Archivio per Margherita

ROMAGEDDON (III) – Panem et Cichorium

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 11 marzo 2016 by Sendivogius

The PriestAppassionanti come una pantegana agonizzante all’imbocco di un tombino, utili come un herpes genitale, si conclude finalmente la farsa indegna delle primarie all’italiana. O per meglio dire, si macera nei suoi stessi liquami questa loro variante improvvisata ad cazzum dell’originale USA, subito riadattata alle solide tradizioni italiche, divenendo lo specchio di vizi antichissimi: clientelismo elettorale, compravendita del voto di scambio, e galvanizzazione del notabilato locale, con la riesumazione degli antichi cacicchi democristiani resuscitati nei cimiteri viventi del partito bestemmia, con tanto di “party raiding” annesso ed espanso all’ibrido nostrano. Walter VeltroniImportate a suo tempo da Water l’Amerikano (a Roma), quello che non ha mai superato l’infantile complesso di identificazione con l’oggetto mitologico dei suoi scimmiottamenti, le ‘primaries’ de Noantri servivano soprattutto a far sentire politicamente partecipi, e socialmente aggregati, una massa di boccaloni intruppati dietro ad un seggio improvvisato per giocare alle elezioni per finta, nell’illusione di scegliersi il proprio candidato versando un piccolo obolo.
the-following-featuredPoi è arrivata la buffonata on line della Casaleggio Associati: un modo perfetto per incrementare i clic della congrega e fornire un intrattenimento esclusivo per i selezionatissimi followers della setta digitale.
-silvio-berlusconi-sundayE ovviamente, da buon ultimo, in un contorno ceronato di pompette e pompXXX (vabbé! Ci siamo capiti), non poteva mancare il Pornonano (o quel che ne rimane) col suo candidato unico su modello plebiscitario.
SalviniIl problema invece non si pone minimamente per quello sbavante cinghialotto della pedemontana che si fa chiamare Matteo Salvini: emblematico caso mediatico di parassita in conto pubblico, dalla ciarliera inutilità ambulante, col suo codazzo di fobici psicopatici a mano armata. Ma qui siamo nell’ambito degli argomenti intoccabili, non foss’altro perché trattare delle deiezioni salviniane è un po’ come strizzare la diarrea sperando che diventi solida, nell’invariabilità di sostanza.
n-SALVINI-RETWEET-large570In tempi di aspiranti reucci e ducetti d’accatto con le fregole decisioniste, che si agitano nel pentolone vuoto di vacue promesse e propaganda all’ingrosso, il rituale farlocco delle primarie serve innanzitutto per simulare una qualche investitura ‘democratica’ ai proconsoli su nomina del Capo, con città da occupare prima ancora che amministrare, e galvanizzare truppe sempre più raccogliticce. Non è un caso che nei gazebo semivuoti, i candidati ‘scelti’ provengano tutti dalla corte del Piccolo Principe fiorentino, nella totale sicurezza della loro designazione, senza sorprese (brogli inclusi) proprio come da copione.
Il caso Roma parla da sé. Tra i moltissimi problemi oggettivi, la città ne aveva uno massimamente soggettivo…
Ma te prego!Nella rete di alleanze trasversali, intrecci di interessi privati e consorterie politiche, l’organigramma renziano passa attraverso l’occupazione fisica del potere, cominciando dalle grandi città, dove il radicamento sociale della sua corte di provincia è minimo. Roma costituisce il pezzo pregiato della scacchiera; il controllo della Capitale è il passepartout fondamentale per accedere alle profane stanze della Curia vaticana ed ai salotti che contano, dove si muove quel generone capitolino che al chiuso dei propri circoli sportivi già sogna la grande greppia delle olimpiadi. È ovvio che al netto delle criticità, con tutti i suoi limiti (e non erano pochi), un alieno incontrollabile come Ignazio Marino era, prima ancora che un problema, un intralcio da eliminare quanto prima. Come rimuovere un sindaco sgradito, per sostituirlo con un proprio ubbidiente replicante?!? Be’ innanzitutto si soffoca un’amministrazione comunale, negandogli i trasferimenti dovuti e lesinandogli al minimo i fondi per la conduzione ordinaria, salvo poi gridare alla paralisi istituzionale di una gestione inefficiente e organizzare campagne a tambur battente sul “degrado” (che gli appassionati di questo sottogenere pulp li troverete sempre). Poi si tira dentro ad uno scandalo inesistente un sindaco logorato e scientificamente screditato da una campagna mediatica ostile, tanto per essere certi di stroncarne ogni velleità di resistenza ed infamarne la persona. Quindi si procede al commissariamento del sindaco legittimo, ma non prima di una character assassination pompata a livello virale sui giornaletti amici, peraltro in ottima compagnia con fascisti e grillini. E se proprio il sindaco non si vuole dimettere, si formalizzano privatamente le dimissioni della giunta dal notaio con un atto che non ha precedenti.
renzi bilancioD’altronde, il Pittibullo di Pontassieve voleva un suo fedelissimo da mettere alla guida della Capitale. Detto-Fatto. E siccome tutti i pianeti ruotano attorno al Re Sole, niente devo oscurare l’astro nascente del Bambino Matteo che evidentemente non aveva a disposizione niente di meglio che un Roberto Giachetti, da candidare a sindaco della città. Lo stesso che fino al Dicembre del 2015 ha spergiurato di non volersi mai e poi mai candidare, in ossequio al valore della coerenza che segna la rispettabilità della politica italiana.
RobertoGiachettiEsperto in cambio multiplo di casacche, il Robertino nazionale ha praticamente attraversato mezzo arco istituzionale: Partito Radicale, Verdi, Margherita, PD… sempre irrilevante come i suoi scioperi della fame per le cause più improbabili: la calendarizzazione della legge sul conflitto di interessi; lo svolgimento dell’assemblea costituente del partito; per la legge elettorale… e così via digiunando, secondo i rigori della dieta “radicale” da cui proviene.
L’esperienza lui la racconta così:

«Nel 2002 ho affiancato Marco Pannella nello sciopero della sete per sollecitare il Parlamento a ripristinare il plenum della Corte Costituzionale attraverso l’elezione dei due giudici mancanti; o quando nel 2004 ho digiunato per un mese per ottenere la calendarizzazione, a distanza di anni, del ddl Frattini sul conflitto di interessi (a dispetto delle promesse elettorali che lo volevano risolto in 100 giorni), o quando ancora mi sono battuto contro la paralisi di quattro mesi in cui si è trovato il Parlamento, ancora una volta, nell’elezione di due membri della Consulta.
Giachetti in sciopero della fameNel 2007 la prospettiva del Partito democratico inteso come forza progressista a vocazione maggioritaria che nascesse sulle ceneri dei due grandi partiti della Prima Repubblica e che, al contempo, li superasse con la creazione di una realtà politica nuova, moderna, riformista e slegata dalle vecchie ideologie mi ha affascinato da subito. Al punto da impegnarmi in prima persona, di fronte agli ostacoli e ai ritardi che hanno accompagnato questa esperienza prima che vedesse la luce, intraprendendo uno sciopero della fame per sollecitare gli organi dirigenti del Pd ad indicare una data certa per l’Assemblea Costituente (e nel 2008 con l’obiettivo di ottenere una formale deliberazione della data per lo svolgimento delle primarie a Roma)

