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MONTI SILENCE

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 4 gennaio 2013 by Sendivogius

Hitman 2007Se le parole sono importanti, il prof. Monti dimostra di farne un pessimo uso…
Del resto, sembra molto più a suo agio coi numeri e con le formulette in inglese (seed capital, project bounds, fiscal compact, due diligence..), buone per impressionare i salottini europei delle lobby riunite a banchetto.
L’Hitman della finanza globalizzata, il Goldman dell’onnipotenza bancaria, il miglior sicario dell’ultraliberismo d’assalto, suggerisce (ordina) di “silenziare” ogni voce critica al Verbo incarnato nei testi ecumenici della Sacra Agenda.
Hitman - Blood MoneyOra, se c’è qualcuno che dovrebbe avere la decenza di silenziarsi, questo è proprio il prof. Mario Monti: premier ‘tecnico’ di un governo uscente di non-eletti che, nonostante una maggioranza parlamentare e trasversale del 90%, ha impostato l’intera azione dell’esecutivo sul ricorso abnorme alla decretazione d’urgenza. E di fatto ha silenziato il Parlamento, cassandone l’attività con la bellezza di 52 voti di fiducia.
Non ci sono precedenti nella storia dell’Italia repubblicana!
Attualmente è presidente del consiglio, ancorché dimissionario; improvvidamente nominato senatore a vita, senza mai essere stato legittimato da un solo voto democratico in tutta la sua carriera. Come aspirante premier, è il principale sponsor di sé medesimo, senza però candidarsi. Pretende di succedere a sé stesso con poteri assoluti, senza nemmeno la briga di farsi eleggere.
Dopo l’Unto del Signore, abbiamo Iddio stesso!
E tra i requisiti divini, si contende con la mummia di Arcore il dono dell’onnipresenza mediatica imponendo ad una Paese, che ha condotto per mano alla stagflazione con pervicace determinazione, il suo deprimente faccione sfatto, in tutto il suo grigiore penitenziale, possibilmente durante le festività natalizie, per rendere ancor più gramo un inizio 2013 che si preannuncia pessimo.
Goffo e impacciato in ogni manifestazione che presupponga una qualche forma di interazione umana col suo prossimo, l’apostolo dell’eterna quaresima venuto ad annunciare la salvazione per Agendam, a vederlo armeggiare con le cuffie mentre prova ad articolare i clangori metallici su Radio Anch’io, più che altro presenta un’inquietante somiglianza con Bub: lo zombie addomesticato, già visto in “Day of the Dead” di G.Romero

Liberthalia - Mario Monti e lo zombie BubHAL 9000Come un computer impazzito, è l’emulo bionico di Hal 9000: il superprocessore che si reputa perfetto ma poi sbaglia le coordinate di calcolo; si ribella ai suoi creatori, che osano correggerlo; cerca di eliminarli e non riuscendo nel tentativo, subdolamente, si raccomanda a loro per garantirsi la sopravvivenza. Alla stessa stregua di HAL9000, il biodroide tecnico si considera insostituibile, prima ancora che infallibile. Ma, al contrario dell’originale, non si riesce a trovare l’interruttore per spegnere la macchina infernale.
Sembra il protagonista meccanico di un remake di serie zeta: 2013 Odissea verso il Centro. Ovvero, trattasi del più grande ingorgo di economisti falliti, spudorate facce da culo, rottami vetero-democristiani, intriganti porporati coi loro fedeli chierichetti brizzolati, come non si vedevano dai tempi dell’implosione della vecchia 1962-2012 - Sempre la solita vecchia merdaBalena Bianca, spiaggiata sulle coste transgeniche della corruzione istituzionalizzata e delle commistioni paramafiose. Più che altro, è un riciclaggio di rottami dorotei, con l’innesto di rampanti professorini neo-quarantenni, reclutati negli atenei privati e nei think tank ultra-liberisti a finanziamento padronale, per la rianimazione dell’homunculus democristiano.
Largamente minoritario, su vuole sopravvivere, il Montismo ha bisogno di un Hitman - Silent Assassincorpo estraneo da infettare, che lo ospiti suo malgrado e al quale poter impartire ordini. Si reputa una ‘risorsa’, ma funziona come un organismo parassitario. L’importante è silenziare preventivamente gli eventuali anticorpi…

Liberthalia - MONTI-BUB Ogni volta che una di queste larve della reazione clericale (rigorosamente over 65) ciancia di “giovani generazioni”, un brivido gelido ci percorre la schiena e d’istinto la mano non corre a cercare la rivoltella, ma a stringere i didimi in improbabili riti propiziatori per scongiurare il pericolo incombente!

 È quasi “educativo” constatare che tra i vessilliferi del ‘cambiamento’, coagulati attorno all’Agenda del Professore, ci sia un cospicuo pattuglione di onorevoli che a suo tempo spergiurarono su “Ruby nipote di Mubarak”, capitanti dall’intramontabile Pier Ferdinando Casini: più che un uomo una tenia intestinale, pronta ad occupare il colon di chiunque sia disposto ad ospitarlo, mantenendolo a sbafo nel lucro dei consensi elettorali altrui.
Se il Berlusconismo è la malattia infantile del Montismo, quest’ultimo ne è la versione “sobria”; la metabolizzazione post-prandiale a digestione lenta, depurata dall’elemento più fascistoide.
È il circolo ufficiali che elucubra formidabili piani di battaglia, sorseggiando cognac. E manda i soldati al macello in offensive catastrofiche, mentre i signori generali seguono le operazioni col binocolo al sicuro nelle retrovie, biasimando la scarsa tempra delle truppe.
Orizzonti di GloriaÈ il ritorno al tradizionalismo confessionale, ai rituali austeri del conformismo alto-borghese, purgato dalle sconcezze da caserma e dall’arroganza plebea dei nuovi arricchiti, ai quali antepone il primato dell’aristocrazia di censo e di rango nelle forme di un nuovo Elitismo tecnocratico.
Per spiegare il fenomeno Monti nella sua insanabile alterità, rispetto al normale funzionamento di un sistema democratico, bisogna ricorrere direttamente a Mosca e Pareto!
Ne avevamo già parlato in passato [QUI]… Sarà il caso di riportare nuovamente l’estratto di un’ottima analisi che a suo tempo il prof. Claudio Martinelli dedicò al pensiero di Gaetano Mosca, passando in disamina la Teorica dei governi e del governo parlamentare (1884):

