Cosa fare della salma di Erich Priebke?
L’Argentina, che dopo il 1945 ha offerto rifugio e protezione a migliaia di criminali nazi-fascisti, a chi chiede di riprendersi colui che ha ospitato per quasi 50 anni, dichiara a bocca del suo ministro degli esteri: “l’Argentina non può accettare un tale affronto alla dignità umana”. Evidentemente il nazista Priebke creava loro meno imbarazzi in vita, piuttosto che da morto. Fintanto che Priebke gironzolava nella più totale impunità a Bariloche e dintorni, “l’affronto alla dignità umana” non si poneva minimamente.
La Germania, dove il capitano delle SS è nato (Hennigsdorf, 29/07/1913) e del quale è a pieno titolo un cittadino, fa platealmente finta che la faccenda non la riguardi, fingendo di non sapere che Erich Priebke non era un killer psicopatico ricercato dall’Interpol, ma un funzionario di polizia in regolare servizio presso l’ambasciata tedesca a Roma, su esplicito mandato del governo tedesco.
Si tratta di un vizietto antico, a quanto pare assai diffuso dalle parti dell’algida Germania dalle grosse coalizioni (e dai miserabili ipocriti), abilissima a declinare le proprie responsabilità e nascondere le colpe, salvo crocifiggere il resto d’Europa ai dogmi teutonici dell’austerità, nella ritrovata supremazia a spese del resto del continente.
«Nel corso dell’Olocausto i tedeschi tolsero la vita a sei milioni di ebrei e, se la Germania non fosse stata sconfitta, ne avrebbero annientati altri milioni.
Gli uomini e le donne che insieme davano vita a quelle inerti forme istituzionali, che occupavano le strutture del genocidio…. erano in larghissima e schiacciante maggioranza tedeschi. Se è vero che nello sterminio degli ebrei furono affiancati da esponenti di diverse comunità nazionali, questi però non furono indispensabili per il compimento del genocidio, né venne da loro l’iniziativa e la spinta a portarlo avanti. Certo, se i tedeschi non avessero trovato negli altri paesi d’Europa (soprattutto orientale) persone disposte ad aiutarli, l’Olocausto si sarebbe svolto in maniera differente ed è probabile che essi non sarebbero riusciti ad uccidere tanti ebrei. Ma furono comunque tedesche le decisioni, la pianificazione e le risorse organizzative; tedeschi la maggior parte degli organizzatori […] perché quello che vale per loro non vale per nessun’altra singola nazione né per tutte le altre nazioni considerate insieme: cioè, senza tedeschi non si dà l’Olocausto.
[…] Alcuni erano “nazisti” perché iscritti al partito nazionalsocialista o per convinzione ideologica; altri non lo erano. Alcuni appartenevano alle SS; altri no. Il minimo comun denominatore tra loro era di essere tedeschi, impegnati a realizzare gli obiettivi nazionali della Germania, che in questo caso coincidevano con il genocidio degli ebrei.»Daniel J. Goldhagen
“I volenterosi carnefici di Hitler”
(Mondadori, 1998)