Archivio per Islam

TABULA RASA

Posted in Business is Business, Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 1 giugno 2019 by Sendivogius

Quello che vi proponiamo è un articolo risalente al 2017 di Michel Onfray, saggista, filosofo, ed esponente “post-anarchico” della gauche francese, che ha il pregio di rompere l’afasia asfittica delle gabbie semantiche, nelle quali troppo spesso la “sinistra” ama imprigionare se stessa; di fatto negando quelle realtà che non sfuggono assolutamente alla sua comprensione logica, ma che risultano in contraddizione coi nuovi schemini cognitivi mutuati dal politicamente corretto, con tutto il suo stucchevole glossario di ipocrisie polisemiche. La conseguenza è che determinate ‘discordanze’ vanno semplicemente rimosse, per non disturbare la sua narrazione ideologica su conformismo ecumenico, nel terrore di non sembrare abbastanza ‘buoni’, salvo sorprendersi dell’evidente crisi di rappresentatività in un costante scollamento sociale.
 Michel Onfray, con poche ed incisive parole, illustra perfettamente (da sinistra) ciò che a ‘sinistra’ sanno benissimo ma che preferiscono non dire. Ed inserendosi nel solco di un’intelligente revisione critica di certo “multiculturalismo”, che nella migliore delle definizioni si è rivelato un clamoroso errore di valutazione, e che (finalmente!) sta mettendo radici anche a ‘sinistra’, spiega assai meglio di tanti altri zuccherosi commentatori i prodromi all’origine dell’ascesa del sovranismo populista…

«Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, seguita nel 1991 dal crollo dell’Unione Sovietica e del blocco dell’Est (riguardo al quale si è poi scoperto che, lungi dall’essere un’implacabile macchina di guerra, altro non era che una scenografia in cartapesta), il capitalismo ha potuto espandersi senza i controfuochi marxisti-leninisti. Ed è allora che si ebbe l’accelerazione atomica della globalizzazione.
Questa globalizzazione – voluta con tanto ardore dal capitalismo liberale più duro – ha trovato un alleato inaspettato nella sinistra liberale e in seguito, ancor più paradossalmente, nella sinistra anti-liberale. Il mercato odia le frontiere, disprezza il locale e ciò che ha messo radici, combatte una guerra spietata contro i paesi, riempie di merda le nazioni, orina contro i popoli, e ama soltanto i flussi multiculturali che abbattono le frontiere, sradicano il mondo, devastano ciò che è locale, spaesano i paesi, fustigano le nazioni, diluiscono i popoli a esclusivo beneficio del mercato, l’unico a contare e a dettare legge – la definizione chimicamente pura del liberalismo.
Il capitale vuole l’abolizione delle frontiere per porre fine una volta per tutte a ciò che nell’ambito delle nazioni e dei paesi è stato ottenuto con secoli di lotta sociale. Lo Stato Tale prevede una sicurezza sociale, offre scuole gratuite, il pensionamento a un’età decorosa, un equo diritto del lavoro, un potere sindacale forte, una sinistra che ha a cuore l’autentico progresso sociale – e non un progresso sociale soltanto ipotetico, il cui orizzonte non oltrepassabile si trova nell’affitto dell’utero di donne indigenti a beneficio di coppie ricche, autentico progetto liberale di commercializzazione dei corpi.
Nel frattempo, lo Stato Talaltro si fa beffe delle tutele sociali e pratica la medicina con due pesi e due misure, o quella dei poveri o quella dei ricchi; dispone di un sistema di istruzione, certo, ma a misura di genitori facoltosi in grado di pagare le rette per la loro progenie e privo di utilità per i genitori indigenti; ignora i limiti dell’orario di lavoro e fa sgobbare i lavoratori tutta la giornata, tutta la settimana, tutta la vita, come ai tempi della schiavitù; non conosce il codice del lavoro e trasforma gli operai, gli impiegati, i salariati, i proletari, i precari, gli stagisti in soggetti sottomessi, che devono sobbarcarsi ogni tipo di corvè.
La Russia che si avvicina agli Stati Uniti che rompono con il Messico. L’Inghilterra che si allontana dall’Europa che riallaccia con l’Africa. Mentre l’Australia diventa una megacolonia cinese. Planetario dei cambiamenti globali con il nuovo inquilino della Casa Bianca
Quel che vuole il capitale, il capitalismo, il liberalismo, nella sua versione di destra come nella sua versione di sinistra, è la diffusione del secondo modello e, a tal fine, la scomparsa del primo. Da qui la sua ideologia che prevede l’abolizione delle frontiere, degli stati, delle tutele di qualsiasi tipo, simboliche, reali, giuridiche, legali, culturali, intellettuali.
Non appena viene meno tutto ciò che protegge i deboli dai forti, questi possono disporre dei deboli a loro piacere e i deboli possono essere terrorizzati dal fatto di trovarsi in costante concorrenza, possono essere sfruttati con posti di lavoro precari, maltrattati con contratti a tempo determinato, imbrogliati con gli stage di formazione, minacciati dalla disoccupazione, angosciati dalle riconversioni, messi kappaò da capetti che giocano anche con i loro stessi posti di lavoro. Il mercato detta legge.
Giocando la carta del liberalismo, la sinistra al governo spinge nella medesima direzione del capitalismo con i suoi banchieri. Giocando la carta dell’antiliberalismo, la sinistra definita radicale spinge nella medesima direzione del capitalismo con i suoi banchieri. Perché il capitalismo vuole l’abolizione delle frontiere affinché si crei un grande mercato libero, nel quale a dettar legge sia solo la “libera concorrenza, non quella fasulla”, una volta con la sinistra liberale, un’altra con la sinistra antiliberale.
Queste due modalità d’azione della sinistra hanno gettato il popolo che io chiamo old school alle ortiche: non ci sarebbero più operai, impiegati, proletari, poveri contadini, ma soltanto un popolo-surrogato, un popolo di migranti in arrivo da un mondo non giudeo-cristiano, con i valori di un Islam che, assai spesso, volta le spalle alla filosofia dei Lumi. Questo popolo-surrogato non è tutto il popolo, ne è soltanto una parte che, però, non deve eclissare tutto ciò che non è.
Ebbene, il proletariato esiste ancora, e così pure gli operai, e anche gli impiegati, per non parlare dei precari, più importanti che mai. La pauperizzazione analizzata così bene da Marx è diventata la vera realtà del nostro mondo: i ricchi sono sempre più ricchi e sempre meno numerosi, mentre i poveri sono sempre più poveri e sempre più numerosi.
Se nell’ambito dell’Europa si pratica l’islamofilia empatica, fuori dalle sue frontiere il liberalismo che ci governa pratica un’islamofobia militare. Al potere, in Francia, la sinistra socialista ha rinunciato al socialismo di Jaurès nel 1983 e in seguito, nel 1991, ha rinunciato al pacifismo del medesimo Jaurès prendendo parte alle crociate decise dalla famiglia Bush, che così ha dato all’apparato industriale-militare che lo sostiene l’occasione di accumulare benefici immensi, conseguiti grazie alle guerre combattute nei paesi musulmani.
Queste guerre si fanno nel nome dei diritti dell’uomo: di fatto, si combattono agli ordini del capitale che ha bisogno di esse per dopare il suo business e migliorarne artificialmente le prestazioni. Usare armi significa poterne costruire e immagazzinare altre, ed è anche l’occasione per i mercanti di cannoni di collaudare a grandezza naturale nuovi armamenti e garantirsene la pubblicità presso i paesi che li acquistano. Infine, muovere guerra significa che gli imprenditori avranno la possibilità di ricostruire i paesi da loro stessi devastati ricavandone introiti smisurati.
Se per caso i diritti umani fossero la vera motivazione alla base degli interventi militari degli americani e dei loro alleati europei, tra cui la Francia, per quali motivi non si dovrebbe dichiarare guerra ai paesi che violano i diritti dell’uomo, come Arabia Saudita, Qatar, Cina, Corea del Nord e tanti altri distintamente citati nei rapporti ufficiali di Amnesty International?
Queste guerre americane sono nuove forme di guerre coloniali che, come quelle che le hanno precedute, prendono a pretesto nobili motivazioni: esportare i Lumi occidentali, tra cui la democrazia, in un mondo che li ignora. Lottare contro l’oscurantismo dei talebani, contro la dittatura di Saddam Hussein, contro la tirannia di Gheddafi: sono tutte motivazioni più nobili che dichiarare chiaro e tondo che si va in guerra per saccheggiare le ricchezze del sottosuolo, per confiscare l’oro del Tesoro di una nazione, per assumere il controllo geostrategico delle basi militari, per perlustrare e tenere d’occhio quelle regioni a fini di intelligence, ma anche per sperimentare armi letali e piani di guerra a grandezza naturale che potrebbero costituire una forma di preparazione della repressione di eventuali insurrezioni urbane nei loro stessi paesi.
Queste false guerre per la democrazia, che di fatto sono vere e proprie guerre coloniali, prendono dunque di mira le comunità musulmane. Dal 1991 hanno provocato quattro milioni di morti – vorrei che si leggesse bene questa cifra: quattro milioni di morti – tra le popolazioni civili dei paesi coinvolti. Come si può anche solo immaginare che l’umma, la comunità planetaria dei musulmani, non sia solidale con le sofferenze di quattro milioni di correligionari?
Di conseguenza, non ci si deve stupire se in virtù di quella che Clausewitz definì la “piccola guerra”, quella che i deboli combattono contro i forti, l’Occidente gregario della politica statunitense si trova adesso esposto alla reazione che assume la forma di terrorismo islamico. La religione continua a essere “l’oppio dei popoli” e l’oppio è tanto più efficace quanto più il popolo è oppresso, sfruttato e, soprattutto, umiliato. Non si umiliano impunemente i popoli: un giorno quei popoli si ribelleranno, è inevitabile. E la cultura musulmana ha mantenuto potentemente quel senso dell’onore che l’Occidente ha perduto.
Alcuni, quindi, ricorrono al terrorismo. Con semplici taglierini acquistati al supermercato, alcuni terroristi riescono a far schiantare due aerei contro le Torri Gemelle, mettendo così in ginocchio gli Stati Uniti, ai quali non resta che ammettere – proprio loro, uno dei paesi più militarizzati al mondo – che la loro sofisticata tecnologia, i loro aerei invisibili e le loro navi, le loro bombe nucleari, nulla possono per fermare tre individui armati di lame taglienti come rasoi e determinati a morire nel loro attentato.
In reazione alla privazione della dignità, altri utilizzano le elezioni: il ritorno del popolo alle urne è una risposta alla bassezza di questo mondo capitalista e liberale che è impazzito. Dalla caduta del Muro di Berlino, le ideologie dominanti hanno assimilato la gestione liberale del capitalismo all’unica politica possibile.
L’Europa di Maastricht è una delle macchine con le quali si impone il liberalismo in maniera autoritaria, ed è un vero colmo per il liberalismo… Negli anni Novanta, la propaganda di questo Stato totalitario maastrichtiano ha presentato il suo progetto asserendo che esso avrebbe consentito la piena occupazione, la fine della disoccupazione, l’aumento del tenore di vita, la scomparsa delle guerre, l’inizio dell’amicizia tra i popoli.
Dopo un quarto di secolo di questo regime trionfante e senza opposizione, i popoli hanno constatato che ciò che era stato promesso loro non è stato mantenuto e, peggio ancora, che è accaduto esattamente il contrario: impoverimento generalizzato, disoccupazione di massa, abbassamento del tenore di vita, proletarizzazione del ceto medio, moltiplicarsi di guerre e incapacità di impedire quella dei Balcani, concorrenza forzata in Europa per il lavoro.
A fronte di questa evidenza, il popolo dà cenno di ritorno. Per il momento si affida a uomini e donne che si definiscono provvidenziali. Il doppio smacco di Tsipras con Syriza in Grecia e di Pablo Iglesias con Podemos in Spagna mostra i limiti di questa fiducia nella capacità di questo o quello di cambiare le cose restando in un assetto di politica liberale. Anche Beppe Grillo e i suoi Cinque Stelle invischiati negli scandali a Roma vivono un flop di egual misura.
La Francia, che nel 2005 ha detto “no” a questa Europa di Maastricht, ha subito una sorta di colpo di Stato compiuto dalla destra e dalla sinistra liberale che, nel 2008, hanno imposto tramite il Congresso (l’Assemblea nazionale e il Senato) l’esatto contrario di ciò che il popolo aveva scelto. Mi riferisco al Trattato di Lisbona ratificato da Hollande e partito socialista e da Sarkozy e il suo partito. Gli eletti del popolo hanno votato contro il popolo, determinando così una rottura che ora si paga con un astensionismo massiccio o con decine di voti estremisti di protesta.
Altri paesi ancora che hanno manifestato il loro rifiuto nei confronti di questa configurazione europea liberale – mi riferisco a Danimarca, Norvegia, Irlanda, Svezia, Paesi Bassi – sono dovuti tornare a votare per rivedere le loro prime scelte. La Brexit è in corso e assistiamo in diretta a una sfilza di pressioni volte a scavalcare la volontà popolare.
A fronte della globalizzazione del capitalismo liberale, alle prese con le guerre neocoloniali statunitensi, davanti ai massacri planetari di popolazioni civili musulmane e a guerre che distruggono paesi come Iraq, Afghanistan, Mali, Libia, Siria, provocando migrazioni di massa di profughi in direzione del territorio europeo; a fronte dell’inettitudine dell’Europa di Maastricht, forte con i deboli e debole con i forti, il popolo sembra deciso a voler fare tabula rasa di tutti coloro che, vicini o lontani, hanno avuto una responsabilità precisa nel creare la terribile situazione nei loro paesi.
Una volta ottenuta questa tabula rasa, non è previsto che ci sia alcun castello nel quale riparare, perché è impossibile che vi resti un castello. A quel punto sembra che non ci resterà che un’unica scelta: la peste liberale o il colera liberale. O il contrario. Trump e Putin non potranno farci nulla. È il capitale a dettar legge. I politici obbediscono e i popoli subiscono

