Archivio per Nichilismo

(59) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 2 febbraio 2014 by Sendivogius

The man with the iron fists (1)

Classifica GENNAIO 2014″

Dati gli ultimi sviluppi, ci sentiamo in dovere di scusarci con gli affezionatissimi Lettori, sciogliendo la riserva circa l’annoso dubbio che per troppo tempo ci ha tormentato…
A lungo ci siamo infatti chiesti se il cosiddetto “MoVimento 5 Stelle” del sedicente comico Beppe Grillo, fosse più prossimo al fascismo oppure al nazismo. E sappiamo che ciò ha irritato più di qualcuno tra coloro che con somma pazienza continuano ad onorarci della loro attenzione.
Oggi, con assoluta certezza, possiamo dire che il M5S è quanto di più vicino al nazismo ci possa essere in Europa. La parabola fascistoide, dagli esordi sansepolcristi al ducismo esasperato del “capo politico”, è bella che superata per declinare in qualcosa di altro e di peggio.
Nonno Benito, a modo suo, aveva un senso della misura totalmente sconosciuto agli scatenati balilla a cinque stelle, che hanno scambiato il Parlamento della Repubblica per la loro personale sala giochi.

«Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto

  Benito Mussolini
(16/11/1922)

nazi-frocetti Questi di limiti invece non ne conoscono alcuno, immersi come sono nel loro fanatismo iconoclasta; pervasi da un furore nichilista che rasenta la psicopatologia di massa, in un clima di scontro permanente che assomiglia sempre più agli spettri della “guerra civile”. Guerra sempre più evocata e annunciata nelle loro iperboli bellicistiche, con un capo politico che incita al linciaggio digitale; agita liste di proscrizione per l’insulto libero di maschi biliosi, obnubilati dalle loro perversioni sessuali represse, che raggiungono l’apice dell’infamia quando il bersaglio è donna. E lo fanno attraverso una violenza sotterranea, che si autoalimenta di suggestioni necrofile e frustrazioni sessiste, livori incontrollati e odio settario, minacce in stile para-mafioso e allusioni da gergo neo-brigatista.
Dopo la presidente Laura Boldrini, rea di non cedere alle intimidazioni ed alle insolenze di queste masnada scatenata di picchiatori virtuali, alla lista si aggiungono il critico d’arte Philippe Daverio e il giornalista Corrado Augias, che con un editoriale magistrale mette a nudo tutta la miseria umana e intellettuale di simile feccia.
Il rogo del libroDallo squadrismo al rogo dei libri, la mutazione è completa.
Convinti come sono di fare la riVoluzione, essi sono “oltre”: proiettati oltre la normale convivenza civile, oltre le più elementari norme di civiltà, oltre le regole del Diritto. Sono oltre la stessa Democrazia, che dicono di voler difendere ma della quale fanno scempio costante, nello stravolgimento compiaciuto delle forme istituzionali, nella provocazione reiterata e l’insulto più becero, in una continua demistificazione dei fatti e delle opinioni, secondo i meccanismi consolidati della dissonanza cognitiva. L’abbiamo già detto: per spiegare i meccanismi del M5S bisogna ricorrere alla psicologia clinica.
Null’altro sembra scaturire fuori da questa fabbrica a ciclo continuo di odio e letame; da questo prolungamento intestinale del Vate® che volle farsi duce: il vigliacco matricolato che prima aizza le sue mute di cani rabbiosi e poi finge con somma ipocrisia di moderarne gli istinti, che lui stesso ha provveduto a scatenare nella loro espressione più bassa e selvaggia.
È la versione minimalista del bastone e della carota, con quest’ultima sostituita dai cucchiaini di un Alessandro Di Battista, in arte “Dibba”: il neo-delfino del Capo politico, il volto belloccio dell’Ufficio Propaganda del moVimento da esibire in pubblico, mentre discetta di “libertà” e “democrazia” delle quali con ogni evidenza ignora persino le basi. Sull’argomento, il “Dibba” da Civita Castellana potrebbe farsi istruire da papà Vittorio, che in materia è un vero esperto… Tanto per ricordare l’alveo culturale e politico da cui provengono questi personaggi, selezionati non a caso.
In tempi lontani, Herman Rausching, conservatore tedesco ed esponente di punta del partito nazionalpopolare, che in un primo tempo aderì al nazismo per allontanarsene disgustato, parlò di “rivoluzione del nichilismo” per descrivere il fenomeno e prendere la via dell’esilio:

Herman Rauschning«In Germania non si è compreso che la teoria politica moderna dell’azione diretta è strettamente connessa con la filosofia della violenza. Smend, docente di diritto all’università di Berlino, si limita in sostanza a constatare che nelle democrazie odierne le masse abbisognano di forme di vita elementari, plebiscitarie, istintive, in ogni caso immediate…. Questo principio formale è quello che ispira al nazionalsocialismo i suoi solenni e pubblici riti. I plebisciti e le azioni delle sue formazioni. Il nazionalsocialismo si conforma all’idea di Sorel che vuole che l’individuo partecipi anch’egli direttamente e personalmente alla vita politica. È questo un metodo tendente ad allargare la base della politica, ad attivare la massa in apparenza, mentre in realtà la sottrae ad ogni esercizio politico.
[…] L’atteggiamento antintellettualistico e antirazionalistico del dinamismo non è casuale, ma è l’espressione necessaria di una totale assenza di norme.
[…] A prima vista, si sarebbe portati a vedere nel partito nazista di massa nient’altro che un simile evoluzione, accompagnata dal degenerare di una dottrina politica a ideologia demagogica, destinata ancora unicamente alla massa. Il principio del “capo” e dei seguaci sopprime ogni possibilità di costruire uno Stato. Là dove questo principio presiede alla formazione della volontà politica, non è più possibile uno Stato nell’accezione tradizionale del termine, e lo stesso si può dire per l’ordinamento sociale.»

