Archivio per Nazismo

BlacKkKlansman

Posted in A volte ritornano with tags , , , , , , , , , , on 1 giugno 2020 by Sendivogius

In seguito all’ennesimo omicidio legalizzato a sfondo razziale, Twetty Trump invoca legge e ordine dal suo social preferito, chiede l’intervento della Guardia Nazionale con l’istituzione del coprifuoco, e minaccia di schierare l’Esercito con l’ordine di sparare a vista, riproponendo un copione di successo, già visto nella Lunga calda Estate del 1967. Perché gli USA sono un modello di democrazia da esportazione, sempre in anticipo sui tempi futuri…

Il vero problema è che a questi negri proprio non riesce di crepare in silenzio, senza tanti clamori, come avveniva invece ai bei vecchi tempi andati, quando l’America era ancora grande e il negraccio scostumato finiva appeso ad una corda per un nonnulla; quindi ci si metteva tutti insieme sorridenti in posa per la foto ricordo, ad immortalare il simpatico evento da riproporre quanto prima.Fortunatamente, Mr President, con rara lucidità, ha subito capito quale sia la causa delle rivolte che stanno esplodendo un po’ ovunque nelle città degli Stati Uniti…
Non il razzismo endemico come biografia e retaggio culturale di una nazione, che proprio non riesce ad affrancarsi da un passato di discriminazione etnica istituzionalizzata.
Di sicuro, non il dilagare di una destra neo-nazista (che si definisce “alternativa”, così come da noi si fa chiamare “sovranista”), ampiamente tollerata, ed all’occorrenza coccolata, da un’Amministrazione che ad essere magnanimi si potrebbe definire quantomeno ‘compiacente’.
Non certo la brutalità di una apparato di polizia pesantemente militarizzato, con un approccio bellico sul territorio.
Meno che mai l’esistenza di una qualche “questione sociale”, per un paese che intende la lotta alla povertà come una guerra permanente contro i poveri.
Pertanto, dopo aver individuato negli anti-razzisti l’origine del razzismo, con la solita lungimiranza di pensiero che gli è propria, dal bunker anti-atomico dove si è rintanato con la sua corte, The Donald dichiara guerra pure agli anti-fascisti, che nell’immaginario littorio del cotonato presidente diventano “organizzazione terroristica”. Al contrario, coi nazisti si intende benissimo, peraltro ampiamente ricambiato.
Prontamente, si è subito associata con entusiasmo la Lega-latrina dell’ineffabile Salvini, il duce di ghisa dell’abbuffata compulsiva, per quella solidarietà hitleriana che contraddistingue l’internazionale nera. Una garanzia!

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Il Governo del Popolo

Posted in A volte ritornano, Kulturkampf with tags , , , , , , , on 8 gennaio 2019 by Sendivogius

«Per quanto riguarda i primi mesi del nazismo ho raccolto qui, così com’erano, tutte le annotazioni del mio diario che avevano attinenza con la nuova situazione e la nuova lingua. A quel tempo le cose per me andavano incomparabilmente meglio che in seguito; in fondo ero ancora in servizio e in casa mia, potevo ancora osservare gli avvenimenti quasi indisturbato. D’altra parte non ero ancora diventato almeno in parte insensibile, ero ancora tanto abituato a vivere in uno stato di diritto che giudicavo un profondissimo inferno quello che in seguito avrei definito al massimo un limbo. Comunque, per quanto potesse poi peggiorare la situazione, tutto l’insieme di idee, azioni e linguaggio che ritrovai in seguito nel nazismo era già delineato, in embrione, in questi primi mesi

20 Aprile 1933. Ancora un’occasione celebrativa, un nuovo giorno festivo per il popolo: il compleanno di Hitler. Attualmente la parola “popolo” si usa tanto spesso, parlando e scrivendo, quanto il sale nelle pietanze, su tutto si aggiunge un pizzico di popolo: festa del popolo, compagno del popolo, comunità di popolo, vicino al popolo, estraneo al popolo, venuto dal popolo.

09 Luglio. Qualche settimana fa Hugenberg si è dimesso e il suo partito nazionaltedesco si è “sciolto autonomamente”. Da allora noto che al posto della «insurrezione nazionale» è subentrata la “rivoluzione nazionalsocialista”, che Hitler viene chiamato più frequentemente “cancelliere del popolo” e che si parla dello “stato totale”.

28 Luglio. Ma si sentono davvero sicuri? C’è anche molto isterismo nelle azioni e nelle parole del governo. Una volta o l’altra si dovrebbe studiare particolarmente l’isterismo del linguaggio.
[…] E questo cos’è se non timore angoscioso, più o meno esplicito? Voglio dire che questo trucco per creare tensione, imitato dai film e dai romanzi a sensazione di stampo americano, da un lato è un mezzo propagandistico escogitato per creare un’immediata sensazione di timore, ma d’altra parte è un mezzo cui si ricorre solo per necessità, se si ha a nostra volta timore.

Victor Klemperer
“Lingua Tertii Imperii – La lingua del Terzo Reich”
LaGiuntina, 1999

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DEIEZIONI PADANE

Posted in Muro del Pianto, Ossessioni Securitarie with tags , , , , , on 23 ottobre 2015 by Sendivogius

KKK

Oggi parliamo di merda. E lo facciamo senza eufemismi né fronzoli, ritraendo l’informe materia nella cruda essenza che meglio di ogni altra immagine ricorda l’originale… 
Gianluca BuonannoGli esemplari che sguazzano infami e festosi nelle latrine leghiste sono molti e raggrumati in un indistinguibile solido fecale, ma un’eccezione di rilievo vogliamo dedicarla a Gianluca Buonanno, profondo conoscitore della materia in oggetto, a tal punto da rendersi indistinguibile dalla stessa.
Puro Stronzo ariano Si tratta di un altro di quei vitelli tonnati della provincia piemontese, che dal nazifascismo militante sono scivolati per confluenza naturale in quel disgustoso concentrato di liquami tossici, sotto i vessilli verde-ramarro della Lega Nord.
Tra gli allucinati nazisti della padania, Gianluca Buonannno è oramai noto per le sue continue esibizioni scatologiche, che va schizzando in giro con un profluvio diarroico dall’inarrestabile crescendo. Tipico esemplare ariano di razza sub-alpina, dal basso della sua altezza (sarà alto mezzo cazzo e un barattolo), è un immigrato pugliese con la passione per le armi, che con ogni evidenza non sa nemmeno impugnare.
BuonannoSi noti lo sguardo lubrico da borghese piccolo-piccolo, con cui il botolo ringhioso dai tratti anfibi stringe il giocattolo nelle mani cicciose e levigate di nullafacente professionista. Inutile cercare un barlume di intelligenza nell’espressione catatonica di questi profili lombrosiani, che sembrano trovare in un’arma la protuberanza surrogata a complemento di défaillance di ben altra natura.
Girl with gunsE nell’ansia di assomigliare sempre più ai villici che rappresenta, ne solletica compiaciuto gli istinti più fetidi e ripugnanti. Non si tratta di folklore.. boutade.. provocazione goliardica… ma proprio di merda!
Gianluca Buonanno in missione LibiaQuando non è troppo occupato a giocare con le pistole in diretta televisiva, questo idiota matricolato a pubblico mantenimento dedica ogni altra attenzione alle immonde congiure della “lobby omosessuale”, ossessionato com’è dalle orde di ‘froci’ che funestano la sua esistenza tormentata di paranoico compulsivo, visto che non parla d’altro, con continue evocazioni sodomitiche che tanto stuzzicano il suo immaginario perverso. In Buonanno al parlamento europeoalternativa, questo energumeno da esportazione, che nel frattempo è diventato pure europarlamentare, non nasconde il suo amore per le forche che invece eccitano le fantasie malate delle anonime Dogville pedemontane, dove improvvisati pistoleri dai ventri sfatti fantasticano di linciaggi e tornei di caccia ai negri camuffati da leprotti.
Buonanno in mimetica Per spiegare come un simile spurgo di fogna affetto da dissenteria cronica e la passione per il travestitismo (marziale come può esserlo un rospo imbalsamato!), abbia potuto conquistare gli scranni della ribalta nazionale dalle risaie del vercellese, non basta il cielo plumbeo delle Vandee valligiane sperdute nell’anomia psicotica delle “aree tristi” che puntellano la provincia più oscura del profondo nord, coi suoi analfabeti bifolchi di campagna alla destra del Ku Klux Klan e dalle passioni coprofile che ogni volta vengono appagate in ricche abbuffate di merda, ai banchetti elettorali di quella cloaca a cielo aperto che chiamano Lega per la raccolta indifferenziata di escrementi solidi suburbani. Qui siamo ben oltre le parafilie più estreme. E infatti bisognerebbe avventurarsi piuttosto negli abissi delle psicopatologie di massa.
Il coglione Buonanno Un reazionario coi contrifiocchi dagli allegri trascorsi fascisti, Leo Longanesi, parlava dell’unione di diecimila idioti come una “forza storica”. Noi, a forza di abituarci all’immanenza abnorme di un numero spropositato di coglioni a briglia sciolta, rischiamo invece di sottovalutarne la pericolosa carica eversiva di troppi imbecilli allo stato brado.

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SEPTEMBER-PROGRAMM

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 13 luglio 2015 by Sendivogius