Homepage

Peace & Love

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , on 24 Maggio 2017 by Sendivogius

 E adesso su!  Cari bimbi buoni del politicamente corretto, dopo la strage di ragazzine a Manchester, l’ennesimo massacro di un annus horribilis, veniteci ancora una volta a raccontare la favoletta bella della “religione di pace”, del “gesto isolato” di un “lupo solitario” (meglio ancora, “un folle in cura per problemi psichici”). Che è tutta colpa della società tanto cattiva e sperticatamente negare che forse alcune “risorse” di specifica estrazione culturale hanno seri problemi non tanto con l’integrazione, ma con gli standard minimi di convivenza civile. E che non esiste un problema con una certa e ben specifica visione religiosa, che condiziona le più normali regole di condotta all’appartenenza di una “fede”, nello stato di guerra permanente contro tutte le altre. Sorvolate di norma sull’incompatibilità, oseremmo dire anche etica, e l’oscenità stragista di killer seriali di massa, che non sanno elevare se stessi oltre le perversioni di un medioevo barbarico, votato al culto della morte che nell’orgia del massacro indiscriminato ne eccita la sete di sangue.

«Prendiamo il Corano per esempio; questo libro abbietto è stato sufficiente a fondare una religione diffusa in tutto il mondo, a soddisfare il bisogno metafisico di infiniti milioni di persone per dodici secoli, a diventare la base della loro moralità e di un rimarcabile spregio della morte, e anche a ispirarle a condurre guerre sanguinose e ottenere grandi conquiste. In questo libro noi troviamo la più triste e miserabile forma di teismo. Forse si perde molto nella traduzione, ma non sono stato in grado di trovarvi una singola idea di valore

Arthur Schopenhauer
“Il mondo come volontà e rappresentazione”
(1819)

Deliziateci con la straordinaria saggezza di un profeta auto-investitosi di missione divina, autore di un testo primitivo, nell’accozzaglia di contraddizioni senza senso, che ne ispira gli orrori nel compiacimento perverso degli stessi…

«un mercante di cammelli che è capace di eccitare le sedizioni nel suo villaggio; che insieme ad alcuni sfortunati accoliti li persuade anche di essersi intrattenuto con l’angelo Gabriele; che si vanti di essere stato rapito in cielo e lì di aver ricevuto quel libro incomprensibile che fa fremere il senso comune pagina dopo pagina; che, per far rispettare quel libro, mette a ferro e fuoco la sua stessa patria; che sgozza i genitori, che rapisce le giovani, che concede ai vinti la scelta tra la conversione o la morte, è qualche cosa che nessun uomo può perdonare, a meno che non sia nato turco, e che la superstizione non abbia soffocato in lui anche l’ultimo ricordo delle leggi naturali

Voltaire
“Lettera a Federico II re di Prussia”
(25/12/1771)

BATACLAN

Su! Venite a declamarci il fiore delle mille e una notte della ragione, nel proliferare dei mostri. Eppoi però annatevene anche affanculo!

Homepage

SQUILIBRI

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , on 27 luglio 2016 by Sendivogius

funamboloSe un tempo c’era l’intellettuale organico, adesso abbiamo il giornalista pedagogico… 
Ieri come oggi, il loro compito non è informare, ma ‘formare’; non è divulgare, ma ‘educare’. Il risultato risiede in una brodaglia insulsa di patetismi riscaldati, caramellosi luoghi comuni, pensierini buoni e rifritti in padella, per una informazione equilibrata dove le cose non vengono mai chiamate con il loro vero nome.
Fu così che il terrorismo “islamico” cessò di essere tale, per diventare islamista (come se le due definizioni fossero distinte e separate); mentre la propaganda salafita che viene apertamente salmodiata in molte moschee dell’islam moderato, nelle quali costituisce la predicazione ordinaria, diventa jihadismo. E si continua via di questo passo, fino a raggiungere il capolavoro finale… gli assassini di massa, che al fondamentalismo islamico attingono a piene mani, diventano “squilibrati” finché la prova dei fatti non inchioda all’evidenza delle sue radici ‘culturali’ il fenomeno stragista.
Agi.itÈ successo a Nizza, quando in un primo momento s’era cercato di far passare il massacratore della Promenade per un folle dalle tendenze suicide, con disturbi mentali aggravati da problemi familiari, salvo poi fare la scoperta dell’acqua calda… E, anche dopo la strage, i media erano tutti preoccupati di spiegarci quanto il soggetto fosse ‘laico’ e promiscuo; senza capire che se davvero bastasse una settimana per “radicalizzarsi”, allora il problema sarebbe molto più grave di quanto già non sembri.

epa04331994 A protestor talks with riot police to try to calm the situation during clashes following a protest in support of Palestinians in Gaza, at Place de la Republique in Paris, France, 26 July 2014. The rally was banned by the government and police were deployed in order to prevent any trouble. EPA/ETIENNE LAURENT

Il copione si è ripetuto ad Ansbach, in Baviera, dove l’attentatore suicida era stato dapprima presentato come un povero depresso. E nessuno si è preoccupato di chiedersi come sia possibile introdurre taniche di benzina e tutto l’occorrente per confezionarsi in proprio un ordigno esplosivo, dentro un ostello per richiedenti asilo, senza che peraltro nessuno degli altri ospiti si sia dato la minima premura di denunciare la cosa al personale di servizio. Quando il buongiorno si vede dal mattino…
Moderate MuslimE si è provato a riproporlo anche nel caso di Saint-Etienne du Rouvray, dove le due capre mannare di turno, piombate in una chiesetta di provincia durante la consueta celebrazione liturgica, per sgozzare l’anziano curato quasi 90enne in quanto “cattolico” e quindi colpire gli “infedeli” nei loro luoghi più sacri, sono subito state accreditate dai media come “folli”. In realtà si trattava di promettenti baby terroristi in erba… 
Adel KermicheLa palma d’oro spetta sicuramente a RaiNews24 che per tutta la mattinata ha parlato di “due squilibrati”. Il fatto che questi agissero in coppia, con zucchetto islamico calcato sulla testa, e parlassero in arabo, non ha fatto sorgere nei solerti cronisti il benché minimo sospetto. Sopire, troncare… troncare, sopire.
Ovvio che si tratti di psicopatici, ma mai che si denunci senza reticenze l’ideologia di morte che ne sottende e ne ispira le azioni. E che ha connotati religiosi ben precisi, per quanto l’ammissione possa essere spiacevole. Alla lunga, questa reticenza diventa irritante. E l’eccesso di prudenza rischia di trasformarsi in pusillanimità.
ErdoganNiente infatti deve disturbare la splendida narrazione in corso che costruisce i suoi miti sulla favoletta bella di una sopravvalutata convivenza con un fantomatico islam aperto e tollerante, tanto sbandierata a sproposito nei salottini parolai dell’intrattenimento mediatico, che nella migliore delle ipotesi si traduce nell’applicazione dei principi del Tabligh e nell’auto-segregazione delle pie comunità, le quali certo non vogliono essere contaminate oltre lo stretto necessario dall’impuro contatto coi miscredenti. Ogni riferimento al fenomeno integralista, che non deve essere necessariamente violento o stragista, ma che c’è, esiste, ed è diffuso più di quanto non si voglia ammettere, va possibilmente diluito in una serie di circonlocuzioni dalle funamboliche pruderie semantiche, onde negare ogni possibile correlazione tra jihad, radicalismo fondamentalista, e islam. E lo si fa nella rimozione costante del problema che va edulcorato, depotenziato, nella sua dirompente e pervasiva pericolosità, ampiamente sottovalutata, per non urtare la suscettibilità degli Isl’Amici che altrimenti potrebbero offendersi. E per carità sia mai che qualcuno li sturbi!
Capre MannarePertanto, i fatti vengono sminuzzati, ritagliati, confezionati, onde disinnescare preventivamente l’effetto dirompente di sgradevolissime evidenze, troppo lontane da certe narrazioni glassate e così politicamente scorrette. Poi si possono fare tutti sociologismi che si vuole, ma il dato di fondo rimane, senza che ciò infici la realtà dei fatti.
Sono sempre gli stessi media che ci tengono a precisare come gli assassini di Saint-Etienne du Rouvray siano “francesi originari di Rouen”, come se bastasse il possesso di un passaporto a fare un “francese”, non più di quanto noi si possa essere scambiati per giapponesi. E parliamo di quegli stessi francesi che per inciso i maghrebini di Francia chiamano spregiativamente céfran onde ribadire la propria ostentata alterità, sempre per quella divertente storiellina dell’integrazione riuscita e adesione ai valori democratici della Republique.
Sharia per la FranciaParliamo dei medesimi media che sono capaci di rendicontare la violenza omicida contro le donne, sotto il termine osceno di “femminicidio” e promuovere l’obbrobrioso neologismo di loro invenzione in stucchevoli filippiche di accorata ipocrisia. Salvo relegare la notizia in un trafiletto di cronaca nera quando il maschio assassino e violento non è di pura razza italica: QUI o anche QUI giusto per limitarci agli ultimi tre giorni. E per non farci mancare proprio nulla, ora (così sembrerebbe..) abbiamo pure il primo serial killer di importazione.
hebdo-diversitySi tratta di quegli stessi media capaci di ingigantire ogni episodio di insofferenza più o meno xenofoba ad abnorme atto di razzismo (manco fossimo nel Mississipi degli Anni ’60!) e menarcela per settimane fino allo sfinimento, salvo poi liquidare in fretta le notizie non conformi alla linea.
Fu così che una ragazza incinta di 22 anni (se fossimo razzisti, specificheremmo “bianca”) viene trucidata a colpi di mannaia da un siriano infoiato, e la cosa viene derubricata a “lite sul lavoro… delitto passionale”, con la vittima genericamente definita “donna”; altrimenti potrebbe risentirne la percezione pubblica che dei “profughi” si ha.
Perché appunto c’è femminicidio e femminicidio.
E ancora sono sempre i medesimi media che hanno prontamente rimosso la notizia di una donna accoltellata insieme alle sue tre figlie in un villaggio vacanze delle Hautes Alpes, da un marocchino che i conoscenti descrivono come molto religioso, indignato per l’abbigliamento ritenuto assai sconveniente di bambine e signora. Se è vero che la malizia risiede nell’occhio di chi guarda, c’è da chiedersi cosa questo schifoso avrà mai trovato di così sconcio e provocatorio in una bambina di nove anni!
Burqa-womenSe una religione diventa il concentrato di psicosi violente, calamitando a sé disadattati cronici, monomaniaci ossessivi e sociopatici con pulsioni omicide, e al contempo sembra alimentare le nevrosi di gente in cortocircuito culturale su abbacinamento mistico, allora quella religione ha qualcosa che non va…

Enrico Mentana

Se poi quella religione rivendica una precisa dimensione temporale, assurgendo ad ideologia totalitaria, rivendicando una propria irriducibile estraneità ad un sistema di valori civili che non riconosce ed ai quali intende sovrapporsi e sostituirsi, allora ci troviamo di fronte ad un problema oggettivo. Prima se ne prende atto e meglio sarà per tutti.
GodBlessHitlerSe si vuole combattere l’integralismo, il fanatismo, il salafismo, l’islamismo… allora bisognerebbe cominciare intanto a chiamare le minacce col nome giusto e contrastarle come tali.

