Come tutti i moti ciclici, più o meno perpetui, anche la rivoluzione del sedicente “governo del cambiamento” (o di cambio?) volge al termine della sua rotazione, dopo aver fatto moVimento (o ammuina?!), per ritornare al punto di partenza nell’eterno ritorno al sempre uguale, salvo il continuo giramento di palle che questo produce.
Va da sé che presto assisteremo alla fine di questa miserabile pantomima trasformista; francamente troppo, persino per gli standard pure infimi della ‘politica’ italiana…
Il duce di ghisa che sbaglia clamorosamente tempi e modi per aprire la crisi di governo, inseguendo il vento volubile (e mutabile) dei sondaggi, misurati a colpi di like su facebook, mentre rivendica i “pieni poteri”. In realtà, chiagne e fotte, perché mentre usa il governo come fosse roba sua, al contempo si lagna di avere le mani legate dai troppi veti di quello che è stato il suo principale alleato, ed inseparabile compare, che si è acconciato fin da subito a fare da zerbino. È singolare che ad aprire la crisi sia stato proprio LVI che si comportava già come fosse il vero capo del governo, travalicando ruoli e competenze ministeriali, praticamente incontrastato, imponendo l’agenda leghista ad un esecutivo ben meno che remissivo, salvo ritrovarsi tra l’incudine ed il martello non sapendo bene che cosa fare una volta rotto il giocattolo per azzardo. E naturalmente è tuttora abbarbicato agli scranni ministeriali, che non ha alcuna intenzione di mollare.
Un partito bestemmia che si acconcia a prendere il posto dei nazisti della padania, neanche un’ora dopo l’apertura informale della crisi, dopo aver rivendicato per mesi l’assoluta ed irriducibile indisponibilità ad ogni forma di accordo. Lo fa ovviamente “per senso di responsabilità”, mica per altro. Tanto per non smentirsi mai, la circostanza si è subito tradotta nell’ennesima occasione per scatenare le faide intestine e le ripicche personali all’interno di un partito nato morto, con una desolante resa dei conti da guerra feudale tra cacicchi, tutti contro tutti, dopo il catastrofico matrimonio di interessi tra post-democristiani ed ex-PCI, in una luna di fiele che sembra non finire mai, tra lo squallore generale.

Massimo sponsor dell’operazione di intesa, e ritrovata ‘intelligenza’ col nemico di sempre, è quel Matteo Renzi che, esauriti evidentemente i pop-corn, ha colto l’occasione per logorare l’evanescente leadership del partito (se Zingaretti dice bianco, Renzi dice nero; se Zingaretti dice nero, Renzi dice bianco), riciclandosi nel ruolo di guastatore a tempo pieno e intanto prendersi tutti i mesi necessari per completare una scissione imminente, ma non ancora pronta, in vista di una campagna elettorale giunta troppo in anticipo.

A mal vedere, quale migliore occasione, per avvelenare i pozzi e fare terra bruciata dentro al devastato PD, onde eliminare ogni possibile concorrenza futura? Oppure, in alternativa, può sempre comandare sulle macerie del partito, dopo essersi ripreso la leadership di ciò che ancora resterà di questo aborto doroteo.

Ed in vista dell’obiettivo, conduce un dilaniato PD allo sputtanamento finale: un governo di rottura con Giggino Di Maio premier (!!), insieme allo stesso partito (ops! MoVimento!) che ha sostenuto e votato senza colpo ferire praticamente tutto ciò che l’Altro Matteo ha imposto in un anno di governo, assicurandosi la golden share dell’esecutivo.
Notare l’incredibile acume politico di chi vuole stabilire un’alleanza organica insieme a quanti, con compiacente collaborazionismo e complicità, hanno tirato la volata ad un partitucolo neo-nazista, portandolo alla soglia del 35% dei consensi potenziali e ingenerando nel paese un clima da guerra civile, diventando l’Hugenberg del nazi-leghismo.
Nessuna revisione critica, nessun riconoscimento reciproco, nessuna reale intesa di sostanza, solo un mero patto di potere redistributivo, nel cupio dissolvi dell’ennesima manovra di palazzo, dove uno vale l’altro.

Quando si dice “discontinuità”.
Eppoi vabbé! Ci sono appunto Loro: i duri e lindi, i meravigliosi pupazzi animati della Setta del Grullo, gli invasati fanatici dal vaffanculo facile e dell’incontaminata purezza, venuti a mondare la Ka$ta dai suoi peccati, per diffondere il Verbo del V@te® e portare la penitenza tra i reprobi indegni della salvazione, in un grande autodafé collettivo. Peccato però che in un anno di governo abbiano svenduto culo e anima (più il primo a ben vedere) per un pugno di poltrone, col “capo politico” ridotto a fare lo scaldaletto dell’unico vero padrone dell’esecutivo: esempio compiuto di prostituzione politica senza protezioni per disperazione, nel terrore di doversi poi cercare un lavoro.

E persa da tempo ogni verginità, ora la Setta sarebbe disposta ad allearsi con chiunque, pur di non perderle quelle poltrone e restituire finalmente all’anonimato quell’imbarazzante pletora di falliti, spiantati vari, e spocchiosi incompetenti, spezzando l’incantesimo irripetibile che ha portato simili incredibili casi umani in ruoli apicali con una manciata di clic.
Alla fine del giro, dopo la scappatella col morto, è abbastanza
scontato che le puttanelle a cinque stelle torneranno presto al vecchio talamo coniugale ed all’usato sicuro, rimesso collare e guinzaglio, nel connubio riuscito con chi è sempre stato a Loro più affine, magari ridimensionando gli eccessi testosteronici di un LVI rimasto frastornato dall’avventatezza delle scelte e ridotto ultimamente a pomiciare con un crocifisso, in ostentata fregola da madonne.

E tutto riprenderà a girare come prima, in un’edizione rivista e corretta del precedente governo, tra i ritrovati amanti ed urne un po’ più lontane.
Che la farsa continui!