Cavare qualcosa di buono da Gianni Alemanno e dai suoi manipoli che bivaccano in Campidoglio è come rimestare in una latrina ricolma, nell’illusione di poter trovare un anello d’oro.
In compenso, sfogliare l’inesauribile catalogo assunzioni della giunta fascistissima del podestà barese a Roma è un po’ come compilare un’enciclopedia aggiornata dell’eversione nera, incistata sul peggior clientelismo di matrice democristiana.
L’ultimo miracolato dell’infinita serie, giunto tardivamente all’attenzione delle cronache nazionali, è Maurizio Lattarulo: estremista neo-fascista, con un curriculum criminale maturato all’ombra dei NAR e della Banda della Magliana.
Nato a Roma il 26/09/1960, Lattarulo aveva già conquistato gli onori della ribalta (giudiziaria) nell’istruttoria del giudice Otello Lupacchini contro i componenti della Banda della Magliana e condannato in via definitiva il 6 Ottobre del 2000.
La cosiddetta Banda della Magliana è una litigiosa confederazione di ‘batterie’ della mala capitolina, che (caso unico) diventerà la più grande organizzazione della criminalità romana, invischiata in alcune delle trame più oscure della storia nazionale, con solide ramificazioni nell’eversione neofascista.
Si legge nell’Ordinanza del giudice Lupacchini:
«Fin dai primi anni settanta, infatti, questo gruppo della criminalità organizzata romana, comprende la lucratività potenzialmente enorme del “prestito a strozzo”, soprattutto se esercitato verso proprietari o titolari di attività commerciali o piccole e medie società e che, comunque, permette di ricapitalizzare gli introiti derivanti dal traffico di stupefacenti, all’epoca nella fase iniziale dell’espansione in progressione geometrica successiva.
[…] Richiamata la ricostruzione della fattispecie incriminatrice cristallizzata nell’art. 416 bis c.p. è di tutta evidenza che l’associazione mafiosa, della quale tale norma fornisce il paradigma, possa disporre di strutture più o meno articolate e di un esercito più o meno ampio di aguzzini, spie, gabellieri, sicari, falsari, carnefici, carcerieri, flagellatori, necrofori, trafficanti, usurai, bottegai, mezzani, sensali, tirapiedi, reggicoda, prestanome, cerusici e casuisti, sicché non è detto – anzi secondo l’id quod plerumque accidit è proprio il contrario – che per far parte dell’associazione mafiosa tutti i sodali debbano, ad un tempo, assolvere al ruolo di aguzzini, spie, gabellieri, sicari, falsari, carnefici, carcerieri, flagellatori, necrofori, trafficanti, usurai, bottegai, mezzani, sensali, tirapiedi, reggicoda, prestanome, cerusici e casuisti, dal momento che proprio la diversificazione dei ruoli costituisce la prima garanzia di impermeabilità dell’organizzazione e, dunque, della sua sostanziale impunità.»
Maurizio Lattarulo, detto ‘Provolino’, gravita nel gruppo dei ‘Testaccini’: la frangia che, dalla sua base originaria del Testaccio, fa capo ad Enrico De Pedis (detto Renatino), invischiato nel sequestro mai chiarito di Emanuela Orlandi.
Al contrario di quanto si crede, nell’organigramma della Bandaccia, Maurizio Lattarulo è uno spiccia-faccende, che gravita nell’orbita di Ettore Maragnoli e del ben più temibile Massimo Carminati: anello di congiunzione tra la criminalità romana ed i gruppi eversivi di estrema destra, che gravitano attorno ai NAR di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro.
Sostanzialmente, Lattarulo è il “prestanome e tirapiedi del Maragnoli, al quale faceva anche d’autista, e dello stesso Carminati” per conto dei quali gestisce il controllo del gioco d’azzardo, recupera i crediti nell’ambito delle attività di usura che reinveste insieme ai proventi dello spaccio d’eroina.
