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ATTENTI AL CENSORE!

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 6 agosto 2012 by Sendivogius

Con raro tempismo, in merito all’articolo ONORE AL MERITO, siamo stati contatti dall’ufficio legale del Gruppo Sipro, cha ha voluto omaggiarci con una letterina dal sapore vagamente intimidatorio, minacciando rappresaglie legali, in mancanza di una meglio circostanziata esposizione delle proprie obiezioni. Non dubitiamo che presto riceveremo altra copiosa corrispondenza da parte di ulteriori ‘soggetti’…
Per la gioia dei lettori, riportiamo il testo integrale della diffida, che ad ogni modo potete leggere nella copia dell’originale QUI:

Raccomandata A/R a mezzo pec a fortezza_bastiani@hotmail.com
Oggetto: articolo “ONORE AL MERITO”

Seguitando l’articolo di cronaca in oggetto emarginato, si rende utile quanto giuridicamente fondato rappresentare alcune oggettive considerazioni.:

• che è comparso sul Vs. sito un articolo nel quale la scrivente società è stata inserita in varie inchieste giudiziarie che si sarebbero svolte in un non meglio precisato passato e che tali affermazioni sono infondate e pertanto non corrispondenti al vero;

• che a margine dell’articolo è presente il logo della nostra azienda, per il quale non ci è stato richiesto nessun permesso a norma di legge.

Invero nel contestare il contenuto delle vostre affermazioni, peraltro in sfregio ai più elementari principi di diritto, poiché né la SIPRO, né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato. Per mero tuziorismo si precisa, laddove ce ne fosse per l’ennesima volta bisogno, che la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato. In difetto saremo costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata.
Nel segnalare i gravi danni che una tale pubblicità negativa può arrecare alla ns. immagine, al nostro lavoro e ai nostri dipendenti, siamo, pertanto, con la presente a richiedere IMMEDIATA rimozione del logo appartenente alla nostra azienda e dell’articolo in oggetto.
Ogni ritardo nell’esecuzione di quanto richiesto, sarà da noi considerato di rilevanza legale ai fini del risarcimento del danno subito.

Con perfetta osservanza.

SIPRO Sicurezza Professionale s.r.l.
Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali

Sarà bene precisare, che nessuno impedisce ai diretti interessati di esercitare il loro legittimo “diritto di replica” ed esplicitare tutte le “oggettive considerazioni” che riterranno opportune.
Sarà altrettanto opportuno ribadire che “rettifica” non è un termine equipollente a “censura”. Le minacce (di natura ‘legale’) non rendono più convincente, né più credibile, un’obiezione; in compenso, chiariscono meglio di qualsiasi altra parola la reale natura di chi se ne fa promotore…

Abbiamo rimosso il logo aziendale (bastava anche la parolina magica: ‘per favore’), che “in sfregio ai più elementari principi di diritto” circola ovunque e sui siti più disparati.
Invece, sarà il caso di sollevare qualche obiezione sulla immediata rimozione dell’articolo in oggetto (la risposta è NO!)

Per mero tuziorismo, onde cautelarsi da pretestuose richieste di risarcimento per danni presunti e tutti da dimostrare, nella pubblicazione incriminata ci si è limitati a citare testualmente, con tanto di virgolettato, una serie di inchieste giornalistiche pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali. Si tratta di articoli a mezzo stampa, di pubblico dominio e reperibili da chiunque.
Se l’ufficio legale della Vs azienda fosse stato altrettanto attento nella lettura, così come si è dimostrato solerte nelle minacce, avrebbe notato che ad ogni citazione viene scrupolosamente riportata la fonte: Autore, Titolo, Data di pubblicazione e link (collegamento ipertestuale) del testo originario a tutt’oggi consultabile da chiunque.

Per praticità di consultazione, riportiamo gli articoli citati (se cliccate sulla scritta in rosso, vi si apre la paginetta web in questione), dai quali le informazioni non sono desunte bensì riportate alla lettera:

“Segreti e appalti milionari; gli affari del re dei vigilantes”
di Luca Fazzo
La Repubblica – (13 Marzo 2006)

“I boss della vigilanza”
a cura di Paolo Forcellini
L’Espresso – (09 Ottobre 2006)

Non si capisce dunque perché gli uffici della Sipro non si siano sentiti “costretti senza alcun indugio ad informare la Procura della Repubblica competente a tutela degli interessi dei singoli nonché della stessa società richiamata” nei confronti, per esempio, del Gruppo editoriale L’Espresso, “per quanto pretestuosamente affermato”. Forse perché la pretesa è completamente destituita di fondamento?
Magari le Lor Signorie sono convinte (sbagliando) che, in questo caso, sia molto più facile intimorirci, prendendosi una soddisfazione postuma e ignorando che, alla peggio, chiuso un sito se ne riapre subito un altro.
Ma passiamo alle doverose rettifiche:

né la governance o altri soggetti coinvolti nella gestione dell’azienda sono stati oggetto di inchieste giudiziarie, si invita e diffida a rettificare quanto pretestuosamente affermato.

Invero, nell’articolo in oggetto non si è mai parlato della governance aziendale e tanto meno si è messa in discussione la serietà e la professionalità dei dipendenti Sipro, che in alcun modo sono stati fatto oggetto della benché minima allusione.
Negli estratti giornalistici, che ci siamo limitati a riportare, si parlava solo ed unicamente dei Fratelli Di Gangi, sui quali peraltro ci siamo risparmiati ogni personale considerazione. Ovviamente, per mero tuziorismo.

la famiglia Di Gangi non può essere affiancata a fatti di cronaca giudiziaria come da voi piuttosto superficialmente e senza alcun elemento di prova oggettivo affermato.”

Visto che le Lor Signorie insistono tanto, sarà meglio andare per ordine…
In riferimento a quanto affermato nell’articolo di Luca Fazzo (La Repubblica del 13/03/06), a meno che non si tratti di una vistosa omonimia (basta confermarlo), il nome di Vittorio Di Gangi compare nell’Ordinanza di Rinvio a giudizio (N.1164/87A G.I.) del giudice istruttore Otello Lupacchini, contro membri e fiancheggiatori della c.d. “Banda della Magliana”.
Nella fattispecie concreta, Vittorio Di Gangi viene esplicitamente menzionato da Fabiola Moretti, legata sentimentalmente a Danilo Abbruciati (trait d’union della Banda, tra criminalità organizzata e mafia, eversione neofascista e Loggia P2).
Riportiamo testuale dall’interrogatorio reso il 08/06/1994 da Fabiola Moretti e contenuto nell’Ordinanza del giudice Lupacchini:

«Ricordo anche, a tal proposito, che prima della carcerazione di Danilo ABBRUCIATI per i sequestri di persona, con lui frequentavamo anche delle case nelle quali si giocava a “chemin”, frequentate anch’esse da Franco GIUSEPPUCCI: Danilo non giocava, ma presenziava al gioco. Altro frequentatore delle bische in questione, dislocate tra l’altro, al Tuscolano ed all’Alberone, era il “Nasca”, del quale non ricordo le generalità, ma di nome Vittorio, un individuo “ciccione”, il quale oggi è ricco sfondato e che, attualmente, dovrebbe essere detenuto per una storia di cocaina [l’imputata si riferisce a Vittorio DI GANGI, soprannominato, appunto, il “Nasca”. Nel Rapporto n. 3489/2-175 “P” redatto dai Carabinieri del Nucleo investigativo in data 14.01.79 si riferiva, a proposito del sequestro del duca Massimiliano GRAZIOLI LANTE della ROVERE: <<Nel febbraio 1978, fonte confidenziale ha indicato in GIUSEPPUCCI Franco (detto “Franco er Negro”) uno degli autori del sequestro di GRAZIOLI Massimiliano.
Da accertamenti condotti e dall’evolversi degli avvenimenti si è appreso che esistono collegamenti fra… Giulio GRAZIOLI, Luciano LENZI ed Enrico MARIOTTI.
Tali collegamenti si concretizzano come segue:
1^)-Il GIUSEPPUCCI e’ stato assiduo frequentatore della sala corse di proprietà del MARIOTTI, sita in Ostia. La circostanza e’ stata confermata dal MARIOTTI medesimo (pg. 43 R.G. nr. 3489/2-153 del 14.04.78) in sede di s.i.t.. Tra i frequentatori delle sue sale corse, il MARIOTTI ha altresì indicato DI GANGI Vittorio, detto “Er Nasca”, (già segnalato nel R.G. 26.02.78), identificato alle ore 03,15 del 10.01.77 – ovvero 3 gg. dopo il sequestro GRAZIOLI – mentre, in compagnia di STRIPPOLI Vincenzo, si aggirava nei pressi di questa caserma.
Il GIUSEPPUCCI ed il DI GANGI si conoscono molto bene e sono entrambi abituali frequentatori, oltre che di sale corse, anche di bische clandestine…-].»

Le Signorie Vostre vorranno di certo precisare, a scanso di fastidiosi equivoci, trattasi di un sicuro caso di omonimia, che tanti danni ha arrecato all’immagine pubblica della Famiglia Di Gangi.
Sicuramente, è l’ennesima omonimia anche l’arresto per usura di tal Vittorio Di Gangi, avvenuto il 09/05/2012 a Roma, ad opera della Direzione investigativa antimafia, e della cui notizia è possibile leggere QUI, ma anche QUI dove si può tra l’altro vedere il filmino del blitz.
Lo spiacevole equivoco, generatosi in seguito all’arresto, deve essere stato davvero notevole, visto che è stata sollevata persino un’interpellanza parlamentare al Ministro dell’Interno (23/05/2012; seduta n.637):

Interrogazione a risposta scritta 4-16233 presentata da JEAN LEONARD TOUADI
Mercoledì 23 Maggio 2012, seduta n.637
TOUADI e VELTRONI. – Al Ministro dell’interno. – Per sapere – premesso che:
nell’ambito delle indagini coordinate dalla DDA di Roma, il 9 maggio 2012, su un vasto giro di usura, è stato arrestato Vittorio Di Gangi; secondo quanto riportato dalla stampa al Di Gangi sarebbe riferibile la società di vigilanza SIPRO;

la SIPRO risulta sia stata oggetto di parere negativo, da parte del prefetto di Roma pro tempore, in ordine al rilascio della certificazione antimafia ex articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, come risulta dal decreto della prefettura di Roma n. 8634 area I-bis o.s.p. del 6 febbraio 2007 e dal verbale n. 4 del 2007 della prefettura di Roma relativo alla riunione di coordinamento delle Forze di polizia tenutasi in data 2 febbraio 2007;

la società di vigilanza sopra citata faceva ricorso al giudice amministrativo;

dopo un primo giudizio del Tar, che accoglieva le doglianze della SIPRO, il Consiglio di Stato sospendeva la sentenza del tribunale amministrativo di prima istanza riconoscendo valide le ragioni della prefettura con l’ordinanza 2365 del 13 maggio del 2009;

allo stato pertanto risulterebbe ancora in vigore l’interdittiva antimafia atipica nei confronti della società di vigilanza sopra indicata;

secondo quanto pubblicato sul sito web della società la suddetta svolge i suoi servizi per il Ministro della Difesa, il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Rai, il Comune di Roma, Equitalia, INAIL, l’Agenzia del territorio, ANAS, INPS, la regione Lazio ed altri enti -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di tali fatti, se tali fatti corrispondano al vero e quali iniziative intenda intraprendere e se sia noto al Ministro se altri ministeri ed enti pubblici intendano rescindere i contratti con la società in questione. (4-16233)

Onde evitare “affermazioni superficiali”, il testo originale dell’Atto è reperibile QUI e anche QUI.

