Archivio per Minoranza Pd
(85) Cazzata o Stronzata?
Posted in Zì Baldone with tags Beppe Grillo, Federica Guidi, Francesco Bonifazi, Governo, Italia, La Ditta, Ladri, Libby, Liberthalia, Matteo Renzi, Minoranza Pd, Partito Democratico, PD, Petrolio, Politica, Potere, Società, Trivelle on 2 aprile 2016 by SendivogiusLa Guidi, presunto “ministro tecnico” (su designazione di Silvio Berlusconi ma posta in carico al “centrosinistra” o sedicente tale), ennesima figlia di papà transumata al governo per tutelare meglio gli interessi di famiglia e categoria, ovviamente imprenditrice nell’azienda di famiglia, è l’erede di Guidalberto Guidi: il ras di Confindustria con fama di ‘falco’ e il culo col dono dell’ubiquità, visto che riesce a sedere contemporaneamente in 31 diversi consigli di amministrazione. E dove poteva essere nominata la Guidi-figlia, contro ogni opportunità e prudenza, se non al ministero dello Sviluppo economico, come presenza ‘tecnica’, naturalmente mai eletta, che nel Governo Renzi la legittimazione democratica si usa poco e meglio ancora se per niente, dal momento che le centrali del consenso non risiedono certo nel voto popolare.
P.S. A proposito di farse, apprendiamo con divertimento che l’onorevole
[16 Mar.] «Questo è il governo più a sinistra della storia»
[26 Mar.] «Questi kamikaze sono ragazzetti di 20 anni, io provo pietà umana per loro»
[04 Mar.] «Violerò la mia verginità anale in cambio di 200 mila euro!»
[22 Mar.] «Bruxelles oggi è l’ennesima #FalsaFlag: ultimo passo per accelerare i tempi verso un Corpo di Polizia Europea con poteri illimitati…. Siamo di fronte ad un’altra sceneggiata come negli attentati di Parigi?»
[28 Mar.] «Città italiane a Pasqua piene di turisti nonostante il tempo»
[31 Mar.] «Accolgo con gioia la piena vittoria anche in Corte d’Appello: essa riafferma l’onore della Margherita. un Partito importante, formato da persone perbene; dà a me nuovo riconoscimento della totale onestà di tutta la mia vita pubblica»
[09 Mar.] «Nicola Cosentino come Enzo Tortora? È un paragone niente affatto esagerato. Per me ricorda il caso Dreyfus, di cui scrisse Émile Zola. Lui fu carcerato e condannato perché ebreo, Cosentino è stato carcerato perché politico.»
[30 Mar.] «Se divento Sindaco di Roma renderò il Tevere balneabile entro 5 anni»
[06 Mar.] «Prometto che, se sarò sindaco, convocherò l’ambasciatore dell’India per dirgli che se i marò non tornano subito in Italia… chiuderemo tutti i ristoranti e i negozi indiani di Roma!»
[27 Mar.] «Che dite, lo faccio il lancio col parapendio?»
I DESIGNATI
Posted in Muro del Pianto with tags Democrazia, Francesco Marchianò, Italia, James Russell Lowell, La Ditta, Liberthalia, M5S, Matteo Renzi, Minoranza Pd, Partito Democratico, PD, Politica, Potere, Senato, Squallore on 24 settembre 2015 by SendivogiusNiente è per sempre. Le circostanze mutano e con esse le opinioni…
J.R.Lowell, in un suo famoso quanto abusato aforisma, sosteneva che solo gli stupidi non cambiano mai le loro idee; anche se non risulta che lui abbia mai revisionato le proprie. Tuttavia, alla riprova, non è nemmeno dimostrato che cambiare opinione costituisca poi chissà quale esibizione di intelligenza sopraffina; specialmente quando lo si fa in continuazione, senza mai preoccuparsi delle contraddizioni nell’assenza di una logica apparente.
Se ci si trova davanti ad argomentazioni convincenti, nel corso dell’esistenza cambiare parere è cosa più che lecita e giusta.
Cambiarlo invece a seconda delle convenienze del momento, e per null’altro che non sia mero tornaconto personale, tramite l’uso strumentale della menzogna e nel perseguimento dell’utile immediato, denota solo la disonestà intellettuale (per non dire la doppiezza morale), nonché il cinismo di una spregiudicata volontà di potere, alla quale di solito si agganciano a rimorchio gli opportunisti ed i voltagabbana dei quali l’Italia storicamente abbonda per vocazione nazionale.