“La scelta di un deputato non dipende affatto dalla libera manifestazione di una preferenza elettorale da parte del singolo elettore, ma dalla capacità organizzativa con cui una forza politica o un comitato elettorale sono in grado di imporsi sul mercato del voto. E inutile farsi illusioni sulla sovranità politica dell’elettore: la sua libertà di scelta è limitata al ristretto campo di gioco preparato da minoranze organizzate che selezionano le candidature non sulla base di criteri attenti alla maggiore capacità rappresentativa dell’eligendo, bensì in ragione delle garanzie che egli offre riguardo al consolidamento del potere in capo alla minoranza stessa che lo ha proposto. Vi è un celebre brano, apparentemente paradossale, che rende perfettamente il pensiero di Mosca su questo punto: «Chiunque abbia assistito ad un’elezione sa benissimo che non sono gli elettori che eleggono il deputato, ma ordinariamente è il deputato che si fa eleggere dagli elettori: se questa dizione non piacesse, potremmo surrogarla con l’altra che sono i suoi amici che lo fanno eleggere. Ad ogni modo questo è sicuro che una candidatura è sempre l’opera di un gruppo di persone riunite per un intento comune, di una minoranza organizzata che, come sempre, fatalmente e necessariamente si impone alle maggioranze disorganizzate
Ora, poiché tutta la catena ascendente del sistema è fondata su di un’illusione utopica che non tiene conto del ruolo decisivo di alcune costanti delle classi politiche in tutti i regimi politici, la bontà dell’intera costruzione democratica non può che risultare inficiata e soffrire di irrimediabili difetti. Da una parte, il Governo sara impegnato in una continua ed estenuante opera di mediazione tra le forze parlamentari che lo sorreggono. I componenti del Governo, per rispondere a queste sollecitazioni e mantenersi in carica sono portati a cedere al favoritismo e all’arbitrio, a tutto vantaggio dei gruppi sociali più influenti e a scapito di coloro che non possono contare sui necessari appoggi e protezioni. E sottolinea che queste storture non dipendono dal grado di moralità personale di chi occupa una determinata carica, come quella di ministro, bensì dal modo in cui è congegnato il sistema politico. Dall’altra parte, se il Governo, gestendo sapientemente questi equilibri, riesce a dotarsi di una solida stabilità, inevitabilmente riesce a concentrare nelle proprie mani una notevole quantità di potere (definito addirittura come un indeterminato e mostruoso accumulo di poteri), dando vita ad uno sbilanciamento a cui il sistema tenta di porre rimedio con la possibilità per il Parlamento di determinare la fine della vita del Governo, magari con un solo voto di maggioranza: una misura che giudica troppo drastica e arbitraria (tanto da paragonare il voto di sfiducia come freno all’onnipotenza dell’Esecutivo al regicidio contro quella del Sovrano: rimedi peggiori dei mali che intendono combattere).”

Claudio Martinelli
 “L’Organizzazione del potere nel pensiero di Gaetano Mosca”
Giornale di storia costituzionale (n.17 – Anno 2009)

A perderci, in ogni caso, è la Democrazia estromessa ai margini estremi del pensiero unico economico.

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FINAL DESTINATION

Posted in Business is Business, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 novembre 2012 by Sendivogius

«Dopo un anno l’Italia è saldamente sulla via del cambiamento, di certo è un’Italia che adesso può guardare con più fiducia verso il suo futuro. Un futuro che sarà prospero se si continuerà sulla strada intrapresa, senza disperdere il lavoro che è stato compiuto fino ad oggi.»

 (Il Consiglio dei Ministri – Nov.2012)

Gli strabilianti risultati della terapia bocconiana li avevamo già ricapitolati QUI.
È ovvio che un ‘lavoro’ così ben fatto vada continuato, onde non disperdere effetti tanto straordinari…
Con un’economia reale stremata a condizioni post-belliche, senza alcuna prospettiva di “boom” se non il collasso di un intero tessuto sociale, in Italia siamo ormai alle verità di Fede. Il direttorio tecnocratico crede nei miracoli ed alla realtà dei fatti preferisce il culto delle visioni mistiche. Dall’alto del loro empireo accademico, lontani dalle anguste miserie dei comuni mortali, i professoroni preferiscono la libertà degli spazi siderali, dove l’aria rarefatta amplifica le allucinazioni nello stato comatoso di tunnel senza luci. E mentre i sacerdoti dell’Austerità per decreto trasformavano l’Italia in un immenso laboratorio accademico per i loro esperimenti sociali di teoria macroeconomica, ci hanno rifilato una riuscita serie di spauracchi costruiti ad hoc (la Grecia) e favolette di successo (secondo le quali avremmo vissuto al di sopra delle nostre possibilità), opportunamente amplificate dai media embedded dei potentati finanziari, interessati al grande piano di riorganizzazione post-democratica.
Bocciata nei fatti su tutti i parametri [QUI] l’Agenda Monti rimane la bibbia di riferimento per padroni e sindacati gialli, nella prosecuzione di un’esperienza che (per carità!) non va certo dissipata.
Principale (se non unico) risultato, è il contenimento dello spread sui titoli di Stato, ovvero il differenziale con i bund tedeschi, ad una media di 360 punti, che comunque (a fronte di una cura da cavallo) rimane elevato e non giustificabile. Più è alto il differenziale di riferimento, più aumenta l’importo degli interessi da pagare ai sottoscrittori dei titoli pubblici, emessi per il finanziamento delle spese correnti inerenti il funzionamento della macchina statale, incrementando di converso l’enorme debito pubblico che grava sul bilancio italiano.
Nella notte buia in cui tutte le vacche sono nere, ci si dimentica di dire però che nel 2007 lo spread era sotto i 50 punti e certo non costituiva un problema per l’incremento di un debito pregresso, in massima parte ereditato dalla finanza allegra degli anni ’80 [QUI!], e nell’ultimo decennio tenuto costantemente sotto controllo, senza incidere sulla tenuta economica e la stabilità finanziaria di un intero Paese, fino a quando non è improvvisamente diventato un problema…

