglio di naso e orecchie. Quest’ultima pare fosse una pratica piuttosto comune in Romania, riservata alla popolazione rom tenuta in schiavitù.
Il commercio degli schiavi era ampiamente esercitato con profitto e lo sfruttamento servile costituiva la norma nell’economia delle Americhe.
Stiramento La tortura era pratica comune (e abusata), mentre la pena capitale veniva dispensata con generosità e varietà di esecuzioni. Ma per coloro che attentavano al sacro corpo del sovrano erano previste pubbliche macellazioni: come l’atroce supplizio di Robert-François Damiens nel 1757 che disgustò tutta Parigi; oppure le esecuzioni in Gran Bretagna del ribelle scozzese David Tyrie (1782) e del suo omologo irlandese James O’Coigley (1798), condannati entrambi al mostruoso Hanged, drawn and quartered.
drawn-and-quarteredImpalatiIn Moravia e Slesia si impalavano i cadaveri, tanto che nella prima metà del XVIII secolo l’imperatrice Maria Teresa d’Austria aveva inviato il suo archiatra, Gerard van Swieten, per porre fine alla disdicevole consuetudine. Nelle regioni balcaniche e transilvane, il servizio veniva applicato soprattutto ai vivi. E questo sollevava minori problemi.
La caccia alle streghe, lungi dall’essere scomparsa, era ancora piuttosto diffusa e di tanto in tanto si accendeva qualche rogo: nel cantone svizzero di Glarus (1782); in Polonia, a Durochowo (1775) e Poznan (1783). Nel ducato tedesco del Württemberg, processi per stregoneria vennero celebrati fino al 1805. Nella vicina Baviera, dove la repressione delle streghe era sempre stata particolarmente ‘zelante’, le persecuzioni cessarono nel 1792, mentre l’ultimo barbecue è del 1756. In compenso, la Baviera può esibire a suo vanto la doviziosa inquisizione (e sterminio) della famiglia Pappenheimer.
Scandalo della CollanaMa il ‘700 fu anche l’epoca di avventurieri come Cagliostro ed il Conte di Saint-Germain, che infinocchiarono le corti di mezza Europa con le loro fole alchemiche ed elisir di lunga vita, contribuendo non poco ad alimentare la moda delle società segrete e la mania per i frammassoni.
Tra tutte le confraternite, consorterie, logge e associazioni sorte nelle seconda metà del XVIII° secolo, quella degli Illuminati fu probabilmente la più scalcinata, tra le peggio organizzate e nemmeno la più longeva. Di certo non fu tra le più segrete, visto che di loro la autorità bavaresi sapevano praticamente tutto.
Probabilmente, i fantomatici Illuminati di Baviera non avrebbero attirato tante attenzioni su di loro se, come tante altre associazioni goliardiche filiate in ambito accademico ed a loro contemporanee, se si fossero limitati a qualche rituale cavalleresco di ispirazione romantica.
MassoneriaOppure, avrebbero potuto dedicarsi con profitto alle ciarlatanate dei primi frammassoni: un po’ di nonnismo da caserma e qualche piccolo trucco da baraccone per impressionare gli ingenui neofiti, ansiosi di essere iniziati a pratiche non più misteriose del catechismo della prima comunione, concionando di improbabili vendette ed improbabili gradi rituali. E chiudere in bellezza con abbuffate pantagrueliche, meglio ancora se finanziate a scrocco dalla quota d’iscrizione di qualche vanitoso borghese, desideroso di acquistare a buon mercato qualche roboante titolo immaginario (cavaliere d’Oriente, principe del Libano, gran patriarca noachita, commendatore dell’aquila bianca e nera, cavaliere dell’ascia reale) con cui surrogare l’assenza di blasoni nobiliari.
Karl Gotthelf von Hund Magari, se avessero inscenato pompose mascherate in costumi medioevali, come i neo-templari di Stretta Osservanza del barone Karl Gotthelf von Hund, con continue professioni di fede e ubbidienza ai poteri costituiti, avrebbero avuto meno guai. A Karl von Hund (che per inciso significa “cane”) si deve tra l’altro la fortunata invenzione dei “Superiori Ignoti”; idea comunque non nuova, visto che sembra una riproposizione aggiornata dei “Maestri Invisibili” della Rosa-Croce. Tutti sarebbero detentori di un’antica sapienza, meglio se “egizia”, preservata nei secoli e trasmessa a pochi eletti. Invisibili o ignoti che siano, esoteristi e cultori della ‘tradizione’ ermetica andranno cercando questi ritrosi Sconosciuti per ogni angolo del globo, senza peraltro mai riuscire a scovarli. In compenso, gli ‘eletti’ più intraprendenti si inventeranno improbabili messaggi telepatici o contatti onirici con gli irraggiungibili “Superiori”.
Rosa-CroceIl sedicente Ordine dei Perfettibili, eppoi Ordine degli Illuminati, viene costituito nel 1776 dal Adam_Weishaupt27enne Adam Weishaupt, un oscuro docente di diritto canonico nell’università bavarese di Ingolstadt, sull’innesto di una preesistente conventicola di studenti universitari e costituito da un nucleo originale di 4 componenti (oltre a Weishaupt) dove il più anziano non ha ancora compiuto i 21 anni.
Il prof. Weishaupt era stato invitato da un paio di giovanissime matricole di giurisprudenza a presiedere le riunioni del minuscolo gruppetto studentesco, desiderosi di darsi un tono con gli altri colleghi di corso. L’ambizioso professore vede invece l’occasione di dare una scossa alla monotonia della sua vita accademica e l’opportunità di crearsi il suo personalissimo cenacolo filosofico, votato alla perfezione ed inquadrato sotto una rigida gerarchia, al cui vertice (ovviamente) ci sarebbe stato Weishaupt stesso, in qualità di mentore e maestro.
Sigilli templariInnanzitutto, ci si inventa una origine “antichissima” e possibilmente esotica… Poiché templari, rosacroce, antichi egizi ed architetti salomonici sono già impegnati, e siccome la vera sapienza deve necessariamente risiedere in Oriente, si guarda alla Persia ed a Zoroastro. Quindi le origini della setta vengono fissate al 632 d.C. e legate ad un non meglio precisato Culto del Fuoco zoroastriano. La sezione bavarese non era che la filiazione di una confraternita molto più grande con migliaia di adepti sparsi in tutto il mondo, titolare di segreti millenari e presieduta da un consesso di maestri iniziati dall’identità segreta. A questo punto, adescato il credulone di turno, il fantasioso Weishaupt “organizzava incontri in cui gli adepti, potevano assistere ad ‘incredibili’ esperimenti di elettricità, impartiva lezioni di filosofia morale e richiedeva puntualmente il pagamento di una retta ai propri soci facoltosi per finanziare il suo misterioso cammino di perfettibilità (Errico Buonanno).
Adam Weishaupt Attingendo ampiamente dall’armamentario massonico, Adam Weishaupt (che nel giro si fa chiamare “Spartacus”) costruisce una gerarchia semplificata di gradi e classi. Al vertice vi è un “aeropago” con mastro Spartaco affiancato dagli “anziani”, ovvero i ventenni Anton von Massenhausen (Aiace) e Max Merz (Tiberio).
Tra le grandi trovate dell’Ordine antichissimo, c’è l’invenzione del Quibus licet: una specie di diario in cui il novizio doveva annotare e raccontare tutto di sé, insieme ad un dettagliato resoconto delle ricchezze personali e di famiglia, influenze e protezioni… Una volta compilato in dettaglio, il diario andava consegnato ad Adam Weishaupt.
I Perfettibili, costantemente a corto di quattrini e di idee, cambiano il nome in Ordine degli Illuminati, ma le cose non migliorano… Nel 1779, a tre anni dalla sua creazione, l’Ordine conta appena 29 membri. Tale è il suo appeal tra gli studenti di Ingolstadt, che mal digeriscono il Adolph Freiherr von Kniggenarcisismo dispotico di Weishaupt. Quest’ultimo, alla disperata ricerca di protettori e aderenti, nel frattempo, su raccomandazione del barone Adolph Freiherr Knigge si è iscritto alla loggia massonica ultra-lealista conosciuta come “Teodoro al buon governo”. Il riferimento esplicito è al duca Carlo Teodoro di Wittelsbach, signore della Baviera e Principe del Sacro Romano Impero. 
Si può immaginare quale carica eversiva avessero i propositi di Weishaupt..!
Adolph Freiherr Knigge Originario di Francoforte, il barone von Knigge vanta ottime entrature tanto nella corte bavarese quanto nei circoli massonici. Nel 1780 entra a far parte degli “Illuminati” con lo pseudonimo di Filone. Avventuriero e uomo di mondo, ex soldato di ventura e con una passione per il teatro, riformatore e libertino, Knigge intravede le potenzialità degli Illuminati e pensa di farli fruttare a suo vantaggio e attuare i propri progetti di riforma…
Sotto i buoni auspici di Adolf von Knigge, l’Ordine degli Illuminati viene riadattato secondo le nuove esigenze di marketing per far proseliti: Il barone aumenta il numero dei gradi di ‘iniziazione’ e, con un certo gusto teatrale, cura i rituali scenici. Già che c’è, sposta le origini della setta fino a Noé, passando per Giovanni evangelista e Gesù Cristo, tutti ovviamente iscritti d’ufficio alla confraternita. Dopo la riorganizzazione curata da Knigge, in un triennio, l’associazione passa da circa 50 membri a quasi duemila, soprattutto tra la gente che conta. Motivo per cui Knigge e Weishaupt annacquano in fretta la loro carica radicale e teista, mettendo da parte ideali libertari e propositi repubblicani. Aderiscono agli Illuminati, personaggi del calibro del Duca di Brunswick-Wolfenbüttel (Aronne); il barone Ditfurth (Minosse), consigliere della Camera imperiale; i duchi di Sassonia; il barone von Dalberg, arcicancelliere del Sacro Romano Impero
CarnevaleCon il successo, aumentano le ripicche e le gelosie, le vecchie logge della massoneria spiritualista si sentono espropriate dei loro clienti più facoltosi.

«Le autorità iniziarono improvvisamente a ricevere sempre più denuncie. Un ufficiale di fanteria di nome Ecker, fondatore di una loggia rosicrociana a Burghausen ed entrato in conflitto anni prima con Weishaupt, assicurò alla polizia che quello degli Illuminati non era un ordine come tanti, mentre via via affiliati “pentiti” erano pronti a rivelare nuove verità improbabili: amoralità, corruzione, spionaggio persino.
Il 22 giugno 1774 il duca elettore di Baviera emise un editto in cui venivano proibite tutte le società segrete non approvate dal governo. Dopo una lunga riflessione, il 24 febbraio 1785 gli Illuminati reagirono scrivendo al sovrano di essere sicuramente vittime di un malinteso o di un complotto gesuita, come il buonsenso del duca non avrebbe tardato a capire. La sua risposta non si fece attendere; sei giorni dopo, Carlo Teodoro soppresse ufficialmente l’Ordine degli Illuminati, dichiarandone fuorilegge ogni attività. Per l’epoca, molte logge si erano semplicemente convertite in “società di letture”.»