«Nell’attività del “prestito a strozzo” punti di riferimento importanti della “banda” erano anche Terenzio VANNI, il quale aveva un magazzino di liquori nei pressi di Viale Marconi; i fratelli Tiberio e Roberto SIMMI, proprietari del ristorante “la Cisterna” e di una gioielleria nei pressi del Ministero di Grazia e Giustizia, nella zona di Campo dei Fiori; nonché Santino DUCI… tutti con trascorsi di usurai e ricettatori.»
Al contempo, contando su una rete di gioiellerie compiacenti e oreficerie dove si effettua l’attività di compravendita di oro e preziosi, Maurizio Lattarulo ricicla in proprio oggetti preziosi rapinati nel napoletano, dei quali viene opportunamente rifornito da un tal Ciro Maresca, camorrista di Castellamare di Stabia. E d’altra parte Lattarulo è un assiduo frequentatore delle gioiellerie dei fratelli Simmi, in particolare del negozio di Roberto Simmi.
Secondo un’informativa di Polizia (che trovate citata su… Il Giornale):
«Roberto Simmi è il fratello del più noto Tiberio, più volte visto in compagnia di Enrico De Pedis. Tiberio, con il figlio Alessio, gestisce un negozio di oreficeria assiduamente frequentato da Maurizio Lattarulo. Presso il negozio di Piazza del Monte, invece, è stata rilevata anche la presenza di Antonio Mancini e di Raffaele Pernasetti. Inoltre dall’intercettazione telefonica ancora in corso si è potuto stabilire che il negozio è stato, per un periodo di tempo, frequentato dal famoso faccendiere Ernesto Diotallevi inquisito unitamente ai noti Francesco Pazienza, Flavio Carboni altri pregiudicati della vecchia Banda della Magliana per le vicende del crack del banco Ambrosiano e per l’attentato al vicedirettore Roberto Rosone, durante il quale viene ucciso uno degli attentatori, Danilo Abbruciati. Nelle attività dei fratelli Simmi investiva Franco Giuseppucci il quale ricettava titoli di credito e polizze e, per conto terzi, riciclava denaro sporco presso gli ippodromi e le sale corse.»
Antonio Mancini (l’Accattone), nell’ambito della Bandaccia, è legato al gruppo Ostia-Acilia; inoltre, è in affari con Gianfranco Urbani (er Pantera), che vanta nella sua sfera di controllo, anche i quartieri del Tufello e San Basilio. Er Pantera, a Roma, è stato il referente delle ‘ndrine calabresi. Francesco Pazienza e Flavio Carboni sono due “faccendieri” che gravitano nell’orbita dei servizi segreti. Entrambi affiliati alla P2 di Licio Gelli, vengono coinvolti a vario titolo nel crack del Banco Ambrosiano e nelle trame di Michele Sindona, collegate a loro volta all’omicidio-suicidio di Roberto Calvi a Londra e all’assassinio di Giorgio Ambrosoli (l’onesto commissario liquidatore della banca).
I fratelli Simmi, nonostante le inchieste che li riguardano, verranno poi prosciolti nel 1993 dalle accuse di ricettazione ed usura. Tuttavia, nell’impressionante ondata di omicidi che ha funestato la città di Roma tra il 2011 ed il 2012, quello dei Simmi è un nome prepotentemente tornato alla ribalta della cronaca nera…
La mattina del 05/07/2011 viene trucidato il 33enne Flavio Simmi nel trafficatissimo Quartiere Prati. L’omicidio (tutt’ora impunito) è opera di un killer professionista che piazza nove proiettili nel corpo della vittima, senza sfiorare la compagna di Simmi che si trova accanto a lui.
Flavio, di professione gioielliere, è il figlio di Roberto Simmi e nipote di Tiberio.