Infatti, bisognava scegliere se continuare a finanziare la spesa corrente degli Stati a sostegno delle politiche sociali o drenare risorse pubbliche per colmare la voragine del Credito privato, dissanguato dalle speculazioni della finanza strutturata. Ovviamente, si è optato per la seconda scelta col beneplacito delle oligarchie liberiste della UE ed il sostegno incondizionato dei nipotini di Milton Friedman (diffidare sempre dei nani!), tanto non pareva loro vero di poter ridisegnare la geografia sociale dell’Europa a immagine e somiglianza del Cile di Pinochet. Non per niente gli emuli nostrani dei Chicago Boys sono tra i più fieri sostenitori del Montismo ad oltranza e rilascio rapido.
Tanto per dire, un affresco del fallimento delle politiche rigoriste di ispirazione neo-monetarista ce lo danno i prudentissimi rapporti dell’ISTAT: nota congrega sovversiva di anarco-insurrezionalisti. Per questo i report in questione vengono di solito snobbati dalla grande stampa moderata e benpensante, sempre così pensosa dei destini del Paese e soprattutto del ‘mercato’.
E dunque riscopriamoli insieme…

La Dittatura del Debito
 Nel Rapporto Annuale del 2010, prima della svolta tecnica, l’ISTAT esamina le cause della crescita del debito pubblico, nell’ambito della più generale crisi dell’euro (moneta nata male, strutturata peggio, ma la quale è vietato criticare) e soffermandosi sull’analisi del “saldo primario”, ovvero l’avanzo nei bilanci degli Stati. E viene calcolato al netto della spesa per interessi sui titoli emessi per il finanziamento corrente, che impropriamente chiamiamo “debito”.
Il saldo primario è una diretta conseguenza delle politiche fiscali adottate dai singoli Paesi e riflette le decisioni dei governi in materia economica e gestione di spesa.

«Il saldo primario, nella media dell’area è andato progressivamente deteriorandosi, passando da un avanzo del 2,3 per cento del Pil nel 2007 a disavanzi superiori al 3 per cento negli ultimi due anni.
Nel complesso del triennio 2008-2010, il saldo primario ha contribuito alla crescita del peso del debito sul Pil per 5,7 punti percentuali per l’insieme dell’UEM [Unione Monetaria Europea], ma per 47 punti percentuali in Irlanda, 20 punti in Grecia, 19 in Spagna, 14 in Portogallo e 10 punti in Francia. Solo in Finlandia, Italia e Germania ha offerto un contributo negativo, rispettivamente per 2,7, 1,7 e 1,5 punti percentuali. Nel 2010, il saldo primario è migliorato in tutti i paesi a esclusione di Irlanda, Paesi Bassi e Austria

Una situazione drammatica, ma non disperata. E soprattutto non tale da ingenerare il panico che ne è seguito. Le conseguenze (indirette) sul debito pubblico sono state esasperate in seguito all’esplosione della bolla speculativa statunitense, che ha travolto come un’onda lunga la finanza europea e in particolare le banche franco-tedesche sovresposte verso il sistema creditizio di Irlanda, Islanda e Grecia. L’Italia compariva perfino tra i paesi virtuosi!
Insomma, nulla che avesse a che fare con l’andamento sostanziale dell’economia reale. E niente che giustificasse l’imposizione delle politiche di austerity teutonica, calibrate dai tedeschi in modo da essere etero-indirizzate pro domo sua.

«Nel nostro Paese, la crescita del rapporto tra debito e Pil durante la crisi è stata determinata prevalentemente dalla spesa per interessi derivante dall’elevato livello di debito ereditato dal passato e dalla contrazione dell’attività economica.
La politica fiscale adottata dal Governo è risultata invece tra le più severe, con un ricorso molto limitato a interventi straordinari anticrisi rispetto agli altri paesi: l’Italia è, infatti, l’unica economia dell’Uem ad aver mantenuto in avanzo lungo tutto il triennio il saldo primario strutturale, calcolato depurando il saldo complessivo al netto della spesa per interessi dalla componente ciclica dovuta all’operare degli stabilizzatori automatici.
[…] Nel 2010, il saldo primario strutturale avrebbe, invece, continuato a segnare un ampio disavanzo in Irlanda (27,2 per cento del Pil), Spagna (6,2%), Francia (4,3%), Grecia (3,3%) e Paesi Bassi (3,2%).»

La mancanza di provvedimenti strutturali che hanno impedito di cogliere i vantaggi oggettivi (come avvenuto in Germania) che la moneta unica pure offriva, sono gli inconvenienti di aver posto alla conduzione dell’Italia un Pornocrate, molto più interessato alla “patonza” che non agli affari di Stato, funzionali più che altro agli introiti delle sue aziende di famiglia.
Ma, si sa, gli italiani amano da sempre gli “Uomini della Provvidenza”… vogliono essere condotti per mano al suono di pifferi magici, come i ciuchini nel Paese dei Balocchi.

