Archivio per Raif Badawi

IL SALE DELLA TERRA

Posted in Kulturkampf, Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , on 23 marzo 2022 by Sendivogius

 Stilata la lista dei “Cattivi”, sarà ora il caso di dare uno sguardo agli alleati delle “Forze del Bene”; ovvero il sale che nutre la Democrazia nella Terra dei liberi e giusti, senza che mai ombra di vergogna alcuna scenda ad oscurare le ipocrisie degli imperi riluttanti…

“A che punto è la notte nel sultanato rinascimentale di MBS (Mohammad bin Salman)?”
di Francisco Soriano
(19/03/22)

«Già nel 2013 nella monarchia saudita si cercavano, disperatamente, “soluzioni moderne” per la mancanza di tagliatori di teste: infatti una commissione ministeriale fu nominata al fine di valutare se, le esecuzioni a morte, potessero avvenire non più per decollazione con colpi di scimitarra bensì con una pubblica e meno cruenta fucilazione. In realtà, più che animati da spirito modernista i sauditi denunciavano carenza assoluta di boia disponibili all’uso di tecniche ormai antiquate quanto dispendiose. Non solo, dunque, la carenza di esecutori materiali delle condanne a morte, ma soprattutto la mancanza di puntualità dei boia che, pare, si presentassero molto spesso in colpevole ritardo all’appuntamento con le vittime da decapitare. Fu il giornale “AL Youm” ad occuparsi del caso, citando anche una laconica circolare del dipartimento di giustizia saudita: “La mancanza di persone in grado di utilizzare la spada e la loro indisponibilità in molte aree – scrisse il quotidiano – significa che il boia deve compiere lunghi viaggi per arrivare sul luogo dell’esecuzione, a volte non arrivando in tempo”. Bisognava capire, tuttavia, se l’ottimizzazione dell’uccisione con un plotone di esecuzione fosse compatibile con i dettami della sharia. Si fece in fretta. La prima vittima con il metodo della fucilazione, guarda caso, fu una donna nel nord-ovest del Paese, ad Ha’il.
Saudi Arabia’s King Salman on May 5. (Fayez Nureldine; Agence France-Presse via Getty Images)Ne è passata di acqua sotto i ponti dal 2013, fino a quando, qualche mese fa il senatore semplice Matteo Renzi dopo aver aperto una crisi di governo si recava in Arabia Saudita per partecipare alla “Davos del Deserto”, un incontro annuale nella cornice di una serie di conferenze presiedute da leaders politici, CEO ed imprenditori, organizzata dal “Future Initiative Institute”. Fin qui nulla di straordinariamente rilevante se non la proiezione di un video in cui il principe ereditario Mohammed bin Salman e il più intrigante esponente della politica italiana, Matteo Renzi, argomentassero sul “nuovo Rinascimento” che caratterizzerebbe per modernità lo sviluppo di uno Stato portatore, ancor oggi, di valori ripugnanti, disgustosi e drammaticamente pericolosi. Le dichiarazioni di Renzi hanno destato in quell’occasione reazioni e sdegno da tutto il mondo che non hanno minimamente scalfito la sensibilità dell’ex primo ministro: probabilmente ha ritenuto più importanti gli sforzi economici della famiglia Saud nel pagamento delle sue conferenze e relazioni al rispetto di quei valori e diritti umanissimi che secoli di cultura, storia e lotte, anche sanguinose, hanno affermato e consolidato nel suo Paese. Non è colpa del senatore semplice di Rignano se il monarca-sultano-tiranno di Ryad applichi la più insensata sharia di questo mondo: su questi argomenti tuttavia sarebbe bene ricordargli che, in un solo giorno del mese di marzo dell’anno 2022, nel principato delle meraviglie e delle riforme sono state uccise 81 persone con una brutalità che non riconosce la storia e i diritti di una umanità alla deriva.