  La Rivoluzione del Nichilismo
Herman Rauschning
Mondadori (Milano, 1947)

Ed ora passiamo pure alla nostra consueta rubrica, tanto per non perdere di vista il resto del cucuzzaro…

  Hit Parade del mese:

01. NEVRASTENIA DEMOCRATICA

[12 Gen.] «Facile individuare i mandanti morali delle molotov: ad esempio quegli artisti che sventolano le bandiere contro la Tav, Fiorella Mannoia, Caparezza. Non sanno di che parlano. Non sanno un cazzo, non sanno niente!»
  (Stefano Esposito, il Nevrastenico)

02 - Giovanardi02. PIAGHE BIBLICHE

[22 Gen.] «L’alluvione di Modena è tutta colpa delle nutrie!»
  (Carlo Giovanardi, caso clinico)

03 Biancofiore03. EREZIONI

[21 Gen.] «Dudù, da buon uomo di quella famiglia, visto che la mia cagnetta Puggy era in calore, voleva accoppiarsi. Non so se c’è riuscito, lo vedremo tra qualche mese. Non credo ce l’abbia fatta. Ma è la natura. Davanti a me non c’è riuscito, ci ha provato, Puggy è femmina e pure figa. Questo vuol dire che Dudù non è assolutamente gay, e urca se è dotato, l’ho visto in erezione!»
  (Michela Biancofiore, l’Inconfondibile)

04 Sorial04. Squadristi a Cinque Stelle: BOCCHE APERTE

[28 Gen.] «Potremmo dire che il boia Napolitano sta avallando queste azioni nei confronti dell’opposizione, per cucirci la bocca, per tagliarci le teste.»
  (Giorgio Sorial, Cammellone egizio)

04b Tofalo04.bis Squadristi a Cinque Stelle: BOIA CHI MOLLA!

[29 Gen.] « Boia chi molla, presidente Boldrini, boia chi molla! E noi non molleremo!»
  (Angelo Tofalo, il Resistente)

05 De rosa05. IL BUCO…

[30 Gen.] « Voi donne del PD siete qui perché siete brave solo a fare i pompini!»
  (Massimo Felice De Rosa, lo Specialista)

05b De Rosa04.bis …E LA TOPPA!

[31 Gen.] «Mi riferivo a tutti: ho detto che qua dentro sono entrati solo perché conoscevano qualcuno di importante o avevano fatto qualche favore sessuale»
  (Massimo Felice De Rosa, Blowjob Specialist)

dibba05. PENSIERI SUBLIMINALI

[25 Gen.] «L’immoralità è come il letame, si deve trattare con la pala, non con il cucchiaino d’argento. Se entri in in quel Palazzo e tu ti mischi a loro e ti ungi un dito, ti ungi tutta la mano.»
  (Alessandro Di Battista, l’Untore)

dibba 205.bis CANDIDATURE PROMOZIONALI

[31 Gen.] «Sarei in grado di fare il Presidente del Consiglio»
  (Alessandro Di Battista, lo Statista)

razzi06. RAZZI VOSTRI: la Corea democratica di Kim Jong-Un

[06 Gen.] «Kim Son Un (!?!) è un moderato. Sembra un dittatore, ma è un moderato; lui sta cercando di portare un po’ di democrazia in Corea del Nord. E siccome lo zio voleva fare un complotto, il nipote ha fatto magnare lo zio dai cani! Io non lo vedo come un dittatore, ma come un vecchio democristiano, un politico bravo. Io in Corea del Nord mi sono sempre trovato benissimo, e non ho visto nessuna bomba atomica»
  (Antonio Razzi, Eredità Dipietrista)

razzi 206.bis RAZZI VOSTRI: Lavoriamo per noi

[23 Gen.] «Eliminare il Senato? Sapete, quando uno è qui che lavora per il bene degli italiani, lasciare a metà dispiace… noi siamo anziani, e i saggi sono importanti. Controlleremmo il lavoro dei deputati che sono spesso giovani, inesperti, nemmeno conoscono la Costituzione. Vabbè, quella non la conosco nemmeno io!»
(Antonio Razzi, il Saggio)

razzi 306.ter RAZZI VOSTRI: Ricollocamenti

[26 Gen.] «Io per passare con Berlusconi non ho avuto niente, magari avessi ricevuto dei soldi! Sapevo che Di Pietro non mi candidava più, io ero morto. E allora se tutti pensavano ai cazzi suoi, famme pensa’ un po’ ai cazzi miei no!»
  (Antonio Razzi, Super-Squallor)

santelli07. ALLE FALDE DEL KILIMANGIARO…

[15 Gen.] «I neri hanno la fortuna di non doversi truccare, e quindi sono più fortunati di noi.»
  (Jole Santelli, la Bella della politica)

ganja08. CANNE AL VENTO

[29 Gen.] «Dalla legalizzazione della cannabis possono arrivare otto miliardi di euro per lo Stato. Ma mi trovo nella zona fumatori della Camera, nel rispetto della legge.»
  (Daniele Farina, Ganja-man)

Stalin09. CRONACHE MARXIANE

[18 Gen.] «C’è bisogno di cambiare il sistema. Noi proponiamo di uscire dall’Unione Europea, di nazionalizzare le banche ed espropriare le grandi imprese.
Noi siamo per il ritorno dell’ideologia, in continuità con la Rivoluzione d’Ottobre. E con l’Unione Sovietica, dove il socialismo è fallito solo dopo l’avvento di Krusciov (…) lo stalinismo fa parte del nostro patrimonio, ma noi siamo marxisti-leninisti»
  (Marco Rizzo, il Marxiano)

Remigio Ceroni10. ANNULLAMENTI

[18 Gen.] «Chiedo l’annullamento delle multe per ragioni legate alla carica istituzionale rivestita.
Per via del ruolo che ricopro macino tantissima strada, talvolta mi capita di accompagnare politici di fama nazionale che con gli autisti sfrecciano, superando i limiti. Io, che li devo seguire, prendo le multe.»
  (Remigio Ceroni, il Multato)