Poi certo, in fondo alla categoria, ci sono gli imbecilli che, almeno in apparenza, difettano della malafede dei primi. Sono quelli del “vorrei ma non posso”, che non condividono ma alla fine si allineano (sempre!). E ovviamente lo fanno nel raggiungimento di un ‘bene’ più alto, che nella sua astrazione ipotetica non è mai dato sapere con certezza. Poi al limite ci ripensano ed in tal caso rettificano a danno ormai compiuto.
Per sua incontrovertibile natura, il posto migliore ove dar prova della sublime intelligenza della propria incoerenza, elevata a sistema di valori in conto svendita, è certamente quell’alveo ‘politico’ che non per niente raccoglie da sempre gli scarti diversamente ricollocabili di una società incivile in sovrapproduzione da scorie. In questo, certa “politica” rappresenta la palestra d’elezione per un simile esercizio, specialmente se la finalità ultima è il conseguimento del “potere” (più o meno assoluto), nell’occupazione scientifica dei meccanismi istituzionali.
Secondo tale prospettiva, l’aspirante “partito della nazione” a dimensione personalizzata su trazione renziana, nell’immanenza fanfarona del ducesco, costituisce a suo modo una delle espressioni più compiute, in un panorama già inflazionato di suo per abbondanza di fenomeni a disposizione.
Poi certo il partito bestemmia, convertito in coreografia scenica per la farsa decisionista del suo ducetto d’accatto, sta riuscendo nella missione più che impossibile di rendere la setta degli invasati a 5 stelle un’opzione quasi credibile, se non addirittura desiderabile, in confronto a questa famelica banda di marchettari plurinquisiti, innesti padronali e accrocchi confindustriali, capeggiati da un narciso patologico in bulimia da potere.
Per fortuna, esiste pur sempre la mitologica “minoranza interna“ del PD: la più pletorica, inutile e irritante congrega di petulanti quaquaraquà agitati in ordine sparso, che con le loro continue peristalsi scuotono l’intestino crasso del partito, in costipazione da espulsione alle sue propaggini terminali.
Costantemente ad un centimetro dalla “sintesi”, incapaci di ogni “antitesi”, per “tesi” negoziabili ad oltranza e ogni volta removibili su pressione senza eccezione. Sono quelli degli aggiustamenti semantici, della variazioni di forma e mai di sostanza, in cambio di quel poco o niente che possa illuderli di non aver perso la faccia, dopo aver dato ben altro nell’incapacità di distinguere le due cose…
“Il suicidio della minoranza Pd“
di Francesco Marchianò
(24/09/2015)
«Gli esponenti della minoranza Pd sono contenti dopo l’accordo raggiunto sulla riforma costituzionale. Bontà loro. Vanno rispettati: c’è tanta gente che muore serena, persino felice. Hanno scelto la via del suicidio politicamente assistito; Renzi e i suoi, increduli, si sono limitati ad esaudire l’ultimo desiderio.
Le opposizioni interne avrebbero dovuto tenere il fiato sul collo del gruppo dirigente renziano e mostrare i denti in ogni occasione. Hanno preferito, invece, fare i bravi agnellini che si portano in dono alla tana del lupo. Avrebbero dovuto imparare da Renzi erispondere con la stessa moneta. Quando era in minoranza nel partito, l’allora sindaco di Firenze aveva messo in piedi una lotta a Bersani e ai suoi, fatta di polemiche, offese, attacchi frontali e imboscate parlamentari, come accadde durante l’elezione del presidente della Repubblica nel 2013.
In questo caso, però, non si tratta di sola vendetta e spirito di fazione. Di mezzo ci sono i principi fondamentali della costituzione di fronte ai quali si sarebbero dovute alzare barricate. In quale paese democratico il capo dell’esecutivo si fa promotore di una riforma costituzionale? Forse de Gaulle, ma questi era almeno legittimato. In quale paese, il parlamento più delegittimato dalla storia si autoproclama riformatore? In quale paese una riforma costituzionale viene imposta a colpi di maggioranza da partiti la cui somma di voti è inferiore al 50% e che solo una legge elettorale bocciata dalla Consulta ha consentito di avere i numeri in Parlamento? In quale paese il partito più grande nel paese alle ultime elezioni politiche, cioè il Movimento 5 stelle, viene escluso dalle riforme e accusato di ogni male?