 Errico Buonanno
 “Sarà vero. La menzogna al potere”
 Einaudi, 2009

E se questo fosse un romanzo, dovrebbe cominciare col più classico degli incipit: Era una notte buia e tempestosa
Il 10 luglio nell’anno di grazia 1785, in una notte di tregenda un uomo dalle vesti nere percorre a fatica le strade fangose delle campagne bavaresi, martellato da una pioggia impietosa, nel vano tentativo di raggiungere le lontane province della Slesia prussiana. Vuoi la collera divina, o una caduta accidentale da cavallo, o il sicario di una setta rivale, lo sfortunato viandante ingaggiato per un viaggio impossibile non giungerà mai a destinazione. Nei pressi di Regensburg, viene rinvenuto il cadavere di quello Johan Jakob Lanzche si rivelerà essere un prete cattolico; Johan Jakob Lanz, viene ritrovato affondato nella melma, in apparenza folgorato. Lanz (col nome di battaglia di “Tamerlano”) è un affiliato degli Illuminati ed ha le vesti imbottite con mucchi di carte compromettenti dell’Ordine. La scoperta dimostrava come la setta avesse ignorato bellamente il divieto imposto dal Duca di Baviera, che aspetta tre mesi per organizzare una retata contro i membri della confraternita, acquisendo documenti, elenco degli iscritti, carte di intenti e quant’altro può essere utile a screditare l’organizzazione. La repressione peraltro è blanda, anche in virtù di accuse e prove inconsistenti per un vero processo: le condanne più severe non superano i cinque mesi di reclusione e non prevedono la confisca dei beni. Il marchese Constius de Costanzo ed il conte Ludovico Savioli-Corbelli vengono semplicemente invitati a lasciare la Baviera e fare ritorno in Italia. Per il disturbo viene loro fornito un vitalizio.
Monaco di BavieraFrancobollo celebrativoIl barone Adolf Knigge, che per di più era già uscito dall’Ordine dopo aver bisticciato con Weishaupt, era riuscito a farsi raccomandare presso il principe Giorgio III di Hannover, svolgendo incarichi amministrativi e dilettandosi nel tempo libero con la pubblicazione di romanzi umoristici e d’avventura, fino alla sua morte nel 1796.
Adam Weishaupt perse il posto all’università e venne condannato in contumacia, visto che nel frattempo si era rifugiato a Ratisbona. La cosa non gli impedì di trovare un pronto impiego come precettore privato. Nel 1808 verrà riabilitato e prosciolto da tutte le accuse, otterrà un incarico presso l’Accademia delle Scienze ed anche una piccola pensione, convertito in buon cattolico ossequioso dell’autorità costituita.

«Sugli Illuminati di Baviera è stata scritta, dal tempo della loro soppressione fino ai nostri giorni, un’enorme quantità di sciocchezze. Weishaupt certamente voleva cambiare il mondo e sottolineò l’importanza della segretezza, dell’obbedienza, dell’interrogazione e dell’inquisizione degli inferiori, cosa che sa di scuola di dispotismo. Ma nel cercare di sfruttare a fine politico la segretezza massonica, non aveva fatto che seguire l’esempio dei principi conservatori tedeschi, cercando di trasformare il loro esempio a vantaggio dei radicali. Era del tutto inutile; in Weishaupt c’era troppo del maestro di scuola e troppo poco del politico. Quando il governo bavarese suppose che la presenza degli Illuminati si fosse fatta allarmante, nel 1785 li identificò e li soppresse senza il minimo problema.
[…] Quattro anni dopo, quando scoppiò la Rivoluzione francese, le mitiche credenze circa gli Illuminati di Baviera finirono nel crogiuolo di una più vasta e avventata teoria cospiratoria.»

  Peter Partner
“I Templari”
Einaudi, 1987

Gli Illuminati nacquero anche in contrapposizione ad un certo “gesuitismo” (nonostante lo scioglimento della Compagnia), ancora prevalente in ambito accademico. Per un curioso paradosso, il fondatore Weishaupt, che si era formato presso i gesuiti, profondamente avverso all’Ordine di Loyola, finì per mutuarne i metodi nell’organizzazione della setta e fu accusato lui stesso di gesuitismo dalle confraternite massoniche alle quali si ispirava. Destinati a scomparire in fretta e dissolversi nell’oblio, gli Illuminati devono la loro fama tanto sinistra quanto imperitura proprio alla crociata anti-illuminista di un ex gesuita, che trasformò i suoi nemici in un formidabile spauracchio immune allo scorrere del tempo. E d’altronde, al colmo di un gioco di specchi infinito, come era già avvenuto per i Rosacroce, anche gli Illuminati furono accusati di essere stati fondati dai gesuiti per infiltrarsi nel mondo delle società segrete.
Zee_cast by AlexiussOggi, ad oltre 200 anni dal suo scioglimento, del sedicente “Ordine degli Illuminati” non si ricorderebbe più nessuno, se non fosse per l’instancabile zelo reazionario dell’abate Barruel che, a partire dal 1794, e soprattutto nei cinque tomi che compongono la sua monumentale “Storia del Giacobinismo” (Mémoires pour servir à l’Histoire du Jacobinisme) pubblicati tra il 1796 ed 1803, dette la stura ad un incredibile frullato di ipotesi strampalate, alla base del moderno cospirazionismo.
Augustin Barruel Basandosi su una mole impressionante di documenti, sulla scia della pamphlettistica di fine ‘700, Augustin Barruel riassembla testi, che taglia e ricuce attraverso una ridda di congetture e supposizioni in feroce polemica anti-illuminista. Massoneria e società segrete, Templari e Rosa-Croce, sette ereticali del medioevo, filosofi laici e libero pensiero, Voltaire e gli Enciclopedisti, repubblicani e giacobini, ma anche Federico II di Prussia ed il Duca d’Orleans… tutto fa brodo nell’ossessione controrivoluzionaria del prolifico abate e nell’incrollabile certezza che la Rivoluzione francese del 1789 sia scaturita da un gigantesca cospirazione contro la monarchia.

«Nella Rivoluzione francese tutto, persino i suoi misfatti più spaventevoli, tutto era stato preveduto, meditato, combinato, risoluto, stabilito; tutto fu l’effetto della più profonda scelleratezza, poiché tutto è stato condotto da uomini che soli tenevano il filo delle cospirazioni ordite nelle società segrete, e che hanno saputo scegliere e studiare il momento propizio alle congiure»

  A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo I (1802)

MemoiresPer Barruel si tratterebbe infatti di una “congiura anticristiana”, in gestazione da secoli, contro il diritto divino di imperatori e papi, atto a scardinare quello che lui ritiene un perfetto ed immutabile ordine naturale per volontà celeste, secondo un principio rigorosamente gerarchico.

«Col malaugurato nome di Giacobini è comparsa nei primi giorni della rivoluzione francese una setta che insegna che gli uomini sono tutti eguali e liberi, e che in nome di questa libertà ed uguaglianza disorganizzanti calpesta altari e troni, spingendo tutti i popoli alle stragi della ribellione ed agli orrori dell’anarchia.»

  A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo I (1802)

Secondo l’immaginifico abate è una cospirazione universale che si attiva su tre livelli (contro la religione, contro la monarchia ed infine contro la società universale); per “mezzi” (Enciclopedisti e libero pensiero) e per “gradi” (messa in discussione del potere assoluto dei re e primi esperimenti democratici); nel corso di “epoche” (dall’Illuminismo alla massoneria).
VoltaireTutto avverrebbe in un perfetto gioco ad incastri dove nulla è casuale e tutto è preordinato.
Nell’universo cospirazionista, concepito dalla fervida fantasia di Barruel, gli “Illuminati” fanno il loro ingresso (più che trionfale), soltanto nel 1798 con la pubblicazione del terzo tomo a loro interamente dedicato, tanto non par vero all’abate di aver trovato (a partire dal nome stesso) il presunto trait d’union di tutte le sue ossessioni, nell’equazione Illuminati-Illuminismo-Frammassoni-Eretici-Luterani:

«Il nome di Illuminato, scelto da questa setta, la più disastrosa nei suoi princìpi, la più vasta nei suoi progetti, la più astuta e scellerata nei suoi mezzi, questo nome d’Illuminato è antico negli annali dei sofisti sconvolgitori; se ne vantavano in principio Mani e i suoi seguaci….
I primi Rosa-Croce comparsi in Germania si dicevano anch’essi Illuminati. Ai giorni nostri i Martinisti e varie altre sette fanno riferimento all’Illuminismo.
Per fedeltà alla Storia, distinguendo i loro complotti e i loro dogmi, io li ridurrò a due classi. In oggi vi sono degl’Illuminati dell’ateismo e degli Illuminati della Teosofia. Questi ultimi sono particolarmente i Martinisti, dei quali ho già fatto conoscere il sistema nel secondo tomo, e gli Swedenborghiani, riguardo ai quali dirò a suo tempo e luogo quanto mi è riuscito di sapere della loro setta.»

  A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo III (1802)

E diventano l’oggetto principale delle sue paranoie, tanto che agli “Illuminati” (di Baviera) l’abate Augustin Barruel dedica anche il quarto ed il quinto volume delle sue “Memoires”.

«L’ordine che seguirò per svelare i fasti della setta è quello delle sue epoche più importanti.
La prima epoca sarà quella in cui Weishaupt getta le fondamenta del suo Illuminismo formando attorno a sé i suoi primi adepti, le sue prime logge, cercando i suoi primi apostoli e disponendoli a delle grandi conquiste.
La seconda sarà quella di una fatale intrusione, che valse a Weishaupt migliaia e migliaia di adepti, e che chiamerò l’epoca della massoneria “illuminizzata”.
Pochi anni bastano a queste conquiste sotterranee, ma il fulmine del Cielo ne avverte la terra, e così la setta e le sue cospirazioni sono scoperte in Baviera; questo è il periodo che essa chiama delle sue persecuzioni; le potenze ingannate lo prendono per il periodo della sua morte. Rifugiatasi nei suoi antri ma più che mai attiva, passando di sotterraneo in sotterraneo essa arriva infine in quelli di Filippo d’Orleans che le dona tutte le logge della sua massoneria francese insieme con tutti i loro adepti delle retro-logge. Da questa mostruosa associazione nascono, insieme coi giacobini, tutti i delitti e tutti i disastri della rivoluzione. Questa è la quarta epoca dell’Illuminismo, quella in cui il leone si sente in pieno vigore ed esce ruggendo dalla sua caverna perché gli occorrono delle vittime. I giacobini massoni illuminati lasciano le logge sotterranee; le loro urla annunziano ai potentati che è tempo per esse di tremare, che è giunto il giorno delle rivoluzioni.»