Germany wallpaper by Vortigauntdpr

Nel 1961, con la pubblicazione del suo Assalto al potere mondiale, lo storico Fritz Fischer sollevava un putiferio negli ambienti accademici tedeschi, mettendo in discussione uno dei totem nazionali, che vuole la Germania come una vittima delle circostanze, nella declinazione di ogni responsabilità per costante auto-assoluzione, sottolineando invece l’esistenza di un filo conduttore che accomunerebbe la politica estera ed economica del Reich guglielmino con lo stato nazionalsocialista, il quale nella sua eccezionalità pure agì in sostanziale continuità ereditandone molte delle linee guida.
GermanysaimsinthefirstworldwarSecondo l’analisi di Fischer, al principio del XX secolo il Reich perseguiva con lucidità il consolidamento di una posizione egemonica a livello continentale, tramite la creazione di una grande sfera di influenza su scala globalizzata, col suo “power-core” in una Mittleuropa sotto la diretta direzione tedesca, ed al contempo con la costituzione di una serie di stati-vassalli a sovranità limitata, posti sotto il controllo germanico. E ciò sarebbe dovuto avvenire, attraverso la costituzione di una specifica area economica di scambio, a garanzia delle industrie tedesche ed a vantaggio esclusivo della propria bilancia commerciale.
Cover Contro rivoluzioniLa supremazia teutonica, garantita dalla preponderanza dell’elemento militare, sarebbe stata ulteriormente puntellata da una serie di annessioni ai propri confini, con la creazione di una cintura di stati-cuscinetto nell’Europa Orientale e l’annessione di ampie porzioni di territorio francese e belga ad Occidente.
Bundesarchiv_Bild_183-R52907,_Mannschaft_mit_Gasmasken_am_Fla-MGIl progetto di natura geopolitica a trazione economica avrebbe contato sul convinto appoggio della cancelleria imperiale e dei principali gruppi finanziari ed industriali del paese, potendo altresì contare sulla sponda di gran parte del mondo intellettuale tedesco. Lo scoppio della prima guerra mondiale sarebbe stato dunque solo la diretta conseguenza di una simile impostazione, costituendo a suo modo una “opportunità” per la realizzazione di un tale progetto.
Theobald von Bethmann-HollwegNel 1914, dopo l’offensiva della Marna, gli obiettivi di guerra tedeschi vengono condensati e ricapitolati in un controverso documento conosciuto come il “Programma di Settembre” (Septemberprogramm). Il capitolato, che costituiva una sorta di “lista della spesa” con le pretese e la raccolta di proposte informali, da parte dei vari gruppi di potere che si muovevano all’ombra dell’apparato politico-industriale e militare tedesco, raggiunge la sua stesura definitiva il 9 Settembre del 1914 (da lì il nome), ad opera del cancelliere Theobald von Bethmann-Hollweg. A compilare la stesura del programma provvede però Kurt Riezler, segretario generale del cancelliere.
septemberprogramA livello strettamente economico, una peculiarità piuttosto curiosa del piano consisteva nella creazione di una grande unione doganale, con la creazione di un’area di ‘libero’ scambio. Si tratta della “Mitteleuropäischer Wirtschaftsverband” (associazione economica mitteleuropea), che avrebbe dovuto comprendere la Francia, il Benelux (Belgio, Olanda e Lussumburgo), , l’Austria, l’Ungheria, l’Italia, i paesi Nazisti in Ucrainascandinavi (Danimarca, Svezia, Norvegia) ed i futuri stati cuscinetto dell’Europa Orientale: dai paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia), passando per la Polonia e l’Ucraina, in funzione anti-russa.
In particolare, Kurt Riezler ipotizzava la creazione di una confederazione di stati, concepita come una società per azioni nelle quali l’azionista di maggioranza sarebbe stata la Germania, in grado di condizionare e determinare col suo peso egemonico le scelte e le condizioni di tutti gli altri.
NeinSilhouetteBLUEglassLo scopo di questa sorta di unione economica europea allo stato embrionale era quello di stabilizzare il dominio economico tedesco sull’Europa centrale. I partecipanti all’unione mittleuropea, nominalmente uguali sarebbero stati in realtà subordinati agli interessi tedeschi.
manifesto-propaganda-tedesco Nel caso della Francia era prevista poi l’annessione dei distretti minerari di Brey e della Lotaringia, la totale chiusura degli scambi commerciali con la Gran Bretagna e la trasformazione del territorio francese in un immenso mercato per le merci e gli investimenti tedeschi. Il Belgio sarebbe stato ridotto ad un protettorato tedesco, da tenere sotto occupazione militare.
È interessante notare come alcuni dei propositi contenuti all’interno del sedicente “programma” costituiscano una variabile costante della politica germanica: dalla creazione di una unione doganale per lo smercio delle proprie manifatture, alla creazione di un’area egemonica a trazione tedesca su base mitteleuropea, che abbia il suo punto di forza nell’area Baltica, puntando sul sostegno di Lituania ed Estonia per sottrarre l’Ucraina dalla sfera di influenza russa. In pratica è esattamente quanto sta accadendo oggi, col conflitto ucraino che oppone Berlino (e Washington) a Mosca per interposti contendenti.
Ucraina democraticaPertanto, Fritz Fischer individuava nelle aspirazioni egemoniche dell’espansionismo teutonico le cause che condussero l’Europa alla catastrofe della “Grande Guerra”, suscitando la stizzita reazione dei conservatori. Soprattutto, riaccendeva l’attenzione sull’anomalia tedesca, che nella sua specificità corre lungo le vie tortuose del “Sonderweg”, che in passato sono confluite in quel cocktail venefico ad alta gradazione tossica di intransigenza luterana ed ipocrisia moralista, autoritarismo prussiano ed elitismo reazionario, nazionalismo estremo e darwinismo sociale, che sono alle origini dello stato tedesco ed alla base di uno sviluppo patologico, di cui il nazismo non sarebbe che una “variante”; a tal punto da costituire un risultato storico inevitabile riflesso nei difetti unici del “carattere nazionale tedesco”, secondo l’analisi alquanto impietosa di certa storiografia britannica.
WW-I soldiersC’è da dire che il progetto economico di una Mitteleuropäischer Wirtschaftsverband non viene abbandonato con la fine della guerra, ma viene fatto proprio dai nazisti che riprendono l’idea conferendogli una dimensione prevalentemente economica, attraverso la costituzione di una “comunità europea” (Europäische Wirtschaftsgemeinschaft) d’impronta tedesca, attraverso l’istituzione di una moneta unica e la creazione di un grande spazio economico (Großwirtschaftsraums), da costruire sotto la guida della GEWG (Società per la programmazione economica europea).
Second_world_war_europe_1941-1942Nel Luglio del 1940, Walther Funk, ministro dell’Economia e presidente della Reichsbank, presenta il suo progetto per la “riorganizzazione economica dell’Europa”, meglio conosciuto come Piano Funk, finché nel Settembre del 1942 le fatiche di Funk confluiranno in un articolato documento dal titolo assai evocativo: “Comunità economica europea” (Europäische Wirtschaftsgemeinschaft). Alla stesura oltre allo stesso Walther Funk, partecipano: Gustav Koenigs, segretario di Stato; Philipp Beisiegel, ministro del Lavoro; Heinrich Hunke, presidente della Camera di commercio e industria di Berlino… Ma ci sono anche esponenti del mondo economico tedesco come Anton Reithinger, direttore del dipartimento economico della IG Farben, e Bernhard Benning, direttore del Reichs-Kredit-Gesellschaft.
Tedeschi ad AteneIn quanto circoscritti ad un periodo oscuro della storia recente, alla luce delle vicende del tempo presente, ci sarebbe da chiedersi quanto il “percorso solitario” dei popoli tedeschi verso la cosiddetta integrazione europea, sempre in bilico tra Est ed Ovest, pulsioni isolazioniste e sindrome da accerchiamento, sia davvero compiuto. E quanto il ritrovato orgoglio nazionale che sembra degenerato in una nuova arroganza totalitaria, che ha nell’ordoliberismo tedesco il suo punto di forza, sia del tutto scevro da pretese di superiorità culturale ed etnica, mentre pretende di dare lezioni di etica ad un intero continente.
NEU_GE2_01La differenza che intercorre tra una Germania europea ad un’Europa tedesca risiede nell’allucinante abnormità dello sciagurato caso ellenico, con l’imposizione di una serie di diktat che lungi dall’assomigliare ad una “trattativa” si configurano piuttosto come un ultimatum, fissato in 72 ore, finalizzato più che altro all’annientamento della Grecia a scopo intimidatorio, concepito come una sorta di atto di guerra attraverso la “conventrizzazione” di un intero paese per la sua capitolazione incondizionata.

Massacro di Distomo

L’ultimatum dell’Austria-Ungheria alla Serbia, che determinò lo scoppio della prima guerra mondiale, si reggeva su condizioni lungamente più sostenibili e meno umilianti di quelle che la Germania ‘democratica’ sta imponendo alla Grecia nell’ignavia del resto d’Europa, a vergogna perenne di una “Unione” utilizzata come arma di distruzione di massa e che ha interamente smarrito le ragioni del suo essere.

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Il Piano Funk

Posted in Business is Business, Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 15 ottobre 2014 by Sendivogius

MIMIC

«Le discussioni sulla struttura e sull’organizzazione dell’economia tedesca ed europea dopo la guerra, compresi gli effetti che la guerra avrà sull’economia mondiale, negli ultimi tempi stanno riempiendo le colonne della stampa tedesca e straniera, in misura crescente.
Tanto gli uomini d’affari che gli analisti stanno dando una particolare attenzione a questi problemi, mentre alcune idee e piani più o meno fantastici hanno causato una notevole confusione.
Anche il grande filosofo Hegel è stato tirato in ballo, come fonte di prova a sostegno di certe opinioni. Abbondano le frasi fatte di tutti i tipi, tra le quali la più abusata è che l’Europa deve diventare uno spazio economico più grande.
Qualunque sia la verità contenuta in questa affermazione, prima di tutto si deve ammettere che questa Grande Europa attualmente non esiste, che questa deve prima essere creata e che all’interno della sua area ci sono ancora molte frizioni.
In queste circostanze, sento il dovere di fare una affermazione chiara e obiettiva che condurrà la discussione fuori dal regno della fantasia e della speculazioni, verso il mondo della realtà e dei fatti.
[…] Mi limiterò dunque ad indicare semplicemente i mezzi che possono essere utilizzati per raggiungere il nostro obiettivo. Principalmente, la nuova economia europea deve crescere in modo organico.
[…] Il nuovo ordine economico in Europa si svilupperà al di fuori delle circostanze esistenti, in special modo finché esisteranno le condizioni naturali per una stretta cooperazione economica tra la Germania e gli altri paesi europei.
germania_europa[…] La questione del futuro assetto generale dell’Europa deve perciò rispondere a quanto segue: dopo la conclusione vittoriosa della guerra, applicheremo tali metodi nella politica economica, che ci hanno permesso di conseguire i nostri grandi successi economici prima della guerra e soprattutto in tempo di guerra, al contempo escludiamo di consentire ancora una volta l’azione di forze non controllate che hanno coinvolto l’economia tedesca in grandissime difficoltà.
Siamo convinti che i nostri metodi si riveleranno di gran utilità non solo per la grande economia tedesca, ma anche per tutte le economie europee che per loro natura si troveranno ad essere in stretti rapporti commerciali con la Germania.
Per quanto riguarda la questione inerente le basi di una nuova moneta, che è stata recentemente oggetto di un dibattito particolarmente vivace, dovrebbe essere detto quanto segue:
La valuta è sempre secondaria alla politica economica generale. Quando l’economia è malata non ci può essere una moneta stabile. In una sana economia europea, con una divisione razionale del lavoro tra le economie dei paesi europei, la domanda di valuta si risolverà da sé, perché sarà solo un problema tecnico di gestione monetaria. In ciò risiede la ragione per cui il marco tedesco avrà un ruolo dominante. L’enorme incremento della potenza del Grande Stato Tedesco, porterà inevitabilmente nella sua scia la stabilizzazione del marco.
L’area valutaria del marco, che sarà liberata dall’assorbimento del debito esterno non saldato e dalle pratiche del cambio monetario, deve essere incrementata.
Partendo dai metodi di negoziazione bilaterale già applicati ci sarà un ulteriore sviluppo in direzione di uno scambio commerciale multilaterale e dell’aggiustamento delle bilance commerciali dei singoli paesi, così che i singoli paesi possono impegnarsi in relazioni commerciali regolamentate tra di loro, tramite una compensazione tra importazioni ed esportazioni.
Naturalmente non ci saranno problemi ad abolire il controllo dei cambi e di compensazione obbligatoria tutto in una volta. Né costituisce un problema una certa quota di libero scambio in valuta estera contro una unione monetaria europea, ma il prossimo passo sarà quello di sviluppare una ulteriore tecnica di compensazione, in modo tale che i pagamenti possano essere attivati agevolmente tra i paesi collegati tramite il Clearing House.
The House Of Spikes by JonasDeRoA maggior ragione che i presupposti per un tale sviluppo esistono già per quasi tutti i paesi, adeguatamente predisposti per l’inclusione in un centro di compensazione (clearing) europeo, che abbia una qualche forma di controllo sugli scambi esteri.
I prerequisiti per un soddisfacente funzionamento del sistema di compensazione tra esportazioni ed importazioni risiede nel fatto che la disposizione dovrebbe prevedere tassi di cambio fissi per tutti i pagamenti, che i tassi dovrebbero rimanere stabili per un lungo periodo di tempo, e che gli importi assegnati per la compensazione devono sempre essere pagati immediatamente.
Il pagamento di trasferimenti scoperti, non garantiti dal clearing, pone un problema monetario interno ai singoli paesi. Il timore ovunque prevalente che possano esserci bilanci scoperti, tuttavia, sparirà; la ripresa economica generale, che dove essere messa al primo posto dopo la guerra, causerà un incremento della circolazione monetaria anche in quei paesi che finora hanno aderito ad una politica economica delle banche centrali, basata sul sistema aureo e le operazioni automatiche del gold-standard e, in secondo luogo, col dovuto controllo del governo sulla bilancia dei pagamenti, il problema dei saldi di compensazione scomparirà gradualmente.