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L’Odore della Paura

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 16 ottobre 2011 by Sendivogius

 Roma, 15/10/2011: Un pomeriggio di ordinaria rivolta urbana, nella cosiddetta giornata dell’Indignazione mondiale. Ancora una volta, proprio a Roma, si è visto l’unico (vero) momento di collera generazionale nel panorama stereotipato di proteste addomesticate di chi si indigna, ma poi non si inkazza, e piagnucolando patisce.
Lungi dall’essere poche centinaia di “facinorosi”, lungo Via Labicana… Via Merulana… fino alla battaglia di Piazza San Giovanni… c’erano migliaia di giovani e giovanissimi, in massima parte provenienti dalle immense periferie dimenticate che avvolgono il centro storico della Capitale, pervasi da una collera cieca e disperata, di chi non ha niente da perdere perché la speranza l’ha smarrita da tempo e un vero futuro non l’ha mai avuto.
Quella che si è vista a Roma, è stata un’esplosione incontrollata del furore nichilista di una generazione perduta; animata da una furia iconoclasta scatenata contro obiettivi ingenui ma precisi…
Contro le “banche”: espressione concreta del potere finanziario, degli speculatori senza volto, e del credito negato a precari e famiglie.
Contro le “agenzie interinali” del lavoro somministrato (a dosi controllate): rappresentazione materiale della precarietà lavorativa senza prospettive, attraverso le forme di un caporalato legalizzato.
Contro i simboli di una ricchezza ostentata (Suv e auto di grossa cilindrata): tanto più offensiva quanto più immune agli effetti dei tagli sociali e di sacrifici che colpiscono a senso unico.
E, per la prima volta, contro una “Chiesa”, percepita (a torto o a ragione) sempre più come una fucina di privilegi anacronistici; sempre più invasiva con le sue ingerenze nel campo della sessualità e delle scelte di vita “non conformi alla dottrina”, ma incredibilmente indulgente con la pornocrazia immorale che domina il Paese e sopravvive grazie ad uno scandaloso mercimonio di poltrone.
Ma ciò che più ha colpito è stato l’odio rabbioso e violentissimo contro le “Forze dell’Ordine”, in senso lato, considerate come il nemico assoluto. Evidentemente, non tutti hanno dimenticato le cariche gratuite, i pestaggi di Genova, con le torture a Bolzaneto e la mattanza alla scuola Diaz: i responsabili in divisa? Tutti impuniti e tutti promossi!
Ma una parte dei romani non ha nemmeno dimenticato l’omicidio di Gabriele Sandri e di Stefano Cucchi (e nemmeno certi poliziotti che festeggiavano la morte di Carlo Giuliani). E ieri ha presentato il conto all’incasso, con tanto di interessi.
Una certa vulgata ama parlare di poche centinaia di “black-bloc” infiltrati, provenienti chissà da dove e organizzati da chissà chi… Ieri c’erano migliaia di ragazzini seminudi che, come impazziti, si lanciavano ad ondate contro gli agenti pesantemente bardati in tenuta anti-sommossa; resistevano alle cariche; ricacciavano indietro i plotoni della Celere, sfidando le folli gimcane dei cellulari e dei furgoni dei Carabinieri che fendevano la folla a tutta velocità. Impressionava lo sguardo quasi spaurito e incredulo, di poliziotti e carabinieri, che non riuscivano a capacitarsi di una simile resistenza; sconcertati dalla reazione di un folla che non fugge, che li irride e li insegue mentre ripiegano. Per quattro ore, le forze di polizia hanno cercato di riconquistare Piazza S.Giovanni, sgomberare le barricate e riprendere il controllo delle vie limitrofe, senza mai riuscirci… Carabinieri che scappavano via con le mani alzate; scene di panico; interi reparti allo sbando che si ritiravano disordinatamente… La gestione dell’ordine pubblico, senza falsi eufemismi, ieri è stata una disfatta totale. Si aveva l’impressione di una città espugnata, conquistata, liberata; con i pochi presidi di polizia assediati e asserragliati attorno ai fortini di un potere sempre più evasivo ed arrogante.
Naturalmente, all’indomani di questa guerriglia metropolitana, l’esercizio collettivo si concentra per intero nelle esibizioni di sdegno e nella “unanime condanna”, mentre fioccano le dissociazioni e le prese di distanza dei neo-capi e capetti che si contendono la leadership di un “movimento” che rischia di assopirsi presto sotto massicce dosi di cloroformio.
Parliamo di persone degnissime; tutte convinte, con ogni evidenza, che per drizzare le storture del mondo finanziario basti sfilare ad un orario prestabilito, incolonnati lungo un percorso autorizzato, come pecore in transumanza, con il beneplacito di Questura e Governo, verso i recinti protetti della protesta blindata e controllata a distanza. Sono gli stessi che credono la censura di Stato e le “leggi vergogna” si combattano appiccicandosi un post-it sulla bocca.
A questo punto, immaginiamo che alcuni tra i nostri lettori più suscettibili stiano già dando abbondanti segni di insofferenza…
E allora precisiamo: Noi abbiamo grandissima simpatia per il movimento degli Indignados e condividiamo la quasi totalità delle loro aspirazioni ideali. È chiaro che tutti coloro che intendono manifestare pacificamente le proprie idee hanno il sacrosanto diritto di non ritrovarsi coinvolti in una battaglia metropolitana, trovandosi improvvisamente catapultati in zona di guerra. È altrettanto chiaro che un dissenso, per essere legittimo, non dovrebbe mai essere violento, giacché una critica costruttiva si nutre di proposte concrete.
Tuttavia, per instaurare un dialogo costruttivo, affinché i progetti possano germogliare, bisogna avere un interlocutore che sia quantomeno disposto ad ascoltare…
La gran parte delle rivendicazioni avanzate dagli ‘Indignati’ italiani coincidono con le istanze che reti sociali e associazioni di base promuovono da più di dieci anni e che vennero soffocate in un bagno di sangue durante il G8 del 2001 a Genova (stesso governo e stessi ministri di oggi). I promotori vennero sprezzantemente bollati alla stregua di terroristi… ‘no-global’ divenne un insulto… e ogni istanza di cambiamento spazzata via a colpi di manganello, fino alla catastrofe attuale.
Da allora i referenti non sono mai cambiati…
Si può compiutamente parlare di “democrazia”, quando l’arbitrio e gli abusi dei potenti (e del Potente) diventano la norma in una sorta di “dittatura della maggioranza”?
Quale dialogo è possibile con chi ignora bellamente gli esiti delle consultazioni referendarie: finanziamento pubblico ai partiti; legge elettorale; ritorno al nucleare; privatizzazione dell’acqua…?
In Parlamento sono state depositate decine di leggi di iniziativa popolare… Non sono nemmeno state calendarizzate! Quale dialogo è possibile con chi boicotta anche i minimi strumenti di democrazia diretta, a disposizione di una cittadinanza che non si rassegna ad essere mero elettorato passivo.
Quante manifestazioni… cortei… proteste… tutte rigorosamente “pacifiche” e “gioiose” e “ordinate”… sono state organizzate nel corso di questi anni sulle più diverse tematiche sociali?!?
Tutte sistematicamente irrise il giorno dopo: dalla Questura che coi suoi comunicati screma il numero dei partecipanti, anche contro ogni evidenza; all’intera stampa berlusconiana (con in testa Libero e Il Giornale) che si diverte a confezionare in serie editoriali offensivi e volutamente provocatori…
Si è mai ottenuto qualcosa? Dove erano i nostri naturali “referenti” democratici e istituzionali?
Si chiedevano più fondi all’Istruzione pubblica e sostegni alla ‘ricerca’; è arrivata la c.d. “riforma Gelmini” con tagli indiscriminati, privatizzazione dell’università, e finanziamenti freschi per le scuole confessionali.
Si chiedevano maggiori garanzie contrattuali per il lavoro flessibile, con retribuzioni più dignitose, e la risposta è stata un’atomizzazione del lavoro in nome di una precarietà estrema con salari da fame.