Tutto ciò è avvenuto a poche ore, pare, dall’arrivo del premier Boris Johnson, un altro di quegli esponenti che, in piena continuità con i suoi predecessori di destra e di sinistra inglesi, con ipocrisia e cinismo e, a più riprese, hanno intessuto e intrattengono floride e remunerative relazioni con stati che disprezzano i diritti umani degli individui. Fra le 81 persone anche sette yemeniti e un cittadino siriano, rei di crimini fra i più disparati: dall’omicidio a reati legati al terrorismo di matrice, ci verrebbe da dire, non saudita. Eppure il principino del rinascimento in salsa saudita aveva promesso con tanto di clamore mediatico che era intenzionato a riformare il sistema giudiziale del proprio Paese: sarà stata una delle tante amnesie e falsità, visto che di crimini efferati se ne continuano a perpetrare. Non sappiamo se le 81 persone siano state decapitate, resta un dubbio che cambia poco le dinamiche saudite connotate da disumanità e orrore. Questo eccidio è la più grande esecuzione di massa dopo quella avvenuta nel 1980, effettuata per punire a morte i 63 militanti condannati per aver occupato con le armi il tempio sacro della Grande Moschea, soltanto un anno prima. Da sottolineare però, che di questi ultimi almeno 40 condannati erano di fede sciita e originari di Qatif e Al-Ihsa, religione giudicata eretica in Arabia e, i seguaci, vittime di persecuzioni cruente da parte dei wahabiti sauditi ancor oggi. Le notizie da questa florida isola d’arte e apollinea armonia non sono di solito rese pubbliche: infatti le famiglie e le associazioni che difendono i diritti umani ci fanno sapere che le confessioni dei detenuti sono chiaramente estorte, nel migliore dei casi, con botte e torture indicibili. Le autorità saudite negano e rilanciano, dicendo che i processi si svolgono regolarmente con la supervisione, addirittura, di 13 giudici e 3 gradi di giudizio.
Il 2 marzo di quest’anno è stata ripristinata la pena di morte per i minorenni. Il caso riguarda Abdullah al-Huwaiti che, nel 2017 fu arrestato a 14 anni e condannato a morte quando ne aveva 17, per aver eseguito un omicidio durante una rapina a mano armata. La sua condanna era stata annullata circa un anno fa. L’efficiente giustizia saudita prima ha commutato la condanna, per aggiornarla con una condanna pochi giorni fa. Infatti al-Huwaiti è stato nuovamente processato da un tribunale di Tabuk perché era necessario attuare la “qisas”, una forma e un istituto di giustizia retributiva che consiste nella possibilità di consentire alla famiglia della vittima di chiedere una compensazione in denaro, concedere la grazia o pretendere la condanna a morte definitiva. Ma la questione non risiede soltanto in questa forma barbara di giudicare, bensì di capire se le prove utilizzate contro di lui siano credibili: dopo l’arresto del quattordicenne vi erano state torture e isolamenti continui per mesi, gli era stato proibito di farsi assistere da un avvocato e, dopo l’ennesima tortura, Huwaiti non poteva neanche più camminare per le frustate ricevute con un cavo elettrico che gli hanno atrofizzato le gambe. In definitiva al-Huwaiti è stato condannato due volte per un reato commesso a 14 anni, con una sola verità estorta con metodi assurdi e condannato a morte senza appello.
