Archivio per Meritocrazia

Profumo di eccellenze

Posted in Masters of Universe, Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , on 18 marzo 2017 by Sendivogius

Certo che l’Italia è un paese proprio strano…
Può capitare di avere una laurea in neurochirurgia e non riuscire a trovare un posto nemmeno come bidella con contratto a tempo determinato, perché noi dei cervelli (e massimamente di quelli che pensano) non abbiamo assolutamente bisogno. Puoi essere un plurilaureato in discipline economiche, occuparti (ovviamente a titolo gratuito) di gestione contabile e pratiche fiscali per una pletora di “aziende leader” (che fanno il favore di sfruttarti tanto è l’onore), e trascorrere i successivi dieci anni dal conseguimento della laurea in stage non retribuiti, o rimborsati a forfait per la mirabolante cifra di 500 euro al mese (quando va bene). Perché l’esperienza non basta mai; perché la “formazione” è importante (soprattutto per chi organizza i corsi a pagamento); perché il tempo è prezioso e tanto vale buttarlo nei gironi senza sbocco dello sfruttamento legalizzato di “Garanzia Giovani”, per ritrovarti dopo i 32 anni, senza uno straccio di lavoro, senza un reddito, e null’altro che non sia una pila di attestati inutili, meglio se confinato/a in un limbo infinito di precarietà esistenziale, povertà, ed emarginazione sociale; perché esauriti gli sgravi fiscali e gli incentivi in conto pubblico (che le imprese incassano per farti lavorare a gratis) al “mercato” non servi più. Al massimo puoi ingrassare quell’altro business privato dei “corsi di aggiornamento professionale”, utili come una lampada abbronzante nel deserto del Sahara. Magari può capitarti di subire un trapianto di fegato, avere la sfortuna di sopravvivere all’operazione, e vederti licenziare perché l’azienda-leader, a cui hai regalato 30 anni della tua vita, non ti reputa più idoneo neanche come addetto al controllo delle telecamere.
 Però se ti chiami Alessandro Profumo (e sei vicino al partito che conta), puoi entrare in banca a 20 anni, con contratto a tempo indeterminato, essere inserito nell’area esecutiva come “personale non esperenziato” (meglio se con un diploma di maturità classica, quanto meno pertinente all’ambito creditizio), e nel frattempo cercare di sopravvivere con uno stipendio che (date le ultime restrizioni) attualmente si aggira attorno ai 2.188 euro (lordi) al mese e con quei soldi comprarti l’immancabile laurea privata alla Bocconi (ma non prima dei 30 anni), dove conosci la gente che conta, e con gli amici giusti diventare subito responsabile di un qualche “settore strategico” di una blasonata compagnia privata di revisione contabile. E siccome per certe persone è sempre Natale, può capitare di essere chiamati a dirigere una delle prime banche italiane, UniCredit, condurre una fusione catastrofica con la Capitalia di Cesare Geronzi, dedicarsi allo spaccio indiscriminato di titoli tossici, impiccandosi all’albero degli zecchini d’oro della finanza derivata, dove appendere per il collo qualche migliaio di correntisti, e dopo tre anni di oculata gestione (a.a.2007-2010) chiudere il bilancio con perdite da 10 miliardi di euro (negli anni saliti a 16 miliardi). Per concludere in bellezza, puoi percepire un compenso di 9 milioni e mezzo di euro (a cui magari aggiungerne altri 5,5 di bonus), e dopo appena tre anni consolarsi con un buonuscita da 38 milioni di euro per gli ottimi risultati raggiunti. Poi però per risparmiare il nuovo C.d.A. di UniCredit ha pensato bene di licenziare quasi 9.000 dipendenti che certo gli costavano troppo, in considerazione del “depauperamento patrimoniale”.
Siccome le disgrazie non vengono mai da sole, nel 2012 Alessandro Profumo assurge ai vertici del Monte dei Paschi di Siena; non si accorge di nulla o quasi in merito all’associazione a delinquere che di fatto sta rapinando dall’interno la più antica banca del mondo, e riesce a bruciare 8 miliardi di euro in ricapitalizzazioni fallite. Di questi, la metà sono stati messi ‘graziosamente’ a disposizione del Governo Monti e lasciati in conto a tutti gli italiani. Poi però si chiudono ospedali e si smantella lo stato sociale, perché non possiamo più permettercelo essendo vissuti al di sopra delle nostre possibilità (!). Nel 2015, Profumo, o meglio “Mr Arrogance” come è conosciuto nell’ambiente, lascia finalmente l’istituto senese, ma non prima di aver incassato un’altra liquidazione simbolica per una mezza dozzina scarsa di milioni. Spicciolo più, spicciolo meno.
In un paese dove può capitare che uno si veda respinta la sua domanda di assunzione come portiere condominiale, perché servono almeno tre anni di esperienza continuativa nel “settore”, dove la cassiera di un bar può essere licenziata per un ammanco di 5 euro sui resti, avendo causato “grave nocumento all’azienda”, accade che altri siano invece insostituibili e buoni per tutti gli incarichi a prescindere. E per questo vengono pagati ben oltre il loro peso in oro, nel gioco dei quattro cantoni a poltrone girevoli interscambiabili, quando sarebbe più conveniente non farli lavorare affatto. Aerei, cantieri navali, comunicazioni satellitari, automobili, estrazione idrocarburi, ferrovie… Un settore vale l’altro, perché in alcuni casi la competenza è relativa e la conoscenza dell’attività di produzione che si è chiamati a dirigere è del tutto ininfluente. Ed è per questo che Mr Arrogance può amministrare senza battere ciglio la società “Leonardo” (già Finmeccanica), colosso strategico a partecipazione pubblica dell’industria aerospaziale e nei sistemi di difesa.
Non c’è proprio nulla di cui meravigliarsi. In fondo si tratta di nomine di pertinenza governativa e sicuramente non c’è alcuna ragione di dubitare che l’attuale Presidenza del Consiglio abbia preso le decisioni migliori… In un esecutivo dove il ministro degli Esteri non parla una sola parola d’inglese, il ministro per l’Istruzione e l’Università ha il diploma di licenza media e quello della Giustizia la maturità scientifica, è ovvio che la competenza sia di casa!

Alla peggiore delle ipotesi, si può sempre fare il senatore con una condanna di 9 anni per bancarotta fraudolenta; o magari ‘immunizzarsi’ contro una sentenza già passata in giudicato per peculato. Un Minzolini val bene un Lotti sottosegretario.

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Le Donne del Capo

Posted in Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , , , on 31 ottobre 2014 by Sendivogius