L’Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali della SIPRO ha intenzione di querelare anche gli on. Vetroni e Touadi, nonché il ministro Anna Maria Cancellieri, il Parlamento che ha reso pubblico il documento, più i 4/5 dei media nazionali, per la “pubblicità negativa” ed “ai fini del risarcimento del danno subito”?!?

Tra l’altro, nella pubblica interpellanza, sepolta dalle formule ermetiche del linguaggio burocratico, sembrerebbe desumibile che la SIPRO sia sprovvista del certificato antimafia, nonostante molte delle sue commesse siano pubbliche…
Ne parla il Corriere della Sera: Il caso dei vigilantes senza certificato antimafia” [QUI].
In passato, ne aveva parlato anche Il Tempo [QUI], dove viene fatto riferimento all’Ordinanza del Consiglio di Stato del 12/05/09.
In ambito squisitamente professionale, se ne parlava invece QUI.
Nel dubbio, perché la questione è tutt’altro che chiara, siamo assolutamente certi che le Vs Signorie sapranno fare la massima chiarezza sullo scandaloso proliferare di “tali affermazioni infondate e non corrispondenti al vero”, smascherando una volta per tutte l’odioso complotto. Fino a prova contraria, è legittimo parlarne. E noi saremo felicissimi di dare la giusta risonanza al lieto evento, dimostrandoci i più leali difensori delle società ingiustamente coinvolta in questa cacofonia di rumores
Nel frattempo però, il vostro Ufficio legale avrà molto da fare pure con i forum della Polizia di Stato, che dubbi invece sembra non averne… In proposito, consigliamo una illuminante lettura QUI. Che fate? Avete intenzione di ‘diffidare’ l’universo mondo?!?

Perciò, cari signori dell’Ufficio Affari Legali e Rapporti Istituzionali, consentiteci un piccolo consiglio: il miglior modo per tutelare gli interessi della Sipro, forse consisterebbe nel cominciare a fare un po’ di chiarezza. E se equivoci ci sono stati, sarà bene dimostrarlo. La censura e le diffide solitamente non danno risposte, ma aumentano le domande, alimentando dubbi e sospetti.
Non ci piace chi cerca di metterci il bavaglio… Ci avete provato; è andata male.
Sarà meglio per tutti chiuderla qui la querelle; a noi rovistare negli archivi pubblici non costa nulla; e saremo lieti di rendere partecipi i nostri lettori di ogni nuovo documento ritrovato…

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I SIGNORI DEL VENTO

Posted in Business is Business with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 luglio 2010 by Sendivogius

La salvaguardia ambientale non è certo un problema che possa turbare gli italiani.
Meno che mai potrebbero esserlo le tediosissime “questioni morali” che ormai spuntano un giorno sì e l’altro pure, in un rutilante susseguirsi di cricche in affari, felicemente unite dalla crapula, nel paese dell’eterna cuccagna. L’Italianità si misura con la capacità di magnare. Di conseguenza, ‘corruzione endemica’ ed ‘illegalità diffusa’ sono cosine di nessun conto, o al limite un’occasione da sfruttare per i più intraprendenti. Niente di cui doversi tediare l’anima: siamo gente vissuta noi italiani… Dinanzi allo scandalo non ci indigniamo; ci conviviamo sereni, nell’indifferenza del nostro savoir-vivre che certo “tutto il mondo ci invidia”. L’importante è crederci.
 Di sicuro, non indigna la “Mafia”: vera specialità nazionale d’esportazione, con ben tre varianti regionali (Cosa Nostra; Camorra; ‘Ndrangheta) ed altri sottoprodotti locali, in attesa di riconoscimento doc (Basilischi; Stidda; Sacra Corona Unita..).
La tremenda recessione economica in corso poi gli italiani non li riguarda minimamente, fintanto che non tocca il loro personale posto di lavoro; se poi capita, si corre subito da quegli usurai legalizzati, chiamate Finanziarie, a chiedere un prestito per continuare ad esibire lo stesso “tenore di vita”. Questo perché nel Paese che odia poveri e diversi, sembrare ricchi e felici è un imperativo sociale. Lo sanno bene tutte quelle scimmiette ubbidienti, che imitano i propri padroni in cambio di una ciotola che chiamano salario, con la zampetta sempre tesa per la questua e in cerca di raccomandazioni.
In compenso, non preoccupa alcunché lo smantellamento scientifico di ogni servizio ed assistenza sociale, perché “soldi” per il Pubblico non ci sono, mentre non mancano mai finanziamenti statali per miliardi agli amici nel Privato…
Ma, d’altra parte, è difficile capire cosa interessi davvero alla maggior parte degli italiani, una volta superato il pratino dei loro ristretti orizzonti domestici, oltrepassati i recinti familistici dove vivono trincerati nella difesa ad oltranza della “roba”, nel terrore dell’Uomo Nero e degli altri Bau-Bau televisivi, che come spauracchi pendono fuori dalle finestre delle loro casette di marzapane. E nel cinismo della disillusione, la patria degli idioti-furbi (perché ogni imbecille è convinto di esser più sveglio del suo compare) persegue il peggio seguendo le piccolezze del proprio opportunismo.
Per questo, nel disinteresse generale, ecologia ed energie rinnovabili sono state trasformate nell’ennesimo surrogato per profitti illeciti, devastazione del territorio, e grandi ruberie associate sotto il segno delle mafie. Del resto, nel Malpaese che ha smarrito sé stesso insieme ad ogni residuo di senso etico, che di nulla si interessa e di zero si preoccupa, “saccheggio” è sempre più sinonimo di “progresso”.
Tanto così fan tutti: in questa gara al ribasso si eliminano i migliori e si premiano i peggiori. La nostra è una marea nera che nessuno ha intenzione di fermare; libera di espandersi, non conosce confini. Rimosso ogni ostacolo residuo, sembra essere la Sardegna la nuova frontiera del malaffare, L’identità di un popolo non dovrebbe risiedere solo nella lingua o in qualche sagra paesana, ma nell’amore verso il proprio territorio e nella sua preservazione. Evidentemente, molti sardi non erano ancora appagati da decenni di devastazione…

PALE AL VENTO
I progetti di sviluppo di impianti per la produzione di energia eolica costituiscono una ghiottissima occasione di arricchimento per profittatori ed avventurieri dell’imprenditoria, sbarcati sull’isola dei vilayet del Sultano.
Il 27/02/09,
Ugo Cappellacci, figlio del commercialista sardo di Berlusconi, candidato su raccomandazione di Romano Comincioli (antico socio d’affari di Carboni e dei boss della Magliana), diventa governatore della Regione Sardegna, al posto del dimissionario Renato Soru silurato dalla sua stessa maggioranza di centrosinistra. La colpa imperdonabile di Soru consisteva infatti nell’aver varato il nuovo Piano Paesaggistico Regionale, che prevedeva la tutela del territorio sardo, in nome di uno sviluppo sostenibile e norme urbanistiche più severe per la salvaguardia delle coste:

Il P.P.R. persegue le seguenti finalità:
a) preservare, tutelare, valorizzare e tramandare alle generazioni future l’identità ambientale, storica, culturale e insediativa del territorio sardo;
b) proteggere e tutelare il paesaggio culturale e naturale e la relativa biodiversità;
c) assicurare la salvaguardia del territorio e promuoverne forme di sviluppo sostenibile, al fine di conservarne e migliorarne le qualità.
A tale fine il P.P.R. contiene:
a) l’analisi delle caratteristiche ambientali, storico-culturali e insediative dell’intero territorio regionale nelle loro reciproche interrelazioni;
b) l’analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, nonché la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
c) la determinazione delle misure per la conservazione dei caratteri connotativi e dei criteri di gestione degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge;
d) l’individuazione di categorie di aree ed immobili qualificati come beni identitari;

Il Piano contemplava altresì “la previsione degli interventi di recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree significativamente compromessi o degradati […] nel contesto paesaggistico, cui devono attenersi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate […]al fine di orientare e armonizzare le sue trasformazioni in una prospettiva di sviluppo sostenibile”.
Nell’Italia degli intrallazzi e delle trattative riservate sottobanco, il P.P.R. di Soru deve essere sembrato peggio di una bestemmia in chiesa.
Sventata quindi la minaccia dei vincoli paesaggistici ed edilizi, tra i “faccendieri” interessati alle prospettive di speculazione che si aprono con la nuova amministrazione Cappellacci c’è l’inossidabile Flavio Carboni che, di fatto, sembra controllare la giunta regionale. In ballo ci sono investimenti per 400 installazioni: briciole per i peones compiacenti degli enti locali e milioni di euro per una manciata di imprese.
Per disinnescare ciò che rimane delle tutele paesaggistiche e sbloccare anche gli abusi più evidenti, bisogna però piazzare l’uomo giusto all’
ARPAS: l’agenzia regionale per l’ambiente.
In secondo luogo, è necessario agire sul presidente Cappellacci (“Ughetto” nelle intercettazioni) per ulteriori revisioni alla legislazione vigente, in senso “più lucrevole e agevole”.
 Il candidato ideale per l’ARPAS è
Ignazio Farris, sponsorizzato dalla  premiata ditta  Carboni & company.
Il 06/08/09, Farris viene nominato direttore dell’agenzia ambientale per la Sardegna. Secondo i suoi promotori, il neo-direttore sarebbe in possesso di un curriculum ineccepibile che tuttavia ben pochi hanno avuto la fortuna di visionare, giacché continua a restare celato alla curiosità dei profani e degli addetti ai lavori.
Ed i titoli di merito di Ignazio Farris sono talmente evidenti che il gip De Donato annota nella sua ordinanza:

«Si accertava che tale nomina è avvenuta sulla base della mera verifica di sussistenza del titolo formale richiesto dalla legge regionale [possesso della laurea], quindi senza alcuna valutazione comparativa condotta sulla base dei titoli posseduti dai numerosi aspiranti. Infatti l’elenco formato dalla commissione tecnica di valutazione è consistito non già da una graduatoria formata sulla base di punteggi attribuiti secondo criteri predeterminati, ma in un mero elenco dei candidati idonei.»