Finalmente una buona notizia: dopo ben 10 anni di carcere è stato liberato il famoso blogger saudita Raif Badawi, arrestato, incarcerato e come di consuetudine torturato quando aveva 28 anni. Le accuse, fra le più gravi, quella di aver insultato l’islam, con una condanna accessoria di 1000 frustrate oltre quelle propinate a “porte chiuse” in carcere quotidianamente. Le frustrate, stabiliva il tribunale, potevano essere spalmate e inflitte entro 20 settimane. Si ricorda che la prima fustigazione in pubblica piazza a Jeddah destò proteste in tutto il mondo per la sua brutalità “non solo simbolica”. le Nazioni Unite la descrissero e protestarono ufficialmente. L’accusa inoltre investiva la sua attività come gestore del sito “Sauditi liberi”, che esternava parole di libertà e pace e chiedeva la possibilità di esprimersi con una certa libertà. Gli accenni ai diritti umani poi, scatenarono nei principi rinascimentali un’ira senza pari ordinando l’arresto del giovane blogger. Liberato, il povero Raif non potrà lasciare il Paese e andare in Canada, dove l’attendono la moglie e i suoi tre figli. Il divieto dei tribunali sauditi ha vietato l’uscita per dieci anni. La sorella Samar e l’attivista Nassima al Sadah subiscono lo stesso trattamento, non potendo lasciare il Paese.
Il 15 febbraio di quest’anno è stato giustiziato un cittadino giordano per un omicidio compiuto a Jazan, nel sud-ovest del Paese. Il nome del giustiziato per decollazione è Hussein Jaber Salem al-Maliki, reo di aver strangolato durante una rissa un cittadino saudita. Il 2 febbraio di quest’anno è stato liberato Dawoud al-Marhoon, condannato a morte perché protagonista delle proteste antigovernative del 2012, quando aveva 17 anni. Insieme ad altri due minori, Ali al-Nimr e Abdullah al-Zaher furono condannati a morte per lo stesso motivo di al-Mahroon, pene commutate a 10 anni di prigione per la decisione di re Salman: a nulla è valso l’impegno dei tribunali nonostante la loro efficienza e indipendenza! Al-Nimr liberato ad ottobre 2021 è il nipote dell’importante religioso sciita Nimr Al-Nimr, giustiziato a sua volta dalle autorità saudite nel 2016. Al-Zaher è stato rilasciato nel novembre 2021.
Le 81 uccisioni in Arabia Saudita, le 7 condanne a morte in Egitto e la fucilazione eseguita in Bielorussia di Victor Pavlov sono un segno molto preoccupante: forse la “distrazione” della guerra in Ucraina consente di continuare ancora più brutalmente nella repressione nei propri Paesi? L’agenzia di stampa statale saudita ha precisato che questa esecuzione di massa deve essere percepita nel quadro della lotta al terrorismo e ai crimini gravi come l’omicidio di uomini, donne e bambini innocenti. L’Arabia saudita afferma di lottare contro l’Isis, Al Qaeda e i ribelli Houti dello Yemen, di assumere, inoltre, “una posizione rigorosa e incrollabile contro il terrorismo e le ideologie estremiste che minacciano la stabilità del mondo intero”. Certo è che oggi l’Arabia saudita non gode dell’appoggio completo degli USA, come era accaduto in era Trump con i suoi interessi economici privati in quel Paese e, l’Italia, ha bloccato le autorizzazioni per l’esportazione di missili e bombe. I sauditi vorrebbero intensificare i rapporti con la Cina, vendendo petrolio, naturalmente. Ai petroldollari, Ryad starebbe pensando di accettare lo yuan, non per motivi mirabolanti, ma perché il principe ritiene uno sgarbo senza precedenti l’irrigidimento delle relazioni con l’America di Biden. Si teme soprattutto la ripresa del dialogo con Teheran sul nucleare, il vero nemico storico dei sauditi, molto di più di Israele con una storia di odio e di inimicizie ben più profonda di quello che si possa immaginare. Insomma vale sempre il vecchio detto con una lieve modifica: “Pecunia non olet” ma il petrolio ancor meno.
Queste le ultime news dalla monarchia rinascimentale di Mohammad bin Salman