Il Pasto Greco
La gestione del debito ellenico costituisce la più grande operazione congiunta di recupero crediti ai danni di una stato sovrano mai realizzata. In pratica, i governi conservatori di Germania e Francia, si sono comportati come la bassa manovalanza criminale, ingaggiata dagli usurai (le Banche d’affari private) per esigere i loro crediti a strozzo. La punizione collettiva del popolo greco (perché di questo si tratta), in nome degli Dei della Finanza, rimarrà un’onta indelebile a carico della UE e foriera di conseguenze sociopolitiche, ben peggiori di quanto una Merkel o le intelligenze artificiali del Governo Monti saranno mai in grado di elaborare.
L’Italia partecipa a pieno titolo nel salvataggio della piccola Grecia, che a sua volta deve sottostare alle condizioni capestro imposte dalla Germania. In poco tempo, un onere contenibile in ambito europeo si trasforma in una voragine senza fondo, sotto i morsi dell’intransigenza interessata di Berlino.
Ma, nella stampa teutonica e scandinava, lo sforzo italiano non viene tenuto in alcun conto ed anzi il Belpaese viene iscritto a forza nei Pigs del cosiddetto Club Med (non senza una punta di razzismo), descritto come un Paese indebitato coi creditori esteri (un falso clamoroso) e si acclara senza alcun riscontro la possibilità di un fantomatico rischio default.
Per uno strano capriccio del caso, l’economia italiana è la principale rivale della pompata locomotiva tedesca, con la quale gareggia in esportazioni e acquisizione di quote di mercato europeo. Le prescrizioni rigorista dilatate su scala continentale provvederanno presto a deprimere il potenziale concorrenziale. Ovviamente, gli interventi congiunti di Francoforte e Berlino e Bruxelles sono stati fatti esclusivamente per il nostro bene.
 Come al solito, per la buona riuscita delle trattative in ambito europeo, non aiutano le perfomances dell’Innominabile che quietamente, nella gaia incoscienza dei controllori, viene lasciato gozzovigliare al governo italiano, umiliando le istituzioni repubblicane e sputtanando il paese in mondovisione.

«Nel 2010 è stato erogato circa un quarto del finanziamento speciale concesso alla Grecia dai paesi dell’Uem (21 miliardi su un totale di 80), il cui onere è stato ripartito tra i paesi membri in proporzione alla loro partecipazione al capitale della BCE: per Italia, Francia e Germania, questo intervento ha determinato un aumento del peso del fabbisogno sul PIL di circa un quarto di punto percentuale; nel 2011 si può stimare un impatto pari a circa 4 decimi di punto per l’Italia e solo marginalmente inferiore in Germania e Francia. La quota di finanziamento a carico di ciascun paese può essere confrontata con un indicatore dei potenziali effetti d’impatto che si ripercuoterebbero sulle rispettive economie in conseguenza di un eventuale consolidamento del debito pubblico greco, costituito dal grado di esposizione dei sistemi bancari nazionali verso operatori pubblici e privati greci. Emerge che le quote di finanziamento del prestito alla Grecia garantite dai principali tre paesi (circa il 27 per cento dalla Germania, il 20 dalla Francia e il 18 dall’Italia) non sono proporzionali al rischio relativo, che è elevato in Francia (con quasi il 40 per cento dei titoli greci collocati presso banche europee), significativo in Germania (con il 25 per cento) e molto ridotto in Italia (con meno del 3 per cento). Gli interventi che hanno inciso direttamente sul debito senza influenzare il saldo di bilancio sono soprattutto l’aumento delle riserve di liquidità e l’acquisizione di attività finanziarie delle banche da parte dei Governi.»

L’Italia e le Banche
 Sicuramente si tratterà di una coincidenza fortuita, ma la guerra dello spread, cominciata con gli avvertimenti intimidatori delle agenzie del rating organizzato e proseguita con le armi di distruzione di massa della finanza speculativa, sembra quasi essere proporzionale alla mancata esposizione del bilancio italiano alle tempeste del credito bancario ed alla mancata emissione di garanzie pubbliche e coperture finanziarie nei confronti delle potenziali perdite del sistema bancario e le esposizioni alle fluttuazioni di mercato.
Nel corso del 2010 i principali governi europei, spaventati dalla crisi del credito privato, corrono a foraggiare gli istituti bancari con cospicue iniezioni di denaro pubblico, fornendo garanzie sui titoli emessi dalle banche in difficoltà finanziarie.

«Gli effetti correnti e potenziali sul debito pubblico dovuti all’adozione di misure straordinarie da parte dei Governi a sostegno del sistema bancario risultano, a fine 2010, eccezionalmente elevati in Irlanda (quasi il 150 per cento del Pil) e significativi in numerosi paesi (Grecia 27 per cento, Belgio 22, Germania 16, Spagna 8, Portogallo 6,8 e Francia 4,6 per cento). Per l’Italia il peso degli interventi attuati a sostegno del sistema finanziario è, invece, marginale (0,3 per cento).»

A dimostrazione forse di un sistema creditizio più sano rispetto agli omologhi europei.
Con lo smantellamento accelerato delle tutele sociali, la cancellazione dei diritti e delle ultime garanzie nell’ambito del lavoro, insieme all’esposizione dello Stato italiano nei confronti delle eventuali banche a rischio insolvenza, coincidono con uno stemperamento dello spread che tuttavia rimane troppo alto e che il Governo Monti si guarda bene dal pubblicizzare troppo tra i suoi successi (presunti). Non per niente, tra i primi atti del decreto Salva-Italia c’è la presa in carico da parte dello Stato delle passività bancarie, con la concessione di garanzie di copertura…