Il trio Carboni-Verdini-Dell’Utri praticamente impone la nomina di Ignazio Farris al titubante Cappellacci, che male informato lo crede “un uomo di Soru”. E di questo solo si preoccupa il governatore sardo. Evidentemente, per le nomine dirigenziali dei pubblici funzionari non è richiesta altro che la fedeltà clientelare per appartenenza politica.
Così, piazzato Farris all’ARPAS, si passa alla realizzazione degli impianti eolici che tanto premono al terzetto. Appalti dei quali Farris è parte in gioco:

«Quest’ultimo risulta costantemente informato e coinvolto nei progetti di Carbone, al punto che il suo interessamento va ben oltre gli ordinari interventi riferibili a iniziative coerenti col suo ruolo istituzionale.
[…] Al piano eolico non risulta estraneo neanche Arcangelo Martino.
[…] Nello stesso tempo Carboni si adopera per reperire le risorse finanziarie indispensabili: a tal fine conclude un accordo commerciale con la SARDINA RENEWABLE ENERGY PROJECT Srl collegato al versamento di cospicue somme.
La natura e la qualità dell’interferenza operata da Carboni nei suoi contatti con Fabbris emergono costantemente tra i colloqui tra i due.»

In proposito, in una intercettazione del 03/11/09 Carboni esplicita chiaramente:

«È pronta una delibera della presidenza della giunta che chiarirà che sarà l’assessorato della regione a rilasciare le autorizzazioni […] La delibera sarà approvata nella prossima seduta o al massimo la settimana prossima»

Della partita fa parte anche Pinello Cossu (UDC), ex assessore ai Servizi sociali della provincia di Cagliari. Il progetto prevede altresì la realizzazione di un parco eolico nella zona industriale di Cagliari.

«Da una conversazione tra Farris e Cossu del giorno 11/10/09 si ricava che il progetto eolico richiede l’individuazione di almeno 10 società, onde fare più domande a nome di soggetti diversi, allo scopo di disporre di più vaste aree in concessione.
[…] Dallo stesso colloquio emerge il ruolo centrale che svolgerebbe tal ingegner Piga, indicato da Farris come “l’uomo di totale fiducia del presidente”.
[…] I contatti proseguono fino alla metà del mese di Febbraio quando è reso noto il coinvolgimento dell’on. Verdini, nelle indagini condotte dalla Procura di Firenze sugli appalti della Protezione Civile»

Su chi siano gli imprenditori con le mani in pasta nell’eolico, con riserva di causa, potete farvi eventualmente un’idea QUI

Il 12/03/2010 la giunta regionale della Sardegna approva infine il nuovo regolamento. La delibera, che prevede la costituzione di società a partecipazione pubblica alle quali affidare la gestione dell’eolico, in effetti delude le aspettative di Carboni.
Il governatore Cappellacci, evidentemente preoccupato per l’inchiesta fiorentina che coinvolge Verdini, scarica i vecchi compagni di cordata:

«Eh va bé! Che se la prendano tutti in culo, guarda! […] È chiusa la bottega e andate a rompere i coglioni da un’altra parte che qua non è cosa da romperci i coglioni insomma! Basta, mi sono veramente rotto le palle!»

Meglio tardi che mai…

I SOLDINI DELL’UOMO VERDE
 Per l’intrapresa però Carboni ha provveduto a rastrellare un bel po’ di denaro dalle società interessate all’eolico, in particolar modo dalla “Karios 32 srl” e dalla “Sardinia Reneweble Energy Project”, che passano per la Banca del Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini:
430.000 euro tra il 29 Giugno ed il 16 Sett. 2009;
due bonifici per il totale di un milione di euro il 01/10/2009 su c/c della compagna di Carboni (Maria Laura Scanu Concas).
Altri 200.000 euro in assegni, negoziati sempre dal Credito Fiorentino.
Il 18/11/09, sul conto di Giuseppe Tomassetti, collaboratore di Carboni, transitano altri bonifici per circa un milione e mezzo di euro, tramite l’Unicredit.
Ovviamente, uno dei diretti interessati, Denis Verdini, nega che si possa trattare del versamento di “fondi neri”. Verdini che in totale ha visto dirottare a tutto vantaggio della sua banca la modica cifra di 800.000 euro (spicciolo più spicciolo meno) sarebbero infatti “l’aumento di capitale per introdurre altri soci nella società editrice del Giornale di Toscana”. Il socio in questione sarebbe però l’autista personale di Carboni (G.Tomassetti) che a quanto pare sembra godere di una incredibile liquidità finanziaria, tanto si guadagna facendo lo chauffeur.
Nell’inchiesta naturalmente non poteva mancare il raffinato Marcello Dell’Utri, che cerca in ogni modo di emulare i suoi eroi preferiti con la coppola in testa… Ma questo è un’altro aspetto dell’inchiesta che non mancarà di contributi interessanti…

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Eravamo quattro amici al bar

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«Non state a leggere i titoli dei giornali, stamattina hanno parlato di P3 ma sono quattro pensionati sfigati, che si sarebbero messi insieme per cambiare l’Italia. E se non ci riesco io…»
 (S.Berlusconi – 13/07/2010)

In effetti il Caro Leader è fedele al modello originale a cui si attiene con coerenza.
Perché inventarsi una presunta “P3” dal momento che il programma della floridissima Loggia P2 è stato elevato a prassi organica di governo?
Dopo le dimissioni dell’inconsapevol
e Claudio Scajola dallo ‘Sviluppo economico’, in pochi giorni abbiamo avuto quelle del pluripregiudicato Aldo Brancher, elevato a provvisorio Ministro del Nulla, insieme al sospetto camorrista Nicola Cosentino che rinuncia alla sua carica di ‘Sottosegretario all’Economia’.
Per essere la settimana del
ghe pensi mi, come risultato non c’è male.
Questo stillicidio dimissionario in flagranza di reato è la metafora inquietante di una Cleptocrazia che, in piena crisi economica, non ha alcun piano strategico di intervento, al di fuori del ladrocinio applicato.

Tornando ai “quattro pensionati sfigati”, questi sono in realtà amici di vecchia data di Re Silvio da Arcore…
C’è l’intramontabile
Flavio Carboni, con i suoi 78 anni vissuti pericolosamente nella presunzione di impunità; l’onnipresente Marcello Dell’Utri, sedicente bibliofilo con la passione per il duce e la mafia, che frequenta disinvoltamente guappi e picciotti; il dinamico Denis Verdini, coordinatore PdL e banchiere intrallazzone, assurto agli onori delle cronache giudiziarie come la variante casereccia di Winston Wolf nella Pulp Fiction delle Libertà.
Ma tra i giocatori di questo strano ‘scopone scientifico’ ci sono anche due vecchi arnesi in disarmo della politica pentapartita
Arcangelo Martino, ex assessore socialista del Comune di Napoli, sodale craxiano che avrebbe presentato (non si sa a che titolo) il messo comunale Elio Letizia, padre della più famosa Noemi, all’onnipotente “Cesare” al governo.
Pasquale Lombardi, geometra e sedicente giudice tributarista (in virtù della sua partecipazione a varie commissioni tributarie) col pallino degli affari.
Sono gli
“Sviluppatori” del nuovo millennio: parola di fresco conio per un mestiere antico che, nell’Italia che ruba, non conosce declino. Lo sviluppatore si preoccupa di procacciarsi le concessioni, acquisire terreni, convincere le amministrazioni comunali, gestire le compravendite, meglio se con un capitale sociale minimo, attraverso una rete di società a responsabilità limitata, e poi cedere tutta la gestione alle grandi compagnia.  Un tempo si chiamavano “faccendieri”

L’OSCURO FACCENDIERE
 Flavio CARBONI (Sassari, 14/01/1932) è uno specialista unico nel suo genere. Invischiato nelle trame più torbide dei misteri italiani, è un procacciatore d’affari che si muove a suo agio nel sottobosco della politica e nelle pieghe oscure delle finanza italiana (e vaticana), frequentando disinvoltamente monsignori e massoni, imprenditori e mafiosi. Per tutti è “il Faccendiere” esperto in mediazioni.
Condensare in una sintesi di poche righe le gesta di Flavio Carboni non è un’impresa ardua, ma cosa semplicemente impossibile. Perciò proveremo a dare una semplice idea d’insieme delle molte attività poste in essere in un trentennio di attività.

Tra le sue molte intermediazioni d’affari poco ortodosse, il “faccendiere” è entrato in relazione con personaggi di primo piano della famigerata Banda della Magliana (Domenico Balducci, il cravattaro della bandaccia), con mai chiarite implicazioni nel sequestro di Emanuela Orlandi (QUI); con i servizi segreti militari (SISMI) tramite Francesco Pazienza; con Licio Gelli e la Loggia P2; con la Mafia siciliana… In particolare, è stato in contatto con Giuseppe ‘Pippo’ Calò conosciuto come il Cassiere dei Corleonesi, per conto dei quali riciclava il denaro sporco e reinvestiva i proventi criminali in ambiziose operazioni finanziarie. Viene implicato nel gigantesco crack del Banco Ambrosiano ed invischiato nell’omicidio di Roberto Calvi, il Banchiere di Dio del quale potete leggere un’agevole biografia QUI dove è riportata in breve tutta la catena.
Tutti saldamente uniti nella fratellanza massonica di osservanza piduista.

«Calvi trasferisce somme stratosferiche su conti segreti intestati a Licio Gelli, Pippo Calò, Francesco Pazienza, Flavio Carboni, Umberto Ortolani, e opera scalate azionarie fino al tentativo di acquistare il “Corriere della Sera” nel 1976. gli è vicino un piccolo imprenditore sardo, che è in grado di fungere da ponte tra Roberto Calvi ed il mondo politico italiano.
[…]
Il 19/10/89 a Roma viene arrestato Flavio Carboni con l’accusa di truffa e ricettazione della borsa che Roberto Calvi aveva con sé quando espatriò clandestinamente a Londra, dove è morto. E nell’impeachment è implicato il vescovo cecoslovacco Pavel Hnilica che avrebbe ricevuto da Carboni documenti relativi allo IOR in cambio di alcuni assegni in bianco.»

 La Santa Casta della Chiesa
Claudio Rendina
Newton Compton; 2009.