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SYRIANA (II)

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 22 marzo 2015 by Sendivogius

ISIS

A suo tempo (era il 22/01/14), con una di quelle infelici metafore a sfondo sportivo che piacciono tanto ai politicanti quando vogliono galvanizzare l’elettorato, Barack Obama definì i tagliatori di teste dell’ISIS come la “riserva giovanile” di Al-Qaeda: una squadretta di alcun conto, composta da scartine facilmente contenibili.
Osama Eliminato Osama bin-Laden, ospitato in tutta tranquillità a casa dall’Amico pakistano, sotto la munifica protezione dell’ISI, il buon Obama aveva davvero creduto (pessimamente consigliato) che, tagliata la testa del drago, avrebbe debellato per sempre la bestia del terrorismo islamico. Evidentemente, non aveva mai sentito parlare del mito dell’Idra di Lerna, altrimenti avrebbe compreso che certe ferite vanno immediatamente cauterizzate, onde prevenire il sopraggiungere di mali peggiori.
Hydra Bay WallPaper by leewonkaD’altronde, in nome della realpolitik, per lungo tempo si è sottovalutata la minaccia del fondamentalismo neo-salafita, paradossalmente nato come movimento riformista nel solco della tradizione. In realtà, il “salafismo”, nelle sue forme integraliste più estreme, non è spuntato fuori un ventennio fa, ma è attivo da almeno una dozzina di lustri, prima di diventare un problema più che tangibile…
isisSi era pensato (a torto) che il fervore religioso della rinascita salafita, opportunamente indirizzata, potesse essere utilizzata come strumento di contenimento dell’Iran degli ayatollah, convogliandone le azioni di disturbo contro l’Hezbollah libanese e, all’occorrenza, impiegata come forza destabilizzante nei confronti del (nazional)socialismo dei partiti Baath.
Hezbollah Nazi SaluteNella logica dei blocchi contrapposti, i mujahiddin vennero visti dallo schieramento ‘atlantista’ come potenziali truppe pronto La Guerra di Charlie Wilsonimpiego, sui fronti orientali della guerra fredda: una manovalanza a buon mercato di utili idioti, da usare come carne da cannone senza alcun rimpianto, nella convinzione del tutto errata che il fenomeno si sarebbe estinto da sé una volta esaurita la sua funzione d’uso.
mujahideen call of dutyNonostante i danni prodotti da un madornale errore di valutazione di cui oggi si pagano le conseguenze, si è inizialmente pensato di perseverare nella pratica, applicando la stessa strategia alla Siria.
Rambo 3Infatti, l’antico giochino sembrava riproponibile anche nel caso del Bashar al-Assadconflitto siriano, per abbattere il regime di Bashar al-Assad, con il duplice obiettivo di galvanizzare le monarchie sunnite in funzione anti-sciita e soprattutto rafforzare la supremazia israeliana, scardinando ogni influenza russa o cinese in Medio Oriente tramite l’eliminazione del loro principale alleato. Il brillante risultato è stato quello di destabilizzare l’intera regione in una crisi di proporzioni mai viste.
reagan_taliban_1985Sennonché, la presenza di oltre 250 formazioni armate (potete farvene un’idea QUI con l’elenco al gran completo), a schiacciante preponderanza jihadista, censite dal Dipartimento di Stato sulle informative della CIA, ha indotto l’Amministrazione USA a ben più miti consigli e ad una doverosa prudenza che è sempre mancata in passato, specialmente se si pensa ai disastri prodotti in Iraq. Ma ormai il vaso di Pandora era stato già bello che scoperchiato…
Broken Trinity - Pandora's BoxFu così che la salafiyya, da movimento marginale dell’immensa galassia musulmana, è finito col diventare preponderante, innaffiato com’è dai petrodollari delle monarchie del Golfo.
In fondo, il sedicente Califfato è solo un’estensione dilatata a dimensione internazionale del wahabismo saudita, perché a ben vedere tutte le strade del terrorismo islamico portano a Riyad e dintorni…
WahabismeDa questo punto di vista, le orde nere dell’ISIS non hanno inventato proprio nulla. Niente che non sia già stato sperimentato con successo in Arabia Saudita.
Saudi-Executioner  La furia iconoclasta con la distruzione di monumenti e luoghi di culto, la persecuzione delle minoranze religiose all’insegna del più cupo oscurantismo fondamentalista, il corollario di decapitazioni, mutilazioni, lapidazioni, ed altri orrori medioevali, passando per gli effettacci gore da Coltello lungo cazzo piccoloporn-horror, coi quali il Dawla Islamiya ama deliziarci in concomitanza con l’apertura sensazionalistica dei notiziari, costituiscono da sempre parte integrante del panorama urbano e del brodo ‘culturale’ in cui la Casa degli al-Saud prepara la sua ricetta da esportazione. E ciò avviene secondo una strategia fin troppo collaudata, nel silenzio complice di un “Occidente” agganciato alle pompe di benzina.
