Archivio per La Sapienza

OBSCURUM PER OBSCURIUS

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , on 23 dicembre 2010 by Sendivogius


I prodotti della giurisprudenza parlamentare (le raffazzonatissime leggi di politici semi-analfabeti) sono famosi per la sciatteria espositiva e per l’inesplicabilità linguistica di una prosa ostica, che fa dell’incomprensibilità del testo una missione. Tuttavia, il DDL 1905, la cosiddetta Riforma Gelmini, sembra davvero battere tutti i suoi predecessori…
 Almeno è questa l’impressione che si ricava dalla bozza di testo (già approvata dal Senato il 29/07/2010) ed ora in dirittura d’arrivo finale, a tappe forzate e tempi contingentati. A tal proposito, è davvero irresistibile la leghista Rosi Mauro: la badante di Bossi, ragioniera e improvvisata vicepresidente al Senato, che smista gli emendamenti alla stessa velocità con cui si prezza il pescato al mercato del pesce all’ingrosso. 

Nel Disegno di Legge governativo (firmato dalla Gelmini, ma scritto da Tremonti) si parla di “consigli di amministrazione”, “collegi dei revisori contabili”, “sostenibilità di bilancio”, “obiettivi strategici”… come nei prospetti delle mission aziendali… senza che MAI venga nominato il termine “Cultura”. Eppure le disposizioni riguardano l’insegnamento e la formazione universitaria.

«Quando sento la parola ‘cultura’ tolgo la sicura alla mia Browning!» 

 Hanns Johst
 “Schlageter” 
  Atto I; scena 1
  (1933)

Inflazionato è invece il ricorso a “meritocrazia” che fa capolino ogni due righe, alla stregua di un feticcio auto-rassicurante. Tanto le parole non costano nulla, altrimenti non si capirebbe come la Maria Stella possa essere diventata ministro: caso estremo, ma non isolato, nel governo del fottere presso la Casa del Papi.
 Eppure, almeno sotto certi aspetti, la ‘riforma Gelmini’ potrebbe persino essere un’ottima legge contro sprechi, inefficienze e favoritismi clientelari, con spunti interessanti per la gestione ottimale di società di capitali ed aziende municipalizzate del Comune di Roma, come l’ATAC e (meglio ancora!) l’AMA, se l’oggetto in questione non fosse però l’Università pubblica la cui gestione viene equiparata in tutto e per tutto a quella di un’impresa privata.
E davvero non si capacità la Maria Gelmini superstar di tanta ostilità e tali proteste da parte di chi l’università (con tutte le sue carenze) la vive:

«I baroni, attraverso alcuni studenti, tentano di bloccare una riforma che rende l’Università italiana finalmente meritocratica, che pone fine al malcostume di parentopoli, che blocca la proliferazione di sedi distaccate inutili e di corsi di laurea attivati solo per assegnare cattedre ai soliti noti

 M.S.Gelmini 
 (25/11/2010)

Infatti, tra i maggiori estimatori del ddl c’è il rettore dell’Università La Sapienza di Roma (il più grande ateneo d’Europa, come pomposamente viene chiamato), l’assai chiacchierato prof. Frati: “il ministro Gelmini ha fatto una riforma straordinaria” (18/11/2010).

ONORE AL MERITO
 Se c’è uno che incarna i vizi e le furbizie del baronato accademico, questo è proprio Luigi Frati: un uomo che ha fatto del nepotismo familiare molto più di un’arte, nella quale è maestro indiscusso.
Laureato all’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stato per anni il collettore politico tra potere democristiano e mondo baronale accademico, con incursioni nel grande policlinico universitario della Capitale: il disastrato Umberto I.
A tali rapporti andrebbero poi aggiunti i suoi legami con le multinazionali farmaceutiche…
Nominato a soli 40 anni vicepresidente del Consiglio Universitario Nazionale, l’organismo che gestisce i concorsi per l’assegnazione delle cattedre, il giovanissimo (per gli standard italiani) Frati ne approfitta per costruire una rete fittissima di clientele e relazioni, che sono  alla base del suo potere personale. Si tratta di un sistema talmente articolato e complesso da essere chiamato “Modello Frati” e che vale la pena di conoscere meglio, leggendo QUI.
Di conseguenza, da docente, Luigi Frati è diventato preside di facoltà ed infine rettore (03/10/2010). Inutile dire che conserva tutte le cariche; tanto che, a prescindere dai suoi meriti scientifici,  il prof. Frati continua a guadagnarsi numerosi articoli sui principali quotidiani nazionali. Ad esempio: QUI.
Professore di Patologia generale alla facoltà di Medicina, Luigi Frati da 18 anni è anche preside della medesima facoltà che considera un suo feudo personale, tanto da usare l’Aula Magna come sala di nozze per il matrimonio della figlia Paola (14/11/2004), opportunamente nominata professoressa ordinaria di Medicina Legale, con una laurea in giurisprudenza.
Ma nell’Ateneo del magnifico rettore Luigi Frati hanno trovato opportuno collocamento anche il secondogenito Giacomo (classe 1974) e Luciana Rita Angeletti (in Frati). Naturalmente non poteva mancare il cognato: Pietro Angeletti.

