Archivio per Maurizio Sacconi

Bastardi in pappagorgia

Posted in Business is Business, Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , on 28 dicembre 2014 by Sendivogius

Inglorious Bastards

Il cavalier Benito Mussolini, che conosceva bene i suoi gonzi, era solito lasciar accesa la luce del suo studio a Piazza Venezia per tutta la notte, dando ad intendere di non riposarsi mai, salvo intrattenersi ai piani superiori con le proprie amanti.
Il solito coglionazzo Parecchie spanne più sotto e svariati emuli dopo, la caricatura in camicia bianca di Peppa Pig ha invece bisogno di presentare le sue scatole vuote in un’aula più supina che sorda e buia, nel cuore della notte o alla Vigilia di Natale, per incassare deleghe in bianco da un simulacro di parlamento che vota unicamente su fiducia, senza nemmeno conoscere i contenuti dei decreti-legge che è chiamato ad approvare in menù blindati à la table d’hôte.
Per il twittatore compulsivo l’importante è portare a casa il risultato a qualsiasi costo e qualunque esso sia. Poco importa se poi per riempire il carniere si ricorra a bocconi avvelenati e carogne immangiabili. Ciò che conta è “impressionare”, decantare la merce senza mostrarla, agitare la cesta celando il contenuto. Nell’assoluta estraneità di tematiche e problematiche che sono a lui profondamente aliene, tanto restano incomprensibili al suo vissuto Il Cieco di Sorrentopersonale, quella del Telemaco fiorentino, d’intesa coi Proci delle laide intese e l’Ulisse in ferma ai servizi sociali, è in fondo un’operazione di picking politico, interamente concentrato sul confezionamento del prodotto: pesca un po’ dove capita, secondo convenienza ma senza convinzione, per uno che non sa più dove buttare le reti.
ContaballeIl risultato finale è credibile come uno che va in giro a dicembre con le maniche di camicia arrotolate, annunciando provvedimenti epocali contro la corruzione. E infatti nel solito pacco non è assolutamente contemplata la revisione del reato di “concussione”, che opportunamente spacchettata consente la sterilizzazione della norma, ma in compenso contiene la non punibilità di tutti quei reati di natura tributaria, dall’autoriciclaggio alla truffa, che vengono derubricati a “reati lievi”, mentre per i recidivi è previsto l’ennesimo condono col rientro scudato dei capitali illeciti ad un tasso inferiore alle aliquote minime.
Maurizio Sacconi, ex "Ministro del Lavoro" del Governo BerlusconiMa questa è solo uno dei tanti contorcimenti che precedono la “rivoluzione copernicana” della parabola renzista, il cui piatto forte resta sicuramente il vecchio statuto dei lavori di Maurizio Sacconi, il pasdaran craxiano-berlusconiano folgorato dinanzi alla mangiatoia del Bambino Matteo, convertito in testo blindato su stretta dettatura confindustriale, e opportunamente inglesizzato in “Jobs Act” per essere meglio inteso da fräulein Merkel e dal FMI (i committenti occulti del decreto).
Matteo RenziÈ rassicurante constatare come la stesura dell’intera controriforma sia così rimessa ad un grumo di mangia ad ufo professionisti ed azzimati bambocci di sagrestia, che stanno al ‘lavoro’ così come lo stupro sta ad un atto d’amore, capitanati da un bolso ex portaborse di Rutelli (in arte Er Cicoria) che si crede “imprenditore” ed al massimo ha fatto il prestanome come ‘dirigente’ per l’aziendina fallita del papà bancarottiere, in comunanza ideale con la categoria a cui si sente più prossimo: la razza padrona (e predona).

 “Cazzari di un futuro passato”
  di Alessandra Daniele
(02/11/2014)

Maschera di Berlusconi  «Non c’è assolutamente niente di moderno nel marchesino Matteo e nella sua corte di petulanti puffi arrampicatori, e boccolute Barbie Leopolda.
Non c’è niente di moderno nei pescecani che lo finanziano, nei manganelli che schiera contro gli operai, nel suo governo di incapaci, marpioni, e marpioni incapaci.
La modernità non è una questione d’anagrafe né di calendario.
Esiste una forma d’involuzione reazionaria che cronologicamente segue le conquiste sociali, e mira a cancellarle retroattivamente: si chiama “Restaurazione”.
Da anni il mondo del lavoro non fa che regredire. Affrontarlo non è come cercare d’infilare un gettone in un iphone, è come cercare d’infilare un gettone in culo a un piccione viaggiatore.
L’obiettivo che le classi padronali perseguono è riportare indietro d’un secolo i diritti dei lavoratori, spacciando per progresso un ritorno a livelli di sfruttamento premoderni assimilabili allo schiavismo.
Matteo Renzi non è che l’attuale gommosa maschera di questo progetto.
???????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????La vacua Gioventù Renziana è solo una schiera di ballerini di fila, una coreografica chorus line di facciata che sculetta al ritmo di stucchevoli slogan da televendita, marchi e neologismi stolidamente ripetuti come parole magiche in grado di evocare il futuro con il loro semplice suono: selfie, iphone, twitter, USB.
Così come Benigni e Troisi, bloccati a Fritole nel 1492 di “Non ci resta che piangere”, ripetevano “autobus, ascensore, semaforo” nella vana speranza che una litania di termini moderni avesse il potere di riportarli al loro presente.
E restavano a Fritole nel 1492.
Quando l’Italia s’è trovata al bivio dell’evoluzione, ha imboccato decisa la strada sbagliata.
Finendo nell’attuale realtà da incubo in cui, come nell’ucronia di “Ritorno al Futuro II”, sono i pescecani alla Biff Tannen i padroni del paese.
Biff TannenProseguendo su questa linea temporale e politica le cose possono solo peggiorare.
Per raddrizzare la rotta dobbiamo tornare a quando si era capaci di lottare tutti insieme per ottenere diritti comuni, e per cambiare davvero le cose, ai giorni in cui tutte le conquiste sociali adesso sotto attacco sono state compiute.
Dobbiamo tornare sui nostri passi e stavolta ‘girare a sinistra’.
Solo da lì potremo ritornare al futuro, quello autentico.
Chi oggi ci trascina ancora avanti sulla strada sbagliata non ci porta nel futuro.
Ci porta al macello

gufiA questo punto, è fin troppo facile comprendere quale sia la filosofia ispiratrice del sedicente “jobs act”, con l’ideologia che sottende lo spirito della legge, giacché la massima preoccupazione dell’atto non è come tutelare il lavoro esistente e crearne di nuovo, ma come estendere i licenziamenti cancellando diritti. Tutti gli sforzi del provvedimento sono infatti volti a dimettere personale piuttosto che assumerne di nuovo. Coerentemente, la massima preoccupazione degli ostensori della legge è l’allargamento della platea dei licenziati anche al pubblico impiego, finora risparmiato dalla falcidia di posti. Nelle sue applicazioni pratiche, la grande Filippo Taddei“rivoluzione copernicana” di cui vanno concionando in giro i Renzi Boys azzera le tutele agli Anni ’50 e tra le sostanziali novità introduce i licenziamenti collettivi, che di certo non estendono le opportunità di lavoro, ma costituiscono un ottimo strumento di ricatto in caso di rinnovi contrattuali e rivendicazioni salariali, rendendo inutile ogni trattativa sindacale. Altresì, monetarizza i licenziamenti discriminatori ed illegittimi, con indennizzi ridicoli e la cacciata dei refrattari ad umilianti elemosine per giunta forfettarie. Ed è facile immaginare quali saranno gli effetti immediati per tutte quelle aziende che hanno necessità di sbarazzarsi dei propri lavoratori, in fretta e senza oneri, per delocalizzare all’estero. Così come si può intuire l’uso che della legge verrà fatto in caso di vertenze come quelle dei metalmeccanici di Mirafiori, gli operai delle acciaierie di Terni e dell’Ilva di Taranto, gli operatori di Meridiana… per citare solo i casi più noti.
Giuliano PolettiNella pratica, il “Job Act” esonera le aziende da ogni responsabilità anche lontanamente ‘sociale’, sollevandole dall’onere di presentare eventuali piani di riconversione e ricollocamento. Distribuisce premi a pioggia, svincolati da ogni obbligo di garanzia, rendendo il licenziamento l’opzione più conveniente ed immediata in caso di crisi.
Giancarlo Lande - Amministratore di EUTELIAIn compenso, gli espulsi senza giusta causa avranno un “vaucher” da spendere in una qualche agenzia interinale in attesa di ipotetici ricollocamenti. Ovviamente, la selva oscura dei contratti atipici rimarrà nella sua sostanza intonsa. Quindi, poco o nulla cambierà per i lavoratori parasubordinati, mentre peggiorerà per le partite IVA (e massimamente per quelle fittizie) che non vedranno alcun beneficio concreto.
Sancita l’assoluta libertà di licenziamento per i lavoratori dipendenti con contratto a “tempo indeterminato”, che in realtà non potrà più definirsi tale, lungi dall’estendere garanzie e tutele, il “Jobs Act” le cancella introducendo un girone infernale fatto di assunzioni triennali, convertite in licenziamenti alla scadenza dei vantaggi e delle defiscalizzazioni incassate a prescindere dalla stabilizzazione dei neo-assunti. Lungi dall’estendere le tutele, il pacco di governo riduce anche gli indennizzi previsti dalla precedente legislazione sul lavoro, che per i lavoratori a tempo indeterminato si regge sulla vecchia CIG (Cassa Integrazione Guadagni). A conti fatti, tra Naspi ed Asdi (nomi diversi per la stessa fuffa), la durata delle erogazioni non supera i 36 mesi, ma gli importi rischiano di essere inferiori perfino rispetto ai vecchi “ammortizzatori sociali” previsti dalla legislazione ancora vigente. Il tutto con un aggravio di spesa per i conti pubblici (e le casse dell’INPS) non da poco: la totale decontribuzione per le imprese, rimette l’onore dei versamenti previdenziali (che saranno figurativi) a carico dello Stato, che si troverà a compensare tanto l’assenza dei contributi quanto la corresponsione dei sussidi di disoccupazione (che sono calcolati proprio in base ai contributi versati). Sulle coperture fiscali per una manovra di spesa, che difetta drammaticamente in fondo strutturali, in attesa di una prossima manovra congiunturale a tamponamento di una raffazzonatissima “legge di stabilità”, il funambolico esecutivo del Signor Cretinetti da Firenze ha già chiarissimo su dove e come reperirà i fondi necessari [QUI], dispensando qualche banconota da 80 euro a scadenza elettorale.
80 euriPertanto, non resta che augurarvi buon lavoro a tutti.
Se nel 2015 ce l’avrete ancora…

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Rivoluzionari da Oratorio

Posted in Business is Business, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 4 Maggio 2014 by Sendivogius

