Archivio per Presepe

Natale in plastilina

Posted in Muro del Pianto with tags , , , , , , on 24 dicembre 2019 by Sendivogius

Forse un giorno, qualche specialista (uno di quelli bravi) dovrà dedicare uno studio particolare alla propensione tutta italiciana del politicante medio, che per farsi nazionalpopolare, ed ergersi con turgido cipiglio volitivo ad alfiere della “Tradizione” in erezione sovrana, sente l’impellente desiderio si farsi ritrarre abbracciato ad un diorama in cartapesta, mentre gioca coi pupazzetti di madonne e bambinelli tirati su in serie con pasta di resina.
È l’ateo devoto che scambia per spirito devozionale le sue polluzioni paganeggianti; confonde il ‘sacro’ con ‘profano’, e tanto per non sbagliarsi la chiama “cultura”, ovviamente popolare, per la ricorrenza più finta e melensa dell’anno, in tutta la sua stucchevole ipocrisia.
Sempre che il madonnaro in politica (perché la scelta varia a seconda della contingenza del momento) non sia già avvinghiato a culatelle e prosciutti, mentre addenta zamponi e cotechini; quando non è troppo impegnato a ciucciare crocifissi, con voluttuosa ostentazione (manco fossero caramellati!).

Ovvero, lo stesso assaggiatore seriale che si aggira vorace per fiere strapaesane, ingurgitando compulsivamente porcherie assortite di dubbia provenienza, battendo la Penisola in lungo e lardo, da Inculolandia di Sotto a Culonia di Sopra, solleticando il coito sovranista della provincia più profonda e anonima. Rigorosamente accompagnato dal proprio fotografo d’ordinanza, annesso in servizio organico permanente, ad immortalare cotanto evento, nella voyeuristica ostensione del sacro corpo del porco, e per l’eiaculazione masturbatoria dei villici adunati dinanzi a tanta mirabilia per l’Adoremus collettivo.

Be’… che dire?!?
Auguri e Vaffanculo!

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ADOREMUS

Posted in Ossessioni Securitarie with tags , , , , , , , , , on 9 dicembre 2018 by Sendivogius

Il Travestito al Viminale, col feticismo per le uniformi della polizia, ancora non l’ha capito di essere un ministro della Repubblica e che le adunate delle camicie nere, per la venerazione del ‘Capitano’ nella rievocazione vintage del “sabato fascista”, mal si addicono ad una democrazia dove un vicepremier non stila liste di proscrizione dei nemici da far bastonare ai suoi squadristi digitali (dalla camicia verde a quella nera il passo è breve), mentre promette di fare di nuovo grande l’Italia, scimmiottando quell’altro bullo cotonato d’Oltreoceano che per lo slogan s’è ispirato direttamente al Ku Klux Klan.
E non si capisce bene se, giusto in ordine di grandezza, pensa di dichiarare guerra all’Austria-Ungheria, o rifondare la Reggenza del Carnaro per l’annessione dell’Istria e Dalmazia, o più modestamente si ispira ai fondali di cartapesta dell’Italietta dai fasti littori dove far giocare i suoi nazisti dell’Illinois.
Eccolo là! Mentre lancia l’OPA su Roma, convinto che il suo terrorismo securitario basti a far breccia sugli smaliziatissimi quiriti, attorniato dai manipoli in trasferta di quegli stessi “terroni di merda”, che fino a qualche tempo fa avrebbe voluto lavare col fuoco, e che ora giungono a Roma per l’Adoremus dell’ultimo omino della provvidenza, tra un ragù griffato ‘STAR’ ed altri impellenti interrogativi esistenziali su “cosa me magno stasera”, la sua ricetta ideale l’ha già trovata: Dio-Patria-Famiglia, perché alla fine sempre lì si va a pescare, in una piazza estasiata, dove avrebbe potuto gridare di tutto… da “Viva Maria!” a “Viva la mamma!” (ma anche un viva la fica e che dio la benedica non avrebbe fatto alcuna differenza)…

