Archivio per Herat

Uomini o caporali?

Posted in Muro del Pianto with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 3 giugno 2015 by Sendivogius

Fat Cute Soldiers

“La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza.
Uomini o Caporali Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama.
I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l’autorità, l’abilità o l’intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque. Dunque, fattydottore, ha capito? Caporali si nasce, non si diventa: a qualunque ceto essi appartengano, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso: hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi, pensano tutti alla stessa maniera.”

La_Russa_in_mimetica Era dai tempi di Benito La Russa ministro, che non si vedeva uno di quegli inquietanti figuri in conto politico vestire una divisa militare; non sapendo che un’uniforme, in primo luogo, bisogna saperla portare, se non si vuole sembrare incredibilmente ridicoli…
E la cosa sembrava circoscritta lì, fintanto che Angelino Alfano non ha voluto rinverdire la discutibile pratica, in una fugace ma non meno imbarazzante esibizione. Anche lui a ciondolare dalle parti delle cucine da campo, intabarrato nella cerata policroma presa in prestito da qualche fondo di magazzino ad Herat, tra attempati attendenti delle CCS riunite in rivista. In entrambe i casi, non era certo un bello spettacolo a vedersi…
Alfano ad HeratCosa spinga poi questi costosi idioti a pubblico mantenimento, a travestirsi da guerrieri della domenica, infagottati in giubbe mimetiche palesemente troppo piccole che ne esaltano il fisico sformato, l’assoluta assenza di massa muscolare, ed il ventre prominente vergognosamente rilassato in un ingombrante cascame di ciccia superflua, resta una di quelle questioni irrisolte che rendono bene il livello di imbecillità a cui è scaduta la politica twittata con raffiche incontrollate di selfie.
lucarelli-renziGiacché è la pioggia di merda, come la figura, ad imprimersi nell’immaginario collettivo ogniqualvolta ci si imbatte in una tale desolazione dello spirito e dell’indecenza.
alfano-heratSiamo così passati dal ghignante La Russa beotamente gaudente nel suo colorato costumino di carnevale, all’intirizzito Alfano con tanto di cappellino per la gita marziale, fino all’immancabile performance del “Bomba” che certo non poteva sottrarsi alla gara dei travestiti, mentre sghignazza come suo solito, tutto eccitato dall’esordio in caserma, con le finte stellette appuntate sul petto da tisico riformato…
scherzi da casermaQuali siano state le impressioni della truppa riunita per assistere alla passerella esotica di questo ingibbonito bidone da parata, con tanto di gobbetta incipiente e pappagorgia al vento non è dato sapere. È certo che simili spettacoli, circoscritti a comparsate lampo, rendono assai più piacevole la lontananza dall’Italia, lasciando a noi l’intera prosecuzione della farsa.

Il Gobbo di Herat

RENZIMANDIAS
di Alessandra Daniele
(01/06/2015)

Tywin Lannister“Any man who must say “I am the king” is no true king at all”