BushfaceL’aspirante Califfato di Iraq e Levante mira all’introduzione della Sharia, secondo la più rigida applicazione coranica, nell’interpretazione letterale dei testi e degli hadith del Profeta.
Sri Lanka Saudi MaidIn Arabia Saudita è legge dello stato. E la pia autocrazia, con il suo record di esecuzioni capitali, può vantare l’applicazione della pena di morte (mediante decapitazione o lapidazione) per reati gravissimi quali l’omosessualità, l’adulterio, la blasfemia, l’apostasia (murtad), e ovviamente la stregoneria. Ma anche il possesso di libri proibiti (tipo la Bibbia), o l’apposizione di un “like-it” su una pubblicazione on line non ortodossa, può comportare una buona dose di scudisciate educative e, in caso di recidiva, conseguenze ben peggiori, come sta avendo modo di imparare Raif Badawi.
Ovviamente, tutti i procedimenti penali in questione non richiedono la presenza di alcuna forma di tutela legale; quanto meno non nel senso che noi siamo abituati a conferire al concetto.
saudi justiceAl confronto, l’ISIS è solo un allievo zelante che mira a scalzare il vecchio maestro, da cui ha appreso tutto e attinto le sue risorse. Semplicemente, le bande nere del califfato reputano inutile la presenza della dinastia saudita al potere, ma in sostanza la ricetta che propongono è la stessa; senza i costi ed i privilegi di una casa regnante, considerata (a buona ragione) irrimediabilmente corrotta nella sua presunzione di “purezza”.
frustaNel corso di mezzo secolo, le monarchie assolute della penisola arabica (Arabia Saudita, ma anche Kuwait, Bahrein e soprattutto Qatar) hanno sostenuto, foraggiato e protetto, ogni movimento Re-Animatorintegralista radicale disponibile sulla piazza mondiale. L’ISIS è soltanto l’ennesimo mostro di Frankenstein, l’ultimo prodotto di una lunga serie, sfuggito al controllo occhiuto degli al-Saud e dei loro apprendisti stregoni…
Di solito funziona così: si finanziano e si costruiscono ovunque sia possibile moschee ed “istituti culturali” di ispirazione wahabita, per creare un retroterra religioso che sia favorevole alla penetrazione radicale, da sovrapporre (e soppiantare) alle comunità musulmane autoctone giudicate troppo secolarizzate o non abbastanza ‘devote’. Quindi si esportano imam e soprattutto predicatori itineranti, formatisi alla scuola hanbalita, trasformando le sale di preghiera così infiltrate in centri di propaganda e di reclutamento, le iniziative dei quali in genere hanno facile presa facendo leva sui bisogni degli strati più disagiati della popolazione. A tutti gli effetti è un esercizio di pressione politica, che agisce direttamente sulla società islamica livellata nelle sua diversità e ricchezza culturale, secondo un preciso progetto egemonico di pura miscela arabica.
House of Al-SaudNon è un caso che le ventate di recrudescenza integralista coincidano spesso e volentieri con l’attività di proselitismo della predicazione salafita su impostazione wahabita. I finanziamenti sauditi giungono quasi sempre attraverso il paravento di associazioni filantropiche o enti di beneficenza islamici, meglio se riuniti in charity trust, che funzionano come paravento indiretto per la copertura di transazioni non proprio limpide.
Bloody hand È per esempio il caso della Al Haramain, che fu molto attiva in Indonesia e per tutto il Sud-Est asiatico tra il 2001 ed il 2002, provvedendo a rifornire di fondi gli stragisti della Jemaah Islamiyah, che guadagnò la ribalta nelle cronache internazionali con l’ecatombe di Bali del 12/10/2002. E ciò avveniva in parallelo con le attività terroristiche di Laskar Jihad che si era inserita negli scontri etnici Indonesia e Molucchenell’Arcipelago delle Molucche, conferendovi una dimensione tutta religiosa culminata nelle stragi di Giava e Timor Est. Se Laskar Jihad culturalmente si forma nelle madrasse pakistane di osservanza Deobandi, è tra gli ulema hanbaliti del Golfo che trova la giustificazione ‘morale’ per le sue azioni. Sarà Jafar Umar Thalibutile ricordare che Jafar Umar Thalib, fondatore della Laskar Jihad, si sia formato alla “Lipia” (succursale indonesiana della “Muhammad ibn Saud Islamic University” di Riyad, specializzata nella formazione di imam) ed abbia potuto continuare i suoi ‘studi’ in Pakistan grazie ad una borsa di studio del governo saudita.
MujahidinIn Nigeria, per passare a faccende più attuali, il famigerato gruppo di Boko Haram prima di darsi alla clandestinità armata ha ricevuto per anni aiuti e sostegno economico da Al Muntada Al Islami, un’associazione caritatevole saudita con sede a Londra.
Ansar DineMa finanziamenti copiosi sono giunti anche al FIS algerino ai TIMBUKTUtempi della guerra civile, ai salafiti di Ansar Dine e del MUJAO che tanto si sono distinti nella devastazione di Timbuctù in Mali, nonché alle “Corti Islamiche” degli shabaab della Somalia, dove ci si è premuniti di fornire macchinette per la corretta amputazione delle mani…