Fedele al principio del capo, facile agli innamoramenti ad personam piuttosto che agli ideali; è l’arlecchino indisponente alla costante ricerca di un padrone da servire. Per questo sfoglia tutto il cucuzzaro disponibile, senza mai spostarsi dall’alveo romano: c’è l’immancabile Marco Pannella (il feticcio da cui tutto ha avuto inizio), poi l’infatuazione passeggera per Walter Veltroni, salvo trasferirsi con armi e bagagli alla corte del renzismo militante. Ma è con Francesco Rutelli (ex radicale pure lui), in arte Er Cicoria e già Piacione, che Roberto Giachetti spicca il grande balzo verso la ribalta nazionale, facendo la sua fortuna con la fusione fredda tra ex Margherita e DS (i più che defunti Democratici di Sinistra), caso più unico che raro in cui un partito con numeri da prefisso telefonico riesce a fagocitare il partito più grande, incistando i suoi troppi generali senza truppe in ogni poltrona disponibile e stravolgendo completamente la natura del gruppo maggioritario, risplasmandolo a propria immagine e somiglianza. In natura si hanno pochi esempi per spiegare una simile trasformazione: i virus ed il cancro.
rutelli Cooptato al governo insieme a tutto il resto dei Cicoria-Boys e gli infiniti petali della Margherita, tra ex radicali folgorati sulla via di Damasco e camaleonti democristiani, Roberto Giachetti mette solide radici per la sua carriera come capo-gabinetto del Rutelli Sindaco, durante il pernicioso Giubileo del 2000 che ha portato alla ribalta altri incredibili fenomeni come l’inarrivabile Guido Bertolaso, salvo mettere in giro la leggenda che sarebbe sgradito alle gerarchie d’Oltretevere.
margheritaQuando non è troppo impegnato a reggere il drappo regale dei suoi capi-bastone, il nostro promettente Robertino scambia il cazzeggio organizzato per impegno politico, seguendo il principio dello “stare in mezzo alla gente”:

«Nel luglio del 2008, anche per tastare l’umore della gente sulla prospettiva politica verso cui ci si avviava, ho messo insieme a un gruppo di ragazzi l’iniziativa “Salite a bordo” e siamo saliti su un pulmino che ha attraversato l’Italia più nascosta, quella dei borghi e dei paesi di mille anime, e dopo un viaggio di due mesi è nata l’Associazione CarpeDem, un progetto mirato alla creazione di una rete di scambio di opinioni ed idee sulla politica e sulla società, con l’occhio rivolto al Partito Democratico e con l’obiettivo di dare un contributo diverso ed innovativo ai modi e alle forme della partecipazione.
Roberto GiachettiE’ stato quello un periodo intenso ed impegnativo (anche perché fare avanti e indietro con Roma per stare in Aula ad organizzare un gruppo di più di 200 persone lo è necessariamente!) ma resta fra i più belli della mia esperienza politica e soprattutto umana. Sono felice di averlo fatto, lo rifarei domani, so di averlo fatto “sdoppiandomi” con il mio parallelo ruolo in Aula ma credo onestamente di non aver trascurato nulla dei miei impegni parlamentari e di questo sono contento.
Nel 2008, sulla scorta delle tante persone conosciute per quella strada e per non disperdere questo straordinario patrimonio umano e civico, come Associazione ho lanciato un corso di formazione sui generis, giocato sul titolo Formazione in corso, una sorta di formazione “al contrario” e al contempo il primo format televisivo del Pd, in cui questi giovani hanno avuto la possibilità di confrontarsi con i principali protagonisti dei vari settori della società in maniera paritetica, gestendo direttamente le varie giornate attraverso domande dirette e senza filtri, realizzando schede video con dati e statistiche, elaborando e producendo documenti in piena autonomia. In parallelo ho promosso e “sponsorizzato” una lista di giovanissimi alle comunali di Roma nel 2008 con il relativo format tv Fammisentirelavoce.
[…] E proprio sulla scorta di questo impegno totalizzante sui banchi di Montecitorio mi è venuta l’idea di raccontare in modo rapido e sintetico l’attività settimanale in Aula, attraverso un canale YouTube dedicato, con brevi resoconti trasformatisi in una sorta di rubrica chiamata “Pillole da Montecitorio”. Contestualmente ho iniziato a sperimentare e ad apprezzare la funzione dei social networks, in particolare facebook e twitter grazie ai quali posso interagire e confrontarmi sui temi piu diversi, non soltanto quelli legati all’attività politica e parlamentare

Per il resto, è lecito temere che quest’uomo nella vita non abbia mai fatto un beato cazzo, nella condizione privilegiata di chi non ha mai dovuto lavorare e nell’assoluta assenza di una qualsivoglia competenza degna di una qualche menzione.
renzi-lavoroDue cose colpiscono nella splendida narrazione dell’onorevole candidato Giachetti: “le 200 persone da organizzare”, si riferisce alla sua attività di vicepresidente (dimissionato) della Camera, ed i 9.250 miserabili euri raccolti finora dai suoi sostenitori per la campagna elettorale da aspirante sindaco.
Una candidatura che buca. Come una bolla di sapone.