E pur tuttavia, Carboni riesce ad uscire sempre indenne dalle inchieste che lo coinvolgono, ritornando immediatamente in gioco per sempre nuovi affari.
Questo “sfigato pensionato” è altresì una vecchia conoscenza di Silvio Berlusconi col quale ha condiviso più di una operazione di speculazione immobiliare in Sardegna, nell’ambito del cosiddetto progetto
Olbia 2 – Costa Turchese.
In proposito, alcune informazioni interessanti le trovate
QUI.
  P.S. Ripensando ad Olbia 2… questa storia delle città fotocopia (new towns), numerate in progressione, devono essere una vera fissazione del Cavaliere.

Il SODALICIUM
 Il 30/06/2010 il GIP del Tribunale ordinario di Roma, Giovanni De Donato, emette una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre dei comprimari già citati in apertura. Sono per l’appunto Flavio Carboni, Pasquale Lombardi, e Arcangelo Martino.

«Perché in concorso con terze persone costituivano, organizzavano, e dirigevano un’associazione per delinquere, diretta a realizzare una serie indeterminata di delitti, ivi compresi quelli di corruzione, abuso d’ufficio, diffamazione e violenza privata, caratterizzata dalla segretezza degli scopi, delle attività e della composizione del sodalizio, volta altresì a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché di apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali»

(Ordinanza di Custodia Cautelare)

Secondo gli inquirenti, la triade si ripartisce le competenze in base alle proprie specialità di intervento: A.Martino e F.Carboni gestiscono i rapporti col mondo dei politici e dell’imprenditoria; P.Lombardi cura i rapporti con gli ambienti di una certa magistratura oltremodo politicizzata, che non suscita alcuno scandalo a destra e piace più che mai agli intraprendenti cortigiani dell’Imperatore.
 I rapporti con la magistratura sono fondamentali, poiché grazie all’interessamento di giudici compiacenti non solo è possibile disinnescare la minaccia di eventuali controlli, stornando l’azione giudiziaria altrove, ma anche indirizzare gli interventi verso esiti pilotati a vantaggio esclusivo di determinati personaggi e gruppi politici.
Per la bisogna, il ‘Sodalizio’ sviluppa “una fitta rete di conoscenze nei settori della magistratura e della politica da sfruttare per i propri i fini segreti […] coinvolgendo con funzioni diverse anche personalità estranee al sodalizio”, ma utili al perseguimento degli obiettivi in cambio di un congruo corrispettivo in termini di vantaggi, di carriera, e di redditizie consulenze private.
Fra gli strumenti utilizzati per stabilire i contatti e le cooptazioni, vi è un’associazione denominata
Centro studi giuridici per l’integrazione europea “Diritti e Libertà”. Si tratta di un’invenzione di Lombardi (segretario) e Martino (responsabile).

«Tale struttura svolge in apparenza attività culturali nel settore giuridico, tramite l’organizzazione di convegni, spesso in località di prestigio, di elevato livello per temi trattati e qualità dei relatori e dei partecipanti. Tale attività risulta però strumentale rispetto alle finalità di costruire e consolidare rapporti confidenziali con personalità politiche»

Anche perché, stando a quanto ipotizzato dagli investigatori, il centro studi sarebbe cogestito in maniera occulta dallo stesso Carboni.

«Nel corso dei mesi di settembre e ottobre 2009, CARBONI, MARTINO e LOMBARDI hanno concordato e tentato l’avvicinamento di giudici della Corte Costituzionale, allo scopo di influire sull’esito giudiziario relativo alla Legge n.124/2008 (c.d. lodo Alfano), che aveva introdotto la sospensione del processo penale per le alte cariche dello Stato. L’operazione, per quanto emerso, è stata compiuta essenzialmente da Lombardi, previo accordo e contatto costante con gli altri due, e si intreccia con il tentativo dei tre di ottenere la candidatura dell’on. Nicola COSENTINO alla carica di presidente della Regione Campania.
[…] Dopo l’adozione di un’ordinanza cautelare nei confronti di quest’ultimo, hanno cercato di favorire un rapido accogliemento del ricorso proposto contro tale misura, grazie al rapporto esistente tra Lombardi ed il presidente della Corte di Cassazione, nel tentativo di recuperare la candidatura di Cosentino. Dopo il rigetto del ricorso e dove che i vertici del partito avevano individuato come proprio candidato Stefano CALDORO, il gruppo ha iniziato una intensa attività diretta a screditare il nuovo candidato e così ad escluderlo dalla competizione elettorale, tentando di diffondere, all’interno del partito e a mezzo internet, notizie diffamatorie sul suo conto.»

La rete è così capillare che Giancarlo Capaldo, procuratore aggiunto di Roma, contesta loro il reato associativo con la costituzione di una nuova P2.
Ma andiamo per ordine…

GIOCO DI SQUADRA
 Il ‘Sodalizio dei Pensionati’ gioca principalmente su tre direttive:
1) “Attività di inferenza” nei confronti della magistratura, con lo scopo di coinvolgere componenti del TAR, della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale, fino al Consiglio Superiore della Magistratura, nelle attività del gruppo.
2) La mancata candidatura di Nicola Cosentino alla presidenza della Regione Campania e la campagna di diffamazione aggravata ai danni di Stefano Caldoro, rivale interno allo stesso PdL.
3) L’accaparramento di appalti in esclusiva, per lo sviluppo di impianti eolici in Sardegna.

In una informativa del 18/06/2010, i Carabinieri del ROS di Roma, che si occupano della conduzione pratica delle indagini, annotano:

«Il modus operandi e le attività degli indagati rivela una vera propria struttura riservata, costituita e partecipata, da Flavio Carboni, da Arcangelo Martino e da Pasquale Lombardi.
L’organizzazione svolgeva in maniera sistematica e pianificata un’intensa, riservata ed indebita attività di interferenza sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionale di amministrazioni pubbliche, allo scopo di ottenere vantaggi economici o di altro tipo. Un gruppo che si giova dell’appoggio di due referenti politici, i parlamentari Dell’Utri e Denis Verdini. Altri personaggi vicini al gruppo che prendono parte alle riunioni, nel corso delle quali vengono impostate le principali operazioni e che paiono fornire il proprio contributo alle attività d’interferenza, sono individuati nei giudici Arcibaldo Miller, Antonio Martone ed il sottosegretario alla giustizia, Giacomo Caliendo (…) per pianificare l’avvicinamento di alcuni Giudici Costituzionali»

Alcune riunioni avvengono a Palazzo Pecci Blunt, in Piazza dell’Ara Coeli, dove si trova l’appartamento romano di Denis Verdini, il coordinatore nazionale del PdL già indagato per i suoi rapporti con la cricca Anemone-Balducci e gli appalti gestiti dalla Protezione Civile di Bertolaso-Letta.
In particolare, la sera del 23 settembre 2009 in casa Verdini si incontrano, oltre alla triade Carboni-Martino-Lombardi, il senatore
Marcello Dell’Utri, il sottosegretario alla Giustizia (e magistrato) Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, per discutere l’approvazione del Lodo Alfano e cercare di pianificare una strategia di intervento per orientare, in qualche modo, i giudici costituzionali verso il nullaosta della legge ad personam.

1) Magistratura Amica
Antonio Martone, fino alle recenti dimissioni, è stato avvocato generale in Cassazione ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Arcibaldo Miller è invece il capo degli ispettori ministeriali, che così tante volte hanno fatto visita alla Procura di Milano, per supervisionare gli atti riservati inerenti le inchieste su corruzione e politica (ad esempio, le carte del processo a Cesare Previti).
In particolar modo, Martone è preoccupato su cosa farà da vecchio e chiede a Carboni nuovi incarichi per il dopo-pensione.

La Corte Costituzionale
L’approvazione del Lodo Alfano, col suo giudizio di costituzionalità, sta particolarmente a cuore al sodalizio che si attiva per cercare di avvicinare i giudici, influenzarne il giudizio ed acquisire benemerenze politiche.
Il più attivo di tutti è Pasquale Lombardi che non lesina telefonate, nonostante le raccomandazioni alla prudenza dei suoi sodali:

«Digli di non telefonare ehhh… Lasciasse perdere tutto; si deve fermare, non chiamare, fermare! O sinnò gli togliamo i telefoni. Lui deve andare, non telefonare. Andare è diverso che telefonare»

 A.Martino che parla con un collaboratore, riferendosi a Lombardi.
(Intercettazione del 25/09/2009)

P.Lombardi però non desiste e contatta (26/09/09) lo stupito Renzo Lusetti, parlamentare PD, per sapere se ha “qualche amico nella Corte Costituzionale”.
Il 30 settembre è la volta dell’imbarazzatissimo Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, che non riesce a sgrullarselo di dosso.
L’insistenza di Lombardi è infatti motivata da una certezza:

«Dobbiamo essere duri, loro ci devono rispettare sotto ogni aspetto perché come ci muoviamo noi forse manco loro si possono muove dato il nostro potere… non nostro, il potere dei nostri amici che è quello che è»
 (01/10/2009)

Salvo constatare l’amara verità soltanto pochi giorni dopo, nonostante le promesse millantate agli “amici”:

«Eh che figura di merda… noi non cumandamm’ manc’ o cazz..! Non cumandamm niente cò ‘sti qua… co ‘sti quindici rincoglioniti [i giudici costituzionali n.d.r.]»
(07/10/2009)

In altri ambiti, le cose sembrano però andare meglio…

Consiglio Superiore della Magistratura
Anche in questo caso, a muoversi è soprattutto Pasquale Lombardi:

«A partire dal mese di ottobre 2009 sono state monitorate ripetute attività, poste in essere da Lombardi, dirette a pilotare, tramite pressioni esercitate su componenti del CSM, la nomina ad alcune cariche direttive di magistrati graditi al sodalizio, fra i quali Alfonso MARRA, aspirante alla carica di Presidente della Corte di Appello di Milano. Tali iniziative, delle quali Lombardi tiene informato Martino, sono dirette al fine di far acquisire all’associazione rapporti privilegiati con alcuni dirigenti di Uffici giudiziari e al tempo stesso acquisire meriti presso questi ultimi, in virtù dell’intervento operato»

 (Dall’Ordinanza di Custodia cautelare)

E sempre Lombardi dimostra una grande confidenza con certi ambienti giudiziari, prendendo contatti con Celestina Tinelli, componente del CSM, con la quale discute la nomina dei responsabili per le procure di Isernia, di Avellino, e di Nocera Inferiore, e soprattutto della Corte di Appello di Milano.
Dalle intercettazioni, Lombardi sembra essere in grande intimità col magistrato che si rivolge a lui, chiamandolo “Pasqualino” (cliccare sull’immagine per ingrandire il testo):

Per inciso, il ‘Carbone’ (cerchiato in rosso) di cui si parla è Vincenzo Carbone, primo presidente della Corte di Cassazione.
La questione del contendere è la nomina di un altro protetto del sodalizio, il campano Alfonso Marra (Fofò per gli amici), alla presidenza della Corte di Appello milanese, in contrapposizione al concorrente Renato Rodorf. Quest’ultimo è appoggiato da Giuseppe Berruti (fratello del più noto Massimo Maria) e l’avellinese Nicola Mancino, che però cambierà idea…
In questa specie di faida borbonica, consumata alla periferia del PdL, viene contattato pure l’ex magistrato Giacomo Caliendo, attuale sottosegretario alla Giustizia, “Giacomino” per il sodalizio.
Soprattutto è una squallida lotta tra le correnti interne alla magistratura, con scambio reciproco di favori e promozioni.
Naturalmente, Alfonso Marra diventa presidente della Corte di Appello a Milano.