donnina mangaGiovani, come vuole la retorica giovanilistica della rottamazione futurista.
Bellocce, ma di una bellezza scialba, precocemente consunta e priva di fascino.
Incompetenti, dai curricula inconsistenti quando non imbarazzanti, perché la “meritocrazia” finisce laddove comincia il dominio del Capo di cui sono la perfetta proiezione ancillare. E, nei casi prevalenti, risultano anche straordinariamente ottuse. Dentro il tailleur niente: nel senso di vuote.
Sono le donne del capo, radunate alla fiera di provincia per la parità più generalista che di ‘genere’. A loro modo, costituiscono la variante del Manuale Cencelli sul sessismo applicato alla politica. Nella piazzetta antistante la parrocchia del renzismo di subgoverno, ricordano meno che altro il ballo delle pupazze per la sedia che scotta.
Nell’assoluta identità tra i sessi, ridotta a fattore di propaganda promozionale, costituiscono l’orpello decorativo del Pigmalione che ha pensato bene di scritturarle al governo, con un unico ruolo da recitare a soggetto: la “donna”, oggettuata a quota di rappresentanza. In pratica, un forma di maschilismo mascherato di modernità e della peggior specie, perché subdolo nel finto messaggio paritario.
In quanto miracolate, sono devote al benefattore che le ha vidimate come una raccomandata preaffrancata alla carica prestabilita, già pronte per l’assegnazione nominale. Per competenze, qualità, doti individuali.. in nulla sono distinguibili dagli Paolo Gentiloniomologhi maschili: gli ubbidienti cicisbei in servizio ordinario a corte, senza altri requisiti se non la provenienza democristiana e la ruffiana fedeltà con cui servono il proprio signore acquisito, in cambio di cariche a cui nessuno con un minimo di decenza li promuoverebbe mai.
La sostanziale differenza tra berlusconismo e renzismo?
Le papi-girls vengono scelte secondo il mese del calendario, in base alla posa fotografica migliore ed alla preponderanza fisica
Le cheerleaders nel mondo cinguettante del Bambino Matteo vengono invece selezionate per valenza cromosomica, secondo criteri parrocchiali: bellezza dimessa e mai troppo appariscente (tipo Maddalena redenta); livello di prolificità (donna e madre); vergineo candore, in sintonia con la dimensione asessuata del partito bestemmia; vuoto pneumatico di idee ed esperienza.
Così non correranno mai il rischio di mettere in ombra l’ombelico di Telemaco. E tutta l’attenzione verrà concentrata non sull’assenza di titoli adeguati, la mancanza di competenze, le politiche inesistenti di un esecutivo votato all’improvvisazione, bensì sulla scelta dei vestiti, il trucco, il gossip teleguidato dal fotografo di fiducia, l’età (giovani e belle vs vecchie e brutte) e null’altro.
Insomma, il classico rapporto che intercorre tra il Bullo e le sue Pupe.
Bullo e pupePer cui si può scegliere tra la “straordinaria incompetenza” della Marianna, da innaffiare a intervalli regolari. Sprofondare nel vuoto delle desolanti banalità di ‘uagliella Pina, sempre che non sia troppo concentrata a tirar di conto su quanti incredibili balocchi si Boschi lato bpossono comprare con 80 euri. Disquisire sui colori pastello e le tinte elettriche della premiata sartoria Boschi; o in alternativa stornare tutti i media sul suo lato B. Oppure profondersi in pensosi editoriali sui bikini delle ministre in vacanza al mare. Che poi quest’ultime firmino per conto terzi, con la velocità di un battito di ciglia, (contro)riforme regolarmente scritte da altri e pessimamente confezionate, mettendoci la faccia (di cera), è prerequisito funzionale alla nomina.

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Editoria solidale

Posted in Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 28 marzo 2012 by Sendivogius

È desolante sfogliare le pagine di quell’inutile spreco di cellulosa chiamata ‘libera editoria’, a paga privata e finanziamento pubblico, allineate nel loro conformismo salottiero mentre esercitano l’arte in cui più sono versati: la Laudatio Principis, nell’ansia perenne di chi non può vivere senza un padrone da servire (a tempo) e presentar la penna al posto del moschetto.
Sono gli alfieri sontuosi di un giornalismo prezzolato; le sentinelle degli establishment oligarchici trasversali nella difesa unitaria del proprio capitale, ripartito per potentati economici ed industriali ma scambiato per “ricchezza comune”.
Come nuovi Pangloss, sono convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili, traendo il meglio dalle miserie altrui, rigorosamente al sicuro nel proprio giardino protetto, mentre giocano alla platonica Repubblica dei Filosofi, nel loro candore liberale scambiato per immutabile legge di natura…

«Landini appartiene alla schiera di coloro che non accettano il mondo come è, ma vogliono cambiarlo: i rivoluzionari, insomma. Al centro del suo universo, quello in cui crede, campeggia il lavoratore, col pieno diritto, sacro e inviolabile, a un posto equamente retribuito, a una paga che gli consenta di mantenere se stesso e la sua famiglia, a una pensione quando non dovrà più lavorare. Questi sono i dati di partenza, i dati imprescindibili. La conseguenza è chiara (anche se un Landini non sente alcun bisogno di enunciarla in tutte lettere). Se il mondo in cui viviamo consente l’adempimento dei diritti di chi lavora, bene. Se non lo consente, dobbiamo cambiare il mondo in cui viviamo. Sempre vi sono stati nella storia uomini di varia specie, alcuni avventurieri, altri nobili d’animo, tutti ugualmente insoddisfatti del mondo in cui viviamo,e risoluti a cambiarlo: gli idealisti, i rivoluzionari

Il raffinato editoriale, che nella sua integrale inutilità siderale potete leggere QUI, è a firma di Piero Ottone, già storico direttore del Corriere della Sera passato a La Repubblica in un collaudato gioco delle parti, descrive bene l’estraniato appagamento di “classe” (se si può osare tanto) di certa borghesia illuminata, convinta che i diritti dei lavoratori siano privilegi ed i propri privilegi di censo invece diritti acquisiti per merito. “Borghesia” universalmente confluita con tutte le sue componenti nell’adorazione di Mario Monti, per ritrovata redenzione dopo il tramonto dell’Unto e bisunto, in un paese piccolo piccolo che non può vivere senza icone da santificare per la remissione del debito (pubblico). E non è un caso che il serissimo, contrito, professore bocconiano non perda occasione per ringraziare pubblicamente chi quella voragine contabile l’ha creata, alimentata, esasperata, tra orge e voraci cricche assortite, senza che dall’alto del Colle (oggi loquace più che mai) si levasse il benché minimo sospiro.

Certo il cambiamento di stile è evidente, siamo passati da un imbonitore da fiera ad un piazzista che va liquidando all’asta il patrimonio di famiglia nel gabbione delle serafiche tigri asiatiche. Rispetto al Pornonano, sobrietà ed educazione fanno però la differenza; fondamentale in una conferenza internazionale, mentre parla il presidente USA, rispondere al telefono per conversare con… Maurizio Cicchitto (!!) il craxiano piduista che mica può attendere.