taglio della manoPerché il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Saudi ArabiaStoricamente, il dominio della casa regnante saudita si fonda su un patto, stipulato intorno alla metà del XVIII°secolo, tra Muhammad ibn Saud, emiro di Diriyah, e Muhammad ibn Abd al-Wahhab: un chierico hanbalita, profondamente ispirato dal pensiero di Ibn Taymiyya.
Ibn Taymiyya (Taqī al-Dīn Abū al-Abbās Aḥmad), nato in Siria ad Harran nel 1263, era sostanzialmente avverso ad ogni innovazione che esulasse dall’interpretazione letterale del Corano; propugnava la rigida applicazione della sharia ed il ritorno all’ortodossia delle origini (VII secolo). I suoi insegnamenti vertevano sulla elaborazione dottrinale della tradizione islamica, ripulita da ogni incrostazione moderna e ripristinata nella sua purezza originaria (salaf). Soprattutto, predicava la ribellione contro “l’autorità ingiusta”, qualora questa non fosse conforme ai principi della legge coranica, che secondo il teologo non deve ammettere deroghe, né interpretazioni metaforiche.
JannahIbn Taymiyya è considerato inoltre il teologo della guerra santa, peraltro all’epoca più che giustificata visto che il mondo Hulegu Khanmusulmano si trovava ad affrontare le orde mongole di Hulagu Khan ad Est e le invasioni crociate ad Ovest. Al contempo, Taymiyya sosteneva una dura politica di intolleranza nei confronti di ebrei e cristiani, rifiutando l’idea di una possibile convivenza, se non sotto stretta sottomissione in cambio di protezione. Rifuggiva dal culto dei santi e rifiutava aspramente l’idea che le tombe dei maestri sufi potessero essere oggetto di devozione e di pellegrinaggio, essendo ritenuta la pratica in questione una forma di politeismo (shirk).
MongoliLe idee estreme, con la sua visione drasticamente conservatrice e chiusa della società islamica, non ebbero mai troppo successo, ed Ibn Taymiyya fu per questo duramente avversato dai suoi stessi contemporanei, che non ne condividevano affatto la rigidità di pensiero e soprattutto mal sopportavano la sua messa in discussione del principio di autorità.
La sua strenua opposizione al culto dei morti ed alla venerazione dei santi, considerate un’eresia da estirpare, viene condivisa appieno dal suo discepolo Ibn Qayyim al-Jawziyyah, che ne estremizza il concetto, predicando la completa distruzione dei “luoghi dello shirk” e di tutti gli “idoli”.
cult of destructionLa fatwa di Ibn Qayyim è la più citata e amata dai distruttori di monumenti dell’ISIS e dagli imam radicali del Golfo, secondo i quali ogni luogo che anche lontanamente sia collegabile a culti diversi dall’Islam andrebbe raso al suolo (a partire dalle piramidi d’Egitto), insieme alla completa distruzione di ogni arte figurativa. Arte che per il pio musulmano non dovrebbe avere alcun valore, in quanto costituisce un’offesa alla vera fede, nella pretesa di volersi sostituire all’opera creatrice di Allah.
ISIS destroys 6000-year-old artifactsIbn Taymiyya ed il suo discepolo Qayyim si formano entrambi nell’ambito della scuola hanbalita, fondata nel IX°secolo a Baghdad dal tradizionalista Ahmad ben Muhammad ibn Hanbal. Alla base della reazione tradizionalistica, gli Hanbaliti rappresentano una delle principali cinque scuole teologiche sull’interpretazione (non necessariamente ortodossa) del testo coranico. Ossessionati dal ritorno alla tradizione, possibilmente incarnata dai primi califfi, e dal ripristino di una purezza primigenea ritenuta perduta, i seguaci di Ahmad ibn Hanbal si affidano ad una interpretazione assolutamente letterale del messaggio coranico, supportata da migliaia di hadith fondati sulla parola dei primi compagni (saḥāba) del profeta. Pertanto rigettano ogni indagine personale, che sia basata sulla deduzione analogica o intellettuale dei testi i quali non vanno interpretati ma applicati. In tale prospettiva, condannano ogni tipo di innovazione culturale o forma di modernità (bid’a) considerate eresie perniciose da estirpare. Con l’avvento dell’Impero Ottomano, per il suo estremismo ascetico e rigorista, la scuola hanbalita viene costretta a posizioni sempre più marginali e minoritarie, sopravvivendo (ça va sans dire!) nelle zone orientali e interne della penisola arabica, dalle quali scaturirà in tempi più recente il movimento di Muhammad ibn Abd al-Wahhab (1703-1787d.C.), sul quale avremo modo di tornare in seguito con la pubblicazione di una monografia appositamente dedicata…
najadCiò che in Occidente viene chiamato “wahabismo”, i teologi islamici lo definiscono “Muwahiddun”, ovvero “Unitaristi”, in quanto unici rappresentati della pura ortodossia sunnita. Gli insegnamenti di Abd al-Wahhab, che era un giurista della scuola hanbalita, sono raccolti nel Kitab al-Tawhid (“Libro dell’Unicità”).