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Il livello dei prezzi dovrà essere adeguato a quello della Germania. Ma una unione monetaria porterà a un graduale livellamento dello standard di vita, che anche per il futuro non sarà e non dovrà essere la stesso per tutti i paesi collegati al sistema di clearing europeo, poiché i presupposti economici e sociali per esso mancano, e sarebbe assurdo regolare l’economia europea su questa base nel prossimo futuro. In Europa, ogni paese dovrebbe sviluppare e ampliare le proprie forze economiche e ogni paese dovrebbe essere in grado di operare con qualsiasi altro, ma i principi ed i metodi che disciplinano questo commercio devono essere, generalmente parlando, gli stessi.
Questo ha il vantaggio che le misure di controllo economico e di vincolo sotto una valuta ed un sistema di pagamenti in comune possono essere ridotte in larga misura; perché questi controlli e regole dettagliate, proprie di un sistema burocratico che può ostacolare notevolmente le transazioni individuali, non sarà più necessario.

[…] Daremo una particolare importanza al commercio dei nostri prodotti industriali di alta qualità, in cambio di materie prime sui mercati mondiali. Ma qui è necessaria una premessa. Dobbiamo verificare se sussiste un approvvigionamento sufficiente nell’area economica europea di tutti quei beni che rendono quest’area economicamente indipendente da tutte le altre. Quindi dobbiamo garantire la sua libertà economica.

hands[…] In sintesi:

1. Attraverso la conclusione di accordi economici a lungo termine con i paesi europei, sarà possibile assegnare un posto per il mercato tedesco nella pianificazione della produzione di lungo periodo di questi paesi, che saranno considerati alla stregua di uno sbocco commerciale a salvaguardia delle esportazioni, per le merci tedesche sui mercati europei.

2. Attraverso la creazione di uno stabile sistema di cambio, dovrà essere garantito un sistema uniforme dei pagamenti per il proseguimento degli scambi commerciali tra i singoli paesi. Così facendo, ci collegheremo agli accordi di pagamento esistenti che saranno ampliati per includere un maggiore volume commerciale sulla base di tassi di cambio fissi.
Attraverso uno scambio di esperienze nel campo dell’industria e dell’agricoltura, l’incremento della produzione di generi alimentari e l’accaparramento di materie prime deve essere il nostro scopo, mentre in Europa deve essere portata a termine una divisione economica razionale del lavoro….

3. Tra le nazioni europee deve essere stimolato un forte senso di comunità economica, attraverso la collaborazione in tutte le sfere economiche e politiche (moneta, credito, produzione, commercio, etc.). Il consolidamento economico dei paesi europei dovrebbe migliorare la loro posizione negoziale nelle relazioni con gli altri soggetti economici in una economia globale.
Questa Europa unita non si sottometterà a termini politici ed economici, che siano dettati da un qualsiasi organismo extra-europeo.
Sarà il commercio sulla base dell’uguaglianza economica a determinarne in qualsiasi momento la consapevolezza del suo peso negli affari economici.

reichsmark[…] Alla Grande Germania deve essere assicurato il massimo della sicurezza economica e per il popolo tedesco il massimo consumo di beni per incrementare il livello di benessere della nazione. L’economia europea deve essere adattata per rispondere a questo obiettivo. Lo sviluppo procederà a tappe differenti per i diversi paesi

 Walther Funk
 “La riorganizzazione economica dell’Europa”
(25 Luglio 1940)

Walther FunkPer la cronaca, il previdente Walther Funk è stato editorialista ed analista finanziario, governatore della Banca Centrale tedesca (all’epoca si chiamava Reichsbank), plenipotenziario per la pianificazione economica (Wirtschaftsbeauftragter), ministro dell’Economia… e fervente nazista.
Il cosiddetto “Piano Funk” rientrava nell’ambito delle analisi previsionali di pianificazione economica, che costituivano parte organica dell’azione di governo dei funzionari delegati agli Affari economici, in un sistema sostanzialmente accentrato come il Reich nazionalsocialista. E non contiene niente di così eclatante: un po’ di keynesismo militare (mutuato da Hjalmar Schacht), molto bilateralismo commerciale su trattati separati e impostato sul primato delle esportazioni, a fronte di un’autosufficienza autarchica all’interno del sistema economico tedesco; ingenti trasferimenti di valuta pregiata a saldo della compensazione sugli scambi commerciali; superamento del gold-standard.
The Motivator - Nazi Super ScienceIl suo “Piano” è curioso, perché è il primo documento organico di politica ‘economica’ a parlare apertamente di “area economica europea” e mercato condiviso a livello continentale, introduzione di una moneta unica (che abbia a modello il marco) e tassi di cambio fissi (per favorire le esportazioni W.Funktedesche). Il Piano Funk è altresì interessante, perché la nuova area commerciale e valutaria è funzionale a garantire il saldo in attivo della bilancia commerciale della Germania, favorendone le esportazioni su scala continentale. Serve inoltre ad assicurare il primato dell’economia tedesca, che diventa il sistema drenante delle risorse europee, tramite la stipula e l’osservanza ferrea di trattati inderogabili, in virtù della nota flessibilità che contraddistingue i connazionali di Hegel.
C’è anche un abbozzo embrionale alla ben nota retorica dei “compiti a casa”, da svolgere con diligenza se si vuole sperare di ottenere qualche briciola in Commissione:

“Il consolidamento economico dei paesi europei dovrebbe migliorare la loro posizione negoziale nelle relazioni con gli altri soggetti economici in una economia globale.”

E si può notare come la politica egemonica di Berlino, depurata delle sue componenti razziali e militariste, non sia poi troppo diversa dagli obiettivi economici, coi quali sostanzialmente viene esplicata sullo scacchiere europeo, sempre più ridotto ad una macroarea valutaria a penetrazione commerciale tedesca, con ben poche contropartite per i suoi partner subordinati all’espiazione del Debito.

Leggendo il Piano Funk, c’è da chiedersi se ci fosse qualcosa di inconcepibilmente ‘giusto’ nel nazionalsocialismo, oppure troppi elementi profondamente sbagliati nella struttura dell’attuale “Unione Europea”, così come è stata finora concepita.

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Il ruggito dalla fogna

Posted in A volte ritornano, Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , on 9 agosto 2014 by Sendivogius

SA e il boicottaggio dei negozi ebrei

Ma quanto piacciono le liste di proscrizione alle merde di Militia!
Tra le tragedie della guerra e le farse degli imbecilli, non mancano mai gli sciacalli,  sempre pronti a sfruttare le prime per esibire la meschineria dei secondi. Dietro la falsa scusa del conflitto israelo-palestinese, poteva dunque mancare l’ennesimo elenco di “negozianti ebrei”, con tanto di nominativi ed indirizzi, da sottoporre a boicottaggio (o peggio), prontamente affissa per le principali via della Capitale dagli anonimi sorci neri, soliti battere i marciapiedi dei cavalcavia e delle tangenziali, rigorosamente al calar del tramonto?
Manifesti di Militia contro i negozianti ebrei a RomaPerché poi una città come Roma debba tollerare simili rigagnoli di fogna, che di tanto in tanto si sentono in dovere di scolare fuori i loro liquami dalle cloache nelle quali si nascondono, è mistero neanche troppo arcano a cui più di qualcuno degli ‘organi istituzionali’, e massimamente quelli capitolini, preposti al rispetto della Legge, dovrebbe essere chiamato a rispondere.
WCENTER 0WKFCBPDAI  -  ( Eidon - EIDON_0000370645_36.jpg )ROMA LA PALESTRA PRIMO CARNERA A VIGNE NUOVE EIDONSono venti anni (dai tempi dello “sdoganamento” ad opera di ben sappiamo chi) che il patchwork nazi-fascista messo in piedi da un vecchio rottame avanguardista come Maurizio Boccacci, scorrazza indisturbato per la città. Che si facciano chiamare “identitari”, “razzialisti bianchi”, “nazional-popolari” e “nazional-rivoluzionari”, “fascisti del terzo millennio”, “I Camerati”… che si riuniscano in un’accozzaglia sparse di simboli e sigle defunte come Movimento Politico Occidentale, Base Autonoma, Meridiano Zero, Azione Skinhead… sono sempre lo stesso letamaio fermentato a cavallo manganellitra Terza Posizione e Lotta di Popolo. Trattasi dell’irriducibile accolita di attempati nazi-sfigati e giovani leve non meno disadattate, reclutati nelle curve degli stadi, che ha fatto dell’antisemitismo una ragione di vita e del razzismo una missione. Sono gli ultimi avanzi di Salò, scampoli di destra missina raggrumati attorno alle latrine di Fiamma Tricolore, tutti cresciuti nel mito del “socialismo nazionale” (leggi nazismo) e nel culto cimiteriale del duce. In quest’ultimo ambito, si distingue l’opera nera pellegrinaggi con immancabile tappa a Predappio per rendere omaggio ai resti verminosi del salame appeso a Piazzale Loreto.
o-MILITIA-facebookDi loro si sa praticamente tutto. E si tollera tutto. Dai santini del duce ai busti mussoliniani, dai ‘calendari storici’ ai gadget littori che fanno bella mostra di sé un po’ ovunque: dalle edicole ai locali del Flaminio, nei ‘quartieri bene’ della Capitale, e possibilmente in prossimità dello stadio Olimpico, col loro mortifero reliquario per nostalgici. Ma ne ritrovi il tocco anche dove non te l’aspetti…
ATAC, SU DISPLAY BUS SCRITTA "ONORE AL DUCE": AVVIATA INDAGINE INTERNA -FOTONon per niente, l’ATAC, la disastrata azienda capitolina di trasporto pubblico, è stata trasformata dal camerata Alemanno in un ufficio collocamento personale per vecchi squadristi.
merdumeCi si chiede invano a quando la doverosa opera di bonifica, fino al prossimo manifesto della vergogna.

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(59) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 2 febbraio 2014 by Sendivogius

The man with the iron fists (1)

Classifica GENNAIO 2014″

Dati gli ultimi sviluppi, ci sentiamo in dovere di scusarci con gli affezionatissimi Lettori, sciogliendo la riserva circa l’annoso dubbio che per troppo tempo ci ha tormentato…
A lungo ci siamo infatti chiesti se il cosiddetto “MoVimento 5 Stelle” del sedicente comico Beppe Grillo, fosse più prossimo al fascismo oppure al nazismo. E sappiamo che ciò ha irritato più di qualcuno tra coloro che con somma pazienza continuano ad onorarci della loro attenzione.
Oggi, con assoluta certezza, possiamo dire che il M5S è quanto di più vicino al nazismo ci possa essere in Europa. La parabola fascistoide, dagli esordi sansepolcristi al ducismo esasperato del “capo politico”, è bella che superata per declinare in qualcosa di altro e di peggio.
Nonno Benito, a modo suo, aveva un senso della misura totalmente sconosciuto agli scatenati balilla a cinque stelle, che hanno scambiato il Parlamento della Repubblica per la loro personale sala giochi.

«Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ci abbandona dopo la vittoria. Con 300 mila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto

  Benito Mussolini
(16/11/1922)

nazi-frocetti Questi di limiti invece non ne conoscono alcuno, immersi come sono nel loro fanatismo iconoclasta; pervasi da un furore nichilista che rasenta la psicopatologia di massa, in un clima di scontro permanente che assomiglia sempre più agli spettri della “guerra civile”. Guerra sempre più evocata e annunciata nelle loro iperboli bellicistiche, con un capo politico che incita al linciaggio digitale; agita liste di proscrizione per l’insulto libero di maschi biliosi, obnubilati dalle loro perversioni sessuali represse, che raggiungono l’apice dell’infamia quando il bersaglio è donna. E lo fanno attraverso una violenza sotterranea, che si autoalimenta di suggestioni necrofile e frustrazioni sessiste, livori incontrollati e odio settario, minacce in stile para-mafioso e allusioni da gergo neo-brigatista.
Dopo la presidente Laura Boldrini, rea di non cedere alle intimidazioni ed alle insolenze di queste masnada scatenata di picchiatori virtuali, alla lista si aggiungono il critico d’arte Philippe Daverio e il giornalista Corrado Augias, che con un editoriale magistrale mette a nudo tutta la miseria umana e intellettuale di simile feccia.
Il rogo del libroDallo squadrismo al rogo dei libri, la mutazione è completa.
Convinti come sono di fare la riVoluzione, essi sono “oltre”: proiettati oltre la normale convivenza civile, oltre le più elementari norme di civiltà, oltre le regole del Diritto. Sono oltre la stessa Democrazia, che dicono di voler difendere ma della quale fanno scempio costante, nello stravolgimento compiaciuto delle forme istituzionali, nella provocazione reiterata e l’insulto più becero, in una continua demistificazione dei fatti e delle opinioni, secondo i meccanismi consolidati della dissonanza cognitiva. L’abbiamo già detto: per spiegare i meccanismi del M5S bisogna ricorrere alla psicologia clinica.
Null’altro sembra scaturire fuori da questa fabbrica a ciclo continuo di odio e letame; da questo prolungamento intestinale del Vate® che volle farsi duce: il vigliacco matricolato che prima aizza le sue mute di cani rabbiosi e poi finge con somma ipocrisia di moderarne gli istinti, che lui stesso ha provveduto a scatenare nella loro espressione più bassa e selvaggia.
È la versione minimalista del bastone e della carota, con quest’ultima sostituita dai cucchiaini di un Alessandro Di Battista, in arte “Dibba”: il neo-delfino del Capo politico, il volto belloccio dell’Ufficio Propaganda del moVimento da esibire in pubblico, mentre discetta di “libertà” e “democrazia” delle quali con ogni evidenza ignora persino le basi. Sull’argomento, il “Dibba” da Civita Castellana potrebbe farsi istruire da papà Vittorio, che in materia è un vero esperto… Tanto per ricordare l’alveo culturale e politico da cui provengono questi personaggi, selezionati non a caso.
In tempi lontani, Herman Rausching, conservatore tedesco ed esponente di punta del partito nazionalpopolare, che in un primo tempo aderì al nazismo per allontanarsene disgustato, parlò di “rivoluzione del nichilismo” per descrivere il fenomeno e prendere la via dell’esilio:

Herman Rauschning«In Germania non si è compreso che la teoria politica moderna dell’azione diretta è strettamente connessa con la filosofia della violenza. Smend, docente di diritto all’università di Berlino, si limita in sostanza a constatare che nelle democrazie odierne le masse abbisognano di forme di vita elementari, plebiscitarie, istintive, in ogni caso immediate…. Questo principio formale è quello che ispira al nazionalsocialismo i suoi solenni e pubblici riti. I plebisciti e le azioni delle sue formazioni. Il nazionalsocialismo si conforma all’idea di Sorel che vuole che l’individuo partecipi anch’egli direttamente e personalmente alla vita politica. È questo un metodo tendente ad allargare la base della politica, ad attivare la massa in apparenza, mentre in realtà la sottrae ad ogni esercizio politico.
[…] L’atteggiamento antintellettualistico e antirazionalistico del dinamismo non è casuale, ma è l’espressione necessaria di una totale assenza di norme.
[…] A prima vista, si sarebbe portati a vedere nel partito nazista di massa nient’altro che un simile evoluzione, accompagnata dal degenerare di una dottrina politica a ideologia demagogica, destinata ancora unicamente alla massa. Il principio del “capo” e dei seguaci sopprime ogni possibilità di costruire uno Stato. Là dove questo principio presiede alla formazione della volontà politica, non è più possibile uno Stato nell’accezione tradizionale del termine, e lo stesso si può dire per l’ordinamento sociale.»

  La Rivoluzione del Nichilismo
Herman Rauschning
Mondadori (Milano, 1947)

Ed ora passiamo pure alla nostra consueta rubrica, tanto per non perdere di vista il resto del cucuzzaro…

  Hit Parade del mese:

01. NEVRASTENIA DEMOCRATICA

[12 Gen.] «Facile individuare i mandanti morali delle molotov: ad esempio quegli artisti che sventolano le bandiere contro la Tav, Fiorella Mannoia, Caparezza. Non sanno di che parlano. Non sanno un cazzo, non sanno niente!»
  (Stefano Esposito, il Nevrastenico)

02 - Giovanardi02. PIAGHE BIBLICHE

[22 Gen.] «L’alluvione di Modena è tutta colpa delle nutrie!»
  (Carlo Giovanardi, caso clinico)

03 Biancofiore03. EREZIONI

[21 Gen.] «Dudù, da buon uomo di quella famiglia, visto che la mia cagnetta Puggy era in calore, voleva accoppiarsi. Non so se c’è riuscito, lo vedremo tra qualche mese. Non credo ce l’abbia fatta. Ma è la natura. Davanti a me non c’è riuscito, ci ha provato, Puggy è femmina e pure figa. Questo vuol dire che Dudù non è assolutamente gay, e urca se è dotato, l’ho visto in erezione!»
  (Michela Biancofiore, l’Inconfondibile)

04 Sorial04. Squadristi a Cinque Stelle: BOCCHE APERTE

[28 Gen.] «Potremmo dire che il boia Napolitano sta avallando queste azioni nei confronti dell’opposizione, per cucirci la bocca, per tagliarci le teste.»
  (Giorgio Sorial, Cammellone egizio)

04b Tofalo04.bis Squadristi a Cinque Stelle: BOIA CHI MOLLA!

[29 Gen.] « Boia chi molla, presidente Boldrini, boia chi molla! E noi non molleremo!»
  (Angelo Tofalo, il Resistente)

05 De rosa05. IL BUCO…

[30 Gen.] « Voi donne del PD siete qui perché siete brave solo a fare i pompini!»
  (Massimo Felice De Rosa, lo Specialista)

05b De Rosa04.bis …E LA TOPPA!

[31 Gen.] «Mi riferivo a tutti: ho detto che qua dentro sono entrati solo perché conoscevano qualcuno di importante o avevano fatto qualche favore sessuale»
  (Massimo Felice De Rosa, Blowjob Specialist)

dibba05. PENSIERI SUBLIMINALI

[25 Gen.] «L’immoralità è come il letame, si deve trattare con la pala, non con il cucchiaino d’argento. Se entri in in quel Palazzo e tu ti mischi a loro e ti ungi un dito, ti ungi tutta la mano.»
  (Alessandro Di Battista, l’Untore)

dibba 205.bis CANDIDATURE PROMOZIONALI

[31 Gen.] «Sarei in grado di fare il Presidente del Consiglio»
  (Alessandro Di Battista, lo Statista)

razzi06. RAZZI VOSTRI: la Corea democratica di Kim Jong-Un

[06 Gen.] «Kim Son Un (!?!) è un moderato. Sembra un dittatore, ma è un moderato; lui sta cercando di portare un po’ di democrazia in Corea del Nord. E siccome lo zio voleva fare un complotto, il nipote ha fatto magnare lo zio dai cani! Io non lo vedo come un dittatore, ma come un vecchio democristiano, un politico bravo. Io in Corea del Nord mi sono sempre trovato benissimo, e non ho visto nessuna bomba atomica»
  (Antonio Razzi, Eredità Dipietrista)

razzi 206.bis RAZZI VOSTRI: Lavoriamo per noi

[23 Gen.] «Eliminare il Senato? Sapete, quando uno è qui che lavora per il bene degli italiani, lasciare a metà dispiace… noi siamo anziani, e i saggi sono importanti. Controlleremmo il lavoro dei deputati che sono spesso giovani, inesperti, nemmeno conoscono la Costituzione. Vabbè, quella non la conosco nemmeno io!»
(Antonio Razzi, il Saggio)

razzi 306.ter RAZZI VOSTRI: Ricollocamenti

[26 Gen.] «Io per passare con Berlusconi non ho avuto niente, magari avessi ricevuto dei soldi! Sapevo che Di Pietro non mi candidava più, io ero morto. E allora se tutti pensavano ai cazzi suoi, famme pensa’ un po’ ai cazzi miei no!»
  (Antonio Razzi, Super-Squallor)

santelli07. ALLE FALDE DEL KILIMANGIARO…

[15 Gen.] «I neri hanno la fortuna di non doversi truccare, e quindi sono più fortunati di noi.»
  (Jole Santelli, la Bella della politica)

ganja08. CANNE AL VENTO

[29 Gen.] «Dalla legalizzazione della cannabis possono arrivare otto miliardi di euro per lo Stato. Ma mi trovo nella zona fumatori della Camera, nel rispetto della legge.»
  (Daniele Farina, Ganja-man)

Stalin09. CRONACHE MARXIANE

[18 Gen.] «C’è bisogno di cambiare il sistema. Noi proponiamo di uscire dall’Unione Europea, di nazionalizzare le banche ed espropriare le grandi imprese.
Noi siamo per il ritorno dell’ideologia, in continuità con la Rivoluzione d’Ottobre. E con l’Unione Sovietica, dove il socialismo è fallito solo dopo l’avvento di Krusciov (…) lo stalinismo fa parte del nostro patrimonio, ma noi siamo marxisti-leninisti»
  (Marco Rizzo, il Marxiano)

Remigio Ceroni10. ANNULLAMENTI

[18 Gen.] «Chiedo l’annullamento delle multe per ragioni legate alla carica istituzionale rivestita.
Per via del ruolo che ricopro macino tantissima strada, talvolta mi capita di accompagnare politici di fama nazionale che con gli autisti sfrecciano, superando i limiti. Io, che li devo seguire, prendo le multe.»
  (Remigio Ceroni, il Multato)

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L’ANIMA DEL COMMERCIO

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Art of Finalverdict (dettaglio)