Con Massimo Carminati, invece Lattarulo condivide oltre alle attività criminali una lunga militanza nelle file dell’estrema destra. Entrambi vengono arrestati nell’ottobre del 1982 in merito alle indagini sui NAR. Tuttavia, un primo arresto Lattarulo lo aveva già subito il 28/09/1981, in merito agli scontri di Centocelle durante il primo anniversario della strage di Acca Larentia…
Il 10/01/1979 le squadracce fasciste si muovono in massa, per l’invasione dimostrativa del quartiere ‘rosso’ di Centocelle. Praticamente, c’è tutta la fascisteria romana: dall’ala istituzionale del MSI (Biagio Cacciola, il senatore Michele Marchio, Bartolo Gallitto, Luigi D’Addio) ai gruppi universitari del FUAN, fino ai futuri stragisti dei NAR (Valerio Fioravanti e Dario Pedretti), a Massimo Morsello (tra gli ispiratori di Forza Nuova)… E ci scappa il morto:
«Gli scontri cominciano alle 18.15 con l’assalto alla sezione DC di piazza dei Mirti a colpi di molotov, lanciate dalla testa del corteo, tenuta appunto da “pischelli” con le pistole. Quando arriva la prima volante una cinquantina di giovani in parte con il volto travisato si portano in Viale delle Robinie compiendo atti di devastazione. Un gruppetto di 7-8 militanti rovescia auto. La polizia risponde aprendo il fuoco. Un agente in borghese, Alessio Speranza, uccide il diciassettenne Alberto Giaquinto, colpito alla nuca. Al suo fianco c’è una delle teste pensanti dell’ala radicale del Fuan, Massimo Morsello. E’ stato uno dei protagonisti di Campo Hobbit, presentando le sue canzoni con lo pseudonimo di Massimino.»
Ugo Maria Tassinari
Agenda nera (13)
Con “riserva di accertamento dei requisiti per l’accesso allo stesso“, Maurizio Lattarulo imbocca al Comune di Roma il 23/07/2008, insieme alla calata dei lanzichenecchi neri di Alemanno, rientrando nella prima infornata di vecchi camerati da sistemare a carico pubblico, salvo vedersi prorogato il contratto di ‘consulenza’ (e stipendio raddoppiato a 30.670 euro annui) presso il
“Dipartimento per le Politiche delle Risorse umane” (e collocamento politico) dal 01/01/2009 al 31/12/2010. Per meriti sconosciuti ai più, è quindi avanzato di carriera e attualmente risulta in forze nelle staff dell’Assessorato alle Politiche sociali.
Alle polemiche sollevate in merito all’assunzione del fascista cravattaro, Sveva Belviso, la bionda madonnina alle Politiche Sociali, ignorando le virtù del silenzio, ha replicato stizzita:
“Innanzitutto preciso che il signor Maurizio Lattarulo per il reato di banda armata legata ai Nar è stato prosciolto in fase istruttoria 20 anni fa e mai, gli è stato imputato alcun reato di usura così come è stato riportato. Quando l’ho conosciuto, all’inizio del mio mandato si è presentato dicendo che aveva avuto problemi con la giustizia, precisamente per un reato associativo generico, e che, a quella data, nessun carico pendente risultava in tribunale e che era iniziato il suo percorso riabilitativo, conclusosi poi nel 2010 con sentenza definitiva di riabilitazione – aggiunge Belviso – Lattarulo quindi, nel 2008, era un cittadino come tanti, nel pieno dei suoi diritti. Proprio per il suo passato, ho pensato potesse rappresentare un esempio concreto di persona riabilitata alla quale dare un’occasione nuova di vita. Possibilità quest’ultima, fra l’altro contenuta nelle competenze dirette dell’assessorato alle Politiche sociali previste dalla Legge 381 del 1981, dedicata proprio al reinserimento lavorativo di detenuti, tossicodipendenti ed ex detenuti.
[…] Lattarulo ha poi lasciato spontaneamente l’assessorato nel 2010, dicendo che aveva trovato una soluzione lavorativa più stabile.”