Le suorine di Clovis Trouille

Nel suo consueto rapporto annuale, dedicato al decubito della società italiana, il CENSIS conferma i referti clinici precedenti e raddoppia la dose omeopatica con spruzzate di cauto ottimismo, compensando la formula della felicità (connettività mutualistica tra soggetti sociali diversi) con la scoperta dell’acqua calda: con la crisi crescono le disuguaglianze sociali; “chi più aveva, più ha avuto”.
Ovvero, in Italia la recessione economica si è rivelata una formidabile occasione di arricchimento per i già ricchissimi, che hanno visto un incremento esponenziale dei loro patrimoni, a discapito di tutto il resto della popolazione, che nella scala della promozione sociale retrocede qualche dozzina di caselle indietro.
Scrupoloso come sempre, il Censis ci aggiorna che:

«I 10 uomini più ricchi d’Italia dispongono di un patrimonio di circa 75 miliardi di euro, pari a quello di quasi 500.000 famiglie operaie messe insieme. Poco meno di 2.000 italiani ricchissimi, membri del club mondiale degli ultraricchi, dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi di euro (senza contare il valore degli immobili): cioè lo 0,003% della popolazione italiana possiede una ricchezza pari a quella del 4,5% della popolazione totale.
[…] L’1% dei “top earner” (circa 414mila contribuenti italiani) si è diviso nel 2012 un reddito netto annuo di oltre 42 miliardi di euro, con redditi netti individuali che volano mediamente sopra i 102mila euro, mentre il valore medio dei redditi netti dichiarati dai contribuenti italiani non raggiunge i 15mila euro. E la quota di reddito finita ai “top earner” è rimasta sostanzialmente stabile anche nella fase di crisi

E se per qualcuno è Natale tutto l’anno, per molti altri il tempo di Quaresima sembra non finire mai…

«Sono quasi 6 milioni gli occupati che nell’ultimo anno si sono trovati a fare i conti con una o più situazioni di instabilità e precarietà lavorativa. Un’area di disagio che rappresenta il 25,9% dei lavoratori e che può essere riconducibile all’instabilità lavorativa (che interessa una platea di 3,5 milioni di persone tra lavoratori a termine, occasionali, collaboratori e finte partite Iva) e alla sottoccupazione (relativa ai 2,8 milioni che vorrebbero lavorare più di quanto non facciano, ma non riescono per motivi che non dipendono da loro: tra questi vi sono 2.219.000 part-time involontari, ma anche cassaintegrati). Una situazione di precarietà e incertezza che va sempre più diffondendosi tra i lavoratori, considerato che tra il 2007 e il 2012 mentre il numero totale degli occupati è diminuito (-1,4%), quello di quanti si trovano in una delle condizioni descritte è invece cresciuto dell’8,7%.»

“47° Rapporto sulla situazione sociale del Paese”
CENSIS; rapporto annuale 2014 (Cap.IV)

Tear Dinanzi ad un corpo sociale spossato dalla crisi, che chiede soltanto la garanzia di un reddito dignitoso da lavoro sicuro (e possibilmente stabile), il governo rivoluzionario del Bambino Matteo, coi suoi pucciosi chierichetti da chiostro fiorentino, non poteva certo restare insensibile, con tutta la propensione al dialogo che contraddistingue questa saccente nidiata di boy-scout. Da segnalare, nell’ambito del cerchio magico, il pragmatismo del nuovo responsabile economico, Filippo Taddei, professore americano non abilitato in Italia. Il problema più grande della fuga dei “cervelli” (?) all’estero è che prima o poi ritornano… Sempre!
pucciosoOvviamente, l’esecutivo dei miracoli col suo Mosé in testa non interviene sulle tutele e sulla stabilizzazione lavorativa; meno che mai sui livelli salariali e sulla giungla contrattuale delle collaborazioni mascherate.
moseRecependo appieno le richieste dei lavoratori, e massimamente quelle dei lavoratori flessibili, il solito provvedimento blindato (che ormai il Parlamento è inutile ed il Senato da abolire) istituisce per decreto la precarietà a vita, onde non alimentare false speranze ed inutili aspettative che poi gli schiavi si montano la testa.
coniglio darkoPertanto, giusto in concomitanza con la “festa dei lavoratori”, dal cilindro di fuffa e di governo ecco spuntare l’ennesima bozza, peggiorata e corretta, del mitologico Jobs Act. In pratica, la traduzione anglofona dello “Statuto dei lavori”, tanto caro a quel Maurizio Sacconi (ovviamente promosso a presidente della Commissione lavoro al Senato), che infatti è parte integrante di quest’ennesimo “governo del fare”: dai papi-boys ai papa-boys.
Abolito da tempo ogni straccio residuo dell’Art.18, nei fatti svuotato di senso e di sostanza, il gabinetto di salute pubblica nell’ordine stabilisce:
a) L’eliminazione di ogni causale circa i motivi del ricorso dei contratti a termine; che poi alle “risorse umane” si spremevano troppo le meningi, giacché nella soprannaturale ipotesi di un controllo di verifica sarebbe difficile dimostrare come “l’assunzione temporanea derivante dall’incremento delle attività di produzione” si verifichi quasi sempre in concomitanza coi turni festivi, notturni, scioperi, o campagna di prepensionamenti.
b) L’introduzione di una multa pecuniaria, e soprattutto irrisoria visto che difficilmente supererebbe i 5.000 euro e subito verrebbe condonata, per ogni violazione contrattuale e che peraltro va corrisposta all’erario e non al lavoratore precarizzato, che non ha alcuna contropartita.
c) Il ricorso abnorme all’apprendistato, che è un modo perfetto per sottrarsi agli oneri contributivi ed erogare salari al di sotto del minimo contrattuale, senza nemmeno la certezza di stabilizzazione per i più ‘meritevoli’ (il 20% della quota di apprendisti) alla fine del periodo di sfruttamento legalizzato. La stabilizzazione è rimessa alle aziende con oltre 50 dipendenti, dove la stragrande maggioranza delle mansioni generiche alle quali vengono destinati gli ‘apprendisti’ non richiede requisiti ed abilità, tali da non essere acquisite in una dozzina di giorni di lavoro.

receptionist_monkey

L’assoluta assenza di ogni riferimento salariale, adeguamento retributivo e sostegno al reddito da lavoro (a parte la marchetta elettorale degli 80 euri mensili, per giunta a corto di coperture), con le dinamiche salariali rimesse all’azione miracolistica di un mercato saggiamente guidato dalla mano invisibile della provvidenza, ricordano per molti versi la Legge bronzea dei salari di David Ricardo, clamorosamente riportata in auge dagli economisti neo-classici che ispirano il modello liberista vigente. Legge di bronzo, come le facce di chi la sottende, che può essere riassunta nelle parole che Emile Zola mette in bocca al nichilista russo Souvarine in Germinal:

«Aumentare il salario, che forse si può? Una legge di ferro lo fissa allo stretto necessario; all’indispensabile, perché l’operaio possa mangiare pane e sputo e procreare dei figli. Se il salario scende sotto quel livello, l’operaio crepa; e la richiesta di nuovi operai lo fa risalire. Se supera quel livello, cresce l’offerta di manodopera e lo fa calare. È l’altalena delle pance vuote, la condanna a vita alla galera della fame

 Emile Zola
“Germinal”
 Einaudi, 1951

Per capire l’impianto ispiratore della contro-riforma e lo spirito che ne ispira l’essenza, basta leggere le dichiarazioni di Angelino Alfano, il kazako alla destra del Kazzaro:

Angelino AlfanoAbbiamo dovuto vincere alcune resistenze della sinistra post comunista, e devo dire che la collaborazione con la sinistra che non è comunista guidata da Matteo Renzi sta dando davvero ottimi frutti. Abbiamo smontato la Legge Fornero (che già faceva schifo di suo!) e abbiamo inserito tanto Marco Biagi. Vuol dire meno vincoli, meno regole, più libertà per gli imprenditori e regole più semplici per chi fa le assunzioni. Il nostro obiettivo è semplificare la vita.”

Poi certo bisogna vedere a chi viene semplificata la vita ed a quali altri viene resa impossibile…
Indubbiamente, questo è uno dei capolavori migliori nel mazzo del riformatorio targato Renzi, che sceltosi bene gli amici (Alfano, Cicchitto, Formigoni, Sacconi, Berlusconi..) non ha alcun problema ad attaccare i nemici: i “sindacati” in primis ed uno in particolare (la CGIL), ma anche i “professoroni” (termine che contiene in nuce tutto il disprezzo che solo il populismo fascistoide ha per gli intellettuali), e ovviamente la “sinistra” (e non solo la pletora di rottami in stato catatonico a manca del partito bestemmia).

Grillo-Renzi-Berlusconi ipnosi

Tuttavia, nell’Italietta abulica dei ducetti allo sbaraglio, il panorama è desolante per una scelta politica sostanzialmente inesistente, se non circoscritta alle tifoserie da fanclub.
Dinanzi al livello crescente di insofferenza ed assenteismo elettorale, nel distacco sempre più marcato tra cittadinanza e rappresentanza, viene in mente la secessione della plebe romana sul Monte Sacro… Parodiando il celebre apologo di Menenio Agrippa, qui non ci troviamo di fronte ad uno stomaco che tutto fagocita e poi (non) ridistribuisce.
Il NullaNel caso attuale, abbiamo due mani completamente separate dal corpo che gesticolano a vuoto, digitando tweet, con una bocca perennemente ridente che si profonde in proclami e scadenze.
Alle sue spalle, in più bassi anfratti, una sacca biliare che rigurgita livori gastrici a getto continuo, che nella sua crassa ignoranza intestinale sproloquia in peti e si produce in grappoli emorroidali.
Davanti a vista, la protuberenza oscena e circoscritta nella sua impotenza da neoplasia prostatica; penoso e penale, nelle sue pene da postribolo basso imperiale.
É la variante oscena del mostro politico a tre teste di invenzione ciceroniana… Nella fattispecie abbiamo un’Idra tricefala, innestata su di un unica cloaca e che si nutre dei medesimi liquami.