«Giacomo Frati, laureato in medicina, ha vinto il concorso da ricercatore nella facoltà paterna. Mentre la moglie, Luciana Rita Angeletti, ha fatto una carriera-lampo. Alla fine degli anni Ottanta era una semplice professoressa di lettere in una scuola superiore. Nel 1995 la ritroviamo nella facoltà del marito addirittura come professore ordinario di Storia della medicina. Anche suo fratello, Pietro Ubaldo Angeletti, insegnava patologia a Perugia, la stessa facoltà dove Frati iniziò la sua ascesa universitaria. Il cognato (morto negli anni Novanta) è stata una figura importante soprattutto perché era l’amministratore della filiale italiana della multinazionale farmaceutica Merck Sharp & Dohme

 “Il Barone Frati
 Primo Di Nicola & Marco Lillo
 L’Espresso (12/01/2007)

Notizia dell’ultima ora è la nomina di Giacomo Frati a docente ordinario. Coerentemente, Luigi Frati è un altro di quelli che si riempie la bocca di “meritocrazia”, con una faccia di tolla difficilmente eguagliabile neanche dal più spericolato degli spergiuri.
Un altro a cui la riforma Gelmini sembra piacere molto è il rettore dell’Università Roma-2 di Tor Vergata, il prof. Renato Lauro:

«Non approvare la riforma dell’università sarebbe un passo indietro gravissimo. Non si potrebbero fare concorsi e non ci sarebbe la riduzione dei tagli» 
 (02/12/2010)

 Medico personale di Angelo Balducci, il magnifico Lauro appartiene alla nutrita schiera di quelli che tengono famiglia. Pertanto ha piazzato nella “sua” università la moglie, il figlio e pure un paio di nipoti…dalla Sicilia con ardore!
L’ultima assunta, in extremis prima dell’approvazione del ddl, è Paola Rogliani: la moglie del figlio Davide. Alla vicenda Il Corriere della Sera dedica una gustosa intervista: QUI, mentre Il Messaggero di Roma lo affonda con un’altra bordata micidiale in onore dell’ennesima parentopoli romana (QUI).

L’ATENEO AZIENDA
 E del resto perché la riforma non dovrebbe piacere ai rettori degli atenei?!?
Con l’approvazione del ddl infatti i rettori si vedranno trasformati praticamente in supermanager (il cui mandato avrà un max. di 8 anni) con poteri quasi illimitati e la possibilità diretta di gestire fondi e appalti universitari, con gli istituti collegati. Il valore culturale diventa secondario; la formazione didattica una variabile dipendente. Gli atenei in tutto e per tutto si configurano come società private e come tali organizzate:

Art. 2
(Organi e articolazione interna delle università)

Le università statali, nel quadro del complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a modificare i propri statuti in materia di organi (…) secondo princìpi di semplificazione, efficienza ed efficacia, con l’osservanza dei seguenti vincoli e criteri direttivi:
 a) previsione dei seguenti organi:
   1) rettore;
   2) senato accademico;
   3) consiglio di amministrazione;
   4) collegio dei revisori dei conti;
   5) nucleo di valutazione;
 b) attribuzione al rettore della rappresentanza legale dell’università e delle funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche; della responsabilità del perseguimento delle finalità dell’università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei princìpi di efficacia, efficienza, trasparenza e meritocrazia; della funzione di proposta del documento di programmazione strategica triennale di ateneo.