«Renzi è un cazzaro.
Il suo petulante ottimismo è solo una sceneggiata per i media di corte.
Il suo presunto carisma è un prodotto sintetico di quegli stessi media.
Il suo pseudo consenso maggioritario in un anno s’è già praticamente dimezzato.
E come queste regionali hanno dimostrato, il suo personale potere effettivo non gli basta nemmeno a controllare il suo stesso partito. Un PD più dilaniato che mai dalla guerra fra bande, con arroganti capibastone che spadroneggiano alla faccia dell’immagine che Renzi vorrebbe spacciare, e cadaveri eccellenti pronti a cogliere l’occasione giusta per vendicarsi dell’usurpatore fiorentino.
Grazie a Cofferati, ne ha trovato il modo persino lo sparuto ex sodale Pippo Civati: dopo un anno di travagliati monologhi con in mano il teschio di Letta, il Principe Triste s’è deciso a lasciare il partito e riciclarsi come Principe del Popolo, sostenendo un candidato ligure inventato apposta per fottere – meritatamente – il PD. Un fuoco amico che Renzi non ha saputo fronteggiare, se non con inutili appelli al voto utile anti-berlusconiano, che da parte sua suonano particolarmente grotteschi, visto che Berlusconi è stato un suo grande elettore almeno quanto Marchionne.
E i califfati di Puglia e Campania, con Emiliano e soprattutto De Luca, minacciano d’essere per Renzi una zeppa nel culo persino peggiore della bruciante sconfitta ligure.
Anche a prescindere dall’assegnazione delle singole poltrone, queste regionali sanciscono comunque il tramonto di quell’apparente consenso plebiscitario manifestatosi alle elezioni europee, che non potrà più essere sbandierato dal premier come simulacro di legittimazione popolare per ogni sua porcata.
Come un reggente fantoccio insediato da un esercito occupante, Renzi non ha il controllo del territorio. Tutto il potere che ostenta deriva dalle lobby che lo sostengono al governo nazionale, e che alle amministrazioni locali sono in definitiva meno interessate.
Quello che a loro importa è controllare la politica economica nazionale, in modo che l’Italia continui a togliere ai lavoratori per dare agli speculatori, e che ogni ostacolo residuo sul percorso di questo denarodotto venga spazzato via.
Infatti l’attuale bersaglio privilegiato del premier, dopo l’istruzione pubblica, sono il diritto di sciopero e i sindacati, soprattutto quelli di base, che progetta di abolire.
Con tutta la sua vanagloria Renzi non è affatto un sovrano.
Per citare Apocalypse Now, è soltanto un garzone mandato dal droghiere a incassare i sospesi.
Politicamente parlando, Renzi è un killer.
E il suo obiettivo siamo noi.
La sua caduta però è già cominciata

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IL MINISTRO DELLA GUERRA

Posted in Risiko! with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 17 settembre 2009 by Sendivogius

 “In Afghanistan bisogna restare per mantenere alto l’onore dell’Italia
 (Franco Frattini; Ministro degli Esteri – 17 Sett. 09)

Soldatini Veramente, ci avevano detto (ed alcuni ci credevano pure!) che la permanenza del contingente italiano in Afghanistan fosse una ‘operazione di polizia internazionale’ volta all’instaurazione della democraziain nome della libertàper la difesa della paceper il ripristino del diritto… ed altre fioritefantasie lessicaliche infarciscono le banalità propagandistiche in ogni campagna bellica.
Inoltre, la missione militare in terra afgana avrebbe dovuto pacificare l’intera regione; stabilizzare la turbolenta area, compresa tra i monti dell’Hindokush ed i deserti del Belucistan; piantare i semi di una solida democrazia e
liberare le donne dalla schiavitù del burqa…
Infatti, gli osservatori europei contestano qualcosa come due milioni di schede contraffatte alle ultime elezioni, che hanno visto la riconferma del presidente uscente Ahmid Karzai. A proposito di diritti e dignità femminile, proprio il presidente Karzai è il firmatario di una legge che, oltre al divieto di circolazione per le donne sposate, stabilisce lo stupro coniugale e, di fatto, la pedofilia col matrimonio di bambine con meno di 12 anni.
[Potrete avere un piccolo ragguaglio leggendo qui]
E per questi eccezionali risultati spendiamo milioni di euro ogni mese, mandando a crepare i nostri soldati!
Delle migliaia di danni collaterali tra la popolazione civile, notoriamente, non frega un cazzo a nessuno.
1880 - 66th soldier in southern AfghanistanAdesso sappiamo che la presenza militare dell’Italia in terra afghana è soprattutto una questione di prestigio nazionale e di ‘onore’… secondo un lessico ideologico di stampo ottocentesco e proto-fascista, che ben si addice alle moderne guerre coloniali dei nuovi imperi e del loro contorno di truppe ausiliarie.
Infatti, dopo ben 7 anni di guerra non-dichiarata, l’Afghanistan è frazionato in satrapie semi-indipendenti, dove i vari Signori della Guerra confluiti nella traballante ‘alleanza anti-taliban’ esercitano un potere feudale, ripartito su base clanica, e puntellato dai contingenti militari stranieri.
Il controllo del governo legittimo-laico-democratico non va oltre il centro di Kabul. Sulla sua stessa sopravvivenza ben pochi scommetterebbero, qualora venisse meno il supporto armato delle forze NATO.
Il tempo del conflitto viene dilatato in una spirale che si avvita su sé stessa in un moto perpetuo dai tempi indefiniti, senza una reale prospettiva di soluzione né evoluzione, nell’immanenza di un tempo presente cristallizzato nella minaccia perenne.