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Piaga antica, il Trasformismo è una costante della politica italiana di cui costituisce la norma, contrassegnando il degrado della vita pubblica: dai feudi elettivi su base ereditaria ai notabili locali, coi loro pacchetti di voti in dote al miglior offerente; dai corporativismi castali, ai cacicchi del trasversalismo consociativo; dai signori delle tessere, ai padrini delle clientele e delle cosche elettorali… È il gusto arcaico di un ‘potere’ dalle forme barcocche, inteso innanzitutto come arbitrio personale ed esercitato all’ombra degli ‘affari’, nella presunzione dell’impunità.
Boardwalk EmpireIl proliferare di certi figuri istituzionali misura l’intorbidamento di valori e prospettive ideali, progressivamente imputridite nelle acque di una politica tossica, impantanata nelle torbiere della grande palude centrista. Nessun corpo ne è immune. Una volta effettuato l’innesto per ibridazione democristiana, la contaminazione è irreversibile. Si diffonde come una neoplasia tumorale ed agisce alla stregua di un virus mutogeno, che rigenera le cellule dell’organismo ospite a propria immagine e somiglianza. In questa prospettiva, la trasformazione di un PD impollinato dalle spore della Margherita può ritenersi un processo ormai compiuto.
Luigi Lusi ed i milioni sparitiDopo il caso di Fracantonio Genovese, purosangue DC, stavolta è il turno dell’onorevole Marco Di Stefano, per una vicenda passata tutta in sordina e che invece vale la pena delineare nella sua valenza paradigmatica…
Marco-Di-StefanoApostolo del renzianesimo nei circoli della Capitale, mentre alla Leopolda si è occupato di coordinare il tavolo sui “pagamenti digitali”, il deputato Di Stefano è una sorta di emblema del trasformismo applicato a forma vincente di ascesa tutta personale, nel nuovo corso intrapreso da un “centrosinistra”, senza più aspirazioni né funzionalità storica che non sia mera transizione spartitoria.
MARCO DI STEFANOCinquantenne rampante (Roma, il 12/05/1964), Marco Di Stefano nasce politicamente a destra; attraversa tutto l’arco centrista e infine approda a ‘sinistra’, sotto l’illuminata leadership veltroniana, con una di quelle operazioni di mera cooptazione elettorale per acquisizione voti di cui Goffredo Bettini è sempre stato l’immaginifico deus ex machina.
Le sue evoluzioni acrobatiche nelle brughiere della politica romana, che ha fatto delle piroette trasformiste la prassi ordinaria di sottogoverno capitolino, rappresentano un certificato di garanzia.
riot controlEx poliziotto, è stato (manco a dirlo!) un ‘fascista’; bazzica gli ambienti della destra romana e nel 1989 aderisce ufficialmente al MSI. Nel 1993, conosce il MSIsuo primo esordio elettorale di successo, venendo eletto consigliere circoscrizionale, per l’immenso suburbio dell’Aurelio che accorpa i quartieri di Casalotti, Boccea, e Primavalle, nella periferia ovest della città. Sui banchi consiliari della XVIII Circoscrizione di Roma, fa la Stefano De Lilloconoscenza di un altro ras della politica capitolina: quello Stefano De Lillo che, insieme ai suoi fratelli, tanto si darà da fare nella Roma di Alemanno, piazzando mezzo parentado in ogni posto disponibile a carico pubblico. De Lillo, transumato nel “Nuovo Centrodestra” di Angelino Alfano, fa parte a pieno titolo dell’attuale maggioranza di governo di “centrosinistra”. Tornando a Di Stefano, nel corso di un ventennio, passa al CCD (Centro Cristiano Democratico) della triade D’Onofrio-Casini-Mastella, e Mario Baccininel 1997 diventa consigliere comunale. Si mette sotto l’ala protettiva di Mario Baccini, il ferale impresario di pompe funebri in stile anni ’30 recentemente passato anche lui al NCD di Alfano. Aderisce all’UDC di cui diviene segretario provinciale. Segue il grande balzo a ‘sinistra’, quando forte delle sue 14.000 preferenze viene eletto nella lista civica che sostiene la candidatura di Piero Marazzo alla Regione Lazio.
beating-a-dead-horse-call-me-maybeTra un incarico e l’altro, nel 2000 svolge anche le funzioni di sub-commissario governativo dell’UNIRE (Unione nazionale incremento razze equine), feudo personale di Franco Panzironi e della “destra sociale” di Gianni Alemanno, che schiantano l’ente sotto una cascata di debiti.
Goffredo Bettini - Er SeccoNel 2007 passa all’UDEUR di Clemente Mastella, che lo promuove vice-segretario nazionale. Ma nel Febbraio del 2008 molla tutto per entrare nel nuovo PD di Walter Veltroni in quota Fioroni (ex Margherita), per scoprirsi fan accanito di Letta (Enrico) e poi renziano di ferro.
Il governatore Marrazzo, prima di essere travolto dalla sordidissima storiaccia di ricatti, prostituzione transessuale e cocaina, lo nomina assessore al Demanio ed al Patrimonio, con un occhio di riguardo alla cassa ed alle potenzialità di investimento che la sua gestione comporta.
buco neroE qui cominciano i primi guai per il sanguigno Marco Di Stefano… Infatti, secondo la Procura di Roma, l’ex consigliere regionale nel 2008 avrebbe condotto una serie di trattative agevolate, in deroga ai regolamenti previsti dai bandi di gara, con i fratelli Pulcini, noti costruttori romani, assai attivi nel settore immobiliare, per l’affitto di due palazzi alla Regione Lazio (in deficit di bilancio e surplus di immobili), alla Lazio Servicemodica cifra di 7 milioni e 327 mila euro l’anno, per conto della Lazio Service (altra controllata regionale e noto carrozzone clientelare), nell’Agosto del 2008.
pulciniIl ‘bello’ (o il brutto) è che i Pulcini sembrano non detenere nemmeno la proprietà degli immobili interessati alla locazione, ma tramite la propria società di investimenti ne gestiscono l’assegnazione, ricavando lucrose plusvalenze.
Guardia di Finanza Secondo il nucleo di Polizia valutaria della Finanza, attraverso una serie di triangolazioni societarie (la Belgravia Invest srl e la Coedimo), Di Stefano avrebbe predisposto i contratti di locazione al solo fine di soddisfare gli interessi economici degli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini a canoni esorbitanti e completamente fuori mercato. Per il disturbo, Di Stefano si sarebbe fatto pagare una ‘provvigione’ pari ad un milione e 800 mila euro, dei quali 300.000 sarebbero stati destinati al suo Lostsegretario e collaboratore personale, tale Alfredo Guagnelli di cui non si hanno più tracce dall’08/10/09 dopo un suo misterioso viaggio a Firenze. Una scomparsa provvidenziale, che priva gli inquirenti della procura romana di un tassello fondamentale dell’inchiesta in atto, insieme al corpo del reato (il denaro).
Alfredo Guagnelli Alfredo Guagnelli (classe 1972), viveur e fama di donnaiolo, è uno dei tanti faccendieri dei quali l’Italia abbonda, sempre a cavallo tra affari e politica. Con la sua Internazionale immobiliare e la Genco Srl gestisce compravendite di immobili ed intermediazioni di affari. È di casa in Costa Azzurra ed a Montecarlo, con un occhio sempre attento alla politica domestica per rapporti trasversali… Attraverso la propria concessionari di auto di lusso, World Rent Car si preoccupa di carrozzare Marco Di Stefano. È in ottimi rapporti con Paolo Bartolozzi, eurodeputato di Forza Italia, di cui sosteneva le campagne elettorali. Ed è grande amico di Michele Baldi, un altro specialista nel cambio multiplo di casacche: Alleanza Nazionale, poi Forza Italia, e infine capolista della “Lista Zingaretti” alle ultime elezioni regionali, folgorato anche lui sulla via del Nazareno. Ma Guagnelli in passato ha frequentato pure l’ex consigliere provinciale del Pdl Enrico Folgori e Giulio Gargano (ex DC, ex AN, ex FI, ex tutto), prima di volatizzarsi nel nulla diventando uccel di bosco.