Tra le novità c’è l’introduzione di un vero e proprio CdA aziendale che affianca ed integra le competenze del senato accademico, con mansioni pressoché equipollenti ed una inevitabile sovrapposizione di ruoli. Tra i compiti del Consiglio di Amministrazione rientrano altresì:
le funzioni di indirizzo strategico;
l’approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale del personale (in pratica le spese per il pagamento degli stipendi);
vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività (i saldi di bilancio);
la competenza a deliberare l’attivazione o soppressione di corsi e sedi;
Quest’ultima costituisce una grave ingerenza nei confronti del Senato accademico e della libera didattica, a maggior ragione che il CdA non è un organo elettivo e nulla ha a che vedere con la ricerca.

Il Consiglio di Amministrazione
 I membri del CdA, per un massimo di 11 componenti (compreso il rettore ed una rappresentanza degli studenti) viene reclutato:

“mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un’esperienza professionale di alto livello; non appartenenza ai ruoli dell’ateneo”

Se è vero che il nuovo CdA si occuperà prevalentemente di amministrazione contabile e gestione di bilancio, escludendo quindi docenti e personale accademico, è anche vero che può mettere bocca sull’organizzazione e sull’offerta didattica, decidendo la chiusura di istituti e corsi, utilizzando come unico parametro la contabilità finanziaria. In questa prospettiva, ne consegue che istituti di eccellenza come ad esempio “Lingue Orientali”… “Semiologia”… “Filosofia ermeneutica”… che non vantano certo migliaia di iscritti, potranno essere chiusi per una mera questione di calcolo.
Per evitare i conflitti di interesse, si ricorre alla competenza di esperti “esterni”, ma il rettore dell’ateneo può diventare presidente del CdA, come se fosse immune da interessi particolari (e personali). Un controsenso che piace molto (come è ovvio) ai diretti interessati.
La svolta aziendalistica viene ulteriormente rafforzata dalla:

“sostituzione della figura del direttore amministrativo con la figura del direttore generale, da scegliere tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali; conferimento da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, dell’incarico di direttore generale, regolato con contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile”

Nell’ideologia efficientista che pervade la ‘riforma’ null’altro interessa all’infuori dell’esperienza dirigenziale del direttore che del resto dovrà occuparsi “della complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo”.
È interessante invece notare come il rettore universitario, ormai avviato all’onnipotenza, può scegliersi altresì il direttore generale oltre a presiedere il CdA.

Il Collegio dei Revisori contabili
 La composizione di un collegio di revisori dei conti è forse l’unica, vera, novità positiva della ‘riforma’ che prevede:

“un numero di tre componenti effettivi e due supplenti, di cui un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato; uno effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell’economia e delle finanze; uno effettivo e uno supplente scelti dal Ministero tra dirigenti e funzionari del Ministero stesso; nomina dei componenti con decreto rettorale; durata in carica per quattro anni; rinnovabilità dell’incarico per una sola volta e divieto di conferimento dello stesso a personale dipendente della medesima università; iscrizione di almeno due componenti al Registro dei revisori contabili.”

Il Nucleo di valutazione
 È questa l’entità che nelle intenzioni del Legislatore (Tremonti-Brunetta) dovrebbe espletare le funzioni di controllo e certificazione qualità. Un po’ come gli ispettori aziendali.

Il nucleo di valutazione [sarà composto] con soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all’ateneo; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell’ateneo

Compito del coordinatore è la “verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica”, insieme alla valutazione dell’attività di ricerca svolta nei singoli dipartimenti.
La struttura di controllo si dovrebbe chiamare ANVUR: Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca. E naturalmente opererà “secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale”.
Peccato che il sedicente “nucleo di valutazione” sia in realtà una scatola vuota, ancora in fase di costituzione e senza che siano state ancora codificate le linee guida alle quali dovrebbe attenersi l’Agenzia per le sue valutazioni.
L’ANVUR (ancora in fase di costituzione) dovrà attenersi dunque ad un sistema di valutazione dai criteri indefiniti (da stabilire ex post mediante decreto legislativo).