TAR e Corte di Appello di Milano
Fresco di nomina, A.Marra si attiva subito in favore dei suoi patroni.
Il 01/03/2010 Martino e Lombardi contattano il magistrato per informarlo del rischio di esclusione della Lista Formigoni dalle prossime elezioni regionali, sollecitandone l’intervento.
Al contempo, il 05/03/2010, Arcangelo Martino contatta il magistrato
Arcibaldo Miller, capo dell’ispettorato presso il Ministero della Giustizia, con il quale concorda un incontro e…

«Chiede informazioni circa la possibilità ed il modo di provocare un’ispezione nei confronti dei magistrati componenti la Commissione elettorale»

Tuttavia, nonostante le insistenze e le pressioni, l’ispezione non verrà mai disposta.

 Ad essere sinceri, parlando da profani della materia, nel leggere le carte è difficile ravvisare fattispecie di reato, di gravità tale da reggere a tre gradi di giudizio, ad eccezione delle inevitabili dimissioni dei magistrati coinvolti. A parte le ingerenze indebite e la pressante azione lobbistica ai margini estremi della legalità, non fanno seguito azioni concrete, né è sempre evidente nelle conseguenze pratiche quel potere di condizionamento e di determinazione vincolante. D’altra parte, lo stesso Carboni è stato prosciolto da accuse ben più gravi in inchieste molto più delicate…
In poche parole, ‘sta roba probabilmente in un tribunale non regge. Questa almeno è l’impressione personale che se ne ricava e che, naturalmente, lascia il tempo che trova.
Più interessanti sono invece gli altri due filoni d’indagine…

2) La candidatura alla presidenza della Regione Campania
 Altro tema di discussione durante le riunioni romane con Denis Verdini, è la scelta del candidato governatore per la Regione Campania. La vittoria PdL è data per certa nell’ex satrapia di Antonio Bassolino (PD) dopo la sua dissennata gestione, quindi si tratta di una candidatura piuttosto ambita.
Il candidato ideale è
Nicola Cosentino, sottosegretario all’Economia ed alle Finanze (dimissionario), nonché coordinatore PdL in Campania.
Cosentino è fortemente indiziato (insieme a Mario Landolfi) di essere organico al clan camorristico dei Casalesi, dai quali avrebbe ricevuto voti e finanziamenti elettorali nell’ambito dello smaltimento illegale di rifiuti tossici. Tant’è che nel Novembre 2009 la Giunta per le autorizzazioni a procedere per la Camera dei deputati respinge l’ordine di arresto emesso dal Tribunale di Napoli, facendo leva sull’immunità parlamentate dell’onorevole Cosentino, che dopo molte pressioni interne al partito si vede costretto a rinunciare alla sua candidatura campana.

Al contempo, si attiva anche il “sodalizio” che si muove alle spalle del sottosegretario e pone subito le basi per un serie di iniziative, potendo contare sul sostegno di Marcello Dell’Utri e Denis Verdini.

«Con lo scopo di contrastare le scelte a loro sgradite, operate dai responsabili politici, tenterà di sostenere nuovamente la candidatura di Cosentino, auspicando interventi presso la Corte di Cassazione la rapida fissazione e l’accoglimento del ricorso contro la misura cautelare, cercando d’altro lato di screditare la figura del candidato prescelto, Stefano Caldoro, con una mirata campagna diffamatoria»

Il principale referente in Cassazione è naturalmente il presidente Vincenzo Carbone, che si prodiga in ogni modo. Al contempo, si lavora ai fianchi il rivale Caldoro, con la costruzione di dossier falsi con l’aiuto di Ernesto Sica, che travolto dall’evidenza dei fatti sarà poi costretto a dimettersi da assessore della giunta Caldoro.

MARTINO: Abbiamo messo in piedi una cosa strepitosa, mi segui?
SICA: Tu pensi che una valanga mediatica sia opportuna? Ci vorrebbe un regista bravissimo…

Ai primi di Febbraio, gli aiuto-regista addetti al confezionamento del ‘pacco’ mediatico  comunicano a Cosentino che il rapporto su Caldoro è pronto:

«Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto su Caldoro con i trans, forse del problema ha parlato anche un pentito, che fine abbiamo fatto. Siamo finiti in un mondo di froci»

Caldoro diventa ufficialmente “l’innamorato dei ricchioncelli”. Tanto per completare il cappotto, vengono messe in giro on line voci su un presunto coinvolgimento di Caldoro con la camorra, al fine di costringere il partito a ritirare la sua candidatura onde evitare il pubblico scandalo.
Naturalmente, Nicola Cosentino segue tutte le mosse e commenta soddisfatto:

«Il fatto dei frocetti rimarrà nella storia»

Ma noi siamo certi che la Storia riserverà un posto anche per l’onorevole Cosentino… forse anche due: schedario criminale o gogna degli infami?

3) Impianti eolici in Sardegna
 Sicuramente, questo costituisce l’aspetto più ghiotto e più gravido di implicazioni penali nell’intera vicenda.
Il business delle energie alternative con l’installazione di pale eoliche sembra infatti costituire l’ultima frontiera della penetrazione mafiosa nel mondo dell’economia (apparentemente) legale, col reinvestimento dei capitali illeciti. Per non concludere, possiamo dire che nell’ambito del “sodalizio” l’interesse per il settore rientra nelle competenze di Flavio Carboni, come specificato nell’ordinanza di custodia cautelare:

«A partire dal mese di luglio 2009, Carboni ha posto in essere iniziative volte a realizzare in Sardegna impianti di produzione di energia eolica. A tale scopo dapprima ha ottenuto, grazie all’interessamento di esponenti politici ed istituzionali, la nomina di persona a lui gradita (tale FABRIS Ignazio) alla carica di direttore generale dell’ARPAS (l’organismo regionale competente nel settore della tutela ambiente e territorio). In seguito ha intrattenuto rapporti con Farris e con altri rappresentati istituzionali, allo scopo di ottenere l’approvazione di un regolamento regionale favorevole ai propri progetti»

Come specificato nella mission della stessa agenzia, l’Arpas è (o dovrebbe essere):

“un’agenzia regionale che opera per la promozione dello sviluppo sostenibile e per la tutela e miglioramento della qualità degli ecosistemi naturali e antropizzati. L’Agenzia è l’organo tecnico che supporta le autorità competenti in materia di programmazione, autorizzazione e sanzioni in campo ambientale, a tutti i livelli di governo del territorio: la competenza tecnico-scientifica è la sua componente distintiva e qualificante.
L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna esercita in particolare funzioni di:
– controllo delle fonti di pressioni ambientali determinate dalle attività umane che, prelevando risorse ed interagendo con l’ambiente circostante, producono degli impatti sull’ambiente (scarichi, emissioni, rifiuti, sfruttamento del suolo, radiazioni, ecc.);
– monitoraggio dello stato dell’ambiente determinato dal livello di qualità delle diverse matrici (acqua, aria, suolo, ecc.);
– supporto tecnico alla pubblica amministrazione nel definire le risposte messe in atto per fronteggiare le pressioni e migliorare così lo stato dell’ambiente”

Immaginate cosa potrebbe accadere se le competenze di tali enti venissero stravolte e piegate agli interessi particolari di speculatori senza scrupoli; se fossero occupate e trasformate in cavalli di Troia per il profitto illimitato e per l’avidità di gruppi privati, contigui alla grande criminalità organizzata…
Ne riparleremo presto..!

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GLI SCHIFOSI

Posted in Kulturkampf, Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 14 febbraio 2010 by Sendivogius

Alla Ferratella occupati di ‘sta roba del terremoto perché qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno
 Pierfrancesco Gagliardi

Eh Certo! Io stamattina alle tre e mezzo ridevo dentro al letto
 Francesco Maria De Vito Piscicelli

Io pure
 Pierfrancesco Gagliardi
 

A volte il cinico squallore della realtà supera anche la più perversa delle fantasie…
Forse, neanche il più truce dei marxisti, in una parodia anticapitalista dei padroni, sarebbe riuscito ad evocare l’immagine di questi sciacalli del mattone che si fregano le zampe, pregustando l’affare, pronti a tuffarsi nella mangiatoia della ricostruzione aquilana.
E mentre ancora si estraggono i cadaveri dalle macerie, loro ridono.
Pur se detestiamo l’autocitazionismo, del terremoto abruzzese avevamo già parlato
QUI, ma mai avevamo pensato si potesse scendere a tanto!
I due squallidoni, che sghignazzano compiaciuti
(è il 6 Aprile 2009), sono Pierfrancesco Gagliardi, imprenditore campano del Consorzio Stabile Novus’, al telefono col cognato Francesco Maria De Vito Piscicelli (un cognome aristocratico dell’antica nobiltà partenopea), direttore tecnico della Opere pubbliche e Ambiente Spa’, altra impresa napoletana con ramificazioni nella Capitale e appalti in gestione per tutta Italia.
È un business proficuo che segue i canali privilegiati (e occulti) sotto l’ombra munifica del potente dipartimento della Protezione Civile a conduzione personale del sottosegretario governativo Guido Bertolaso.
Soprattutto, è un business ristretto, quasi a livello familiare, tramite un intreccio di poche aziende fiduciarie che si spartiscono, in regime di monopolio, le commesse più ghiotte nell’ambito degli interventi edilizi e dei lavori pubblici affidati alla Protezione Civile.
Si tratta di un sistema collaudato, che si affida ad una politica decisionista dell’emergenza permanente sancita per decreto. E, grazie alla compartecipazione interessata dei vertici di garanzia, può contare sull’attribuzione discrezionale degli incarichi e sulla gestione privatistica delle risorse (pubbliche):
 Assegnazione diretta degli appalti;
 Nessuna gara e, soprattutto, nessun controllo;
 Sospensione degli standard di sicurezza per i lavoratori;
 Lievitazione smisurata dei costi di realizzazione;
 Opere appaltate, pagate, e mai realizzate;
 Abuso ed uso improprio del ‘segreto di Stato’.
È l’Italietta privatizzata del ‘fare’ nell’Era Berlusconiana, diretta emanazione del ducismo craxista nel solco di tangentopoli.