 A.Barruel
“Memorie per la storia del giacobinismo”
Tomo IV (1802)

Tempo addietro [QUI] avevamo avuto modo di osservare come: le teorie del complotto siano il prodotto di una lunga genesi storica e culturale, aperta ad influssi ed apporti sempre nuovi: sostanzialmente costituiscono l’incontro e la sintesi (in divenire) di più paranoie e di ossessioni collettive che si incontrano, si auto-alimentano e si strutturano con l’aggiunta di elementi sempre nuovi e dinamici. E in tal modo originano una mitopoiesi, tanto complessa quanto poliedrica, che raccoglie alcuni elementi storici e informazioni vere. Tuttavia, i cosiddetti “cospirazionisti” reinterpretano i dati, generando dei falsi metastorici che, per sembrare credibili, attingono costantemente a contenuti reali, plagiati però secondo le esigenze di un immaginario fantastico.
Immortal ad vitam (1)Il “complottista” non confuta un fatto secondo una interpretazione soggettiva (e dunque fallace). Piuttosto, porta avanti una tesi, o meglio una teoria (quasi sempre falsa), che non ha valore relativo ma assoluto. E viene presentata come si trattasse di una verità incontrovertibile, esponendola con i toni della rivelazione. Solitamente, nei casi più raffinati e culturalmente più preparati, la tesi in questione viene suffragata da una massa eccezionale di dati reali e verificabili, che non dimostrano la validità del complotto, ma ‘sembrano’ provarla.
Intendiamoci! I complotti nella storia sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Tuttavia, come sintetizza bene la semiotica di Umberto Eco, i complotti reali hanno una peculiarità: prima o poi si scoprono. Sempre. E ciò avviene in tempi piuttosto ragionevoli. Questo perché, se il complotto riesce, i cospiratori solitamente si vantano del loro successo; se il complotto fallisce, coloro che hanno sventato la cospirazione hanno tutto l’interesse a farlo sapere.
I complotti, anche i più complessi non avvengono mai così come sono stati pianificati. L’imprevisto, come le variabili del caso, sono sempre in agguato. Ma nella mente del complottista le cospirazioni racchiudono sempre una perfezione quasi divina (o meglio, luciferina) che rasenta l’infallibilità. Solitamente hanno una dimensione ‘globale’, e sono capaci di determinare il corso della storia attraverso il controllo di ogni singolo evento

«Naturalmente il potere decide, ma al complottista non basta credere che i vertici siano responsabili di guerre, speculazioni, leggi e percorsi economici. Esaspera, estende e totalizza. Chi ci governa è tanto infallibile da programmare a tavolino ogni casistica e minuzia.
[…] Karl Popper descrisse il fenomeno con un paragone calzante. Il complottismo sarebbe una forma di teismo (e aggiungeva “primitivo”) e chi si abbandona alla “teoria sociale della cospirazione” non farebbe altro che assumere l’ottica dell’Iliade: “secondo la concezione omerica del potere divino, qualunque cosa accadesse sulla piana di Troia, era solo un riflesso dei vari complotti in atto sull’Olimpo”. Insomma “una fede in divinità, i cui capricci e desideri governano ogni cosa” e il cui posto oggi è occupato da vari uomini e gruppi di potere, sinistri individui sui quali deve ricadere la colpa di aver progettato la Grande Depressione e tutti i mali di cui oggi soffriamo”. Popper puntava sull’idiozia di un’ottica simile applicata alle scienze sociali, ma era un discorso molto più ampio…»

 Errico Buonanno
“Sarà vero. La menzogna al potere”
Einaudi, 2009

Karl Popper aggiungeva anche (“Congetture e confutazioni”, 1972) che la teoria del complotto, nella sua forma moderna, è il tipico risultato della secolarizzazione delle superstizioni religiose.
In fondo il cospirazionismo costituisce una forma di schizofrenia.
Novus OrdoDa sempre al centro di ogni paranoia cospirazionista, gli “Illuminati” (bavaresi o meno che siano) costituiscono il must privilegiato e immancabile del complotto universale, comunque lo si declini. Dal Bilderberg alla Trilateral, da Rockefeller all’Aspen Institute, dai Rothschild alla congiura giudaica, passando per rettiliani e satanisti… è un mito buono per tutte le stagioni e che non tramonta mai. Come i famigerati “Protocolli dei Savi di Sion”, ritornano costantemente a galla, riesumati per le più mirabolanti connessioni ai confini della realtà.
Accusati di ogni nefandezza possibile (e soprattutto impossibile), investiti di poteri quasi sovrannaturali, non c’è evento catastrofico in cui non siano coinvolti…
Adam KadmonPer dire, Adam Kadmon, l’uomo con la museruola, ha finalmente rivelato al mondo che a provocare il disastro nucleare di Fukushima nel 2011, con tanto di maremoto, sono stati gli “Illuminati” che evidentemente detengono pure il controllo degli elementi!
Ma il vero punto di forza dei terribili “Illuminati” è costituito dall’incredibile seguito popolare di cui godono, alimentato da un flusso inesauribile di citrulli che probabilmente ancora credono alla Befana e che malauguratamente imperversano un po’ ovunque, anche dove non te li aspetti.

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Milo Manara - 'Evoluzione' (dettaglio)

Quanto può incidere una prolungata recessione economica sulla tenuta sociale di una Paese?
E, soprattutto, quanto a lungo può resistere un ordinamento democratico, schiacciato da una pressione perdurante che ne mette in crisi i criteri di rappresentatività e ne esaspera le componenti oligarchiche (sempre presenti), a tal punto da erodere quei presupposti di uguaglianza, in termini di opportunità e di benessere diffuso, essenziali alla sua stessa sopravvivenza?
Per comprendere i cambiamenti sociali alla base di una trasformazione (involuzione?) epocale, non avendo altri termini di paragone con una così ampia gamma di analogie storiche, a tutt’oggi e con tutte le varianti del caso, il riferimento più prossimo resta dunque la Grande Depressione del 1929, insieme a quell’omologo politico che fu la Repubblica di Weimar, pur con tutti i suoi distinguo.
Richard Loewenthal In questa prospettiva, vale la pena di riscoprire  l’analisi che Richard Löwenthal dedicò, nella metà degli anni ’30, alla crisi dei partiti politici ed alla trasformazione del parlamentarismo in una “democrazia d’interessi”, analizzando le congiunture sociali ed economiche che condussero alla nascita dei movimenti fascisti ed alla loro presa del potere, nell’ambito di un più profondo mutamento dell’organizzazione statale.
Poco conosciuto in Italia, Löwenthal è stato politologo, sociologo, pubblicista, esponente di spicco della SPD tedesca nel dopoguerra e professore di scienze politiche all’Università di Berlino, quindi anglofilo e atlantista. Comunista dissidente in opposizione ai diktat del Comintern, convinto anti-stalinista, laburista di formazione marxista, Richard Löwenthal (1908-1991) fu tra i pochi tedeschi ad opporsi attivamente al nazismo.

Nazisti

Nel 1935, sotto lo pseudonimo di Paul Sering, pubblica la sua personale interpretazione del fascismo sulla Rivista per il Socialismo (“Der Faschismus”, Zeitschrift für Sozialismus; Sett.-Ott.1935), ponendo l’attenzione sugli aspetti socio-economici e sulla progressiva trasformazione delle classi sociali, travolte dalla crisi economica e dal disfacimento del movimento operaio. Per Löwenthal il concetto di “classe” riveste un ruolo fondamentale; pertanto, in un’ottica tipicamente marxista, ne analizza le trasformazioni prendendo in considerazione le sue stratificazioni nell’ambito dell’evoluzione capitalista e della “differenziazione economica degli interessi” sociali. Allo stesso modo, prende in esame lo sviluppo e funzione dell’organizzazione di classe, in rapporto all’evoluzione dell’antico stato feudale in quella che Löwenthal chiama “democrazia di interessi”:

«La democrazia pienamente formata è una forma di organizzazione politico-sociale caratterizzata da organizzazioni di classe potentemente sviluppate e da un sistema di partiti determinato in maniera decisiva da queste organizzazioni.»

Speculare all’esistenza della democrazia rappresentativa, che ha nel parlamento il suo fulcro nella comunanza di interessi diversi, è lo sviluppo del sistema partitico, quale rappresentanza di “interessi chiaramente delimitati”, e che costituisce un’evoluzione positiva dell’antico “parlamento dei notabili”, come nel caso dell’Inghilterra:

«…i cui partiti non erano divisi da contrasti di interesse, ma da contrasti di tradizioni familiari e di cricche all’interno dello strato dominante, socialmente unitario […] A questo stadio, il contenuto dei processi parlamentari è formato dal contrasto fra le classi dominanti ed il loro apparato esecutivo, circa l’ammontare delle spese e della lotta di innumerevoli cricche e persone singole per i vantaggi individuali connessi con l’esercizio del potere politico: distribuzione dei posti, concessioni, facilitazioni fiscali, ecc. Questa situazione del parlamento corrisponde ad un basso livello delle funzioni economiche statali, e al livello organizzativo zero delle organizzazioni di classe e della politica sociale. Quando si supera questo stadio, ha inizio anche il mutamento del sistema partitico.
Il mutamento essenziale non consiste nella pura e semplice trasformazione in apparati di partito con influenza di massa. Questa trasformazione da partito di cricche in macchina di partito funzionante con un gran numero di politici di professione…»

…coincide secondo Löwenthal con l’introduzione del diritto di voto universale ed alla concentrazione del capitale in oligopoli e trusts economici organizzati, sotto protezione del potere politico o singoli esponenti di partito.

«Essa però non cambia nulla né per quanto riguarda la mancanza di contenuto sociale dei processi parlamentari, né per quanto riguarda la misura e il carattere della corruzione individuale nella vita pubblica.»

1919 - Corteo della SPD alla Porta di Brandeburgo per l'elezione di F.Ebert alla presidenza del Reich

Per Löwenthal/Sering, a fare la differenza sono i “partiti operai”. E in questo è evidente tutta l’impronta marxista dell’Autore che vede nel movimento operaista l’avanguardia rivoluzionaria per eccellenza, anche se:

«..quanto più vengono messi in primo piano i problemi dell’economia capitalista…. tanto più il partito operaio tende generalmente a diventare il partito rappresentante gli interessi riformisti e a trasformarsi in comitato parlamentare dei sindacati

In tempi normali, non pervasi da turbolenze sistemiche o crisi economiche, tale ordinamento tende, nonostante gli attriti, a funzionare secondo una meccanica strutturata, fondata sulla mediazione costante nell’equilibrio variabile delle istanze rappresentate:

«Lo Stato parlamentare, i cui partiti sono rappresentanti di interessi basati sulle organizzazioni di classe, rappresenta un forma finale caratteristica della democrazia. Ha il carattere di una grande stanza di decompressione degli interessi, nella quale vengono trattati i compromessi delle classi. La decisione politica è qui la risultanza degli interessi dei singoli, come avviene per la formazione dei prezzi sul libero mercato […] la distribuzione del prodotto sociale viene determinata in misura crescente non a secondo della forza economica dei singoli strati, ma a seconda del loro peso espresso politicamente

Il sistema, che sostanzialmente riproduce un immutato assetto di potere a tutela del capitale, nel quadro di una società prevalentemente borghese, entra in crisi con “l’acuirsi dei contrasti di classe” nella divergenza di funzioni tra il sistema burocratico, che con il potere esecutivo necessita di decisioni rapide e unitarie, insieme all’eccessiva preponderanza dell’elemento finanziario, contrapposti ad un parlamento in rappresentanza di interessi sempre più atomizzati e conflittuali. Contrasti che tendono ad esplodere in caso di contrazione economica, mettendo a rischio la tenuta di sistema. Sostanzialmente, in senso lato, ciò avviene tramite l’accresciuta mobilità dentro e fuori gli schieramenti della classe operaia in perdita di coesione, a cui va aggiunto il logoramento economico dei piccoli imprenditori, e l’accentuarsi della richiesta di prestazioni sociali da parte di fasce sempre più consistenti di popolazione attiva rimasta priva di reddito e coperture.
Fila ai forni del pane nella Germania del 1920A tal proposito, Richard Löwenthal elabora la particolare “congiuntura” da cui possono scaturire i movimenti totalitari (Parte III – La Congiuntura da cui nasce il fascismo). Se non fossero trascorsi 80 anni, in molte sue parti il brano sembra scritto oggi. Ovviamente, ogni riferimento a partiti (bestemmia) e moVimenti esistenti è puramente casuale.