È rassicurante sapere che l’Europa, sotto la pressione dei flussi migratori, abbia alfine deciso di occuparsi della questione africana, nell’illusione di aprire una breccia nella fortezza teutonica che usa il resto del continente come una sorta di Lebensraum da sfruttare a proprio piacimento tramite la colpevolizzazione del Debito.
ScrambleIn frangenti completamente diversi, l’ultima volta che gli europei si sono interessati all’Africa è stato un secolo e mezzo fa, quando per ragioni ovviamente umanitarie le potenze occidentali dell’epoca si lanciarono con entusiasmo alla “civilizzazione” del continente, in quella che è conosciuta come “Scramble for Africa”: ovvero la spartizione di territori semisconosciuti e in gran parte inesplorati, popolati nell’immaginario collettivo da selvagge tribù di subumani dediti al cannibalismo.
Deutsch-Ostafrika, MassaikriegerTutto nasce il 15 Novembre del 1884, quando il cancelliere tedesco Otto von Bismarck organizza una conferenza a Berlino, proponendosi come mediatore tra gli interessi contrastanti che opponevano i singoli stati nella loro espansione coloniale.
Bismarck Ufficialmente, la Conferenza di Berlino viene indetta per stabilire diritti commerciali e arginare gli appetiti coloniali con le pretese che il re belga Leopoldo II accampa sull’immenso Congo, considerati assolutamente sovradimensionati rispetto alle possibilità effettive del piccolo Belgio. Officiosamente, il suo scopo è disciplinare l’acquisizione delle terre africane e sancirne la spartizione, segnando l’inizio dell’imperialismo moderno.
Di solito, la spartizione si articolava su tre livelli conseguenti: l’organizzazione di grandi spedizioni esplorative a fini geografici; la fondazione di piccoli avamposti commerciali e missioni religiose per l’evangelizzazione degli indigeni; la richiesta di un intervento diretto da parte della madrepatria, con l’invio di truppe e funzionari per l’acquisizione dei nuovi territori, onde assicurare la sicurezza dei coloni ed il mantenimento dell’ordine pubblico, per preservare le nuove conquiste della civiltà.
SCHUTZTRUPPEN (1)A livello economico, le colonie avevano l’indubbio vantaggio di fornire materie prime con manodopera a costo zero, oltre a costituire una soluzione anti-recessiva per le esangui economie europee. A livello sociale, il colonialismo africano costituì anche il laboratorio ideale per ogni aberrazione possibile, con la sperimentazione delle prime forme di eliminazionismo di massa: dai campi di concentramento, alle pratiche genocide, che sarebbero poi state esportate sul continente europeo ed applicate con successo durante la prima metà del XXI secolo.
Hannah Arendt, nella sua opera Le Origini del Totalitarismo, individua nell’imperialismo coloniale i prodromi del totalitarismo europeo come espressione di una alienazione di massa a trazione economica.
Deutsche Kolonial-Gesellschaft - Bremen 1908Secondo tale ottica, l’espansione colonialista, oltre a fornire una alternativa commerciale a mercati ormai saturi, fu una valvola di sfogo per diseredati senza prospettive e finì col determinare una saldatura di interessi tra grande capitale industriale, apparato burocratico statale e nazionalismo esasperato, insieme ad un razzismo biologico ispirato al darwinismo sociale.
Deutsche-Kolonien_LogoStrutturate su un elitarismo a base razziale, incentrate sugli interessi particolari di compagnie private in una economia di rapina, le nuove istituzioni coloniali si fondavano su una eccezione costituzionale che facevano dell’abuso legalizzato e dell’arbitro legislativo la norma, slegate come erano da un effettivo controllo parlamentare con cui entravano sovente in conflitto e contro il quale esercitavano una pressione costante.
Per la Arendt, i possedimenti coloniali in Africa costituirono uno dei più fertili terreni per lo sviluppo di quella che di lì a breve sarebbe diventata la futura elite nazista. E, a sostegno della sua tesi, non erano certamente estranee valutazioni pratiche sull’esperienza del Reich in terra africana…
Uniforme coloniale tedesca Forse, è solo un caso che le prime uniformi della SA hitleriane (le famigerate camicie brune) siano state tirate fuori dai fondi di magazzino dei depositi militari; si trattava infatti del vestiario destinato all’esercito coloniale dell’Africa tedesca. Andrebbe inoltre ricordato che Ernst Heinrich Göring, padre del futuro feldmaresciallo del Reich, fu commissario imperiale dell’Africa tedesca del Sud-Ovest (Reichskommissar Deutsch-Südwestafrika), dal 1890-1913, e si distinse per il sistematico sterminio dei Boscimani stanziati lungo la costa meridionale della Namibia.
E infatti il regime nazionalsocialista non mancherà di celebrare alcuni dei più spietati protagonisti del colonialismo teutonico, come eroi popolari della nuova Germania ariana.
Imperial German Foreign Office flagPoco conosciuta dal grande pubblico, la penetrazione tedesca dell’Africa sub-equatoriale si sviluppa a partire dalla metà del XIX secolo, soprattutto attraverso le grandi esplorazioni di Gustav Nachtigal ed Heinrich Barth: personaggi straordinari, animati dai più nobili propositi e da fervente spirito umanitario. Viaggiatori instancabili, in distinte spedizioni, Nachtingal e Barth si spinsero all’interno dei territorio dell’Africa sub-sahariana, avventurandosi nelle regioni inesplorate del Ciad e dell’immenso territorio sudanese, esplorando i territori del Camerun e del Togo che costituiranno il nucleo embrionale dell’espansione coloniale germanica.
Gustav NachtigalTuttavia, è solamente dopo la Conferenza di Berlino del 1884 che la Germania inizia ad interessarsi seriamente alla questione coloniale, in termini di prestigio nazionale (e in chiave anti-francese), spinta in questo soprattutto dai circoli pangermanisti. Fino ad allora, il movimento colonialista tedesco era stata una faccenda di pochi, circoscritta principalmente alle associazioni accademiche (come la Società Geografica o l’Accademia prussiana delle Scienze); nonché ai circoli DOA Liniemercantili di Amburgo e Brema, interessati alle potenzialità commerciali dei territori africani, peraltro con ambizioni limitate visto che i loro traffici riguardavano soprattutto il commercio di alcolici e di vecchi fucili. Né mancava una certa intraprendenza religiosa da parte degli ambienti missionari, presenti nel sud-ovest africano fin dal 1847. Ma a livello politico suscitava ben scarsi entusiasmi da parte di Bismarck, almeno fino all’inaspettata piroetta del 1884; anno che di fatto segna la nascita dell’Impero coloniale germanico.

Adolf Luederitz «Il 24 Aprile 1884 venne promulgata la Reichsschutz, una misura legislativa che estendeva la protezione del Reich al Luederitz Land, un breve tratto di costa su cui venne fondata l’Africa Sud-Occidentale Tedesca, oggidì appartenente alla Namibia. Il territorio prendeva il nome da Adolf Luederitz, che l’anno precedente aveva ottenuto un patto di amicizia con Giuseppe Federico, re dei Nama, una tribù ottentotta che dominava la regione. Curiosamente, Bethania, il principale insediamento europeo, dove venne peraltro firmato l’accordo, era stato fondato nel 1859 da missionari inglesi, ma, trovandosi questi ultimi a corto di uomini, vi inviarono un pastore tedesco, aprendo la strada alla futura espansione coloniale della Germania la quale, nel 1884, si affermò in maniera tanto imprevedibile quanto fulminea.
Al protettorato tedesco sul Luederitz Land, si aggiunsero quelli sul Togo, il 5 luglio dello stesso anno, e sul Camerun, il 12 luglio. Il 7 agosto venne annesso il territorio circostante ad Angra Pequena, dove Bartolomeo Diaz era approdato nel 1484 e da allora, esattamente per quattro secoli, considerato sotto la zona d’influenza del Portogallo. Attraverso una missione diplomatica del figlio Herbert a Londra, Bismarck aveva però fatto sapere al gabinetto inglese che la Germania non avrebbe riconosciuto precedenti trattati fra la corona britannica e il Portogallo. Limitando quindi sensibilmente le ambizioni di Lisbona in Africa.»

 Le colonie germaniche in Africa
di Matteo SOMMARUGA

Secondo la visione di Bismarck, che non attribuisce alcun valore economico all’espansione coloniale ma ne riconosce il potenziale geopolitico funzionale al prestigio nazionale, le colonie dovrebbero essere amministrate dalle case commerciali e le gilde mercantili operanti in loco, dietro formale mandato governativo e sotto protettorato imperiale, ma senza un impegno diretto per le casse dello Stato.
OstafrikaNella Conferenza di Berlino, l’onnipotente cancelliere attribuisce lo status giuridico di territorio del Reich a tutti gli insediamenti tedeschi presenti in territorio africano. Inoltre, istituisce il principio dell’Hinterland, secondo il quale ogni potenza coloniale con possedimenti costieri poteva rivendicare d’autorità la propria giurisdizione su tutti i territori dell’entroterra, con una espansione tecnicamente illimitata.
Deutsche Kolonial-Ausstellung Köln 1934Bundesarchiv_Bild_183-R30019, - Dr. Carl Peters Nell’Autunno del 1894, Carl Peters, allucinato trentenne imbevuto di misticimo protestante e razzismo viscerale (cosa che non gli impedirà di crearsi un harem di concubine africane), per conto della “Società per la colonizzazione tedesca” (Gesellschaft für Deutsche Kolonisation), si avventura con una cinquantina di uomini nei territori dell’Africa Orientale a ridosso del Sultanato di Zanzibar. Per levarselo di torno, il sultano Khalifah bin SaidKhalifah bin Said, autorizza Peters ad instaurare un protettorato tedesco sul distretto di Witu e nei territori swahili dell’interno. Territori che in realtà sono fuori dalla sfera di controllo del sultano ed in aperta ribellione contro Zanzibar. Approfittando dell’occasione, Peters stringe una serie di trattati di eterna amicizia con tutti i capitribù che incontra nella sua avanzata, promettendo la “protezione” della Germania contro i mercanti di schiavi di Zanzibar. In meno di quaranta giorni, Peters stipula una dozzina di questi accordi truffaldini, dove in cambio di qualche regalino, gli indigeni cedono “per contratto” milioni di ettari con l’esautorazione di ogni diritto delle popolazioni locali. Peters si ritrova così proprietario di un territorio potenzialmente immenso dal Tanganica German East African Company 1885al Mozambico. Quindi si affretta a tornare in Germania, dove fonda la “Compagnia tedesca per l’Africa Orientale” (Deutsche Ost-Afrika Gesellschaft), di cui ovviamente Peters è presidente, per l’amministrazione dei nuovi territori, chiedendo al governo di ratificare i trattati di acquisizione da lui stipulati, giusto in tempo per la conferenza kolointernazionale. Qualche anno dopo (1891) Peters troverà il modo di farsi nominare Reichskommissar per la regione del Kilimanjaro, dove si distinguerà per ferocia nelle brutali repressioni ai danni delle popolazioni Chaga, diventando un eroe postumo del nazismo.
La Conferenza berlinese del 1884-1885 si limiterà dunque ad ufficializzare una situazione di fatto, fornendo copertura giuridica ad ogni successiva annessione territoriale.
Massoko German East Africa 1890Il colonialismo tedesco si sviluppa sostanzialmente su due direttive separate: a occidente, con l’annessione dei territori del Togoland e del Camerum e della Namibia a sud-ovest; nell’Africa orientale, con l’espansione negli attuali territori di Tanzania, Burundi e Ruanda, insieme ad un tentativo fallito in Uganda (sempre ad opera del solito Peters).
Nuova GuineaContemporaneamente all’acquisizione delle colonie africane, la Samoa PolizeisoldatGermania si assicura sperduti avamposti in Oceania e Nuova Guinea (Kaiser Wilhelmsland), con l’acquisizione dell’arcipelago delle Isole Bismarck (nel dicembre del Polizeisoldat von Jap Paradeanzug1884), le Isole Marshall (1885). Nel 1898 occupa la baia di KiaoShao (Kiautschou-Bucht) in Cina. L’anno successivo ottiene previa compravendita l’Arcipelago delle Marianne, le Isole Caroline e Palau, insieme al controllo delle Samoa Occidentali che si spartisce con gli USA.
Ovviamente, le annessioni non richiedono certo il consenso dei diretti interessati. Sull’elemento indigeno non c’è da fare affidamento e ovviamente il suo parere è del tutto ininfluente.
Deutsch-Neu-Guinea - Die Schutztruppe in BerlinhafenA proposito della natura dei negri, il grande filosofo dell’idealismo tedesco, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, così descriveva gli africani durante le sue lezioni universitarie di filosofia della storia nel 1831:

«Il negro rappresenta l’uomo nella sua totale barbarie e sfrenatezza: per comprenderlo, dobbiamo abbandonare tutte le nostre intuizioni europee. Nel suo carattere non si può trovar nulla che abbia il tono dell’umano. Appunto per ciò non ci possiamo immedesimare davvero, col sentimento, nella sua natura, come non possiamo immedesimarci in quella di un cane.
[…] Simile assoluta svalutazione dell’uomo spiega come la schiavitù costituisca in Africa il rapporto basilare del diritto. L’unico rapporto essenziale che i negri hanno avuto, ed hanno, con gli Europei è quello della schiavitù. I negri non vedono in essa nulla che sia sconveniente. In questo senso la schiavitù ha contribuito a risvegliare un maggior senso di umanità presso i negri.»