QUIS CUSTODET CUSTODES?
 Il 10 Febbraio, gli uffici della Protezione Civile vengono sconquassati da una raffica di arresti che ne decapita il gotha dirigenziale, con l’arresto di tre alti funzionari e la messa sott’inchiesta del grande capo, per corruzione aggravata e continuata:
Angelo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, nonché “soggetto attuatore” su indicazione della Protezione Civile (con una ordinanza del 2008), per i lavori del fallito G-8 a La Maddalena e per la sua variante aquilana.
Fabio De Santis (47 anni) provveditore alle opere pubbliche della Toscana e successore di Balducci come «soggetto attuatore» e Mauro Della Giovanpaola (44 anni).
Entrambi, tramite le “strutture di missione” hanno avuto incarichi di rilievo nella Protezione Civile. Per conto del Dipartimento per lo sviluppo e turismo, seguono inoltre la gestione dei cosiddetti “Grandi Eventi”, affidati alla supervisione ed alla autonomia gestionale della Protezione Civile di Bertolaso:
 Campionati del mondo di nuoto di Roma 2009
 G-8 La Maddalena 2009
 Celebrazioni 150° Anniversario Unità d’Italia.

L’inchiesta ha origine da una serie di intercettazioni attuate dai Carabinieri del ROS di Firenze, in riferimento alle indagini sull’urbanizzazione dell’area di Castello, di proprietà dell’imprenditore siciliano, e presidente onorario di Fondiaria SAI, Salvatore Ligresti molto attivo anche nei lavori della Expo milanese. Nel Novembre 2008, la procura fiorentina ha disposto il sequestro dell’area, per una serie di irregolarità sul cambio di destinazione d’uso, su aumenti delle cubature edilizie in deroga al piano regolatore e variazioni progettuali, insieme ad un presunto giro di tangenti, che travolsero gli assessori comunali del PD locale e fecero gridare alla ‘questione morale’.
Tra gli indagati per concorso in corruzione c’era anche l’architetto Marco Casamonti, titolare dello studio di progettazione ARCHEA che tra le varie commissioni si occupava anche dei lavori per il mancato G-8 sardo, per conto della Gia.Fi Costruzioni.
Alla Gia.Fi furono affidati i lavori di riconversione in hotel extralusso dell’ex ospedale militare della Maddalena…

«Sedicimila e 800 metri quadri trasformati in un hotel di lusso. Facciata bianca che corre lungo la strada, con il mare di fronte ma non accessibile perché nessuno ha pensato di fare un accesso all’acqua cristallina, una banchina, una spiaggia. Un’opera da 75 milioni, 101 camere costate ognuna 742 mila euro. Spettrale. Una scatola vuota, riscaldata tutto il giorno e illuminata di notte con livide luci violette che sbattono sulla facciata. Nessuno lo vuole l’hotel. Il bando di gara, il 23 settembre 2009, è andato deserto»

 Paolo Berizzi e Fabio Tonacci
 L’Espresso  (28 Gennaio 2010)

Tramite le intercettazioni telefoniche, gli inquirenti scoprono che gli appalti non solo sono pilotati, ma pure che Angelo Balducci storna una parte consistente dei pagamenti e degli appalti, a favore di società che ricadono sotto il suo controllo indiretto.

“Ma sono dei veri banditi questi qui!”
“…è una task force unita e compatta… Sono dei bulldozer”
…e il vero regista è questo Balducci!”

IL SISTEMA ‘GELATINOSO’
 Leggiamo dall’Ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP di Firenze:

“Le indagini hanno permesso di accertare in modo chiaro ed inconfutabile il totale ed incondizionato asservimento della pubblica funzione loro demandata (alquanto delicata attesi gli enormi potere loro concessi e rilevantissimi importi di denaro e risorse a carico della società e dagli stessi gestiti) da parte dei pubblici ufficiali BALDUCCI Angelo (direttore del Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo, diretta emanazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con uffici a Roma in V. della Ferratella in Laterano n° 51), DE SANTIS Fabio (alto dirigente del medesimo dipartimento) e della GIOVAMPAOLA Mauro (funzionario della stessa struttura con il ruolo di responsabile di controllo sui cantieri relativi al vertice del G-8 sull’Isola della Maddalena e, per quanto emerso dalle conversazioni intercettate nel giugno 2009, a capo della Struttura di Missione istituita presso il Dip. di Via della Ferratella) agli interessi dell’imprenditore ANEMONE Diego, e non solo, al centro di una complessa galassia di società, ben articolata.
(…) I fatti emersi sono gravissimi proprio per la sistematicità delle condotte illeciti e dei rapporti illeciti e di cointeressenza tra indagati e per le rilevantissime ripercussioni finanziarie ed economiche ai bilanci della Stato, rese possibili tra l’altro da una normativa ampiamente derogatoria delle ordinarie regole in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici che presuppone in chi la deve gestire ed applicare ancora più rispetto delle regole di trasparenza, fedeltà ed imparzialità ed efficienza imposte dalla legge e dalla Costituzione (art.97) ai pubblici ufficiali competenti.”

IL GRANDE REGISTA
  Angelo Balducci è un ingegnere pesarese di 61 anni, che ha costruito le sue fortune professionali nella Pubblica Amministrazione in quota democristiana. Con un curriculum di tutto rispetto, è ai Lavori Pubblici dal 1976. Nel corso degli anni è stato:
Commissario nelle zone terremotate in Friuli;
Ingegnere Capo per il programma di realizzazione delle Capitanerie di Porto;
Provveditore alle Opere pubbliche per il Piemonte, la Valle d’Aosta, Lombardia, Sardegna, Lazio;
Distaccato al Ministero degli Esteri, si è occupato della manutenzione delle ambasciate e della realizzazione degli Istituti di Cultura all’estero;
Nel tempo, si lega politicamente a
Giovanni Prandini, un’altro decisionista prestato ai Lavori Pubblici che ha diretto in qualità di ministro (1992-1993). Durante il suo dicastero, Prandini piazza i propri uomini di fiducia (tra i quali Balducci) nei posti che contano, silurando i vecchi dirigenti tramite feroci avvicendamenti del personale. Soprattutto inaugura, in anticipo sui tempi, gli affidamenti a trattativa privata. L’intenzione del ministro è elimininare le incrostazioni. Infatti, nel giugno 2001, Prandini viene condannato a 6 anni e 4 mesi per corruzione aggravata, a proposito delle tangenti per gli appalti dell’ANAS (1986-1993). Tra i condannati c’è anche Lorenzo Cesa (3 anni e 3 mesi), che si fa beccare mentre intasca mazzette per conto del ministro. Attualmente, i due pregiudicati militano nello stesso partito: l’UDC.
L’ing. Balducci però passa indenne la buriana e continua la sua sfolgorante ascesa, a tal punto da essere considerato
«la massima autorità istituzionale in materia di appalti e di realizzazione di opere per conto dello Stato». Pertanto, colleziona incarichi prestigiosi e di responsabilità: dalla ricostruzione del Teatro Petruzzelli di Bari, al terremoto in Umbria e nelle Marche.
Professionista fluido, entra nelle grazie di
Francesco Rutelli, ma si adatta rapidamente a tutti i governi, prescindendo dai colori, fino all’exploit berlusconiano quando ottiene in rapida successione la nomina a Commissario straordinario per la realizzazione degli interventi per i Mondiali di nuoto “Roma 2009”, il coordinamento come “attuatore” per i lavori a La Maddalena, e un incarico per la realizzazione delle opere legate alle celebrazioni dell’Unità d’Italia nel 2011.
Soprattutto, Angelo Balducci è un’altro di quelli che tiene famiglia e si preoccupa di sistemare i figliuoli ormai cresciuti…

“Tra qualche giorno Filippo compie 30 anni e io mi chiedo come padre: che ho fatto per lui? Un cazzo!”

 Angelo Balducci  (11 Aprile 2009)

IL SISTEMA BALDUCCI
  Il metodo, svuotato dalla complessità trasversale delle scatole societarie, alla fine è semplice…
L’ing. Balducci, nell’ennesimo conflitto d’interessi che non scandalizza nessuno, è controllore e controllato. Sul tavolo dell’ingegnere passano tutte le opere architettoniche delegate alla Protezione Civile. In qualità di presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, Balducci si occupa dell’allestimento progettuale dei cantieri e del conferimento degli appalti. Appalti che vengono attribuiti per assegnazione diretta, in virtù dei poteri eccezionali conferiti alla Protezione civile grazie alle “procedure d’urgenza”, mentre i criteri di scelta vengono coperti da… “segreto di Stato”! Un’altra grande stronzata made in Prodi e prontamente riconfermata da Re Silvio.
È da specificare che nell’Italia dell’emergenza permanente, vengono considerate “urgenze” a carico della Protezione Civile, pure la celebrazione delle feste patronali e le competizioni sportive! Di conseguenza, si sottrae la quasi totalità delle opere pubbliche agli organismi di controllo ed al rispetto delle procedure ordinarie di attribuzione.
Come “soggetto attuatore”, Angelo Balducci decide l’affidamento degli incarichi, provvede alla stipula dei contratti, controlla la direzione dei lavori e procede ai pagamenti.
Attraverso una cordata di imprese amiche, quote di partecipazione, fiduciarie e società intestate a figli e parenti, Balducci si auto-conferisce gli appalti, al prezzo più conveniente per il privato che non dovrà preoccuparsi né dei ritardi di consegna, né dei controlli, né dei mancati saldi di pagamento.

Tra i beneficiati del sistema c’è la ANEMONE Costruzioni Srl, società edile di Grottaferrata (RM) con all’attivo 26 dipendenti, che con il G-8 sull’Isola della Maddalena si è ciucciata da sola la bellezza di 117 milioni di euro sui 300 milioni inizialmente stanziati dal Governo:
58 milioni per la realizzazione del Centro Conferenze.
59 milioni per la costruzione del secondo albergo nella zona dell’Arsenale
, tramite una consociata della ANEMONE Srl. Si tratta della “Nuove Infrastrutture”, una srl di Fiano Romano.
Il controllo delle società del gruppo è ripartito tra i componenti della famiglia: i fratelli
 Luciano Anemone (classe 1954) e Dino Anemone (63 anni), insieme ad i figli di quest’ultimo (Diego e Daniele). E mentre al 35enne Daniele viene intestata buona parte delle aziende, è il fratello Diego Anemone (39 anni non ancora compiuti) a curare il grosso degli affari. 
Tra i “consulenti” della ANEMONE c’è naturalmente il giovane Filippo Balducci, che finalmente ha trovato lavoro presso i fortunati imprenditori della provincia romana.
Per dormire più tranquilli, ci si informa
(si “monitorizza”) anche sull’andamento di eventuali procedimenti giudiziari, chiedendo lumi al commercialista Camillo Toro, un altro figlio d’arte… il suo papà si chiama Achille ed è il procuratore aggiunto di Roma, nonché responsabile per le indagini sui reati contro la pubblica amministrazione.

