I papi eletti dalle fila dell’Inquisizione solitamente non portano fortuna alla Chiesa: all’intransigenza del teocrate sommano il dogmatismo teologico del custode dell’ortodossia, nell’illusione che gli antichi canoni della dottrina scolastica siano sufficienti ad imbrigliare una società in perenne movimento, fornendo risposte esaurienti per la complessità del mondo contemporaneo.
Il pontefice-restauratore avverte la minaccia insita nel “disordine” della modernità, che cozza con la visione ecumenica della tradizione cattolica, nell’ansia di salvaguardare l’alto Magistero dell’istituzione ecclesiastica…
Relegata ai margini di una realtà sempre più secolarizzata, la Curia vaticana si sente assediata e quindi attacca. Tuttavia, svuotato il Santo Uffizio di ogni potere coercitivo, non può certo ricorrere alle funzioni repressive dell’apparato inquisitorio. E non potendo più fare affidamento sul sollecito intervento del braccio secolare indirizza le sue pressioni alla ‘Politica’ per imporre, tramite l’apporto del legislatore, quei valori religiosi e quelle prescrizioni dottrinali che non riesce più a trasmettere per convinzione nelle coscienze altrui. Si tratta di un laido mercimonio tra politicanti in cerca di legittimazione e la Chiesa dei No che, con le sue censure tradotte in “Legge dello Stato”, pretende di limitare e condizionare le scelte dei singoli.
In questo, papa Benedetto XVI si muove con l’eleganza di un elefante, mentre la CEI lo supporta con la petulanza di una zanzara.
Privo del sex-appeal mediatico che contraddistingueva il suo predecessore, Joseph Ratzinger non dice cose diverse. Tuttavia, la sua incapacità comunicativa è imbarazzante.
[Peggio di tutta l’opposizione parlamentare messa insieme!]
Sarà la scarsa dimestichezza con la lingua italiana, il rigore teutonico, il cipiglio del vecchio cattedratico, ma le considerazioni ecumeniche di questo Benedetto papa si riducono ad una cascata di NO, in una tensione ideale da ancient regime ferma al Congresso di Vienna e contro il “bieco Illuminismo”, giacché la situazione odierna è in tutto simile alla Francia rivoluzionaria del 1791 (sic!!!)
“Se allora c’era la ‘dittatura del razionalismo’, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di ‘dittatura del relativismo’. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l`uomo ‘mendicante di significato e compimento’ va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.“
[12 Agosto 2008]
Benedetto XVI ammonisce, bolla, sanziona, e non si accorge che i toni apocalittici delle sue affermazioni si perdono in crociate anacronistiche che, superato lo sgomento iniziale di noi profani miscredenti, trascendono il ridicolo ben oltre i suoi confini naturali. La sua visione della società è così ristretta e talmente retriva, da sembrare ispirata direttamente al Sillabo di Pio IX, che papa Ratzinger reinterpreta (se possibile) in chiave ancora più restrittiva, attingendo abbondantemente alla tradizione patristica. E parliamo del III-V secolo d.C.
“I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra, quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte. Purtroppo però questo triste fenomeno non è circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti. I santi, che abbiamo brevemente ricordato, ci fanno riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano; un’antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato. Da una parte, ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l’uomo in un dio, che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento. Dall’altra, abbiamo appunto i santi, che, praticando il Vangelo della carità, rendono ragione della loro speranza; essi mostrano il vero volto di Dio, che è Amore, e, al tempo stesso, il volto autentico dell’uomo, creato a immagine e somiglianza divina. Cari fratelli e sorelle, preghiamo la Vergine Maria, perché ci aiuti tutti – in primo luogo noi sacerdoti – ad essere santi come questi eroici testimoni della fede e della dedizione di sé sino al martirio. E’ questo l’unico modo per offrire alle istanze umane e spirituali, che suscita la crisi profonda del mondo contemporaneo, una risposta credibile ed esaustiva: quella della carità nella verità”
[9 Agosto 2008]
Come la Democrazia, anche l’Umanesimo o è cristiano oppure non è.
In pratica, Benedetto XVI scaglia l’anatema papale contro chiunque si ponga fuori dall’esperienza evangelica. Il laico, il non credente, l’agnostico, o più semplicemente il non cristiano, sono persone senza etica, prive di qualsiasi sistema valoriale e di riferimenti ideali. Sono anzi portatori di una negazione implicita dei valori cristiani: gli unici riconosciuti. Sono animales in quanto privi di una vera umanità. Indegni di qualunque considerazione sociale, in quanto irriducibili peccatori.