«L’atteggiamento generale del teologo è la decisa opposizione contro ogni innovazione posteriore al III°secolo dell’Egira. Vanno respinti il culto dei santi ed i pellegrinaggi. Sono falsi tutti gli oggetti di adorazione, salvo Allah, e tutti gli altri che prestano culto ad altri sono degni di morte. La massa del genere umano non è monoteistica, perché è costituita da uomini che tentano di assicurarsi i favori divini, visitando le tombe dei santi.
[…] Costituisce incredulità professare una conoscenza non fondata sul Corano o sulla Sunna. Costituisce incredulità ed eresia il negare la divina predeterminazione di tutti gli atti, o adottare l’interpretazione allegorica del Corano. Il movimento divenne una vera e propria setta, che si distinse dagli hanbaliti

Alfonso Di Nola
“L’Islam”
Newton Compton
(Roma, 2001)

Sono questi i pilastri istituzionali sui quali a tutt’oggi si fonda il ‘moderno’ regno saudita e che permea gran parte dell’immaginario religioso, dal quale attingono gli psicopatici dell’ISIS (e non solo..) per dare un rivestimento teologico ai loro deliri sanguinari.
Perpetrata nell’indifferenza generale, l’Arabia Saudita ha fatto della demolizione dei monumenti e delle stessa vestigia islamiche una pratica scientifica.