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(32) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , on 31 ottobre 2011 by Sendivogius

Classifica OTTOBRE 2011”

 In effetti, negli ultimi tempi, l’avevamo un po’ trascurato nello stilare le posizioni della consueta classifica mensile, ma rimediamo subito dedicandogli il giusto spazio…
Intanto ci era sfuggita questa preziosa ‘chicca’ (che potete ammirare al vostro lato), ricavata da una ripresa risalente al 2007, dove l’Innominabile offre al pubblico il meglio di sé.
Il sentimento prevalente ormai è il disgusto.
A leggere le pagine economiche dei principali quotidiani, non organici all’Ufficio Propaganda della Real Casa, sembra di assistere ad un bollettino di guerra con dispacci provenienti direttamente da Caporetto. Inconcepibile solo fino ad un anno fa, il rischio default per l’Italia sembra concretizzarsi sull’ombra lunga del crollo degli spread. Complice è una speculazione finanziaria sui mercati borsistici, con un attacco concentrico senza precedenti, che punta al collasso italiano per innescare un effetto domino in Europa. È questa l’unica vera apocalisse che si dovrebbe temere per il 2012; altro che le menate maya!
In concomitanza con la festa dei morti, il differenziale di rendimento con i titoli di Stato tedeschi (bund) ha oltrepassato la fatidica soglia del 6%… La Grecia, con un debito pubblico di gran lunga inferiore al nostro, è andata in collasso dopo lo sforamento del 7%. È questa considerata la soglia critica da non superare. Mai.
Intanto, il numero dei disoccupati nel mese di Settembre ha sfondato quota due milioni, con percentuali del 30% per quanto riguarda i più giovani.
Si ha l’impressione di un Paese in agonia irreversibile, avviato alla prossima catastrofe in una sorta di ineluttabilità del Fato, con un moderno Sardanapalo accerchiato dalla sua corte di servi senza salvacondotto e avvinghiato alle cosce delle sue mignotte, mentre nell’alcova solenne pronuncia: dopo di me, il diluvio!
Ed è stridente il contrasto, rispetto alla drammaticità degli eventi, con lo spettacolo inverecondo di questo cimitero vivente di vecchie cariatidi in decomposizione, ma disperatamente appiccicate ad un “potere” eterno, fatto di privilegi e ruberie.
È rassicurante sapere che ad affrontare una crisi eccezionale si può contare sull’intervento di personaggi straordinari, investiti delle massime responsabilità. Tra questi vale la pena ricordare:
Il secessionista Cerebroleso da Pontida…
Un noto puttaniere plurinquisito…
Un grumo di fascisti irriducibili; tra questi il ministro della Difesa che si regala 19 Maserati, in tempo di austerità e di tagli indiscriminati a scuola e sanità…
Lo svergognato rigurgito di residuati craxiani, tra i quali si distingue più che mai l’osceno Maurizio Sacconi, a cui non è rimasto che invocare il ritorno al terrorismo, pur di conservare la poltrona, soffocare le critiche sacrosante e legittimare la repressione…
Tuttavia, nella Corte dei Miracoli che contraddistingue la malabolgia berlusconiana, non potevano mancare due protagonisti d’eccezione nel ruolo di principali consiglieri del Pornocrate: l’allucinante doppietta Scilipoti-Lavitola, a infamia perenne.
E proprio Valter (con la “V”) Lavitola, il pataccaro dei due mondi, sembra essere diventato il confidente privilegiato di un accigliato premier i cui sfoghi raccoglie ed il cui nome spende per i suoi intrallazzi personali, in una grottesca parodia di “Mi manda Picone”
Riguardo all’influenza che il latitante Lavitola esercita sul miglior statista degli ultimi 150 anni, come nei più prevedibili romanzetti gialli, il colpevole è.. il maggiordomo (Alfredo)!

«Una sera Alfredo si affacciò alla porta del mio studio con un cellulare in mano: “Dottore, mi disse, Lavitola ha chiamato almeno venti volte, vuole rispondergli almeno una volta?” Ci parlai, ma con il convincimento che il cellulare fosse quello di Alfredo.»

 E’ quanto il Pornonano è andato rivelando al confessionale di Bruno Vespa.
Certe cazzate hanno un limite. Per tutte le altre c’è master-cazzaro Silvio.
Naturalmente, anche l’imminente crollo finanziario ha responsabili ben precisi, contro i quali dovranno essere predisposte quanto prima tutte le misure necessarie, affinché simili eventi non si abbiano più a ripetere…

 C’è post@ per te
 [di Alessandra Daniele]

Pace fatta fra i leader europei: finalmente è stato individuato l’autentico responsabile della crisi economica mondiale, che perciò dovrà pagarne tutte le spese.
Tu.
No, non è il solito ”tu” retorico, si tratta proprio di te che stai leggendo.
Sei licenziato.
Alza il culo, raccogli le tue cianfrusaglie, e levati dai coglioni.
Sì, subito, i mercati non aspettano.
No, non c’è più niente che tu possa fare per evitarlo, l’Articolo 18 è clinicamente morto. Ormai si tratta solo di staccare la spina, e il Vaticano non si oppone. Chiamalo pure Articolo Mortis.
Cosa c’è, sei incazzato/a, anzi ”indignado” come dite voi? Calmati.
Ti sconsigliamo di scendere in piazza, ha piovuto, è allagata dal fango.
Ti sconsigliamo di provare a bruciare un’automobile, sei così incapace che finiresti per bruciare la tua.
Torna a casa, e accendi la Tv. Ci sono sempre in onda vari talk show, e in tutti c’è Sallusti. Terreo e ubiquo, come Padre Pio. Ascolta le sue sante parole, e vergognati.
Tu sei un parassita. Un peso morto. Per anni hai preteso di essere pagato per lavorare, e persino di essere pagato dopo aver lavorato, ormai vecchio e inutile.
Un sopruso che i mercati non intendono più subire.
Il lavoro non è un diritto, è una merce. E tu non potrai più costringere nessuno a comprare la tua merce avariata.
Tu non ci servi. Al mondo ci sono milioni di disperati pronti a strisciare per un decimo del tuo stipendio, tu non sei competitivo, sei un pessimo affare, anzi, sei proprio una patacca. Levati dai coglioni, e ringraziaci di non averti denunciato per truffa.
Ringraziaci di aver difeso la libertà dei mercati, di aver trovato l’ingranaggio guasto che inceppava la meravigliosa macchina del Capitalismo.
Tu sei il guasto. E sarai rimosso, in modo che la macchina del Capitalismo torni a macinare risorse umane e naturali a pieno regime.
Il futuro di cui parli non ti è stato rubato, non è mai esistito. Tu non hai mai avuto nessun futuro. Tu sei un rudere, un fossile, un rifiuto tossico del passato da spazzare via. Sei un ostacolo al progresso, sei una zavorra per l’alta velocità. Sei la carcassa scheletrica del cane randagio che blocca la strada al SUV dell’avvenire.
Raccogli le tue ossa marce, e sgombera.
La pazienza del Capitalismo è finita.

Bene! Adesso che abbiamo messo le cose in chiaro, dedichiamoci alla classifica…

Hit Parade del mese:

01. ET LIBERA NOS A MALO

[07 Ott.] «Non sono entrato in politica per conquistate il potere né per mantenerlo, anche perché stare al governo in una crisi planetaria come questa comporta per me e per tutti i componenti del governo un fardello di cui mi libererei volentieri.»
 (Silvio Berlusconi, il Martire)

02. EQUO E SOLIDALE

[08 Ott.] «Il condono è eticamente giusto poiché gran parte del debito è imputabile all’evasione e noi in questo modo ci rivolgiamo a chi di questo buco è responsabile. In caso contrario, finiremo per far pagare sempre gli stessi cittadini»
 (Massimo Corsaro, il Dispensiere)

03. UN CUORE DI NANO

[04 Ott.] «Quello che mi sta a cuore in questo momento è continuare a lavorare per portare l’Italia al riparo dall’attacco del debito pubblico e fuori dalla crisi finanziaria globale.»
 (Silvio Berlusconi, il Problema)

04. PERSUASIONI OCCULTE

[22 Ott.] «Ho parlato con la Merkel e penso di averla persuasa sulle nostre misure per la crescita»
 (Silvio Berlusconi, il solito cazzaro)

05. TO CARE & TO PROTECT

[14 Ott.] «Noi siamo in piazza non per contrastare i manifestanti, ma per assicurare loro la libertà di espressione garantita dalla Costituzione»
 (Antonio Manganelli, capo-bastonatori)

06. EFFUSIONI PADANE

[20 Ott.] «Se Bossi mi dà dello stronzo, manifesta affetto. Sa quante volte mi ha detto stronzo?»
 (Davide Caparini, uno stronzo?)

07. DIVERSAMENTE INCULATI

[29 Ott.] «Non si parli di licenziamenti, ma di flessibilità in uscita»
 (Alberto Bombassei, Padron Frode)

08. QUANTO TI PIACEREBBE…

[30 Ott.] «Temo una nuova ondata brigatista sull’Italia.»
 (Maurizio Sacconi, Terrorizzante di Stato)

09. VENGHINO SIGNORI

[27 Ott.] «Alla UE presentati impegni in tempi certi. Tutti dovrebbero appoggiarli. L’Europa ha apprezzato e approvato il programma di governo per i prossimi 18 mesi.»
 (Silvio Berlusconi, il Tappetaro)

10. FONDAMENTALI LINGUISTICI

[04 Ott.] «C’è gente che parla a vanvera. La gente ci doveva essere all’inizio a fare la lega e questa gente non c’era»
 (Umberto Bossi, l’uomo che c’era e non ci fa)

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La Fine del Lavoro

Posted in Business is Business with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 27 ottobre 2011 by Sendivogius

Nel lontano 1994 un clown miliardario promise un milione di nuovi posti di lavoro, rilanciando la posta ad ogni elezione. È superfluo ricordare come nel Paese di Borgo-Citrullo lo spot sia stato un successo, mentre i disoccupati aumentavano e la qualità del lavoro peggiorava a livelli mai visti prima.
Oggi che la disoccupazione ha raggiunto il suo record storico, con milioni di senza lavoro e salari da fame per chi un’occupazione ancora ce l’ha, l’imbolsito Capo-comico, ridotto a parodia di sé stesso, annuncia trionfante:

PIÙ  LICENZIAMENTI  PER  TUTTI!