La morsa del Debito
 Il peso del debito pubblico costituisce una morsa incontenibile, che condiziona le politiche economiche ed i piani di crescita da almeno un ventennio. Tuttavia, a fronte di un sistema produttivo ed industriale fortemente sclerotizzato, e refrattario alle innovazioni come agli investimenti, un mercato del lavoro ingessato con divaricazioni sempre più inique nel riconoscimento dei diritti, la tenuta dell’economia italiana è sostenuta in massima parte dai consumi delle famiglie. È questo l’elemento primario, se non unico, che finora ha garantito spinta propulsiva al cosiddetto sistema-paese:

«Nel periodo 1992-2000 la crescita dell’economia italiana è stata sostenuta dai consumi delle famiglie, dagli investimenti e rafforzata da un contributo positivo della domanda estera netta; il contributo dei consumi collettivi, invece, è leggermente negativo, conseguenza di una dinamica restrittiva della spesa delle amministrazioni pubbliche fino al 1995 e di una sua crescita a ritmi molto contenuti dal 1996 in poi.
Nelle altre maggiori economie dell’Uem, costrette ad un processo di convergenza meno oneroso di quello italiano, invece, il sostegno della spesa pubblica, soprattutto nella fase recessiva, è stato positivo.»

Il godereccio ventennio berlusconiano, lungi dal risolvere i problemi li ha acuiti, e gli effetti si vedono…

«Nel periodo 2007-2011, la performance di crescita complessivamente negativa dell’Italia (-1,1 per cento in media d’anno) vede un contributo negativo di quasi tutte le componenti della domanda, in particolare degli investimenti, e un contributo nullo della spesa finale delle amministrazioni pubbliche. Tra gli altri principali partner, Francia e Germania conseguono una modesta crescita, complessivamente favorita dal sostegno della domanda privata e dei consumi collettivi, mentre nella media di periodo la domanda estera netta incide negativamente, principalmente a causa del pessimo risultato del 2009.»

L’equazione tra crescita ed equità è imprescindibile. In Italia si è costantemente proceduto in senso opposto.

L’Equità al tempo dei Tecnici
Nel 2011 abbiamo un nuovo “salvatore della patria”: ce lo chiede l’Europa; lo vuole la BCE; ce lo impone il Colle. E, come tutte le imposizioni dall’alto, si tratta di un’offerta che non si può rifiutare…
Nel solco di un processo di ristrutturazione a livello europeo, con la benedizione delle banche centrali e del Fondo Monetario, per il risanamento dei conti pubblici in nome dei sacri parametri, Mario Monti intraprende una cura fatta di lacrime, sangue e tagli. Il dolore è parte integrante della terapia e non prevede anestesia. Sostanzialmente si tratta di una vivisezione: se la cavia sopravvive alle asportazioni, si aprono per lui le aspettative di una non vita dalla lunga agonia.
Nel rapporto annuale del 2012, l’Istat non manca di osservare come:

«In Germania e in Francia il maggior contributo al risanamento è stato fornito dalle imposte dirette, con incrementi in valore assoluto rispettivamente dell’8,1 e del 10 per cento; nel Regno Unito, invece, il supporto più rilevante alle entrate è giunto dalla dinamica delle imposte indirette (in aumento del 6,4 per cento in termini nominali).»

Le imposte dirette si basano sulla tassazione progressiva del reddito e sulla repressione dell’evasione fiscale, in proporzione alla ricchezza patrimoniale detenuta ed alla propria capacità contributiva. Nei paesi dove più forte è il divario sociale e maggiore l’impronta liberista si prediligono le imposte indirette, che toccano solo marginalmente i grandi capitali ed i redditi più elevati.
In Italia, l’imposizione fiscale (e massimamente dopo l’avvento del Governo Monti) è basata quasi tutta sull’aumento delle imposte indirette, che spostano il peso del risanamento soprattutto a carico del reddito da lavoro dipendente e salariato:

«L’aumento di gettito è stato sostenuto esclusivamente dalla crescita delle imposte indirette (+2,0 per cento) realizzata attraverso interventi sull’Irap, l’introduzione della tassa di soggiorno, l’aumento di un punto dell’aliquota massima dell’Iva e aumenti delle imposte sugli olii minerali.
[…] In Italia si sono registrate diminuzioni dei redditi da lavoro dipendente (-1,2 per cento), delle prestazioni sociali in natura [forniture di beni e servizi alle famiglie n.d.r] (-2,2 per cento), dei trasferimenti di capitale (-8,8 per cento) e dei contributi alla produzione (-6,3 per cento).
[…] La dinamica negativa dei redditi da lavoro dipendente è stata determinata dalla contrazione dell’occupazione e dalla modesta flessione delle retribuzioni pro capite dovuta al congelamento dei rinnovi contrattuali. Il sensibile calo delle prestazioni sociali in denaro ha riflesso prevalentemente l’andamento di alcune componenti della spesa sanitaria (spesa per farmaci e spesa per la medicina di base) che, nel corso del 2010, avevano incorporato il costo dei rinnovi delle convenzioni dei medici di base.»

In pratica la gente risparmia sulle cure mediche, mentre migliaia di posti letto vengono tagliati e gli ospedali chiusi in nome del fiscal compact e dalla spending review che ne consegue. Il prossimo passo del Montismo è la privatizzazione della Sanità? Per crudele paradosso, mentre si pretende di inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione, si impone il fiscal compact che di fatto azzera ogni forma di spesa pubblica in Italia, si inaspriscono le politiche di rigore, mentre il debito pubblico esplode in concomitanza col crollo dell’economia e dell’occupazione.
Il caso è da manuale: si tratta del carrettiere che ammazzò il cavallo, convinto che per spronare l’animale a trainare il carro bastassero le sole frustate; aumentando al contempo il volume del carico, nella convinzione che per risparmiare sui costi di trasporto sarebbe bastato eliminare il foraggio e le cure per la bestia da soma.
Un anno dopo la cura Monti, questo è il risultato al settembre 2012, in merito alle prospettive per l’economia italiana, elaborate dall’Istat…
Per quanto riguarda l’Industria:

«Le contrazioni più marcate si rilevano nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-15,5%), nella fabbricazione di articoli in gomma, materie plastiche e altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-8,3%) e nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-7,6%).
Le variazioni negative più rilevanti dell’indice grezzo degli ordinativi hanno riguardato la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-18,4%), la fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-17,3%) e l’industria del legno, carta e stampa (-13,1%).»