Se la cava invece con un surreale “W gli spaghetti” (!), tanto è l’entusiasmo della folla dinanzi al duce ritrovato in abiti da messia, per il quale non contano le idee ma le suggestioni che la paura riesce ad evocare, quando abilmente manipolata.
Dal sovranismo al sanfedismo, dopo aver predicato per anni la secessione della fantomatica repubblica di padania prima della svolta reazionaria, il Salvini nazionale, in una versione stranamente ecumenica, invoca la protezione divina ed inneggia al crocifisso, da brandire possibilmente come un manganello nella crociata contro negri, musulmani, ed altre calamità immigrate, da respingere a colpi di cotechino e casette di truciolato (made in China), con “sacra famiglia” inclusa, catapultate sugli zucchetti dell’infedele invasore, in una pioggia salvifica di bambinelli e madonne.
E poco importa se poi il presepe, assurto ad emblema dei “valori e della cultura italiana” (ohé addirittura!), a ben vedere rappresenta due profughi (incinta Lei e cornuto Lui) che vengono alloggiati abusivamente in una stalla occupata (e la cometa di Halley parcheggiata sopra), mentre tutto intorno a loro si agita una folla di straccioni, vù cumpra ed altri venditori abusivi, che schiamazzano nel cuore della notte, con tre loschi stranieri con turbante e palandrana, tra i quali il negro Baldassarre, che offrono sostanze strane di dubbia provenienza, in un paesaggio mediorientale tra palme e cammelli.

Si tratta senza dubbio di una rappresentazione fondamentale, una fotografia fedele, della “nostra cultura e identità nazionale”, per i tradizionalisti del tweet accanto che evidentemente, tra un saluto romano ed un omaggio allo Zio Adolfo, non ne hanno capito bene il significato.

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CUIUS REGIO EIUS RELIGIO

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , on 1 dicembre 2015 by Sendivogius

santaclaus

Due parole e nulla più, che l’argomento non merita altro, sulle scuole refrattarie alla celebrazione del “Santo Natale” e per questo renitenti alla nuova guerra di religione, che vorrebbe 03 - Beata Ignoranzausare i simboli (posticci) della Natività come armi non convenzionali di conformismo di massa, con processioni di politicanti alla disperazione, tra ex ministri che intonano canti natalizi, ordinanze per l’esposizione dei crocifissi, e scambi di presepe in istituzionale sede, quale momento di preordinata identità nazionale.
Il Bue e l'AsinelloPer inciso, a scanso di equivoci, di presepi ne esistono di bellissimi; a tutti gli effetti costituiscono un’espressione di altissimo livello di cultura popolare e come tali andrebbero considerati, invece di tirarsi addosso le statuine come pietre dello scandalo.
Presepe napoletanoNella sagra sanfedista di un paganesimo esibito come momento devozionale a strumentalizzazione elettorale, sfugge infatti una semplicissima constatazione secondo cui, in un Paese che si vorrebbe ‘laico’ e ‘civile’, i luoghi deputati all’Istruzione pubblica dovrebbero essere nettamente distinti e separati dai luoghi di culto; non foss’altro perché questi svolgono ruoli diversi nei rispettivi ambiti di prestazioni altrettanto legittime. L’esposizione dei simboli religiosi di una qualunque fede (fosse anche maggioritaria) e l’imposizione di celebrazioni liturgiche all’interno di edifici pubblici, che per loro natura dovrebbero essere entità ‘neutre’, non rientra esattamente in quel rispetto dei “valori” che si vorrebbero ‘universali’. E non perché, al contrario di quanto si possa pensare, ciò presupponga un momento di “indottrinamento”: esistono istituti privati e cattolici molto più liberi ed aperti di tante strutture pubbliche e laiche che si professano “pluraliste”.
Presepe napoletano 2La pretesa di certi vescovi di ‘imporre’ la propria “benedizione” negli edifici scolastici, oltre a rappresentare una consuetudine assai discutibile, costituisce invece la rivendicazione di un primato, una sorta di riconoscimento della propria “primogenitura” (e dunque di ingerenza), in ambiti che per loro natura dovrebbero rimanere aconfessionali; sempre che si voglia considerare la Repubblica italiana una forma di democrazia rappresentativa, dove tutte le religioni hanno pari dignità sociale, con nessuna distinzione nell’eguale libertà dinanzi alla legge, e non piuttosto una succursale del ritrovato potere temporale del Papa-Re per certo neo-guelfismo di ritorno. E anche questo, a voler essere pignoli, è una forma di “integralismo”; forse più morbido, ma non per questo meno pervasivo nella preminenza della dimensione religiosa sugli aspetti della vita profana.
gremlinsTuttavia, siccome le cose si rivelano sempre più complicate di come appaiono, ben diversa è la rimozione coatta di ogni possibile richiamo agli aspetti natalizi di una tradizione consolidata e generalmente condivisa, nell’ansia di livellamento consumata nel nome e nelle distorsioni di un politicamente corretto, che assume i contorni grotteschi di una esasperazione paranoica. E c’è chi riesce ad esplicare bene il concetto assai meglio di noi…