È la promessa ‘epocale’ di questa barzelletta ambulante, per l’intrattenimento di Bruxelles, che non fa più ridere e al massimo suscita i sorrisi sarcastici dei partner europei, evidentemente preoccupati dall’inquietante Mascherone sesso-dipendente, che ciondola travestito da Al Capone per i corridoi istituzionali delle sedi comunitarie.
Nella letterina di intenti presentata ai tecnocrati della UE, accompagnata da un forte abbraccio ai presidenti della Commissione e del Consiglio europeo che non toccherebbero il Pornonano manco con un bastone, tra promesse di efficientamento e privatizzazioni selvagge, calendarizzate in 8 mesi impossibili, spunta l’ennesima “riforma del mercato del lavoro”. Non manca poi lo smantellamento di quel poco di umanistico che ancora rimane nella scuola pubblica (la Cultura non si mangia), insieme all’irrinunciabile riforma della Giustizia, ed altri impiastri in una lettera scritta a più mani, dove sono evidenti le zampate dell’accoppiata Brunetta-Sacconi.
Le ultime riforme del lavoro sono state un fallimento totale. Nel rilancio dell’occupazione femminile, di maggior successo si sono rivelati invece gli inviti a sposare un milionario… Tuttavia, in assenza di più impegnative proposte di matrimonio, come sa bene la donna che è consapevole di sedere sulla propria fortuna e che ne faccia partecipe chi può concretarla (la brillante ‘metafora’ è di Piero Ostellino), al Milionario basta garantire una serie di prestazioni occasionali, opportunamente retribuite previo utilizzo finale.
L’attuale bozza dei cattivi propositi introduce inoltre i “licenziamenti facili”, a discrezione assoluta del ‘padrone’ (è ora di tornare a chiamarli col loro vero nome) e senza alcuna garanzia per il lavoratore sottoposto a perenne ricatto.
Come contropartita, si promettono generiche tutele per i lavoratori atipici, con l’introduzione di più stringenti condizioni nell’uso dei “contratti para-subordinati”.
In concreto, mentre le “misure addizionali” per contrastare le forme improprie di lavoro dei giovani sono ancora tutte da elaborare, confinate al limbo delle intenzioni aleatorie, a demolizione degli ultimi contratti di lavoro a tempo indeterminato è già pronto invece il famigerato Articolo 8 della normativa Sacconi, che spazza via ogni garanzia residua a livello contrattuale, rimandando a tempi incerti la ben più cogente riforma degli ammortizzatori sociali. È la filosofia stringente di chi è convinto che l’incremento dei licenziamenti favorisca l’occupazione, salvaguardando il reddito.
Naturalmente, i vari Draghi… Marcegaglia.. Cordero di Montezemolo… non hanno nulla da dire in merito a quell’ossimoro economico, che reputa gli over-35 troppo vecchi per essere assunti, i lavoratori 50enni dei pezzi obsoleti dei quali disfarsi quanto prima (licenziamento facile), mentre si innalza il tetto dell’età pensionabile pensando di prolungare la permanenza al lavoro fino ai 70 anni.
In Italia, il crollo occupazionale coincide in massima parte con una disoccupazione giovanile crescente, determinando una frattura ed una sperequazione generazionale, come mai si era verificato prima, attraverso una serie di anomalie sistemiche giunte a livelli insostenibili.
D’altra parte, le sedicenti politiche di sviluppo e di rilancio sono incentrate unicamente sulla “flessibilità del mercato del lavoro”, che nella prassi si traduce in una precarietà esasperata (ad vitam!) e stipendi al minimo, condita da licenziamenti facili, totale assenza di tutele per i neo-assunti e una progressiva erosione delle garanzie contrattuali per gli occupati di lungo corso.
Si potrebbe quasi dire che il Lavoratore (o quel che ne rimane), de-individualizzato e disarticolato, perde la sua “centralità” per diventare funzionale al Lavoro, parcellizzato e de-contrattalizzato, senza però alcuna reale contropartita e senza che vi siano riflessi di lungo periodo, sulla creazione di nuovi posti di lavoro degni di questo nome. In alternativa, resta il cumulo di lavoretti stagionali, rigorosamente al nero; “collaborazioni” e “progetti” farlocchi, per impieghi para-subordinati, magari travestiti da stage. Sono i fenomeni di vecchio e nuovo sfruttamento, che contraddistinguono un’intera generazione di poor workers risucchiata nei gorghi del “lavoro atipico”.
In questa parodia oscena del darwinismo sociale, dove a soccombere sono i poveri, i giovani, e quelli nati nella famiglia sbagliata, fuori dal giro e dalla raccomandazione giusta, non potevano mancare due protagonisti d’eccezione nella pletora di personaggi lombrosiani…
 Il primo è un ministro del Lavoro, e delle politiche sociali inglesizzate in welfare. Si tratta di un ex ‘socialista’, cattolico devoto convertito alla “sussidiarietà” (ovvero stornare risorse pubbliche verso le imprese gestite dall’integralismo temporale di CL), e tra i principali responsabili dell’attuale sfascio finanziario [QUI]. L’unico scopo di questo innesto craxiano nel corpo del berlusconismo sembra essere quello di smantellare l’intero diritto del lavoro, spezzare ogni residua unità sindacale, ed entrare a gamba tesa nelle vertenze contrattuali come dodicesimo giocatore travestito da arbitro.
 Il secondo è l’amministratore delegato di un’azienda automobilistica ormai decotta, assistita per quasi un secolo da commesse pubbliche e investimenti di Stato, ma oggi sommersa dai debiti e di fatto commissariata dalle banche creditrici. Parliamo di un’industria che non riesce più a produrre un modello decente in grado di competere sul mercato e reggere la concorrenza delle grandi case automobilistiche europee. Che ripropone da almeno venti anni gli stessi ibridi, col medesimo nome, varianti minime e qualche ritocco estetico: come un buon film (magari non eccelso), subissato da una raffica di sequel più o meno all’altezza.
Attualmente, le sorti del gruppo sono affidate al maglioncino dei due mondi, convinto che il rilancio dell’azienda risieda nell’ulteriore ribasso dei salari e nella cinesizzazione delle maestranze, con minacce, ultimatum, ricatti, potendo contare sul supporto di più sindacati gialli a fare da sponda… È l’omone dei pull-over che veste in serie, come nel guardaroba di Paolino Paperino, terribilmente simile ad un nero scarrafone dei motori, nel parco demolizioni della metalmeccanica italiana.
Le cosiddette “misure a sostegno dell’occupazione” del ministro Sacconi sembrano pensate e scritte apposta per Lui: il socialdemocratico chietino-canadese, con residenza svizzera, deciso ad abbattere il costo del lavoro, incrementando il numero di ore e le turnazioni di lavoro a salari ridotti.
Con uno stipendio annuo di 4.782.400 euro, costituisce un fulgido esempio di risparmio e sacrificio a fronte di strabilianti risultati di vendite e qualità dei prodotti.
È il tipico esemplare di un capitalismo assistito, che non investe un centesimo in innovazione e formazione, che sopravvive grazie alla domanda indotta di appalti pubblici e agevolazioni fiscali, che predica e invoca “sacrifici” e “scelte impopolari”, ma non è disposto a rinunciare a nulla e niente concedere. A partire dai famosi investimenti promessi per gli stabilimenti FIAT di Pomigliano e Mirafiori.
In tempo di crisi e recessioni in arrivo, con aziende in dismissione e lavoratori sul lastrico, il buon Marchionne si è assicurato per la sua sussistenza personale una retribuzione di 1037 volte superiore allo stipendio medio di un metalmeccanico Fiat in Italia. A questa vanno però aggiunte circa 20 milioni di azioni gratuite, stock grant e stock option, per un valore complessivo calcolato attorno ai 200 milioni di euro (fluttuazioni di mercato permettendo): la paga annuale di quasi 13.000 operai italiani della FIAT, giacché gli stipendi delle controparti polacche e brasiliane non arrivano a 600 euro.
Da notare che lo stabilimento principale di Torino ha circa 5.400 lavoratori. L’amministratore Marchionne percepisce da solo più del doppio di tutte le loro paghe e liquidazioni messe insieme; però parla di tagli dei costi senza vergogna di apparire osceno.
La letterina bruxellese, che tanto è piaciuta ai guardiani del Debito ed ai sacerdoti del neo-monetarismo globalizzato, è l’ultimo atto (ma non il definitivo) all’insegna dello smantellamento progressivo dell’idea stessa che possa esistere qualcosa di “sociale”, sacrificata sull’altare delle divinità del mercato e di un’austerità che taglia i servizi per pagare le banche d’affari.
Coincide con la fine delle ultime lotte sindacali, prima che le “associazioni dei lavoratori” si trasformassero in agenzie di collocamento, collettori di favore politico, e dispensatori di servizi per la terza età. È speculare al generale disimpegno sociale e disinteresse pubblico. Da questo punto di vista, il segno più evidente è il reflusso dei rigurgiti craxiani di parassitismo politico che tuttora governano il Paese, dopo averlo condotto al dissesto economico sull’onda lunga degli Anni ’80.
È l’incapacità di strutturare un dissenso, elaborato in nuove strategie, nell’ansia da conformismo di un corpo sociale che in massima parte non esprime “idee” ma “status”, nella frustrazione di una mancata accettazione e riconoscimento titoli. O, al suo estremo, tutto rigetta nella catarsi distruttiva di un nichilismo senza prospettive.

Nel primo caso, la “protesta” non ha alcun carattere propulsivo e galleggia nella medesima carenza propositiva. È destinata piuttosto a diventare lo specchio pubblico delle angosce di borghesi-piccoli-piccoli (o aspiranti tali) dalle ambizioni frustrate: reflussi di “ceto medio” in declino, in attesa di stabile collocazione, che scalciano (ma non troppo) per rivendicare il proprio posto al sole, in un sistema che non contestano (se non in minima parte) e dal quale si sentono momentaneamente esclusi, pur aspirando a farne parte e possibilmente scalarne le gerarchie, perpetrandone intatta la struttura.
È in fondo una diretta conseguenza di quella che, a suo modo, il sociologo Giuseppe De Rita ha definito “cetomedizzazione” [QUI], attraverso il livellamento progressivo delle coscienze e delle aspirazioni in nome dell’omologazione al ‘sistema’.
In quest’ottica, la variante italiana al movimento degli “Indignados” rischia di esaurirsi presto per assenza di reali prospettive di lungo corso, declinate a favore delle rivendicazioni minime degli indignati dell’ultima ora, aggregati alla protesta unicamente perché sospinti da una crisi che li relega ai margini senza che possano capacitarsi del perché. Ma bene attenti a rimuovere e sopprimere ogni forma di conflitto.
I prodromi erano già in embrione da tempo. Oggi ci limitiamo a raccoglierne i frutti nefasti. Ogni involuzione ha la sua data simbolica che ne decreta l’inizio. Il reflusso italiano comincia a Torino, il 14 Ottobre del 1980. E non è un caso che la ricorrenza sia praticamente passata sotto silenzio, scavalcata dall’ennesima fiducia alla pornocrazia berlusconiana e dall’effimera manifestazione di Sabato 15 Ottobre, vivacizzata dalla presenza del ben più vitale gruppo degli inkazzati (veri), dopo la quale le proposte degli Indignati hanno lasciato il passo ad un generico (quanto imbarazzante) elogio della delazione e della repressione poliziesca.
Per concludere, sarà il caso di riproporre, a dispetto di una vulgata agiografica che tanto successo ebbe a partire dalle colonne de La Repubblica, le pagine che Marco Revelli dedicò alla cosiddetta “marcia dei quarantamila”, prima della grande febbre del berlusconimo post-craxiano alla fiera dei nani, quando tutti si identificarono col padrone e credettero che bastasse disprezzare gli ultimi per sentirsi ricchi:

 […] Al Teatro Nuovo, dove il “Coordinamento dei capi e dei quadri intermedi” aveva convocato una manifestazione nazionale contro il blocco dei cancelli e l’inerzia delle autorità, succede un fatto inedito, e per tutti inatteso. Intorno alla sala, già stipata nei suoi duemila posti dai quadri più attivi di quel nuovo “movimento”, si raccoglie una folla numerosa e incerta. Riempie lentamente il piazzale antistante, trabocca sul corso e nelle vie adiacenti. Alcuni sono venuti per convinzione. Altri per bisogno, curiosità, paura. Sostano a lungo in attesa, poi con una qualche ritrosia si inquadrano, incominciano a muoversi, nasce un corteo.
Una massa grigia e pervasiva incomincia silenziosamente a dilagare verso le vie del centro, cancellando segni e ricordi delle mille rumorose manifestazioni operaie, ripristinando le regolari geometrie dell’ordine di fabbrica e della quiete sabauda. Non un colore rompe l’uniformità cromatica, solo i cartelli tutti uguali del Coordinamento: “Il lavoro si difende lavorando”, “Diritto al lavoro”. Non un grido, uno slogan, una voce che non sia quella metallica dell’altoparlante. Solo lo scalpiccio sordo dei piedi sul selciato e quel brusio basso che esce dalle folle in attesa, dagli assembramenti casuali.
Sono l’altra faccia della fabbrica, l’incarnazione del lavoro privo di soggettività ribelle, a tal punto identificato con l’organizzazione produttiva da divenirne parte integrante, da farne la fonte della propria identità ed esistenza. «Non siamo – proclama il loro leader, Luigi Arisio – il partito dei capi. Siamo il ben più grande partito della voglia di lavorare, di produrre, di competere con la concorrenza». Interrogato, il giorno dopo, sulla sensazione provata davanti ai picchetti che sbarrano i cancelli, uno di loro risponderà, con calma, senza rabbia né calore, con solo un lieve accento di disprezzo nella voce: «Una sensazione di grande pena nel vedere un impianto così perfezionato in tutte le sue parti, immobile per colpa di quella gente».
La lineare perfezione della tecnica e la rumorosa imperfezione degli uomini, la compatta efficienza della macchina e l’anarchica soggettività del lavoro vivo: ora sono lì, appunto, per dichiararne lo scandalo. Per rivendicare che la contraddizione sia sanata. Marciano, e strappano agli operai i luoghi tradizionali d’espressione: Piazza San Carlo, la Prefettura, Piazza del Municipio. In un’ora cancellano, con il loro silenzio, trentatre giorni di rumore operaio. Marciano, e con un semplice gesto conquistano il centro della scena: 15.000 dirà il telegiornale, 30.000 titolerà “La Stampa”, 40.000 sparerà infine “Repubblica”. E tali rimarranno, nella storia e nell’immaginario collettivo. Sono loro i “vincitori”: d’ora in poi incarneranno lo “spirito del mondo”. Rappresentano “la notizia”, il novum che un sistema dei media ormai annoiato dalla ripetitività operaia attende. La loro manifestazione è “nuova” sotto molti punti di vista. Nelle forme: non più scandita, come gli obsoleti cortei operai, dai tradizionali “cordoni” ma strutturata per centri concentrici secondo la catena gerarchica, con al centro il capo ufficio, il capo reparto, il capo officina, e intorno via via, i subalterni.
Nelle tecniche di comunicazione: la prima grande mobilitazione telematica, il cui strumento di convocazione principale è stato il telefono. Nuova soprattutto nei volti, nelle espressioni, nei “soggetti”. La prima grande mobilitazione di massa del “capitale”, uscito finalmente dalla sua dimensione di “oggetto” e trasformato, per una sorta di feticismo della merce alla rovescia, in “movimento”.
Cosa abbia permesso a quel pezzo di fabbrica di animarsi; cosa abbia portato a un effimero e recalcitrante protagonismo quello strato abituato solitamente a comandare e tacere, è difficile dirlo. All’origine deve aver pesato certamente l’esasperazione, dopo oltre un mese d’immobilità coatta e di assenza di salario.
Così come presente, e centrale, è stata senza dubbio, per un’ampia parte, la preoccupazione per la situazione di mercato dell’azienda. L’identificazione con le ragioni della proprietà e con le leggi ferree della competizione economica (molti di loro erano, effettivamente, come dirà Agnelli, «gente la cui unica gratificazione è il successo dell’azienda e la soddisfazione nel proprio lavoro»). L’intenzione, quindi, di denunciare alla città i gusti temuti; di comunicare il proprio senso di pericolo. Né deve essere stato estraneo a quella mobilitazione un certo “spirito di vendetta”; la voglia di rifarsi di dieci anni di umiliazioni e di sconfitte esistenziali. Ma un ruolo di rilievo deve averlo giocato anche, e forse soprattutto, la paura. Il timore non solo e non tanto della perdita del posto, del fallimento dell’impresa, quanto piuttosto del declassamento, della ricaduta nell’universo anonimo e seriale del lavoro manuale.
L’orrore, in sostanza, per una condizione operaia vissuta come regno dell’irrilevanza individuale e dell’invisibilità sociale, da cui erano usciti proprio in forza del loro ruolo di comando – dell’accesso al mondo di chi esiste perché dirige -, e in cui rischiavano di essere ricacciati da un processo di innovazione tecnologica e di riorganizzazione aziendale che andava erodendo le basi stesse del loro micropotere.
La maggior parte dei capi Fiat era stata formata per esercitare funzioni di comando sugli uomini. Scarsamente qualificata sul piano strettamente tecnico, ignorava quasi del tutto le nuove tecnologie. Di esse sapeva soltanto che avrebbero ridimensionato decisamente il “fattore umano” nel processo lavorativo, e che avrebbero assorbito molti di quei compiti di coordinamento e gestione della forza lavoro che fino ad allora avevano giustificato buona parte delle posizioni gerarchiche a livello di officina. Gli altri, i quadri intermedi burocratici, gli impiegati, intuivano che quello stesso processo tecnologico dal quale erano stati resi “esuberanti” decine di migliaia di operai, se applicato al lavoro d’ufficio, avrebbe aperto vuoti ben più devastanti. La mobilitazione contro i picchetti, la “piazza”, devono essere sembrate a molti un’occasione insperata per proporre e stringere con la direzione d’impresa un tacito patto. Per tentare di scambiare fedeltà contro sicurezza, sostegno politico all’operazione di selezione e bonifica della componente operaia contro la garanzia del mantenimento di uno status e di un ruolo gerarchico non più giustificati sul piano tecnico.
La frase bisbigliata al passaggio del corteo da un anziano saldatore delle Carrozzerie – “Questi non vogliono il diritto di lavorare, ma di farci lavorare” -, coglie lo spirito di quella “marcia” più di cento ricerche sociologiche.

  Marco Revelli
  “Lavorare in Fiat. Da Valletta ad Agnelli a Romiti.
  Garzanti, 1989.

Ci sarebbe da chiedersi quanti tra quei sedicenti “quarantamila” abbiano oggi figli e nipoti, impantanati nella palude di stage non retribuiti e di tirocini infiniti, retrocessi nelle pieghe più infime di una precarietà esistenziale e lavorativa senza sbocchi… E che ora s’indignano. Con 30 anni di ritardo!

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I Risolutori

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , on 9 ottobre 2011 by Sendivogius

Lungi dall’attenuare i suoi morsi, la crisi economica e finanziaria continua a serrare le zanne nella carne viva di un corpo sociale già martoriato, tra la sostanziale indifferenza di un ceto politico sempre più distante ed apatico.
La cosiddetta “ripresa”, tanto evocata e mai decollata, assomiglia con ogni evidenza ad un miraggio lontano. Tutti gli indicatori di crescita viaggiano su stime presunte, drammaticamente proiettate al di sotto dell’1%. I consumi ristagnano, compressi da una politica dei redditi che blocca al ribasso i salari dei lavoratori dipendenti e restringe il potere d’acquisto delle retribuzioni medio-basse, con un mercato dei prezzi invariato quando non in rialzo.
In compenso, proprio sui ceti più deboli, e più esposti ai rigori della crisi, grava la quasi totalità degli oneri delle raffazzonate ‘manovre correttive’, che inefficaci si susseguono ormai a cadenza quindicinale.
In aggiunta, il crollo della produzione industriale e dei consumi, aggravate da un’assoluta assenza di prospettive e dalle speculazioni predatorie dei mercati finanziari, ha inciso sulla crescita della disoccupazione, con sacche fisiologiche di senza lavoro furbescamente definite (con un espediente tutto italiano) “inoccupati”, per non pesare sulle statistiche della disoccupazione che diversamente porrebbero l’Italia in cima alle peggiori stime europee.
Risultato inevitabile e naturale è la drastica diminuzione della domanda al consumo, con conseguente contrazione dell’offerta.
Ormai, anche nei settori che contano, si parla apertamente di “recessione” e di rischio stagflazione, con un copione che sembra ricalcare fedelmente i catastrofici passaggi che condussero alla cosiddetta Seconda Recessione del 1937: l’annus horribilis dell’economia globale, dopo la Grande Depressione del 1929.
Ogni paese ha fatto la sua (pessima) parte, con il suo buon carico di responsabilità.
Da noi, la storia parte da lontano e, con una peculiarità tutta italica, ha sempre gli stessi protagonisti perché, se gli anni passano, le facce restano. E non si sa bene se definirle di tolla o di altra più friabile consistenza, dall’inconfondibile odore…
Sostanzialmente, è colpa dei governi precedenti e si tratta di una pesante eredità che ci portiamo indietro dal passato, come non perde occasione di ricordare lo spocchioso minusterume berlusconiano insieme alla muta di pennivendoli da riporto…
Poiché non parliamo delle saghe sumeriche o dell’amministrazione hittita, sarà bene dare qualche riferimento ed un volto ad alcuni dei principali responsabili. Il pensiero corre inevitabile agli spensierati Anni ’80: l’era del craxismo e delle spese allegre; della finanza pubblica fuori controllo e delle assunzioni di massa nella P.A.
Sono gli anni felici che videro crescere il debito pubblico dal 70% al 118% (per inciso, lo stiamo pagando ancor oggi!) quando la stabilità di bilancio e la quadratura dei conti erano l’ultimo dei problemi… i tempi magici (e ripetibili) della “Milano da bere” e delle mazzette nelle mutande…
Nel 1983 il compianto “esule di Hammamet”, lo statista Bettino Craxi (grande sponsor e amico di papi Silvio) diventa presidente del consiglio, mentre un oscuro imprenditore brianzolo comincia la sua parabola ascendente all’ombra del garofano socialista…
 Con una serie di azzeccate manovre finanziarie, in quegli anni il debito pubblico schizza dai 234.000 miliardi di lire del 1984 ai 336.000 miliardi di lire nel 1985. Il principale relatore delle leggi di bilancio era Maurizio Sacconi, sottosegretario al Tesoro dal 28 luglio 1987 al 10 maggio 1994.
 Fortunatamente, ad affiancare Sacconi, in qualità di austero guardiano della stabilità di bilancio, c’è l’inflessibile Giulio Tremonti: collaboratore e consigliere economico presso il Ministero delle Finanze, nei vari governi susseguitisi dal 1979 al 1990. Nel 1994 diventa direttamente Ministro delle Finanze nel primo governo Berlusconi. E proprio nel decennio d’oro del berlusconismo di governo (2001-2011), ad eccezione delle parentesi virtuose dei famigerati governi Prodi, la spesa pubblica è aumentata del 45%, passando da 542 a 786 miliardi di euro nel 2009. Con un simile andazzo, nel mese di Luglio 2011 il debito pubblico dell’Italia ha infine raggiunto la cifra monstre di 1.911,807 miliardi di euro! I dati sono della Banca d’Italia
 Invece, a vagliare sulle assunzioni clientelari di massa nel pubblico impiego e vigilare sulla copertura economica c’è Renato Brunetta: anche lui consigliere economico di governo (fino al 1994) e responsabile delle strategie occupazionali e politica dei redditi presso il Ministero del Lavoro (dal 1983 al 1987). Non per niente, per il piccolino diventato col tempo ministro, i precari della P.A. sono l’Italia peggiore. Su tutti gli altri assunti garantisce lui.
Oggi li ritrovate tutti nella pornocrazia berlusconiana con posti di rilievo, insieme al resto della vecchia banda socialista (il piduista Cicchitto; Gaetano Quagliariello; Margherita Boniver; Gianni De Michelis…), mentre lievitano sopra uno strato di spocchia boriosa, vantandosi delle loro incredibili competenze. Quelli che “avevo previsto la crisi”… quelli che “vigilo sui conti”… quelli che “sono il terrore dei fannulloni”… quelli che “il mercato fa la selezione”… quelli che, se davvero esistesse la meritocrazia con cui vanno riempendosi la bocca, sarebbero già dovuti sprofondare seppelliti sotto tre metri di merda, invece di esibirsi come pavoni nel livore vendicativo che li corrode, verso un’umanità che si ostina a non riconoscerne la grandezza.
È singolare notare come a questi eccelsi figurini sia stata affidata la conduzione dell’attuale politica economica italiana, col compito di guidare il Paese fuori dalla crisi. Visti i precedenti, si può star certi che sarà un successo.

