Anche i bimbiminkia della “Generazione Erasmus” crescono. E, una volta diventati ‘grandi’, scambiano i privilegi di censo e di casta per titoli di merito, validi per ottenere cadreghe di “prestigiosi” istituti di studio impegnati in attività di lobbying più o meno sfacciate, ed occupare le poltroncine profumatamente remunerate di qualche consiglio di amministrazione, in cui vengono improvvidamente fatti imboccare su cooptazione, per benemerenze politiche su appartenenza di partito, nell’accumulo compulsivo di cariche e stipendi. Di solito piace loro vincere facile. Generalmente specializzati in conferenze (chi sa, fa; chi non sa, insegna), se non possono scegliersi l’interlocutore, semplicemente ne chiedono l’allontanamento. E di solito ne ottengono la rimozione, nell’ansia di conformismo compiacente che contraggistingue ogni regime. Il registro comunicativo che prediligono è il monologo autoreferenziale, mentre pontificano dall’alto della loro torre d’avorio, spargendo perle di saggezza condensate in tweet ad uso del volgo ignorante ed ingrato di cotanta sapienza. La loro dimensione ideale è un’aula muta ed adorante, raccolta in religioso silenzio, dove troneggiare in solitaria. Sono gli emuli moderni di quei predicatori medioevali che sermoneggiavano dai pulpiti ecclesiali, minacciando le fiamme della dannazione eterna per i reprobi. E poi correvano ad anticipare il castigo divino, innalzando pire per gli eretici, una volta aperta la caccia alle streghe ed avviati i processi inquisitori. Disprezzano il dissenso, al quale non sono abituati, in quanto cuccioli di razza padrona. Ma amano definirsi “democratici” per antonomasia, fintanto che possono utilizzare una bilancia truccata che dia loro sempre ragione. Sono in missione per conto di Dio. E la guerra in Ucraina li ha fatti assurgere a vestali preposte alla diffusione del Verbo, su mandato del Ministero della Verità. Talento del tutto in-naturale, che rappresenta magnificamente la categoria, è Nathalie Tocci (chi?!?): la nuova bimba prodigio dell’Asilo Cretinetti, figlia di papà (Walter); giornalaia de La Stampa, le piace credersi “ricercatrice”, dopo che una dura gavetta tra master ed università private l’ha condotta a diventare a soli 29 anni “direttrice della ricerca per la politica estera” all’Istituto Affari internazionali (in virtù della sua indiscussa esperienza di neo-laureata) e poi, assai più concretamente, “consigliera” dell’onorevolaFederica Mogherini, nella sua dimenticatissima carriera agli Esteri. Un tempo si sarebbe detto “portaborse”; oggi, in tempi estremi di anglicismi, si usa dire special adviser. E tanto è bastato per spalancare le porte di una mezza dozzina di CdA, dove l’eccellentissima professorina può esplicare le sue (in)dubbie competenze. Arruolata d’ufficio nelle sturmtruppen trincerate nei salotti televisivi in qualità di esperta, la “politologa”, in palese difficoltà dialettica, è una convinta che per comprendere un qualsiasi fenomeno sociale, sia necessario viverlo per esperienza diretta su approccio indotto. Per esempio, per essere titolati a parlare di crisi ucraina risulta fondamentale avere come minimo un paio di amici ucraini, magari uno pure russo per par condicio (ovviamente anti-putin, sennò non vale), ed aver soggiornato almeno una notte all’Hotel Radisson di Kiev con pensione completa a rimborso in nota spese. Altrimenti non si può mica capire la situazione. E meno che mai si è titolati a parlarne. Magari vi spiegherà anche come nel Battaglione Azov, cenacolo filosofico dove notoriamente si organizzano sessioni di lettura incentrate su Kant, non vi siano nazisti. Sorvoliamo sul classismo intrinseco da gauche al caviale, molto ‘chic’ e per niente ‘radical’, con tutta l’inadeguatezza culturale di una supponente saccentella, abituata a vivere di luce riflessa mentre si rimira l’ombelico elevato a dimensione internazionale. Perché l’impressione (certamente errata… o anche no) che se ne ricava è questa. E immaginiamo piuttosto che quando l’Eccelsa si occupava durante gli anni universitari del conflitto turco-cipriota (gli interessati ringraziano sentitamente per la risoluzione) soggiornasse stabilmente sull’isola, favellando fluentemente in turco e greco, premunendosi di avere amici ambo le parti coi quali alternare kebab e moussaka, e solo dopo discettare di politica; con uno sguardo concentrato all’anno 2002, quando era quindicenne. Ovviamente certi problemi o distinguo non si pongono, quando gli eventuali interlocutori sono totalmente allineati nella profusione di fedeltà atlantista in lode della NATO ed in assenza assoluta di contraddittorio. Sarà per questo che l’esigente Direttora pare non abbia nulla da eccepire sulle straordinarie capacità diplomatiche e linguistiche, che hanno determinato la nomina di un Giggino agli Esteri: il gongolino d’oro che dopo aver dichiarato guerra ai congiuntivi italiani vorrebbe ora spezzare le reni alla Russia. Va da sé che fintanto ci si uniforma al pensiero unico dell’editorialista twittologa, sedicente ricercatrice, qualsiasi citrullo va bene per recitar messa, purché le dia ragione. Il problema sono le voci fuori dal coro. Lì vale la regola della censura e dell’argumentum ad hominem per convenzione ad escludendum, pur di sottrarsi al confronto, in fuga dai fatti quando impegnativi da confutare, per non disturbare le (proprie) opinioni. È l’intellettuale organico, nell’Italietta dei soldatini atlantici ai tempi del Draghi che ci conduce e ci aumenta la luce. “Democratici”!
«Ho sempre saputo che in questo paese è pericoloso avere delle opinioni. Un pericolo sottile ma controllabile… Almeno fin quando non ci inciampi»
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LIBERTHALIA – Libera Commedia nella colonia corsara
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«…conto su pochi lettori e ambisco a poche approvazioni. Se questi pensieri non piaceranno a nessuno, non potranno che essere cattivi, ma se dovessero piacere a tutti li considererei detestabili…»
I commenti sono liberi, ma voi non ve ne approfittate o verrete trattati di conseguenza. E senza troppi complimenti.
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«Essere vivo, interessato, vedere le cose, vedere l’uomo, ascoltare l’uomo, immedesimarsi nel prossimo, sentire sé stessi, rendere la vita interessante, fare della vita qualcosa di bello e non di noioso.»
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“Il coraggio di essere”
«Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dica ma cosa vuole dire»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza»
(R.Bradbury – “Fahrenheit 451”)
«Nel sogno c’è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch’è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare»
(D.Buzzati – “Il Deserto dei Tartari”)
«Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni…»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«…Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio»
(J.L.Borges)
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni manutengoli.”
(A.Gramsci - 'Lettere dal carcere')
“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza, se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca”
(P.P.Pasolini)
“Nulla potrebbe essere più irragionevole che dare potere al popolo, privandolo tuttavia dell’informazione senza la quale si commettono gli abusi di potere. Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura l’informazione. Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe”
(J. MADISON - 4 Agosto 1822. Lettera a W.T. Barry)
“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”
(Joseph Pulitzer)
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