Ci troviamo di fonte a una degenerazione tipicamente sudamericana. A chi ha a cuore un’idea diversa della democrazia politica e sociale non resta che il referendum. Il presidente Renzi, pochi giorni fa, in una delle sue innumerevoli battute, sosteneva chenon c’è più tempo da perdere poiché quando si tentò per la prima volta un riforma costituzionale senza mai approvarla lui faceva ancora le scuole elementari. Non è vero.
L’ultima riforma costituzionale fu approvata a maggioranza semplice nel 2005, la fece Berlusconi e Renzi era presidente della provincia di Firenze. Stupisce che un politico a capo di un’istituzione non ne fosse a conoscenza.
Allora, l’attivismo di partiti, politici, cittadini e costituzionalisti contribuì alla vittoria del No al referendum costituzionale. Oggi, invece, le voci di chi si oppone si affievoliscono fino a scomparire dentro lo starnazzare dei neocostituzionalisti. Mentre anonimi diventano sempre più i membri della minoranza Pd che appaiono come dei turisti della lotta politica.»
Al massimo, si astengono. Oppure imboccano l’uscita di servizio, per rientrare dalla porta girevole dell’eterno ritorno. Basta un nulla nell’impresa di ricondurre le pecorelle all’ovile: un nichelino, una virgola, un comma, una promessa di emendamento… che ben valgono una delega in bianco, in acrobatico spregio di ogni senso del ridicolo.
Dopo mesi di pantomima costituzionale sull’elettività del nuovo senato, ridotto a buen ritiro di lusso per consiglieri regionali, la vecchia “ditta”, in pieno disturbo bipolare, sbraga su tutta la linea ed incassa l’epica concessione, in quella specie di seduta del gran consiglio che chiamano “riunione di direzione”: non sarà più un senato di nominati, bensì di designati con modalità ancora tutte da definire e scrivere. Tanto basta all’ineffabile minoranza piddì, per cedere soddisfatti e felici ad una umiliante resa incondizionata; almeno fino alla prossima battaglia e successiva capitolazione, che inesorabile e puntuale avverrà come da tradizione. E lo fanno al netto dei propri tormenti interiori, emozionanti come una colica renale, per fedeltà alla “ditta” (s’intende!): contenitore vuoto in
rottamazione, dove si consuma la lenta decomposizione delle anime morte che popolano la casa di bambole del partito bestemmia, che nella sua essenza costituisce più che altro la metafora realizzata di una grande vasca di decantazione per l’affluenza liquami.
Da una parte, la materia solida e organica (la minoranza della “ditta”) in disfacimento; dall’altra, la componente fluida e maggioritaria del partito liquido.
A prodotto inverso, la sostanza non cambia.
YES, WE CHAIR!
Posted in Muro del Pianto with tags Alessandra Daniele, Cesare Damiano, Destra, Ignazio Marino, Italia, Liberthalia, Matteo Renzi, Minoranza Pd, Partito Democratico, PD, Politica, Roma, Silvio Berlusconi on 22 giugno 2015 by SendivogiusL’Italia è un paese di destra. Lo dicono tutti e te lo ripetono in continuazione; soprattutto all’interno del cosiddetto Partito Democratico, che infatti ha rinunciato da tempo ad essere di ‘sinistra’ (ammesso lo sia mai stato davvero), parlando unicamente alla sua destra e realizzando quasi tutto quello che ai partiti propriamente conservatori e ‘moderati’ non era riuscito di fare. Con la conseguenza che non sfonda a destra e sprofonda alla sua sinistra, come e peggio di un brocco schiantato.
Con una di quelle straordinarie metafore che contraddistinguono lo squallore della minoranza fantasma che si agita nel ventre molle del partito bestemmia, per spiegare
l’eccezionale crollo di consensi di questo governo-truffa, Cesare Damiano ha paragonato il suo partito allo scolo di un lavandino, ovvero una “vasca dove escono elettori di sinistra dallo scarico ed entrano quelli di destra dal rubinetto”, fallendo miseramente nell’obiettivo.