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(30) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , on 31 agosto 2011 by Sendivogius

Classifica AGOSTO 2011”

 Complice la manovra finanziaria aggiuntiva, mai estate fu più loquace e ciarliera per quella casta di politicanti, così degna del miserabile paese che li sceglie a suoi rappresentanti e che pervicacemente riconferma ad ogni mandato.
Ma sarà meglio sorvolare sui pugnetti spastici del cerebroleso cassanese, perdendoci nell’interpretazione dei suoi grugniti secessionisti…
Non ci soffermeremo sulle deiezioni “mefistofeliche” dell’Abominevole Verro della Padania, il porcino Roberto Calderoli, quanto mai convinto che una stronzata al giorno levi la crisi di torno…
Taceremo sulla ragioneria creativa del tributarista di Sondrio e sul suo pallottoliere magico…
Non parleremo dei ruttini fiscali del Ceronato di Arcore ed i miagolii della sua corte di Amerikani a Montecitorio…
E non parleremo della manovra economica del Governo d’Agosto. Innanzitutto perché non c’è. E poi perché nella sua stesura in continuo mutamento è inconsistente per misure, cifre e copertura dei saldi di bilancio, giacché cambia ogni cinque minuti. A giudicare dalla filosofia che ne ispira l’impianto tutto aleatorio, non è solo classista ma punitiva. È infatti una “manovra” che sembra studiata per colpire tutte quelle categorie e quella metà di italiani che, erroneamente, gli spin-doctor delle libertà littorie giudicano ‘colpevoli’ di non aver votato o sostenere l’imperium del Nano catramato.
Si concentra unicamente sui redditi fissi; massacra i contribuenti onesti e premia gli evasori di ogni risma e grado. Colpisce il “pubblico impiego” in senso lato, con una pervicacia punitiva che rasenta la paranoia: sospensione delle liquidazioni; decurtazione delle trediscesime; taglio degli stipendi; blocco dei contratti e introduzione della super-tassa. A queste si aggiungono poi le proposte padane di tagliare le pensioni di reversibilità per le vedove.
No al contributo di solidarietà per i professionisti privati, ma sì per quelli del pubblico. No all’imposta aggiuntiva sui capitali scudati degli evasori. No a qualsiasi misura di tassazione su beni di lusso e grandi patrimoni immobiliari. Si millanta una nuova lotta all’elusione fiscale, ma intanto si studia l’ennesimo condono tombale.
Nessuna riforma strutturale, ma la solita pletora di interventi parcellizzati per tappare le falle più evidenti nel sistema. Della grande manovra tremontiana alla fine rimangono i provvedimenti ispirati dal livore del Ministro alla Disoccupazione, Maurizio Sacconi: vendicatore craxiano e repubblichino sociale della sussidiarietà, intento a spazzare via con raro livore ogni forma di tutela sindacale e garanzia contrattuale, con la miserabile complicità dei due sindacati gialli (CISL-UIL) organici alla cricca governativo-confindustriale. Si smantellano i servizi al cittadino e lo Stato sociale, da regalare in pasto al lucro dei privati, senza nessun reale risparmio di spesa.
In compenso, gli unici punti rimasti intonsi, e a prova di revisione, sono infatti la cancellazione di tutte le feste nazionali non religiose, che agli occhi del direttorio clerico-fascio-piduista, che sta stuprando l’Italia, hanno tre gravissimi torti: essere laiche; antifasciste; e in odore ‘sinistro’…
Si festeggerà dunque la Befana, ma non la fondazione della Repubblica italiana.
Si celebrerò il Ferragosto con l’assunzione della Madonna in cielo, ma non la festa dei lavoratori (che del resto sono assai poco gettonati di questi tempi).
Si puniscono naturalmente le cooperative, per antonomasia “rosse”, ignorando che la maggior parte dei consorzi cooperativi sono in realtà legati a realtà cattoliche ed al mondo ex-democristiano; e dimenticando che oltre la metà delle coop italiane è riunita sotto la sigla di Confcooperative, che certo non spicca per i suoi orientamenti a ‘sinistra’.
Si puniscono i laureati, ai quali si cerca di inibire il riscatto degli anni universitari; misura fondamentale per castigare ex post una categoria intellettuale, dove si potrebbero annidare molti ex sessantottini.
I vizi di incostituzionalità e l’abnormità delle iniquità sperequative contenute in questa sedicente manovra economica sono più numerose delle mignotte che affollano le alcove del papi nazionale. Resta un mistero totale su come tali provvedimenti possano mai garantire un gettito annuale di 45 miliardi di euro. Si attendono gli appelli dall’austero inquilino del Quirinale, che in periodo estivo non ha trovato niente di meglio che fare atto di sottomissione agli integralisti in affari di CL, per votare con solerzia questa incredibile porcheria, tutti insieme appassionatamente.

Hit Parade del mese:


01. EQUE SODDISFAZIONI

[30 Agosto.] «Sono molto, molto soddisfatto perchè adesso la manovra correttiva è stata migliorata, senza modificarne i saldi, ed ora è più equa e sostenibile.»
(S.Berlusconi, l’Imparziale)

 


02. LAVORARE DI PIÙ. E FARLO GRATIS!

[11 Agosto] «Gli operai regalino cinque giorni lavorativi all’anno per un periodo limitato, diciamo cinque anni, all’impresa per cui lavorano»
 (Andrea Tomat, presidente di Confindustria per il Veneto)


03. DIO DI DENARI

[12 Agosto] «In una società liberale, al povero si dovrebbe chiedere: che cosa hai fatto dunque di male se Dio ti punisce con il sudiciume della povertà, anziché con l’ordinato lindore del benessere?»
(Paolo Guzzanti, un miserabile ricco)


04. POTREI MA NON VOGLIO

[14 Agosto] «Vorrei che si affrontasse questa crisi in modo saggio e coraggioso, difendendo e promuovendo i diritti di tutti […] prima di difendere i privilegi acquisiti di alcuni»
 (Dionigi Tettamanzi, l’Esentasse)


05. DATE A CESARE…

[20 Agosto] «Se ognuno facesse la propria giusta parte le cose sarebbero risolte, rinunciando a benefici eccessivi e privilegi. Bisogna fare appello alla coscienza di tutti perché questo dovere possa essere assolto da ciascuno per la propria giusta parte»
(Angelo Bagnasco, il Simplicissimus)


06. COMPLOTTO DEMO-PLUTO-MASSONICO

[14 Agosto] «La massoneria vuol mettere le mani sui soldi della nostra gente; vuole vendere le nostre banche alla Francia e alla Germania»
(Umberto Bossi, il Pugnetta)


07. SEGRETO DI STATO

[05 Agosto] «Non si può dire che sostanzialmente lo Stato è mandante o spettatore passivo di stragi.»
 (Fabio Garagnani, l’Institor)


08. OBBEDISCO

[14 Agosto] «Sono un uomo di apparato: se il partito mi ordina di lasciare una delle cariche, io obbedirò.»
 (Luigi Cesaro, il Leninista)


09. DIAFANE PRESENZE

[24 Agosto] «Senza l’apporto dell’Italia, Gheddafi non sarebbe caduto. Il nostro Paese ha svolto un ruolo fondamentale»
 (Ignazio La Russa, l’Indispensabile)


10. GRATIFICAZIONI

[24 Agosto] «Io non mortifico nessuno. Sono un professore universitario da decenni»
 (Renato Brunetta, il Gratificante)

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(20) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , on 29 ottobre 2010 by Sendivogius

Classifica OTTOBRE 2010”