Senato accademico
 Per contenere le camarille baronali all’interno dell’università, il DDL vieta il cumulo delle cariche ai componenti del senato accademico (naturalmente con l’eccezione del rettore):

Divieto per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione di ricoprire altre cariche accademiche.
Divieto di rivestire alcun incarico di natura politica per la durata del mandato (rettore incluso).
Divieto di incarichi nel nucleo di valutazione o del collegio dei revisori dei conti di altre università italiane statali, non statali o telematiche; di svolgere funzioni inerenti alla programmazione, al finanziamento e alla valutazione delle attività universitarie nel Ministero e nell’ANVUR.

In compenso, tra i votanti passivi che contribuiscono all’elezione del Senato accademico vengono interdetti tutti gli studenti che abbiano superato il primo anno fuori corso. Perché la democrazia elettiva è una cosa bella, ma se ci partecipano in pochi è meglio.

Tu chiamala “meritocrazia” se vuoi…
 Con la scusa della “razionalizzazione dell’offerta formativa” (Art.3) invece si smantellano dipartimenti, si riducono facoltà e chiudono interi corsi di laurea, con una vera falcidia di ricercatori e personale a contratto. Questo perché l’accorpamento degli istituti e la fusione delle università comporta necessariamente un ridimensionamento del ‘personale’ che va razionalizzato (licenziato), esattamente come avviene nelle fusioni aziendali, a prescindere dalle competenze e dai ruoli. È naturale che ad essere tagliati via non saranno i vecchi “baroni” coi loro contratti blindati a tempo indeterminato, ma i giovani ricercatori precari coi loro contratti a tempo (e da fame) con inevitabili conseguenze a ribasso sulla ricerca e sull’attività didattica. Certo il provvedimento sarà fondamentale per bloccare la cosiddetta “fuga dei cervelli all’estero”. Ma abbiamo già visto come gli aspetti culturali e formativi siano tra le ultime preoccupazioni della ‘riforma’ Gelmini, il cui unico scopo è fare cassa e giustificare il blocco dei finanziamenti.

“La federazione ovvero la fusione ha luogo sulla base di un progetto contenente, in forma analitica, le motivazioni, gli obiettivi, le compatibilità finanziarie e logistiche, le proposte di riallocazione dell’organico e delle strutture in coerenza con gli obiettivi.
(…) I fondi risultanti dai risparmi prodotti dalla realizzazione della federazione o fusione degli atenei possono restare nella disponibilità degli atenei stessi purché indicati nel progetto e approvati dal Ministero.
(…) Le disposizioni si applicano anche a seguito dei processi di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa e della conseguente disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate.”

In tutto ciò, non si comprendono bene i vantaggi per gli studenti universitari, per i quali è però previsto un articolato programma di valorizzazione con l’istituzione di un “fondo per il merito” (Art.4) che contempla premi di studio e buoni, ma riservati solo agli iscritti del primo anno:

«È istituito presso il Ministero un fondo speciale, di seguito denominato “fondo”, finalizzato a promuovere l’eccellenza e il merito fra gli studenti individuati, per gli iscritti al primo anno, mediante prove nazionali standard e, per gli iscritti agli anni successivi, mediante criteri nazionali standard di valutazione.»

Da dove trae l’università i finanziamenti per garantire i bonus agli “studenti meritevoli”? Ma è chiaro! Siccome lo Stato, coi ministeri competenti, non sgancia un centesimo si confida nel buon cuore dei “privati”.

«Il fondo è alimentato con versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati, nel rispetto delle finalità del fondo, a specifici usi.»
 
(Art.4; comma VII)

«Il Ministero [dell’Università], di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, promuove, anche con apposite convenzioni, il concorso dei privati e disciplina con proprio decreto di natura non regolamentare le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del fondo, anche costituendo, senza oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo formato da rappresentanti dei Ministeri e dei donatori.»

 (Art.4; comma VIII)

L’unico risultato concreto è che non solo sarà impossibile calcolare l’entità reale delle erogazioni, ma che gli studenti (in assenza di fondi certi) vedranno messa in seria discussione anche l’assegnazione delle attuali borse di studio.