[Insomma stiamo parlando di eretici. E l’ex prefetto ‘per la Dottrina per la Fede’, già ‘Sant’Uffizio’, già ‘Santa Romana Inquisizione’, sa bene che trattamento veniva loro riservato… Forse rimpiange i tempi!]
La loro presenza non è innocua, bensì contaminante per la comunità sana dei fedeli. Le loro scelte sono “arbitrarie”, “nichiliste”, addirittura corresponsabili dei campi di sterminio.
[Però, non eravamo ‘noi’ che indossavamo la divisa nazista quando gli ebrei venivano gasati nei lager. E la coscienza a posto, perché sulla fibbia del nostro cinturone campeggiava la scritta Got mit uns… nevvero caro Ratzinger?]
Pertanto, nella valutazione pontificale, l’Umanesimo cristiano ed il (non)umanesimo ateo sono irriducibilmente contrapposti e non conciliabili. Nel rigorismo di Benedetto XVI ciò implica un anelito allo scontro tra culture diverse che non è preoccupante, ma patologico nella sua negazione di ogni legittimazione o riconoscimento. Perciò, prima di ardere nella dannazione eterna, vediamo un po’ più da vicino i valori canonici che ispirano la “carità nella Verità” della Rivelazione, ai quali tutti devono attenersi…
L’analisi è forse macchinosa, ma non peregrina. E serve a sottolineare quanto sia in realtà dura e senza appello la condanna espressa da Benedetto XVI.
Papa Ratzinger è soprattutto un teologo ed il richiamo ad Agostino di Ippona (S.Agostino) appare evidente:
“Due amori hanno dunque fondato due città: l’amore di sé, portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l’amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste. La prima si gloria di se stessa, la seconda di Dio.”
(De Civitate Dei, XIV, 28)
La scelta di S.Agostino non è casuale ed esaspera ulteriormente la condanna del cosiddetto “umanesimo ateo” (con tutte le sue implicazioni nichiliste, materialiste, relativiste, individualiste e libertarie) in quanto riconducibili addirittura al peccato originale in tutta la sua gravità primordiale.
Per Agostino, il peccato originale si configura infatti come concupiscentia cum reatu, ovvero la colpevole predisposizione d’animo (per eccesso di “libero arbitrio”) verso l’attaccamento alle cose terrene (concupiscenza). Predisposizione, e scelta, ulteriormente aggravata dal fatto che questa comporta un allontanamento dall’elemento divino e un allentamento volontario (con reato) del vincolo di sottomissione a Dio, che si vede scavalcato dall’amore per i beni terreni e le cose di questo mondo. In pratica è un violazione della “giustizia originaria” che lega l’umanità al Dio cristiano, secondo l’antico Patto.
Il concetto viene ripreso da Tommaso d’Aquino e meglio circostanziato nel suo “Compendio di Teologia”:
“La giustizia originale consiste nella sottomissione dell’uomo a Dio e nella sottomissione delle creature inferiori all’uomo”
(Comp. Theol. I, c. 187)
Da tale violazione scaturisce il peccato originale, che coinvolge l’uomo nella sua interezza fisica e spirituale in tutta la sua irredimibile gravità:
“La malizia del peccato originale consiste nella rivolta dell’uomo a Dio, nella ambizione di somigliare a Lui, nella folle pretesa di essere sufficiente a sé stesso, quindi nel rifiuto del suo primato, del suo amore, della sua amicizia. Ed ecco la “rottura” come posizione antitetica alla precedente: alla subordinazione della volontà umana a Dio, succede l’insubordinazione, alla quale nell’uomo segue la rivolta delle facoltà inferiori; quindi, la concupiscenza quale impulso disordinato ai beni creati”
(Battista Mondin. “Dizionario Enciclopedico del Pensiero di S.Tommaso d’Aquino”. ESD, Bologna 2000)
Di conseguenza, il peccato originale è:
“Una disposizione disordinata derivante dal turbamento di quell’armonia che costituiva la giustizia originale (est quaedam inordinata dispositio proveniens ex dissolutione harmoniae in qua consistebat ratio originalis justitiae)” (I-II, q. 82, a.1). S. Tommaso si affretta però a precisare che non si tratta di una semplice privazione bensì di una disposizione (habitus) corrotta, la quale comporta oltre alla privazione della giustizia originale anche un grave disordine nell’anima. Da un altro punto di vista, avvalendosi delle categorie aristoteliche, Tommaso può dire che elemento formale del peccato originale è la perdita della giustizia originale mentre il disordine delle facoltà, in particolare la concupiscenza, rappresenta l’elemento materiale. “Tutto l’ordine della giustizia originale si doveva al fatto che la volontà umana era sottomessa a Dio. Sottomissione che consisteva principalmente nella volontà, che ha il compito di muovere tutte le altre facoltà verso il fine. Perciò la volontà con la sua avversione a Dio, ha portato il disordine in tutte le altre cose. Ecco quindi che la privazione della giustizia originale che assicurava la sottomissione della volontà a Dio, è la parte formale del peccato originale; mentre tutto il disordine delle altre facoltà ne è come l’elemento materiale. Quest’ultimo disordine consiste soprattutto nel fatto che queste facoltà si volgano disordinatamente ai beni transitori: e tale disordine con nome generico si chiama concupiscenza. Perciò il peccato originate materialmente è la concupiscenza; formalmente è la mancanza (defectus) della giustizia originale” (Comp. Theol. I-II, q. 82, a. 3)
(…) L’essenza del peccato originale non viene fatta consistere nella violazione di qualche legge particolare o nella soddisfazione di qualche piacere della carne, ma in un atteggiamento di fondo dell’uomo di fronte a Dio, un atteggiamento di indipendenza, di autonomia, di “volontà di potenza”: una “volontà disordinata” (disordinata voluntas) che avanza la pretesa di costruirsi un progetto di umanità (e quindi di felicità e di salvezza) senza Dio, anzi, contro il suo volere. Gli effetti nefasti del peccato originale sconvolgono tutto l’ordine dell’universo: causano una lacerazione interiore della persona nei suoi rapporti con Dio, una lacerazione psichica nei rapporti tra facoltà sensitive e facoltà intellettive, e causano inoltre una lacerazione esteriore dei rapporti col prossimo e con il mondo della natura.
(B.Mondin. Diz. Encicl.)
A quanto pare, col pontefice condividiamo almeno le stesse letture… Questo sì che è preoccupante!
Come si può dedurre, non esistono vie alternative al pensiero cristiano ed al sistema di valori che ne scaturisce. In virtù di ciò -lo ribadiamo- le prescrizioni pontificie non sono dirette solo alla comunità dei fedeli, ma hanno valore universale anche per chi non crede o cristiano non è.
Cosa non accettabile.
“SEX & THE CHURCH”
Ma come si trasmette ‘sto peccato originale?!?
Domanda retorica perché tanto sempre là si va a parare, secondo una fissazione ossessiva che è tutta cristiana.
Il peccato originale, come le malattie veneree, si propaga per trasmissione sessuale. Veicolo di contagio è (naturalmente) il SESSO.
Una fissazione, quella per il sesso, che sembra costituire l’unica preoccupazione costante della Chiesa cattolica, e soprattutto della sua Curia, in quanto perennemente al centro dell’azione pastorale. Ciò comporta l’ennesima infornata di divieti da imporre a credenti e non, grazie al solerte intervento parlamentare che codifica le proibizioni ecclesiastiche per legge.
[Però mandiamo l’esercito tra i monti dell’Afghanistan a combattere i taliban taaaanto integralisti]
I Padri della Chiesa, i santi dell’apostolato cattolico, aborrono la sessualità in ogni sua espressione. Ne sono inorriditi ed al contempo terrorizzati.
L’atto sessuale nella sua esecrabile impurità è:
“disgustoso” (Agostino)
“impuro e degradante” (Arnobio)
“indecente” (Metodio)
“sudicio” (Gerolamo)
“vergognoso” (Tertulliano)
“una profanazione” (Ambrogio)
Coerentemente, ne parlano in continuazione con insana morbosità.
Perché di sesso (forse) ne fanno poco, in compenso lo cercano dappertutto.
Il sesso costituisce un’immonda contaminazione. Soprattutto, costituisce un’irresistibile tentazione alla quale è difficilissimo sottrarsi. E questo la dice lunga sulle reali inclinazione e la continenza di certi devoti credenti. Il problema è che questi santi uomini, non paghi di salvare le proprie anime, pretendono di ‘salvare’ dalla perdizione del peccato l’umanità intera.