LO SCAMBIO DELLE MOGLI
Con una lunga serie di inchieste pubblicate dal settimanale L’Espresso, il giornalista Fabrizio Gatti ha portato alla luce il groviglio di interessi che, passando per gli appalti della Protezione Civile, lega le famiglie Anemone e Balducci…
Ai lavori in Sardegna partecipa pure la
ARSENALE Scarl. (costituita per l’occasione e riconducibile alla ANEMONE Srl) che si preoccupa di fornire le maestranze e che per il disturbo si cucca altri 300.000 euro dell’appalto originario. Tra i soci della ARSENALE Scarl. c’è Vanessa Pascucci (la moglie di Diego Anemone), amministratrice unica della REDIM 2000 di Grottaferrata (altra impresa edile legata agli Anemone), nonché socia alla pari della ERRETIFILM Srl, società di produzioni cinematografiche, insieme alla signora Rosanna Thau, coniugata con Angelo Balducci. E non è una omonimia.

UNA RIPASSATA IN PISCINA
Con la scusa dei mondiali di nuoto di “Roma 2009”. Il Gruppo Anemone & Friends si è aggiudicato anche una fetta degli appalti per la realizzazione dei nuovi poli notatori. Inutile dire che le piscine sono state consegnate in ritardo, o per niente, a mondiali finiti. Molte opere sono state giudicate non idonee ed alla fine gli atleti hanno gareggiato nelle strutture già preesistenti.
Il Commissario delegato alle opere pubbliche e private per i Mondiali di nuoto è (manco a dirlo!) Angelo Balducci, fino alla sua rimozione nel Giugno 2008.
Anche in questa occasione, tutto si svolge in ‘famiglia’. L’iniziativa è affidata ai rampolli delle rispettive casate in affari…
Dal sodalizio Balducci-Anemone nasce il Salaria Sport Village, mega-centro sportivo a ridosso del fiume Tevere, lungo la Via Salaria nei pressi di Settebagni (estrema periferia di Roma nord-est), realizzato su una piana alluvionale destinata alle esondazioni del Tevere, in deroga a tutte le norme ambientali ed urbanistiche. È il complesso dove Guido Bertolaso non disdegna di trascorrere i suoi momenti di relax.
Sarà il caso anche per noi di fare una “ripassata”No, non è Francesca!

Per questo attingeremo parte delle informazioni riportate dal certosino lavoro di Enrico Pazzi, direttore di tramonline.org, e di Riccardo Corbucci, giornalista free lance e indipendente PD nel IV°Municipio di Roma.

«Il 19 maggio 2004 Filippo Balducci e Diego Anemone costituiscono la Società Sportiva Romana srl, con 50.000 euro di capitale sociale e rilevano l’ex centro sportivo della Banca di Roma a Settebagni. Pochi mesi dopo l’acquisto del centro sportivo, i due si eclissano, cedendo le proprie quote a due fiduciarie, la Stube SpA e la Fidear srl. Queste ultime dopo aver acquistato la Società Sportiva di Roma (il 9 dicembre 2004), costituiscono contestualmente il Salaria Sport Village srl. Il 29 dicembre 2005 Silvio Berlusconi nomina il Commissario Straordinario per i Mondiali di Nuoto, nella figura di Angelo Balducci. A quest’ultimo, con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3508 del 6 aprile 2006, viene data l’autorizzazione a intervenire “in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al vigente regolamento edilizio d’intesa con l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Roma su conforme parere della giunta comunale”. Angelo Baducci può quindi individuare, in accordo con l’Assessore all’urbanistica di Roma, aree sia pubbliche che private nelle quali realizzare nuove strutture sportive da utilizzare in previsione dei mondiali di nuoto. In seguito, il Salaria Sport Village fa recapitare la propria proposta progettuale, assunta dall’amministrazione con protocollo n. 469/RM09 del 22 febbraio 2007. Ben tre giorni dopo l’apertura della Conferenza di Servizi Istruttoria che deve discutere il progetto di ampliamento del centro sportivo di Settebagni. Il procedimento viene sospeso altre tre volte, tra richieste di rimodulazioni progettuali e la formalizzazione di pareri delle restanti amministrazioni interessate. Alla fine l’iter procedurale non si esaurisce completamente ed anzi vengono espressi due pareri non favorevoli al progetto. Il Comune di Roma con nota n. 1966 del 15 aprile 2007 esprime parere non favorevole, pur rimandando alle prerogative del Commissario Delegato. Mentre la Provincia di Roma, con nota del 31 marzo del 2008, rileva addirittura la non trasformabilità dell’area interessata dall’intervento, in quanto il progetto insiste su area “agro romano – aree agricole” e quindi non edificabile. Intanto il 13 giugno del 2008 Angelo Balducci viene rimosso sia dalla carica di Commissario delegato per il G8, sia da quella di Commissario Delegato ai Mondiali di nuoto Roma 2009. E il nuovo Commissario, l’ingegner Claudio Rinaldi, nonostante i pareri contrari del Comune di Roma e della Provincia, appena cinque giorni dopo la usa nomina, firma il 18 giugno del 2008 il protocollo d’intesa che sostituirebbe di fatto la consueta concessione edilizia. E’ così i lavori al Salaria Sport Village possono avere inizio nelle prime settimane di settembre 2008. Senza esporre alcun cartello sino all’inizio di ottobre. Lavori che per una reiterata coincidenza vengono attualmente eseguiti dalla ditta Redim 2002, società costruttrice di proprietà della moglie di Diego Anemone.»

  (Enrico Pazzi)

L’abuso è talmente sfacciato da rasentare l’assurdo.

“Un vero trasversale Balducci. Da Matteoli a Di Pietro vantando buone relazioni anche con Rutelli e il Vaticano. E con le mani in pasta ovunque: dal ponte sullo Stretto di Messina alla ricostruzione del Petruzzelli di Bari, per finire al programma dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Si sospetta persino che la sua disatrosa ma affaristica gestione del G8 sia stata la vera causa dello spostamento del summit degli otto grandi a L’Aquila. Appalti milionari scanditi da ritardi enormi, lavoro nero e spese gonfiate. Non è tutto.
Dalla moglie al figlio. Dal G8 ai mondiali di nuoto di Roma del 2009, altro esempio catastrofico di opere appaltate ma non realizzate. L’ordinanza di rimozione firmata da Berlusconi riguardava infatti pure il ruolo di Balducci come «soggetto attuatore» dei lavori collegati alla kermesse sportiva. La catena Balducci-Anemone stavolta è nel segno di Filippo, rampollo di Angelo. Filippo Balducci e Diego Anemone nel 2004 comprano per un milione di euro il centro sportivo della Banca di Roma a Settebagni e danno vita al Salaria sport village tramite due fiduciarie cui hanno consegnato le loro quote. Piscina olimpionica, campi da tennis, centro estetico, un esclusivo bar e una discoteca dove sono stati visti anche Paolo Bonaiuti e Mariano Apicella, rispettivamente portavoce e menestrello del Cavaliere. Per triplicare le strutture, approfittando delle procedure d’urgenza previste dai mondiali di nuoto, Filippo non ha che da chiedere al papà. E così cinque giorni dopo la sua rimozione, il successore di Balducci, Claudio Rinaldi, firma l’autorizzazione ai lavori, scavalcando comune e provincia. La pratica finisce alla magistratura perché i lavori di ampliamento e potenziamento sono effettuati su terreni agricoli in una zona del Tevere a rischio esondazione.

Balducci “l’attuatore” trasversale
di Fabrizio d’Esposito
Il Riformista (11 febbraio 2010)

«Lo si è visto poche settimane fa, quando il Tevere si è mangiato un pezzo del campo di calcio del club e l’acqua di falda è risalita fino a far affondare il cantiere. Ma qui, a Settebagni, è regolare. Così ha deciso Claudio Rinaldi, mostrando i poteri di Commissario delegato alle opere pubbliche e private per i Mondiali di nuoto. Alla carica di Commissario, Rinaldi viene nominato da Berlusconi il 13 giugno 2008, al posto di Angelo Balducci. E dopo appena cinque giorni firma il provvedimento di intesa, atto che sostituisce la concessione edilizia, per la società fondata da Filippo Balducci, il figlio di Angelo. Cinque giorni per chiudere un procedimento aperto da 16 mesi. Gli ambientalisti di Italia nostra stanno preparando gli esposti. Rinaldi è finito su YouTube con un filmato che lo prende in giro. Colonna sonora, un inno fascista: ‘Me ne frego’.»

 Premiata ditta Balducci & Co.
 di Fabrizio Gatti
 L’Espresso – (16 gennaio 2009)

È interessante scoprire come chi si riempie ad ogni istante la bocca con “popolo sovrano” ritenga assolutamente normale attribuire poteri straordinari a commissari delegati, svincolati da ogni controllo pubblico e in grado di scalvalcare le decisioni prese dai rappresentanti di Comune e Provincia. Un tempo si chiamavano “Federali del Fascio”.

«Rinaldi sostiene che i poteri del Commissario scavalchino Comune e Provincia. E che valgano i pareri positivi raccolti: tra cui quello firmato il 31 marzo 2008 da Roberto Grappelli, segretario generale dell’Autorità di bacino del Tevere.
(…)Nel frattempo, dopo anni all’Autorità di bacino, il segretario che ha autorizzato l’ampliamento del Salaria sport village, ottiene due incarichi di prestigio. Grappelli è ora presidente della metropolitana di Roma. E collaudatore delle grandi opere per il G8 alla Maddalena.»