È questa l’essenza del nuovo Salvatore, in nome dell’ortodossia dei mercati e nel solco della continuità: inflessibile legge del taglione per i piccoli peccatori, indulgenza plenaria per tutti gli altri senza pagare pegno. Punire (“rieducare”, come non manca di ricordare con razzistica supponenza la stampa anglosassone) i più per salvarne pochissimi; togliere ai poveri senza nulla levare ai ricchi.
Pertanto, nell’ineluttabile proletarizzazione dei ceti inferiori (ce lo chiedono i mercati), ogni eccezione si configura come un atto “rivoluzionario”. Va da sé che, nell’accezione chiaramente negativa che i nostri ‘liberali’ attribuiscono al termine, rivoluzionario è sinonimo di sovversivo.. bolscevico.. e (tanto per stare al passo coi tempi) terrorista. Per quanto, con il passaggio ad una destra ottocentesca, anche gli anarchici sono tornati molto di moda.
L’unica eccezione ammessa è la “rivoluzione liberale”, che sancisce il primato delle elite tecnocratiche (rigorosamente eterodirette da vari consigliori) sugli organismi di rappresentanza democratica e sulla declinazione delle prerogative parlamentari a vantaggio del governo ‘tecnico’, nel congelamento della ‘politica’, come non si stanca di esemplificare mirabilmente il sempiterno Paolo Mieli. Naturalmente, qualunque forma di democrazia diretta o movimentismo di base è stigmatizzato con orrore assoluto, quindi opportunamente biasimato sui giornali e manganellato nelle piazze, in quanto fastidioso elemento di disturbo nel ritrovato ordine naturale dei mercati egemoni. Su questo, il nuovo ministro di polizia, Anna Maria Cancellieri, è chiarissimo. Tuttavia, anche la lacrimosa Elsa Fornero (variante sabauda del chiagni e fotti), dinanzi al dissenso creatosi dinanzi alla sue ineludibili riforme, sembra auspicare una restrizione del diritto di sciopero, in un crescendo di eccezioni ‘tecniche’ all’ordinamento costituzionale che infatti si vuole rottamare.
Di fatto, si tratta di una sospensione sostanziale delle funzioni democratiche, tramite una loro rappresentazione cerimoniale, che ne preserva in apparenza la forma svuotata di senso, conforme alla volontà dei “mercati” e senza gli eccessi dei baccanali berlusconiani, all’insegna di una ipocrita concordia ordinum su intercessione presidenziale.
In tale prospettiva, com’era prevedibile, il governo Monti ha riacceso gli entusiasmi troppo a lungo sopiti dei rispettabili vegliardi istituzionalizzati di un liberalismo manieristico, cosmopolita, magari dalle venature progressiste, ma più spesso con barra rigorosamente al centro e inclinazione a destra, posti da sempre alla direzione girevole dei principali quotidiani nazionali.
Tuttavia, la ‘nobiltà’ per rifulgere ha bisogno della ‘miseria’… Anche i palazzi più sontuosi, tra stucchi dorati e corridoi marmorei, nascondono inevitabilmente le latrine per la servitù di infimo livello….
Pertanto, nel generale peana verso le magnifiche sorti progressive dei professori al governo, non potevano mancare per meri calcoli di bottega ideologica, senza alcuna idealità, le storiche baldracche della prostituzione a mezzo stampa che esaltano la funzione salvifica del “mercato”, travestite da vestali liberiste convertite al credo dell’efficienza tecnocratica.
È quasi curioso osservare i vari Ferrara, i Belpietro ed i Sallusti, che dal fondo dei loro osceni giornalini assistiti concionano di libero mercatomeritocraziacompetenzaprevalenza del Privato
Parliamo di gente che se davvero si ponesse in libera competizione sul mercato privato, in base ai risultati effettivi ed al ritorno economico della loro attività, avrebbe chiuso bottega da un pezzo!
 Il più imbarazzante è il sempreverde Giuliano Ferrara, liberista intransigente, ostensore del mercato libero e selvaggio…
Uno assunto in RAI, per sfacciata raccomandazione, con una trasmissione misconosciuta, che persiste nella messa in onda (catastrofica per i bilanci aziendali) unicamente per referenze politiche.
Uno che non perde occasione di dare lezioni di ultra-liberismo, invocando meritocrazia e concorrenza, ma che evidentemente reputa assai coerente incassare 3 milioni e mezzo di euro (per l’esattezza: € 3.441.668,78), grazie ai contributi pubblici per l’editoria, per la messa in stampa de Il Foglio. A proposito di taglio dei privilegi, L’Avanti! del latitante Lavitola nel 2010 ha incassato 2.530.640,81 di euro.
Un altro manipolo, assai convinto quando si parla di licenziamenti altrui e cacciata dei lavoratori in nome del risparmio e dell’efficienza produttiva, è la tripletta Belpietro-Feltri-Sallusti, che solitamente si passano il testimone nelle due imbarazzanti pubblicazioni fasciste, conosciute come Libero e Il Giornale. Scampoli di Ventennio. In particolare, quell’ossimoro giornalistico chiamato provocatoriamente “Libero”, tra il 2003 ed il 2009 ha beneficiato di finanziamenti pubblici per 40 milioni di euro, percepiti illegalmente, tramite la costituzione fittizia in cooperativa editoriale. È evidente che le esecrate cooperative, quando fanno comodo, piacciono assai ai sedicenti liberisti in rigorosa camicia nera d’ordinanza.
Questi sono solo i casi più lampanti, ma l’elenco è lungo. Naturalmente, questi non sono sprechi, non costituiscono privilegi e posizioni di rendita, ma solidi baluardi di libertà da mantenere ad oltranza e assolutamente da non tagliare. Meglio chiudere scuole ed ospedali per fare cassa. Meglio ribassare i salari per incentivare la concorrenza. Meglio tagliare i sussidi per i licenziamenti, che si vogliono facili e senza limiti.
Ad essere sinceri, il direttorio tecnico ha previsto una poderosa sforbiciata alla pubblica sovvenzione di questi parassiti di carta. A partire dal 2014. Il presidente Napolitano, solitamente così solerte ad offrire la sponda ad ogni diktat del Governo Monti, ha già espresso la propria netta contrarietà.
Non è dato da sapere la richiesta dei mercati in proposito; né risultano impellenze dall’Europa, che nel merito sembra aver esaurito le buste da lettera.

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Giovani di talento

Posted in Kulturkampf, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , on 6 ottobre 2011 by Sendivogius

Vi ricordate il famoso comunicato sulla realizzazione della super galleria Ginevra-Gran Sasso, dove correrebbero i neutrini in libertà?!? Inutile dire che ogni tanto bisognerebbe far scontrare anche due neuroni…! Tra i prodotti migliori dell’ufficio propaganda del Ministero alla Pubblica Istruzione (MIUR), la “dichiarazione” costituisce l’ultima fatica intellettuale di un notevole Massimo Zennaro che, come portavoce (e gobbo) del ministro, tra note e comunicati ci aveva già regalato buone performance nell’ultimo biennio (un esempio: QUI).
In seguito allo spiacevole equivoco, il rampante dott. Zennaro, tipico prodotto berlusconiano, si dimette dall’incarico ma non dallo stipendio, visto che continua a percepire la retribuzione riservata ai dirigenti di I^fascia del MIUR, che per l’esattezza ammonta 174.591 euro lordi all’anno. Lo potete verificare QUI (è l’ultimo nome nella prima pagina dell’elenco!)*.

* Dal momento che Massimo Zennaro, in virtù di una nomina tutta politica, non è più in forza al MIUR, la sua posizione retributiva è stata stralciata dai dati del ministero e quindi non più reperibile on line. Poco male! Per la gioia dei più curiosi, alleghiamo copia del documento originale (cliccare sull’immagine per ingrandire): 

L’Autore del noto comunicato, non contento dell’eccezionale ritorno d’immagine, lascia e raddoppia!
 Infatti è fresca di queste ultime ore la notizia di un’altra brillante iniziativa ministeriale, attribuibile allo zelante funzionario, in qualità di “Direttore Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione”. Proprio all’intraprendente direttore generale sembrerebbe riconducibile la scelta di non rendere noti i dati, relativi agli esiti degli esami di Stato dell’anno scolastico appena concluso. Si tratta di una pubblicazione che, dopo il caos del famigerato “test invalsi”, costituirebbe un altro tassello a riprova della fallimentare gestione del ministro Gelmini: l’avvocatessa di Leno ingaggiata alla pubblica d-Istruzione.
Se non puoi falsicare i dati, puoi sempre nasconderli… E in tal modo censurare la diffusione delle notizie sgradite: una vera specialità della casa delle libertà tutte littorie.
Il bravo Massimo Zennaro è evidentemente un’esponente privilegiato di quell’Italia migliore, che prospera a carico della Funzione Pubblica e che tanto piace al ministro Renato Brunetta. Appartiene a quell’Italia laboriosa e silente che si presta ad ogni impiego pur di lavorare e mai si lamenta, trovando ottime e abbondanti le gioie di una flessibilità estrema e sottopagata, che eccita i desideri del ministro Maurizio Sacconi, l’altro residuato veneto-craxiano promosso al dicastero della Disoccupazione. Come i due residuati socialisti, anche l’efficiente Zennaro proviene infatti dal Veneto laborioso e industrioso, tanto bistrattato da Roma ladrona