1. Gli interessi durante la crisi
[…] «In pochi anni, durante l’ultima crisi, la disoccupazione si è moltiplicata, senza che allo stesso tempo si avesse alcuna riduzione dell’apparato distributivo e amministrativo, così che la riduzione del numero degli occupati si è verificata quasi esclusivamente a spese di quelli che sono occupati produttivamente. Contemporaneamente è rapidamente aumentato lo strato dei ceti medi rovinati, ma non proletarizzati, così che il numero degli improduttivi è cresciuto ad un livello superiore alla media e ad un ritmo assai rapido. Nello stesso tempo si è avuto inevitabilmente un calo del ruolo produttivo di quello strato “misto” di impiegati e impiegati statali ed è aumentata la percentuale di settori produttivi stagnanti, bisognosi di sovvenzioni, e si è fatto più urgente il loro bisogno si sovvenzioni. Con ciò si è acuito il contrasto fra questi settori e quelli rimasti sani. Questo contrasto si è inasprito fino al punto di dare origine al dilemma: o superamento rapido e liberale della crisi, comportante la distruzione di milioni di entità economiche [posti di lavoro], oppure superamento della crisi nei tempi lunghi mediante sovvenzioni, evitando una catastrofe aperta. Il dilemma: pagare i debiti o cancellarli formava una parte di questo problema. In questo modo divenne anche più acuta la già accennata divisione trasversale durante la crisi. Le contraddizioni menzionate si riproducono nel rapporto delle economie nazionali e delle nazioni tra di loro. Le nazioni debitrici diventano insolventi. Lo smembramento del credito internazionale porta ad una contrazione abnorme del commercio estero e mondiale e quindi all’inasprimento delle tendenze autarchiche e nazionaliste, specialmente per quanto concerne i paesi debitori che, in linea di massima, sono anche quelli meno concorrenziali sul piano dell’economia mondiale e oberati da soverchianti pesi morti.
[…] Sia per il crescente numero degli improduttivi, e proprio di quelli la cui esistenza dipende dall’erario statale, sia per il crescente bisogno di sovvenzioni alla produzione, aumenta la percentuale della popolazione il cui interesse primario è, mediamente o immediatamente, quello di uno Stato efficiente.
[…] La concentrazione dinamica di tendenze generali di sviluppo su una situazione di breve durata e inasprita è la caratteristica di tutte le situazioni rivoluzionarie.»

2. Il sistema partitico durante la crisi
Manifesto elettorale della SPD per le elezioni presidenziali del 1932 […] «I partiti della grossa borghesia diventano visibilmente tali, con una evidenza che li priva a ritmo veloce della loro base di massa. Mentre all’interno della borghesia si accentuano le differenze tra profittatori e sovvenzionati,  fra creditori e debitori, i suoi partiti e le sue coalizioni vengono sottoposti a sempre nuove scissioni. I vari gruppi di piccoli produttori, qualora non lo abbiano già fatto prima, passano alla creazione di partiti separatisti a spese dei vecchi partiti borghesi. Nella classe operaia, a causa della netta differenziazione tra occupati e disoccupati, strati capaci di lotta e strati incapaci di lotta, interessati in primo luogo al livello salariale e alla conservazione del posto di lavoro, si acuiscono i contrasti che approfondiscono le fratture esistenti, minacciano di far saltare le organizzazioni unitarie e creano conflitti tra partiti e sindacati. Il risultato generale è innanzitutto che fra i numerosi partiti politici ogni peso diventa sempre più instabile, ogni compromesso sempre più difficile, senza che sorga una forza sufficientemente robusta.
[…] La capacità di azione di tutte le classi diminuisce con il regredire della produzione. Insieme diminuisce anche l’importanza delle organizzazioni create per l’azione di classe. La capacità di sciopero dei sindacati regredisce, gli industriali riuniti in cartelli violano le convenzioni dei prezzi, le cooperative di credito agricolo non sono più in grado di sostenere i loro membri. Con ciò cala la fiducia in queste organizzazioni e cala il numero dei loro aderenti. Le sole azioni economiche che crescono di numero sono durante la crisi sono le azioni dei consumatori e dei debitori: scioperi degli inquilini, sciopero dei contribuenti, aste deserte, ecc. Sul terreno della crisi delle organizzazioni di interessi dei partiti, che in tal modo vengono indeboliti e frantumati, si sviluppa però la tendenza a riporre tutte le speranza nello Stato e quindi nell’organizzazione puramente politica

3. La democrazia durante la crisi
i forconi dei nazisti «Quanto più si frantuma un sistema partitico, tanto più diventa difficile il raggiungimento di un compromesso. Il regresso della forza d’azione delle organizzazioni di classe non apporta in questo caso alcuna agevolazione, ma un ulteriore inasprimento: quanto minore è la capacità di azione economica immediata, tanto più intensi si fanno i tentativi dei partiti di realizzare i loro obiettivi esercitando una pressione sullo Stato e di conservare in tal modo la vacillante fiducia del loro iscritti. In questo modo viene sempre più messa in dubbio la capacità di funzionamento del sistema parlamentare. Questo avviene soprattutto dal punto di vista della borghesia, i cui partiti perdono rapidamente la loro base di massa e alla quale pertanto riesce sempre più difficile imporre per via parlamentare le sue rivendicazioni, che sono al tempo stesso le rivendicazioni per il superamento della crisi nel solo modo possibile del quadro capitalista. L’equilibrio tra gli indeboliti partiti borghesi, sempre più dilaniati dai contrasti interni tra sovvenzionatori e sovvenzionati, l’equilibrio tra i grandi blocchi di masse contrapposti diventa sempre più difficile ed il ruolo del potere esecutivo per assicurare questo equilibrio diventa sempre più importante. La labilità di questo regime rende impossibile la coerenza e l’unitarietà della politica economica e generale dello Stato proprio nel momento in cui essa acquista un’importanza vitale per delle masse sempre più numerose. La crisi dell’erario (un riflesso necessario della crisi economica degli Stati che attuano politiche di sovvenzione) si acuisce a causa delle oscillazioni politiche e si ripercuote immediatamente in un abbassamento del tenore di vita di tutti coloro che dipendono economicamente dallo Stato. Lo Stato viene quindi meno, proprio nel momento in cui la dipendenza delle masse dalle sue prestazioni è massima, e viene meno in questa misura proprio perché si tratta di uno Stato “economicamente democratico”, perché “è una congrega di profittatori” incapace di decisione. L’esigenza di uno Stato forte, economicamente giustificata, si muta nel grido “abbasso il parlamentarismo!”.
Con ciò, la democrazia entra definitivamente nella fase decisiva della crisi.»

Secondo Richard Löwenthal, in assenza di una svolta di tipo socialista, con l’indebolimento del movimento operaio e delle sue organizzazioni, la conseguenza è un accentramento del potere economico-politico in uno Stato sempre più autoritario, percepito dalle grandi masse di scontenti come un distributore di prebende e sovvenzioni, per la soddisfazione di esigenze primarie, a discapito di una reale promozione democratica e sociale.
Comizio di HitlerIn una simile frattura istituzionale si inseriscono i movimenti populistici e, spiccatamente, per Löwenthal, i partiti fascisti come elemento di rottura più evidente ed al contempo funzionale alla prosecuzione di uno statu quo a preservazione dei grandi interessi del capitale, facendo leva sui delusi della democrazia rappresentativa e del sistema parlamentare.
È un moto contrario e trasversale:

«..contro i sindacati industriali; dei debitori contro i creditori; dei disoccupati contro gli occupati, dei fautori dell’autarchia contro i fautori dell’economia mondiale. Tutto questo si attua in nuovo partito di massa, rivolto al solo potere politico: il partito fascista. Così si spiega anche come questo partito recluti i suoi aderenti in tutte le classi e come determinati ceti vi siano prevalenti e ne formino il nucleo, ceti che sono stati definiti con l’imbarazzato termine di “ceti medi”. La borghesia vi è rappresentata, ma si tratta della borghesia indebitata, bisognosa di sostegno; il ceto operaio vi è rappresentato, ma si tratta dei disoccupati permanenti, incapaci di lotta, concentrati in zone povere; vi affluisce la piccola borghesia urbana, ma quella andata in rovina; vi vengono inclusi i possidenti, ma sono quelli spossati dall’inflazione; vi si trovano ufficiali e intellettuali, ma si tratta di ufficiali congedati e intellettuali falliti. Questi sono i nuclei del movimento, che ha il carattere di una vera comunità popolare di falliti, e questo gli permette anche di estendersi, parallelamente alla crisi e ad di là di questi nuclei centrali, in tutte le classi, perché con tutte è socialmente concatenato.
[…] Si voleva uno Stato sotto una guida unitaria che ponesse fine al traffico degli interessi; uno Stato che intervenisse attivamente nella crisi e ponesse fine al liberalismo; uno Stato che liberasse l’economia nazionale dalle dipendenze economiche mondiali. Dicendo che “l’utilità pubblica viene prima dell’interesse individuale” venne proclamata la tutela dei bisognosi di sostegno contro la prassi capitalistica, dicendo “basta con la schiavitù degli interessi da pagare”…. la solidità della terra venne contrapposta all’asfalto delle grandi città. Tutto ciò venne presentato con la credibilità della disperazione, che la crisi produceva dappertutto e che dispensava i suoi sostenitori da ogni discussione razionale. A queste parole d’ordine si mescolavano elementi di una rivolta plebea contro il ceto dei burocrati specializzati e dei notabili, la quale diede al movimento vernice popolare, “democratica”, con la quale di fatto esso assolve singoli compiti rivoluzionario-borghesi.
[…] Le sue parole d’ordine economiche esprimono delle tendenze generali e non delle rivendicazioni concrete. Là dove i fascisti prima della vittoria vengono a trovarsi in situazioni in cui devono prendere posizione, assumono atteggiamenti puramente agitatori e procedono praticamente facendo una brutta figura dietro l’altra, senza risentirne il minimo danno. La loro agitazione di concentra completamente sulla fiducia nel futuro, nel capo, nella presa del potere e nel miracolo che ne seguirà. […] Il partito fascista non disse mai “Aiutatevi da soli!”. Disse sempre: “Dateci il potere!”. Questo è il nucleo di tutte le agitazioni fasciste.
[…] Il partito fascista si costruisce sulla disposizione dei suoi membri ad affidarsi ad una guida, dalla quale essi sperano di essere aiutati, una volta conquistato il potere statale.
[…] Un partito siffatto non può, per sua natura, avere una lunga esistenza come partito di massa senza combattere e vincere. Una volta superata la situazione di crisi gli viene a mancare la possibilità di guida delle masse. Le masse se ne allontanano e si rivolgono nuovamente alle organizzazioni che rappresentano i loro interessi e che corrispondono alla loro situazione nel processo produttivo.
[…] Proibendo tutti gli altri partiti si vuole mettere ordine nella congrega di interessi e sostituire ai compromessi la decisione del capo.»

Manifesto elettorale dello NSDAPDella disamina riportiamo gli aspetti più propriamente riconducibili alla prassi politica, sorvolando la componente militare e squadrista di una violenza istituzionalizzata che nei movimenti di natura fascista è tratto distintivo e imprescindibile, ma proprio per questo meglio conosciuto.
In merito all’organizzazione, alla composizione della dirigenza, ed al “movimento fascista”, Richard Löwenthal osserva:

«Lo sviluppo di questi metodi di lotta e di organizzazione richiede una casta dirigente nuova, libera dalle tradizioni dei partiti democratici e dalla routine parlamentare, senza scrupoli per quanto riguarda i mezzi. Per sua natura questa casta può venire reclutata soltanto tra i militanti senza occupazione e intellettuali falliti, quindi fra gli individui completamente sradicati, e non può nascere dalla componente borghese del movimento, i cui appartenenti, anche in condizioni di indebitamento e di disperazione, rimangono ancora legati a tradizioni di ogni genere. La difficoltà della borghesia di sottostare ad una casta dirigente di dilettanti e di “desperados” fa sì che questi ultimi, pur così direttamente interessati al rivolgimento fascista, restino, fino alla vittoria, quasi sempre fuori dal partito, organizzato in gruppi amici puramente borghesi.
Questa è la circostanza che dà al partito fascista un carattere decisamente plebeo. Gli appartenenti alla classe dominante vi sono scarsamente rappresentati e non hanno influenza in senso tecnico-politico

In virtù di ciò la base di un movimento fascista è molto più ampia e ramificata di quanto non lo sia il partito medesimo che, data la sua apparente poliedricità, può contare su un bacino diversificato di consensi in espansione:

«Dapprima a spese dei partiti borghesi e del ceto medio e poi, a poco a poco, anche a spese delle organizzazioni operaie che, nel loro cammino verso di esso, passano spesso attraverso una fase intermedia d’indifferenza. Il partito fascista diventa il grande blocco di massa del sistema parlamentare in disgregazione. Il blocco di massa contrapposto, appunto il movimento operaio, il pilastro di resistenza relativamente più forte, viene indebolito dal perdurare della crisi e spinto in contraddizioni interne, che presto hanno soltanto più per oggetto i metodi della ritirata.
[…] Fra i due blocchi di massa, cioè quella fascista in aumento e quello proletario in ritirata, si destreggia con vari metodi la cricca della grossa borghesia, che diventa sempre più debole, discorde al suo interno, sempre più appoggiata al potere esecutivo, e che tende ad escludere e a screditare il parlamento e ad isolarsi. Quanto più si acuiscono i suoi contrasti interni, soprattutto tra i fautori delle sovvenzioni e liberali, tanto più forte si fa la sua corsa ad accaparrarsi il favore del partito fascista; corsa nella quale l’ala reazionaria è naturalmente superiore. Alla fine chiama definitivamente e con successo in aiuto il partito fascista, il quale fa il suo ingresso al governo in coalizione con essa. In questa coalizione il partito fascista è di gran lunga, indipendentemente dalle intese intercorse, il partecipante più forte.»