 Manlio Dinucci
 “Geostoria dell’Africa”
 Zanichelli (Bologna, 2000)

Con simili presupposti intellettuali, c’era da farsi ben scarse illusioni su cosa sarebbe stata la colonizzazione…

Bella la vita

Compagnia dell’Africa Orientale tedesca (DOAG)
DOAG Seguendo una pratica piuttosto diffusa (ma fallimentare), già applicata dagli inglesi in India, una compagnia di capitali si ritrova quindi a gestire e governare immensi territori, alla stregua di una proprietà privata da spremere a propria totale discrezione.
kolonieSotto il controllo di Carl Peters, la DOAG si ritrova a fare le veci del governo tedesco in terra africana. Con una cinquantina di agenti commerciali ed una scorta militare di pochi soldati regolari, la Compagnia controlla un territorio di quasi 150.000 kmq.
Non contento, tra l’Ottobre ed il Novembre del 1886, Peters riesce ad estorcere al sultano di Zanzibar la cessione dei porti di Dar es-Salaam e Pangani. Il 28/04/1888, la DOAG riesce a strappare il controllo dell’intera striscia costiera davanti all’isola dove sorge la capitale del regno, con una concessione esclusiva per la durata di 50 anni. Il Coat of arms of German East Africatotale controllo della costa del Tanganika e di tutte le attività portuali attorno a Zanzibar, permette alla compagnia tedesca di estendere i propri dazi doganali a tutte le merci in entrata ed uscita, con un florilegio di esazioni fiscali e imposizione di tributi su tutte le attività commerciali e portuali degli indigeni, per giunta asfissiati dalle rigide regole della burocrazia Cacciatori di avoriotedesca. La DOAG impone gabelle sul transito di qualsiasi prodotto, sulla celebrazione dei funerali e su quella dei matrimoni, avocando a sé il lucroso commercio dell’avorio e pretendendo il pagamento di tutta una serie di diritti di concessione, estromettendo dai traffici la tradizionale elite dei mercanti arabo-swahili e ricorrendo alle requisizioni forzate.

Carl Peters

La Rivolta di Abushiri
Abushiri Nell’Agosto del 1888, l’ottusità fuori dal comune di Emil von Zelewski, ex tenente di fanteria, provoca una prima esplosione del malcontento popolare. In qualità di Pangani Fortinviato della DOAG, pretende di issare la bandiera della Compagnia sul porto di Pangani, accanto a quella del sultano, irritando la popolazione che non riconosce il dominio degli stranieri per giunta infedeli. La rivolta esplode quando i gabellieri tedeschi, che si fanno accompagnare da grossi cani per essere più convincenti nella riscossione, sguinzagliano i loro molossi nella principale moschea della città durante la funzione religiosa, provocando l’insurrezione generale.
Abushiri ibn Salim al-Harthi coi suoi attendenti Makanda e Jehasi In breve, i ribelli si organizzano sotto la guida di un ricco commerciante arabo, Abushiri ibn Salim al-Harthi, che ha fatto fortuna con la coltivazione della canna da zucchero e la tratta degli schiavi. Il commercio degli schiavi, messo fuorilegge dall’amministrazione tedesca, era stato subito compensata dall’imposizione del lavoro coatto a favore dei colonizzatori e dal massiccio ricorso delle corvee non retribuite a carico degli indigeni, seguendo le medesime pratiche applicate dai belgi (e tanto esecrate) nel Libero Stato del Congo.
fante di marinaIl 22/09/1888, un’armata di 8.000 rivoltosi capeggiati da Abushiri danno l’assalto alla sede della DOAG a Bagamoyo, ma vengono rispinti da appena 260 fanti di marina sotto il comando del contrammiraglio Karl August Deinhard.
I piccoli avamposti commerciali dislocati lungo la costa tra i fiumi Umba e Ruvuma vengono abbandonati. Cadono uno dopo l’altro i porti di Pangani, Tanga e Sadani. Peters. La DOAG mantiene a fatica il controllo delle proprie basi a Bagamoyo e Dar es-Salaam, mentre le stazioni interni di Kilwa e Kivinje sono completamente isolate e non riescono a spezzare l’assedio degli insorti. Incapace di Major Hermann Wissmann (1891)gestire l’emergenza, la Compagnia si rivolge al governo tedesco che nel febbraio del 1899 invia, in qualità di primo Reichskommissar dell’Ost-Afrika, il 34enne Hermann Wissmann, avventuriero ed esploratore, al comando di un corpo di spedizione forte di 1200 soldati.
Zulu Askaris of the Wissmanntruppe c1889 (foto di W.Janke)Le truppe di Wissman, che costituiranno il nucleo originario delle future Schutztruppe coloniali, potevano contare su 21 ufficiali e 40 sottufficiali di provenienza germanica, 600 riservisti sudanesi provenienti dall’Armata anglo-egiziana e 400 guerrieri mercenari assoldati tra la popolazione indigena degli Shangaen, col massiccio supporto della Marina imperiale che bombarda le basi dei ribelli lungo la costa.
Schutztruppe in barca - Bundesarchiv_Bild Deutsch-OstafrikaIn meno di un mese la rivolta è sedata ed il 15/12/1889 Abushiri finirà la sua esistenza penzoloni su una forca. Tuttavia, l’insurrezione degli swahili convince il governo centrale di Berlino ad assumere il controllo diretto della colonia, che verrà ufficializzato nel 1891 con la costituzione dell’Africa Orientale Tedesca (Deutsch-Ostafrika), grossomodo ricompresa negli attuali territori della Tanzania, Ruanda e Burundi.

Truppe sudanesi di Wissmann

Le Schutztruppe
Siegel MarkeIn questo periodo, per la protezione dei possedimenti tedeschi d’oltremare, viene istituzionalizzata la formazione di “unità di sicurezza” (Schutztruppe), costituite da ufficiali e militari professionisti provenienti dai ranghi dell’esercito regolare, insieme a truppe indigene Askari-Ostafrika (1)(askari) addestrate secondo gli standard prussiani e regolarmente stipendiate con paghe superiori ai loro omologhi britannici. trombettiereGli askari erano reclutati su base volontaria in prevalenza tra i veterani sudanesi e tra le tribù Ngoni. Inizialmente la ferma era di cinque anni, poi ridotta ad un anno e quindi rinnovabile. All’occorrenza, venivano affiancati da bande mercenarie di guerrieri irregolari, conosciuti col nome di RugaRuga.
Ruga-RugaNel complesso le colonie tedesche possono contare su un numero esiguo di soldati, ma altamente professionalizzati e con buoni equipaggiamenti. IspezioneConsiderando soltanto gli effettivi di truppa con mansioni operative, il DOA dispone di 226 soldati tedeschi e 2664 askari ripartiti in 14 compagnie, a loro volta sparse su un territorio vastissimo puntellato di piccoli fortini, con guarnigioni totalmente autosufficienti e presidi armati lungo le principali vie carovaniere.

SCHUTZTRUPPEN

Sterminate quei bruti!”
Tafel XI Deutsch Ost-Afrika Il mutamento dello status giuridico della colonia non migliora i rapporti con le popolazioni native, non attenua lo spietato rigore dei funzionari imperiali, né il fiscalismo dell’amministrazione coloniale, che in sostanza si avvale del medesimo personale della DOAG.
Hermann Wissmann, confermato governatore generale, prosegue la sua campagna di guerra verso le regioni dell’interno, assoggettando con la forza tutte le tribù che incontra ed estendendo a dismisura i confini della colonia, con una politica aggressiva che nulla concede ai sottomessi.
DeportazioniSe c’è una cosa che distingue il colonialismo teutonico dall’ipocrisia moralista dei Britannici, dallo sfruttamento bestiale delle popolazioni autoctone ad opera di Portoghesi e Belgi, dalla crudeltà degli Spagnoli che in Nord Africa gareggiano in ferocia coi ribelli del Riff, dalla brutalità dei Francesi che esportano la ghigliottina in ogni angolo del loro impero il cadavere del brigante Antonio Napolitano detto Caprarielloper giustiziare ‘civilmente’ gli indigeni, e pure dagli Italiani che sostanzialmente riservano agli africani lo stesso trattamento che i generali Cialdini e La Marmora applicano contro le popolazioni rurali dell’Italia meridionale, è la pervicacia scientifica con cui i Tedeschi mettono in pratica il loro zelo eliminazionista, nello stroncare ogni tentativo di rivolta attraverso un ricorso sistematico alla rappresaglia e lo sterminio implacabile delle popolazioni interessate, con una violenta politica del terrore.
DOA - SchutztruppenÈ un fatto che nelle principali rivolte africane e guerre di resistenza contro la penetrazione coloniale delle potenze europee tra il 1888 ed il 1908, circa un 1/3 delle ribellioni più cruente siano concentrate nei territori sotto dominio tedesco, in considerazione di un impegno coloniale relativamente più ridotto rispetto alla sovraesposizione di francesi e inglesi, nonché segno di una dominazione particolarmente dura:

1888-1889. Rivolta arabo-swahili di Abushiri nell’Africa Orientale Tedesca.
1891-98. Rivolta Hehe nell’Africa Orientale Tedesca
1894. Rivolta dei Nama e degli Herero nell’Africa tedesca del Sud-Ovest (Namibia)
1896. Seconda Rivolta degli Herero (ribellione di Khaua-Mbandjeru)
1904. Rivolta di Anyang nel Camerun.
1904. Terza Rivolta degli Herero in Namibia
1905-1907. Rivolta dei Maji Maji nell’Africa Orientale Tedesca.

DOA 1905E denotano anche una difficoltà di interrelazioni, nel segno di una dominazione particolarmente dura. Nella storia coloniale dell’Africa orientale tedesca, piuttosto impegnative furono le guerre bantu del 1891 e la ribellione dei Maji-Maji nel 1905, così chiamata dal nome della presunta pozione magica di cui le tribù oriunde in rivolta facevano uso, credendo che ciò rendesse invulnerabili i guerrieri in combattimento.
Bundesarchiv_Bild_105-DOA0043, - Deutsch-Ostafrika, Einheimische BevölkerungI due eventi sono speculari perché coprono un arco ventennale, aprendo e chiudendo le guerre indigene contro l’invasore, nel consolidamento di una tattica bellica sostanzialmente invariata e universalmente applicata dai tedeschi nelle loro colonie al minino sentore di rivolta: la terra bruciata, con la distruzione sistematica dei villaggi, dei raccolti ed ogni altra fonte di sostentamento, insieme alla dispersione o alla deportazione in cattività delle popolazioni.