È nato a Padova il 25 Aprile del 1973 (ironia delle date!), ma presto arriva a Milano dove si laurea in Scienze Politiche, nell’Università privata della famiglia imperiale, la Cattolica del Sacro Cuore, nel cui consiglio d’amministrazione attualmente siede come rappresentante del governo.
Iscritto all’albo dei giornalisti, militante di “Forza Italia”, cresce sotto l’ala protettiva di Marcello Dell’Utri e di Tiziana Maiolo che gli spianano l’ingresso al Comune di Milano, dove comincia la sua brillante carriera da “dirigente”…
Dal 2001 al 2006, è responsabile della comunicazione presso l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune.
Dal 2006 al 2008, diventa Direttore Vicario del settore Presidenza del Consiglio comunale di Milano.
Dal 2008, cumula una serie di incarichi direttivi, presso alcune pubblicazioni periodiche della Le Monnier-Mondadori (la casa editrice della famiglia imperiale), finché non viene affiancato (come “portavoce”) a Maria Stella Gelmini, la quale il 07/08/2008 se lo porta con lei al ministero dell’Istruzione, premurandosi di nominarlo “direttore generale” per nomina esterna. Con chiamata diretta e senza nessun concorso o verifica delle competenze professionali. Tanto paghiamo noi..!
I meriti straordinari di Massimo Zennaro sono così evidenti, che il 10/12/09 (ad oltre un anno dalla nomina ad personam) viene presentata una interrogazione parlamentare alla Gelmini ministro, per ottenere la pubblicazione del curriculum del dott. Zennaro sul sito del MIUR, come impone il cosiddetto decreto Brunetta. Il neo-direttore generale infatti è l’unico dirigente del MIUR a non aver fornito i suoi requisiti professionale, a fronte di uno stipendio che sfiora i 175mila euro annuali.
E, a leggerlo il curriculum vitae di Massimo Zennaro, si capisce bene il perché…
Una paginetta scarna, quasi imbarazzante nella fumosità dei requisiti, dove le “esperienze professionali” sono riconducibili unicamente alla collocazione politica di un portaborse in carriera. Un curriculum dove i riferimenti alle collaborazioni editoriali “che il dirigente ritiene utile pubblicare” sono vacue e rigorosamente prive di date di riferimento.
Il curriculum integrale lo potevate leggere QUI… Finché, una manina assai solerte ha provveduto a rimuovere ogni traccia del c.v. del miracolato, ma non disperate. Previdenti come sempre, ne abbiamo salvato una copia che potete leggere QUI!
A noi la lettura ci ha depresso. E il pensiero è corso subito a quelle centinaia di migliaia di giovani talenti… di laureati col massimo dei voti, costretti ad estenuanti tirocini gratuiti e corsi a pagamento, senza alcuna reale prospettiva occupazionale… ai precari della P.A. umiliati da un Brunetta bilioso e arrogante… a tutti quei ricercatori universitari con rimborsi da fame, costretti ad elemosinare il rinnovo dei contratti e ad emigrare all’estero per assenza di alternative…
Abbiamo pensato con sconforto ad una intera generazione, consumata nel limbo della precarietà più estrema, umiliata da decine di lavoretti infami e sottopagati…
E ai vari Zennaro Massimo, per i quali è sempre Natale e che prosperano nel ventre della politica per professione…
La “meritocrazia” secondo il berlusconismo.

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OBSCURUM PER OBSCURIUS

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , on 23 dicembre 2010 by Sendivogius


I prodotti della giurisprudenza parlamentare (le raffazzonatissime leggi di politici semi-analfabeti) sono famosi per la sciatteria espositiva e per l’inesplicabilità linguistica di una prosa ostica, che fa dell’incomprensibilità del testo una missione. Tuttavia, il DDL 1905, la cosiddetta Riforma Gelmini, sembra davvero battere tutti i suoi predecessori…
 Almeno è questa l’impressione che si ricava dalla bozza di testo (già approvata dal Senato il 29/07/2010) ed ora in dirittura d’arrivo finale, a tappe forzate e tempi contingentati. A tal proposito, è davvero irresistibile la leghista Rosi Mauro: la badante di Bossi, ragioniera e improvvisata vicepresidente al Senato, che smista gli emendamenti alla stessa velocità con cui si prezza il pescato al mercato del pesce all’ingrosso. 

Nel Disegno di Legge governativo (firmato dalla Gelmini, ma scritto da Tremonti) si parla di “consigli di amministrazione”, “collegi dei revisori contabili”, “sostenibilità di bilancio”, “obiettivi strategici”… come nei prospetti delle mission aziendali… senza che MAI venga nominato il termine “Cultura”. Eppure le disposizioni riguardano l’insegnamento e la formazione universitaria.

«Quando sento la parola ‘cultura’ tolgo la sicura alla mia Browning!» 

 Hanns Johst
 “Schlageter” 
  Atto I; scena 1
  (1933)

Inflazionato è invece il ricorso a “meritocrazia” che fa capolino ogni due righe, alla stregua di un feticcio auto-rassicurante. Tanto le parole non costano nulla, altrimenti non si capirebbe come la Maria Stella possa essere diventata ministro: caso estremo, ma non isolato, nel governo del fottere presso la Casa del Papi.
 Eppure, almeno sotto certi aspetti, la ‘riforma Gelmini’ potrebbe persino essere un’ottima legge contro sprechi, inefficienze e favoritismi clientelari, con spunti interessanti per la gestione ottimale di società di capitali ed aziende municipalizzate del Comune di Roma, come l’ATAC e (meglio ancora!) l’AMA, se l’oggetto in questione non fosse però l’Università pubblica la cui gestione viene equiparata in tutto e per tutto a quella di un’impresa privata.
E davvero non si capacità la Maria Gelmini superstar di tanta ostilità e tali proteste da parte di chi l’università (con tutte le sue carenze) la vive:

«I baroni, attraverso alcuni studenti, tentano di bloccare una riforma che rende l’Università italiana finalmente meritocratica, che pone fine al malcostume di parentopoli, che blocca la proliferazione di sedi distaccate inutili e di corsi di laurea attivati solo per assegnare cattedre ai soliti noti

 M.S.Gelmini 
 (25/11/2010)

Infatti, tra i maggiori estimatori del ddl c’è il rettore dell’Università La Sapienza di Roma (il più grande ateneo d’Europa, come pomposamente viene chiamato), l’assai chiacchierato prof. Frati: “il ministro Gelmini ha fatto una riforma straordinaria” (18/11/2010).

