Archivio per OCSE

Il Nuovo che avanza…

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 febbraio 2014 by Sendivogius

We Want Renzi

In Italia, dove la “politica” galleggia sulle parole, pretendere una certa coerenza dai suoi loquaci professionisti, inzuppati in una pioggia incessante di dichiarazioni ininterrotte, è impresa vana ancorché vacua, nell’assoluta assenza di fatti concreti compensata però da una bulimia dichiarazionista, che non teme smentite e non conosce pudore, incurante com’è del principio di non contraddizione.
Matteo Renzi Campione indiscusso di un arte tanto discutibile è certamente Matteo Renzi, fresco di investitura quirinalizia per la formazione del nuovo governo di “Larghe Intese”: stessa maggioranza e vecchio programma. Forse, tra un tweet e l’altro, per il Bambino Matteo, che non sta più nei calzoni per l’eccitazione, sarebbe assai opportuno mostrare un atteggiamento un pochino più dimesso, invece di gongolare per l’incarico ricevuto, esibendo tutto il suo appagamento personale nel suo pasciuto aspetto ridanciano. Specialmente in un Paese che ha sempre meno da sorridere e meno che mai da ridere.
Ma noi vogliamo essere generosi ed evitare i processi alle intenzioni. Perciò ci limiteremo a ricordare le profusioni di lealtà e sostegno che il Bambino Matteo, in perfetto stile democristiano, non ha mai fatto mancare in questi mesi all’Enrichetto nazionale mentre lo rosolava a fuoco lento, tra i limi della palude in cui il Letta nipote si era andato a cacciare, rispondendo all’irresistibile richiamo doroteo della stabilità cimiteriale.
Pertanto, in anticipo su Cazzata o Stronzata? forniamo un piccolo riassunto antologico, a peritura memoria dei posteri, dove il pensiero è debole e la parola data è effimera. Del resto, i precedenti illustri non mancano, quanto gli italiani sono famosi per i loro giri di valzer coi quali cambiano idea e alleanze secondo convenienza. Da questo punto di vista, Matteo Renzi è l’arcitaliano per eccellenza. E non è un complimento…
La carriera dell’intraprendente Renzi è infatti costellata di dichiarazioni costantemente smentite dai fatti; la cosa gli riesce talmente naturale che il nostro eroe non reputa nemmeno necessario coprire le falle con qualche inutile rettifica, tanto è indifferente al fiume parolaio delle sue dichiarazioni.
È il 29/11/2012 ed il Rottamatore, nell’ansia di assestare una qualche bordata pure a Vendola, sgancia la sua ennesima bordata contro la vecchia nomenklatura partitica, annichilita dalla logica dell’inciucio:

«Il mio incubo è la logica dell’inciucio. Così il centrosinistra ha perso la sua sfida nel 1998, quando Vendola ha mandato a casa Prodi e D’Alema ha fatto l’inciucione con Cossiga e Mastella»

Tempora mutantur et nos mutamur in illis. Con ogni evidenza, alla sensibilità del Bambino Matteo, l’inciucione (dopo aver mandato a casa Letta) con Alfano, Monti, l’esercito della pulci di Casini, e compagnia brutta, non desta alcun imbarazzo; senza dimenticare un redivivo Silvione opportunamente resuscitato: da papi a padre costituente per le “riforme”!

Berlusconi (1)

Ma le performances migliori il Rottamatore le riserve all’amico Enrico, a cui raccomanda di stare “tranquillo”; confermando così l’aneddoto.

«Questa storia che io sono contro Letta è una barzelletta perfetta. Se Letta fa bene – e io lo spero – l’Italia sta meglio. E io prima di essere sindaco e candidato, sono cittadino italiano e voglio che Letta faccia bene»
  (05/07/2013)