Il tempo di guerra è il periodo che la gente trascorre sotto i bombardamenti. Molti popoli oggi conoscono il tempo di guerra, direttamente, come i nostri nonni e genitori hanno conosciuto quello delle guerre mondiali.
 Il tempo della guerra non è la contingenza del conflitto armato ma è il periodo in cui tutto ruota intorno all’idea della guerra, ai suoi riti, alle sue minacce. Questa idea pervade oggi ogni politica e ogni attività internazionale. Sembra che non ci sia più altra soluzione che la guerra, altra chance che la guerra. Per farla le è stato perfino cambiato il nome. Gli stessi sforzi per la pace ruotano attorno all’idea di evitare la guerra e nel frattempo essa è tenuta allo stato di immanenza, con la paura. Il tempo della guerra significa che essa è sovrana e sovrasta ogni attività umana. Mentre il tempo di guerra è razionale perché rappresenta un punto eccezionale di esplosione della violenza, il tempo della guerra, come forma mentale, è una tendenza di lungo periodo e quindi irrazionale perché contrasta con le aspirazioni più utili all’uomo: la pace e la cooperazione fra i popoli. Paradossalmente, si può avere il tempo di guerra mentre si cercano la pace e il rispetto dei diritti, ma il tempo della guerra porta soltanto a percepire i diritti come giustificazione per la guerra.”

Sono le riflessioni del Gen. Fabio Mini, riprese da un’intervista di Anna Luisa Santinelli (14 Luglio 2009). Per intenderci, tra i suoi moltissimi incarichi, il generale Mini è stato addetto militare in Cina; osservatore militare in USA; Capo di Stato Maggiore del comando interforze NATO per il Sud-Europa; Comandante NATO in Kosovo; e grande esperto in studi strategici.

Winston Churchill asseriva che la guerra fosse una cosa troppo seria per lasciarla ai generali. Evidentemente non aveva mai conosciuto i politici italiani…

Liberthalia - LA RUSSA dux

Da bambini tutti abbiamo giocato coi soldatini, ma qualcuno continua a farlo anche da adulto con risvolti preoccupanti. È il caso di Ignazio Benito La Russa, lo scoppiettante Ministro della Guerra arruolato alla corte di Re Silvio.
La Russa appartiene alla nutrita schiera di folgorati  che si improvvisano grandi strateghi e, travestiti da generali, tengono il proprio culo comodamente al sicuro dietro le retrovie. In qualità di ministro, probabilmente si crede un incrocio tra Rommel ed Alessandro il macedone.
LA RUSSA IN AFGHANISTANLa Russa ferox, quello che trapiantato da almeno 40 anni a Milano parla ancora come un picciotto da “Commissario Montalbano”, è colui che più di ogni altro si è battuto per la modifica delle regole di ingaggio, che disciplinano la condotta dei militari italiani impegnati in missioni all’estero. Con la rimozione dei “caveat” e l’estensione delle ‘regole’ in senso maggiormente operativo, per interventi armati di tipo offensivo e l’impiego attivo in azioni di combattimento, il contingente italiano è diventato a tutti gli effetti una forza belligerante impegnata in operazioni di guerra. È superfluo dire che ciò risulta in palese contrasto con il dettame costituzionale e le finalità stesse della missione. 00 - Afghanistan (Dic.1878) - Peiwar Kotal battle
Tuttavia, La Russa (alias la ‘Volpe di Battriana’) non era ancora soddisfatto…
Vuoi per distinguersi con gli altri contingenti occidentali; vuoi per acquisire benemerenze atlantiche; vuoi per una insana idiozia… la Volpe di Battriana ha ottenuto che il corpo di spedizione italiano (2800 unità) venisse dislocato nel pericoloso settore sud-occidentale dell’Afghanistan, tra le province di Herat e Farah (proprio là dove i talebani sono più coriacei), insieme ad un distaccamento di 500 soldati di stanza a Kabul (a rotazione tra paracadutisti e alpini). map of Afghanistan