ONORE AL MERITO
 Se c’è uno che incarna i vizi e le furbizie del baronato accademico, questo è proprio Luigi Frati: un uomo che ha fatto del nepotismo familiare molto più di un’arte, nella quale è maestro indiscusso.
Laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stato per anni il collettore politico tra potere democristiano e mondo baronale accademico, con incursioni nel grande policlinico universitario della Capitale: il disastrato Umberto I.
A tali rapporti andrebbero poi aggiunti i suoi legami con le multinazionali farmaceutiche…
Nominato a soli 40 anni vicepresidente del Consiglio Universitario Nazionale, l’organismo che gestisce i concorsi per l’assegnazione delle cattedre, il giovanissimo (per gli standard italiani) Frati ne approfitta per costruire una rete fittissima di clientele e relazioni, che sono  alla base del suo potere personale. Si tratta di un sistema talmente articolato e complesso da essere chiamato “Modello Frati” e che vale la pena di conoscere meglio, leggendo QUI.
Di conseguenza, da docente, Luigi Frati è diventato preside di facoltà ed infine rettore (03/10/2010). Inutile dire che conserva tutte le cariche; tanto che, a prescindere dai suoi meriti scientifici,  il prof. Frati continua a guadagnarsi numerosi articoli sui principali quotidiani nazionali. Ad esempio: QUI.
Professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina, Luigi Frati da 18 anni è anche preside della medesima facoltà che considera un suo feudo personale, tanto da usare l’Aula Magna come sala di nozze per il matrimonio della figlia Paola (14/11/2004), opportunamente nominata professoressa ordinaria di Medicina Legale, con una laurea in giurisprudenza.
Ma nell’Ateneo del magnifico rettore Luigi Frati hanno trovato opportuno collocamento anche il secondogenito Giacomo (classe 1974) e Luciana Rita Angeletti (in Frati). Naturalmente non poteva mancare il cognato: Pietro Angeletti.

«Giacomo Frati, laureato in medicina, ha vinto il concorso da ricercatore nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore. Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura come professore ordinario di Storia della medicina. Anche suo fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata una figura importante soprattutto perché era l’amministratore della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dohme

 “Il Barone Frati
 Primo Di Nicola & Marco Lillo
 L’Espresso (12/01/2007)

Notizia dell’ultima ora è la nomina di Giacomo Frati a docente ordinario. Coerentemente, Luigi Frati è un altro di quelli che si riempie la bocca di “meritocrazia”, con una faccia di tolla difficilmente eguagliabile neanche dal più spericolato degli spergiuri.
Un altro a cui la riforma Gelmini sembra piacere molto è il rettore dell’Università Roma-2 di Tor Vergata, il prof. Renato Lauro:

«Non approvare la riforma dell’università sarebbe un passo indietro gravissimo. Non si potrebbero fare concorsi e non ci sarebbe la riduzione dei tagli» 
 (02/12/2010)

 Medico personale di Angelo Balducci, il magnifico Lauro appartiene alla nutrita schiera di quelli che tengono famiglia. Pertanto ha piazzato nella “sua” università la moglie, il figlio e pure un paio di nipoti…dalla Sicilia con ardore!
L’ultima assunta, in extremis prima dell’approvazione del ddl, è Paola Rogliani: la moglie del figlio Davide. Alla vicenda Il Corriere della Sera dedica una gustosa intervista: QUI, mentre Il Messaggero di Roma lo affonda con un’altra bordata micidiale in onore dell’ennesima parentopoli romana (QUI).

L’ATENEO AZIENDA
 E del resto perché la riforma non dovrebbe piacere ai rettori degli atenei?!?
Con l’approvazione del ddl infatti i rettori si vedranno trasformati praticamente in supermanager (il cui mandato avrà un max. di 8 anni) con poteri quasi illimitati e la possibilità diretta di gestire fondi e appalti universitari, con gli istituti collegati. Il valore culturale diventa secondario; la formazione didattica una variabile dipendente. Gli atenei in tutto e per tutto si configurano come società private e come tali organizzate:

Art. 2
(Organi e articolazione interna delle università)

Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organi (…) secondo princìpi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
 a) previsione dei seguenti organi:
   1) rettore;
   2) senato accademico;
   3) consiglio di amministrazione;
   4) collegio dei revisori dei conti;
   5) nucleo di valutazione;
 b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei princìpi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del documento di programmazione strategica triennale di ateneo.

Tra le novità c’è l’introduzione di un vero e proprio CdA aziendale che affianca ed integra le competenze del senato accademico, con mansioni pressoché equipollenti ed una inevitabile sovrapposizione di ruoli. Tra i compiti del Consiglio di Amministrazione rientrano altresì:
le funzioni di indirizzo strategico;
l’approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale del personale (in pratica le spese per il pagamento degli stipendi);
vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività (i saldi di bilancio);
la competenza a deliberare l’attivazione o soppressione di corsi e sedi;
Quest’ultima costituisce una grave ingerenza nei confronti del Senato accademico e della libera didattica, a maggior ragione che il CdA non è un organo elettivo e nulla ha a che vedere con la ricerca.

Il Consiglio di Amministrazione
 I membri del CdA, per un massimo di 11 componenti (compreso il rettore ed una rappresentanza degli studenti) viene reclutato:

“mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un’esperienza professionale di alto livello; non appartenenza ai ruoli dell’ateneo”

Se è vero che il nuovo CdA si occuperà prevalentemente di amministrazione contabile e gestione di bilancio, escludendo quindi docenti e personale accademico, è anche vero che può mettere bocca sull’organizzazione e sull’offerta didattica, decidendo la chiusura di istituti e corsi, utilizzando come unico parametro la contabilità finanziaria. In questa prospettiva, ne consegue che istituti di eccellenza come ad esempio “Lingue Orientali”… “Semiologia”… “Filosofia ermeneutica”… che non vantano certo migliaia di iscritti, potranno essere chiusi per una mera questione di calcolo.
Per evitare i conflitti di interesse, si ricorre alla competenza di esperti “esterni”, ma il rettore dell’ateneo può diventare presidente del CdA, come se fosse immune da interessi particolari (e personali). Un controsenso che piace molto (come è ovvio) ai diretti interessati.
La svolta aziendalistica viene ulteriormente rafforzata dalla:

“sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dell’incarico di direttore generale, regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile”

Nell’ideologia efficientista che pervade la ‘riforma’ null’altro interessa all’infuori dell’esperienza dirigenziale del direttore che del resto dovrà occuparsi “della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo”.
È interessante invece notare come il rettore universitario, ormai avviato all’onnipotenza, può scegliersi altresì il direttore generale oltre a presiedere il CdA.

Il Collegio dei Revisori contabili
 La composizione di un collegio di revisori dei conti è forse l’unica, vera, novità positiva della ‘riforma’ che prevede:

“un numero di tre componenti effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato; uno effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell’economia e delle finanze; uno effettivo e uno supplente scelti dal Ministero tra dirigenti e funzionari del Ministero stesso; nomina dei componenti con decreto rettorale; durata in carica per quattro anni; rinnovabilità dell’incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università; iscrizione di almeno due componenti al Registro dei revisori contabili.”

Il Nucleo di valutazione
 È questa l’entità che nelle intenzioni del Legislatore (Tremonti-Brunetta) dovrebbe espletare le funzioni di controllo e certificazione qualità. Un po’ come gli ispettori aziendali.

Il nucleo di valutazione [sarà composto] con soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all’ateneo; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell’ateneo

Compito del coordinatore è la “verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica”, insieme alla valutazione dell’attività di ricerca svolta nei singoli dipartimenti.
La struttura di controllo si dovrebbe chiamare ANVUR: Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. E naturalmente opererà “secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale”.
Peccato che il sedicente “nucleo di valutazione” sia in realtà una scatola vuota, ancora in fase di costituzione e senza che siano state ancora codificate le linee guida alle quali dovrebbe attenersi l’Agenzia per le sue valutazioni.
L’ANVUR (ancora in fase di costituzione) dovrà attenersi dunque ad un sistema di valutazione dai criteri indefiniti (da stabilire ex post mediante decreto legislativo).