«La realtà dei fatti è che io non ho alcun interesse a far saltare il Governo Letta. E il bello è che lo sanno tutti! C’è una ragione ideale, per me: faccio il tifo per il mio Paese, non spero nel disastro. Sempre. Ma se non credete agli ideali, credete alla convenienza, perché c’è una ragione persino utilitaristica, per cui non ho alcun interesse a far cadere il Governo, specie adesso. Lasciate stare quello che vi dicono nell’ipocrisia dei comunicati stampa: nei palazzi romani non c’è proprio nessuno che voglia tornare alle elezioni, nemmeno tra i parlamentari delle minoranze. Insomma se cade Letta, non si vota. E se anche si formasse un nuovo Governo non sarei io candidabile avendo più volte detto che se andrò a Palazzo Chigi un giorno, ci andrò forte del consenso popolare non di manovre di Palazzo. Dunque, di che cosa stiamo parlando?»
  (17/07/2013)

Matteo Renzi (1)Certe cose l’importante e dirle. In quanto a farle, è tutto un altro paio di maniche. Meglio se arrotolate!

«La rappresentazione mediatica ha una sua fondatezza nelle nostre diverse modalità di esprimerci. Ma anche Letta ha capito che bisogna cambiare. E sa che, con me segretario, il governo sarebbe più forte, non più debole»
(06/10/2013)

«Che ci siano ambienti politici e culturali che immaginano un grande centro è un dato di fatto. Ma sarebbe dannoso per l’Italia. È un disegno che va respinto. Per questo chiedo che dal congresso esca con forza l’indicazione per il bipolarismo, senza ambiguità. I nostalgici del grande centro sono certo anche in Scelta Civica, ma li abbiamo anche noi, li ha il PdL. Però nel Paese sono minoranza.
[…] Se vinco io, il PD presenterà una proposta di legge elettorale molto netta che imponga il bipolarismo e l’alternanza. Io voglio che le larghe intese non tornino mai più. Se qualcuno immagina che le larghe intese siano il futuro, e non mi riferisco a Enrico Letta che è un convinto bipolarista, sappia che con noi non riusciranno»
(20/10/2013)

Dopo l’esperienza Letta (e Monti), difficile immaginare esecutivo più democristiano e meno bipolarista di quello Renzi. Ma evidentemente è una questione di prospettive…

«Mai più larghe intese e giochini sulle spalle degli italiani»
(27/10/2013)

Big MatteoE infatti la posta in gioco non sono le “spalle degli italiani”, ma qualcos’altro a più basse latitudini e peraltro già abbondantemente abusato, a prescindere dal consenso.
A scanso di equivoci, l’imperturbabile Rottamatore ribadisce il concetto in concomitanza con la cacciata dal Senato del condannato e plurinquisito Silvio Berlusconi. Dimesso da senatore, lo andrà presto a riverire da privato cittadino per riscrivere insieme la Costituzione.

«Dopo la sentenza della Consulta qualche politico brinda al ritorno alla vecchia Repubblica, stasera quella bottiglia di spumante a quel politico, burocrate gliel’abbiamo mandata di traverso. Ai teorici dell’inciucio: vi è andata male! Il bipolarismo è salvo e se avete voglia di pigiare il tasto indietro, vi diciamo no. Le primarie del PD hanno deciso che si cambia verso e da domani il PD metterà tutto il proprio onore a servizio della difesa del bipolarismo e abbattere i costi della politica con un disegno di legge costituzionale»
  (09/12/2013)

Questo è un pezzo magistrale! Per trovare qualcosa all’altezza di simili dichiarazioni, bisognerebbe riesumare le intemerate del maresciallo Badoglio.
Fedele al vecchio motto excusatio non petita accusatio manifesta, Gennaio è il mese delle rassicurazioni:

«No agli intrighi di palazzo per prendere il posto di Letta»
  (14/01/2014)

«La prospettiva personale che mi riguarda non è un giochino tutto interno agli intrighi di palazzo per andare il posto di Enrico»
  (16/01/2014)

«Non sto facendo tutta questa manfrina per fregare Letta. Lanciamo l’hashtag : #enricostaisereno, nessuno vuole prendere il tuo posto»
  (18/01/2014)

E così via proseguendo in manifestazioni di fedeltà al premier… L’esito è noto.