la società dei magnaccioniLa truffa degli enti previdenziali
Gli enti previdenziali costituiscono da sempre la cuccagna per affaristi e politicanti senza scrupoli, che scambiano le casse pensionistiche (altrui) come una specie di bancomat personale a cui attingere liberamente.
Nel 2008, le palazzine già interessate dalla trattativa tra Di Stefano e Guagnelli e Pulcini sullo sfondo della Regione Lazio, tutte situate in Via del Serafico, nel quartiere Ardeatino dove il valore immobiliare di mercato si aggira attorno ai 4.000 € al m², sono oggetto di una seconda transazione…
Enpam Il 14 Ottobre del 2008, la commissione patrimoniale dell’ENPAM (l’Ente di Previdenza ed Assistenza di Medici e Odontoiatri) prende in esame l’acquisto del palazzo di via Serafico 107 già affittato alla Regione. A curare la trattativa è sempre la Belgravia Investimenti.
Il 21 Ottobre i fratelli Pulcini avviano la compravendita dell’immobile con prezzo fissato a 29 milioni di euro, firmando un contratto preliminare con versamento di 2 milioni di euro.
Il 22 Ottobre, la Belgravia Invest Srl, per gentile intercessione dell’assessore Di Stefano partecipa al bando regionale per l’affitto dei nuovi locali della “Lazio Service”.
A Marzo 2009, l’immobile viene venduto all’ENPAM per 58 milioni di euro, con una plusvalenza del 100%. Nel 2010 viene acquistato (tramite la Coedimo Srl) anche il secondo immobile per 31 milioni di euro e subito rivenduto all’ENPAM al costo di 59,7 milioni di euro.
Per una così lungimirante operazione immobiliare, soprattutto per la cassa previdenziale degli odontoiatri, la Procura di Roma ha disposto una indagine per truffa aggravata nei confronti dell’ex presidente dell’Ente Eolo Parodi, Maurizio Dallocchio, docente all’università Bocconi ed ex consigliere esperto dell’ente, l’ex direttore generale Leonardo Zongoli e l’ex responsabile degli investimenti finanziari Roberto Roseti. L’ex direttore del dipartimento immobiliare dell’ente, Luigi Antonio Caccamo è stato invece indagato, per la compravendita di un immobile di sei stanze a Trastevere, dismesso a prezzo particolarmente vantaggioso da parte dei Pulcini.
WackyRacesAntHill_MobLe gigantesche creste ai danni dei bilanci degli enti previdenziali, che oltre a salassare le categorie professionali di riferimento sono chiamati a corrispondere le future pensioni dei medici (tra cui giovani e precari che pagano contributi salatissimi) ed erogare quelle dell’oggi, vista la sostanziale impunità del reato con la restituzione del malloppo, passando per la (s)vendita degli immobili pubblici, tendono a ripetersi con modalità più o meno sempre uguali.
D’altronde, da Pietro Lunardi a Claudio Scajola, le case sono da sempre una grande passione della “politica”, con immobili di pregio che variano di prezzo tra una cessione ed una compravendita, a velocità della luce, dove a guadagnarci sono in pochissimi e quasi sempre gli stessi…
Enpapi È il caso dell’ENPAPI (l’ente previdenziale degli infermieri), con l’acquisto della sua nuova sede in Via Farnese capace di rivalutarsi del 25% in un solo giorno, con immobili che passano di mano nel giro di 24 ore…

«Una sede prestigiosa acquistata per un controvalore di 20 milioni di euro. È quanto ha fatto Enpapi, cassa previdenziale degli infermieri, il 29 aprile 2009 comprando la villa di via Farnese 3, in Roma (quartiere Prati), dalla società Dm Immobiliare. Villa che, nello stesso giorno, Dm Immobiliare aveva rilevato da Citec International (gruppo Citec, specializzato in soluzioni informatiche) per un corrispettivo di 16 milioni.»

Vitaliano D’Angerio
La villa che si rivaluta del 25% in un giorno
Il Sole 24 Ore – (02/02/2012)

Plusvalenza alla vendita: 4 milioni di euro. Tanto a pagare sono gli infermieri.
ENPAPMa niente batte l’incredibile vicenda dell’ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Psicologi), con un intero palazzo comprato e rivenduto in un solo giorno, con una cresta da 18 milioni di euro tutta a carico delle casse previdenziali dell’ente.
Il 31 gennaio 2011, l’immobiliare bresciana Estate due srl acquista dal Fondo Omega, un palazzo di oltre 3.000 mq (cinque piani con seminterrato) in pieno centro di Roma, in Via della Stamperia nello storico rione Trevi, al costo di 26 milioni e mezzo di euro e nello stesso giorno rivenduto all’Ente previdenziale degli psicologi per la modica cifra di 44 milioni e mezzo di euro.
Riccardo Conti Amministratore unico dell’immobiliare di Brescia (con un capitale sociale di 73.720 euro e nessuna struttura organizzativa) è Riccardo Conti, che all’occorrenza è anche senatore PdL e che per inciso in tutta la compravendita non sborsa un solo euro.
Il Fondo Omega che detiene la proprietà del palazzo a prezzo variabile è il fondo immobiliare della banca Intesa San Paolo, su gestione della Fimit. A presiedere Angelo Arcicasal’ENPAP e sottoscrivere l’acquisto è invece il lungimirante Angelo Arcicasa, al quale potevano vendere benissimo anche la fontana di Trevi data la sua disponibilità di spesa ed il valore che attribuisce al denaro, peraltro non suo.
In pratica, la nuova sede dell’Enpap viene pagata 14.000 euro a mq. E con IVA inclusa l’intera spesa arriva a sfiorare i 54 milioni di euro. Come invece il costo di un immobile possa aumentare di 18 milioni di euro in una sola giornata lavorativa, è mistero che non l’oculato Angelo Arcicasa, né la FIMIT di Massimo Caputi si sono mai dati la pena di spiegare per un ‘affare’ clamorosamente in perdita.
L’unico a guadagnarci (e parecchio pure!) è il senatore Conti, che non contento si guarda bene dal versare l’IVA dovuta. E si dimentica pure di pagare la ditta che effettua (da contratto) i lavori di ristrutturazione. Si tratta in fondo di una peculiarità distintiva per tutti i ladri che affollano la corte dei papiminkia.