Svastica

In quanto fuori dai giochi di potere tradizionali e dai tatticismi parlamentari, in quanto portatore di istanze dirompenti ed interessi trasversali, nell’analisi di Löwenthal, il partito fascista può presentarsi a buon gioco come elemento di rottura e discontinuità, denunciando i suoi alleati di coalizione come la causa dei progressi insufficienti. Quindi, in tal modo può rivendicare a sé l’avocazione di tutti i poteri, in rottura col “vecchio sistema”…

«A questo punto esso si impadronisce senza riserve dell’apparato statale, si libera da tutti i vincoli di coalizione e realizza il suo potere nella lotta di distruzione contro le organizzazioni di massa proletarie. Fatto questo, la proibizione generale di ogni partito e con la fine formale della coalizione sono soltanto le tappe ovvie del cammino verso lo Stato totalitario.
[…] La necessità di piegare rapidamente e in modo rivoluzionario tutte le resistenze richiede lo scatenamento dell’attività libera e non disciplinata delle sue masse di aderenti. Quando il sistema fascista è completato, questa ondata si ritira da sé, tanto più che questa forma di attività di massa non arriva nemmeno a creare delle proprie forme organizzative

outpostNon è un caso che l’azione politica (e militare) di ogni movimento di tipo fascista sia indirizzata prevalentemente contro la Sinistra e le sue organizzazioni, nonostante il fascismo attinga in parte dalla sua liturgia e dalle sue tematiche sociali, facendole proprie e mistificandole.
Si può dunque parlare di “rivoluzione fascista” i cui risultati tipici sono:

a) Una nuova forma più alta di organizzazione statale
b) Una nuova forma reazionaria di organizzazione sociale
c) Un crescente freno stabile allo sviluppo economico da parte delle forze reazionarie che si sono impadronite del potere statale.

Si tratta di una proposizione sicuramente superata dalla Storia, ma non per questo necessariamente non riproducibile in forme aggiornate ai tempi…
Mutato nomine de te fabula narratur.

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Sorvegliare e Punire

Posted in Ossessioni Securitarie with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 21 ottobre 2011 by Sendivogius

In questa propaggine reazionaria del post-fascismo di ritorno chiamata Italia, dove tutti si considerano “ceto medio”, in cui la forma è sostanza nel terrore di sembrare poveri, e il ‘centro’ è la stella polare di un timone politico sempre più spostato a destra, c’è una sola cosa che spaventa più del conflitto sociale… è l’ammissione stessa che questo possa esistere.
Pertanto, l’imperativo d’ordine è la sua negazione, nell’obnubilamento del medesimo in nome della perpetuazione dello statu quo, perché nulla deve turbare i rituali del familismo allargato nello stagno consociativista. Il dissenso dunque va sempre rimosso in ogni sua forma e ricondotto nell’alveo rassicurante di un conformismo omologante, dove il numero è tirannia e la volontà delle maggioranze relative si fa dittatura.
Soprattutto, il dissenso va ostracizzato, negandogli rappresentanza politica (grazie ad una legge elettorale infame) e riconoscimento sociale nella cancellazione di spazi e legittimazione. Va azzittito, attraverso la stesura di ‘leggi-bavaglio’, che oscurano i canali della comunicazione informale, dopo aver normalizzato i media ufficiali.
In Italia, il dissenso di fatto non ha una vera cittadinanza: viene tollerato fintanto che è impotente e resta muto; diventa un problema quando non è controllabile, né gestibile per conto terzi a fini elettorali.
Ma se il dissenso assume l’aspetto e le frustrazioni di un’intera generazione, relegata ai margini estremi di una società gerontocratica e immobile, allora viene inteso unicamente come un problema di ordine pubblico, da demonizzare preventivamente e da punire a posteriori.
Con simili presupposti, fondati su una esclusione ad oltranza, la “violenza” lungi dall’essere una opzione nefasta, rischia di diventare una scelta ed una pratica diffusa, quasi fosse l’unica alternativa possibile… E un comodo alibi a disposizione di un potere consolidato, che può così esercitare meccanismi collaudati, a protezione di un sistema che si reputa perfetto e si vuole sostanzialmente immutabile. Scolpito nella legge. Meglio se per decreto, o con voto di fiducia, tra gli orpelli di un formalismo democratico sempre più svuotato di sostanza e fondato sull’abuso legalizzato delle nuove aristocrazie timocratiche.
Si parva licet componere magnis, parliamo di una società che, nel suo piccolo (piccolissimo), è arrivata a negare la concessione di licenze commerciali ai locali etnici per motivi di ‘pubblica sicurezza’ e bolla gli avventori come ‘elementi di degrado’ (accade in quel laboratorio neo-nazista chiamato padania), per comune accordo di entrambe gli schieramenti politici ufficializzati.
Se questo è lo zeitgeist dominante, è ovvio che l’esistenza stessa di realtà complesse e non conformi, strutturate in dissenso organizzato (e soprattutto pubblico) siano intollerabili.
 A tal proposito, è emblematica la caccia all’untore che si è scatenata dopo i moti di Roma. La sommossa che ha sconquassato parte del centro della Capitale, è stata relegata per comune accordo a mero problema di ordine pubblico, priva di qualsivoglia dimensione sociale. Non ci sono cause pregresse, la sua natura è circoscritta ad una esclusiva questione di ‘sicurezza’ e priva di qualsivoglia ragione. Per l’occasione, analisti e commentatori dei media nazionali, hanno messo da parte le divergenze ed ogni distinguo politico, rinunciando ad ogni analisi complessa del fenomeno. In compenso fioccano gli stereotipi più ritriti nella stigmatizzazione unanime che non ammette eterodossie: i “violenti”? Poche centinaia, probabilmente provenienti da Marte, sicuramente infiltrati; ultras e figli di papà annoiati, secondo la più becera e classica delle rappresentazioni, che esorcizza ogni implicazione sociale nella rimozione delle cause. E intanto sui quotidiani fioccano interviste farlocche a sedicenti black-bloc che, per antonomasia, non parlano con i giornalisti ai quali però raccontano con dovizia di particolari vita, morte, e miracoli, di un ‘movimento’, evidentemente composto da falangi di Gino Canterino in preda a confessioni compulsive.
Mancando ogni volontà di analisi e gli elementi culturali per farlo, in assenza di qualsivoglia mediazione, è chiaro che l’unica risposta possibile non può essere che rimessa alle soluzioni antiche di chi non conosce altra risposta: REPRESSIONE.
Sorvegliare e punire; secondo i meccanismi consolidati della sorveglianza gerarchica.
La stato confusionale di una politica professionalizzata nel suo autismo referenziale, che incentra la sua azione nel livellamento delle differenze e nella tutela del privilegio esteso alle enclave protette del clientelismo elettorale, è misurabile proporzionalmente all’isteria collettiva che pervade le aule parlamentari e di una società chiusa nell’ineluttabilità dell’immutabile.
Incapaci di affrontare il problema, perché incapaci di risposte che non siano declinate in prospettiva unicamente repressiva, fioccano le proposte demenziali per accordo trasversale con relativi distinguo, molti se e qualche ma…
 Antonio Di Pietro, in una delle sue tipiche esplosioni di demagogia tribunizia, non ha trovato niente di meglio che andare a ripescare dalla fogna dei reazionari lo Stronzo Reale e la sua omonima legge (che consente di sparare in assenza di minacce), salvo poi negare l’evidenza. Il PD in teoria è contrario, ma è aperto a qualsiasi miglioramento
Grande è stato invece il giubilo di tutta la fascisteria di contorno che fa a gara a chi la molla più grossa, tale è l’effetto dell’orgasmo repressivo nella geriatria di casta e di governo.
 Roberto Maroni, il peto del meteorismo leghista flatulato agli Interni nella grande costipazione berlusconiana, si è detto massimamente d’accordo. Già comandante della Guardia Nazionale Padana, la milizia (dis)armata della Lega di secessione e di poltrone, il solerte Maroni è stato rimandato a giudizio per “attentato alla Costituzione e integrità agli organi dello Stato”. Evidentemente, la cosa non gli ha impedito di diventare Ministro degli Interni (italiano mica  padano). Roberto Maroni è lo stesso che all’indomani degli scontri ha parlato di “terrorismo urbano”, promettendo sanzioni eccezionali ed un pacchetto di leggi speciali per punire i ventenni che hanno osato opporre resistenza alle manganellate dei poliziotti ed ai caroselli di cellulari e veicoli, impegnati a fendere la folla dei manifestanti con gimcane potenzialmente omicide.
Considerati dunque alla stregua di “terroristi”, i sospettati potranno essere sottoposti a fermo preventivo di 96 ore. In pratica, senza alcuna fattispecie di reato, in concomitanza di qualsiasi manifestazione, l’interessato viene messo sotto custodia, per la bellezza di quattro giorni, a discrezione delle autorità di polizia. Ma si parla anche dell’introduzione del processo per direttissima con aggravio di pena. Paradossalmente, in termini di condanna, sarà più conveniente rapinarla una banca piuttosto che romperne le vetrate: la pena è di gran lunga più mite. L’estensione della flagranza di reato (che prevede l’arresto in carcere) a 48h; cosa che peraltro è già prevista dal Codice Penale (art.336) in caso di resistenza o minaccia a pubblico ufficiale. Interessante sapere che la medesima disposizione si applica anche per la “corruzione di minorenni” (art.530), anche se nipoti di Mubarak, ma su questo si può transigere…
Il provvedimento sicuramente più gustoso è pero l’ipotesi di introdurre una tassa sui cortei, con la stipula di una fideiussione bancaria a carico degli organizzatori per la copertura di eventuali danni. Non sappiamo bene come funzionino le cose nelle fumerie d’oppio in padania; tuttavia bisognerebbe ricordare all’allucinato Maroni che la responsabilità è sempre individuale e non si può configurare come attribuzione collettiva delle azioni dei singoli. Notevole poi la concezione democratica del ministro, convinto si debba pagare per poter manifestare: interessante esempio di democrazia censitaria su base timocratica.
Immaginiamo che la tassa sarà applicata anche per i raduni secessionisti di Pontida e Venezia, annualmente organizzati dai gauleiter leghisti.
Tra gli altri provvedimenti in esame, c’è l’uso di pallottole di gomma che se esplose a distanza ravvicinata uccidono come quelle ordinarie. E l’utilizzo di idranti con sostanze coloranti per
identificare i manifestani (che verrano arrestati in virtù della flagranza di reato e sottoposti a fermo preventivo). Da notare che i “cannoni ad acqua” sono stati abbondantemente usati a Piazza San Giovanni a Roma. E, così come le manganellate, i getti d’acqua venivano dispensati un po’ dove capitava. Inutile dire che tra i bersagli prediletti c’erano i manifestanti pacifici, assiepati contro le mura del palazzo del Vicariato, che ne sono usciti fradici come pulcini. In virtù della disposizione maroniana, avrebbero dunque dovuto essere arrestati in massa e puniti con “pene esemplari”.