Darth-Vader-Camping

Concentrarsi invece sulla composizione dell’imminente Governo Renzi, quello che mai l’inciucio e no alle larghe intese, costituisce un’incognita molto più azzardata delle improvvide dichiarazioni che il premier incaricato sforna a ciclo continuo. A prima vista, è un mix inquietante di arnesi confindustriali, vecchi ministri del precedente esecutivo, con la solita inzuppata ciellina (là dove ci sono i soldi), e dilettanti allo sbaraglio.
Al Fano A proposito di ‘ministeri chiave’, tanto per dire, è interessante notare come il benemerito Angelino Alfano sia stato riconfermato agli Interni, a riprova della coerenza che da sempre contraddistingue il pensiero, le opere, e le parole del Presidente del Consiglio in pectore.
Dell’Alfano ministro si ricorda più che altro la disastrosa gestione del Caso Shalabayeva, quando il nostro Angelino si aggrappò con le unghie e coi denti alla poltrona di governo, scaricando tutte le responsabilità addosso ai suoi subordinati, dopo aver esibito la sua faccia di bronzo migliore.
All’epoca (giusto sei mesi fa) Matteo Renzi giocava ancora al Rottamatore ed in tale ruolo era tra i principali sostenitori delle dimissioni del ministro Alfano, riservando i propri strali alla sua insipienza morale prima ancora che incompetenza materiale:

«Prima di ragionare di cosa accadrà ad Alfano o Letta possiamo spendere una parola per dire che abbiamo fatto una figuraccia come Paese e non é la prima. Mi dispiace che il mio Paese abbia caricato con 40 uomini delle forze speciali una donna e la sua bambina che si chiama Alua e ha sei anni e li abbia rimpatriati senza fare una discussione per dire chi ha sbagliato. Non possiamo dare il messaggio ai giovani che pagano solo i pesci piccoli. Qualcuno può dire se abbiamo fatto bene o abbiamo sbagliato?»
(17/07/13)

Ai posteri l’ardua sentenza. Ancor più espliciti, i “renziani” presenti in Parlamento tuonavano all’unisono in dichiarazione congiunta, per bocca di Stefano Lepri, vice-capogruppo del PD al Senato:

«La posizione del ministro Alfano è oggettivamente indifendibile. Chiederemo al PD, nella riunione dei gruppi domani, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro. Il passo indietro di Alfano serve per restituire al governo, la necessaria credibilità sul piano internazionale e nazionale

Talmente “indifendibile” e tale il discredito, che Alfano non solo non si è mai dimesso, ma è comodamente rimasto seduto al suo posto, imperturbabile ai cambiamenti. Hic manebimus optime.
C’è da chiedersi se Renzi rilegga mai ciò che dice e che scrive.

Andrea Orlando Da segnalare invece la nomina a guardasigilli di una totale nullità come Andrea Orlando, personaggio del quale avevamo già parlato QUI, in tempi insospettabili, a proposito della sua “riforma della giustizia” molto gradita al Pornocrate di Arcore.
Ad onor del vero, Matteo Renzi aveva proposto per l’incarico Nicola Gratteri, attuale procuratore aggiunto di Reggio Calabria. Ad opporsi fortissimamente all’incarico pare sia stato il Nonno al Quirinale: siccome in Parlamento ci sono anche i mafiosi, non è opportuno che un magistrato antimafia faccia il Ministro della Giustizia. È una questione di “governabilità”.
Perciò, l’Uomo del Colle ha detto no.
Renzi si è subito adeguato, che sia mai gli sfumasse l’investitura!

Federica Guidi Complimentoni invece per la scelta di Federica Guidi allo “Sviluppo economico”. La Guidi è figlia d’arte: il papà è quel Guidalberto, recordman dei consigli di amministrazione (ne presiede una quarantina), patron e padrone della Ducati Energia, ed esponente di punta dei duri di Confindustria.
È superfluo dire che Federica Guidi, fino a qualche settimana fa con una candidatura quasi certa al parlamento europeo tra le fila del PDL, è portatrice di un gigantesco conflitto di interessi con pochi precedenti, ad eccezione del suo sponsor di Arcore e del dimenticato ministro ‘tecnico’ Corrado Passera, con un intreccio di commesse pubbliche e di appalti e di rinnovi contrattuali che passano tutti per il Ministero dello Sviluppo economico.
Un articolo eloquente sul groviglio di relazioni e implicazioni lo potete leggere QUI.
Tanto per non farsi mancare nulla, al neo-ministro è stata affidata anche la delega alla Comunicazioni, sotto la quale passa il rinnovo delle concessioni televisive che tanto interessano al Papi, con cui la Guidi intrattiene così amichevoli rapporti fatti di incontri informali e cene in famiglia.