 Siamo sinceri: quando abbiamo inaugurato questa rubrica sapevamo che non sarebbero certo mancati i contributi, ma mai pensavamo che la selezione potesse diventare tanto impegnativa. Com’è risaputo, in Italia le minchiate hanno costo zero e soprattutto non conoscono crisi. Tuttavia, una simile sovrapproduzione da primato richiederebbe ormai una classifica giornaliera, tant’è difficile stare al passo.
Direttamente dalla ‘monnezza’ di discarica e di governo, proviamo dunque a fare una sintesi…
In democrazia, la cosiddetta “classe dirigente” dovrebbe essere lo specchio di quella società che liberamente contribuisce alla sua elezione… In un Paese di merda, è conseguenza naturale che i suoi rappresentanti abbiano la medesima consistenza. Una casa che poggia le proprie fondamenta su un consistente strato di letame è destinata ad affondare presto nel medesimo, mancando pericolosamente di stabilità. Pertanto, in attesa del prossimo crollo, alle nostre cicale di governo, per ragioni di sopravvivenza, non resta che aggrapparsi alla propaganda delle emergenze. E non riuscendo a risolvere quelle reali, ne inventano di surreali, per puntellare un potere personale sempre più declinante…
È inquietante ascoltare i ragli di questi ministerucoli lombardo-veneti, questa pletora di nani pedemontani, che chiamano i regnicoli a raccolta, contro imprecisate minacce eversive e rigurgiti “terroristici”. È disgustoso osservarli mentre evocano (e supplicano) il ritorno agli “anni di piombo”, nella criminalizzazione costante di ogni forma di dissenso: contro la FIOM, additata come una sorta di organizzazione sovversiva; contro i lavoratori in sciopero; contro le manifestazioni di disoccupati e cassaintegrati; contro la stampa non allineata; e contro chiunque osi dissentire dalla vulgata ufficiale di regime.
In questa cornice preconfezionata, “un uovo lanciato contro una sede sindacale diventa un atto terroristico o una intollerabile minaccia. Incuranti di cadere nel ridicolo, media e rappresentanti politici e sindacali fanno a gara per rimuovere la violenza dal discorso socio-politico contemporaneo, nella speranza di esorcizzare oppure di rimuovere e nascondere le forze oscure e i conflitti che si agitano al di fuori dello schermo di ciò che vogliono presentare come realtà” (Sandro Moiso).
 Se Raffele Bonanni, il furbone CISL, non vuole che lo si chiami “venduto”, forse dovrebbe smettere di vendersi e soprattutto di svendere i diritti altrui. In caso contrario, noi diretti interessati, che di lavoro campiamo, abbiamo tutto il diritto e sacrosanti motivi per mandare affanculo lui ed il suo giallo sindacato. O si pretende che dopo aver ricevuto l’ombrello di Altan si debba pure ringraziare?!?
È insopportabile questo continuo paventare (e malcelato auspicio): “potrebbe scapparci il morto” in questa o quella manifestazione, in questo o quel corteo, mentre si lucidano i manganelli della repressione.
Il ministro alla disoccupazione, Maurizio Sacconi, lo invoca ad ogni occasione possibile.
E l’idea sembra sfiorare pure Roberto Maroni, il secessionista agli Interni, che ha un’illuminante visione dell’ordine pubblico: se una manifestazione si svolge senza problemi è merito del suo ministero; se qualcosa va storto è invece tutta colpa degli organizzatori. Insuperabile il Maroni di polizia che si vanta di aver sventato una “strage peggiore dell’Heysel”, dopo l’interruzione della partita Italia-Serbia per le esibizioni fumogene di un centinaio di citrulli belgradesi, capeggiati da un ciccione tatuato. Eccezionale, quando contrito minaccia il sospetto che gli stessi serbi, dal Marassi di Genova, possano infiltrarsi in un corteo della CGIL a Roma, chiedendo la sospensione dell’iniziativa sindacale e declinando ogni responsabilità sulla sempre sventolata “sicurezza”. 
E dopo l’attentato fantasma a quella fucina di amore che è Maurizio Belpietro, non poteva certo mancare l’evanescente CA(pe)ZZONE portavoce, anche lui aggredito dagli spettri, ad aprire il corifeo delle lagnanze (da Cicchitto a Bondi) contro i network dell’odio alimentati dalla sinistra. E qui sbagliano, perché davvero è questa un’accusa gratuita… L’Odio, come l’Amore, è un sentimento forte, non privo di una sua ‘nobiltà’, che nelle proprie pieghe presuppone una certa considerazione, persino una qualche forma di rispetto e di inconfessabile timore, nei confronti dell’oggetto della propria acredine. Soprattutto, nella sua purezza, l’odio bisogna meritarselo. Mentre possiamo assicurare che a ‘sinistra’, e massimamente nel nostro caso, il sentimento prevalente è il disprezzo.
Infine, per chiudere in bellezza, ci mancava pure il Pornonano col bunga-bunga..!
Questo è davvero un Paese che se ne va a puttane, ma a divertirsi sembra sia solo Lui.

  Hit Parade del mese:

 

01. PROMESSE DA MARINAIO

[24 Ott.] « Mi impegno a portare le retribuzioni salariali ai livelli dei paesi europei»
 (Sergio Marchionne, il Livellatore)

 

02. PRENDI I SOLDI E SCAPPA!

[24 Ott.] « La FIAT è l’unica azienda europea che non ha bussato alle casse pubbliche per uscire dalla crisi»
(Sergio Marchionne, la Smemorato)

 

03. REGALAMI UN LODO

[23 Ott.] « Non ho mai reclamato alcuna forma di tutela.
(…) Il Lodo Alfano non è una mia iniziativa, ma una proposta del mio partito; io non sono più interessato a portarla avanti.
(…) A questo punto la norma verrà ritirata. Non voglio che si dica che faccia leggi ad personam, leggi vergogna.»
 (Silvio Berlusconi, il Beneficiato)

 

03bis. LODE AL LODO

[22 Ott.] «Il Lodo Alfano e le leggi ad personam non sono io che le ho chieste. Sono i miei alleati che se ne fanno promotori a mio favore, ricorrendo agli strumenti legali della democrazia. Per dirlo con parole chiare: sulla nostra democrazia grava un macigno. Nella magistratura abbiamo una corrente che agisce in modo eversivo cercando di procedere contro chi è stato eletto legalmente dal popolo. I processi vanno avanti già da molto tempo»
 (Silvio Berlusconi, l’Inconsapevole)

 

04. EAU DE TOILETTE

[22 Ott.] «Il ministro della Salute Fazio ha svolto una relazione garantendo che in questo momento non ci sono preoccupazioni per la salute dei cittadini (…) A Terzigno il disagio è provocato dai miasmi e dal passaggio dei camion, conseguenza di una gestione precaria della discarica. Quando la Protezione civile era dentro la discarica non c’erano odori e non c’era un gabbiano, come hanno potuto constatare i giornalisti che abbiamo portato con noi. Dobbiamo tornare a quella modalità di gestione»
 (Guido Bertolaso, il Profumato)

 

04bis. SULLA PAROLA

[20 Ott.] «La discarica nuova non si farà. Me lo ha promesso Berlusconi in persona ed io di lui mi fido» 
 (Domenico Auricchio, Sindaco di Terzigno)

 

05. DI QUALE ANNO? 

[22 Ott.] «Prevediamo che in 10 giorni la situazione a Napoli potrà tornare nella normalità»
 (Silvio Berlusconi, il Preveggente)

 

06. LAW & ORDER

[23 Ott..] « Lavoriamo per garantire il rispetto delle regole»
 (Guido Bertolaso, il Regolatore)

 

07. AUGUSTI EQUILIBRI

[21 Ott.] «È assolutamente improprio parlare di ‘forte squilibrio’ a favore della maggioranza di governo da parte del TG1, che ha sempre raccontato e sempre continuerà a raccontare gli avvenimenti politici secondo il principio del pluralismo»
 (Augusto Minzolini, l’Equilibrista)

 

08. L’APOCALISSE 

[28 Ott.] «L’ennesimo capitolo di una campagna scandalistica pubblicato oggi da ‘la Repubblica’ rappresenta il segno più spaventoso di una inciviltà che minaccia di corrodere le fondamenta della nostra vita democratica e di incanalare nuovamente la vita politica verso esiti distruttivi»
 (Sandro Bondi, il Profeta)

 

09. PAURE ALLO SPECCHIO

[16 Ott.] «Una minoranza di scalmanati ritiene di tenere sotto scacco un’organizzazione i milioni di persone, rifiutando ogni criterio di convivenza civile e democratica. Chiunque deve preoccuparsi»
 (Raffele Bonanni, l’Ominide)

 

10. ANSIOLITICI

[15 Ott.] «Il commento sull’andamento delle entrate tributarie dei primi tre trimestri del 2010, pubblicato dalla Banca d’Italia, ha toni inutilmente ansiogeni»
 (Giulio Tremonti, il Rassicurante)

 

10bis. IL PATENTINO

[12 Ott.] «Cossiga ha il posto d’onore nel pantheon dei liberali e democratici»
 (Silvio Berlusconi, il Nomenclatore)

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(17) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , on 30 luglio 2010 by Sendivogius

“Classifica LUGLIO 2010”

 Per essere in pieno periodo estivo, la mesata presenta a suo attivo un raccolto particolarmente ricco, a riprova che le vie dell’idiozia non solo sono infinite, ma anche particolarmente trafficate.
Né mancano le novità, con interessanti new entry da tenere in debita considerazione per i loro possibili contributi futuri che (temiamo) non mancheranno.
Nelle grandi arterie della cazzata associata infatti prima si parla e poi si pensa. È bene però precisare che il primo passaggio non implica necessariamente il secondo.
I volenterosi contributi che pur non mancano nel caotico vuoto dell’opposizione riconosciuta, non sono tuttavia tali da elevarsi al di sopra del loro stato ectoplasmatico. Perciò, ancora una volta, grande protagonista è la Plebe delle Libertà con servitù al seguito. Del resto, dalle parti del Partito dell’Amore questo è stato un mese particolarmente prolifico…
Gli auguri di morte ed auspici di “eliminazione fisica” per il deputato Fabio Granata, colpevole di bestemmia dopo la pronuncia della parola tabù: “legalità”.
L’espulsione di Fini, dal partito che lui stesso aveva creato, per reato di apostasia e delitto di lesa maestà contro il divino Cesare di Brianza, il quale ha licenziato il co-fondatore del PdL alla stregua di un impiegato in esubero. Senza liquidazione né ‘buono uscita’.
A questo si aggiunge la richiesta delle dimissioni di Fini da Presidente della Camera, perché il suo ruolo istituzionale non sarebbe più in linea con le disposizioni del partito.
È questa una concezione delle funzioni di garanzia molto interessante. Di sicura ispirazione liberale è anche la cacciata degli ex camerati dissidenti del Pdl, qualora non dovessero fare pubblico atto di contrizione penitenziale. Il tutto naturalmente nel nome della libertà (e dell’impunità).
Come ha scritto qualcuno:

“L’irruzione della legalità ha dunque fatto saltare per aria il Pdl, mettendo fine alla costruzione politica e mitologica del più grande partito italiano nella forma che avevamo fin qui conosciuto, come l’incontro tra due storie, due organizzazioni e due leader in un unico orizzonte che riassumeva in sé tutta la destra italiana, il suo passato, il suo futuro e l’eterno presente berlusconiano. Tutto questo è andato in pezzi, perché la legalità è come una bomba nel mondo chiuso del Cavaliere, dove vigono piuttosto la protezione della setta, l’omertà del clan, il vincolo di servitù reciproca di chi conosce le colpe individuali e il destino comune di ricattabilità perpetua.”