In tempo di crisi, si chiedeva la salvaguardia dei posti di lavoro ed una rete protettiva anche per i lavoratori atipici; in risposta si è avuta la stesura dell’art.8 che introduce i licenziamenti facili, la deroga dai contratti nazionali, e lo spostamento della riforma che prevede l’estensione degli ammortizzatori anche per i lavoratori precari, solo a crisi finita. Cioè quando non servono più!
Si chiedono più risorse e sostegni per i servizi sociali e la sanità pubblica; ci viene prospettato un piano di lacrime e sangue con l’intero smantellamento delle politiche sociali, in nome della riduzione del debito. Ma quello stesso patto di stabilità, così ferreo nei confronti dei cittadini, improvvisamente sparisce per finanziare le banche (e gli speculatori) con miliardi di soldi pubblici.
Che tipo di dialogo, di intesa, si può ottenere all’interno di un meccanismo distorto che, sotto un’apparenza di democrazia formale, tutela i forti a scapito dei più deboli? Quali margini di mediazione possono esistere, quando gli arbitri giocano a favore della squadra più ricca e riscrivono le regole sotto dettatura dei potenti?
Naturalmente, con la violenza non si ottiene nulla. Ma la violenza allora va sempre condannata in tutte le sue espressioni. A partire dalle più subdole. Anche i soprusi sono una forma di violenza. Non si può condannare poi soltanto la reazione (per sbagliata che sia), quando si ignora o si tollera la causa scatenante e la sua reiterazione continuata nel tempo.
In Italia, complice anche l’afasia degli anni ’80, il “conflitto” è diventato il grande tabù di una società sempre più sclerotizzata che teme ed aborre i processi conflittuali in tutte le loro varianti.
La nostra è una società che al suo interno ricerca il ‘consenso’… l’approvazione… in nome di un conformismo sociale, che concepisce i cambiamenti soltanto come una forma di cooptazione clanica nella condivisione del potere. “Potere” immutabile nelle forme e nella ripartizione, spesso ereditaria. Pertanto, è quasi scomparso il conflitto generazionale che segna l’ingresso nel mondo degli adulti attraverso la maturazione di una specifica individualità (e indipendenza), separata e distinta rispetto a quella dei propri genitori. E del resto è difficile trovare una propria sfera autonoma, quando si continua a dipendere dalla famiglia di origine per indisponibilità di reddito.
Di riflesso è scomparsa ogni forma conflittuale in tutti gli ambiti sociali, cosa che non presuppone una stato di guerra permanente, ma una transazione ordinaria di mansioni, responsabilità e opportunità, attraverso una rivendicazione di ruoli e di istanze che sono alla base del ricambio sociale (e generazionale). In Italia invece si preferisce mettersi d’accordo… trovare un buon patrono in grado di fornire la giusta raccomandazione… si ricerca la protezione del ‘potente’ che va irretito e mai irritato… Ci si arrangia. E di solito lo si fa sottobanco.
Se si contesta un determinato sistema, sarà bene ribadire che il cambiamento non avviene cercando la benevolenza di chi siede ai vertici, nella speranza che questo si alzi e ceda cortesemente il posto di comando perché glielo si è chiesto con gentilezza.
Invece sembra di assistere ad una vera e propria “ansia di consenso”, quasi ci si aspettasse una sorta di riconoscimento, un accredito di benevolenza da parte di interlocutori spesso sordi ed indifferenti, quando non apertamente ostili.
E allora, in concreto, la protesta deve essere rigorosamente pacifica, rassicurante, indolore, simpatica, goliardica… e sostanzialmente INUTILE.
Non deve creare problemi di alcun tipo, nella maniera più assoluta… Perché diversamente potrebbe mettere in imbarazzo i partiti che sostengono il ‘movimento’… perché sennò allontana il fantomatico “voto moderato”… perché la massima aspirazione è leggere articoli favorevoli sulla stampa conservatrice e magari ricevere i complimenti proprio da coloro verso cui la protesta è diretta. Il caso di Mario Draghi è emblematico.
Si ricerca dunque l’apprezzamento del bravo conservatore: quello che, se non storce la bocca con disprezzo, sibilando “komunista!” anche se hai il poster di Montanelli in camera, ti guarda con commiserazione e con aria vissuta ti sussurra che “tanto così va il mondo”, reputandoti poco meno di un innocuo cretino idealista.
Questa è la generazione che come unica certezza sa che vivrà peggio dei loro genitori… Ieri a Roma sembrava quasi ci fossero due piazze:
 il figlio istruito e ben educato della buona borghesia impiegatizia e del tranquillo ceto medio, che improvvisamente ha scoperto che si ritroverà a vivere come i proletari delle borgate. E cerca disperatamente di essere riconosciuto e accettato da quelli che reputa i suoi pari, per essere inserito in un sistema che non rifiuta affatto e dal quale non vuole essere escluso.
 E i proletari delle borgate che, retrocedendo di una casella, si ritroveranno a vivere come i vecchi baraccati dei racconti pasoliniani. E che nulla chiedono né si aspettano da un sistema che li ha sempre emarginati e che ora li immola in nome del mercato, come scorie inevitabili quanto inutili. La protesta in questo caso è diventata rivolta, nel rifiuto radicale di un sistema percepito come irriducibilmente ostile.
In questo caso la condanna delle violenze, frutto di una frustrazione legittima convertita in rabbia, è irreversibile e senza appello. Non prevede incidenti né danni collaterali. Non è scusabile come chi scarica bombe a grappolo durante una festa di matrimonio in Afghanistan… o bombarda col fosforo bianco un ospedale a Gaza… Infatti è molto più grave bruciare il suv marziano dell’imprenditore che dichiara un reddito inferiore a quello della sua domestica… o sfasciare il bancomat di una banca che pensa di farsi ripianare il buco di bilancio dallo Stato, dopo aver ingurgitato titoli tossici e spacciato derivati.
La protesta, come le rivendicazioni sociali, sono sempre un atto di rottura rispetto ad una serie di schemi escludenti ed assetti prestabiliti.
O davvero, cari amici Indignati, credete che le conquiste sociali dell’ultimo secolo si siano ottenute, perché i manifestanti erano tanto carini, cortesi e ben educati? Chi detiene la gestione del “potere”, con i privilegi e le posizioni di rendita che questo garantisce, non lo cede tanto volentieri a meno che non sia costretto… Per quanto la cosa possa essere spiacevole e disturbante, l’elemento dominante alla base di ogni concessione o reazione, è la PAURA. E si basa su specifici equilibri di forze… Non bisogna scomodare Georges Sorel o Ivan Turgenev per capirlo.
 Nel nostro passato recente, la concessione di diritti, garanzie, tutele, è sempre stato improntato su un calcolo di opportunità basato sulla “paura”. Nella fattispecie, a seconda del periodo storico, si può parlare di “paura dei comunisti”… “delle intemperanze socialiste”… del “nichilismo degli anarchici”… Concessioni e diritti sociali sono sempre stati erogati, secondo convenienza, per disinnescare la potenziale minaccia ‘rivoluzionaria’ ed eversiva, ogni qualvolta ci si è resi conto che ciò (a livello socio-economico) era meno dispendioso del ricorso alle baionette ed ai golpe militari.
Scomparso l’orrido spettro rosso, è scomparsa la paura e si è chiuso il rubinetto delle concessioni, oggetto di un progressivo smantellamento, con una ‘sinistra’ in preda ai sensi di colpa ed improvvisamente convertita al mercato (nel frattempo globalizzato). Una ‘sinistra’ fattasi progressivamente ‘centro’ (ma senza elettori), ansiosa di farsi accettare nei salotti che contano e in cerca di nuova legittimazione presso i vecchi avversari.
Ieri, dopo anni si sentiva finalmente odore di paura… bastava ascoltare le reazioni sgangherate di una Destra isterica e dei suoi fogliacci prezzolati.
E questo è solo l’inizio…