Ordunque, se la resistenza alla forza pubblica si configura per l’ineffabile ministro come un “atto di terrorismo”, ci sarebbe da aggiungere che il terrorista Maroni nel 1998 è stato condannato a 8 mesi “per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale”, prima che la Cassazione gli commutasse la pena in sanzione pecuniaria nel 2004. Non risulta che il pregiudicato Maroni abbia mai fatto un solo giorno di galera, ma si premura che altri scontino la pena al posto suo, opportunamente quadruplicata.
In fin dei conti sono quisquiglie rispetto al ministro Umberto Bossi che predica la secessione armata da almeno 20 anni, minacciando insurrezioni armate, promettendo pallottole, e informandosi su come reperire mitragliatori in Sardegna… Sarebbe “apologia di reato” e presuppone la “costituzione di banda armata per atti eversivi”, ma se lo dice il cerebroleso di Pontida diventa boutade goliardica. E merita un seggio da senatore con una poltrona nel Governo italiano, contro il quale minaccia la guerra civile.
Come si vede, la condanna della “violenza” è variabile e diventa lecita a seconda di chi la compie o la minaccia.
E del resto è assolutamente coerente con lo spirito di governo, dove un premier puttaniere si intrattiene amabilmente con spacciatori, papponi e pluripregiudicati, invocando sommosse di piazza, assalti ai tribunali ed alle sedi del maggior quotidiano nazionale.
Si tratta della cosa più naturale del mondo. Infatti non ha meritato troppi clamori, né ci risultano editoriali in merito dei pur zelanti Augusto Minzolini e Giuliano Ferrara: fulgidi esempi di meritocrazia applicata e di imparzialità giornalistica.
Un’altro grande sostenitore della tolleranza zero e delle pene draconiane è poi l’imbarazzante Ignazio Benito La Russa: l’ennesima deiezione fascista al governo nell’incredibile ruolo di Ministro della Difesa. La Russa, quello che esprime solidarietà incondizionata alle Forze dell’Ordine, è infatti deciso a stroncare i violenti, denunciando le “contiguità ideologiche” con chi osa “criticare il governo”. Il sulfureo La Russa con la violenza più che contiguo è stato organico. Infatti, nel 1973 è oggetto di una ordinanza di arresto per “adunata sediziosa e resistenza alla forza pubblica”: in pratica Benito La Russa ha organizzato una manifestazione non autorizzata di fascisti, che si sono messi a tirare bombe a mano (non sassi) contro i cordoni di Polizia. L’agente Antonio Marino, di 22 anni, muore dilaniato dall’esplosione con il petto squarciato. La Russa, diventato nel frattempo uomo d’ordine e gran difensore di poliziotti, venne indicato tra i “responsabili morali” dell’omicidio Marino. Ma la sua è una violenza (assassina) che paga e che premia. Infatti oggi è Ministro della Difesa.

 P.S. A proposito di dittature e fascismi, il caro amico Gheddafi è stato drammaticamente trascinato via dalle miserie del mondo, rovesciato da una violentissima rivolta popolare e dopo mesi di conflitti sanguinosi. Ma in questo caso la “violenza” è stata considerata più che legittima e massimamente sostenuta con massicci bombardamenti. In fondo, Muhammar Gheddafi era un feroce dittatore. Per questo, un anno fa veniva accolto a Roma con tutti i riguardi, con tanto di baciamano e genuflessioni da parte del nostro Pornocrate. Quegli stessi Carabinieri che rincorrevano e venivano rincorsi dai manifestanti intorno al Laterano, all’epoca presentavano le armi col picchetto d’onore al dittatore libico. Se indossassimo una divisa dell’Arma, non si potrebbe immaginare umiliazione più grande. Questa sì che è violenza. 

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PARTE OFFESA

Posted in Masters of Universe, Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 agosto 2011 by Sendivogius

Nella sovrabbondanza di fenomeni da studio, che affollano le generose riserve assistite della politica per professione, rischiava di passare inosservato lo straordinario talento di Fabio Garagnani da S.Giovanni in Persiceto.
In politica da una vita, comincia giovanissimo nelle file della Democrazia Cristiana, dove milita per oltre un ventennio (1972-1996) prima di confluire per osmosi naturale in “Forza Italia”.
Dalla provincia felsinea con furore, nel 2001 approda in Parlamento, dove peraltro staziona benissimo da almeno un decennio. A tempo perso sarebbe anche ‘funzionario’ della Camera di Commercio bolognese, onde assicurare un solubile legame col duro mondo del lavoro, ad integrazione dei magri emolumenti parlamentari.
Bastione dell’anticomunismo viscerale, l’on. Garagnani è un altro di quegli orfani disperati per la scomparsa del Comunismo… Siccome non trova più bolscevichi in giro, li và cercando ovunque con lo zelo fanatico dell’inquisitore che, in mancanza di eretici, se li inventa o si accanisce sulle loro misere spoglie (come ai bei tempi antichi: QUI) pur di non rinunciare ai roghi dei suoi sacri furori.
Noi, assai ingenerosamente, avevamo liquidato troppo in fretta la figura di Garagnani come un semplice “fascista” (N.29 di Cazzata o Stronzata?): l’ennesimo nella galassia nerissima e piduista dell’universo berlusconiano… Ci sbagliavamo di grosso!
 Ignoravamo infatti l’attivismo compulsivo di questo campione misconosciuto della più cupa reazione sanfedista, all’ombra del partito delle libertà littorie. Possiamo solo immaginare quali terribili traumi psicologici abbia sofferto questo povero famiglio dell’Inquisizione, nato purtroppo con svariati secoli di ritardo su frate Aldobrandino de’ Cavalcanti, pur avendo ereditato la tempra teutonica di un Corrado di Marburgo, e costretto a subire le tremende persecuzioni staliniste in un’Emilia satanica, insanabilmente corrotta dalle perfidie del “laicismo”.
Come ama presentarsi, l’onorevole Garagnani (classe 1951) è un “grande appassionato di storia con particolare riferimento ai rapporti fra Stato e Chiesa”, evidentemente declinati a esclusivo vantaggio di quest’ultima. Campione indefesso (e incompreso) della Libertà, è un crociato del sedicente “principio di sussidiarietà” (dalla Scuola alla Sanità): ovvero lo smantellamento dei servizi di cittadinanza, da affidare a società private di ispirazione rigorosamente ‘cristiana’ e soprattutto ciellina, con relativo storno di risorse pubbliche per foraggiare i profitti dei privati.
D’altra parte, già in passato Fabio Garagnani ci aveva offerto un illuminante saggio sulla sua personale concezione della “libertà della persona” e dell’accoglienza cristiana in tema di immigrazione:

«Se vengono per lavorare, bene: ma sappiano che sono ospiti di un paese che ha proprie leggi e propri valori, non possono imporre le loro opinioni. Su questo sono davvero intransigente. Gli immigrati vengono da culture molto diverse, non conoscono la mediazione, non hanno il concetto della laicità dello Stato!»
 (07/04/2000)

Coerentemente, proprio in nome della “laicità dello Stato” è assolutamente contrario alla costruzione di luoghi di culto diversi da quello cattolico (neanche li pagasse lui), arrivando a mettere in discussione il concetto stesso di “libertà religiosa”, chiaramente in nome di una libertà più grande:

«[i luoghi di culto diversi da quelli cattolici] rischiano di scardinare le certezze culturali proprie della collettività nazionale, che ha storicamente visto nella religione cristiana un fattore aggregante non solo sotto il profilo fideistico, ma anche e soprattutto sotto quello culturale e sociale.
[…] Potrebbero paradossalmente pregiudicare il rispetto dei valori e delle tradizioni da parte della maggioranza della popolazione nazionale soprattutto alla luce della impropria commistione in esse contenuta tra i valori sociali e culturali nazionali con quelli di altre fedi religiose
 (06/11/2006)

L’on. Garagnani motiva la discriminante con un formidabile assioma: “la religione di una minoranza, pregiudica significativi diritti della maggioranza dei cittadini italiani”.
Questo perché tutti i cittadini sono uguali, ma ebrei, valdesi, buddisti, induisti… e (peggio di tutti!) musulmani, sono meno uguali degli altri.
In virtù di ciò, il Garagnani delle libertà si scaglia anche contro l’Istruzione pubblica, con una serie di contorsionismi barocchi da gesuita secentesco:

«L’insegnamento scolastico impartito nel rispetto della libertà di coscienza e della pari dignità, senza distinzione di religione […] potrebbe limitare, in quanto contrastanti con i valori di altre religioni, il rispetto di tradizioni secolari proprie della cultura nazionale, che invece devono essere tutelate, come ad esempio la presenza del crocifisso all’interno delle aule degli edifici pubblici…»

..Che lungi dall’essere una “tradizione secolare”, è una disposizione introdotta ai tempi del Fascio, al principio degli anni ’30 dopo la firma dei Patti Lateranensi, su pressione vaticana per ribadire il simbolico primato della Chiesa sullo Stato, per ripicca anti-savoiarda.
Prima di allora l’esposizione di crocifissi, ed altri arredi sacri, in edifici dello Stato non era prevista e di fatto inesistente.
Ma poco importa. Questa è la democrazia secondo Garagnani: cattolica (solo nella forma), confessionale, imbavagliata; dove è chiaro come l’unica opinione lecita sia la sua. Tutto il resto è laicismo, s’intende!


Tra le coraggiose iniziative, che contraddistinguono l’attività politica dell’austero restauratore liberale, vale la pena di ricordare pure la proposta di abolizione del valore legale della laurea:

«Oggi le lauree sono sostanzialmente tutte uguali, hanno lo stesso peso per legge. Che si ottenga il titolo in economia alla Bocconi o in un ateneo telematico via Internet poco conta […] Il valore legale del titolo livella la qualità e la meritocrazia verso il basso.»
 (20/07/2010)

Evidentemente, per l’ineffabile deputato, una specializzazione in cardiochirurgia vascolare conseguita all’Università di Bologna, vale come un corso on line al CEPU. Sarebbe curioso sapere, in caso di necessità, da chi mai si farebbe operare a cuore aperto questo esteta della “sussidiarietà” universitaria…


Già capogruppo PdL in commissione parlamentare per “Cultura, Scienza ed Istruzione”, attualmente fa parte della Commissione “Giustizia”. In tale ambito, da tipico ‘garantista’ berlusconiano, l’on. Garagnani si è distinto per il suo appoggio incondizionato a tutte le leggi ad personam pro duce: dal Lodo Alfano, al “legittimo impedimento”; dal “processo breve” al “processo lungo”; fino al divieto dell’uso delle intercettazioni ambientali… che molto contribuiscono ad assicurare la certezza del diritto (e della pena).
Di converso, è un sostenitore convinto della militarizzazione delle città, dell’istituzione delle ronde e del reato di immigrazione clandestina (con 18 mesi di carcerazione preventiva, in assenza di qualsivoglia fattispecie criminale).
Sempre in tema di libertà e diritti, si è espresso contro la legge sull’omofobia e sul razzismo, e contro l’introduzione delle cosiddette “quote rosa”.
Sensibile ai costi della politica, ha votato contro la soppressione delle Province.
Liberista convinto, fautore delle privatizzazioni (dai servizi pubblici, all’acqua), ed intransigente alfiere della stabilità di bilancio, tra i vari provvedimenti, ha espresso il suo pieno favore al:
miliardario “salvataggio” dell’Alitalia, affidata alle premurose cure della CAI;
Finanziamento pubblico degli Istituti di Credito (privati);
Incentivi pubblici all’industria privata;
“scudo fiscale” per i grandi evasori;
Pagamento a carico dello Stato circa le multe per la truffa delle quote latte, a dispetto delle migliaia di allevatori onesti.