Jannat al-Baqi - prima e dopoMoschea e cimitero di Jannat al-Baqi  – prima e dopo l’arrivo dei sauditi

Non sono scampate al fervore iconoclasta dei wahabiti sauditi i mausolei ed i siti archeologici della prima propagazione islamica, che pure s’erano conservati intatti fino ad oggi, nel terrore potessero divenire meta di pellegrinaggi e oggetto di culto devozionale.

Jannat al-Mu'alla (Mausoleo di Khadija) - prima e dopoJannat al-Mu’alla (Mausoleo di Khadija) – prima e dopo

Sono state spianate moschee ed interi cimiteri in cui erano sepolti i primi seguaci di Maometto. Alla devastazione non si è sottratta nemmeno la sepoltura e la casa di Khadija, la prima moglie del profeta. Per dire, da anni si discute se demolire o meno il sepolcro in cui sono sepolte le spoglie del Profeta Mohammad..!
E ci si meraviglia se poi le bande dei barbari della jihad permanente distruggono le tombe dei marabutti in Africa o devastano le testimonianze delle antiche civiltà mesopotamiche.
HatraA sua volta, nel XX° secolo, il pensiero di Ibn Taymiyya ha ispirato gran parte del corpo ideologico degli attuali gruppi salafiti e soprattutto la potente organizzazione dei “Fratelli musulmani” degli intellettuali egiziani Hansan al-Banna e Sayyid Qutb. Entrambi sono stati avversati dai tradizionalisti più ortodossi, perché considerati troppo modernisti, per una serie di motivi che hanno fatto inorridire i chierici wahabiti: l’assoluta condanna della schiavitù, la tolleranza per le minoranze religiose, la proposta di ridistribuire le ricchezze ed introdurre forme di giustizia sociale all’interno della società islamica.
Sayyid QutbSe al-Banna aveva una spiccata simpatia per Adolf Hitler, il sofisticato Sayyid Qutb era un sessuofobo convintamente antisemita, ossessionato dall’estetica del martirio e teorico della jihad offensiva. Le idee di Sayyd Qutb non si estinguono con la sua esecuzione nel 1966 per una presunta cospirazione contro il presidente egiziano Nasser, ma vengono riprese e sviluppate da suo fratello minore Muhammad Qutb che, dopo aver trovato asilo e rifugio in Arabia Saudita, diventa professore di studi islamici presso Al Qaedal’Università di Gedda. Tra i suoi allievi, si distinguono un certo Osama bin-Laden ed il medico egiziano Ayman al-Zawahiri (attuale capo di al-Qaeda).
In soldoni, il pensiero “qutbista” si può riassumere così…
Convinto di vivere nella Jahiliyya, l’era del peccato dell’uomo che vive nell’ignoranza di Allah, il vero fedele musulmano deve intraprendere una lotta senza quartiere (jihad), terroristpossibilmente affidata ad avanguardie di spiriti puri, per la diffusione ed il trionfo dell’islam in tutto il mondo. Si intenda che la lotta in questione non è un concetto metaforico su astrazione intellettuale, ma una concreta mobilitazione armata per una guerra offensiva di conquista, per l’instaurazione globale della sharia (intesa come il massimo delle libertà) e rivolta contro tutti gli infedeli (takfir). Nelle forzatura estrema che ne traggono i salafiti, rientrano nella definizione di infedeli ed apostati, tutti coloro che non rispettano le leggi della sharia. JihadMassimamente vi rientrano i musulmani che non riconoscono l’autorità del califfo e non rispettano scrupolosamente i doveri religiosi, tra i quali la “guerra santa” e la predicazione costituiscono una priorità, cosa che comporta l’accusa di empietà (Takfir wa l-Hijra). Da qui l’inclinazione a colpire indiscriminatamente, senza fare distinzioni tra civili ed inermi, musulmani e non, a puro scopo punitivo: sono tutti peccatori.
isisSnake-terrorTuttavia, quando si parla dell’anomalia arabica e delle pericolose perversioni dell’ideologia salafita, per le dinoccolate democrazie occidentali il massimo scandalo sembra essere costituito dal divieto alle donne saudite di guidare il suv.

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