Pier Carlo PadoanUn’incognita sulla quale invece vale davvero spendere due righe è la nomina di Pier Carlo Padoan al ministero dell’Economia e delle Finanze. È un nome praticamente imposto dal Presidente della Repubblica, cui peraltro si deve la scelta dei ministri Giovannini e Saccomanni nel precedente governo e dei quali non si rammentano certo le prestazioni eccelse.
Del prof. Padoan è bastato ricordare i suoi trascorsi di direttore scientifico nella fondazione dalemiana “Italiani Europei”, e le sue collaborazioni come consigliere economico dei governi Amato e D’Alema, ed il presunto riferimento ad una tassazione delle rendite finanziarie insieme all’introduzione di una “patrimoniale” (che in realtà Padoan non ha mai proposto), per accreditarlo come keynesiano di ferro.
Peccato solo che il prof. Padoan sia innanzitutto un ‘rigorista’ convinto e che non ha mai messo in discussione l’ideologia della Austherity, la quale così strabilianti benefici sta portando al rilancio delle economie europee, nella sostanziale continuità delle attuali politiche monetariste.
In realtà, l’idea di Padoan è piuttosto semplice e ben poco “keynesiana”: ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese, che poi sono i costi legati alla previdenza ed al versamento contributivo dei lavoratori. Duole ricordare che con le tasse si pagano poi i servizi pubblici. Ma qualcuno fa sempre finta di credere che ospedali, scuole, trasporti si finanzino da soli per divina provvidenza.
Per compensare il disavanzo legato alla detassazione, il prof. Padoan propone un incremento (molto thatcheriano) della tassazione indiretta sui beni al consumo (l’aumento dell’IVA è uno di questi provvedimenti) e la tassazione delle proprietà immobiliari coi valori rivisti al rialzo. Che incideranno non poco sul potere d’acquisto del reddito effettivo delle famiglie. Si può star certi che come sempre saranno esclusi dalla tassazione le proprietà del principale immobiliarista nazionale: il Vaticano.
In concreto di Carlo Padoan andrebbe ricordata piuttosto la sua esperienza al FMI, dal 2001 al 2005, come direttore esecutivo per l’Italia. Sotto la sua lungimirante supervisione, durante la direzione del Fondo Monetario, come risultato tangibile si ebbe la bancarotta dell’Argentina con la dichiarazione di default, dopo che il paese aveva pedissequamente seguito la cura da Cavallo imposta dal FMI.
L’opera di sacerdote dell’Austerità e custode dell’ortodossia del Rigore, continuata nel successivo incarico all’OCSE, si è potuta esplicare al meglio con le opportune prescrizioni impartite per il rilancio della crescita di Portogallo e Grecia: dopo averne devastato il tessuto economico, ne stanno ora distruggendo quello sociale, in un bagno di lacrime e sangue da cui i due paesi non riescono ad uscire, ricacciati ogni volta più a fondo dai sacri vincoli di stabilità.
Carlo Padoan è stato altresì un entusiasta sostenitore della riforma pensionistica di un’altra professoressa, Elsa Fornero, che ha schiantato i conti dell’INPS con un buco stratosferico dopo anni di bilanci in attivo.
A riprova delle fede “keynesiana” del prof. Padoan, sono ormai famosi gli screzi col premio nobel per l’economia Paul Krugman, i cui consigli hanno dato ben altri frutti per la formidabile ripresa USA. Per Krugman i tecnoburocrati UE e massimamente Padoan non sanno riconoscere l’errore delle loro politiche rigoriste nemmeno se ci dovessero sbattere contro col naso:

«L’OCSE in generale, e Pier Carlo Padoan in particolare, in qualità di capo economista, sono stati tra le più grandi e principali cheerleaders dell’austerity; potete capire perché non vogliano ammettere come essi siano nei fatti le cheerleaders che hanno trascinato l’Europa verso il disastro.»