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RADICI (I)

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 agosto 2009 by Sendivogius

Libera Nos a Malo I papi eletti dalle fila dell’Inquisizione solitamente non portano fortuna alla Chiesa: all’intransigenza del teocrate sommano il dogmatismo teologico del custode dell’ortodossia, nell’illusione che gli antichi canoni della dottrina scolastica siano sufficienti ad imbrigliare una società in perenne movimento, fornendo risposte esaurienti per la complessità del mondo contemporaneo.
Il pontefice-restauratore avverte la minaccia insita nel “disordine” della modernità, che cozza con la visione ecumenica della tradizione cattolica, nell’ansia di salvaguardare l’alto Magistero dell’istituzione ecclesiastica…
Relegata ai margini di una realtà sempre più secolarizzata, la Curia vaticana si sente assediata e quindi attacca. Tuttavia, svuotato il Santo Uffizio di ogni potere coercitivo, non può certo ricorrere alle funzioni repressive dell’apparato inquisitorio. E non potendo più fare affidamento sul sollecito intervento del braccio secolare indirizza le sue pressioni alla ‘Politica’ per imporre, tramite l’apporto del legislatore, quei valori religiosi e quelle prescrizioni dottrinali che non riesce più a trasmettere per convinzione nelle coscienze altrui. Si tratta di un laido mercimonio tra politicanti in cerca di legittimazione e la Chiesa dei No che, con le sue censure tradotte in “Legge dello Stato”, pretende di limitare e condizionare le scelte dei singoli.
In questo, papa Benedetto XVI si muove con l’eleganza di un elefante, mentre la CEI lo supporta con la petulanza di una zanzara.
Privo del sex-appeal mediatico che contraddistingueva il suo predecessore, Joseph Ratzinger non dice cose diverse. Tuttavia, la sua incapacità comunicativa è imbarazzante.
[Peggio di tutta l’opposizione parlamentare messa insieme!]
Sarà la scarsa dimestichezza con la lingua italiana, il rigore teutonico, il cipiglio del vecchio cattedratico, ma le considerazioni ecumeniche di questo Benedetto papa si riducono ad una cascata di NO, in una tensione ideale da ancient regime ferma al Congresso di Vienna e contro il “bieco Illuminismo”, giacché la situazione odierna è in tutto simile alla Francia rivoluzionaria del 1791 (sic!!!)