Presepe napoletano del '700«Quando in una scuola pubblica si sceglie di non fare il presepe o di rinunciare ai canti di Natale per non urtare la suscettibilità dei non cristiani, non si fa torto solamente alle “nostre tradizioni”, come lamentano gli ultras dell’identità tradita. Si fa torto all’idea stessa della convivenza tra culture; in un colpo solo, si tradiscono usanze profondamente radicate anche tra gli italiani laici e si abbandona l’idea stessa di un futuro, se non di tolleranza, di reciproca sopportazione. Negando il passato, si ripudia il futuro. Non c’è gesto più “islamofobo” che censurare la nostra vita comunitaria e nascondere il nostro vero volto di fronte ai musulmani: come se noi per primi li ritenessimo non in grado di accettare ciò che siamo. Non all’altezza. Tutti in blocco fanatici e ottusi. Ma proprio perché è diventato urgente, nella contingenza storica, capire meglio quanti di loro sono in grado di sopportare “Tu scendi dalle stelle” (io credo molti) e quanti invece intendono la propria cultura come la sola rispettabile e la sola praticabile, è decisivo presentarci per ciò che siamo, fare le stesse cose che faremmo e dire le stesse cose che diremmo anche a prescindere dalla loro presenza. È un test, quello della tolleranza, che spetta a quella comunità superare, non al resto della società italiana facilitare. Se un musulmano è ospite in casa mia non gli offro vino e carne di maiale; ma certo non nascondo le bottiglie e i salami. Come posso rispettarlo, se non ho rispetto per me stesso?»

Michele Serra
(29/11/2015)

Divina Bellezza a Palazzo Strozzi (Firenze)Su una falsariga diversa, ma non troppo dissimile nelle ‘ragioni’ distorte che ne sottendono l’applicazione, quando poi si arriva a mettere in discussione la visita scolastica ad un museo, perché l’esposizione di opere dalla straordinaria bellezza ed intensità artistica possono urtare la “sensibilità degli studenti non cattolici”, ci troviamo di fronte ad una forma ben più insidiosa di qualunque fondamentalismo religioso, perché prostrati da una abnormità tale da travalicare i confini dell’imbecillità più estrema. Tanto più grave quando questa riguarda sedicenti “educatori”, in palese contraddizione col proprio ruolo, che non solo non riescono a comprendere il valore culturale di un’opera artistica nell’universalità del suo messaggio, ma (peggio ancora!) ne piegano l’essenza ai pruriti di una interpretazione ideologica, nella più odiosa delle censure. E in questo non si dimostrano migliori dei distruttori di monumenti e gli incendiari di biblioteche.

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