In merito all’industria automobilistica, Gli acquisti di autoveicoli sono crollati a -44,9%. Ma in questo ha contribuito molto la simpatia di Sergio Marchionne.
Stroncato il mercato interno, in nome del risanamento e riordino dei conti che assomiglia ormai ad una composizione della salma prima della tumulazione, i restauri tombali del Governo Monti stanno portando i loro benefici effetti anche nell’ambito del commercio estero. Le esportazioni, seppur in difficoltà, sono sempre state un settore di punta dell’economia italiana ed una voce importante nella strutturazione del PIL nazionale e che, al contrario delle aspettative, non sono state poi così beneficiate dall’introduzione dell’euro come si credeva in origine:

«L’adozione dell’euro ha determinato un impatto positivo, ma non di grande entità, sul commercio bilaterale dei paesi europei. Per alcuni paesi membri (Grecia, Finlandia e Portogallo) l’effetto della moneta unica europea sul commercio sarebbe stato negativo.
[…] Nel caso dell’Italia l’impatto positivo si sarebbe esplicitato attraverso la riduzione dei costi variabili del commercio internazionale, mentre la riduzione dei costi fissi non avrebbe avuto alcun ruolo. La stima differenziata dell’effetto “introduzione dell’euro” rispetto ai mercati di destinazione ha, tuttavia, mostrato un impatto positivo per gli scambi commerciali con i paesi “periferici”, verso i quali le imprese italiane avrebbero aumentato le esportazioni in termini sia di valore sia di varietà dei prodotti esportati. Al contrario, l’effetto sull’export verso i mercati “core” (tra cui la Germania, principale destinatario dell’export italiano) sarebbe stato negativo, indicando il prevalere di un effetto competitività penalizzante per i beni italiani.»

I flussi del commercio estero, scalzati progressivamente dai mercati interni della UE a tutto vantaggio della Germania, si sono concentrati verso i paesi emergenti e le nuove economie dell’Asia, insieme ai mercati tradizionali del made in Italy di qualità, conquistando importanti quote nei nuovi blocchi economici transcontinentali.
 Verso le nuove tigri asiatiche (e tigrotti in crescita) dell’ASEAN: Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia, Brunei, Vietnam, Laos, Birmania, Cambogia.
Verso i colossi dell’EDA: Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Malaysia
Oppure puntando sulle grandi potenzialità del continente latinoamericano, puntando ai mercati unificati del MERCOSUR e dell’ANDEAN.
E infatti,

“A settembre si rileva, rispetto al mese precedente [Agosto 2012], una flessione per entrambi i flussi commerciali, più intensa per l’import (-4,2%) che per l’export (-2,0%).
La diminuzione dell’export è di intensità analoga per entrambe le aree di sbocco: -2,1% per i mercati UE e -2,0% per quelli extra UE. In flessione sono soprattutto le vendite di beni strumentali (-4,5%) e di prodotti energetici (-2,3%), mentre i beni di consumo durevoli registrano un aumento dell’1%.
La flessione delle importazioni è rilevante sia dai paesi Ue (-4,4%) sia da quelli extra Ue (-3,9%). Particolarmente accentuata è la contrazione degli acquisti di beni strumentali (-9,7%).”

La flessione delle vendite riguarda tutti i potenziali partner commerciali, interessati alle nostre esportazioni:

Paesi EDA (-26%)
Giappone (-35%)
Cina (-18,8%)
India (-30,9%)
Paesi MERCOSUR (-13,7)
Germania (-10,3%)
Spagna (-12,8%)
Romania (-13,6%)

Aumentano invece i flussi commerciali con i Paesi dell’ASEAN (+22,9%); Paesi OPEC (+18,0%); Russia (+16,7%); USA (+19,4%).

A conti fatti, più che dinanzi ad un governo di risanatori ci troviamo di fronte ad una squadra di becchini. Epperò, dopo Monti c’è solo Monti… per l’estrema unzione?

Attulamente der Professor è ad uno dei soliti, inconcludenti, vertici brussellesi che tanto fanno sghignazzare mercati e investitori di borsa ad ogni puntata. Il copione è sempre lo stesso: Angelona Merkel si impunta come Hitler nell’assedio di Stalingrado senza cedere di un millimetro; il presidente francese cerca di rintuzzare l’intransigenza tedesca, confidando invano nella risicata sponda italica; Mario Monti, nicchia, bluffa, minaccia veti che non porrà mai… ma, finita la recita, prima si piega e poi si spezza. Per non fargli perdere la faccia, l’inflessibile Angelona concede qualche osso al suo fedele cagnolino da riporto e il giorno dopo sconfessa i risultati del vertice, inviando i suoi sabotatori di fiducia (Olanda e Scandinavia). È una tecnica nota ormai a tutti, tranne che ai giornaletti nostrani, i quali celebreranno il ritorno a casa del Professorone con titoloni roboanti sui nuovi “successi epocali”.

All’atto pratico, dopo aver stroncato ogni possibilità di ripresa, estendendo la cura ultra-rigorista all’intera Europa, i tecnocrati della UE e del Fondo Monetario Internazionale hanno rivisto al ribasso tutte le stime di crescita, ammettendo che forse qualcosa non sta funzionando… E dopo aver trasformato una crisi congiunturale, in una devastante recessione su scala continentale, senza che si prospettino reali prospettive di uscita, iniziano a profilarsi all’orizzonte concreti timori sulla tenuta sociale e democratica negli stessi Paesi coinvolti nella ‘cura’.
Se è vero che sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ci troviamo di fronte ad un gruppo di cerusici ottocenteschi che, dinanzi all’aggravarsi della malattia, intensificano i salassi al paziente anemico, prescrivendo in aggiunta una serie di clisteri al malato rigorosamente tenuto a digiuno, pur di non rimettere in discussione le teorie del loro manuale scolastico. Evidentemente, è radicata la convinzione nietzschiana, secondo la quale ciò che non uccide fortifica.