«Il Fondo può essere integrato dai singoli atenei anche con una quota dei proventi delle attività conto terzi ovvero con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti privati»

 (Art.9 – Fondo per la premialità)

In pratica è l’ingresso dei famosi sponsor privati nei collegi universitari, che chiaramente non erogano finanziamenti disinteressati ed a tasso zero.

UNITÀ DI PRODUZIONE
 Lo studente cessa di esistere in quanto tale, per trasformarsi in una sorta di unità produttiva alla quale conferire un valore d’uso. Nell’Art.5, che stabilisce le deleghe in materia di interventi per la stabilità di bilancio e l’organizzazione degli atenei, si contempla pure:

«l’introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l’università, cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di fondo di finanziamento ordinario»

Dall’estremismo efficientista al mercato delle vacche!
Invece per gli atenei in passivo di bilancio, come le regioni insolventi o le aziende in dissesto, verranno approntati dal Ministero dell’Economia appositi “piani di rientro finanziario”, fino alla disposizione del “commissariamento” delle università (di nomina governativa), alla faccia dell’autonomia…

Intendiamoci! Non è che la riforma sia del tutto priva di spunti interessanti ed in parte condivisibili.  Non  dimentichiamo certo che  l’attuale sistema universitario con le sue carenze, gli sprechi, e le sacche parassitarie più o meno clientelari è quasi indifendibile. E crediamo nessuno voglia mantenere immutata la situazione attuale, che ottimale proprio non è.
Ben venga dunque un tentativo di intervento che introduca una nuova disciplina dei rinnovi contrattuali e soprattutto un controllo più stringente su spese e gestioni di bilancio.
Ben venga una riorganizzazione delle assunzioni e dei concorsi, che non sia però preclusiva, che contempli davvero una valorizzazione ed un’opportunità per i talenti migliori.
E pur tuttavia la politica dei tagli indiscriminati, la leggenda metropolitana dei “Privati” che finanziano la Cultura e l’Università sopperendo alle carenze del “Pubblico”, le ‘sussidiarietà’ a tutto vantaggio delle strutture private senza alcuna contropartita, la parificazione delle università telematiche con l’incredibile caso del CEPU, sono aspetti quanto meno ambigui di una “riforma” blindata che non prevede verifiche né approfondimenti. L’ennesima prova muscolare di una compagine di potere che fa della provocazione una costante, criminalizza gli studenti (che della riforma sono parte integrante), e interpreta ogni possibile revisione o modifica al testo come un intollerabile cedimento dinanzi al ‘nemico’.
Chi semina vento, raccoglie tempesta..!

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Il Moschettiere del Re

Posted in Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 9 novembre 2008 by Sendivogius

 

moschettiereLA NERA CICALA

 

A Roma in queste ore campeggiano manifesti firmati dal Pd con la mia foto e su scritto ‘vergogna’. E’ uno stile più da Brigate Rosse che da partito democratico. Indicare un obiettivo con una foto in un momento in cui nelle piazze ci sono tensioni è irresponsabile. Sono più stupito che preoccupato da questi allievi di Goebbels e Stalin

(Maurizio Gasparri, Capogruppo PdL al Senato)

 

Infatti l’indignato Gasparri si attiene ai rigori della tradizione: lui è fedele solo alla memoria del Duce quale modello d’ispirazione, giacché “Il fascismo non è la parentesi oscura della storia” (2002).

Tra i nostalgici del glabro Mascellone, l’incontenibile Gasparri è solito distinguersi per i suoi preziosi contributi alla dialettica democratica e per l’attenta sensibilità che da sempre tempera la sua infiammante verbosità. Moralizzatore tra i moralizzatori, è finalmente pronto a colmare un antico trittico mussoliniano, rimasto troppo a lungo incompiuto, tra le sbiadite figure di Achille Starace “il cretino obbediente” e Giovanni Giuriati “l’austero fesso”. Purtroppo, Maurizio Gasparri non è austeroobbediente e, come tutti i dipendenti troppo zelanti, tende a strafare. Avvezzo alla mannaia più che al fioretto, la sua spada è la lingua che proprio non riesce a tener ferma. Instancabile imperversa con la persistenza molesta di uno sciame di zanzare. Esteta dell’invettiva, il Gasparri-pensiero travolge ogni ramo dello scibile come un torrente in piena, scorrendo in libertà con un profluvio di parole che sembra non conoscere limiti né pudori. Pronto ad esplodere fragoroso con la grazia di un peto ad un pranzo di gala, è l’ossesso indefesso dell’oltranzismo presenzialista. Nell’esercito dei portavoce a stipendio, è il mazziere che guida la fanfara dei cicisbei all’unto Cavalier serventi, insieme all’immarcescibile Fabrizio Cicchitto suo alter ego alla Camera. flicfloc-gasparricicchitto