Uniformi Ostafrika

La Rivolta Hehe
ASKARI - Bundesarchiv_Bild - Deutsch Ostafrika Nel Luglio del 1891 la neonata colonia dell’Africa Orientale Tedesca (DOA) è già alle prese con una nuova ribellione. Stavolta si tratta degli WaHehe: popolazione guerriera di lingua bantù, stanziata nelle regioni interne della Tanzania sud-occidentale, sull’altopiano di Iringa.
Sotto la guida del loro re Mtwa Mkwawa, i bellicosi WaHehe iniziano una violenta espansione ai danni delle tribù confinanti, finendo col cozzare con i tedeschi che nel frattempo stanno spingendo la loro avanzata in senso opposto. Mkwawa mal sopporta le ingerenze dei tedeschi, non riconoscendone il dominio, pertanto inizia a dedicarsi al sistematico saccheggio e distruzione delle comunità formalmente sotto protezione tedesca. Dopo aver unificato le tribù intorno all’altipiano del Malawi sotto il suo dispotico dominio, Mkwawa conferisce al suo regno tribale un’impronta fortemente militarizzata, potendo mobilitare in caso di guerra oltre 20.000 guerrieri. Quindi, arriva a minacciare i traffici carovanieri tra la costa ed la cittadina di Ujiji (dove 20 anni prima Morgan Stanley aveva ‘trovato’ il Dr.Livingstone) sul Lago Tanganica, portando le sue incursioni fino al distretto coloniale di Tabora.
Emil von ZelewskiNel nostro ambito, la rivolta Hehe ci interessa perché ci permette di tornare ad una nostra precedente conoscenza: quell’Emil von Zelewski, che solo tre anni prima aveva contribuito all’insurrezione di Pangani con la rivolta di Abushiri.
Nell’estate del 1891, Zelewski prende il posto di Wissmann come reichskommissar dell’Africa Orientale. Dopo infruttuosi tentativi di accordo con i popoli dell’altipiano (che sostanzialmente non accettano di essere “protetti” dai tedeschi), il 01/07/1891 il nuovo governatore si mette a capo della strafexpedition con un contingente ridotto, sottovalutando Deutsch-Ost-Afrika, Askaris und Trägergravemente il nemico. Senza curarsi troppo delle linee di rifornimento per gli approviggionamenti, come un moderno Quintilio Varo in versione minore, Zelewski si inoltra in piena foresta equatoriale con appena 170 portatori e trascinandosi dietro 6 batterie campali e 12 mitragliatrici Maxim, con meno di 350 soldati, finendo con l’impantanarsi negli acquitrini che puntellano la zona tra i laghi della Rift Valley. Ovviamente non perde occasione per distruggere tutti i villaggi (circa un’ottantina) che incontra sul suo cammino, fornendo a Mkwawa il pretesto per la mobilitazione generale. MITRAGLIERI - Askari üben am Maschinengewehr - Bundesarchiv_Bild DOAIl re Hehe manda addosso alla spedizione tedesca suo fratello Mpagie con tremila guerrieri, che il 17/08/1891 travolgono Zelewski ed i suoi soldati (che ormai si trovano a pochi km dalla capitale Hehe), in una località Lula-Rugaroconosciuta col nome di Lula-Rugaro. La colonna, sfilacciata in un lungo treno, viene colta completamente alla sprovvista e spazzata via in meno di un quarto d’ora. L’ultimo e bruttissimo per Zalewski.
Tra alterne vicende, la guerra si trascinerà per altri sei anni, senza che il successore di Zelewski, il governatore Julius von Soden riesca ad evitare altri umilianti rovesci come la perdita del forte di Kilosa nel distretto di Kondoa.
1906 - Askari Ostafrika SchutztruppenDopo la sanguinosa conquista di Iringa, capitale Hehe, ad opera del colonnello Friedrich Radbod von Schele (30/10/1894), comincia la parabola discendente di Mtwa Mkwawa che sempre più accerchiato e braccato preferirà suicidarsi piuttosto che arrendersi, nel Luglio del 1898.
Deutsch-Ostafrika, AskarisCon la morte di Mkwawa i tedeschi inaugurano su vasta scala una pratica che diventerà la caratteristica tipica del colonialismo germanico: la decapitazione dei cadaveri e scarnificazione delle teste, che vengono imballate ed inviate copiose a Berlino per studi ‘scientifici’. Da notare che il cranio di Mtwa Mkwawa, eroe nazionale della Tanzania, dopo pressanti richieste verrà restituita dal governo tedesco soltanto nel 1954 e solo per l’intercessione dei britannici.
Deutsch-Ostafrika, KolonialtruppenInvece, riguardo alla discendenza di Emil von Zalewski, suo nipote Erich von dem Bach-Zalewski diverrà un fanatico nazista della prima ora: generale delle SS, fu uno dei più stretti collaboratori di Heinrich Himmler per conto del quale pianificò le operazioni di sterminio nei territori occupati dell’Europa orientale. Himmler lo stimava a tal punto da preferirlo a Reinhard Heydrich, il “boia di Praga” e inventore della soluzione finale, giudicato un mollaccione. È a Bach-Zelewski che si deve l’iniziativa per la creazione del campo di sterminio di Auschwitz e la Poliziotto delle Einsatzgruppen - I colleghi del camerata Priebke garantiscono l'ordine pubblico nei territori occupatirepressione del ghetto di Varsavia nel 1944. Omicida di massa, a lui si deve il massacro organizzato di almeno 300.000 civili in Bielorussia ed Ucraina, oltre alla liquidazione della comunità ebraica di Riga. Ma dopo la sconfitta della Germania nella Seconda Guerra Mondiale, si autodenunciò e denunciò gli ex camerati, diventando l’unico genocida nazista catturato ad evitare il patibolo.
Pare che la ferocia del Zalewski nipote fosse dovuta all’impellente necessità di riscattare l’onore di famiglia, lavando l’onta del suo sfortunato antenato sconfitto da razze tanto inferiori e primitive come i “negri”.

Schutztruppe - Bundesarchiv_Bild Deutsch-Ostafrika (1906)

Si potrebbe quasi dire che i nazisti si siano più che altro limitati ad affinare, estendendole a livello continentale su scala di massa, le ASKARI - Bundesarchiv_Bild - Deutsch Ostafrika (1)tecniche di repressione e sterminio abbondantemente sperimentate dalla Germania nelle colonie africane. I volenterosi carnefici di Hitler non inventano, ma perfezionano ed estremizzano metodi, già in uso all’esercito del Kaiser. Se la repressione in Africa orientale fu spietata e spesso orientata allo sterminio, è nelle colonie sud-occidentali della Namibia che le tecniche repressive messe in atto dall’amministrazione tedesca si evolvono in vere e proprie forme sperimentali di genocidio pianificato e metodicamente applicato, evoluta (se così si può dire) in una dimensione moderna. L’esperienza sudafricana sarà infatti prodroma di ben altri e allucinanti riscontri…

 > Continua (1)

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Una Modesta Proposta

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 16 ottobre 2013 by Sendivogius

Il Razzo Supposta

Cosa fare della salma di Erich Priebke?
Jorge Videla L’Argentina, che dopo il 1945 ha offerto rifugio e protezione a migliaia di criminali nazi-fascisti, a chi chiede di riprendersi colui che ha ospitato per quasi 50 anni, dichiara a bocca del suo ministro degli esteri: l’Argentina non può accettare un tale affronto alla dignità umana. Evidentemente il nazista Priebke creava loro meno imbarazzi in vita, piuttosto che da morto. Fintanto che Priebke gironzolava nella più totale impunità a Bariloche e dintorni, “l’affronto alla dignità umana” non si poneva minimamente.
Gestapo La Germania, dove il capitano delle SS è nato (Hennigsdorf, 29/07/1913) e del quale è a pieno titolo un cittadino, fa platealmente finta che la faccenda non la riguardi, fingendo di non sapere che Erich Priebke non era un killer psicopatico ricercato dall’Interpol, ma un funzionario di polizia in regolare servizio presso l’ambasciata tedesca a Roma, su esplicito mandato del governo tedesco.
Poliziotti tedeschi a BerlinoSi tratta di un vizietto antico, a quanto pare assai diffuso dalle parti dell’algida Germania dalle grosse coalizioni (e dai miserabili ipocriti), abilissima a declinare le proprie responsabilità e nascondere le colpe, salvo crocifiggere il resto d’Europa ai dogmi teutonici dell’austerità, nella ritrovata supremazia a spese del resto del continente.

Esecuzione «Nel corso dell’Olocausto i tedeschi tolsero la vita a sei milioni di ebrei e, se la Germania non fosse stata sconfitta, ne avrebbero annientati altri milioni.
Gli uomini e le donne che insieme davano vita a quelle inerti forme istituzionali, che occupavano le strutture del genocidio…. erano in larghissima e schiacciante maggioranza tedeschi. Se è vero che nello sterminio degli ebrei furono affiancati da esponenti di diverse comunità nazionali, questi però non furono indispensabili per il compimento del genocidio, né venne da loro l’iniziativa e la spinta a portarlo avanti. Certo, se i tedeschi non avessero trovato negli altri paesi d’Europa (soprattutto orientale) persone disposte ad aiutarli, l’Olocausto si sarebbe svolto in maniera differente ed è probabile che essi non sarebbero riusciti ad uccidere tanti ebrei. Ma furono comunque tedesche le decisioni, la pianificazione e le risorse organizzative; tedeschi la maggior parte degli organizzatori […] perché quello che vale per loro non vale per nessun’altra singola nazione né per tutte le altre nazioni considerate insieme: cioè, senza tedeschi non si dà l’Olocausto.
[…] Alcuni erano “nazisti” perché iscritti al partito nazionalsocialista o per convinzione ideologica; altri non lo erano. Alcuni appartenevano alle SS; altri no. Il minimo comun denominatore tra loro era di essere tedeschi, impegnati a realizzare gli obiettivi nazionali della Germania, che in questo caso coincidevano con il genocidio degli ebrei

 Daniel J. Goldhagen
 “I volenterosi carnefici di Hitler”
 (Mondadori, 1998)

fossa comuneDimmi chi sono e non chi sono stato. Ai tedeschi in genere non piace si faccia riferimento al loro passato recente… Tutt’al più, hanno un’inclinazione insuperabile a reputarsi vittime delle circostanze.
L’accoglienza nella patria d’origine del feretro del nazista Erich Priebke è motivo di imbarazzo, perché ricorda un passato scomodo e rammenta ai tedeschi il lato oscuro della Germania, opportunamente sopito e celato dietro la patina di un benessere fittizio.
Ma le reticenze tedesche sono ancor più ipocrite (e ignobili), se si pensa che Priebke, per quanto zelante, fu innanzitutto un gregario: un ufficiale subalterno agli ordini del ben più famigerato Herbert Kappler.
Kappler Sarà il caso di ricordare le pesanti pressioni che negli anni ’70 le autorità tedesche, ed in particolar modo del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, esercitarono con ripetuta insistenza sul governo italiano per allentare il regime di custodia applicato al criminale Kappler.
Nel 1977, il premio nobel ed ex cancelliere Willy Brandt firma una petizione per la liberazione di Kappler insieme ad altri 232 deputati tedeschi. È nota l’amicizia di Brandt con Annelise Gertrude Walter Wenger, moglie di Kappler ed influente attivista della SPD.
Pare che la liberazione di Kappler fosse tra le condizioni implicite imposte dalla Germania all’Italia, oggi come allora alle prese con una crisi spaventosa ed in disperata ricerca di liquidità, per un prestito capestro su base biennale per due miliardi di dollari, pretendendo come garanzia il trasferimento del 40% delle riserve auree della Banca d’Italia in Germania (quasi 1200 tonnellate in lingotti d’oro) ad un tasso di interessi dell’8%. E la vergognosa fuga di Kappler sarà il prezzo da pagare per la concessione del credito teutonico.
HIAGOvviamente Kappler troverà rifugio e accoglienza in Germania, che rifiuterà categoricamente ogni (timida) richiesta di estradizione e sepolto senza alcun problema nel cimitero di Lüneburg. Il criminale nazista verrà celebrato con tutti gli onori dall’HIAG: associazione filo-nazista di ex reduci delle SS, assolutamente legale e regolarmente finanziata dal governo di Bonn.
In parte la vicenda ricorda la sottrazione dell’oro della Banca d’Italia, da parte dei nazisti dopo l’armistizio dell’8 Settembre. È superfluo dire che l’operazione di rapina venne affidata proprio ad Herbert Kappler, che al contempo si distinguerà nel saccheggio del Ghetto di Roma. All’epoca, l’oro sottratto (rubato) dalla Banca consisteva in ‘sole’ 120 tonnellate, che peraltro finiranno di essere restituite soltanto nel 1958 dalla nuova Germania democratizzata. Ovviamente senza corresponsione di interessi per l’indebito trattenimento.

Gestapo - Foto di gruppo

E torniamo al dunque: cosa fare del feretro di Priebke…
Caricarlo su un aereo e sganciarlo direttamente sopra il Bundestag, tanto per ricordare alla nuova razza sedicente padrona l’eredità del nonno!