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NECROLAND

Posted in A volte ritornano, Masters of Universe, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 16 settembre 2012 by Sendivogius

Ciò che uccidi rimane a te
(dal Credo dei Necromonger)

 Ingiustamente denigrato dalla critica, The Chronicles of Riddick resta soprattutto una fucina di ottime idee (troppe), condensate a forza in un contenitore troppo piccolo per essere sviluppate appieno, in tutta la loro potenzialità cinematografica. Si ha quindi l’impressione di un assemblement di storie troncate troppo presto, prima di potersi esplicare in una narrazione epica di ampio respiro.
Al regista (e sceneggiatore) David Twohy va comunque il merito di aver creato la saga dei Necromongers: spietata setta guerriera, strutturata in una società dittatoriale fortemente gerarchizzata, consacrata ad un insano culto della morte su base penitenziale. Sono i distruttori di mondi, che fagocitano e rigenerano a loro immagine e somiglianza, in una sorta di non-vita, protesi al raggiungimento di una dimensione parallela chiamata ‘OltreVerso’ (UnderVerse)…

Erano un esercito diverso dagli altri, avanzavano fra le stelle verso un posto chiamato OltreVerso, la loro terra promessa, una costellazione di nuovi oscuri mondi.
Necromonger, li chiamano. E se non riescono a convertirti, ti uccideranno.”

 C’è da dire che l’impersonalità ieratica dei Necromonger, la loro anaffettività sociopatica, unita alla pretesa di “cambiare le menti”, in una propensione rieducativa votata all’etica della penitenza nel tempo dell’Eterna Quaresima, ha qualcosa di stranamente familiare… In parte, ricorda il cibernetico “Governo dei Tecnici”, a confronto della cui rigidità robotica i ferali Necromonger sembrano però il massimo del più gioioso vitalismo. E tuttavia, proprio come i loro omologhi galattici, sono diversamente vivi nella loro parvenza umanoide. Lontani anni luce da ogni sentimento che li possa rendere vagamente umani, sono la nuova razza padrona di un non luogo chiamato Necroland: un universo oscuro, senza storia condivisa e dunque senza futuro, destinato a rivivere i propri errori in un eterno ritorno al sempre uguale… Un non-luogo sospeso nel Limbo, imprigionato com’è in una bolla spazio-temporale, dove il loop è funzionale all’auto-conservazione degenerativa di un immutabile presente.

Quella che doveva costituire una breve parentesi, nell’eccezione emergenziale di una democrazia a sovranità limitata, rischia di diventare la regola di un nuovo potere incistato ad libitum sugli umori colliquativi del tessuto infetto di Necroland: il paese dei non-morti dalle esistenze sospese.
Grande regista di questo psicodramma teatrale (volete finire come la Grecia?!?) è il presidente Napolitano, nella più imponente operazione di salvataggio clanico per cooptazione oligarchica mai messa in scena, tramite autodafé collettivo con espiazione indotta e penitenza surrogata, nella perpetuazione dell’ordine (in)naturale delle cose.

 «I politiKanti di necroland, TUTTI i politiKanti di necroland (partito di appartenenza irrilevante), sono ormai pubblicamente e apertamente identificati come necro-Kasta.
Loro unica ragione di esistenza: perpetuare stipendi gonfiati e privilegi grotteschi, auto-concessi nella più rapace tradizione dei boiardi. Sintetizzando molteplici analisi (regolarmente sbeffeggiate) & aspre critiche (perennemente ridicolizzate):
– la necro-Kasta non ha mai ideologia, ma non vada trascurata la sua rielaborazione di profondi concetti filosofici;
– la necro-Kasta non si assume mai responsabilità, non cessa però di proporre correttivi ai guasti creati sempre da altri;
– la necro-Kasta non è mai prona alla corruzione, emolumenti finanziari le vengono elargiti a sua insaputa per maligni disegni;
– la necro-Kasta non risulta mai indagata, è vittima incolpevole & inconsapevole di complotti orditi dalla magistratura politicizzata;
– la necro-Kasta non è mai colpevole, con serafica serenità attende che venga sancita la sua ovvia innocenza;
– la necro-Kasta non ha mai conflitti d’interesse, detiene incarichi multipli solo & solamente per il bene della patria;
– la necro-Kasta non concepisce mai di dimettersi, fare un passo indietro significherebbe tradire il mandato elettorale;
– la necro-Kasta non volta mai gabbana, vede finalmente la luce nell’oscuro cammino verso la suprema verità;
– la necro-Kasta non vara mai leggi impopolari, è cruciale lasciare inalterato il rispetto verso il poPPPolo sovrano;
– la necro-Kasta non necessita mai di coerenza, troppo mutevoli sono i destini di chi è demandato all’alta legiferazione;
– la necro-Kasta non ha mai opinione, meglio farla, l’opinione, ad averla viene fin troppo spesso tra i piedi;
– la necro-Kasta non alberga mai vergogna, è sempre ingiustamente incompresa nei propri tormenti interiori;
– la necro-Kasta non accetta mai il fallimento, i suoi sforzi sono perniciosamente nullificati da bieche parti terze;
– la necro-Kasta non viene mai sconfitta, le vere battaglie devono essere ancora combattute;
– la necro-Kasta non pecca mai di affermazioni grottesche, viene costantemente fraintesa da media menzogneri & faziosi;
– la necro-Kasta non respinge mai il ricambio generazionale, i giovani però devono essere guidati, lungamente guidati;
– la necro-Kasta non pensa mai a ridurre i propri ranghi, alta partecipaZZZione è sinonimo di altiSSSima demoKraZZZia;
– la necro-Kasta non si oppone mai a porre un limite al numero di legislature, deve prima essere compreso l’arcano concetto di numero;
– la necro-Kasta non fissa mai un limite di età, il tempo porta solo & sempre maggiore saggezza;
– la necro-Kasta non fa mai abuso di droghe pesanti, è costretta ad attenuare attraverso la chimica le asprezze della cosa pubblica;
– la necro-Kasta non si accompagna mai a prostitute/i, escort, trans, quant’altro, è vittima innoCIEnte di caduchi legami sentimentali;
– la necro-Kasta non può mai cessare di essere la kasta politica più pagata al mondo, il fardello del potere DEVE essere remunerato al meglio… And whaddafuck! Right?
Eppure, prima di tutto quanto sopra e di qualsiasi ulteriore considerazione aggiuntiva, la necro-Kasta non sa/non può/non è in grado di comprendere/accettare/concepire la: ENTROPIA
[…] Valida universalmente, la legge dell’Entropia è di estrema semplicità:
Al progressivo decremento dell’energia interna, lo stato di disordine di un sistema, qualsiasi sistema, non può che aumentare. Superato il punto-di-non-ritorno di disordine entropico, il sistema finirà con il collassarsi, assestandosi a un livello di energia interna inevitabilmente più basso.
In termini elementari: Tutto ha fine.
Tutto e Tutti. Well, not exactly… NON la necro-Kasta, MAI la necro-Kasta. Per la necro-Kasta, la Fine semplicemente NON esiste.»