Homepage

No More Tears

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 23 marzo 2016 by Sendivogius

tintin

Niente lacrime, per favore. Soltanto le esibizioni melense dei bimbi buoni del politicamente corrotto, meglio se insufflato nello zucchero filato del sentimentalismo all’ingrosso, nella loro indigesta ipocrisia, riescono a risultare più insopportabili degli sciacallaggi mediatici di un Matteo Salvini.
Matteo SalviniPer contro, onde non turbare le animelle belle del buonismo militante ed i loro pendants testicolari, che tanto s’erano risentiti per l’assenza di peli nel trattare la precedente tournée parigina degli Isl’Amici in trasferta europea, non pronunceremo mai la parola “guerra”… Che altrimenti finirebbe col turbare una certa “Generazione Erasmus”, come ebbe a chiamarla una volta il più improbabile dei Telemaco improvvisati.

Scusa al cazzo!SCUSA AL CAZZO!

Ed eviteremo ogni riferimento esplicito ai boia in nero; come in un cluedo dove tutti sanno benissimo le modalità di azione, così come si conoscono altrettanto bene identità e substrato ideologico (e complicità) dei principali ‘indiziati’.

Intervallo - paesaggio con capreIntervallo: Paesaggio belga con capre

Molto meglio le faccine colorate ed impersonali da usare per il Paris-Bruxellesprossimo hashtag in condivisione ‘virale’, oppure un Tintin piagnucoloso (siamo in Belgio!) da utilizzare per i cordogli di facciata, inutili quanto e più dei precedenti.

Je suis BruxellesJe suis Bruxelles

E peccato solo per il fatto che i personaggi di Hergé avessero un approccio molto più concreto con i diretti interessati…

Le Avventure di TinTin

A proposito di retorica applicata alle domande, bisognerebbe chiedersi piuttosto come interi quartieri di una (bellissima) capitale europea siano potute diventare enclaves al di fuori della legge nazionale (legibus solutae), E ci si chiede altresì come simili enclaves abbiano potuto trasformarsi in qasbah Fouad Belkacemsottratte ad ogni controllo, diventando il recinto per l’allevamento di repellenti caproni che hanno fatto del parassitismo sociale a carico della comunità ospitante per pubblico scrocco una vocazione professionale, magari sostituendosi alle autorità legittime. Per spirito d’integrazione, s’intende!

La Shariah Police a Wuppertal in GermaniaLa Shariah Police a Wuppertal in Germania

«Bruxelles è la capitale islamica d’Europa. E’ da decenni la sede logistica per la rete degli attentatori e per lo smistamento degli imam salafiti nel resto del continente. E’ il centro di reclutamento e di finanziamento delle “cellule dormienti” e dei “lupi solitari”.

Sono anni che i dati statistici documentano che nell’area francofona della capitale, enclave della regione fiamminga, il 30% circa della popolazione su un milione e 200 mila abitanti è arabo-islamica: tra i 250 mila e i 350 mila, in maggioranza di origine Sharia 4 Belgiummarocchina (70%) e turca (20%). Quasi tutti hanno utilizzato le leggi che favoriscono la riunificazione familiare, facendo arrivare mogli e figli. Per quanto riguarda i celibi, oltre il 60% dei giovani marocchini e turchi si sposano esclusivamente con persone della loro stessa origine. Un’ottantina tra moschee e minareti, Bruxelles è anche la capitale europea per la presenza massiccia di donne velate, frequenti in burqa o in niqab. E’ qui che si svolgono le manifestazioni più numerose e anche violente a favore dei palestinesi, quando Israele attacca per ritorsione i territori occupati dagli integralisti di Hamas. Una nota di “colore” è il record raggiunto dal 2008 dei nomi dei neonati di qualsiasi religione: il più diffuso è Mohammed. Secondo alcune fonti, opererebbero 200 organizzazioni di assistenza e indottrinamento, per lo più rifacentesi al fondamentalismo salafita, oggi ritenuto il più violento e predominante tra gli adepti dell’ISIS.

Fouad Belkacem a spasso coi suoi amichetti per le vie di BruxellesFouad Belkacem, creatore di “Sharia 4 Belgium”, a spasso coi suoi amichetti per le vie di Bruxelles.

La generosa politica di accoglienza e l’inclusività del welfare ha incrementato l’arrivo degli islamici arabi a Bruxelles. Arrivano prima i maschi celibi o da poco ammogliati, che si rifugiano nei quartieri a preponderanza islamica e vengono subito edotti sul sistema di assistenza belga, permettendo così di usufruire per molti anni dello “chomage”, il sussidio di disoccupazione, sui 600/800 euro nette al mese, compresa la sanità quasi gratuita. Molti si danno al lavoro nero (anche se vietato per chi si trova in “chomage”) per incrementare lo “stipendio sociale”. A Bruxelles, che ultimamente i media hanno ribattezzato Charlie Hebdola capitale del Belgistan, sono quasi del tutto intrivabili le normali macellerie, mentre pullulano quelle “Halal” secondo la macellazione tradizionale araba. Le pescherie sono in mano a marocchini e algerini, i negozi di alimentari-frutta e verdura al dettaglio sono quasi tutti gestiti da arabi. Sono scomparse le boulangeries e il pane è di fattezze turche (per quello tradizionale belga ci si deve rivolgere ai supermercati). Solo i mercati rionali settimanali custodiscono ancora cibi e bevande di tradizione belga, francese e fiamminga.
New kids on the block[…] Su un nostro blog del 20 gennaio scorso mettevamo in guardia dall’affrontare il problema con gli occhi e i comportamenti dettati dal “politically correct”, in quanto così si alimentava lo “scontro di civiltà”, anziché diminuirne l’estensione e scaraventarci inesorabilmente verso una “guerra spezzettata” su più fronti: quello interno, in Europa, e quello al di là del Mediterraneo, tra Siria, Turchia curda, Iraq e Maghreb, Libia compresa. Non sono in discussione concetti come accoglienza, inclusione, generosità, scambio culturale. In discussione è l’arrendevolezza nella difesa dei nostri valori, dei nostri stili di vita in nome di un “melting pot”, di un concetto di globalizzazione acriticamente solo positiva e innovativa.
Sharia controlled zone[…] Durante e dopo l’arresto della “primula nera” Salah Abdeslam, le forze dell’ordine belghe sono state fatte oggetto di rimostranze e contestazioni plateali da parte degli abitanti arabi di Moellebeck, sintomo dell’odio antieuropeo e della frustrazione sociale e religiosa che lì vi albergano. Ma è stato anche un fenomeno di lotta “resistenziale” contro le “forze di occupazione”, come se si fosse in un territorio occupato palestinese.
Isl'Amiche[…] Occorre un’opera di dissuasione presso la popolazione islamica e anche di persuasione affinché escano allo scoperto, si ribellino allo stato di soggezione e di falsa identità comune da “nazione panaraba”, per tutelare le origini, i costumi e la fede in Maometto. Non basta più che alcuni rappresentanti religiosi e civili delle loro comunità partecipino alle rituali manifestazioni di solidarietà e alle onoranze funebri. L’Occidente, gli stati europei, devono affrontare questa emergenza con tutti i mezzi di intelligence e di polizia, senza sconfinare nella repressione selvaggia. E difendendo i nostri valori secolari, senza paura di sentirsi definire “neocolonialisti” o “razzisti”. Ma le comunità islamiche devono, da parte loro, anche “liberarsi da sole”: scendendo in piazza, magari togliendosi i veli; manifestando contro i loro stessi “cattivi maestri” e gli imam ultraortodossi; facendo “terra bruciata” ai terroristi nei loro stessi quartieri; non respingendo un’integrazione che in alcuni settori della borghesia e dell’intellighenzia arabe già si va facendo strada. Ne va della nostra esistenza pacifica di Europei (cristiani, ebrei e islamici). Altrimenti, ci si avviterà nel tunnel dello scontro militare fine a se stesso, foriero di fantasmi del passato razzista, antisemita, reazionario, dittatoriale e oscurantista: la fine stessa del grande sogno di un continente libero e inclusivo come l’Unione Europea

Gianni Rossi
(22/03/2016)

Marsiglia - Un tempo FranciaSempre che nel frattempo le “risorse” non decidano di castigare un po’ di kuffars, i quali per giunta hanno il gravissimo torto di non volersi proprio sottomettere ai rigori della “religione della pace”, nonostante le invitanti rassicurazioni…
kenya_islam_is_coming_to_denmarkMa noi avanti tutta come Lemmings, su per la collina dei conigli..!

Homepage

Oriente e Occidente (III)

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 25 gennaio 2016 by Sendivogius

John Bagnold Burgess -The Meeting of East and West

Per cercare di comprendere l’Altro da ‘noi’, insieme alle diversità di una realtà globalizzata con le sue contraddizioni fluidificate nell’effetto farfalla delle stesse, forse non esiste interprete migliore di colui che, estraneo al contesto occidentale per provenienza, ne assorbe nell’intimo la specificità culturale, rielaborandone i concetti in visione critica e per certi versi maggiormente smaliziata rispetto all’originale. Esenti dal fardello dell’uomo bianco, sono osservatori privilegiati e totalmente immuni dai suoi sensi di colpa. E dal momento che l’esotismo costituisce per loro una categoria dello spirito squisitamente europea, per contro applicabile in senso inverso, non risentono dei retaggi del “buon selvaggio” che riconoscono per l’impostura di ciò che è: una mistificazione consumata nell’ipocrisia del suo razzismo mascherato. Ponti viventi tra culture diverse, ne conducono le antitesi verso una propria sintesi, in una prospettiva spesso più lungimirante e lucida perché non si preoccupa di essere pregiudiziale (e a volte lo è). Così come per loro natura sono Political correctnessrefrattari alle dittature dogmatiche del “politicamente corretto”, ovvero: quella castrazione semantica eletta a simbolo dell’impotenza di un certo ambito intellettuale, che rivisita gli stereotipi più odiosi per trarne una lettura altrettanto ottusa nel suo conformismo linguistico, che non risolve ma nega la sussistenza del problema, nell’anteposizione di un formalismo impotente rispetto alla sostanza.
Vidiadhar Surajprasad Naipaul Dello scrittore anglo-indo-trinidadiano V.H.Naipaul avevamo già parlato [QUI] a proposito della nevrosi primaria del “convertito”, nelle forme psicotiche della sua rottura culturale. Ma in tempi che si vorrebbero di “scontro di civiltà”, la lettura di Naipaul merita di essere riproposta, poiché nel delineare le tracce fondamentali dell’oltranzismo religioso, con la predominanza del “sacro” sul profano, come pochi altri riesce a distinguere la differenza che intercorre tra “stato islamico” e “stato musulmano” (con riferimento nello specifico al Pakistan), nel delineare la nascita di quella neoplasia maligna costituita dal diffondersi (organizzato) del cancro integralista:

Pakistan

«Quell’anno [il 1979 n.d.r], il paese aveva avuto il suo primo assaggio di terrore religioso sotto il generale Zia. Questi aveva fatto impiccare Alì Bhutto, l’uomo Muhammad Zia-ul-Haqdel venerdì festivo; poi era andato alla Mecca per fare il pellegrinaggio minore, non quello completo, ma ciò nonostante era tornato con cento milioni di dollari elargitigli dai sauditi. In Pakistan gli uffici statali avevano l’obbligo di fermarsi per tutte le preghiere prescritte; camioncini di fustigatori islamici venivano mandati in giro a occuparsi dei colpevoli. La gente, intimorita, chinava la testa. Alcuni avevano la sensazione di non essere abbastanza pii; sentivano di doversi impegnare di più, sempre di più; e tutt’intorno a Raiwind, anche dopo le estasi nelle tende dei missionari, si potevano vedere sul ciglio della strada fedeli che continuavano a pregare.
[…]
Fra i pakistani che parlano inglese, i fondamentalisti erano soprannominati “fundos” ed erano ormai una presenza che, ancora dietro le quinte, premeva con forza crescente ed esigeva sempre di più. Il subcontinente indiano era stato sanguinosamente diviso per creare lo Stato del Pakistan. Milioni di persone erano morte, e molte altre erano state sradicate, da un lato e dall’altro delle nuove frontiere. Più di cento milioni di musulmani erano rimasti dalla parte indiana, ma praticamente tutti gli indù e i sikh erano stati cacciati dal Pakistan per dare vita all’entità politica interamente musulmana dell’astratto sogno poetico di Iqbal.

Vultures feeding on corpses lying abandoned in alleyway after bloody rioting between Hindus and Muslims.

Ciò avrebbe dovuto essere sufficiente. Ma i fondamentalisti volevano di più. Non bastava che questa grande fetta dell’antica terra avesse cessato, dopo millenni, di essere India e, come l’Iran, come i paesi arabi, fosse stata infine purgata delle religioni preesistenti. Ora gli abitanti stessi dovevano essere purgati del passato, di tutto ciò che negli abiti, negli atteggiamenti, nella cultura generale potesse collegarli alla loro patria ancestrale. I fondamentalisti volevano che tutti fossero puri e trasparenti, semplici recipienti vuoti in cui travasare la fede. Era impossibile: gli esseri umani non possono mai essere una tabula rasa. Ma i vari gruppi fondamentalisti si proponevano a modello di bontà e purezza. Si presentavano come veri credenti. Affermavano di seguire le regole antiche (soprattutto quelle riguardanti le donne); chiedevano agli altri di essere come loro e, dal momento che non c’era una concordanza assoluta sulle regole, di seguire le norme che loro seguivano.
Jamaat's Hijab DayIl più importante dei gruppi fondamentalisti era la Jama’at-i-Islami, l’Assemblea dell’Islam, fondata da un insegnante e propagandista religioso, Maulana Maudoodi. Prima della divisione del paese, questi si era opposto all’idea del Pakistan per strane ragioni. Quando nel 1930 il poeta Iqbal aveva sostenuto la causa di uno Stato musulmano indiano separato, aveva asserito che tale Stato avrebbe sbarazzato l’Islam indiano da quella «impronta che l’imperialismo arabo aveva dovuto conferirgli». Le aspirazioni di Maudoodi erano esattamente l’opposto. Pensava che uno Stato musulmano indiano sarebbe stato troppo limitato e avrebbe fatto ritenere che l’Islam avesse concluso il suo compito in India, mentre auspicava che l’Islam convertisse e abbracciasse l’India intera e conquistasse il mondo. Iqbal aveva affermato che una ragione importante per la creazione del Pakistan era che, come «forza di aggregazione popolare», l’Islam era stato più efficace in India che in altri paesi. Maudoodi non era d’accordo: a suo avviso, i musulmani del subcontinente e i loro esponenti politici non erano all’altezza di conseguire un obiettivo tanto prezioso quanto uno Stato integralmente islamico. La loro fede non era sufficientemente pura, era troppo contaminata dal passato indiano.
Moulana Maududi a cena coi sauditiMaudoodi morì nel 1979. Ma la Jama’at persisteva nella convinzione che il popolo pakistano e i suoi governanti non fossero all’altezza. Se lo Stato islamico di Iqbal aveva avuto le sue disgrazie, non era colpa dell’Islam, ma di coloro che si definivano musulmani. Secondo il modo di pensare fondamentalista, questo tipo di fallimento si rivelava automaticamente per quello che era: il fallimento di un Islam falso o poco sentito. E la Jama’at poteva sempre sostenere, in un perenne rinnovarsi della causa, che dai tempi antichi l’Islam non era mai stato veramente realizzato e che era giunto il momento di farlo. La Jama’at avrebbe mostrato la via.
Islam[…] Nel 1965 [Guerra indo-pakistana] il mullah che aveva aizzato i membri della sua congregazione mandandoli al fronte armati di bastoni se n’era restato al sicuro nella moschea. Non era compito suo combattere. A lui toccava infiammare gli animi, ricordando ai fedeli con tutta l’eloquenza e la passione di cui era capace il premio che avrebbero ricevuto partecipando alla “jihad” e gli orrori dell’inferno.
zombies islamiciEra come il mullah, di cui avevo sentito parlare da qualcuno, che nel 1977 era stato arruolato, insieme ad altri mullah, per la campagna contro Alì Bhutto. Era basso e grasso, di aspetto per niente attraente, e aveva fama di essere infido, ma non aveva importanza: era un eccellente predicatore, dotato di una voce possente. A quel tempo vigeva il coprifuoco, che però veniva allentato (non poteva essere altrimenti) per le preghiere del venerdì. I fedeli che si recavano nella moschea del mullah non ascoltavano soltanto le preghiere, ma anche le storie edificanti di eroi e martiri dell’Islam, che il predicatore declamava con la sua celebre voce e la splendida arte oratoria. Incitava i presenti a dimostrarsi all’altezza del passato, a intraprendere la “jihad”, a non ignorare le forze del male che li circondavano. «Dite al nemico: ‘Prova le tue frecce su di noi, e noi proveremo il nostro petto contro le tue frecce’». Frasi che sembravano prese da un poema e pertanto suonavano autorevoli, anche se nessuno avrebbe saputo dire da dove erano tratte. In concreto non significavano niente, ma eccitavano gli ascoltatori; e alla fine delle preghiere del venerdì, il coprifuoco del povero Bhutto era di fatto inoperante. I fedeli si disperdevano col cuore gonfio di odio religioso, risoluti a guadagnarsi un altro po’ di merito in cielo spedendo Bhutto all’inferno. Poco contava che il mullah fosse infido e di moralità affatto dubbia. In realtà non si proponeva come guida: il suo compito, in quanto mullah, consisteva nel tenere sulla corda i convertiti e, se c’era bisogno di aizzarli, concentrare la loro attenzione sull’inferno e sul paradiso ricordando che, quando fosse giunta l’ora, solo Allah sarebbe stato il loro giudice. Questo era un aspetto dello Stato religioso (lo Stato creato per i soli convertiti, dove la fede non era una questione di coscienza individuale) che il poeta Iqbal non aveva mai preso in considerazione: questo tipo di Stato era sempre suscettibile di manipolazioni, facile da minare, pieno di pura e semplice disonestà.
Muhammad IqbalMa c’era qualcos’altro di cui Iqbal non aveva tenuto conto: nel nuovo Stato la natura della storia si sarebbe modificata e, indebolendosi il senso storico, la vita intellettuale del paese ne avrebbe inevitabilmente risentito. I mullah avrebbero sempre tenuto banco, limitando il desiderio di conoscenza. Così l’intera storia antica del paese perdeva di importanza. Nei libri scolastici di storia o di «educazione civica», la storia del Pakistan finiva per essere soltanto un capitolo della storia dell’Islam. Gli invasori musulmani, in particolare gli arabi, diventavano gli eroi della storia pakistana, mentre le popolazioni locali figuravano a malapena nel passato della propria terra, o al massimo comparivano come nullità spazzate via dagli agenti della fede. Così si fa scempio della storia. Una simile concezione si spiega solo in quanto rappresenta il punto di vista del convertito. La storia si trasforma in una specie di nevrosi. Troppe cose devono essere ignorate o presentate in maniera tendenziosa e molto è frutto della fantasia. Ma questa fantasia non è presente solo nei libri di scuola: è un fattore che influenza la vita di tutti.
madrassa[…] L’invenzione di un’ascendenza araba divenne ben presto generale. Tutte le famiglie l’adottarono. A sentire la gente, si direbbe che, prima, questa terra grande e meravigliosa non fosse altro che giungla selvaggia, dove non vivevano gli uomini. All’epoca della divisione dall’India tutto ciò è stato amplificato, compresa l’idea di non appartenere alla terra, bensì alla religione.»

V.S. Naipaul
“Fedeli ad oltranza.
Un viaggio tra i popoli
convertiti all’Islam”

Adelphi (Milano, 2001)

“Fedeli a oltranza” è un’opera fondamentale per capire il presente attraverso la conoscenza del passato (recente). Se volessimo ossere ‘retorici’, potremmo consigliarlo come testo scolastico. Più semplicemente ve ne raccomandiamo, se volete, l’acquisto (non potreste spendere meglio il vostro denaro per un costo abbordabilissimo) e ovviamente la lettura resa ancor più piacevole da una pregevolissima traduzione in italiano.

Homepage

MAOMETTO E CARLOMAGNO

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 15 dicembre 2015 by Sendivogius

The roots of jihad

L’opera di Henri Pirenne si è sempre prestata a tutte le opinioni e tutte le contestazioni, prima di cadere nell’oblio e ridursi a letture antologiche in estratti per svogliatissimi studenti liceali che non saprebbero distinguere un tordo da una quaglia.
Henri PirenneApprossimativo, superato, inesatto. Acuto, innovativo, brillante. Pirenne è un autore che va letto, non foss’altro per la sua prosa semplice e scorrevolissima. Fa sempre la sua bella figura nella vostra più o meno copiosa biblioteca domestica. Ed è comunque un ottimo regalo di natale, al posto di ben altri orrori letterari che infestano le librerie.
In un’epoca confusa e ipocrita come la nostra, in cui le guerre si combattono ma si passa il tempo a negarne l’esistenza, riscoprire le pagine del dimenticato Pirenne (a ottanta anni dalla sua scomparsa) potrebbe costituire un’interessante sorpresa. In fondo, con più di qualche forzatura, è una storia di immigrazione, scontri e integrazioni culturali… Nel delineare gli aspetti dell’espansione islamica nel Mediterraneo e le trasformazioni più o meno conseguenti dell’Europa carolingia, lo storico belga forse è uno dei pochi studiosi ad infrangere, si potrebbe dire a sua insaputa, un certo cliché consolidato (a cui si oppongono altrettanti stereotipi contrari) e costruito attorno alla favoletta buona di un islam delle origini, tanto aperto quanto e tollerante (ma certamente non pacifico), in contrapposizione alle cupezze di un medioevo oscuro e barbarico di un Europa sprofondata nei secoli bui. Attraverso una prosa agevole e accattivante, Pirenne intuisce l’essenza di tanta “tolleranza”, cogliendone forse la natura più prossima al vero, liquidata in poche e significative righe:

Siege of Amorium«Per comprendere l’espansione dell’Islam nel VII secolo niente è più suggestivo che confrontarla, nel suo impatto sull’Impero romano, con le invasioni germaniche….. Quando l’Impero, con le sue frontiere in frantumi, abbandona la lotta, i suoi invasori si lasciano subito assorbire da esso e, per quanto possibile, ne continuano la civiltà entrando nella comunità su cui essa si fonda.
Late Romans vs Germanic Goths[…] Il problema che si pone è capire perché gli Arabi, che non erano certamente più numerosi dei Germani, non furono come questi assorbiti dalle popolazioni dei paesi di civiltà superiore di cui si impadronirono. Il nocciolo della questione è tutto qui. C’è solo una possibile risposta ed è di ordine morale. Mentre i Germani non avevano niente da opporre al cristianesimo dell’Impero, gli Arabi erano esaltati da una nuova fede. Fu questo e questo soltanto che li rese inassimilabili. Per il resto infatti non avevano maggiori prevenzioni dei Germani contro la civiltà dei popoli che avevano conquistato. Anzi, l’assimilarono con sorprendente rapidità: nelle scienze si misero alla scuola dei Greci, in arte a quella dei Greci e dei Persiani. Non erano neanche fanatici, almeno all’inizio, e non avevano intenzione di convertire i loro sudditi. Ma volevano che obbedissero al dio unico, Allah, e al suo profeta Maometto, e poiché costui era arabo all’Arabia. La loro religione universale era al tempo stesso nazionale. Erano i servitori di dio.
Esercito OmayadeIslam significava rassegnazione o sottomissione a Dio e musulmano significa sottomesso. Allah è uno ed è logico quindi che tutti i suoi servitori abbiano l’obbligo di imporlo ai miscredenti, agli infedeli. Quello che essi si propongono non è, come abbiamo detto, la loro conversione ma il loro assoggettamento. Sono questi i principi che essi portano con sé. Dopo la conquista non chiedono di meglio che prendere come bottino la scienza e l’arte degli infedeli: le coltiveranno in nome di Allah. Si impadroniranno anche delle istituzioni, nella misura in cui saranno loro utili. Per dominare l’impero che hanno fondato non possono più basarsi sulle proprie istituizioni tribali, così come i Germani non poterono imporre le loro all’Impero romano. La differenza è che, ovunque si trovino, dominano. I vinti sono loro sudditi ed essi soli pagano l’imposta, perché sono fuori dalla comunità dei credenti. La barriera è insormontabile: non può esserci alcuna fusione tra le popolazioni conquistate ed i musulmani….. Presso i Germani il vincitore andrà spontaneamente al vinto. Con gli Arabi è il contrario: il vinto andrà al vincitore e potrà farlo solo servendo, come lui, leggendo come lui il Corano, imparando dunque la lingua araba che è la lingua santa e al contempo la lingua stessa dei dominatori.
Guerriero arabo VIII secoloNessun proselitismo e neppure alcuna pressione religiosa, come invece era avvenuto per i cristiani col trionfo della Chiesa. “Se Dio avesse voluto”, dice il Corano, “avrebbe fatto di tutti gli uomini un solo popolo”, e condanna testualmente la violenza contro l’errore. Esige solo obbedienza ad Allah, obbedienza esteriore di esseri inferiori, degradati, spregevoli, che sono tollerati ma vivono nell’abiezione. E ciò è insopportabile e demoralizzante per l’infedele. La sua fede non viene combattuta, ma ignorata. E questo è il mezzo più efficace per distaccarlo e condurlo ad Allah il quale, restituendogli la sua dignità, gli aprirà al tempo stesso le porte della città musulmana. E poiché la sua religione obbliga il mussulmano a trattare l’infedele come soggetto, l’infedele va a lui e così facendo spezza i legami con la sua patria ed il suo popolo. Il Germano si romanizza dal momento in cui penetra nella “Romania”, il Romano invece si arabizza dal momento in cui viene conquistato dall’Islam, e poco importa che, ancora in pieno ‘medioevo’, sopravvivano in mezzo ai musulmani piccole comunità di copti, nestoriani, e soprattutto Ebrei. Questo non impedisce una profonda trasformazione di tutto l’ambiente. Avviene una rottura, un taglio netto con il Coranopassato. Il nuovo signore non permette più che nell’ambito in cui esercita il proprio dominio una qualche influenza possa sfuggire al rigido controllo di Allah. Il suo diritto, la cui principale fonte è costituita dal Corano, si sostituisce al diritto romano, la sua lingua al greco ed al latino.
Cristianizzandosi, l’Impero aveva per così dire cambiato anima; islamizzandosi cambia a un tempo anima e corpo. La società civile non è meno trasformata della società religiosa. Con l’Islam un nuovo mondo irrompe su quelle coste del Mediterraneo dove Roma aveva diffuso il sincretismo della sua civiltà. Si produce una lacerazione che durerà fino ai giorni nostri

Henri Pirenne
“Maometto e Carlomagno”
Newton Compton
Roma, 1993

Homepage

SURVIVAL HORROR

Posted in Kulturkampf, Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , on 26 novembre 2015 by Sendivogius

Sharia_The

Dinanzi alla recrudescenza emergenziale creatasi attorno alle legittime aspirazioni del meraviglioso paese delle meraviglie ‘sharaitiche’ nella terra di Daesh e del magico Califfo di Baghdad, nella miope visione etnocentrica dei miscredenti d’Europa, ben pochi si sono interrogati sui tormenti e sui terribili patimenti che troppi spiriti puri, integralmente devoti alla legge del profeta, devono subire quotidianamente nella loro cattività europea, costretti come sono a subire le indicibili tentazioni dell’Occidente bieco e corrotto, vivendo nel terrore (quello vero) di poter essere in qualche modo contaminati da tanta empietà.
72VirginsPer questo girano in ‘rete’ da tempo manualetti pratici con le fondamentali istruzioni su come “sopravvivere in Occidente”, riservati ai pii musulmani deportati a forza nelle terre degli infedeli per essere sottoposti ad ogni forma possibile di oppressione, in attesa di una prossima reconquista islamica.
Gli esperti di settore e specialisti in counter-insurgency vi diranno che si tratta di materiale difficilmente reperibile, abilmente nascosto nelle pieghe del “deep-web”. Infatti a noi ci sono voluti ben 45 secondi per trovare in blocco tutta la collezione al gran completo.
black flagSi tratta di pubblicazioni propagandistiche, redatte a cura del sedicente “Stato Islamico”, e riservate ai propri militanti o aspiranti tali che si trovano a vivere per chissà quale alchimia del caso nelle nazioni popolate dai kuffar, ovvero chiunque (indistintamente dall’appartenenza religiosa) non sia abbastanza fanatico da rispondere con gioia ed abnegazione al grido di libertà che si leva alto da Raqqa. Ne esistono per tutti i gusti, confezionate con l’inconfondibile copertina nero catrame, e personalizzate per i mujaheddin fai-da-te a seconda del luogo di provenienza. Tra queste, la più gettonata sembra essere la premiata serie a puntate che va sotto il nome di “Black Flags” e che attualmente si compone di sei volumetti con tendenza alla crescita:

Black Flags from Khurasan (from the East)
Black Flags from Palestine
Black Flags from Syria

Black Flags from Arabia
Black Flags from Persia
Black Flags from Rome

Tutte insieme costituiscono opuscoletti imbarazzanti che raramente raggiungono il centinaio di pagine. Scritti in un inglese tanto approssimativo quanto elementare, sono un incredibile condensato di puttanate allucinanti, intrise di deliri mistici e profezie apocalittiche, speziate con qualche interpretazione coranica estrapolata dalla tradizione hanbalita e inzeppata nel mucchio con citazioni buttate ad cazzum di Ibn Taymmyya. Insomma, è un segno tangibile della modernità che avanza all’ombra della Mezzaluna..!
mahdiAvvincenti come un grappolo di emorroidi infiammate, narrano la storia futura e fantastica del prodigioso Dawla al-Islamiya, “la nazione più forte del mondo”, che non appena avrà vinto la sua guerra in Siria e conquistato lo Yemen, sommergerà coi propri vessilli neri e milioni di guerrieri la penisola arabica, per annunciare il ritorno del Mahdi ed instaurare il califfato mondiale: il Khilafah (l’aspetti). La proclamazione del lieto evento è prevista per il 2020 (segnatevelo sul calendario). E sostanzialmente dovrebbe coincidere con l’anno dello scontro finale, culminante nella grande battaglia di Dabiq quando un’armata di 100.000 ‘Romani’, unita sotto le bandiere di ottanta nazioni alleate coi persiani, affronterà l’esercito del Califfo dando inizio al Malhama al-Kubra (il Grande Armageddon) e terminerà con la conquista di Roma.
Ikramah during the Battle of YarmukLe modalità di invasione, che dovrà partire dalla costa nordafricana, prevedono l’uso esclusivo di un’enorme flotta navale (senza alcuna forza aerea), che non risalirà la Penisola via terra ma si muoverà unicamente per mare prima del grande sbarco. Non sapendo bene dove sia collocata la città e ignorando tutto o quasi della geografia italiana, i nostri barbuti saraceni hanno cercato di farsene un’idea su Google Earth, scovando altresì una formidabile ridotta strategica dove allestire una solida testa di ponte da cui far partire l’offensiva finale. Come base per l’attacco è stata quindi scelta (immaginiamo dopo attenta valutazione) una imprecisata isoletta dell’Arcipelago toscano che sembrerebbe essere Giannutri, in quell’inespugnabile bastione difensivo che è il “Vecchio Faro”, con supporto di artiglieria direttamente dalla costa tunisina.

the-fuck-is-going-on-with-isis_o_4552391

Il nome dell’isola non viene divulgato per ovvi motivi ‘strategici’..!

«Case study: Let’s take a look at Italy, it is likely that some Islamic fighters will depart from Tunis and go onto the Western islands neighbouring Italy. From there, they will enter the sea port….The picture of the il vecchio faro building is useful because it would give the fighters knowledge of the area/terrain, the building type, and how to use the building to their advantage etc. Once they capture that building, they can move forward deeper into Italy with more Google Earth satellite knowledge of the territory ahead

Sono letture demenziali, alla stregua dei Diari di Turner per intenderci, e costituiscono il frutto perverso di una mente gravemente disturbata, pervasa com’è da una arcana imbecillità. Al confronto, l’opera di Fratello Mahdi sulle magnifiche sorti del Califfato in Siria costituiscono un raffinato capolavoro promozionale. E infatti il marocchino El Madhi Halili (questo il suo vero nome) è stato subito scarcerato e opportunamente premiato con il conferimento della cittadinanza italiana. Perché l’Italia sa come rintuzzare la minaccia “jihadista” confezionata in casa.
Uccidi i pagani. E' un dovere per ogni musulmanoIl complesso di castronerie abissali, baggianate da citrullo esaltato, insieme alla totale assenza delle più elementare nozioni geografiche ed alla desolazione culturale che contraddistingue l’ignoranza assoluta di questi invasati caproni analfabeti, farebbe pensare ad una sorta di “fake”, perché una qualunque mente dotata di un minimo di raziocinio tende a dubitare che possano esistere davvero simili mandrie di imbecilli; almeno finché non li vedi all’opera…
Salah AbdeslamPer quanto riguarda la messa in pratica di un così avvincente quadro profetico, insieme a tutto l’armamentario per la sopravvivenza della perfetta “cellula dormiente”, esistono poi altre pubblicazioni di natura più pratica, raccolte nella nuova serie How to survive in the West, con istruzioni su come organizzarsi, mimetizzarsi, e “sopravvivere” in Occidente. Si segnala allo scopo la fondamentale Guida del Mujahid fresca di pubblicazione (2015).
How to survive in the WestAd una prima sfogliata, ci si rende conto che molto probabilmente i testi sono stati redatti in Gran Bretagna o comunque destinati ad un pubblico lì residente. La particolare attenzione che viene prestata ai media britannici, con ritagli e commento dei giornali inglesi, insieme ai continui riferimenti ai London’s riots del 2011 sembrerebbe confermarlo. L’autore dovrebbe essere di origine africana, non foss’altro per la cura con cui ama distinguere tra “bianchi”, “neri”, e “marroni”, con pignola degradazione di colore quando parla di “razze”. Ordunque, per conquistare l’Europa (che il misterioso autore percepisce come un blocco unico) e dunque la sua capitale (che viene identificata con Roma), il segreto risiede nella costituzione di gangs di soli musulmani, che ovviamente sono the most peaceful citizens of the world.
gli-islamici-e-la-democrazia-3 La premessa è delle più accattivanti… Siccome molti cittadini di fede islamica hanno speso svariati milioni di euro per propagandare la propria religione con pacifici inviti alla conversione (Da’wah), e poiché questi impenitenti di europei miscredenti (imboccati dai loro leader e dai media) di convertirsi alla vera fede proprio non ne vogliono sapere, un simile diniego ha costretto ogni vero musulmano a radicalizzarsi. E questo rifiuto alla conversione, nonostante la generosa offerta, è il motivo per cui gli infedeli verranno sconfitti e Roma conquistata. L’autore ama utilizzare anche la parola “liberata” (?!?).

