Comunque la pensiate sulla questione libica, ovunque la si guardi, l’Italia rimane terra di solide certezze e fumose realtà, dove la lingua schiocca molto più veloce dei fatti sostituendosi in tutto o in parte ad essi. Il risultato è una maionese impazzita dagli effetti esilaranti.
I grandi mattatori sono in genere affiancati da ottime spalle comiche che, nei casi migliori, tendono ad assumere vita propria cimentandosi come solisti nel tentativo di guadagnare un loro palcoscenico. Il nostro preferito è l’unico e solo Ignazio, il vero over the top del mitico Trio Monnezza: Strazio, Raglio & Magno. Al secolo: La Russa, Gasparri & Alemanno.
Con l’apertura delle ostilità, da quando sono cominciate le operazioni militari in Libia, lo spiritato Ignazio è felice come una pasqua: dai soldatini è passato a giocare con gli aeroplanini; dismessa la mimetica, tra poco ci toccherà vederlo con la cerata dell’aeronautica, travestito da pilota. E chi lo ferma più?!?
Discetta di “gentri di gomando” affidati all’Italia; rimbalza da una trasmissione all’altra, infoiato come non mai. Vero kamikaze della comunicazione, lanciato oltre le iperboli del ridicolo, parla dell’ammiraglio statunitense Samuel Locklear, comandante operativo della flotta USA, e si ostina a chiamarlo generale Loacker, pensando agli omonimi biscottini con gli gnomi.
Alfiere dell’atlantismo in livrea, ci tiene ad esibire i suoi giochini tecnologici e partecipare ai war games degli alleati, rischiando nella smania da compiacimento di incespicare con le sue braghe esageratamente calate.
«Abbiamo aderito alla coalizione, trasferendo sotto il comando della coalizione stessa, otto aerei, ma se fra un minuto ci chiedessero altri tipi di aerei valuteremmo. Una cosa è certa: non è intenzione dell’Italia mettere caveat al proprio intervento.»
Il redivivo Francesco Baracca alla Difesa scalpita più irrequieto del solito e lo stesso giorno (20 Marzo) la spara ancor più grossa:
«Abbiamo forte capacità di neutralizzare i radar di ipotetici avversari e su questo potrebbe esserci una nostra iniziativa: possiamo intervenire in ogni modo ed in ogni momento.»
Qualcuno, dalle parti dello schieramento anglo-francese (gente solitamente seria), lo prende in parola e, visto che ci tiene tanto, affida all’aviazione italiana il compito di neutralizzare le batterie costiere coi sistemi elettronici di contraerea: sofisticati gingillini di produzione ALENIA che, per intenderci, l’amico Silvio ha recentemente fornito ai libici.
Il 21 Marzo giunge l’agognato battesimo del fuoco…
Sturm und Drang di La Russa in un tripudio futurista, squilli di tromba e rulli di tamburo per la celebrazione dell’eroica missione:
«I Tornado italiani in azione in Libia avevano il compito di neutralizzare i radar nemici, in una operazione il cui obiettivo è di mettere a tacere la contraerea libica e consentire la No-Fly Zone. L’obiettivo è largamente realizzato, l’opera potrebbe considerarsi completata»
Tutte cazzate! Come rivelerà dopo il ritorno un incauto pilota, i cacciabombardieri italiani si sono limitati ad un giretto dimostrativo di perlustrazione, senza sparare un colpo.
Lo stesso Berlusconi gela i bollenti ardori del ministro a distanza di qualche ora:
“I nostri aerei non hanno sparato e non spareranno. I nostri aerei sono lì solo per garantire il pattugliamento”
Ignazio La Russa si crede Scipione l’Africano, ma sembra uno di quegli ammiragli borbonici della flotta di re Franceschiello alle grandi manovre:
“Facite Ammuina!
Tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora;
chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta;
tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio passann’ tutti p’o stesso pertuso;
chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à.”
E del resto non è lecito capire bene il ruolo dell’Italia in questa operazione, né le modalità di impiego del suo potenziale bellico, né la sua strategia d’insieme, né eventualmente la tutela dei suoi potenziali interessi nazionali.