Per Agostino da Ippona (che però in gioventù s’era dato da fare eccome!) la finalità degli organi sessuali è unicamente procreativa. La riproduzione deve avvenire senza provare alcun piacere, come atto razionale e scevro da ogni passionalità.
Se si gode si pecca. E dunque non se ne viene proprio fuori.
In tale ottica, per paradosso, si arriva a giustificare addirittura l’incesto se finalizzato ad assicurare una discendenza, ricorrendo al racconto biblico delle figlie di Lot. A circostanziare meglio la teoria ci pensa Origene (Genesim Homiliae. 4), uno che di procreazione se ne intende!
Origene Adamazio, che pure era un pensatore raffinatissimo e non certo un idiota, a modo suo risolse il problema alla radice… Ansioso di assicurarsi la salvazione, il filosofo interpretò in senso un po’ troppo letterale un passo del Vangelo di Matteo:
“Vi sono eunuchi che nacquero così dal seno della madre, e vi sono eunuchi i quali furono resi tali dagli uomini, e vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il Regno dei Cieli. Chi può comprendere comprenda”.
(Matteo. 19,12)
Origene, più che comprendere, fraintese (malissimo) e procedette… Zac!!!
Nella fretta, il grande esegeta alessandrino si era alleggerito dal fardello del sesso [nel senso più stretto del termine] prima di completare la sua traduzione della Bibbia. Altrimenti, avrebbe potuto leggere per tempo che:
“Non entrerà nella congregazione del Signore colui che abbia schiacciati i testicoli o amputato il membro virile”
(Deuteronomio. 23,2)
Immaginatevi la faccia del povero Origene…!
Superato il fervore delle origini, le cose non migliorano in età medioevale.
Agli inizi del XIII° secolo, Uguccione da Pisa, vescovo di Ferrara, ribadisce nuovamente il vecchio concetto patristico in materia sessuale, “sottolineando a più riprese che il piacere non può mai essere senza peccato: soltanto chi non sente nulla non pecca”.
La lettura di Uguccione è particolarmente illuminante, oltre che spassosissima. Il religioso è fermamente intenzionato a stabilire con precisione cronometrica l’esatto istante in cui il solito peccato originale viene trasmesso al nascituro. Con la scusa di coglierne l’attimo, Uguccione si addentra in una esplorazione quasi ginecologica dell’amplesso e delle deviazioni peccaminose degne di condanna. La sua prosa fornisce una descrizione completa della coniunctio ad copulam… emissio spermatica… reprimendo pratiche come adducere in anum… semen in ore… coitus interruptus….
E certo una simile lettura doveva costituire per i chierici dell’epoca l’equivalente della pornografia.
Si può perciò constatare che la negazione delle libertà individuali passa attraverso la negazione delle libera sessualità e l’annullamento di ogni piacere, obnubilati da un martellante complesso di colpa, nella mortificazione di sé stessi. A tutto ciò si aggiunge un reiterato disprezzo per la donna, quale strumento del peccato e veicolo di contagio.
“L’influsso della Chiesa sui costumi sessuali fu enorme. Altre società occidentali avevano espresso la loro condanna con vari gradi di severità, per l’adulterio (perseguito quasi sempre), la contraccezione (raramente), l’aborto (qualche volta), l’omossessualità (qualche volta) …la bestialità (in alcuni casi) e la masturbazione (mai perseguita). La Chiesa proibì tutte queste pratiche. Le altre società si erano arrischiate a prescrivere o a suggerire un’idonea frequenza al rapporto coniugale (…) La Chiesa dal canto suo aveva stabilito la totale assenza di rapporti, salvo l’intenzione di concepimento”.
(Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)
Pertanto, la società cristiana risultava fondata:
“Su un’insana combinazione di vergogna, timore, ed estasi spirituale (…) Il peccato era giunto a giocare nella morale cristiana un ruolo più importante della stessa redenzione. E di tutti i peccati contemplati da questa morale, nessuno fu perseguito così intensamente come i peccati sessuali.
(…) Per una sorta di misteriosa alchimia, la purezza sessuale arrivò a neutralizzare gli altri peccati, così persino l’oppressione morale e la barbarie, che divennero una caratteristica della Chiesa cattolica nel tardo medioevo e nell’età rinascimentale, non vennero più considerati peccati, in confronto alle accuse di sesso e di eresia.”
(Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)