Senato accademico
 Per contenere le camarille baronali all’interno dell’università, il DDL vieta il cumulo delle cariche ai componenti del senato accademico (naturalmente con l’eccezione del rettore):

Divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche.
Divieto di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato (rettore incluso).
Divieto di incarichi nel nucleo di valutazione o del collegio dei revisori dei conti di altre università italiane statali, non statali o telematiche; di svolgere funzioni inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività universitarie nel Ministero e nell’ANVUR.

In compenso, tra i votanti passivi che contribuiscono all’elezione del Senato accademico vengono interdetti tutti gli studenti che abbiano superato il primo anno fuori corso. Perché la democrazia elettiva è una cosa bella, ma se ci partecipano in pochi è meglio.

Tu chiamala “meritocrazia” se vuoi…
 Con la scusa della “razionalizzazione dell’offerta formativa” (Art.3) invece si smantellano dipartimenti, si riducono facoltà e chiudono interi corsi di laurea, con una vera falcidia di ricercatori e personale a contratto. Questo perché l’accorpamento degli istituti e la fusione delle università comporta necessariamente un ridimensionamento del ‘personale’ che va razionalizzato (licenziato), esattamente come avviene nelle fusioni aziendali, a prescindere dalle competenze e dai ruoli. È naturale che ad essere tagliati via non saranno i vecchi “baroni” coi loro contratti blindati a tempo indeterminato, ma i giovani ricercatori precari coi loro contratti a tempo (e da fame) con inevitabili conseguenze a ribasso sulla ricerca e sull’attività didattica. Certo il provvedimento sarà fondamentale per bloccare la cosiddetta “fuga dei cervelli all’estero”. Ma abbiamo già visto come gli aspetti culturali e formativi siano tra le ultime preoccupazioni della ‘riforma’ Gelmini, il cui unico scopo è fare cassa e giustificare il blocco dei finanziamenti.

“La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi.
(…) I fondi risultanti dai risparmi prodotti dalla realizzazione della federazione o fusione degli atenei possono restare nella disponibilità degli atenei stessi purché indicati nel progetto e approvati dal Ministero.
(…) Le disposizioni si applicano anche a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate.”

In tutto ciò, non si comprendono bene i vantaggi per gli studenti universitari, per i quali è però previsto un articolato programma di valorizzazione con l’istituzione di un “fondo per il merito” (Art.4) che contempla premi di studio e buoni, ma riservati solo agli iscritti del primo anno:

«È istituito presso il Ministero un fondo speciale, di seguito denominato “fondo”, finalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti individuati, per gli iscritti al primo anno, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi, mediante criteri nazionali standard di valutazione.»

Da dove trae l’università i finanziamenti per garantire i bonus agli “studenti meritevoli”? Ma è chiaro! Siccome lo Stato, coi ministeri competenti, non sgancia un centesimo si confida nel buon cuore dei “privati”.

«Il fondo è alimentato con versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi.»
 
(Art.4; comma VII)

«Il Ministero [dell’Università], di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso dei privati e disciplina con proprio decreto di natura non regolamentare le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del fondo, anche costituendo, senza oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo formato da rappresentanti dei Ministeri e dei donatori.»

 (Art.4; comma VIII)

L’unico risultato concreto è che non solo sarà impossibile calcolare l’entità reale delle erogazioni, ma che gli studenti (in assenza di fondi certi) vedranno messa in seria discussione anche l’assegnazione delle attuali borse di studio.

«Il Fondo può essere integrato dai singoli atenei anche con una quota dei proventi delle attività conto terzi ovvero con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti privati»

 (Art.9 – Fondo per la premialità)

In pratica è l’ingresso dei famosi sponsor privati nei collegi universitari, che chiaramente non erogano finanziamenti disinteressati ed a tasso zero.

UNITÀ DI PRODUZIONE
 Lo studente cessa di esistere in quanto tale, per trasformarsi in una sorta di unità produttiva alla quale conferire un valore d’uso. Nell’Art.5, che stabilisce le deleghe in materia di interventi per la stabilità di bilancio e l’organizzazione degli atenei, si contempla pure:

«l’introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l’università, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario»

Dall’estremismo efficientista al mercato delle vacche!
Invece per gli atenei in passivo di bilancio, come le regioni insolventi o le aziende in dissesto, verranno approntati dal Ministero dell’Economia appositi “piani di rientro finanziario”, fino alla disposizione del “commissariamento” delle università (di nomina governativa), alla faccia dell’autonomia…

Intendiamoci! Non è che la riforma sia del tutto priva di spunti interessanti ed in parte condivisibili.  Non  dimentichiamo certo che  l’attuale sistema universitario con le sue carenze, gli sprechi, e le sacche parassitarie più o meno clientelari è quasi indifendibile. E crediamo nessuno voglia mantenere immutata la situazione attuale, che ottimale proprio non è.
Ben venga dunque un tentativo di intervento che introduca una nuova disciplina dei rinnovi contrattuali e soprattutto un controllo più stringente su spese e gestioni di bilancio.
Ben venga una riorganizzazione delle assunzioni e dei concorsi, che non sia però preclusiva, che contempli davvero una valorizzazione ed un’opportunità per i talenti migliori.
E pur tuttavia la politica dei tagli indiscriminati, la leggenda metropolitana dei “Privati” che finanziano la Cultura e l’Università sopperendo alle carenze del “Pubblico”, le ‘sussidiarietà’ a tutto vantaggio delle strutture private senza alcuna contropartita, la parificazione delle università telematiche con l’incredibile caso del CEPU, sono aspetti quanto meno ambigui di una “riforma” blindata che non prevede verifiche né approfondimenti. L’ennesima prova muscolare di una compagine di potere che fa della provocazione una costante, criminalizza gli studenti (che della riforma sono parte integrante), e interpreta ogni possibile revisione o modifica al testo come un intollerabile cedimento dinanzi al ‘nemico’.
Chi semina vento, raccoglie tempesta..!

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CASI UMANI

Posted in Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , on 26 novembre 2010 by Sendivogius


Nero sublime
Lento abbandono
Violento rosso
Fugace ironia
Bianco madreperla
Intrepido mistero

(Sandro Bondi. Poesie)

Eppur tuttavia, il mistero più intrepido è come questo lontano emulo dello Zio Fester sia riuscito a diventare ministro dei ‘Beni Culturali’. Speriamo non per le sue doti artistiche..!
Nell’esegesi della poetica bondiana la dimensione curiale dirada nell’insondabile dei desideri repressi e di amori soffusi, consumati nella voluttuosità dell’attesa:

Ignara bellezza
Rubata sensualità
Fiore reclinato
Peccato d’amore

Muto segreto
inconfessata attesa
desiderata armonia
inavvertita fortezza
sospirata carezza d’amore

Misteriosa bellezza
Celeste carezza
Colpevole dolore
Vita dell’amore

Ebbrezza della vita
Deposito di sapienza
Imberbe condottiero
Delirio d’amore

Insomma, le sue composizioni liriche sembrano seguire uno schema consolidato, suddiviso in tappe precise: arrapamento, fantasticherie erotiche, amplesso e rimorso. In  pratica,  è  il tipico onanista penitente, oppresso da una vita sessuale scadente.
Fortunatamente, dopo un matrimonio infelice, negli ultimi tempi il tenero Bondi sembra aver appagato il suo “desiderio d’amore” insieme alla comprensiva Manuela Repetti con la quale condivide affetti, militanza politica… e famiglia (di Lei).
Dopo la nomina di Mario Resca per le attività culturali [QUI], di Riccardo Micciché alla direzione restauri degli Uffizi [QUI] e di Nicola Mercurio nello staff commissariale di Pompei [QUI], l’Alfiere della rivoluzione meritocratica al MIUR, il Castigatore dei finanziamenti parassitari del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), ci ha regalato un’altro gustoso saggio sulla eccellenza al merito, con la valorizzazione delle competenze, ai tempi di Re Silvio.
Infatti, come pegno d’amore, il ministro Bondi si è subito adoperato per trovare una pronta sistemazione alla famiglia della sua neo-fidanzata.
25.000 euro all’anno (a partire dal 2009) per il sig. Roberto Indaco, ex marito della Repetti, come consulente del FUS per una non meglio precisata competenza specifica in “Arte e moda”.
Ma il ministro si schernisce:

“Non ho violato nessuna legge. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani. È la tragedia di un uomo che era disoccupato e senza lavoro.”