  DEATH ECONOMY: AUTOPSY
  (Economia della Morte: Autopsia)
  di Alan D. Altieri

Da questo punto di vista, il nefasto esperimento Monti costituisce l’estremo tentativo di auto-perpetrazione della specie, da parte delle “anime morte” che fluttuano vacue in un parlamento svuotato di senso e di rispettabilità, specchio del generale collasso del sistema partitico ridotto ad una guerra tra bande.
Il principale dogma della fede nel nuovo Credo istituzionalizzato del Montismo confessionale è: Mario Monti ha salvato l’Italia.
È poco importa se un altro Mario ha ottenuto in 10 giorni ciò che il Governo Monti non è riuscito a conseguire in 10 mesi di macelleria sociale applicata con metodo scientifico, concentrando tagli e sacrifici e mietiture unicamente a carico dei ceti medio-bassi e lavoratori dipendenti, nel trionfo del più fulgido liberismo padronale.
Al momento, tra i risultati epocali dei neo-purificatori di Necroland si possono annoverare:

a) una disoccupazione giovanile superiore al 35%
b) un tracollo del sistema produttivo ed industriale ai livelli del 1919
c) Una recessione economica, destinata ad incancrenirsi in qualcosa di peggiore persino alla “grande depressione” del 1929
d) l’assoluta e totale assenza di politiche di rilancio e di crescita economica, accompagnata però da un furore ideologico nello scardinamento di ogni diritto sociale e forma di tutela in ambito occupazionale, nella riproposizione di un modello lavorativo che guarda con nostalgia alle condizioni della prima rivoluzione industriale.
e) una pressione fiscale di tipo “svedese”, ma con servizi indegni persino dello Zimbabwe
f) una sospensione (de facto) delle prerogative parlamentari e democratiche, con l’avocazione di ogni iniziativa legislativa nelle mani di un governo (mai eletto), tramite l’esclusivo ricorso alla decretazione d’urgenza e 34 voti di fiducia in parlamento su testi di legge blindati.

È superfluo ricordare, come ampiamente prevedibile, che l’aumento dell’IVA, insieme all’incremento delle accise sui carburanti, si sarebbe inevitabilmente riflesso con un rincaro dei beni al consumo e dei prodotti di prima necessità (come i generi alimentari), determinando un aumento verticale dei prezzi proporzionale al crollo degli acquisti. A questo si aggiunga un elevato tasso di disoccupazione e di lavoratori precari sottopagati, che i sociologi anglosassoni chiamano working poors (in Italia sono più di 3 milioni!). Si tratta di una spirale perversa: l’aumento delle imposte indirette viene scaricato dai produttori sul costo delle merci; i maggiori prezzi e minore disponibilità economica legata a bassi salari, scoraggia il grosso dei consumatori all’acquisto; la contrazione della domanda genera una diminuzione dell’offerta, con conseguente diminuzione delle ore lavorate (salari ridotti) o perdita del posto di lavoro per mancato rinnovo del contratto a tempo. Ma questo non sembra preoccupare i tecnoburocrati e l’elite timocratica che li sostiene e per nulla toccata dalle (contro)riforme dei professorini al servizio del capitale finanziario. Lontano dall’empireo dei ricchissimi, la contrazione dei salari, aggravata da una tassazione esasperata e da un aumento esponenziale dei prezzi delle merci, rigorismo fiscale ed “austerity” coatta su politiche recessive, stagnazione economica, insieme ad un crescente tasso d’inflazione con conseguente perdita del potere d’acquisto, sta creando uno dei più classici casi da manuale di economia politica: stagnazione+inflazione=stagflazione, innestata su una recessione di lungo periodo. Con una peculiarità però interessante: il fenomeno è innescato dalla rigorosa applicazione delle ricette liberiste di Milton Friedman, su stretta osservanza neo-monetarista, a dispetto delle vulgata ultra-liberista che indicherebbe la “stagflazione” come una logica conseguenza delle teorie keynesiane, con la loro impronta fortemente sociale.
Ed è proprio questo il problema: c’è ancora troppa Società; per questo esistono i cavalli di Troika per l’assalto dei nuovi Necromongers.

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