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La Caduta dei Nani

Posted in A volte ritornano, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 13 giugno 2012 by Sendivogius

OK, abbiamo scherzato!
Forse è giunto il momento di ripensare l’Europa; ridimensionare le ambizioni e mettere da parte ogni velleità; prendere coscienza che abbiamo affidato la soluzione di problemi epocali ad una impotente tribù di boriosi nani allo sbaraglio.
Forse è il caso di rassegnarsi all’idea che l’Europa non sia altro che l’espressione geografica di una mera sommatoria di litigiosi ex Stati combattenti, ognuno gelosamente aggrappato al proprio particulare, nella nostalgia dei fasti del passato, condannati ad un presente inglorioso e ad un futuro di assoluta irrilevanza proteso verso un inarrestabile declino.
La Non-Unione europea sembra infatti procedere come un treno piombato furiosamente lanciato verso un binario morto, al traino della locomotiva tedesca che evidentemente si reputa immune alla catastrofe imminente, nell’ostinata riproposizione di politiche macroeconomiche finora rivelatesi fallimentari. E non è una consolazione sapere che la Germania, la quale sta guidando con convinzione l’intero convoglio verso il baratro, sarà alla lunga il paese che pagherà le conseguenze peggiori di una crisi che finirà inevitabilmente per travolgere anche lei: la preda più ambita e più ghiotta dei mercati finanziari, che non hanno anima né coscienza… Semplicemente investono là dove maggiore è l’incremento dei dividendi azionari, da distribuire agli investitori dei loro fondi speculativi, legati al private equity.
Questi ultimi due anni terribili avrebbero dovuto insegnare ai custodi dell’ortodossia monetarista che nessuno è immune al contagio e che, una volta innescato l’effetto domino, le conseguenze sono irreversibili, in una unione monetaria dove le economie sono strettamente interconnesse. Non sarà certo lo spirito luterano del rigore teutonico a salvare i tedeschi dalla morsa speculativa sui debiti sovrani.
A tal proposito è straordinario come la Germania di frau Merkel, evidentemente immemore delle lezioni della Storia, stia prescrivendo al resto dell’Europa le stesse condizioni insostenibili che a suo tempo vennero imposte alla Repubblica di Weimar, determinandone l’inevitabile collasso e finendo col precipitare il resto del continente nell’abisso…
La diabolica perseveranza con la quale Berlino e Francoforte si ostinano ad imporre salassi forzati a pazienti anemici, e già spossati dai prelievi, assomiglia quasi ad una vendetta postuma. Ben poco possono le timide e riottose iniezioni di liquidità, peraltro somministrate in extremis e con mille recriminazioni, quando gli hedge funds, scatenati dall’odore del sangue, possono movimentare capitali superiori ai 4 trilioni di dollari in manovre speculative, usando una tastiera da pc.
Difficile fermare il contagio senza un vaccino che debelli il virus [QUI]. Al massimo si può circoscrivere con fatica il focolaio di infezione, fino all’esplodere della nuova epidemia.

Dalle parti di casa nostra, nell’ingrata opera di profilassi e messa in sicurezza, è evidente il fallimento dell’arrogante gabinetto bocconiano, sotto protezione presidenziale, che da sette mesi ormai cincischia nell’inconcludenza al governo dell’Italia. Naturalmente parliamo del prof. Mario Monti: un tipico esponente dei “poteri deboli”; la scimmietta ammaestrata del presidente Napolitano (e guai a chi gliela tocca!).

Ad eccezione dell’invasata Elsa Fornero, alla disperata ricerca di un esorcista, è invece il caso di dimenticare il contorno di algidi professoroni, dei quali null’altro si ricorderà all’infuori della spocchia accademica e dei provvedimenti degni di un ragioniere particolarmente mediocre… Gente talmente ‘esperta’ che ha serie difficoltà a tirar di conto in evidente guerra coi numeri e, a quanto pare, piuttosto a suo agio con la menzogna ad uso politico. Il caso degli “esodati” è paradigmatico.

Mutato nomine, de te fabula narratur
 Per uno strano ricorso della Storia, le analogie con la grande depressione economica degli anni ’30, e soprattutto con la situazione della Germania weimeriana, sono emblematiche…
Tenendo conto delle debite differenze, per certi aspetti la prassi rigorista del prof. Mario Monti e la sua linea programmatica (ammesso ne abbia davvero una) a noi ricorda quella adottata a suo tempo dal cancelliere tedesco Heinrich Brüning.
Certe somiglianze risultano quasi inquietanti…
Nato il 26/11/1885, Heinrich Brüning fu il penultimo cancelliere (se si esclude l’effimero gabinetto del gen. Kurt von Schleicher) della Repubblica di Weimar, dal 1930 al 1932, in un periodo difficilissimo della storia tedesca, giunta al culmine di una crisi reiterata che spalancò le porte al nazismo.
Cattolicissimo, Brüning proviene dalle fila del partito cattolico, il Zentrum (il Centro). Monarchico convinto, appartiene all’ala conservatrice del partito, per conto del quale si occupa di questioni sindacali, guadagnandosi una rapida fama di esperto in politiche economiche. Nel 1924 viene eletto in parlamento (Reichstag).
Come formazione universitaria, Brüning studia Storia e Scienze Politiche a Strasburgo, ma si specializza in Economia politica, frequenta i corsi della London School of Economics, conseguendo il dottorato all’Università di Bonn nel 1915. Durante la Grande Guerra si arruola come volontario, prestando servizio come ufficiale della riserva. Viene assegnato alle postazioni di mitragliatrici mobili; ferito in combattimento si conquista i galloni da tenente e la Croce di ferro al valor militare.
Il 28 Marzo del 1930 , il presidente della Repubblica, l’ultra-ottuagenario Paul Hindenburg lo chiama al governo del Reich per costituire un governo di coalizione, in seguito all’ennesima crisi politica della Repubblica, confidando nelle competenze economiche del leader centrista per affrontare la gravissima recessione che attanaglia il paese.

«Heinrich Brüning si era costruito una buona fama come esperto di questioni finanziarie e fiscali ed era ovvio che nel 1930 si sentisse il bisogno di affidare il timone ad un politico che sapesse districarsi in questi settori, di solito molto specialistici. Ma dopo quell’anno lo spazio di manovra in questi campi si restrinse con grande rapidità anche per le disastrose valutazioni politiche del cancelliere. Infine, neanche i suoi paladini più devoti avrebbero mai sostenuto che Brüning fosse un leader dotato di carisma e capacità di coinvolgere le folle: semplice nell’aspetto, riservato e impenetrabile, incline a prendere decisioni senza consultare nessuno, privo di doti oratorie, non era un uomo capace di conquistare un sostegno di massa presso un elettorato atterrito di fronte al caos economico

  Richard J.Evans
La Nascita del Terzo Reich  [pag.283]
 Mondadori editore – Milano 2005.

In sintesi, gli interventi di natura economica del cancelliere Brüning si basano su una rigorosa applicazione di politiche deflattive, in un periodo in cui la terrificante iperinflazione degli anni precedenti (1923-24) era comunque rientrata e le esportazioni tedesche cominciavano a flettere in un generale ristagno recessivo dell’economia.
Ad ogni modo, Heinrich Brüning fonda la sua azione di governo su una inflessibile politica rigorista, volta al pareggio di bilancio ed al contenimento del debito, tramite il costante ricorso alla decretazione d’urgenza con l’adozione di decreti straordinari, che esautorano progressivamente il parlamento dalle sue funzioni politiche…

«Il Parlamento non era più il luogo delle decisioni politiche. Ancor prima delle elezioni del settembre 1930, Brüning aveva retto il paese, passando sopra il capo dell’assemblea legislativa scissa in fazioni, grazie ai poteri eccezionali conferiti al presidente del Reich secondo l’articolo 48 della Costituzione di Weimar e dal momento che le vie per la formazione di una normale maggioranza parlamentare risultavano impraticabili, egli si avvalse quasi esclusivamente di tali prerogative presidenziali, ai fini di una prassi di governo semi-dittatoriale al di fuori del controllo camerale. La storiografia non ignora certo che in tal modo Brüning si fece precursore di Hitler, nel senso che accantonò il procedimento democratico senza promuovere un’alternativa in senso duraturo. D’altra parte, chi pretendeva di vedere già in questo “la morte della Repubblica di Weimar” dovrebbe tener presente che questo trapasso di poteri era possibile soltanto perché rispondeva alla tendenza di quasi tutti i partiti alla fuga dalla responsabilità politica. Sussiste tuttora la propensione da parte degli storici a rendere responsabili della svolta autoritaria della situazione le masse “apolitiche”, ma, ovunque facessero la loro comparsa “strutture statali autoritaristiche”, ciò avveniva per la frettolosa rassegnazione con cui i partiti, dalla sinistra alla destra, nel momento in cui si scaricavano le responsabilità sull’Ersatzkaiser (imperatore sostitutivo) presidenziale, in tal modo tentando di non apparire coinvolti nelle decisioni chiaramente impopolari che dovevano esser prese.
[…] Il disgusto per lo stato partitico, che in pratica aveva cessato di esser tale, fu ulteriormente accentuato dalla manifesta incapacità del governo di registrare successi sia all’interno che all’esterno. La politica di rigido risparmio, perseguita da Brüning col massimo rigore e in misura addirittura autolesionistica, non valse a superare le difficoltà economiche né a risollevare la crisi produttiva, con la conseguenza che l’enorme esercito dei senza lavoro non ne fu minimamente ridotto

  Jaochim Fest
 “HITLER. Una biografia  [Pag.428-429]
Garzanti Libri – Milano 2005

Brüning riduce gli stipendi governativi, ma soprattutto applica drastici tagli alla spesa pubblica in un momento di grandissima crisi sociale: riduce fortemente i sussidi di disoccupazione e ne limita la durata di erogazione.
Comprime i salari e motiva la decisione dicendo che ciò favorisce la competitività delle imprese.
Taglia le pensioni, aumentando al contempo la pressione fiscale con l’introduzione di nuove imposte indirette.
A livello politico, aumenta la stretta della censura sulla libera stampa e limita fortemente i diritti associativi e le libertà individuali, tanto che alcuni storici, come Herbert Hömig, sono giunti addirittura a sostenere che la sua tanto criticata politica economica durante la crisi era stata concepita per indebolire sindacati e socialdemocratici.
E nonostante tutto i provvedimenti del premier tecnico si rivelano tanto insufficienti quanto inadeguati.
C’è da dire che a complicare ulteriormente la situazione, subentra anche la crisi degli istituti di credito coi rischi impliciti di un crollo del sistema bancario, nonostante la creazione di un fondo di garanzia per i depositi.

«Nel Febbraio del 1932 il numero dei disoccupati superò i 6 milioni; pur con l’ottusità dell’esperto il quale è convinto di saperla più lunga dell’uomo politico con le sue basse propensioni al compromesso, Brüning continuò imperterrito la sua strada.
[…] Ma i suoi concittadini non ne condividevano né il rigore né le speranza…. detestavano i continui decreti speciali accompagnati da formali appelli al sacrificio: il governo, tale il rimprovero che da moltissime parti gli veniva rivolto, si accontentava di gestire la crisi anziché superarla. Se la politica di spietato risparmio di Brüning presentava il fianco alle critiche dal punto di vista economico, ancor meno valida essa si rivelò sul piano politico, denunciando la propria impotenza, e ciò perché il cancelliere [il premier] nella sua tecnicistica freddezza, era incapace di quei toni patetici suscettibili di indurre al sacrificio e di fare, del sangue, del sudore e delle lacrime, un numero a sensazione accolto da fragorosi applausi. Nessuno è disposto a rassegnarsi facilmente al fatto che la miseria in fin dei conti è null’altro che miseria; e il crescente rifiuto opposto alla repubblica affondava radici anche nell’incapacità di fornire una spiegazione dello stato di crisi, di dare un senso ai sacrifici di continuo richiesti

  Jaochim Fest
HITLER. Una biografia  [Pag.454-455]
Garzanti Libri – Milano 2005

Il fallimento delle politiche rigoriste di Heinrich Brüning, insieme alla catastrofica gestione della recessione economica, spianeranno la strada ai nazionalsocialisti di Adolf Hitler: fino a pochi anni prima un’oscura formazione di estrema destra, che in pochissimo tempo passa da una manciata di  consensi (il 3% nel 1928) a percentuali con due cifre (dal 18,3% del 1930 al 33% del 1932), grazie ad una capillare propaganda populista contro la “vecchia politica”, raccogliendo il voto degli scontenti, dei delusi, gli arrabbiati, gli strati popolari, e soprattutto i giovani.
Insomma, a voler forzare la mano, i precedenti storici per la crisi attuale non sono dei più confortanti. C’è di che stare allegri…

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