Che cuore d’oro! Nell’Italia della piena occupazione, che non conosce crisi né licenziamenti, come negare un simile interessamento con pronta sistemazione?!?
L’altro “caso umano” è Fabrizio Indaco, il figlio della Repetti, che ha ottenuto un contratto al Centro sperimentale di Cinematografia, per conto del Ministero dei Beni Culturali. Il figliol prodigo, con diploma, si occupa dei servizi della direzione generale per la realizzazione della piattaforma on line e per la presentazione delle domande di finanziamento al FUS.
Nicola Borrelli, responsabile ministeriale per la “sezione cinema”, spiega che l’impiego di Indaco (a chiamata diretta) è giustificata dalla straordinaria mole di lavoro.
Evidentemente si tratta di uno di quei lavori che gli italiani, giovani e laureati e disoccupati, non vogliono più fare.
In omaggio al Vate di Fivizzano  e dei suoi straordinari successi ministeriali, volgiamo una lirica devota sulla falsariga della composizioni di un simile bardo incompreso:

Minchione irredento
Ruina cadente
Visione assente
Terreo fragore
Candor dolente
Atroce ironia
Bolso demente
Cultura morente

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I RACCOMANDATI

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 2 settembre 2009 by Sendivogius

Movida & Basurasaluto di Alemanno
 Nella Roma Città Sicura, lo sport più diffuso sembra essere diventato la caccia all’asiatico (Pigneto; Trullo; Monteverde; Villa Gordiani; Tor Bella…) E quando non si trovano stranieri isolati da linciare, per fortuna c’è sempre qualche frocio da pestare. 
È
la “Roma che cambia” del sindaco Alemanno. Biasimo in pubblico, compiacimento in privato. A propria discolpa, si può sempre ostentare una finta tolleranza, grazie all’istituzione ufficiale di ghetti dove poter colpire impunemente. In sintonia col nuovo corso politico, la scialba Estate romana si chiude degnamente, in un crescendo omofobo da record:
 22 Agosto, EUR. Accoltellamento di due omosessuali all’uscita del Gay-Village.
 26 Agosto, Portonaccio. Incendio del Qube, locale solito organizzare serate omosex.
 01 Settembre, S.Giovanni. Bombe carta lanciate tra i passanti (presumibilmente gay) in prossimità della cosiddetta gay-street.
Vaporizzata ogni opposizione, contro la risorgenza squadrista deve essere sembrata una risposta forte la recente promozione di
Stefano Andrini ai vertici dell’AMA.
Stefano Andrini Stefano Andrini è un estremista di destra, con trascorsi giovanili piuttosto burrascosi nella galassia neofascista.
Nel 1988, invece del solito pellegrinaggio alla tomba del duce, previsto nella liturgia missina, Stefano Andrini, insieme al fratello Germano, va in gita a Wunsiedel in cameratesco omaggio a Rudolf Hess, gerarca nazista.
Il 10 Giugno 1989, i gemelli Andrini massacrano con tubi di ferro due ragazzi fuori il cinema Capranica. Uno degli aggrediti,
Andrea Sesti, entra in coma con frattura della scatola cranica, riportando lesioni permanenti. Il raid costa ai due nazistelli in erba, che nel frattempo sono scappati in Svezia, una condanna per tentato omicidio e lesioni aggravate (4 anni e 8 mesi).
Negli anni successivi, secondo le informative della DIGOS romana, Stefano Andrini intensifica i suoi contatti coi gruppi skinheads, bazzicando il
“Movimento Politico Occidentale” di Maurizio Boccacci. Soprattutto frequenta gli ambienti di “Alternativa Nazional-Popolare”, formazione fondata dall’ex ordinovista Stefano Delle Chiaie: l’allucinato Caccola con la passione per i golpe militari. E proprio grazie all’immarcescibile Caccola, il giovane Andrini avvia un’utile carriera da pubblicista.
Nel Febbraio 1994, tanto per tenersi in allenamento, Andrini viene arrestato insieme ad altri skins con tanto di elmo vichingo calato sulla testa, dopo una nuova spedizione punitiva alla facoltà di Giurisprudenza nell’Università ‘La Sapienza’ di Roma. Durante una perquisizione domiciliare, ad Andrini viene contestato anche il possesso di una pistola calibro 22 e di un tirapugni.
La notizia la potete leggere qui. 
Naturalmente sono tutte “becere strumentalizzazioni” da parte di malevoli detrattori.
Sul finire degli anni ’90 si iscrive ad AN e si ritaglia una nuova veste istituzionale al fianco di
Mirko Tremaglia, col quale scazza di brutto, pare, per questioni di denaro e gestione fondi. Tant’è che l’ex repubblichino lo caccia via in malo modo e senza troppi complimenti.

Andrini dietro Tremaglia

Poco male, perché nel 2007 Stefano Andrini si ricicla al fianco di Luigi Pallaro (nel frattempo passato a destra), aderendo al suo movimento “Associazioni italiane in Sud America”.
Andrini si candida alla Camera, ma senza successo. Tant’è che la parabola dell’ex squadrista sembrerebbe avviata ad un rapido tramonto. In apparenza. 
Nell’Ottobre del 2008, a 39 anni Stefano Andrini viene assunto per chiamata diretta all’AMA come “dirigente”. Si tratta infatti dell’uomo giusto nel posto giusto: l’AMA è l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta rifiuti.
Il ragazzo deve avere delle doti inaspettate quanto nascoste, perché già a Maggio del 2009 si parla di una sua possibile promozione,
“per le competenze dimostrate ed il possesso dei requisiti professionali adeguati e per il suo precedente curriculum lavorativo”. Infatti è prossima la sua nomina ad Amministratore delegato dell’AMA Ambiente: la branca aziendale responsabile dei servizi ambientali. Una carriera lampo!
Quali siano queste straordinarie competenze però non è dato sapere. La direzione dell’AMA si è concessa due giorni, prima di riuscire a presentare un curriculum accettabile del nuovo supermanager comunale, profumatamente stipendiato coi pubblici quattrini.
Sappiamo, per esempio, che dal 1997 al 2000 è stato amministratore unico della fantomatica
Ikonaut software AB. Si tratta di un’azienda informatica che non ha un sito internet (!) Da nostre ricerche (incomplete) pare che abbia sede in Svezia, dalle parti di Malmö, e in passato si sarebbe occupata dello sviluppo di applicativi per la comunicazione mobile (probabile trasmissione dati in GSM). Ma sono solo supposizioni, perché sulle attuali (e passate) attività della Ikonaut, sui suoi profili gestionali, nulla di certo si conosce. Strano, perché Andrini in compenso pare abbia curato il sito web per gli Irriducibili della Lazio.
In altre parole, fuffa!
Dal 2002 al 2004 ha cumulato vari contratti di collaborazione in giro per patronati sindacali: UGL (Enas; Fast-Confsal) e CISL (Fit-Cisl). Cosa faceva il giovane Andrini? Compilava i CUD per i pensionati? Stava allo sportello utenti del CAF? Boh?!?
Ancora fuffa!
Dal 2003 al 2006 (sono gli anni fortunati trascorsi dietro all’on. Tremaglia) lavora come “esperto” presso il “Ministero degli Italiani nel mondo”.
Sempre fuffa!
Anni 2005-2006 collabora alla realizzazione di un “progetto per la classificazione dell’intermodalità del sistema trasporti presso la Fit-Cisl Trasporto Aereo”.
Ha per caso a che fare con la ricezione bagagli all’aeroporto di Fiumicino, che tanto ha fatto infuriare Alemanno di ritorno dalle vacanze? Non si sa! Perché ulteriori dettagli al momento scarseggiano.
Soprattutto è stato membro del “Dipartimento Esteri” di Alleanza Nazionale.
Altra fuffa.
Resta invece sconosciuto il titolo di studio di Andrini, evidentemente non considerato fondamentale.