Da segnalare inoltre le personali crociate di Garagnani contro gli enti cooperativi (presumibilmente ‘rossi’); contro i “professori politicizzati”, naturalmente ‘di sinistra’ e per di più iscritti alla famigerata CGIL, con sospensione dallo stipendio e dall’insegnamento.
Tuttavia, è proprio nel corso del 2011 che l’Uomo ci regala i suoi contributi migliori, specialmente in questi ultimi mesi estivi, ispirato come non mai, nel suo iperattivismo militante contro gli ultimi alieni della rossa minaccia marxiana.
Dell’on. Fabio Garagnani ci ha impressionato l’aspetto quasi funereo delle foto ufficiali… l’espressione contrita, in perenne sofferenza… una via di mezzo tra il costipato ed il caro estinto.


In compenso sembra sfogare il disturbo in altro modo, eiettando per vie traverse il bolo che l’opprime…
Il nuovo bersaglio d’eccezione, e da bonificare, si trova direttamente all’interno della città di Bologna dove risiede una sacca di irriducibili con il vizio della memoria e non disposti a tacere. Sono i familiari delle vittime della strage del 02/08/1980, rei evidentemente di essere sopravvissuti ai propri cari, improvvidamente martoriati dall’esplosione casuale (come lo scoppio di una caldaia a ferragosto?) nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria. Soprattutto, sono colpevoli di reclamare la verità sui mandanti del massacro, a distanza di 31 anni, nel totale disinteresse del Governo Berlusconi che infatti diserta sistematicamente le commemorazioni pubbliche, come se la cosa non lo riguardasse minimamente. E certo una compagine governativa di (ex?) fascisti e piduisti, non ha il miglior pedigree né la moralità istituzionale (sì, usiamolo il termine!) per commemorare le vittime di una strage eseguita da fascisti, con coperture e depistaggi messi in atto dai principali vertici militari dei servizi di sicurezza nazionale, iscritti in massa alla Loggia eversiva P2, mentre documenti fondamentali per l’accertamento delle responsabilità sono a tutt’oggi coperti dal ‘Segreto di Stato’.
Con 85 morti ed oltre 200 feriti, Bologna è stata l’ultima tappa, la più feroce, di una lunga stagione stragista, cominciata a Milano nel lontano Dicembre del 1969: quarantadue anni di eccidi indiscriminati, depistaggi, insabbiamenti, trame eversive, coperture istituzionali, complicità insospettabili e protezioni inconfessabili… Una breve parentesi e poi una nuova stagione di bombe tra il 1992 e il 1993, con immutato copione di occultamento delle prove e collusioni mai chiarite. Uno Stato ostile e assente, che si accanisce sulle vittime invece che contro i colpevoli.
Contro questo ha pubblicamente protestato Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime:

Il 9 maggio di quest’anno, Berlusconi disse solenne: ‘Apriamo gli armadi della vergogna’. Invece niente, non un documento è stato trasmesso alla Procura di Bologna. Vuol dire che quelle parole le ha pronunciare solo per apparire sui giornali.
[…] Non c’è pulpito da cui un esponente della loggia P2 può permettersi di esprimere simili giudizi sui giudici.

Tuttavia ai cittadini di Bologna, oltre al diritto di avere giustizia, adesso viene negata anche la possibilità di contestazione, giacché all’on. Garagnini, come al piduista Berlusconi, quei fischi non piacciono proprio… Per questo proponeva di far intervenire l’esercito, contro i potenziali contestatori, durante la commemorazione del 2 Agosto, a scopo intimidatorio se non repressivo: la democrazia ai tempi del berlusconismo. Non contento dell’abnormità di una simile proposta, questo residuato sanfedista ha pensato bene di rilanciare la posta, spalleggiato da tutto il pretorio dei piduisti di governo, denunciando Mario Bolognesi per “villipendio dello Stato”
Probabilmente, Garagnani deve essere uno che non conosce i confini del demenziale, altrimenti al ridicolo non aggiungerebbe l’oscenità dell’indecenza:

«Le sue gravi affermazioni [di P.Bolognesi] non possono essere lasciate sotto silenzio, non tanto perché contenenti critiche di natura politica, quanto perché delegittimano in modo inconfutabile lo Stato e le istituzioni democratiche.
Certe affermazioni non possono essere tollerate, pena il venir meno della credibilità delle istituzioni medesime. Non è in questione il diritto di critica a qualunque livello e da chiunque espresso, che io pure ho esercitato in varie occasione e che non nego a nessuno, bensì atteggiamenti potenzialmente eversivi dell’ordine democratico che mirano a delegittimare i principi fondamentali dello Stato e della democrazia rappresentativa […] Non si può dire che sostanzialmente lo Stato è mandante o spettatore passivo di stragi.»

Confutare i deliri del Garagnani furioso è una causa persa oltre che disperata. Dinanzi al tanfo di così immani stronzate, non si può far altro che trattenere il respiro sperando invano che svanisca il lezzo. Oppure, in alternativa, accendere un fiammifero..!
Poi, in un mondo capovolto, ci si rende conto di trovarsi in piena realtà orwelliana:

Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata

E allora si comprende di assistere solo ad una pessima parodia, ad un modesto esercizio di piaggeria, nel vano tentativo di eguagliare gli irraggiungibili modelli originali: i due didimi brianzoli che ogni giorno onorano le Istituzioni democratiche…
Quello che predica (e pratica) la secessione; che usa la bandiera nazionale per scopi igienici assai poco istituzionali, e dai più alti scranni governativi offende chiunque risieda a sud del Po…
Quell’altra barzelletta deambulante, che ormai sembra un involtino alla plastilina immersa nel cerone, la cui massima espressione culturale è il bunga-bunga…
Le due “istituzioni” viventi nelle quali Fabio Garagnani, e tutti quelli come lui, degnamente si riconoscono!

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L’UOMO DELLA FOLLA

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , on 14 aprile 2011 by Sendivogius

Nella notte più buia della repubblica, capita che un bivacco parlamentare di voraci macchiette in svendita, per compiacere l’Utilizzatore finale, sforni una delle più devastanti leggi della storia repubblicana e che, nel sollazzo di ogni buonsenso, trasformi il processo penale in un “tana libera tutti”, rapportato al censo di chi meglio gli avvocati può pagare.
Dai manipoli agli Scilipoti, dall’impunità allo Stato d’eccezione, sembra di trovarsi nella situazione demenziale di chi ascolta l’orchestrina del Titanic aggrappato alla balaustra di poppa, mentre la nave affonda
Dopo un ventennio di cure ad personam e massicce iniezioni di rincoglionimento mediatico, finalmente l’Italia è diventata una solida Pornocrazia, fondata sul meretricio e sulla devoluzione…delle coscienze!
Il principio cogente della Nazione rifondata risiede nel ‘fottere’ ad oltranza: vero momento di identificazione collettiva di chi, essendo incapace di dare, non può far altro che vendersi, nell’illusione di avere e nella certezza di ‘prenderlo’.
È la prostituzione infatti la condizione ideale di un paese accondiscendente attorno alla miserie umane del Pornonano, proiettate ben oltre gli squallidi siparietti postribolari del bunga-bunga per il sollazzo del satrapo in calore:
Prostituzione mentale di una plebe che tutto accetta con supina indifferenza, nel servaggio compiaciuto della questua generalizzata, e intanto “sugge” (senza champagne) accovacciata ai piedi del suo Sultano ridanciano…
 Prostituzione organica di un parlamento appecoronato di marchettari a contratto, di gaglioffi gorgoglioni che umiliano la ragione e la logica, in evidente assenza di dignità, perennemente in saldo e disponibili ad ogni ribasso. Senza vergogna perché totalmente privi di decenza, sono le truppe d’assalto in livrea al servizio dell’Imperatore.

È una simpatica Italietta, intimidita e vigliacca, frustrata nella sua irrilevanza internazionale, prostrata nella sua decadenza economica, abbrutita nella sua desolante insipienza culturale, e per questo continuamente in cerca di rassicurazioni. Fedele alla tradizione, non poteva che scegliere il peggio, ritrovando il suo omino della provvidenza nella variante ingrifata e miniaturizzata di una barzelletta ambulante, conforme allo spirito dei tempi, a immagine e somiglianza dei suoi devoti.
Tuttavia, come insegna il Belli nei suoi sonetti, bisognerebbe diffidare di chi sghignazza in continuazione; chi ride sempre, in fondo, non fa altro che “mostrare i denti”…

 Le risate del Papa

Er Papa ride? Male, amico! E’ segno
Ch’a momenti er zu popolo ha da piagne!
Le risatine de sto bon patrigno
Pe noi fijastri so’ sempre compagne.
 
Ste facciacce che porteno er triregno
S’assomijeno tutte ale castagne:
belle de fora, eppoi, peddìo de legno,
muffe de dentro e piene de magagne.
 
Er Papa ghigna?
Ce so guai per aria:
tanto più ch’er zù ride de sti tempi
nun me pare una cosa necessaria.
 
Fiji mii cari, state bene attenti.
Sovrani in allegria so brutti esempi.
Chi ride cosa fa? Mostra li denti.

 [G.G.Belli 17/11/1833]

D’altronde, il Papi nazionale è il grimaldello da scasso che ha fatto saltare i tombini dalle fogne della storia: liberata da ogni inibizione o pudore residuo, una certa Italia può finalmente tirare fuori dalla naftalina la vecchia camicia nera del nonno per marcire marciando.
D’altra parte, il berlusconismo è sempre più psicologia collettiva ed identità condivisa, strutturato in movimento di massa destinato a sopravvivere alle declinanti fortune del suo logorato demiurgo. Per quanto pervasivo e forte economicamente, il potere berlusconiano infatti non potrebbe resistere tanto a lungo senza una vasta identificazione popolare, basata su di un radicato consenso, coniugata alla capacità di sollecitare l’immaginario del suo potenziale elettorato con l’afflusso costante di suggestioni condivise.

«La naturale sete di comando dei capi viene assecondata dal naturale bisogno della folla di venir guidata, nonché dalla sua indifferenza. Nelle masse vi è proprio un profondo impulso a venerare chi sta in alto. Nel loro primitivo idealismo, esse hanno bisogno di divinità terrestri, alle quali si attaccano di affetto tanto più cieco, quanto più aspramente la durezza della vita le afferra. Sovente questo bisogno di adorare è l’unico rocher de bronze che sopravviva alla metamorfosi delle loro convinzioni.»

 Robert Michels
Democrazia e legge ferrea dell’oligarchia (1909)

E forse, volendo fornire un vestito culturale per coprire le vergogne del berlusconismo, bisognerebbe ricorrere proprio ai teorici dell’Oligarchia, passando per la teologia politica di Karl Schmitt, in una riscoperta dei classici del pensiero conservatore.

[Si tratta di autori ai quali avevamo già avuto modo di accennare in passato nelle pagine riservate ai commenti. In particolare, vi avevamo fatto riferimento in almeno tre diverse occasioni: (1) (2)(3).]