Nella loro nuova veste operativa, le truppe italiane, devono arginare l’avanzata dei talebani che da Farah premono verso le province occidentali del Nord e contenere le infiltrazioni dei talebani cacciati dall’offensiva anglo-americana nella vicina provincia di Helmand.
Soprattutto gli italiani devono assicurarsi il controllo ed il costante sminamento della route 517, la principale arteria stradale che attraversa tutto il territorio di Farah e collega il capoluogo provinciale alla cosiddetta ‘Ring Road’: la circolare dal quale si irradiano le principali linee stradali dell’Afghanistan.
La ‘messa in sicurezza’ della route 517 è il motivo dei frequenti giri di perlustrazione delle pattuglie meccanizzate dell’esercito italiano. A battere la strada 517 sono i convogli formati dal veicolo VTLM ‘Lince’, che la truppa chiama meno prosaicamente “scarrafone”. Maggiori sono le uscite di pattugliamento, più aumentano i rischi di attentati esplosivi ed il rischio di cecchinaggio a colpi di lanciagranate RPG… Si tratta di attacchi come quello che il 14 Luglio 2009 ha ucciso il c.m. Alessandro Di Lisio.
Approssimativamente, questo è il trappolone esplosivo nel quale lo zelo della Volpe di Battriana ha cacciato le truppe italiane.
I famosi ‘blindadi linge‘, come li chiama La Russa, sono una variante del versatile VM-80 di produzione Iveco, rinforzati con una corazzatura leggera. Al contrario dei più resistentiPUMA autoblindo PUMA e dei pesanti cingolati DARDO, hanno il pregio di essere più veloci, più maneggevoli e dinamici ma, a dispetto di quanto si dice, offrono una protezione sicuramente minore per l’equipaggio. E l’ultimo attentato nella capitale Kabul lo dimostra in modo eloquente.
DARDONell’esplosione che ha ucciso sei paracadutisti del 186° Reggimento c’era anche il c.m. Pistonami, che il 03/08/09 aveva rilasciato un’intervista profetica a Barbara Schiavulli, inviata del settimanale “L’Espresso”. Il reportage aveva un titolo eloquente: “Trappola Afghanistan”.
Ne riportiamo una parte significativa:

“Il primo caporalmaggiore Giandomenico Pistonami, come il collega Di Lisio deceduto il 14 luglio scorso, è un mitragliere, quello che sta in ralla, il più esposto perché sbuca con il corpo fuori dal Lince. “Esco tutti i giorni, faccio da scorta a materiali e persone”, racconta Pistonami, 26 anni di Lubriano (Viterbo): “Il mio è il ruolo più importante della pattuglia, ho più campo visivo e uditivo, con un gesto posso fermare le macchine che passano”. Un lavoro pericoloso, di concentrazione e tensione che lascia poco spazio alle emozioni. “Purtroppo la mia famiglia guarda i telegiornali”, aggiunge con un sorriso, “ma sono tranquilli quando mi sentono tranquillo, per fortuna ci sono Internet e il telefono”. Il posto che occupa Pistonami qualcuno lo chiama ‘sedile della morte’ e spiega che ormai molti mezzi militari di altri contingenti tengono il militare dentro al blindato con un sistema di comando per pilotare la mitragliatrice fuori. Per quanto riguarda i nostri, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, pensa di aggiungere una protezione, una sorta di torretta. Il ministro ha anche promesso l’invio, già approvato da un decreto, di due nuovi Tornado, che si aggiungeranno ai due parcheggiati a Mazar-i- Sharif, non appena sarà pronta la pista dell’aeroporto di Herat, sulla cui data di apertura non ci sono tempi certi. I Tornado italiani, come quelli tedeschi, per ora vengono usati come ricognitori, ma il governo non nega la possibilità di aggiungere cannoncini, trasformandoli in mezzi che possono sostenere azioni di combattimento. Ma tutti questi accorgimenti per rendere più sicura la missione arriveranno fuori tempo massimo, comunque dopo il periodo fatale che coincide con la campagna elettorale. Così, mentre in Italia il governo si spacca sulla questione cruciale se rimanere o meno in Afghanistan e la Lega, Bossi in testa, mostra tutto il suo scetticismo, qui i soldati affrontano la loro guerra quotidiana senza nemmeno il conforto di avere alle spalle un esecutivo concorde circa l’utilità del loro impegno.”