Indimenticato Sottosegretario agli Interni nel 1994, Gasparri dà il meglio di sé nel 2004 quando, in qualità di Ministro delle Comunicazioni, regala a padron Silvio (ed al Paese tutto) la sua omonima legge. Vagliata con procedura di infrazione alle regole comunitarie, la Legge Gasparri è stata bocciata dalla bolscevica Unione Europea (alla quale l’Italia ancora aderisce), per l’occupazione abusiva delle frequenze di Stato da parte di Rete 4. La stessa UE, a luglio 2007 dà 2 mesi di tempo all’Italia per correggere le presunte storture della legge Gasparri sulla parte relativa al digitale terrestre. La richiesta di proroga del governo italiano è stata respinta, ciò vuol dire che con le regole in vigore lo Stato Italiano (e cioè noi tutti) dovrà pagare, a partire da gennaio 2009 e con effetto retroattivo al 2006, una multa di 300-400 mila euro al giorno. La stima iniziale di questa sanzione è tra 328,5 e 438 milioni di Euro. Non che la cosa abbia suscitato grandi preoccupazioni nel successivo governo Prodi o nella sua scalcinata maggioranza. E meno che mai nel Democratic Party de’ Noantri.

Coerentemente, declassato a capogrullo al Senato, Maurizio Gasparri invita a non pagare il canone RAI “che impedisce la libertà e la democrazia”. Uomo del fare, promette l’avvio di “una campagna contro la Rai delle guardie rosse che ha avuto un comportamente inaccettabile e che dovrà essere immediatamente stroncata dai vertici dell’azienda(24 Ottobre 2008 – Agi).

Oggetto dell’indignazione del Gasparri furioso è lo “stalinista” Santoro, reo di aver impedito il solito comizietto dell’ennesimo replicante del verbo berlusconiano, il solo realmente consentito (oltre, naturalmente, ai dispacci dei questurini: la voce della libertà).

La stessa sobrietà e ossequioso rispetto democratico si può naturalmente ravvisare nei confronti di tutti quei facinorosi irriducibili che si ostinano a manifestare contro l’intoccabile Decreto Gelmini: Quanto sta accadendo a Roma e in tante altre città d’Italia è vergognoso”, precisando che “non si è mai vista contestazione più ridicola, più bugiarda, e più manovrata dai partiti”. Altro? Sì certo! Si tratta di provocatori “istigati dai mestatori del Partito Democratico” e con coraggio denuncia i “vergognosi episodi di intolleranza”. Ovviamente Gasparri non si riferisce ai bastonatori fascisti di Piazza Navona, ma a “questa sinistra delle menzogne e della violenza fisica e verbale” che si augura sia definitivamente smascherata”. Presupponiamo che stia parlando della “natura criminogena della sinistra” (Ansa – 18 Ottobre 2008). Soprattutto non poteva mancare l’immancabile definizione di “coglioni” rivolta ai giovani contestatori, in omaggio allo stile aulico e raffinato del Cavaliere Nero di Arcore.

Del resto, Gasparri ha una predilezione particolare per il mondo accademico, il libero pensiero, ed il diritto di critica: “Dopo lo sconcio della Sapienza di Roma ci attendiamo che vengano assunte iniziative per allontanare dall’ateneo i professori ancora in servizio che hanno firmato quel vergognoso manifesto. Questa dimostrazione di intolleranza non può restare priva di conseguenze” (16/01/08 – in occasione dell’opposizione universitaria al monologo papale per l’inaugurazione dell’anno accademico). Uomo d’ordine, il democraticissimo Gasparri consiglia sempre la stessa ricetta: “Epurare”; “Reprimere”; “Rimuovere”; “Punire”.

