Passano gli anni, ma certe abitudini proprio non cambiano… Incapaci di gestire le tensioni sociali, impermeabili alla discussione, sono allergici all’idea stessa che possa esistere una qualche forma di dissenso. Disagio giovanile, disoccupazione cronica, nuove povertà, immobilismo sociale, crisi di rappresentatività, emarginazione e questione generazionale… tutto si riduce ad un problema di ordine pubblico, circoscritta ad emergenza securitaria, nella negazione ostinata e boriosa di ogni altra ragione o riconoscimento; ben attenti a non diffondere il contagio. La società, fuori dai mutualismi clientelari del potere, è potenzialmente qualcosa di criminale e dunque da controllare. Il dialogo è debolezza. Il confronto è sempre qualcosa di meramente muscolare, funzionale a rinsaldare i rapporti di forza.
Dinanzi agli effetti devastanti di una crisi (questa sì) davvero epocale, non conoscono altre parole che non siano: censura; leggi speciali; schedature di massa; rastrellamenti; arresti preventivi…
Dai tempi di Bava Beccaris, ripropongono sempre la stessa ricetta: REPRESSIONE.
L’avevamo già allegato in passato [QUI] ma la visione meritava di essere riproposta.