Di fronte ai loro nasi
NYT (16/09/2013)

fat cheerleaders

Avremo presto l’opportunità di testare presto le straordinarie virtù dell’ennesimo professore prestato all’economia, se non fosse che il nuovo esecutivo si rivelerà probabilmente una riedizione aggiornata del vecchio ma con una spruzzata di vitalismo in più, come se un pizzico di spezie (Matteo Renzi) bastasse a insaporire una ricetta a corto di ingredienti.

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(36) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , on 27 febbraio 2012 by Sendivogius

Classifica FEBBRAIO 2012”

 “Ce lo chiede l’Europa..!”
Di tutte le stronzate (o cazzate), l’allocuzione europeista trascende i periodi temporali e non invecchia mai. È l’oncia di vasellina, a prova di scadenza, che solitamente accompagna ogni manovra tecnica o sperimentale che sia, nell’ormai consueto stupro dei corpi sociali.
Fino a prova contraria, “l’Europa” è un continente. Solitamente, “l’Europa” non scrive lettere ai governi; non verga diktat strategici da eseguire seduta stante e senza obiezioni. E, d’altra parte, in Europa non esistono organismi rappresentativi (e democratici) con un potere coercitivo vincolante nei confronti dei popoli sovrani. Certo non dispone di una simile autorità il Parlamento europeo e neppure la Commissione, in quanto sommatoria di una serie di interessi nazionali, dove gli Stati più forti (leggi Germania) fanno la differenza.
Sarebbe più esatto dire che a chiedere maggiori “sacrifici” con la solita incetta di tagli al finanziamento delle politiche sociali, regressione dei diritti, e privatizzazioni selvagge, secondo una ricetta monetarista tutta politica (e vecchia di almeno 30 anni), sono innanzitutto i banchieri, ansiosi di recuperate i crediti erogati ai tempi allegri della finanza derivata, e i “mercati internazionali”… ovvero la pletora di fondi d’investimento insieme ai grandi trust del capitale finanziario, che la crisi attuale hanno generato e fomentato con le loro speculazioni, in nome della deregulation. Evidentemente, tutti convinti che la “modernità” risieda nel ritorno alle condizioni sociali di primo ‘900 e il conflitto consequenziale a simili sperequazioni vada contenuto attraverso un inasprimento del controllo repressivo.
Le lettere dall’Europa, generalmente, vengono scritte sotto dettatura da una ristretta oligarchia di tecno-burocrati a stipendio pubblico ed incarichi in società private, incuranti dei conflitti di interessi che la tacita commistione genera. Può capitare poi che questi stessi “tecnici” vengano investiti di responsabilità governative e applichino le stesse prescrizioni da loro stessi formulate in altra sede, come se si trattasse di figure distinte, giustificando l’imprescindibilità della cura col fatidico “ce lo chiede l’Europa”, nell’assoluta identità di mandante ed esecutore delle “manovre tecniche”.
È interessante notare che quando gli istituti di credito vedevano rifondere dagli Stati i loro debiti di bilancio con miliardi di euro pubblici, provvedendo immediatamente ad aumentare i bonus di quei manager che li avevano condotti sull’orlo del fallimento, nessuno dei Soloni della finanza ebbe niente da eccepire sullo sperpero di risorse pubbliche e sull’erogazione a fondo perduto di soldi in uscita che avrebbero gravato sui saldi dei bilanci statali, incrementando il famigerato deficit sul PIL.
In questa prospettiva è ineffabile il tandem dei due Mario Bros, targati Goldman Sachs, che si passano la staffetta tra loro. Come funzionari europei scrivono di comun concerto la famosa letterina al governo fallimentare di B. con un vero e proprio programma politico, spacciato però per tecnico. Da mittenti del programma, si sostituiscono al destinatario, provvedendo alla sua messa in pratica. Vanno in pellegrinaggio a Wall Street e nella City di Londra, come moderni Mosé sul Sinai, e scolpiscono le loro personali “tavole della legge”. Il giorno dopo il principale organo stampa che alle borse anglosassoni fa capo, l’ultrareazionario WSJ, certifica il decalogo stilato per procura dalla coppia Monti-Draghi a nome del Dio Mercato. Tornati alle rispettive poltrone, BCE e Consiglio dei Ministri, i due tecnocrati possono dire: “Visto? Ce lo chiedono l’Europa e i mercati”. In realtà, si limitano a ripetere quanto opportunamente suggerito dai due in trasferta.
Ultima specialità della premiata ditta brussellese è il recente rapporto dell’OCSE, specializzata nel sostenere una tesi ed il suo esatto contrario a seconda della convenienza delle circostanze…