Noi non avremo saputo immaginare di peggio. E la sola visione che ci sovviene nella mente è lo spurgo intasato di una vasca che continua a riempirsi di liquami.
In effetti, l’esperimento non poteva funzionare: a tutt’oggi il PD è l’unico vero partito compiutamente di centrodestra, nella sua dimensione europeista e liberaleggiante. Niente a che vedere con la destra propriamente fascista, populista, clericale e reazionaria, che tanto piace all’elettore moderato italiano.
Perciò, con tutta la coerenza che contraddistingue il personaggio, Cesare Damiano è il fondatore dell’ennesima corrente nell’ambito delle cinquanta sfumature di sì che costituiscono la cosiddetta “minoranza interna”: siccome non condivide nulla delle politiche messe in atto dal Bambino Matteo, giudicandole “incoerenti” e “fallimentari”, ha deciso di schierarsi dalla parte dello stesso, per puntellarne l’esecutivo con un appoggio incondizionato ma ‘critico’. Quando la “Ditta” chiama, i crumiri si mobilitano, per “migliorare le proposte del governo” (e tenersi stretta la poltrona che scotta, sotto al culo).
Questo perché Damiano ed i suoi compagni di merenda non sono “né gufi né struzzi”. E infatti per spiegare il fenomeno l’ornitologia non basta…
Bisogna passare direttamente al mondo degli invertebrati; al ché la figura del lombrico sarebbe perfetta, se non fosse che il molliccio oligocheta è in realtà un organismo utilissimo in natura. Damiano e la sua nuova minoranza renziana all’interno della minoranza anti-renziana, invece no.
Pertanto, di tutti i problemi che sembrano funestare quella cricca affaristico-clientelare, incistata attorno al comitato elettorale permanente per la promozione personale del Piccolo Principe, la causa di tutti i mali sembra essere il sindaco della Capitale: quell’Ignazio Marino reo di omessa complicità con l’associazione a delinquere che s’è magnata Roma, con la complicità di mezzo PD capitolino e la fascisteria romana al gran completo. Non per niente, contro il sindaco in disgrazia si concentra l’attacco seriale delle madonnine svelate, portate in processione al governo; ovvero le gattemorte del pollaio renziano…
E si ragiona non su come superare la crisi irreversibile che sta strangolando la città in una morsa letale, ma come sostituire l’ingenuo “marziano”, con uno di quegli ossequienti pupazzi che costituiscono il circolo renziano… Dalla Lorenza Bonaccorsi, alla straordinaria incompetenza di una Marianna Madia; passando alla travolgente coerenza di un
Roberto Giachetti: uno dei solidi che galleggiano nell’otturato lavandino del renzismo di governo. Per non parlare della ritrovata freschezza di un Paolo Gentiloni o David Sassoli: i sempreverdi di lungo corso rutelliano, buoni per tutte le stagioni e tutte le candidature.
Sono i nomi dalla comprovata incompetenza, che dovrebbero supplire all’incapacità manifesta dell’imbranatissimo Ignazio Marino, in quello che è solo un avvicendamento di poltrone nella sistematica occupazione del potere, specialmente in vista della greppia del prossimo giubileo di cui proprio non si sentiva la mancanza. E nel proporre candidature, che hanno come unico requisito la fedeltà al boss di Rignano, si mantiene intatta l’intera struttura del partito romano perché il problema non sono certe candidature, certi personaggi, certi organigrammi di potere, ma il sindaco che a tutto ciò è sempre rimasto estraneo costituendo la vera anomalia. E per questo va rimosso quanto prima. Sempre per quella storia della “rottamazione”, che asfalta i nemici e premia gli ‘amici’, in un avvicendamento teleguidato che è solo occupazione del potere per il gusto dello stesso….
“B come Bullshitter”
di Alessandra Daniele
(21/06/2015)«Com’era facile immaginare, la reazione di Renzi alla sconfitta è stata completamente berlusconiana.
Ha dato la colpa alla sinistra per non averlo lasciato lavorare.
S’è rammaricato di non essere stato abbastanza arrogante e accentratore. Di non aver piazzato abbastanza dei suoi incompetenti galoppini nei posti di potere del partito.
Ha annunciato l’abolizione delle primarie.
S’è lamentato d’un deficit di comunicazione. Poi s’è esibito per un’ora da Vespa in istrioniche autocelebrazioni, e stizzose minacce trasversali.