D’altro canto, tra i pur loquaci politicanti di governo e di opposizione, nessuno si è preoccupato di chiarire la posizione e fornire un annuncio certo al Paese, impegnati come sono a contendersi il comando della missione coi francesi e bisticciare su chi ce l’ha più grande, pur mantenendo gli equilibri interni alla maggioranza.
Il Presidente della Repubblica, che simbolicamente avrebbe anche il comando delle Forze Armate, chiosa con l’usuale fastidio che ne contraddistingue le repliche ogni volta viene a Lui posta domanda sgradita e dagli esiti tutt’altro che scontati:
«Non siamo in guerra. Inutile ripetere cose che tutti dovrebbero sapere»
Giorgio Napolitano
(20/03/2011)
Evidentemente, il concetto non deve essere tanto lapalissiano, giacché tre giorni dopo la chiosa presidenziale il sottosegretario Alfredo Mantovano ancora si chiede:
«Siamo in guerra? E’ difficile negarlo, dal momento in cui partono degli aerei all’interno di un’operazione militare e lanciano sul suolo libico delle bombe»
E di sicuro è difficile assumere un ruolo definito con una posizione certa a livello istituzionale, specialmente se si incorre nella serie di straordinarie circostanze, che molto hanno beneficiato al prestigio internazionale dell’Italietta berlusconizzata.
In fondo, si tratta di una grande storia d’amore interrotta da una burrascosa “pausa di riflessione”. Rivediamone gli aspetti salienti:
Un Presidente del Consiglio che per oltre due anni si è esibito in genuflessioni e appassionati baciamano col Rais della Sirte, ostentando grandi profusioni di amicizia e reciproco affetto nei riguardi del farsesco pagliaccio beduino nonché suo omologo d’oltremare, che in cambio ha introdotto il nostro Pornocrate ai raffinati ‘misteri’ del bunga-bunga.
E d’altra parte il Papi della Patria non ha perso occasione per volare a Tripoli, ogni qualvolta non erano disponibili le accoglienti dace messe a disposizione dall’amico Putin in Russia.
L’allestimento di un circo equestre a Villa Pamphilj, con parate berbere e convention coraniche con tanto di entreneuse a gettone presenza: transumanza scenografica di 530 mammifere in svendita, pronte a sputtanarsi per la ghiottissima cifra di 60 euro.
Poi il rapporto si è progressivamente incrinato…
30 giorni di ostentato silenzio, per non disturbare il buon Gheddafi intento a schiacciare la sua opposizione interna e reprimere le insurrezioni in Cirenaica, mantenendo intatti accordi e trattati.
24 ore per scaricare il dittatore libico e rinnegare cotanto amore.
12 ore per aderire all’intervento militare, con relativo piano di bombardamenti, contro l’ex amante tradito.
Eppure l’affetto non si è ancora spento del tutto. Turbato da un’inevitabile processo di proiezione che porta il nostro dittatorello bananiero ad identificarsi col l’amichetto tripolino, il Nano da cortile confida:
“Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente. Sono addolorato per Gheddafi”
S.Berlusconi
(20/03/2011)
Osvaldo Napoli (23 Marzo), dalle scuderie dell’Imperatore, si affretta a specificare che l’incerottato despota brianzolo in realtà è “dispiaciuto per il popolo libico” e intanto approfitta della confusione per farsi confezionare l’ennesimo provvedimento ad personam dai suoi avvocati-deputati.
In virtù di ciò, l’ineffabile Italo Bocchino non perde occasione per ribadire che: “L’Italia doveva fare di più, doveva guidare la coalizione”. E certo è risaputo che USA, Francia e GB, scalpitano all’idea di prendere ordini ed essere coordinati dall’affidabilissimo alleato peninsulare, specialmente a riconoscimento del formidabile ruolo svolto dalla nostra intelligence.
Nessun dubbio invece nell’opposizione “seria e responsabile” del PD, con un insolito Massimo D’Alema in versione strategica:
“Siamo a rischio ritorsioni. Dobbiamo chiedere che si attivi un dispositivo di protezione della Nato, una rete di sicurezza indispensabile”
(18 Marzo)