 Tecnostrutture all’attacco
 di CARLO CLERICETTI
(24 febbraio 2012)

 «Un pesante uno-due. Prima Mario Draghi, che nell’intervista al Wall Street Journal dichiara morto il modello sociale europeo. Subito dopo l’Ocse, con un rapporto in cui il capitolo sull’Italia sembra scritto sotto dettatura (di Mario Monti?) e ci prescrive privatizzazioni e meno tutele sui contratti di lavoro standard. Il pressing delle tecnostrutture per orientare le scelte politiche si fa sempre più intenso, ma purtroppo batte sempre sugli stessi tasti, mentre appare assai più distratto su altri argomenti che pure meriterebbero qualche attenzione. È forse il caso di ricordare ogni tanto che la crisi che dura ormai da quattro anni e di cui non si intravvede ancora la fine non è stata provocata né dal modello sociale europeo, né dalla proprietà pubblica o privata delle imprese di servizi e tanto meno dalla presunta rigidità dei contratti di lavoro. La crisi è stata provocata da un sistema finanziario globale del tutto fuori controllo, che ha tuttora bisogno di tassi sottozero per non bloccarsi – ossia dell’aiuto degli Stati – e che ciò nonostante nella maggior parte dei casi macini profitti che si traducono in compensi stellari per un pugno di manager. Intanto le Borse sono tornate sui massimi di inizio crisi: ma non dovevano riflettere l’andamento dell’economia reale? Ma allora l’economia reale sta andando benissimo e non ce ne siamo accorti? E quella ventina di milioni di posti di lavoro (nella sola area Ocse) che mancano all’appello rispetto al periodo pre-crisi?
Dal governatore della Bce ci si aspetterebbe che parlasse, più che di modelli sociali, di regole per la finanza. Lo stesso Draghi, nella sua veste di presidente del Financial Stability Board, ne ha proposte varie che restano tutt’ora lettera morta. Non sarebbe il caso che insistesse su quelle? Non dovrebbe, ad ogni sua uscita pubblica, ricordare che molti dei fattori che hanno provocato la crisi, e che sono stati individuati anche da quell’organismo da lui presieduto, sono ancora com’erano nel 2007? I commercialisti italiani (e, si suppone, anche quelli di altri paesi) ricevono pubblicità dai paradisi fiscali in cui si specifica che “per quanto possibile, si agisce in modo legale” e questo fatto non viene ritenuto rilevante dall’OCSE e dalla BCE?
L’Ocse, poi, quando parla di flessibilità del lavoro dovrebbe fare molta attenzione. C’è chi ricorda che nell’ormai lontano 1994 l’organizzazione pubblicò un ponderoso rapporto di quasi 500 pagine, il Jobs Study, che sarà la base delle concezioni – anche attuali – di come governare il mercato del lavoro. I punti essenziali erano che le politiche macroeconomiche non servono per aumentare l’occupazione, che si debbano eliminare protezioni contro i licenziamenti, che la contrattazione dev’essere strutturata in modo da consentire la flessibilità dei salari verso il basso. Ma qualche anno dopo la congiuntura favorevole generò un forte aumento dell’occupazione: tra il ’97 e il 2001 in Europa si crearono oltre 10 milioni di nuovi posti.
Così, nel rapporto sulle prospettive dell’occupazione del 1999 la prospettiva cambia radicalmente. In generale, vi si dice, i paesi europei hanno mantenuto lo stesso livello di protezione del lavoro, anzi “la quasi totalità dei paesi ha imposto vincoli aggiuntivi alle imprese nei casi di licenziamenti collettivi (…) I confronti internazionali suggeriscono che il livello di protezione dell’occupazione ha effetti scarsi se non nulli sui livelli di disoccupazione globale, mentre può averne piuttosto sulla sua composizione demografica (…) Le analisi statistiche, basate sulle regressioni, confermano che la protezione dell’occupazione può avere un effetto positivo sul tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, senza comportare effetti negativi sugli altri gruppi“.
Oggi l’Ocse sembra aver dimenticato quella sua analisi, per tornare indietro a quella del ’94. È successo qualcosa che ha fatto cambiare nuovamente idea? Sembra vero il contrario. Come si sa, oggi il solo paese che può vantare una disoccupazione inferiore (seppur di poco) ai livelli pre-crisi è la Germania, campione del modello sociale europeo, mentre gli Usa, campioni della massima flessibilità di lavoro e salari, ne sopportano ancora un tasso quasi doppio rispetto al 2007.
Queste esternazioni, dunque, si potrebbero definire “le ricette separate dai fatti”. Peccato che poi i fatti continuino a chiedere il conto, un conto molto salato.»