Pappone costituente

En passant, la società immobiliare del senatore Conti si dimentica anche di fornire i certificati di agibilità e le planimetrie catastali del palazzo venduto all’ENPAP, senza che peraltro il presidente Arcicasa si sia mai preso il disturbo di richiederli, col risultato che in tal modo la proprietà risulta invendibile né cedibile a terzi.
Denis VerdiniCom’è, come non è, un milione di euro legato alla compravendita della sede ENPAP finiscono rigirati dal senatore Conti nelle tasche del senatore Denis Verdini, suo degno collega di partito, senza che si capisca bene a che titolo (la penale per un precedente prestito mai chiarito di 10 milioni di euro).
E d’altronde l’amico Denis non è nuovo a simili intrallazzi. Infatti, oltre ad illecito finanziamento (si sospetta la creazione di una provvista di fondi neri), l’intraprendente Verdini dovrà rispondere anche per gli appalti pilotati nella costruzione della nuova Scuola per la formazione dei marescialli dei Carabinieri a Firenze, nell’ambito della sua indefessa attività di “mediatore” al centro di alcuni dei più torbidi intrighi del ventennio berlusconiano nell’ambito della cosiddetta P3 (ne avevamo parlato QUI).
Renzi e VerdiniAttualmente, Denis Verdini è l’interlocutore privilegiato (e si può dire unico) del Telemaco trapiantato a Palazzo Chigi: quello che litiga tutti i giorni con ogni cosa sia collocabile vagamente a sinistra, insulta i sindacati, e odia i “professoroni” a meno che non gli diano sempre ragione. Però è pappa e ciccia con la Confindustria (che gli paga Leopolda e campagna elettorale) e riscrive la Costituzione col pappone di Arcore, di cui Verdini è il plenipotenziario di fiducia.
CUOREIn quanto a Marco Di Stefano, l’entità dell’affare e dell’aggravio di spesa ai danni della Regione Lazio, non hanno impedito al nostro eroe di essere ricandidato a tutte le tornate elettorali successive e maturare il suo bel vitalizio. Inserito nel listino bloccato alle ultime elezioni amministrative, in quota PD nella circoscrizione Lazio1, Marco Di Stefano è risultato essere il primo dei non eletti alla Camera, ed è potuto entrare in Parlamento solo ad agosto 2013, per la rinuncia di Marta Leonori entrata come assessore al Comune di Roma.
Shingeki no kyojinIn virtù delle sue passate e straordinarie esperienze gestionali, a Di Stefano è stato subito assegnato un posto come membro della Commissione Finanze del Parlamento. Attualmente (bontà sua!) si è autosospeso.
Boardwalk-EmpireSono i soliti avanzi di ‘nuovo’, che non passano mai.

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Democristiani 2.0

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 26 ottobre 2014 by Sendivogius

Partito Democratico CristianoAl netto di battutacce da trivio e risposte scontate… dove va la “nuova sinistra” del premier più figo che ci sia?!?
SELFIE-MAN (3)Mentre a Roma sfilava un milione di persone sotto le bandiere rosse della CGIL, un migliaio di sottopanza del boss e aspiranti tali si davanoOLYMPUS DIGITAL CAMERA appuntamento in un vecchio capannone abbandonato, di quelli adibiti a deposito per rottami post-industriali, per celebrare i fasti ed i trionfi del renzismo più garrulante che trionfante, tra slides e masturbazioni collettive, ansimando 41% e aaancoraaah 80 eurooh!!!
Finalmente, un ventata di aria nuova!
Renzi il FichissimoNon più gli stanchi rituale di una “sinistra” antica: la dignità del lavoro; la difesa dei diritti; l’estensione delle tutele; gli operai (in mobilità); i precari ed i parasubordinati; i pensionati, che con la loro pensione mantengono IL MOSTRO ROSSOfigli e nipoti disoccupati; e poi c’è il sindacato… Per non parlare di tutti quei pallosissimi fossili improduttivi di una società triste, che una certa Sinistra si ostina a voler difendere e rappresentare alla luce del giorno, mostrando quelli che un tempo si sarebbero chiamati i più deboli.
Che roba, Contessa! Che noia, signora mia!
Vuoi mettere i salottini patinati di una Barbara D’Urso, in equilibrio coi trampoli ai piedi?
La DifferenzaO le conventicole raccolte al chiuso di un garage, trasformato in una sorta di sala bingo, coi tavolini numerati, ad appiccicare post-it su una lavagna e stilare pensierini minimalisti su come fabbricare l’acqua calda.
Shunya Yamashita (detail) Va in onda la Leopolda.5: il raduno delle cheerleaders adunate alla convention del Capo, per il nuovo lancio promozionale degli annunci, nella campagna di televendite al netto della fuffa smerciata finora.
Soprattutto, la Leopolda segna la schiusa completa per gli ambiziosi pulcini dell’ultima covata democristiana, rimasta in caldo nella pancia del partito bestemmia, dopo la lunga incubazione dalle parti della “Margherita”, per una rinascita finalmente completa della Democrazia Cristiana, nella sua variante peggiore: quella demagogica e populista di Fanfani, in aggiunta all’apparato affaristico-industriale dei dorotei, col suo potere sotterraneo fatto di relazioni e lottizzazioni. Il puzzo di sagrestia è lo stesso, ma con quel pizzico in più di berlusconismo, che ancora mancava ad insaporire l’immondo pastone.
heikkileis_mould11Ma la Leopolda, creatura personalistica del Bambino Matteo per l’epifania di se medesimo, costituisce anche la passerella d’onore dei fighetti rampanti, approdati alla corte del piccolo principe fiorentino. Ovviamente, all’appello non mancano mai i ruffiani compiacenti: fiutano l’odore del potere, come le mosche quello della merda. E ci vivono appiccati addosso, tanto non ne possono fare a meno.
Proprio come vuole l’antica concordia ordinum nell’applicazione di 02 - Charles_Mansondemocristiana memoria, la Leopolda è occasione di incontro e negazione: Lavoratori e Padroni insieme, come una Grande Famiglia (Manson). Perché siamo tutti sulla stessa barca: nel senso che la maggioranza dell’equipaggio rema, fermo al suo posto e legato alla panca del vogatore, come nelle galee di una volta, mentre pochissimi impartiscono gli ordini, all’occorrenza usano la frusta per farsi ubbidire, e se ne stanno comodamente nella cabina di poppa. Se la nave affonda, hanno sempre la scialuppa pronta per sé, mentre tutti gli altri vengono lasciati ad affogare.
Siamo tutti sulla stessa barca (Liberthalia'13)Ad aprire la sfilata dei ricchi e schifosi, si segnala in prima fila Davide Serra, consigliere e gran finanziatore del Telemaco alla rivoluzione dei tweets. Intervistato, lo Davide Serraschizzatissimo Serra, ad essere cattivi, sembrava un cocainomane fresco di tiro, per una sniffata consumata in fretta nei cessi della Leopolda. È lo stesso che vuole proibire il diritto di sciopero, ma è anche un esperto di politica salariale e tutela del potere d’acquisto dei lavoratori, come sanno bene alla Elettrolux.
Il NegrieroDi questo passo, proporrà la reintroduzione del lavoro servile, l’uso delle frusta e l’eliminazione dell’inutile riposo notturno (perché la gente ha bisogno di dormire?) per incrementare la produttività.
Tuttavia, oltre al sostanzioso contributo di Davide Serra (175.000 euro), nel suo complesso la kermesse renziana ha raccolto in pochi giorni due milioni di euro di finanziamenti privati. A maggior ragione, a riempirne la pancia e ad alimentarne gli ‘ideali’ c’è un po’ di tutto: speculatori con volto e portafoglio bello pieno; imprenditori della delocalizzazione a sfruttamento estero; padroni delle ferriere ed i negrieri di Confindustria, in orgasmo multiplo da licenziamento facile; boiardi di Stato e arrivisti rampanti, in cerca di nomine e poltrone.
Insomma, si tratta proprio della tipica “Italia che lavora”.