Blocco StudentescoTeam Building a P.za Navona. Futuri manager?!?

Visti gli straordinari requisiti che hanno determinato l’assunzione per chiamata all’AMA, direttamente come “funzionario”, riportiamo anche gli eccezionali meriti per una carriera tanto fulminea. Leggiamo da Libero:

“Attualmente coordina il gruppo Affari europei e finanziamenti comunitari dell’azienda e si è distinto, in questi mesi, per aver condotto a buon fine in via stragiudiziale un contenzioso tra Ama spa e Fao che durava da 15 anni, permettendo all’azienda di recuperare 2,5 milioni di euro di mancato pagamento della Tariffa rifiuti e la ripresa del servizio”.

È arrivato Pensace! La causa giudiziaria che opponeva l’AMA alla FAO, in evidente morosità, si è finalmente conclusa dopo un quindicennio di pendenze legali ed il merito è tutto di Andrini, assunto in concomitanza con la sentenza definitiva.

“Andrini, inoltre ha guidato due commissioni straordinarie: una sugli impianti di lavaggio dei mezzi Ama, l’altra sulle aree destinate al deposito dei cassonetti le cui conclusioni hanno consentito all’azienda un risparmio di oltre mezzo milione di euro”.

Stronzata o Cazzata?!?
Commissione-straordinaria-impianto-lavaggi-veicoli… aree destinate al deposito dei cassonetti… risparmio mezzo milione di euri…
Vabbé che c’è gente che nella vita non ha mai fatto un beneamato cazzo e queste possono sembrare imprese epocali… però non scherziamo, suvvia!

Grande sponsor di Andrini risulta essere l’ingegner Franco Panzironi, amministratore generale dell’AMA.
Perciò sono assolutamente fuoriluogo gli appelli ed i richiami al povero sindaco Alemanno (alias Retromanno) che, dopo aver categoricamente smentito ogni promozione per Andrini (è un’invenzione totale), di fronte all’evidenza dei fatti ha rimesso il merito della scelta all’ad Panzironi, ed alla sua esclusiva autonomia gestionale.
Infatti, in virtù del noto principio di competenza ed autonomia, l’ingegnere Franco Panzironi è stato messo al comando dell’AMA proprio da Alemanno, del quale Panzironi è per l’appunto un fedelissimo. Prima di arrivare all’AMA, Panzironi presiedeva l’UNIRE, l’Ente che gestisce le agenzie ed i giochi ippici, guadagnandosi l’evocativo soprannome di Terminator.

“All’Unire Panzironi è riuscito a produrre in pochi anni un rosso di bilancio da far intervenire la Corte dei conti, ad affossare un settore vitale e produttivo come quello dei cavalli, a guadagnarsi un rinvio a giudizio, a sospendere per privacy (forse dei cavalli) la pubblicazione dei casi di doping”
 (Economy – 2 Ottobre 2008)

La gestione Panzironi ha comportato il commissariamento dell’ente in seguito ad un pesante disavanzo patrimoniale, dissesti di bilancio, aggravati da sfortunate scelte gestionali relativi a diritti TV non pagati e canoni di concessione evasi.

“Gestione pessima, con bubboni come un grave disavanzo patrimoniale, l’antidoping da rifondare, un tentativo di scontare anche retroattivamente decine di milioni di euro alle agenzie ippiche per canoni relativi all’uso del segnale della Tv ippica non pagati ecc. Ebbene, tutti gli elementi con risvolti di carattere penale sono stati trasmessi sia alla Procura della Corte dei Conti, sia alla Procura delle Repubblica che ha fatto scattare il procedimento sfociato in un processo. Forse non l’unico. Dovrebbero infatti esistere altri atti trasmessi al vaglio della la giustizia. Quello relativo al prossimo giudizio riguarda la consulenza esterna assegnata, dal 2003 sino al marzo 2004, all’allora onorevole di An Alessandro Galeazzi presso l’area tecnica della Sella. Consulenza ritenuta illegittima, come sostenuto anche dalla Corte dei Conti per il Lazio, che aveva già notificato a Panzironi una citazione e una richiesta di risarcimento danni per oltre 155.000 euro. IMPROROGABILE Sulla stessa lunghezza d’onda anche Guido Melzi, che ha dedicato alla vicenda un capitolo della sua delibera di licenziamento, la cui applicazione dovrebbe diventare improrogabile anche per il ministro De Castro, che ha mostrato verso Panzironi atteggiamenti apparentemente più morbidi. * * * COSA RISCHIA Fino a sei anni di detenzione Franco Panzironi verrà processato in base a due articoli del codice penale. Il n° 323 riguarda l’abuso d’ufficio (chi procura intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale) e prevede una pena da 6 mesi a 3 anni. L’altro è il 479, riguarda il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico: da 1 a 6 anni.” 

Gazzetta dello Sport – 25 Gennaio 2007.
Per leggere l’articolo completo clicca qui

Come si può notare, si tratta di ottimi precedenti per una gestione ottimale dell’azienda. Da ciò si capiscono i presupposti alla base dell’irresistibile ascesa di Andrini.
Ai malevoli che gli rinfacciano i suoi trascorsi, il neo-amministratore risponde con sdegno:
“Querelerò per diffamazione e citerò per danni chiunque osi definirmi naziskin”.
Stefano Andrini ha assolutamente ragione!
Il vero naziskin è spesso uno sfigato sottoproletario, tirato sù a birra e steroidi. Come una latrina otturata, ha il cranio infarcito di stronzate che ama sbraitare in giro col braccino teso. Molti muscoli e pochissimo cervello, giacché la testa è solo una protuberanza genitale: una semplice estensione di natura “glandicefala”.
Quando non intrattiene traffichetti malsani sotto al muretto di casa, il naziskin, coerentemente col suo status di “uomo di merda”, svolge lavori della medesima natura, vive in quartieri di identica consistenza e, al colmo di una legittima insoddisfazione, sfoga le sue frustrazioni quasi sempre contro le persone sbagliate. Tuttavia, nella sua dignità primitiva mai si sognerebbe di accodarsi ai ruffiani della politica, riciclandosi come “portaborse” tout court. Addomesticato nel suo onore di cane fedele, trincerato nel suo orgoglio verace da Uruk-Hai della Curva, difficilmente potrebbe unirsi alla prolifica genia dei “Sempreverdi”, convinti che il culo del padrone sia il posto più morbido dove mettere la lingua.

Nazi_Uruk-hai

Perciò, quando parlate di Stefano Andrini, per favore, non chiamatelo “naziskin”.
Lui è un cervello fino che cura la propria immagine. Si preoccupa di sé stesso e dunque di ciò che gli è più congeniale: la “monnezza”.