Ma Gasparri è altresì padre responsabile e genitore amorevole, perciò è molto comprensivo nei confronti dei ragazzi di sinistra, vittime innocenti di “genitori sconsiderati”. Si tratta dei “figli intossicati da cattivi genitori dal cervello bruciato dalla droga e dalle bugie” (18 Ottobre ’08 – Ansa).

Uomo delle Istituzioni, è anche un attento cerimoniere di corte: “Il CSM è una cloaca!” (18 Luglio 2008 – Intervistato su Radio Radicale).

Perciò proprio non si capisce la barbarie leninista con cui è stato attaccato il raffinato Maurizio Gasparri. che in fondo aveva semplicemente alluso ad una presunta collusione del nuovo presidente USA (l’è un negher!) con i terroristi di Al Qaeda. Su tutte, riportiamo la solidarietà del compagno Cicchitto:

Un manifesto incredibile con tanto di fotografia per indicare un bersaglio da colpire. Un manifesto di autentica barbarie che può provocare pericolosissime conseguenze. Il Pd deve solo vergognarsi e dovrebbe chiedere scusa”.

gasparri-on-liberthalia Nel 1296 Edoardo I Plantageneto, re d’Inghilterra, a chi gli faceva notare i rischi connessi con una guerra contro gli scozzesi, rispose: bon besoigne fait qy de merde se delivrer.  

Non prendiamocela perciò col suscettibile Gasparri, La quantità delle sue dichiarazioni è inversamente proporzionale alla qualità dei contenuti, dove le idee (poche e confuse) si perdono in un chiasmo crescente, crepitando nel calderone ribollente dell’iperbole linguistica e della provocazione semantica in una cacofonia inesauribile di castronerie, rumorose esternazioni e imbarazzanti puntualizzazioni. Un trionfo futurista.

Perciò sarà il caso di salutare virilmente lo scoppiettante Maurizio Gasparri con un futuristico vaffanculo.

 

Il Sindaco delle Meraviglie ( II )

Posted in Roma mon amour, Stupor Mundi with tags , , , , , , , , , , , , , , on 4 ottobre 2008 by Sendivogius

 

“C’era a Roma un cinese in coma”

 

Per fortuna il sig. Tong Hongshen in coma non è mai entrato, a dispetto del titolo parafrasato dal cinema di Verdone. Il muso giallo è stato eletto a provvisorio compagno di giochi da una banda di ragazzini di Tor Bella Monaca, quartiere della periferia sud-est di Roma. Un simpatico diversivo per scacciare la noia dei giovani razzisti in erba (14-17 anni), in cerca di emozioni a buon mercato.

Tong Hongshen è un immigrato cinese di 36 anni, con regolare permesso di soggiorno. Il 2 Ottobre, Tong era fermo alla fermata in attesa del bus, in pieno giorno. Ad inchiodare la baby gang alle sue responsabilità è stata la testimonianza di Fernando Vendetti, consigliere di AN per l’VIII Municipio di Roma. Il sindaco Gianni Alemanno ha tuonato contro l’aggressione con parole di fuoco, invocando la massima severità e pene esemplari qualora “dovesse essere confermato il movente di natura razzista”. Il giorno dopo l’aggressione, nonostante le roboanti dichiarazioni degli alfieri tricolore della zero tolerance, la faccenda sembra destinata a concludersi velocemente a tarallucci e vino con tanto di ricevimento in Campidoglio: lacrime e moccoloni dei teppisti ritornati bimbi (un pò troppo vivaci), un buffetto da parte dei Vigili Urbani, cipiglio severo di facciata ed un pizzico di bonarietà. Siate comprensivi… so’ regazzetti de borgata! Coattate da pischelli.

Durante la campagna elettorale, agitando lo spettro della paura, Alemanno si è presentato ai suoi elettori nei panni del liberatore venuto a redimere la città, schiacciata sotto il peso dell’insicurezza diffusa frutto del degrado e di una criminalità incontrollata che ci raggiunge fin dentro la pace delle nostre abitazioni . Toni apocalittici da invasioni barbariche. In pratica, l’arrivo di Wyatt Earp a Dodge City: gli mancava solo lo spolverino sulle spalle e la colt nel cinturone.