SELFIE-MANLa velocità, l’informalità, la struttura a rete, che fa della Leopolda, ancora più del Movimento 5 Stelle, la versione politica di Facebook. Un gigantesco social network, senza gerarchie, almeno in apparenza. Che negli ultimi otto mesi, da quando Renzi ha conquistato Palazzo Chigi, convive con l’antica materialità del potere, da conquistare e da spartire secondo le regole di sempre. La fedeltà e l’obbedienza al Capo.
«Lo schema è molto semplice», spiega uno dei mediatori, alla frontiera tra la politica e l’economia, neppure tanto desideroso di auto-definirsi renziano «perché tanto tutti giurano di esserlo». «Basta vedere come sono stati composti i consigli di amministrazione nell’ultima infornata di nomine. La presidenza spetta a una donna, per simboleggiare la novità. In ogni cda c’è un uomo della Leopolda che deve fare da sentinella, uno vicinissimo al premier e un amministratore delegato che gli deve la promozione». Una nuova forma di lottizzazione rispettata alla lettera. La regola aurea del nuovo potere. Non più il manuale Cencelli. Il manuale Leopolda.”

Marco Damilano
“Leopolda, raduno della nuova classe dirigente
Qui nasce la lottizzazione made in Renzi”
L’Espresso (23/10/14)

Il servizio assistenza catering è invece affidato a qualche attempato boyscout, che a trent’anni suonati girano ancora in bermuda e patacche colorate appuntate sulla camicia a maniche arrotolate, e disperati in cerca di raccomandazione per un posto di lavoro.
ditinoSono i nuovi “giovani”, quelli che non si sporcano mai con le manifestazioni in piazza per la difesa dei diritti, e meno che mai con l’odioso sindacato, perché sono troppo impegnati a compiangersi ed ingraziarsi il “datore di lavoro”, e perché loro le tutele non ce l’hanno (quindi meglio negarle a tutti), ma che finalmente possono aspirare ad un ruolo da “protagonista”: dalle coreografie sceniche a comparsa per le celebrazioni del Grande Capo.

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Ô Capitaine! Mon Capitaine!

Posted in Kulturkampf, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 22 settembre 2014 by Sendivogius

Da Grande - il bimbo-adultoDopo anni di chiacchiere inutili, finalmente un leader cazzuto che sa di cosa parla, forgiato com’è nelle fucine del duro lavoro e che allo stesso modo conosce bene il mondo dell’impresa, per frequentazione diretta e appartenenza implicita.
Matteo RenziE, da “dirigente”, ne comprende talmente bene i meccanismi e le sfumature, a tal punto che l’impresa di famiglia non s’è fatta mancare proprio nulla: bancarotta fraudolenta; falso in bilancio; omessa contribuzione… e quant’altro verrà eventualmente accertato dalla magistratura, prima di essere riformata secondo il nuovo corso a braccetto con l’Interdetto di Arcore e la sua gang.
Una simile esperienza imprenditoriale e di lavoro, maturata in anni di esercizio come “amministratore delegato” ed unico dipendente fisso nell’aziendina di papà, portata avanti nei ritagli di tempo tra un incarico politico e l’altro, non poteva certo andare dispersa. Per questo è stata subito messa a frutto insieme ad altri valori aggiunti, come la “straordinaria Maddalena Addolorataincompetenza” di Marianna Madia: la Maddalena addolorata alla Pubblica Amministrazione, apparsa direttamente a Medjugorje al posto della Madonna e miracolata al governo con una poltrona da ministro.
Peppa PigAllo stesso modo, sa benissimo come rilanciare l’occupazione in tempi di recessione con una economia in deflazione: favorire i licenziamenti, aggirando le tutele già ridotte al minimo dell’Articolo 18 dello “Statuto dei Lavoratori”, ormai prossimo alla rottamazione. Ce lo chiede l’Europa, la BCE di Mario Draghi, il Fondo Monetario Internazionale… ma anche Sergio Marchionne ed i negrieri di confindustria, e pure Sacconi, Alfano, il rianimato Pornonano, e tutta la destra al gran completo. Insomma, si tratta dei migliori e più fedeli alleati del Telemaco al governo; come si potrebbe mai scontentarli, rispondendo loro di no?!?
renzi-beanAttualmente, il figliol prodigo della Generazione Erasmus è in America, in visita di cortesia presso l’amico Marchionne: il cazzaro dei due mondi, da cui si attendono ancora i 20 miliardi di investimenti promessi in Italia.
Ma prima di partire il bullo fiorentino ha voluto lasciarci uno dei suoi video propaganda, appositamente confezionati allo scopo, proprio come un Berlusconi qualunque. Certo, non ha ancora messo la calza davanti all’obiettivo della telecamera, o la finta libreria di cartone dietro le spalle, ma col giusto indirizzo siamo certi avrà modo di recuperare in fretta. L’allievo è zelante…
Il Ritorno del BandanaE poi può sempre chiedere consiglio al suo mentore e sodale: il Papi della Patria, reintegrato in servizio al Senato per la “riforma” della Costituzione… Una “merda”, come ha avuto modo di definirla l’odontotecnico Roberto Calderoli: l’altro padre costituente (!) promosso a relatore della nuova Carta (igienica?).
Il timoniere dei sogni Nel video con cui il Caro Leader alterna i tweet, vengono indicati i veri nemici della nazione riunita attorno al suo condottiero e quindi additati a causa di ogni male. L’elenco è lungo e di volta in volta funzionale a dissimulare la millanteria fanfarona dell’esecutivo delle meraviglie…
Stavolta è il turno della minoranza piddì, che in quanto tale ha il dovere di tacere e genuflettersi alle sorti radiose del ritrovato duce d’Italia, a gloria imperitura del suo (provvisorio) 41%. Non la pensava così questo ostensorio da sagrestia quando, a parti inverse, non perdeva occasione di attaccare, criticare e dileggiare l’allora maggioranza del suo partito, ottenendone però ogni candidatura possibile a Firenze e Provincia (abolita quando ormai non gli serviva più), rivendicando una sorta di prerogativa generazionale alla “rottamazione”.
E ovviamente, come ogni esponente della destra neo-liberista e thatcheriana che si rispetti, ha riservato il suo attacco più duro ai sindacati, e soprattutto alla CGIL (la bestia rossa dei padroni e di ogni fascista che aneli al potere assoluto), che chissà dov’erano quando la precarietà esplodeva in Italia con l’invasione dei contratti atipici.
AlexBe’, tanto per ricordare, la cattolicissima CISL di Savino Pezzotta, insieme a compare Angeletti della UIL, si accordava sottobanco e di nascosto con Gianfranco Fini ed il Governo Berlusconi nel cosiddetto “patto della lavanderia”, emarginare la CGIL e favorire la spaccatura dell’unità sindacale. Ma la strategia fiancheggiatrice, perseguita dai due accomodanti sindacati gialli per i quali ogni occasione è buona per vendere i diritti dei lavoratori al miglior offerente, viene continuamente riproposta nel tempo. E nel tempo si approderà alla firma dei contratti separati da parte di CISL e UIL ed alla loro sottoscrizione in blocco della legge Maroni-Sacconi (e chiamata Biagi), che porterà le tipologie di contratti atipici e pessimamente retribuiti a livelli parossistici.
Mad-Tea - Ellen-RixfordIl primo ad introdurre il lavoro precario e sottopagato in Italia è però il ministro Tiziano Treu, che lo scalpitante Bambino Matteo dovrebbe ricordare bene, non foss’altro perché provengono entrambi dallo stesso partito: la Margherita coltivata nell’orto der Cicoria al secolo Francesco Rutelli, gran protettore e sponsor del Telemaco allo sbaraglio ed insieme al veltronismo la peggior piaga che mai si sia abbattuta a sinistra (Telemaco escluso!).
E, in alternativa, questo fighetto figlio di papà potrebbe rivelarci cosa faceva lui, nell’azienda bancarottiera e in fallimento dell’inquisito genitore.