Se allora c’era la ‘dittatura del razionalismo’, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di ‘dittatura del relativismo’. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l`uomo ‘mendicante di significato e compimento’ va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.
  [12 Agosto 2008]

Benedetto XVI ammonisce, bolla, sanziona, e non si accorge che i toni apocalittici delle sue affermazioni si perdono in crociate anacronistiche che, superato lo sgomento iniziale di noi profani miscredenti, trascendono il ridicolo ben oltre i suoi confini naturali. La sua visione della società è così ristretta e talmente retriva, da sembrare ispirata direttamente al Sillabo di Pio IX, che papa Ratzinger reinterpreta (se possibile) in chiave ancora più restrittiva, attingendo abbondantemente alla tradizione patristica. E parliamo del III-V secolo d.C.

I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra, quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte. Purtroppo però questo triste fenomeno non è circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti. I santi, che abbiamo brevemente ricordato, ci fanno riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano; un’antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato. Da una parte, ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell’uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l’uomo in un dio, che fa dell’arbitrarietà il proprio sistema di comportamento. Dall’altra, abbiamo appunto i santi, che, praticando il Vangelo della carità, rendono ragione della loro speranza; essi mostrano il vero volto di Dio, che è Amore, e, al tempo stesso, il volto autentico dell’uomo, creato a immagine e somiglianza divina. Cari fratelli e sorelle, preghiamo la Vergine Maria, perché ci aiuti tutti – in primo luogo noi sacerdoti – ad essere santi come questi eroici testimoni della fede e della dedizione di sé sino al martirio. E’ questo l’unico modo per offrire alle istanze umane e spirituali, che suscita la crisi profonda del mondo contemporaneo, una risposta credibile ed esaustiva: quella della carità nella verità”
  [9 Agosto 2008]

Come la Democrazia, anche l’Umanesimo o è cristiano oppure non è.
In pratica, Benedetto XVI scaglia l’anatema papale contro chiunque si ponga fuori dall’esperienza evangelica. Il laico, il non credente, l’agnostico, o più semplicemente il non cristiano, sono persone senza etica, prive di qualsiasi sistema valoriale e di riferimenti ideali. Sono anzi portatori di una negazione implicita dei valori cristiani: gli unici riconosciuti. Sono animales in quanto privi di una vera umanità. Indegni di qualunque considerazione sociale, in quanto irriducibili peccatori.
 [Insomma stiamo parlando di eretici. E l’ex prefetto ‘per la Dottrina per la Fede’, già ‘Sant’Uffizio’, già ‘Santa Romana Inquisizione’, sa bene che trattamento veniva loro riservato… Forse rimpiange i tempi!]

Inquisitori domenicani interrogano eretico

 La loro presenza non è innocua, bensì contaminante per la comunità sana dei fedeli. Le loro scelte sono “arbitrarie”, “nichiliste”, addirittura corresponsabili dei campi di sterminio.
 [Però, non eravamo ‘noi’ che indossavamo la divisa nazista quando gli ebrei venivano gasati nei lager. E la coscienza a posto, perché sulla fibbia del nostro cinturone campeggiava la scritta Got mit uns… nevvero caro Ratzinger?]

CARDI

Pertanto, nella valutazione pontificale, l’Umanesimo cristiano ed il (non)umanesimo ateo sono irriducibilmente contrapposti e non conciliabili. Nel rigorismo di Benedetto XVI ciò implica un anelito allo scontro tra culture diverse che non è preoccupante, ma patologico nella sua negazione di ogni legittimazione o riconoscimento. Perciò, prima di ardere nella dannazione eterna, vediamo un po’ più da vicino i valori canonici che ispirano la carità nella Verità della Rivelazione, ai quali tutti devono attenersi…
L’analisi è forse macchinosa, ma non peregrina. E serve a sottolineare quanto sia in realtà dura e senza appello la condanna espressa da Benedetto XVI.
Papa Ratzinger è soprattutto un teologo ed il richiamo ad Agostino di Ippona (S.Agostino) appare evidente:

“Due amori hanno dunque fondato due città: l’amore di sé, portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l’amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste. La prima si gloria di se stessa, la seconda di Dio.”
  (De Civitate Dei, XIV, 28)

La scelta di S.Agostino non è casuale ed esaspera ulteriormente la condanna del cosiddetto “umanesimo ateo” (con tutte le sue implicazioni nichiliste, materialiste, relativiste, individualiste e libertarie) in quanto riconducibili addirittura al peccato originale in tutta la sua gravità primordiale.
Per Agostino, il peccato originale si configura infatti come concupiscentia cum reatu, ovvero la colpevole predisposizione d’animo (per eccesso di “libero arbitrio”) verso l’attaccamento alle cose terrene (concupiscenza). Predisposizione, e scelta, ulteriormente aggravata dal fatto che questa comporta un allontanamento dall’elemento divino e un allentamento volontario (con reato) del vincolo di sottomissione a Dio, che si vede scavalcato dall’amore per i beni terreni e le cose di questo mondo. In pratica è un violazione della “giustizia originaria” che lega l’umanità al Dio cristiano, secondo l’antico Patto.
Il concetto viene ripreso da Tommaso d’Aquino e meglio circostanziato nel suo “Compendio di Teologia”:

“La giustizia originale consiste nella sottomissione dell’uomo a Dio e nella sottomissione delle creature inferiori all’uomo”
  (Comp. Theol.  I, c. 187)

Da tale violazione scaturisce il peccato originale, che coinvolge l’uomo nella sua interezza fisica e spirituale in tutta la sua irredimibile gravità:

“La malizia del peccato originale consiste nella rivolta dell’uomo a Dio, nella ambizione di somigliare a Lui, nella folle pretesa di essere sufficiente a sé stesso, quindi nel rifiuto del suo primato, del suo amore, della sua amicizia. Ed ecco la “rottura” come posizione antitetica alla precedente: alla subordinazione della volontà umana a Dio, succede l’insubordinazione, alla quale nell’uomo segue la rivolta delle facoltà inferiori; quindi, la concupiscenza quale impulso disordinato ai beni creati”
 (Battista Mondin. “Dizionario Enciclopedico del Pensiero di S.Tommaso d’Aquino”. ESD, Bologna 2000)

Di conseguenza, il peccato originale è:

  “Una disposizione disordinata derivante dal turbamento di quell’armonia che costituiva la giustizia originale (est quaedam inordinata dispositio proveniens ex dissolutione harmoniae in qua consistebat ratio originalis justitiae)” (I-II, q. 82, a.1). S. Tommaso si affretta però a precisare che non si tratta di una semplice privazione bensì di una disposizione (habitus) corrotta, la quale comporta oltre alla privazione della giustizia originale anche un grave disordine nell’anima. Da un altro punto di vista, avvalendosi delle categorie aristoteliche, Tommaso può dire che elemento formale del peccato originale è la perdita della giustizia originale mentre il disordine delle facoltà, in particolare la concupiscenza, rappresenta l’elemento materiale. “Tutto l’ordine della giustizia originale si doveva al fatto che la volontà umana era sottomessa a Dio. Sottomissione che consisteva principalmente nella volontà, che ha il compito di muovere tutte le altre facoltà verso il fine. Perciò la volontà con la sua avversione a Dio, ha portato il disordine in tutte le altre cose. Ecco quindi che la privazione della giustizia originale che assicurava la sottomissione della volontà a Dio, è la parte formale del peccato originale; mentre tutto il disordine delle altre facoltà ne è come l’elemento materiale. Quest’ultimo disordine consiste soprattutto nel fatto che queste facoltà si volgano disordinatamente ai beni transitori: e tale disordine con nome generico si chiama concupiscenza. Perciò il peccato originate materialmente è la concupiscenza; formalmente è la mancanza (defectus) della giustizia originale” (Comp. Theol. I-II, q. 82, a. 3)
(…) L’essenza del peccato originale non viene fatta consistere nella violazione di qualche legge particolare o nella soddisfazione di qualche piacere della carne, ma in un atteggiamento di fondo dell’uomo di fronte a Dio, un atteggiamento di indipendenza, di autonomia, di “volontà di potenza”: una “volontà disordinata” (disordinata voluntas) che avanza la pretesa di costruirsi un progetto di umanità (e quindi di felicità e di salvezza) senza Dio, anzi, contro il suo volere. Gli effetti nefasti del peccato originale sconvolgono tutto l’ordine dell’universo: causano una lacerazione interiore della persona nei suoi rapporti con Dio, una lacerazione psichica nei rapporti tra facoltà sensitive e facoltà intellettive, e causano inoltre una lacerazione esteriore dei rapporti col prossimo e con il mondo della natura.
  (B.Mondin. Diz. Encicl.)

A quanto pare, col pontefice condividiamo almeno le stesse letture… Questo sì che è preoccupante!
Come si può dedurre, non esistono vie alternative al pensiero cristiano ed al sistema di valori che ne scaturisce. In virtù di ciò -lo ribadiamo- le prescrizioni pontificie non sono dirette solo alla comunità dei fedeli, ma hanno valore universale anche per chi non crede o cristiano non è.
Cosa non accettabile.

SEX & THE CHURCH
POPE 3 Ma come si trasmette ‘sto peccato originale?!?
Domanda retorica perché tanto sempre là si va a parare, secondo una fissazione ossessiva che è tutta cristiana.
Il peccato originale, come le malattie veneree, si propaga per trasmissione sessuale. Veicolo di contagio è (naturalmente) il SESSO.
Una fissazione, quella per il sesso, che sembra costituire l’unica preoccupazione costante della Chiesa cattolica, e soprattutto della sua Curia, in quanto perennemente al centro dell’azione pastorale. Ciò comporta l’ennesima infornata di divieti da imporre a credenti e non, grazie al solerte intervento parlamentare che codifica le proibizioni ecclesiastiche per legge.
[Però mandiamo l’esercito tra i monti dell’Afghanistan a combattere i taliban taaaanto integralisti]