 
 Premiata ditta Balducci & Co.
 di Fabrizio Gatti
 L’Espresso – (16 gennaio 2009)

To be continued…

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IL MINISTRO DELLA GUERRA

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 “In Afghanistan bisogna restare per mantenere alto l’onore dell’Italia
 (Franco Frattini; Ministro degli Esteri – 17 Sett. 09)

Soldatini Veramente, ci avevano detto (ed alcuni ci credevano pure!) che la permanenza del contingente italiano in Afghanistan fosse una ‘operazione di polizia internazionale’ volta all’instaurazione della democraziain nome della libertàper la difesa della paceper il ripristino del diritto… ed altre fioritefantasie lessicaliche infarciscono le banalità propagandistiche in ogni campagna bellica.
Inoltre, la missione militare in terra afgana avrebbe dovuto pacificare l’intera regione; stabilizzare la turbolenta area, compresa tra i monti dell’Hindokush ed i deserti del Belucistan; piantare i semi di una solida democrazia e
liberare le donne dalla schiavitù del burqa…
Infatti, gli osservatori europei contestano qualcosa come due milioni di schede contraffatte alle ultime elezioni, che hanno visto la riconferma del presidente uscente Ahmid Karzai. A proposito di diritti e dignità femminile, proprio il presidente Karzai è il firmatario di una legge che, oltre al divieto di circolazione per le donne sposate, stabilisce lo stupro coniugale e, di fatto, la pedofilia col matrimonio di bambine con meno di 12 anni.
[Potrete avere un piccolo ragguaglio leggendo qui]
E per questi eccezionali risultati spendiamo milioni di euro ogni mese, mandando a crepare i nostri soldati!
Delle migliaia di danni collaterali tra la popolazione civile, notoriamente, non frega un cazzo a nessuno.
1880 - 66th soldier in southern AfghanistanAdesso sappiamo che la presenza militare dell’Italia in terra afghana è soprattutto una questione di prestigio nazionale e di ‘onore’… secondo un lessico ideologico di stampo ottocentesco e proto-fascista, che ben si addice alle moderne guerre coloniali dei nuovi imperi e del loro contorno di truppe ausiliarie.
Infatti, dopo ben 7 anni di guerra non-dichiarata, l’Afghanistan è frazionato in satrapie semi-indipendenti, dove i vari Signori della Guerra confluiti nella traballante ‘alleanza anti-taliban’ esercitano un potere feudale, ripartito su base clanica, e puntellato dai contingenti militari stranieri.
Il controllo del governo legittimo-laico-democratico non va oltre il centro di Kabul. Sulla sua stessa sopravvivenza ben pochi scommetterebbero, qualora venisse meno il supporto armato delle forze NATO.
Il tempo del conflitto viene dilatato in una spirale che si avvita su sé stessa in un moto perpetuo dai tempi indefiniti, senza una reale prospettiva di soluzione né evoluzione, nell’immanenza di un tempo presente cristallizzato nella minaccia perenne.

Il tempo di guerra è il periodo che la gente trascorre sotto i bombardamenti. Molti popoli oggi conoscono il tempo di guerra, direttamente, come i nostri nonni e genitori hanno conosciuto quello delle guerre mondiali.
 Il tempo della guerra non è la contingenza del conflitto armato ma è il periodo in cui tutto ruota intorno all’idea della guerra, ai suoi riti, alle sue minacce. Questa idea pervade oggi ogni politica e ogni attività internazionale. Sembra che non ci sia più altra soluzione che la guerra, altra chance che la guerra. Per farla le è stato perfino cambiato il nome. Gli stessi sforzi per la pace ruotano attorno all’idea di evitare la guerra e nel frattempo essa è tenuta allo stato di immanenza, con la paura. Il tempo della guerra significa che essa è sovrana e sovrasta ogni attività umana. Mentre il tempo di guerra è razionale perché rappresenta un punto eccezionale di esplosione della violenza, il tempo della guerra, come forma mentale, è una tendenza di lungo periodo e quindi irrazionale perché contrasta con le aspirazioni più utili all’uomo: la pace e la cooperazione fra i popoli. Paradossalmente, si può avere il tempo di guerra mentre si cercano la pace e il rispetto dei diritti, ma il tempo della guerra porta soltanto a percepire i diritti come giustificazione per la guerra.”

Sono le riflessioni del Gen. Fabio Mini, riprese da un’intervista di Anna Luisa Santinelli (14 Luglio 2009). Per intenderci, tra i suoi moltissimi incarichi, il generale Mini è stato addetto militare in Cina; osservatore militare in USA; Capo di Stato Maggiore del comando interforze NATO per il Sud-Europa; Comandante NATO in Kosovo; e grande esperto in studi strategici.

Winston Churchill asseriva che la guerra fosse una cosa troppo seria per lasciarla ai generali. Evidentemente non aveva mai conosciuto i politici italiani…

Liberthalia - LA RUSSA dux

Da bambini tutti abbiamo giocato coi soldatini, ma qualcuno continua a farlo anche da adulto con risvolti preoccupanti. È il caso di Ignazio Benito La Russa, lo scoppiettante Ministro della Guerra arruolato alla corte di Re Silvio.
La Russa appartiene alla nutrita schiera di folgorati  che si improvvisano grandi strateghi e, travestiti da generali, tengono il proprio culo comodamente al sicuro dietro le retrovie. In qualità di ministro, probabilmente si crede un incrocio tra Rommel ed Alessandro il macedone.
LA RUSSA IN AFGHANISTANLa Russa ferox, quello che trapiantato da almeno 40 anni a Milano parla ancora come un picciotto da “Commissario Montalbano”, è colui che più di ogni altro si è battuto per la modifica delle regole di ingaggio, che disciplinano la condotta dei militari italiani impegnati in missioni all’estero. Con la rimozione dei “caveat” e l’estensione delle ‘regole’ in senso maggiormente operativo, per interventi armati di tipo offensivo e l’impiego attivo in azioni di combattimento, il contingente italiano è diventato a tutti gli effetti una forza belligerante impegnata in operazioni di guerra. È superfluo dire che ciò risulta in palese contrasto con il dettame costituzionale e le finalità stesse della missione. 00 - Afghanistan (Dic.1878) - Peiwar Kotal battle
Tuttavia, La Russa (alias la ‘Volpe di Battriana’) non era ancora soddisfatto…
Vuoi per distinguersi con gli altri contingenti occidentali; vuoi per acquisire benemerenze atlantiche; vuoi per una insana idiozia… la Volpe di Battriana ha ottenuto che il corpo di spedizione italiano (2800 unità) venisse dislocato nel pericoloso settore sud-occidentale dell’Afghanistan, tra le province di Herat e Farah (proprio là dove i talebani sono più coriacei), insieme ad un distaccamento di 500 soldati di stanza a Kabul (a rotazione tra paracadutisti e alpini). map of Afghanistan

Nella loro nuova veste operativa, le truppe italiane, devono arginare l’avanzata dei talebani che da Farah premono verso le province occidentali del Nord e contenere le infiltrazioni dei talebani cacciati dall’offensiva anglo-americana nella vicina provincia di Helmand.
Soprattutto gli italiani devono assicurarsi il controllo ed il costante sminamento della route 517, la principale arteria stradale che attraversa tutto il territorio di Farah e collega il capoluogo provinciale alla cosiddetta ‘Ring Road’: la circolare dal quale si irradiano le principali linee stradali dell’Afghanistan.
La ‘messa in sicurezza’ della route 517 è il motivo dei frequenti giri di perlustrazione delle pattuglie meccanizzate dell’esercito italiano. A battere la strada 517 sono i convogli formati dal veicolo VTLM ‘Lince’, che la truppa chiama meno prosaicamente “scarrafone”. Maggiori sono le uscite di pattugliamento, più aumentano i rischi di attentati esplosivi ed il rischio di cecchinaggio a colpi di lanciagranate RPG… Si tratta di attacchi come quello che il 14 Luglio 2009 ha ucciso il c.m. Alessandro Di Lisio.
Approssimativamente, questo è il trappolone esplosivo nel quale lo zelo della Volpe di Battriana ha cacciato le truppe italiane.
I famosi ‘blindadi linge‘, come li chiama La Russa, sono una variante del versatile VM-80 di produzione Iveco, rinforzati con una corazzatura leggera. Al contrario dei più resistentiPUMA autoblindo PUMA e dei pesanti cingolati DARDO, hanno il pregio di essere più veloci, più maneggevoli e dinamici ma, a dispetto di quanto si dice, offrono una protezione sicuramente minore per l’equipaggio. E l’ultimo attentato nella capitale Kabul lo dimostra in modo eloquente.
DARDONell’esplosione che ha ucciso sei paracadutisti del 186° Reggimento c’era anche il c.m. Pistonami, che il 03/08/09 aveva rilasciato un’intervista profetica a Barbara Schiavulli, inviata del settimanale “L’Espresso”. Il reportage aveva un titolo eloquente: “Trappola Afghanistan”.
Ne riportiamo una parte significativa:

“Il primo caporalmaggiore Giandomenico Pistonami, come il collega Di Lisio deceduto il 14 luglio scorso, è un mitragliere, quello che sta in ralla, il più esposto perché sbuca con il corpo fuori dal Lince. “Esco tutti i giorni, faccio da scorta a materiali e persone”, racconta Pistonami, 26 anni di Lubriano (Viterbo): “Il mio è il ruolo più importante della pattuglia, ho più campo visivo e uditivo, con un gesto posso fermare le macchine che passano”. Un lavoro pericoloso, di concentrazione e tensione che lascia poco spazio alle emozioni. “Purtroppo la mia famiglia guarda i telegiornali”, aggiunge con un sorriso, “ma sono tranquilli quando mi sentono tranquillo, per fortuna ci sono Internet e il telefono”. Il posto che occupa Pistonami qualcuno lo chiama ‘sedile della morte’ e spiega che ormai molti mezzi militari di altri contingenti tengono il militare dentro al blindato con un sistema di comando per pilotare la mitragliatrice fuori. Per quanto riguarda i nostri, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, pensa di aggiungere una protezione, una sorta di torretta. Il ministro ha anche promesso l’invio, già approvato da un decreto, di due nuovi Tornado, che si aggiungeranno ai due parcheggiati a Mazar-i- Sharif, non appena sarà pronta la pista dell’aeroporto di Herat, sulla cui data di apertura non ci sono tempi certi. I Tornado italiani, come quelli tedeschi, per ora vengono usati come ricognitori, ma il governo non nega la possibilità di aggiungere cannoncini, trasformandoli in mezzi che possono sostenere azioni di combattimento. Ma tutti questi accorgimenti per rendere più sicura la missione arriveranno fuori tempo massimo, comunque dopo il periodo fatale che coincide con la campagna elettorale. Così, mentre in Italia il governo si spacca sulla questione cruciale se rimanere o meno in Afghanistan e la Lega, Bossi in testa, mostra tutto il suo scetticismo, qui i soldati affrontano la loro guerra quotidiana senza nemmeno il conforto di avere alle spalle un esecutivo concorde circa l’utilità del loro impegno.”