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Aurea Mediocritas

Posted in Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 31 gennaio 2009 by Sendivogius

 

L’Opposizione ‘responsabile’

 wveltroni

 Come l’antica Gallia descritta da Cesare, nel Parlamento italiano anche l’opposizione è divisa in partes tres: assopita al centro, abbiamo l’eterea e favoreggiante UDC; di incerta collocazione ai lati, si trovano invece la tribunizia IdV e l’alternativo PD.

Che cos’è il PD? “È un grande partito democratico e riformista”

Segnatevi la risposta. Perché sarà questa, e questa soltanto, l’unica domanda alla quale l’intera dirigenza del partito vi risponderà all’unisono, in un sol coro e di comune accordo.

‘Democratico’ e ‘Riformista’. Non avrete altra definizione, all’infuori della sola consentita dalla vulgata ufficiale. Dunque, con una simile identità doc così rigidamente certificata, possiamo escludere ciò che è da quanto, nel dubbio, ufficialmente non è.

Prendiamo in considerazione ciò che è dato per certo:

Democratico non vuol dire niente. Ci mancherebbe pure che un partito che aspira a cariche di governo in una democrazia parlamentare si dichiari apertamente anti-democratico (oddìo! In Italia tutto è possibile). È un po’ come dire che il Vaticano si definisce cattolico.

Riformista… Craxi lo era. Anche Silvio Berlusconi è sicuramente un ‘riformista’: nessuno ha mai fatto così tante ‘riforme’ dai tempi del cavalier Benito Mussolini. Dobbiamo per questo condividerle tutte e, in quanto tale, riconoscere al loro riformismo un valore positivo a prescindere dalla sostanza?

Per quanto invece riguarda l’incerto…

Il Partito Democratico non è socialdemocratico, non ‘di sinistra’ (il Pd è oltre), meno che mai ‘socialista’ (Vade Retro!). Infatti non s’è ancora ben capito insieme a quale gruppo parlamentare siederà all’interno del Parlamento europeo.

È ‘non confessionale’ e, in teoria, anche ‘laico’. Purché non gli si chieda di prendere una posizione netta e specifica su:

– Divorzio breve e Diritti di convivenza;

– Ricerca sulle cellule staminali;

– Procreazione assistita;

– Contraccezione e reperibilità della cosiddetta pillola del giorno dopo;

– Nonché sull’interruzione di gravidanza.

Perché se è facile parlare di libertà di scelta, il discorso cambia quando si tratta di mettere in pratica tale libertà, con il 90% di anestesisti, infermieri e medici si dichiarano obiettori di coscienza. La Sanità è l’ultima frontiera della partitocrazia: terreno di scontro politico e di scambio; di lottizzazione selvaggia e di appalti interessati delle forniture. La sanità lombarda è interamente infiltrata dagli integralisti di CL. In tutta Italia, primari e manager delle ASL vengono designati per appartenenza politica. Chi non si allinea (e non ha tessera) non fa carriera. Visto il vento che tira, se obietti è meglio. Per te. E così i consultori rifiutano quasi sistematicamente la prescrizione del Norlevo, un farmaco anticoncezionale (e non anti-abortivo), per motivi di coscienza. Perché senno Gesù piange.

E soprattutto non chiedete al Partito Democratico di esprimersi unitariamente:

– sui privilegi fiscali concessi alla Chiesa, sul finanziamento delle scuole confessionali,

– sull’abolizione dell’ICI per le attività commerciali gestite da enti religiosi,

– sull’attribuzione dell’8 per mille,

– sull’accollo a carico dello Stato degli insegnanti di religione…

Il Partito Democratico è dalla parte dei Sindacati, ma anche della Confindustria. Appoggia le posizioni di Cisl e Uil, ma anche della Cgil. Sta con la popolazione civile di Gaza, ma anche con Tsahal che la bombarda.

Il PD è un partito plurale, aperto a tutte le opinioni e su nessuna fermo… Aspettando Godot, in perenne attesa dell’elettore moderato che non arriva mai, mentre frana alla sua sinistra.

Ma questo non ditelo ai troppi generali, che guidano le disorientate truppe del PD allo sbando. Lasciate che il tenero Walter faccia ancora l’Americano a Roma. Lasciatelo giocare al piccolo chirurgo mentre tenta di rianimare la sua creatura, assemblata con innesti sperimentali: un corpo transgenico in crisi di rigetto.