Soprattutto, per spiegare i meccanismi di questa sorta di fascinazione collettiva, alla base della seduzione berlusconiana e della sua potenza ammaliatrice, si potrebbero persino rispolverare gli studi di Gustave Le Bon che nella sua opera più famosa, ‘Psicologia delle folle’ (1895), analizzava i comportamenti delle folle “da un punto di vista psicologico”, cercando di individuarne caratteristiche e orientamenti comuni da catalogare scientificamente. Tramite la classificazione delle folle e la definizione delle tecniche di persuasione più efficaci, Le Bon si propone di fornire i meccanismi di controllo e finanche di disinnesco del potenziale demagogico ed eversivo del quale una massa teleguidata è naturale vettore d’infezione.
Gustave Le Bon disprezza infatti le folle organizzate (eterogenee e non anonime) nella loro suggestionabilità irrazionale e nel “semplicismo” manipolabile delle loro opinioni a fini politici (folle elettorali). Nella sua visione sostanzialmente elitaria, Le Bon diffida profondamente della democrazia in quanto coinvolgimento popolare di massa, e che intimamente aborre, vedendo in essa una regressione distruttiva ed un potenziale pericolo sociale.
Liquidato tra i pensatori reazionari, la sua opera è stata assai apprezzata dai totalitarismi di ogni colore: da Mussolini a Lenin, passando per Hitler. In particolare, Benito Mussolini ne era affascinato ed utilizzava la “Psicologia delle Folle” alla stregua di un manuale pratico per la conquista indolore del consenso, mentre le violenze squadristiche del regime trovavano invece la loro giustificazione intellettuale nella ruminazione di Georges Sorel (‘Riflessioni sulla violenza‘).

La “Psicologia delle folle”, 116 anni ben portati, contiene aspetti curiosi che a tutt’oggi conservano una loro validità più che mai attuale. È illuminante constatare come certi principi, certe disamine culturali, si ripropongano con costanza nel tempo rimanendo sostanzialmente invariate nei loro condizionamenti psicologici. È sconcertante notare come il Pornocrate (che di sicuro non ha mai letto l’opera di Le Bon) ne conosca alla perfezione i meccanismi e gli umori, gestendoli a suo personale profitto con assoluta dimestichezza.
Nel Cap.II (parte I) Gustave Le Bon si propone di analizzare “sentimenti e moralità delle folle”, che sviluppa in punti analitici. Riportiamo alcuni estratti tra i più significativi:

1. – Impulsività, mobilità e irritabilità delle folle.
 La folla, alla mercé di tutti gli stimoli esterni, ne riflette le continue variazioni. Dunque é schiava degli impulsi che riceve.

2. – Suggestionabilità e credulità delle folle.
La folla pensa per immagini, e l’immagine evocata ne evoca essa stessa molte altre che non hanno nessun nesso logico con la prima. Si capisce facilmente questo stato pensando alle bizzarre successioni d’idee a cui ci porta qualche volta l’evocazione di un fatto qualsiasi. La ragione ci fa vedere l’incoerenza di simili immagini, ma la folla non la vede; e confonderà con l’avvenimento stesso tutto quello che la sua immaginazione vi aggiunge, deformandolo. Incapace di separare il soggettivo dall’obiettivo, la folla ammette come reali le immagini evocate nel suo spirito, e che, il più delle volte, non hanno nessuna parentela col fatto osservato.
[…] La qualità mentale degli individui di cui si compone la folla non smentisce questo principio. Questa qualità non ha importanza. Dal momento che sono in folla, l’ignorante e il dotto diventano egualmente incapaci di fare osservazioni.

3.° – Esagerazione e semplicismo dei sentimenti delle folle.
La semplicità e l’esagerazione dei sentimenti delle folle le preservano dal dubbio e dall’incertezza. Come le donne, esse vanno subito agli estremi. La supposizione si trasforma senz’altro in evidenza indiscutibile. Un principio di antipatia e di disapprovazione, che nell’individuo isolato rimarrebbe poco accentuato, diventa subito un odio feroce nell’individuo della folla.
[…] Nelle folle, l’imbecille, l’ignorante e l’invidioso sono liberati dal sentimento della loro nullità e impotenza, che é sostituita dalla nozione di una forza brutale, passeggera, ma immensa.
[…] Non essendo la folla impressionata che da sentimenti eccessivi, l’oratore che vuole sedurla deve abusare delle affermazioni violente. Esagerare, affermare, ripetere, e non mai tentare di nulla dimostrare con un ragionamento, sono i procedimenti di argomentazione familiari agli oratori di riunioni popolari.

4.° – Intolleranza, autoritarismo e conservatorismo delle folle.
Le folle, non conoscendo che i sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco le opinioni, le idee, le credenze che vengono suggerite loro, e le considerano come verità assolute o come errori non meno assoluti. Quante sono le credenze nate dalla suggestione, invece d’essere state generate dal ragionamento! Tutti sanno quanto siano intolleranti le credenze religiose, e che impero dispotico esercitino sulle anime. La folla, non avendo nessun dubbio su ciò che per lei é verità o errore, e avendo d’altra parte la nozione chiara della propria forza, é autoritaria quanto intollerante. L’individuo può accettare la contraddizione e la discussione, ma la folla non le ammette mai. Nelle riunioni pubbliche, la più piccola contraddizione da parte di un oratore é accolta con urli di collera e violenti invettive, seguite ben presto da vie di fatto e dall’espulsione se l’oratore insiste un poco. Se non fossero presenti gli agenti dell’autorità, il contraddittore sarebbe spesso linciato. L’autoritarismo e l’intolleranza sono caratteristiche di tutti i generi di folle, ma vi si trovano in gradi diversi, e qui ancora riappare l’importanza fondamentale della razza, dominatrice dei sentimenti e dei pensieri umani. L’autoritarismo e l’intolleranza sono più forti nelle folle latine.
[…] L’autoritarismo e l’intolleranza sono per le folle sentimenti molto chiari, che esse sostengono tanto facilmente quanto facilmente li praticano. Le folle rispettano la forza e sono mediocremente impressionate dalla bontà, che é facilmente considerata come una forma di debolezza. Le loro simpatie non sono mai state per i padroni miti, bensì per i tiranni, che le hanno dominate con energia. Ad essi vengono innalzate le statue più imponenti. Se esse volentieri calpestano il despota detronizzato, si é perché avendo questi perduto la sua forza, rientra nella categoria dei deboli che si disprezzano e non si temono. Il tipo dell’eroe caro alle folle avrà sempre la struttura di un Cesare. Il suo pennacchio le seduce, la sua autorità si impone e la sua sciabola fa loro paura. Sempre pronta a sollevarsi contro un’autorità debole, la folla si curva servilmente dinanzi a un’autorità forte.
[…] (Le folle) hanno istinti conservatori irriducibili e, come tutti i primitivi, un rispetto feticista per le tradizioni, un orrore incosciente per le novità capaci di modificare le loro condizioni reali di vita.

Sono considerazioni dalle quali possono scaturire spunti interessanti…
a) La reiterazione della menzogna politica col ricorso all’iperbole, fatta per stupire più che per convincere, studiata per solleticare l’immaginazione piuttosto che la ragione, sovrapponendosi al ragionamento logico nella sua totale sostituzione, quasi in funzione mitopoietica.
b) Il bisogno di mostrarsi “cattivi”, insieme alle esibizioni muscolari, per assicurarsi il favore di certo elettorato (soprattutto quello in camicia verde), particolarmente sensibile alle seduzioni dell’uomo forte, capace di galvanizzarne gli istinti più beceri e retrivi, nel disprezzo del “debole” (sia esso povero, diverso, immigrato).
c) La predisposizione naturale delle “folle latine” verso il cesarismo e la loro intrinseca natura reazionaria.

Né Gustave Le Bon perde occasione per ribadire l’impermeabilità delle folle al ragionamento razionale, che quanto più è complesso tanto più sfugge alla loro comprensione logica.
L’elemento predominante nella costruzione delle opinioni risiede nell’associazione di “immagini”. Se si considera che all’epoca in cui Le Bon scriveva la TV non esisteva, si può capire quale sia l’impatto del medium televisivo su una platea sostanzialmente amorfa che si attiva unicamente per etorodirezione…

 – I ragionamenti delle folle –
«Si può dire in modo assoluto che le folle non sono influenzabili con ragionamenti. Ma gli argomenti che esse impiegano e quelli che agiscono su di esse appariscono, dal punto di vista logico, di un ordine talmente inferiore che solo per via di analogia si può qualificarli come ragionamenti. I ragionamenti inferiori delle folle sono, come i ragionamenti elevati, basati su associazioni: ma le idee associate delle folle non hanno tra di loro che legami apparenti di rassomiglianza e di successione. […] Gli oratori che sanno maneggiare le folle, presentano sempre loro associazioni di questo genere che sole possono influenzarle. Una serie di ragionamenti stringati, sarebbe totalmente incomprensibile alle folle, e perciò é permesso dire che esse non ragionano o fanno ragionamenti falsi, e non sono influenzabili con un ragionamento. La leggerezza di certi discorsi che hanno esercitato un’influenza enorme sugli uditori, talvolta stupisce alla lettura; ma si dimentica che essi furono fatti per trascinare delle collettività, e non per essere letti da filosofi. L’oratore, in intima comunione con la folla, sa evocare le immagini che la seducono. Se egli riesce, il suo scopo é stato raggiunto; e un volume di arringhe non vale le poche frasi che sono riuscite a sedurre gli animi che bisognava convincere. Inutile aggiungere che l’importanza delle folle a ragionare giustamente le priva di ogni spirito critico, vale a dire dell’attitudine di discernere la verità dall’errore, e a formulare un giudizio preciso. I giudizi che esse accettano non sono che quelli imposti e mai quelli discussi. Sotto questo punto di vista, numerosi sono gli individui che non si elevano sopra le folle. La facilità con la quale certe opinioni diventano generali deriva specialmente dalla impossibilità della gran parte degli uomini di formarsi un’opinione particolare basata sui propri ragionamenti.
[…] Le folle sono un po’ come un dormiente, in cui la ragione é momentaneamente annullata, e vede sorgere nel suo spirito delle immagini d’una intensità estrema, ma che si dissipano subito appena vengono a contatto con la riflessione. Le folle, essendo incapaci di riflettere e di ragionare, non conoscono l’inverosimile; ora, le cose più inverosimili sono generalmente quelle che colpiscono di più. Per questo le folle sono impressionate maggiormente da ciò che c’é di meraviglioso e di leggendario negli avvenimenti. Il meraviglioso e il leggendario sono in realtà i veri sostegni delle civiltà. Nella storia l’apparenza ha sempre avuto più importanza della realtà. L’irreale predomina sul reale.
[…] Le folle, non potendo pensare che per immagini, non si lasciano impressionare che dalle immagini. Soltanto queste ultime le spaventano o le entusiasmano e regolano i loro atti

 “Psicologia della folla”
CAP.III – Parte I 
(Idee, ragionamenti, e immaginazione delle folle)

Per questo gran parte degli italiani crede che il Pornocrate abbia costruito il suo impero economico, investendo la liquidazione paterna. E se sono disposti ad accettare che Ruby sia la nipote di Mubarak… Se sono disposti a credere che gli Scilipoti, i Razzi e munnizza varia siano un gruppo di “responsabili”… Se sono convinti che l’ultima schifezza appena sfornata da un parlamento di dipendenti Publitalia e di avvocati (la legge ammazza-processi), inerente la prescrizione breve, sia una norma fondamentale a tutela di tutti i cittadini e che ora i processi saranno più rapidi….
Allora l’Italietta delle folle plaudenti non può che vedersi confermata nel suo intrinseco ruolo di paese di merda.

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