È la variante “tecnica” del solito gioco delle tre carte.

  Hit Parade del mese:

01. L’ARTE DI FOTTERE

[17 Feb.] «Chi guadagna 500 euro al mese è uno sfigato per varie ragioni. Io ho sempre guadagnato di più perché mi sono fatto un mazzo tanto e per merito.»
(Giorgio Stracquadanio, il Parassita Miracolato)

02. COMPLOTTO PADANO

[17 Feb.] «Il fatto di vedere su tante prime pagine dei giornali, soprattutto del Nord, un’enfatizzazione dell’emergenza neve a Roma è francamente sospetto. Non vorrei ci fosse una strategia nordista per mettere in cattiva luce Roma»
(Gianni Alemanno, il Sindaco nevoso)

03. FRAINTENDIMENTI

[20 Feb.] «Non esiste nessun atteggiamento omofobo da parte mia, ma semplicemente la difesa di regole di buona educazione che devono valere per tutti, etero ed omosessuali»
(Carlo Giovanardi, il Tollerante)

04. LA SOFISTICATA METAFORA

[23 Feb.] «Avrei difeso Celentano anche se avesse detto che gli omosessuali vanno mandati nei campi di sterminio»
(Lucia Annunziata, Defensor Civitatis)

05. L’OSCURA MINACCIA

[21 Feb.] «Il nostro Paese è minacciato dal terrorismo internazionale e dall’eversione interna»
(Massimo D’Alema, il Gustav Noske del bestemmia party)

06. OPPORTUNITÀ PERDUTA

[14 Feb.] «Il no del governo Monti alla candidatura di Roma ai Giochi Olimpici e Paralimpici del 2020, è un danno considerevole all’immagine della nostra Nazione nel mondo, in termini di credibilità, solidità e coesione. Mi domando come sia possibile chiedere a un qualsiasi investitore internazionale di credere nell’Italia se un governo chiamato a rilanciare la nostra economia decide di bloccare una candidatura forte, autorevole e condivisa da tutte le Istituzioni. I Giochi avrebbero rappresentano una grande occasione di crescita e sviluppo economico, per guardare al futuro con ottimismo. L’Italia ha perso oggi un’irripetibile opportunità»
(Giorgia Meloni, Occhioni Belli)

07. MAMMA RAI PAGA LA GIOIELLERIA PER ME

[23 Feb.] «Mi avete rovinato l’immagine. Nella mia città cosa penseranno? Mi sento scarnificato e dolente. Dolente ma combattivo.»
(Guglielmo Rositani, l’Impenitente Scroccone)

08. SALTO NEL BUIO

[06 Feb.] «Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale.»
(Anna Maria Cancellieri, la Modernista)

09. ASPIRAZIONI TECNICHE

[05 Feb.] « Non vogliamo che non esista la possibilità di licenziare, ma che chi è stato licenziato sia aiutato dalle istituzioni e dall’azienda di trovare in tempi ragionevoli una nuova occupazione.»
  (Elsa Fornero, Mater Lacrimarum)

10. CI MANCAVA PURE TWITTER

[23 Feb.] «Nei supermercati vendono croste di formaggio, per stare ai livelli dei redditi dei pensionati»
(Pierluigi Bersani, Spalla comica)

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