«Le persone che detengono il controllo dei media hanno tenuto l’Europa ed il mondo occidentale come loro roccaforte per oltre 1000 anni. E non vogliono che l’Islam prenda il sopravvento. Pertanto vogliono continuare ad avere la loro autorità, il loro adulterio, vino e denaro, e non vogliono perderli. Così stanno facendo una campagna mediatica con miliardi di dollari per contro lo Stato islamico in Medio Oriente, per fermare l’ascesa del vero islam in Occidente. Tutte i principali produttori di alcol, gioco d’azzardo e le aziende di prodotti proibiti (haram) stanno finanziando questo progetto, perché se l’islam sorgerà in Occidente sanno che perderanno qualsiasi cosa. È una questione di vita o di morte per entrambi, perché solo uno potrà sopravvivere.
L’ultimo messaggero di Allah, Muhammad (che la pace sia su di lui) ci ha promesso che vinceremo e, alla fine prenderemo la capitale d’Europa (Roma), ma solo dopo che avremo conquistato la Persia (Iran).»

Che dire?!? Viene in mente la battuta meglio riuscita di Jessica Rabbit

jessica rabbit“Non sono cattiva… è che mi disegnano così”

Peccato che riguardo all’aspetto, il paragone non sia esattamente lo stesso…
islamicoPer sopravvivere alle insopportabili persecuzioni che opprimono i credenti della “vera fede”, bisogna pertanto organizzarsi nell’attesa dell’inevitabile guerra che ne scaturirà.
ISIS GOATÈ inutile dire che le fanfaronate dello stupracapre di turno raggiungono livelli unici, tanto è perso nella sua minchioneria senza speranza. Il Mujahid in incognito, prima della sua chiamata alle armi, dovrà agire alla stregua di un “agente segreto dalla doppia vita” al servizio della jihad globale. A suo modo costituisce una variante demente del mitico 007, ridotto ad una macchietta caprina che spreca il suo tempo a pregare col culo per aria; che non beve, non fuma, è votato al suicidio (il momento migliore della sua inutile esistenza) e che soprattutto non tromba mai. Il perfetto “agente” è un lupo solitario, un potenziale sociopatico senza amicizie né legami di sorta; più è giovane e meglio è (recruiting teenagers and children) perché più facile da indottrinare.
21 URITuttavia, alla luce dei recenti eventi parigini, qualche elemento può risultare interessante…

La tua sola connessione con lo Stato islamico sarà di tipo ideologico…
Imparerai come diventare una cellula dormiente pronta per essere attivata in ogni momento, non appena la Umma avrà bisogno di voi… dimostrandoti molto più amichevole e di mentalità aperta col pubblico occidentale…”

Allo scopo sarà bene tenere la propria vera identità segreta e scegliersi un soprannome, meglio se occidentalizzato, camuffando il proprio aspetto. Tingersi i capelli, usare parrucche e lenti a contatto… può tornare utile. Ovviamente la parte più esilarante riguarda come acquisire tutte le competenze necessarie, riguardo alle tecniche di combattimento e su come usare le armi. Il nostro esperto in jihad consiglia di addestrarsi giocando a GTA e Modern Warfare della serie “Call of Duty”; sorvoliamo sul fatto che in quest’ultimo videogame il cattivone da annientare in giro per il mondo sia un gruppo integralista islamico, alleato con una fazione di ultra-nazionalisti russi.

Non mancano consigli su come fabbricare ordigni in casa, cinture esplosive per l’aspirante “martire”, ed autobombe. Le istruzioni sono talmente approssimative, che c’è il concreto rischio di saltare in aria con tutto il garage.
Un po’ più complesse sono invece le modalità per la conquista delle metropoli europee. Dopo attenta spremuta di meningi gli autori del manuale hanno trovato la soluzione, attraverso la costituzione di gang islamiche (usbah), poste sotto il comando di un capo che abbia il controllo di una specifica città o di un quartiere e sia in grado di assicurarsi la fedeltà e la crescita della banda. L’autorità ed il potere del capobanda verranno cementate dalla sua capacità di imporre la “protezione” su una data porzione di territorio, garantendo assicurando servizi e tranquillità ai suoi “protetti” dai quali pretenderà il pagamento di una tassa in denaro, mentre fornirà lavoro e benefici agli affiliati della gang in cambio di fedeltà. Il leader deve essere rispettato e temuto da tutta la società. Deve dimostrare di saper controllare il suo territorio, da amministrare come un’entità autosufficiente ed in grado di funzionare come uno stato nello stato. Il leader dovrà inoltre attrarre quante più persone nel circuito della propria organizzazione, al fine di aumentarne il sostegno e le coperture.
Muslim-Gangs-copIn pratica, il mujahid di casa nostra ha inventato la MAFIA. Sarà per questo che il principale ostacolo alla conquista di Roma, viene identificato proprio con l’esistenza della mafia italiana quale pericolosa rivale.
Poi certo il riferimento ideale è sempre il medioevo in un deserto popolate di capre consenzienti, nell’evoluto mondo dei clan tribali…

A leader like this might be called a Tribal elder, a King, a President or a Caliph, while others will call him a Gang leader. The title doesn’t matter, what matters is he has Authority to enforce his commands over people.”

L’obiettivo è quello di creare una comunità chiusa ed isolata, che renda più difficile l’intervento della polizia o il controllo del territorio da parte delle istituzioni statali. La costituzione di quartieri ghetto a definizione etnica sarebbe l’ideale. L’autore li chiama Tawahhush e devono essere basati su una rigida segregazione in modo da non avere “nessuna misericordia per gli esterni“, in quello che deve essere un lento processo di separazione con l’assunzione diretta del controllo del territorio. In altri frangenti si chiamerebbe razzismo, e pure della specie peggiore, in una totalitaria volontà di dominio (peraltro in casa altrui) e nel rigetto incondizionato di ogni forma di integrazione. Perché, secondo il principio alla base del Tawahhush, ogni patto, legge o convenzione, stipulata al di fuori della legge coranica e che non riconosca la sharia, non ha alcun valore ed è nullo agli occhi di allah. Ma non ditelo agli ostensori assoluti dell’accoglienza ad oltranza… potrebbero rimanerne sconvolti.

Muslims-calling-for-Shariah-in-UK

Allo stesso modo, tra persone di sano buonsenso (a prescindere dal credo e dalla provenienza), non dovremmo mostrare alcuna comprensione né “tolleranza” per le pretese di questi idioti pericolosi.

Homepage

L’ennemi intérieur

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 novembre 2015 by Sendivogius