I Padri della Chiesa, i santi dell’apostolato cattolico, aborrono la sessualità in ogni sua espressione. Ne sono inorriditi ed al contempo terrorizzati.
L’atto sessuale nella sua esecrabile impurità è:
disgustoso” (Agostino)
impuro e degradante” (Arnobio)
indecente” (Metodio)
sudicio” (Gerolamo)
vergognoso” (Tertulliano)
una profanazione” (Ambrogio)
Coerentemente, ne parlano in continuazione con insana morbosità.
Perché di sesso (forse) ne fanno poco, in compenso lo cercano dappertutto.
Il sesso costituisce un’immonda contaminazione. Soprattutto, costituisce un’irresistibile tentazione alla quale è difficilissimo sottrarsi. E questo la dice lunga sulle reali inclinazione e la continenza di certi devoti credenti. Il problema è che questi santi uomini, non paghi di salvare le proprie anime, pretendono di ‘salvare’ dalla perdizione del peccato l’umanità intera.
Per Agostino da Ippona (che però in gioventù s’era dato da fare eccome!) la finalità degli organi sessuali è unicamente procreativa. La riproduzione deve avvenire senza provare alcun piacere, come atto razionale e scevro da ogni passionalità.
Se si gode si pecca. E dunque non se ne viene proprio fuori.
In tale ottica, per paradosso, si arriva a giustificare addirittura l’incesto se finalizzato ad assicurare una discendenza, ricorrendo al racconto biblico delle figlie di Lot. A circostanziare meglio la teoria ci pensa Origene (Genesim Homiliae. 4), uno che di procreazione se ne intende!
Origene Adamazio, che pure era un pensatore raffinatissimo e non certo un idiota, a modo suo risolse il problema alla radice… Ansioso di assicurarsi la salvazione, il filosofo interpretò in senso un po’ troppo letterale un passo del Vangelo di Matteo:

“Vi sono eunuchi che nacquero così dal seno della madre, e vi sono eunuchi i quali furono resi tali dagli uomini, e vi sono eunuchi che si resero tali da sé per il Regno dei Cieli. Chi può comprendere comprenda”.
  (Matteo. 19,12)

Origene, più che comprendere, fraintese (malissimo) e procedette… Zac!!!
Nella fretta, il grande esegeta alessandrino si era alleggerito dal fardello del sesso [nel senso più stretto del termine] prima di completare la sua traduzione della Bibbia. Altrimenti, avrebbe potuto leggere per tempo che:

“Non entrerà nella congregazione del Signore colui che abbia schiacciati i testicoli o amputato il membro virile”
  (Deuteronomio. 23,2)

Immaginatevi la faccia del povero Origene…!

!!!SURPRISE!!!

Superato il fervore delle origini, le cose non migliorano in età medioevale.
Agli inizi del XIII° secolo, Uguccione da Pisa, vescovo di Ferrara, ribadisce nuovamente il vecchio concetto patristico in materia sessuale, “sottolineando a più riprese che il piacere non può mai essere senza peccato: soltanto chi non sente nulla non pecca”.
La lettura di Uguccione è particolarmente illuminante, oltre che spassosissima. Il religioso è fermamente intenzionato a stabilire con precisione cronometrica l’esatto istante in cui il solito peccato originale viene trasmesso al nascituro. Con la scusa di coglierne l’attimo, Uguccione si addentra in una esplorazione quasi ginecologica dell’amplesso e delle deviazioni peccaminose degne di condanna. La sua prosa fornisce una descrizione completa della coniunctio ad copulam… emissio spermatica… reprimendo pratiche come adducere in anum… semen in ore… coitus interruptus….
E certo una simile lettura doveva costituire per i chierici dell’epoca l’equivalente della pornografia.

GIOVINCELLI

Si può perciò constatare che la negazione delle libertà individuali passa attraverso la negazione delle libera sessualità e l’annullamento di ogni piacere, obnubilati da un martellante complesso di colpa, nella mortificazione di sé stessi. A tutto ciò si aggiunge un reiterato disprezzo per la donna, quale strumento del peccato e veicolo di contagio.

 “L’influsso della Chiesa sui costumi sessuali fu enorme. Altre società occidentali avevano espresso la loro condanna con vari gradi di severità, per l’adulterio (perseguito quasi sempre), la contraccezione (raramente), l’aborto (qualche volta), l’omossessualità (qualche volta) …la bestialità (in alcuni casi) e la masturbazione (mai perseguita). La Chiesa proibì tutte queste pratiche. Le altre società si erano arrischiate a prescrivere o a suggerire un’idonea frequenza al rapporto coniugale (…) La Chiesa dal canto suo aveva stabilito la totale assenza di rapporti, salvo l’intenzione di concepimento”.
  (Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)

Pertanto, la società cristiana risultava fondata:

“Su un’insana combinazione di vergogna, timore, ed estasi spirituale (…) Il peccato era giunto a giocare nella morale cristiana un ruolo più importante della stessa redenzione. E di tutti i peccati contemplati da questa morale, nessuno fu perseguito così intensamente come i peccati sessuali.
(…) Per una sorta di misteriosa alchimia, la purezza sessuale arrivò a neutralizzare gli altri peccati, così persino l’oppressione morale e la barbarie, che divennero una caratteristica della Chiesa cattolica nel tardo medioevo e nell’età rinascimentale, non vennero più considerati peccati, in confronto alle accuse di sesso e di eresia.”
  (Reay Tannahill. “Storia dei costumi sessuali”. Rizzoli, Milano 1985)

00 - Nicolaj Bessanov

Ciò che la Chiesa ha edificato è una religione necrofila fondata sulla “Cultura del Peccato”, ossessionata dall’idea del trapasso, che geme nel culto della morte e nel disprezzo per le gioie della vita. Sostenitrice ad oltranza di un supposto ‘Diritto Naturale’ è in realtà un organismo innaturale con comportamenti ai limiti della devianza: una gerontocrazia assolutista di ottuagenari misogini e sessuofobici, che parla di cose che non conosce minimamente…
Discettano su Famiglia ed educazione dei figli, loro che vi hanno rinunciato a priori con l’istituzione del celibato.
Concionano senza tregua sulla sessualità, alla quale guardano col disprezzo dell’invidia, loro che hanno rinunciato a praticarla per voto di castità.
Predicano la povertà e accumulano denari all’infinito… Tuonano contro i “disordini sessuali”, loro che hanno fatto della pedofilia più di un sospetto… E una volta scoperti pensano che tutto possa concludersi, dicendo “Scusa”.

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