I professionisti della paura, i cultori di Phobos, hanno lucrato sulla sua coltivazione strumentale. Con cura, ne hanno concimato i semi su terreno già fertilissimo… La creazione dell’emergenza come strumento di legittimazione e rendita elettorale per politicanti senza scrupoli. L’insicurezza come ossessione di massa. Il crimine deformato da fenomeno sociale a infezione virale da contagio xenobio. Lo straniero come untore e veicolo di infezione. La repressione usata come strumento propagandistico per la raccolta dei consensi. È stata un’ottima mietitura. Ma la paura si autoalimenta della sua stessa percezione, rinsaldando le radici dell’odio nella mala pianta dell’intolleranza, i cui frutti maturano sempre più precoci e rigogliosi. Tuttavia si tratta sempre di frutti avvelenati.

Ritornando a Roma, ora che Alemanno è diventato sindaco, naturalmente, la città è ritornata ad essere prospera e sicura. Ed ha un bello sbracciarsi il povero Gianni nel richiamare all’ordine i suoi camerati, che si sentono investiti della stessa missione salvifica, e ricacciare nello stomaco i gas mefitici di una sottocultura razzista e reazionaria cinicamente utili ai fini dell’elezioni ma pessimi per l’amministrazione della città. Certe tossine, una volta sprigionate, sono difficili da neutralizzare.

Gli assalti ai negozi cingalesi dei giustizieri del Pigneto.

Il raid squadrista dei picchiatori di Forza Nuova all’università La Sapienza, che dopo essere stati ignominosamente respinti dagli studenti dei Collettivi, andavano a frignare su tutte le TV per bocca dell’immarcescibile Roberto Fiore, (ex) terrorista di Terza Posizione.

Le continue lezioni di machismo impartite agli irriducibili frocetti che si ostinano a frequentare il “Coming out”, locale gay della Capitale.

L’accoltellamento di tre militanti di sinistra di ritorno da un concerto in ricordo di Renato Biagetti, a sua volta ammazzato a Focene, sempre dopo una manifestazione musicale, dalle solite rasate teste di cazzo.

Il pestaggio di un venditore di bibite (l’ennesimo negro di merda) sulla spiaggia di Ostia, nella più totale indifferenza dei bagnanti.

I continui sfregi sulle lapidi dei trucidati alle Fosse Ardeatine.

Ultime di una lunga serie, le scritte antisemite che al quartiere Prenestino sembrano aver trovato un nuovo bersaglio: Anna Frank. Non c’è limite all’infamia!

Questo è solo un piccolo elenco tanto per citare i fatti più eclatanti.

Alemanno condanna, strepita, si indigna, ma al contempo nicchia a Salò, precisa e si distingue. La realtà è che intanto a Talenti, quartiere di Roma nord-est, da giorni campeggia un grande striscione, con tanto di picchetto d’onore, con la scritta: “Talenti Fascista”. Anche se ricordarlo non è più molto di moda, l’esaltazione del fascismo è (ancora) apologia di reato, ma l’applicazione della legge non sembra riguardare minimamente i nostri osannati tutori dell’ordine, nè mi risulta che la cosa abbia mai turbato i sonni di quegli amministratori e politici, i quali (a parole) si professano tutti “antifascisti” ortodossi. Alemanno non si dissocia, non condanna, non esterna. Tace. Fino al prossimo pestaggio o peggio.

 

  P.S.  È stato oggi reso pubblico un’altro simpatico eventi avvenuto all’areoporto di Ciampino, dove una donna somala di 51 anni, Amina Sheikh Said, sposata con un italiano, al suo ritorno da Londra è stata dapprima fermata con l’accusa di rapimento di minori (viaggiava coi nipoti), poi sospettata di traffico internazionale di stupefacenti. “Invitata” (immaginiamo con grande cortesia) a denudarsi dagli agenti per sottoporsi ad ispezione ispezione anale e vaginale, la solita negra si è rifiutata di sottostare al controllo corporalle e pare che, con condivisibile gesto di stizza, abbia tirato i propri vestiti contro gli agenti addetti alla perlustrazione interna. Naturalmente la signora è stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale. Condotta nuda in ospedale, dopo essere stata imballata col cellophane, per controlli radiologici, la negra è risultata pulita. Nel senso che non era un corriere della droga s’intende! È ormai opinione assodata che “sporchi” i negri lo siano per principio.

Ah! Naturalmente Alemanno condanna “l’atto scellerato”.