Ma sarà il caso di lasciare la ‘parola’ ai protagonisti indiscussi…

  Hit Parade del mese:

01. LIBERTÀ RELATIVE

[10 Lug.] «La libertà di stampa non è un diritto assoluto»
 (
Silvio Berlusconi, il Relativista)

 

02. SPIFFERI: la destra nuoce alla salute?

[14 Lug.] «L’aria condizionata è di destra. Va verso il progresso e il consumo.
(…) Comunque l’aria condizionata fa male.. è un modo garantito per prendersi un accidente.»
 (Ferruccio Fazio, Venticello)

 

03. MORTE A VENEZIA

[27 Lug.] «Un grande partito andrebbe subito da Casini per offrirgli l’alleanza e la candidatura a premier»
[Un grande partito t’avrebbe già mandato affanculo – ndr]
 (Massimo Cacciari, il Transgender della Laguna)

 

04. LE MANI IN PASTA

[14 Lug.] «Ma quale questione morale! La moralità è nel DNA del PdL. Su questo tema non prendiamo lezioni»
 (Maurizio Lupi, il Professore)

 

04bis. IL POPOLO DELL’OMERTÀ

[27 Lug.] «(Non rispondere alle domande dei giudici) è una mia regola fissa. È una regola fondamentale per chi è indagato. La consiglio a tutti»
 (Marcello Dell’Utri, Uomo d’onore)

 

05. PAROLA DI CESARE

[13 Lug.] «Il clima giacobino e giustizialista nel quale alcuni stanno cercando di far ripiombare il nostro Paese non è certo d’aiuto. Ma ancora una volta metterò tutto il mio impegno per impedire ritorni un passato che gli italiani non vogliono più.»
 (Silvio Berlusconi, Sua Impunità)

 

06. KILLING NICHI (I): Poiesis democratica

[21 Lug.] «La narrazione non basta a risolvere i problemi. E la politica non è filosofia o poesia. Se così fosse avremmo peraltro poeti migliori che battono le piazze»
 (Massimo D’Alema, la battona bicamerale)

 

06bis. KILLING NICHI (II): Modello Calabria e buon governo siciliano

[29 Lug.] «Se Vendola vuole fare una politica che trasformi la Puglia nella nuova Grecia, questo non sarà consentito da questo governo. La Puglia è su una via pericolosa, di amministrazione non responsabile e non vogliamo che con quella legislazione che segue una logica non responsabile, la Puglia finisca come la Grecia.
Non credo che la Puglia sia il luogo per esperimenti rivoluzionari. Siamo convinti che in questa fase storica, per il bene dei cittadini, prima vengono i numeri e poi la politica e non la politica prima e a prescindere dai numeri. Non viceversa. Ieri abbiamo dato a Vendola questo messaggio di serietà»
 (Giulio Tremonti, il Virtuoso Messaggero)

 

06tris. KILLING NICHI (III): il Vizietto

[26 Lug.] «Al campeggio dei ‘Giovani Democratici’ parteciperanno oltre 600 ragazzi provenienti da tutta Italia. Non è il primo che facciamo. Semplicemente, questa volta è di dimensioni mai viste. Sarà il più grande incontro di una organizzazione giovanile di partito.
(Abbiamo scelto Torre del Lago) Perché è una meta abbastanza nota di turismo gay, perché qui hanno costruito un’economia basata sulla tolleranza e hanno dimostrato che in questo modo può esserci vero sviluppo. Questo modello è uno dei pochi che non sta pagando la crisi.
(…Non abbiamo invitato Vendola) perché noi non vogliamo farci fare una lezione da sinistra da Vendola. Pensiamo che debba essere il PD ad offrire alcune risposte da sinistra alla crisi.»
 (Fausto Raciti, il Clone in erba)

 

07. IL BELLO DELLA POLITICA

[12 Lug.] «Ci tengo alla possibilità di manifestare il mio senso estetico»
 (Silvio Berlusconi, Mr Universo)

 

07bis. FIGA PARTY

[12 Lug.] «Qualche volta portatevi anche qualche bella ragazza, signori ambasciatori, perché so che anche questo è un merito che tutti quanti siete molto orgogliosi di portare. E noi lo apprezzeremmo molto, perché siamo latini. Alla mia età non sono più un playboy, ma un playold»
 (Silvio Berlusconi, il solito porco)

 

08. From Korea to Italy: DOTI NASCOSTE

[06 Lug.] «Ho quasi cinquant’anni e lavoro da quando ne ho venti; non credo, francamente, di aver raggiunto i miei obiettivi per motivi diversi da quelli legati alla mie reali capacità»
 (Susanna Petruni, professionista libera)

 

08bis. From Korea to Italy: LEZIONI DI STILE

[22 Lug.] «A chi ha criticato la tempestività con cui abbiamo dato la notizia del messaggio di Silvio Berlusconi, rispondiamo che il nostro sito è abituato a dare le notizie. Possibilmente prima degli altri. Cosa che succede spesso.
Oggi è capitato con un messaggio di Berlusconi. Che, per inciso, subito dopo è diventato l’apertura dei maggiori siti d’informazione italiani.
Domani speriamo che capiti con un messaggio o una qualunque altra iniziativa di Pier Luigi Bersani o Antonio Di Pietro. Questo è quello che dovrebbe fare ogni organo di informazione, cominciando da quello che è investito del compito di fare servizio pubblico. Tutto qui.
Quanto al sito di Repubblica, che ipotizza inesistenti fili diretti con il premier, ricordiamo la frase che la volpe rivolse all’uva: “Nondum matura est”…»
 (Augusto Minzolini, emorroide di regime)

 

08tris. C’È TAGLIO E TAGLIA

[26 Lug.] «Non accetto di associare alla mia città qualcuno che non abbia una moralità certa. E se Belen ha fatto uso di droga, a questo punto non mi fa piacere vederla sul palco dell’Ariston. Non cambio idea se una ha un sedere particolarmente bello, rispetto a Morgan che aveva i capelli strani»
 (Maurizio Zoccarato, Borgomastro sanremese)

08quater. ACCERTAMENTI

[27 Lug.] «Ho potuto accertare che la situazione di Belen è molto differente da quella di Morgan. Reputo Belen una grande artista e spero che possa chiarire, prima di tutto per lei, il suo coinvolgimento. (…) Da sindaco di Sanremo vorrei che il nome della città fosse legato alla manifestazione come il festival, attraverso personaggi portatori di messaggi consoni e penso che Belen sia davvero una grande professionista e che la sua immagine sia adeguata al Festival. Non accetto che l’immagine della mia città sia affiancata a chi non ha una moralità certa. Nella nostra società devono prevalere valori come la “tradizione e la fermezza mentale” ed è importante non dare il segnale che chi fa uso di stupefacenti ha successo.»
 (Maurizio Zoccarato, Verificatore finale)

 

09. C’ERAVAMO TANTO AMATI

[29 Lug.] «Mi sono tolto un peso, mi sento liberato. Come quando ho divorziato»
 (Silvio Berlusconi, il Costipato)

 

10. ITALICA SOLIDARIETÀ

[06 Lug.] «In queste ore è in corso una delicata mediazione sotto la nostra egida; mediazione che stiamo finalizzando, per poter arrivare all’identificazione dei cittadini eritrei e poter loro offrire un’occupazione, nella stessa Libia, contro il rischio e la paura del rimpatrio.
(…) L’Italia non si è mai sottratta ad un’attività di sensibilizzazione delle autorità libiche, verso le quali noi abbiamo scelto, nello spirito di una sincera amicizia, di condurre un’azione discreta e positiva anche in nome e per conto dell’Europa: come due distinte, ben note ed importanti vicende legate alla soluzione della crisi Libia-Svizzera hanno recentemente saputo dimostrare»
 (R.Maroni – F.Frattini; didimi di governo)

 

10bis. PENSIONI: 40 anni di contributi non bastano

[01 Lug.] «È stato un refuso, lo cancelleremo. Non era intenzione né mia, né di Azzolini, né di Tremonti»
 (Maurizio Sacconi, refuso vivente)

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(3) Cazzata o Stronzata?

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 30 Maggio 2009 by Sendivogius

 “Classifica MAGGIO 2009”

scuse+onu Sarà l’aria di primavera; sarà la calura di un’estate prematura; sarà che qualcuno ha cambiato il proprio spacciatore di fiducia… Fatto sta che Maggio si è rivelato un mese assai prolifico, tanto da richiedere una sofferta selezione. Dinanzi a così tanta abbondanza è difficile stilare una buona classifica; c’è sempre il rischio che qualcuno rimanga escluso. E noi non vogliamo certo fare dei torti! Speriamo che le portate non siano troppo indigeste…

Hit Parade del mese :

larussa01g1.    PLOTONE D’ESECUZIONE

 [16 Mag.]  «Laura Boldrini (portavoce UNHCR in Italia) è una disumana o una criminale, nota per essere di Rifondazione comunista e per portare il cognome di un noto capo partigiano (…) L’Alto Commissariato ONU per i rifugiati non conta una fico secco!»
(Ignazio La Russa, Ministro della Guerra)

Silvio-Berlusconi bang2.    AFFONDIAMOLI!

 [12 Mag.]  «I clandestini provenienti dalla Libia sono reclutati in maniera scientifica. Sono persone che hanno pagato un biglietto; non sono persone spinte da una loro speciale situazione dove sarebbero vittime di ingiustizie»
(Silvio Berlusconi, l’Imperatore)

marcello dell'utri3.     MAFIA E DEMENZA SENILE

 [04 Mag.]  «Nei diari il duce scrive che le leggi razziali dovevano essere blande. Lui era un grande uomo, non è colpa sua se il fascismo è stato un orrendo regime. Fu colpa delle sanzioni se si alleò con Hitler»
 (Marcello Dell’Utri, un mafioso in parlatoio)

S.Berlusconi4.     L’ESPERTO RISPONDE

 [29 Mag.]  «Sono convinto che nella magistratura ci sono grumi eversivi»
 (Silvio Berlusconipiduista tessera n° 1816)

KoSSiga5.    AGENTE SEGRETO AL SERVIZIO DI SUA MAESTA’

 [16 Mag.]  «Si chiama un giornalista e gli si dice: “La smetti di pubblicare queste notizie? Ah no? Allora do alcune notizie su di te e sulla moglie e le figlie del tuo editore a un giornale concorrente. E poi dico al tuo editore che le ho pubblicate e che tu lo sapevi”»
 (Francesco Cossiga, scroto parlante)

G.Alemanno6.     FORA ER COLTELLO!

 [04 Mag.]  «L’avevo detto fin dall’inizio che alcune operazioni come la serie TV ‘Romanzo Criminale’ non aiutano. Hanno lanciato delle mode, degli atteggiamenti e dei modi di fare sbagliati. Possono contribuire ad invelenire il clima in alcuni contesti sociali già difficili» 
(Gianni Alemanno, squadrista in doppiopetto)

RomanzoCriminale7.    BULLI, PUPE E PISTOLE

 [05 Mag.]  «Dopo il Che, il mito della Sinistra è la Banda della Magliana»
 (Gianni Alemanno, un mito vivente)

marchionne8.     TRANQUILLO HA FATTO UNA BRUTTA FINE…

 [15 Mag.]  «Gli operai possono stare tranquilli che l’impegno è stato preso seriamente: noi faremo del nostro meglio»
  (Sergio Marchionne, l’Uomo col Pullover)

tremonti9.     E SE LO DICE LUI…

[14 Mag.]  «Riguardo alla crisi economica: l’Apocalisse è finita»
  (Giulio Tremonti, Inqualificabile)

sacconi0110.     QUESTIONE DI ODORI

 [14 Mag.]  «Ho un udito raffinatissimo e un fiuto raffinato. Annuso a distanza comunisti e post-comunisti»
  (Maurizio Sacconi, Cane da tartufo)

 
[“NOTIZIE TECNICHE”: Come avrete notato, Liberthalia ha dovuto apportare  qualche modifica nell’impaginazione, per rispondere ai criteri di formattazione richiesti dalla piattaforma in uso. Una scelta obbligata, anche se poco condivisa. Speriamo che il cambiamento sia comunque di vostro gradimento]