Nel PD convivono a forza una pluralità di anime diverse senza un’identità condivisa. Come era facile intuire, la “fusione a freddo” tra DS e Margherita si è rivelata una mera sommatoria di numeri (sempre più esigui) e di apparati ingessati nel loro autismo referenziale, scossi da una improvvida sovrapposizione di ruoli e da contraddizioni insanabili. Ad una reale carta di valori condivisi si è preferito una faticosa politica di compromessi per bilanciare gli equilibri contrastanti, attraverso un’asettica opera di ingegneria politica pianificata a tavolino. Con scarso esito bisogna aggiungere, dato che da subito le diversità culturali sono implose, trasformando le rivalità interne in una serie di devastanti lotte intestine che ne stanno lacerando il tessuto interno. Un partito senza più radici sociali, senza storia perché senza un passato condiviso, senza ideali perchè privo di valori definiti che siano comunemente accettati e riconosciuti come tali, è un partito senza futuro. Nel Partito Democratico è ormai in corso una lotta di sopravvivenza, all’ombra di un cupio dissolvi che sconcerta e disgusta. Uno scontro che corrode le labili fondamenta in una emorragia di voti, fino al verminaio napoletano che, come una fogna scoperchiata, rischia di risucchiare tra i liquami ciò che resta del PD campano.

Non chiedete a Walter Veltroni una presa di posizione netta, perché questo significherebbe scontentare qualcuno… E Walter è uomo che aborre il conflitto in ogni sua forma, tanto insopportabile è la tensione che suscita in lui. Perché un agnello resta tale anche se travestito da leone. È nella sua natura.

Non pretendete da lui una linea definita. Non ci sono confini invalicabili: tutto è negoziabile, discutibile, allargabile…

È il “Modello Roma”: Inclusione tramite Cooptazione. Il superamento del dissenso attraverso la gestione compartecipata del potere. Un sistema cosolidato dove istanze e divergenze critiche rimbalzano sui muri di gomma di un’apparente accondiscendenza, affondano nella melassa buonista e lì soffocano sotto la patina caramellata di ipocrisie zuccherose.

Un modello che si è rivelato fallimentare su scala nazionale, come nella stessa Capitale.

Ma non si può dire, perché il buon Walter mica ha capito di aver perso le elezioni e persiste nel metodo, illudendosi forse che ciò possa supplire al sostanziale vuoto programmatico ed al collasso strutturale della sua creazione.

Il Partito democratico assomiglia sempre più ad un regno feudale. Un centro direzionale debole, se non addirittura impotente. Sostanzialmente autoreferenziale, ma incapace di intervenire alla sua periferia. Un regno devastato dalla Guerra dei Baroni scatenata al suo interno dai singoli vassalli, preoccupati unicamente di consolidare i propri feudi politici, al fine di assicurarsi una rendita personale ritagliata a misura di clientela.

Una delusione palpabile, amara, e sempre più diffusa tra coloro che pure avevano creduto (non certo chi scrive) al ‘grande progetto riformista’. Impietoso è il ritratto che del PD traccia Antonello Caporale, una delle penne più brillanti de La Repubblica (il quotidiano che più di ogni altro aveva appoggiato la ‘svolta’ veltroniana):

   “Cosa dire del Partito Democratico? Una formazione politica nemmeno nata e già parsa stecchita. Notabili in ogni luogo d’Italia, gruppi di potere contrapposti, legati da un solido astio, guidati da una disistima che avanza pubblicamente. Ognuno per sé. Qui la Margherita, lì i diessini. E a pioggia, innumerevoli sottocorrenti e capibastone. Ciascuno con la sua lingua ed i suoi interessi, le proprie relazioni e le proprie fondazioni.

Non un’idea, non un disegno politico che si scorga e nemmeno una classe dirigente che abbia la minima voglia di rifondarsi. Cambia lo spettacolo, ma è sempre la stessa compagnia di teatro a metterlo in scena. La vita scorre alla giornata, ciascuno col suo mucchietto di potere residuo, intento a difenderlo ad oltranza. Illuminante e in qualche modo penosa la via che, per esempio, Antonio Bassolino ha scelto per custodire quel po’ di potere ancora in suo possesso. Deriso dall’Italia, crocifisso e persino ripudiato dai suoi compagni per le responsabilità connesse alla dissennata gestione dei rifiuti, ha deciso di accucciarsi all’ombra di Silvio Berlusconi. Farsi trasportare dal suo fiume verso il traguardo finale: ancora una volta un seggio. Quello, oggi si dice, di parlamentare europeo. E tutti gli altri? Cosa fanno gli altri, dove sono, cosa dicono? Boh! Il partito democratico ha così tante voci che si ha netta la percezione della sua incapacità di muoversi verso una qualunque posizione unitaria. Ritorno al nucleare? Chi dice sì e chi di no. Eutanasia? Giusta morte? Chi dice sì e chi di no. Dialogo sulle riforme? Chi dice sì e chi di no. Politica della fermezza o spinta dell’integrazione degli immigrati? Nelle città d’Italia i sindaci del PD bastonano gli extracomunitari, nel Parlamento i rappresentati del PD li difendono.

(…) Non esiste una questione dove l’opposizione opponga un comune sentire. Non è giustizialista ne dialogante. Né sembra di sinistra e nemmeno compiutamente riformista. Non clericale ma ancora lontana dall’essere pienamente e convintamente laica. Moderata? E cosa significa essere moderati?

Cos’è la moderazione oggi? Una delle connotazioni peculiari della mediocrità è la sorprendente capacità di adattamento. Il mediocre non ha particolari istanze ideologiche a cui aderire, non si immette in alcuna grande narrazione. Non ha slanci dottrinali. È un camaleonte pronto ad indossare il costume che meglio si adatti alla scena.

La parola chiave, moderazione, è trasmessa sempre più spesso, anzi nascosta nel termine ‘riformista’. Nessuna opinione netta, piuttosto massima flessibilità. Anthony Giddens teorizzava magistralmente la necessità di un nuovo corso storico, la terza via, l’alternativa possibile; il moderato invece dispone di un ben più ampio ventaglio di possibilità. In esso il pensiero debole, il sistema filosofico legato alla postmodernità, raggiunge livelli parossistici degenerando nell’assoluta liquidità di posizioni. La pluralità è assurta a dogma. Il moderato si adatta al mutamento incessante delle condizioni; il suo è un pensiero essenzialmente morbido. È in questo humus che nasce il sublime concetto di cerchiobottismo. Un colpetto al cerchio e uno alla botte. Senza inimicarsi alcuno, restando in un’aurea posizione intermedia. Moderazione significa totale disponibilità ad abbeverarsi dall’una e dall’altra fonte, senza remore, senza pregiudizi. Il moderato sveste una casacca per indossarne un’altra senza pudori di sorta. Nessun tabù, solo realpolitik.

   [Antonello Caporale. “MEDIOCRI I potenti dell’Italia immobile(pagg.58-60). Baldini Castoldi Dalai editore. Milano, 2008]