Non ha ammesso nessuno dei suoi veri errori.
Non ha riconosciuto nessuna delle reali cause della sconfitta, a cominciare dall’ennesima Deforma della Scuola.
Ha parlato di se stesso in terza persona.
Plurale.
Non ci sono due Renzi. Ce n’è uno solo. Un cazzaro.
E in questo modo non vincerà mai più.
In appena un paio d’anni, Renzi ha già raggiunto il terzo stadio del berlusconismo. Il suo tessuto degenera ad una velocità persino superiore al previsto.
Il suo immaginario B Plan anti-immigrazione è credibile quando le dentiere elettorali gratuite promesse dal canaro di Arcore alle sue vecchiette.
Fra Renzi e Berlusconi però c’è una fondamentale differenza: Renzi non controlla i media.
Quegli stessi media che hanno retto la facciata del suo Fantabosco finché gli è servito, adesso con un’orrida quanto efficace mossa dello sciacallo stanno invece convincendo gli italiani dell’esistenza di milioni di nordafricani accampati in tutte le stazioni d’Italia pronti ad invaderla.
Perché il Nazareno è morto.
La campagna elettorale è già ricominciata.
Chi in questi mesi ha descritto Berlusconi come ormai innocuo per via dell’età, della condanna, del crollo di Forza Italia, dimentica o finge di dimenticare che Berlusconi ha ancora il potere di controllare la percezione della realtà attraverso quei media che hanno trasformato l’autentica tragedia d’un pugno di disperati trattati da cani nella terrificante allucinazione collettiva di un’orda d’invasori saraceni.
I media berlusconiani non sono certo gli unici in Europa che lo stiano facendo, ma sono fra i più efficaci.
Salvini sa bene che il vento che gonfia le sue vele viene soprattutto dai ventilatori Mediaset, e che quindi la rotta della nave del centrodestra non potrà deciderla da solo. Anche Salvini come Renzi è un cazzaro che consiste solo di immagine. E come Renzi dipende da chi controlla le immagini.
Dal nucleo storico del PD, Renzi e il suo Giglio Marcio sono considerati in necrosi come un braccio morso da uno zombie, quindi da resecare al più presto. Per lo stesso motivo invece a Berlusconi e Salvini serve che Renzi rimanga a logorarsi e decomporsi al governo un altro po’, e s’intesti qualche altra Deforma, quindi è probabile che alla prossima fiducia il PD cerchi d’impallinarlo, e Verdini lo salvi. Per adesso.
Berlusconi ha sempre considerato Renzi un suo delfino. E i suoi delfini lui li mangia.»
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NONNIHIL
Posted in Stupor Mundi with tags Gianni Cuperlo, Italia, La Ditta, Leonardo Sciascia, Liberthalia, Minoranza Pd, Niente, Non-Essere, Nonnihil, Nulla, Parlamento, PD, Pierluigi Bersani, Pippo Civati, Politica, Rosi Bindi, Stefano Fassina on 11 marzo 2015 by SendivogiusOggi parliamo del “Nulla”, inteso come assenza di senso, nel non-essere di una qualsiasi consistenza. Epicuro sosteneva che “nulla si genera da ciò che non è”. Per paradosso, ignorava la vacuità che permea i mondi trascendenti della “politica”, da cui la cosiddetta “minoranza piddì”, il vuoto alla ‘sinistra’ del partito bestemmia, trae i suoi processi di reificazione nell’inconsistenza ciarlona ed inconcludente, che ne contraddistingue il nonnihil (il non niente) della sua inessenza.
Seguire le evoluzioni cognitive coi contorcimenti sofistici ed i volteggi rasoterra di un Gianni Cuperlo (“Io penso”), di uno Stefano Fassina (il Doppelgänger), insieme a tutti gli altri patetici compagnucci della ‘Ditta’, nella disarmata aleatorietà dei loro rigurgiti volitivi, significa addentrarsi nell’insieme vuoto che ha nello zero la misura della propria astrazione.
Bisognerebbe scomodare il genio letterario e sprezzante di Sciascia, applicato alle categorie del politico, per trarne una catalogazione tutta al ribasso:
«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre.»
Leonardo Sciascia
“Il giorno della civetta”
Einaudi, 1961