Architettura islamica in Iran

«Caro mondo musulmano,
[…]  Ti vedo in una condizione di miseria e di sofferenza che mi rende tremendamente triste, ma che rende ancora più duro il mio giudizio di filosofo! Questo poiché vedo che stai mettendo al mondo un mostro che preferisce essere chiamato Stato islamico e al quale qualcuno preferisce dare il nome di demonio: DAESH. La cosa peggiore è che ti vedo perdere il tuo tempo e il tuo onore, rifiutando di riconoscere che questo l’hai fatto nascere tu, è frutto dei tuoi vagabondaggi, delle tue contraddizioni, della tua interminabile scissione tra passato e presente, della tua duratura incapacità a trovare un posto nella civiltà umana.
daesh (isis)Che cosa dici davanti a questo mostro? Qual è il tuo discorso? Tu urli “Non sono io!”, “Non è l’Islam”. Rifiuti che i crimini commessi da questo mostro siano commessi sotto tuo nome (hashtag #NotInMyName). Sei indignato davanti ad una tale mostruosità, insorgi quando il mostro usurpa la tua identità, e hai sicuramente ragione di farlo. È indispensabile che davanti al mondo proclami, ad alta voce che l’islam denuncia le barbarie. Ma è assolutamente insufficiente! Poiché tu ti rifugi nel riflesso dell’autodifesa senza assumerti anche, e soprattutto, la responsabilità dell’autocritica. Ti accontenti d’indignarti, quando invece questo momento storico sarebbe stata un’occasione incredibile per rimetterti in discussione! E come sempre, tu accusi invece di prenderti la tua responsabilità: “Smettetela, voi occidentali e tutti voi nemici dell’Islam, di associarci a questo mostro! Il terrorismo non è l’islam, il vero islam, l’islam buono che non vuole la guerra, ma la pace!”.
Islam (2)Sento questo grido di rivolta che sale dentro di te e ti capisco, oh mio caro mondo musulmano. […] Ma dalla mia posizione distante, vedo anche qualcos’altro, qualcosa che tu non riesci a vedere o che non vuoi vedere… E questo suscita in me una domanda, La grande domanda: perché questo mostro ti ha rubato il volto? Perché questo mostro ignobile ha scelto il tuo viso e non un altro? Perché ha preso la maschera dell’islam e non un’altra? La verità è che dietro quest’immagine del mostro si nasconde un immenso problema che tu non sembri pronto a guardare in faccia. Tuttavia è necessario, è necessario che tu abbia il coraggio.
Daesh - Lezioni di decollazioneQuesto problema è quello delle radici del male. Da dove provengono i crimini di questo cosi detto “Stato islamico”? Te lo dirò, amico mio. E questo non ti farà piacere, ma è mio dovere di filosofo. Le radici di questo male che oggi ti ruba il volto risiedono in te, il mostro è uscito dal tuo ventre, il cancro è nel tuo corpo. E cosi tanti nuovi mostri, peggiori di questi, usciranno ancora dal tuo ventre malato, fintanto che tu ti rifiuterai di guardare in faccia questa verità e che impiegherai del tempo a ammettere e ad attaccare finalmente questa radice del male!
daeshAnche gli intellettuali occidentali, quando dico loro questo, lo vedono con difficoltà: la maggior parte ha talmente dimenticato che cos’è la potenza della religione, nel bene e nel male sulla vita e sulla morte, che mi dicono ” no, il problema del mondo musulmano non è l’islam, non è la religione ma la politica, la storia, l’economia, etc.”. Vivono in società cosi secolarizzate che non si ricordano per niente che la religione può essere il cuore del reattore di una civilizzazione umana! E che nel domani il futuro dell’umanità passerà, non soltanto attraverso la risoluzione della crisi finanziaria e economica, ma in maniera più essenziale anche attraverso la risoluzione della crisi spirituale che attraversa tutta la nostra umanità, senza precedenti! Sapremo unirci tutti, a livello planetario, per affrontare questa sfida fondamentale? La natura spirituale dell’uomo ha paura del vuoto, e se non trova nulla di nuovo per riempirlo lo farà domani con delle religioni sempre più inadatte al presente e si metteranno quindi a produrre dei mostri, come fa l’islam attualmente.
Islam[…] Nella Umma ci sono delle donne e degli uomini civilizzati che sostengono l’idea di un futuro spirituale per l’essere umano. Ma questi uomini non sono ancora abbastanza numerosi e la loro parola non è ancora cosi potente. Onoro la lucidità e il coraggio di tutti loro, i quali hanno capito perfettamente che la nascita dei mostri terroristici dal nome di Al Qaida, Al Nusra, AQMI o dello “Stato islamico” è il risultato della condizione generale della profonda malattia del mondo musulmano. Hanno capito bene che risiedono là, su di un immenso corpo malato, i sintomi più gravi e più visibili delle seguenti malattie croniche: incapacità di istituire delle democrazie durature nelle quali la libertà di coscienza sui dogmi della religione, è riconosciuta come un diritto morale e politico; prigione morale e sociale di una religione dogmatica, idiomatica e ogni tanto totalitaria; fatiche croniche nel migliorare la condizione delle donne riguardo a uguaglianza, responsabilità e libertà; incapacità di distinguere a sufficienza il potere politico dal suo controllo da parte dell’autorità religiosa; incapacità d’istituire un rispetto, una tolleranza e un vero riconoscimento del pluralismo religioso e delle minorità religiose.
Tolleranza islamicaSarebbe pertanto tutto ciò un errore dell’Occidente? Quanto tempo prezioso, quanti anni cruciali perderai ancora, o mio caro mondo musulmano, a causa di questa accusa stupida alla quale tu stesso non credi più e dietro alla quale ti nascondi per continuare a mentire a te stesso? Se ti critico in modo cosi severo non è perché sono un filosofo “occidentale”, ma perché sono uno tra i tuoi figli consapevoli di tutto ciò che hai perduto, della grandezza sbiadita da cosi tanto tempo che è diventata un mito!
Sergio ToppiIn particolare dal XVIII secolo, è giunto il momento di confessartelo insomma, sei stato incapace di rispondere alla sfida dell’Occidente. O ti sei rifugiato nel passato in modo infantile e mortificato, con l’intollerante e cupa regressione del wahabismo la quale continua a fare dei danni praticamente ovunque all’interno dei tuoi confini, un wahabismo che tu diffondi a partire dai tuoi luoghi santi dell’Arabia Saudita come un cancro che partirebbe anch’esso dal tuo cuore. Oppure hai seguito il peggio di questo Occidente, producendo com’esso dei nazionalismi e un modernismo che è caricatura della modernità, voglio parlare di questa frenesia di consumo o meglio ancora di questo sviluppo tecnologico incoerente insieme ai loro arcaismi religiosi, che rende le tue ricchissime “élites” del Golfo soltanto delle vittime consenzienti della malattia oramai mondiale che è il culto del dio denaro.
WahabismeChe cos’hai di ammirevole oggi, amico mio? Che cosa rimane in te che sia degno di suscitare il rispetto e l’ammirazione degli altri popoli e civiltà della Terra? Dove sono le tue persone sagge? Hai ancora una saggezza da proporre al mondo? Dove sono i tuoi grandi uomini, chi sono i tuoi Mandela, i tuoi Gandhi, chi sono i tuoi Aung San Suu Kyi? Dove sono i tuoi grandi pensatori, i tuoi intellettuali i cui libri dovrebbero essere letti nel mondo intero come al tempo in cui i matematici e i filosofi arabi e persiani facevano riferimento dall’India alla Spagna? In realtà sei diventato cosi debole, cosi impotente dietro la certezza che risiede sempre in te…..
Islam (1)Hai scelto di considerare che Mohammed fosse profeta e re. Hai scelto di definire l’islam una religione politica, sociale, morale che deve regnare come un tiranno tanto sullo Stato quanto sulla vita civile, tanto per strada e in casa quanto all’interno di ciascuna coscienza. Hai scelto di credere e d’imporre che l’Islam significa sottomissione quando invece il Corano stesso proclama che “non c’è costrizione nella religione” (La ikraha fi Dîn). Tu hai fatto del suo Richiamo alla libertà l’impero della costrizione! Come può una civiltà tradire il suo testo sacro, fino a questo punto? Penso che sia il momento, nella civilizzazione dell’islam, di istituire questa libertà spirituale, la più sublime e difficile di tutte, al posto di tutte le leggi inventate da generazioni di teologici!
toppi-tarots-04[…] Troppi credenti hanno talmente interiorizzato una cultura della sottomissione alla tradizione e ai “maestri della religione” (imams, muftis, shouyoukhs, etc.), che non capiscono neanche che si parla loro di libertà spirituale e non ammettono che si osi parlare loro di scelte personali a proposito dei “pilastri” dell’islam. Tutto ciò costituisce per loro una “linea rossa”, qualcosa di troppo sacro perché possano dare alla loro coscienza il permesso di rimetterlo in discussione! E ce ne sono tante di queste famiglie, di queste società musulmane nelle quali tale confusione tra spiritualità e servitù è radicata nelle loro menti dalla più giovane età e nelle quali l’educazione spirituale è talmente misera che tutto quello che riguarda la religione, in un modo o nell’altro, rimane pertanto qualcosa su cui non si discute!
Foto ricordoAdesso questo non è sicuramente imposto dal terrorismo di qualche pazzo, da qualche gruppo di fanatici inviati dallo Stato islamico. No, questo problema è infinitamente più profondo e infinitamente più vasto! Ma chi lo vedrà e chi lo pronuncerà? Chi vuole ascoltarlo? C’è silenzio a questo proposito nel mondo musulmano e nei media occidentali si sente solo più parlare di questi specialisti del terrorismo che aumentano giorno dopo giorno la miopia generale! Bisogna fare in modo che tu, amico mio, non ti illuda credendo e facendo credere che quando si finirà con il terrorismo islamico, l’islam avrà risolto i suoi problemi! Poiché tutto quello che ho evocato, una religione tirannica, dogmatica, letteraria, formalista, maschilista, conservatrice, regressista, è troppo spesso, non sempre, ma troppo spesso, l’islam ordinario, l’islam quotidiano che soffre e fa soffrire troppe coscienze, l’islam della tradizione e del passato, l’islam deformato da tutti coloro i quali lo utilizzano politicamente, l’islam che riesce ancora a mettere a tacere le Primavere arabe e la voce di tutti i giovani che chiedono qualcos’altro. Allora quando farai la tua vera rivoluzione?
niqab[…] Sicuramente nel tuo immenso territorio ci sono degli isolotti di libertà spirituale: delle famiglie che trasmettono un islam di tolleranza, di scelta personale, di approfondimento spirituale; dei contesti sociali nei quali la gabbia della prigione religiosa si è aperta o semi-aperta; dei luoghi in cui l’islam da ancora il meglio di sé che corrisponde ad una cultura della condivisione, dell’onore, della ricerca di sapere e una spiritualità alla ricerca di questo luogo sacro dove s’incontrano l’essere umano e la realtà ultima chiamata Allah. In Terra islamica e ovunque nelle comunità musulmane del mondo ci sono delle coscienze forti e libere, ma esse sono condannate a vivere la loro libertà senza certezza, senza riconoscenza di un diritto veritiero, lasciate a loro rischio e pericolo di fronte al controllo comunitario o addirittura talvolta di fronte alla polizia religiosa. Fino ad ora non è mai stato riconosciuto il diritto di dire “Io scelgo il mio islam”, “Ho il mio proprio rapporto con l’islam” da parte dell’ “islam officiale” di coloro che hanno una dignità. Questi ultimi invece si ostinano a imporre che “la dottrina dell’islam è unica” e che “l’obbedienza ai pilastri dell’islam è la sola soluzione”.
Egyptian SalafistQuesto rifiuto del diritto alla libertà religiosa è una delle fonti del dolore di cui tu soffri, o mio caro amico mondo musulmano, uno dei ventri oscuri dove crescono i mostri che fai infuriare da qualche anno davanti ai volti spaventati del mondo intero. Poiché questa religione del fare impone una violenza insostenibile interamente a tutte le tue società. Questa rinchiude sempre troppe delle tue figlie e tutti i tuoi figli in una gabbia di un Bene e di un Male, di un lecito (halâl) e di un illecito (harâm) che nessuno sceglie ma che tutti subiscono. Imprigiona le volontà, condiziona gli spiriti, impedisce o ostacola qualsiasi scelta di vita personale. In troppi dei tuoi paesi tu associ ancora religione e violenza, contro le donne, contro i “cattivi credenti”, contro le minoranze cristiane o altre, contro i pensatori e gli spiriti liberi, contro i ribelli, in modo tale da arrivare a confondere questa religione e questa violenza , tra i più squilibrati e i più fragili dei tuoi figli, nella mostruosità del jihad!
jihadPertanto, ti prego, non ti stupire, non fare più finta di stupirti che dei demoni come il cosiddetto Stato islamico ti abbiano rubato il volto! Poiché i mostri e i demoni rubano solo i volti già deformi a causa di troppe smorfie! E se vuoi sapere come fare per non mettere più al mondo tali mostri, te lo dirò. È allo stesso tempo semplice e molto difficile. Devi iniziare dal riformare tutta l’educazione che fornisci ai tuoi bambini, è necessario che tu riformi ciascuna delle tue scuola, ciascuno dei tuoi luoghi di sapere e di potere. È necessario che le riformi per dirigerle secondo dei principi universali (anche se non sei il solo a non rispettarli o a persistere nella loro ignoranza): la libertà di coscienza, la democrazia, la tolleranza e il diritto di cittadinanza per ogni diversità nella visione del mondo e nelle credenze, l’uguaglianza dei sessi e l’emancipazione delle donne sotto tutela maschile, la riflessione e la cultura critica del religioso nelle università, la letteratura, i media. Non puoi più tornare indietro, non puoi più fare di meno di tutto ciò! Non puoi più fare meno della rivoluzione spirituale la più completa! È il solo modo per te per non mettere più al mondo tali mostri e se non lo fai sarai ben presto distrutto dalla potenza della distruzione. Quando avrai correttamente portato a termine questo compito colossale, invece che rifugiarti ancora nella malafede e nell’accecamento volontario, allora più nessun mostro spregevole potrà venire a rubarti il volto.
All'asilo del califfo[…] Non sarei mai stato cosi severo in questa lettera se non credessi in te. Come si dice in francese: “Chi ama profondamente, castiga bene”. Al contrario, tutti coloro i quali non sono abbastanza severi con te attualmente, che ti scusano sempre, che ti voglio considerare sempre una vittima, o che non vedono la tua responsabilità in quello che ti accade, tutti loro in realtà non ti fanno del bene! Credo in te, credo nel tuo contributo nel fare del nostro pianeta un universo più umano e allo stesso tempo più spirituale! Salâm, che la pace sia in te

Abdennour BidarAbdennour Bidar
(15/10/2014)
Lettera aperta al
mondo musulmano
(trad. Stella Punzo)

Homepage

Allah ha rotto il cazzo

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , on 14 novembre 2015 by Sendivogius

Daesh

Alla buonora, l’Europa inizia a sospettare che forse qualche piccolo problemino di compatibilità con certe “risorse” d’importazione c’e l’ha… Specialmente con quelle che della cosiddetta “integrazione culturale” proprio non sanno che farsene, non riconoscendo altra identità se non la propria; sostanzialmente impermeabili alle società d’accoglienza (che usano ma nell’intimo disprezzano), e convinti che il resto del mondo sia solo una propaggine da sottomettere alle proprie pretese.
sharia-for-france-2Nella serata di un nerissimo Venerdì 13 di sangue, l’Europa scopre infine di “essere in guerra”, alla stregua di una pornostar che apprende di aver perduto la verginità..!
In un mondo che sembra dominato dalla prevalenza dei conflitti asimmetrici in assenza di restrizioni, è ovvio che si tratti di una forma (nemmeno tanto nuova) di “guerra”. Non è un concetto difficile da capire, specialmente quando è patente nella sua evidenza.
islamic-radicalsChe poi la Francia fosse in guerra con l’islam radicale (come se ne esistessero altri) è cosa assodata almeno dal 753 d.C. ai tempi della Battaglia di Poitiers, quando i francesi cominciarono ad avere i primi contatti diretti con la religione della pace.
Isl'Amici a LondraCi volevano i 200 morti di Parigi per capirlo. I precedenti infatti non erano bastati a chiarire bene un dato di fatto…
Religione di paceNon i 20 morti dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo (07/01/2015).
Non i fatti di Copenaghen (14/02/2015).
Non l’assalto al museo ebraico di Bruxelles (24/06/2014).
Non la macellazione in diretta del soldato Rigby per i viali londinesi (22/05/2013).
Non gli attentati di Montauban e Tolosa nel Marzo 2012.
Non le stragi di Londra (07/07/2005).
Non il massacro di Madrid (11/02/2004).
Non l’assassinio del regista Theo van Gogh ad Amsterdam (02/11/2004).
Theo van GoghGiusto per parlare degli ultimi attentati più ‘eclatanti’ in ordine di tempo; subito rimossi e prontamente dimenticati, per non mettere in discussione il mito di un certo “multiculturalismo” fallito, che in nome di una distorta idea di “tolleranza” impedisce agli esteti della “società aperta” di vedere i suoi nemici, nella troppo ottimistica illusione che ogni “diversità” costituisca un valore aggiunto. E quindi non comprendere che questa per sopravvivere ha bisogno non solo di valori condivisi, ma anche di una serie di efficaci meccanismi a difesa, onde non incorrere nei pericoli impliciti di quello che Karl Popper chiamava “paradosso della tolleranza”:

«La tolleranza illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi

Isl'Amici in EuropaAltrimenti, una siffatta società è destinata inesorabilmente ad essere distrutta dal suo interno, nella negazione violenta della stessa, dal momento che si rende liberi i prepotenti di schiavizzare i mansueti.
daesh-girls-slaves-isisPer contro, molte istituzioni comunitarie sembrano piuttosto preoccupatissime di non disturbare una pretenziosa minoranza di fanatici integralisti, convinti di avere il diritto divino di fare quel cazzo che gli pare ovunque abbiano la sventura di trapiantarsi.
Burqa per la FranciaGente che ama il suo profeta, ma sembra odiare il resto dell’umanità.
Isl'Amici in DanimarcaE che per qualche imperscrutabile ragione si deve “accogliere” e sopportare con tollerante rassegnazione, quasi fosse un male necessario o una calamità naturale dalla quale non si può prescindere, invece di denunciare ed estirpare lo sviluppo ed il radicarsi di certe neoplasie tumorali che vengono lasciate crescere indisturbate. Un chirurgo non si interroga mai sulle “ragioni” di un tumore, cercando la legittimità delle sue motivazioni, ma procede quanto prima alla rimozione dello stesso, prima che le metastasi finiscano col compromettere l’intero organismo.
Gli Isl'Amici e la Democrazia (2)Per intenderci, gli attacchi sporadici ad opera di una manciata di psicopatici possono costituire un atto quasi fisiologico, da considerarsi inevitabile nell’eccezionalità di un evento imprevedibile.
Isl'Amici e la Democrazia Al contrario, una lunga serie di attentati prolungati nel tempo, che costanti si susseguono a ritmo regolare seguendo precise modalità di esecuzione, sottende un disegno di fondo delineato secondo una precisa strategia d’insieme. Il fatto che loro esecuzione sia affidata a cellule sparse su un intero continente, collegate da una rete globale, presuppone infatti l’esistenza di organizzazioni con strutture di supporto logistico e di fiancheggiamento attive sul territorio, insieme ad un’attenta opera di pianificazione operativa, complicità diffuse, approvvigionamento di armi, ed una notevole facilità di finanziamento. È la lapalissiana differenza che intercorre dal gesto isolato di un sociopatico con tendenze omicide e un’affiliazione votata al terrore, con migliaia di adepti che agiscono in sinergia di gruppo, accomunati da una medesima matrice ideologica di ispirazione religiosa. Che questa sia poi volta all’instaurazione di un’entità teocratica dominata da una cupola di psicopatici che vivono nel culto della morte e praticano con gusto l’omicidio di massa, in un’orgia di sangue che sembra eccitarli più di ogni altra cosa, tanto sono ansiosi di condividere col mondo l’inferno che si portano dentro, non fa che aggravare ulteriormente il livello complessivo della situazione.
L'uomo che inculava le caprePoi ci sarebbero, specialmente in Francia, gli “atti vandalici” pressoché quotidiani contro sinagoghe e cimiteri ebraici, ma ultimamente anche cattolici, sistematicamente devastati con metodica ferocia. Ma queste di solito vengono derubricate in fretta come goliardate che non fanno notizia, mentre le intimidazioni a giornalisti e scrittori con il lancio di una qualche fatwa per “blasfemia” sembra quasi diventato un insignificante inconveniente del mestiere, finché non degenerano in qualcosa di ben più grave; almeno fino al prossimo attacco di queste capre mannare lasciate libere di scorrazzare impunemente.
Capre mannareForse sarebbe ora di sfilarsi i guanti e restituire il viatico caricato con gli interessi a questi rigagnoli infetti di barbarie medioevale. Perché Allah non è grande, ma in compenso ha davvero rotto il cazzo!

Homepage

Oriente e Occidente (II)

Posted in Kulturkampf with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 25 agosto 2015 by Sendivogius

Raffaello Sanzio - 'Scuola di Atene'

«Anis si era dunque ribattezzato “Rushdie” in onore di Ibn AverroesRushd, colui che in Occidente è noto come Averroè, il filosofo arabo-spagnolo di Cordoba del XII secolo che era diventato il “qadi”, o giudice, di Siviglia, traduttore e commentatore celebrato delle opere di Aristotele. Suo figlio portò quel nome per due decenni prima di rendersi conto che il padre, un vero studioso dell’islam a cui però mancava completamente la fede religiosa, lo aveva scelto perché di Ibn Rushd ammirava le argomentazioni razionalistiche all’avanguardia nei confronti degli islamici che, ai suoi tempi, tendevano a interpretare le scritture in modo strettamente letterale.
teologo-arabo[…] Dalla tomba, suo padre gli aveva consegnato un vessillo sotto il quale era pronto a lottare, il vessillo di Ibn Rushd, ossia dell’intelletto, dell’argomentazione, dell’analisi e del progresso, per la libertà della filosofia e dell’insegnamento dai ceppi della teologia, per la ragione umana contro la cieca fede, la sottomissione, l’accettazione prona e l’immobilismo. Nessuno vuole andare in guerra, ma se ti ci trovi in mezzo, che almeno sia una guerra giusta, per le cose più importanti che ci sono al mondo, e allora potresti anche chiamarti “Rushdie”, se dovessi andare a combatterla, e collocarti laddove ti ha messo tuo padre, nel solco della tradizione del grande aristotelico, Averroè, Abuˉ ’l-Walˉıd Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd.
Abuˉ ’l-Walˉıd Muhammad ibn Ahmad ibn Rushd[…] Anis era un senza Dio, il che è ancora considerato una condizione scioccante negli Stati Uniti, sebbene sia tutt’altro che eccezionale in Europa, e completamente incomprensibile nella maggior parte del resto del mondo, dove la sola idea di “non credere” è difficile persino da formulare. Ma era esattamente ciò che era: un ateo che però sapeva molto di Dio e ci pensava spesso. Le origini dell’islam lo affascinavano poiché erano le uniche a essere storicamente documentate tra le grandi religioni del mondo, e perché il Profeta non era una leggenda glorificata da “evangelisti” che avevano scritto cento o più anni dopo la vita e la morte dell’uomo reale, né un piatto riscaldato da quell’eccezionale proselitista che era stato san Paolo per un facile consumo globale, ma piuttosto un uomo dalla vita ampiamente certificata, di cui si conoscevano bene le condizioni economiche e di censo, vissuto in un’epoca di profondi cambiamenti sociali, un orfano diventato mercante Al-Qurandi successo dalle tendenze mistiche, che un giorno, sul monte Hira vicino alla Mecca, aveva visto l’arcangelo Gabriele stagliarsi all’orizzonte riempiendo la volta celeste e istruendolo su come “recitare” e pertanto creare a poco a poco il testo della “Recitazione salmodiata”, al-Qur’an, il Corano.
Anis aveva tramandato al figlio la convinzione che la nascita dell’islam fosse affascinante proprio perché si era verificata “dentro la storia”, e che, in quanto tale, non poteva che essere stata influenzata dagli eventi, dalle pressioni e dalle idee circolanti al tempo della sua creazione; e che storicizzare l’accaduto, cercare di capire come una grande idea potesse essere modellata da quelle diverse forze, era di fatto l’unico approccio possibile all’argomento; e che si poteva considerare Maometto un autentico mistico – così come si può accettare che Giovanna GABRIEL - Far from Graced’Arco abbia realmente sentito delle voci o che la Rivelazione di san Giovanni riporti effettivamente l’esperienza “reale” di un’anima tormentata – senza necessariamente stimare come vero che, se qualcuno fosse stato accanto a lui quel giorno sul monte Hira, avrebbe assistito a sua volta all’apparizione dell’arcangelo.
La rivelazione doveva essere intesa come un evento interiore, individuale, non come una realtà oggettiva, e la parola rivelata andava indagata come ogni altro testo, usando tutti gli strumenti critici a disposizione, letterari, storici, psicologici, linguistici e sociologici. In breve, il testo doveva essere considerato come un artefatto umano e, in quanto tale, preda della fallibilità e dell’imperfezione degli uomini.
Il critico americano Randall Jarrell, con una frase diventata famosa, ha definito il romanzo come “un lungo scritto con qualcosa di sbagliato dentro”. Ecco, Anis Rushdie pensava di sapere cosa ci fosse di sbagliato nel Corano: alcuni passaggi sembravano sconnessi.
MaomettoSecondo la tradizione, Maometto, che era forse analfabeta, quando scese dalla montagna cominciò a recitare e chiunque appartenesse alla sua più stretta cerchia e gli fosse vicino in quel momento trascrisse le sue parole su quanto aveva sottomano: pergamena, pietra, pelle, foglie, e talvolta, si dice, persino ossa. Questi brani furono conservati in un forziere custodito nella sua abitazione fino alla sua morte, quando i compagni si riunirono per stabilire la corretta sequenza della rivelazione, ed è alla loro risolutezza che dobbiamo il testo del Corano diventato canonico. Per poterlo considerare “perfetto”, il lettore è chiamato a credere che: a) l’arcangelo abbia riferito la Parola di Dio senza alcuna imprecisione, il che è del tutto ammissibile dal momento che si presume che gli arcangeli siano immuni da refusi; b) il Profeta, o, come preferiva chiamarsi, il Messaggero, si sia ricordato le parole dell’arcangelo con assoluta precisione; c) le frettolose trascrizioni dei compagni, buttate giù nel corso di una rivelazione durata ventitré anni, siano parimenti esenti da errori; d) quando essi si riunirono per disporre il testo nella sua forma definitiva, la loro memoria collettiva della corretta sequenza fosse a sua volta perfetta.
Quraysh Anis Rushdie era riluttante a contestare le proposizioni a), b) e c). La d), invece, gli risultava più difficile da digerire, perché, come facilmente si accorge chiunque legga il Corano, parecchie sure, o capitoli, contengono profonde discontinuità, cosicché un argomento è lasciato cadere d’un tratto, senza preavviso apparente, per poi magari essere ripreso inaspettatamente più avanti, all’interno di una sura che fino a quel momento riguardava tutt’altro. Anis coltivò a lungo il desiderio di ricomporre quelle discontinuità per poter così giungere a un testo che fosse più chiaro e più facile da leggere. Non si trattava di un piano segreto o nascosto, tutt’altro, ne discuteva apertamente con gli amici anche a cena. Non c’era nessun brivido in quell’impresa, nessuna sensazione che essa potesse costituire un pericolo. Forse i tempi erano diversi, e un’idea del genere poteva essere sostenuta senza temere ritorsioni; o forse le persone al corrente erano davvero meritevoli di fiducia; o semplicemente Anis era soltanto un eccentrico inoffensivo. Fatto sta che quello studioso revisionista crebbe i suoi figli in un’atmosfera di indagine libera e aperta, senza divieti, senza tabù. Tutto, persino le sacre scritture, poteva essere vagliato e, almeno potenzialmente, migliorato

Salman RushdieSalman Rushdie
Joseph Anton
Mondadori, 2012

Homepage