Archivio per Gianni Alemanno

ROMAGEDDON (IV) – Li mejo fichi der bigonzo

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , on 19 aprile 2016 by Sendivogius

fichi_settembrini

Come sia venuto in mente al papi della patria di tirar fuori dal suo cilindro sfondato un Guido Bertolaso da riciclare ad aspirante sindaco di Roma, è l’ultimo mistero buffo della campagna elettorale più scialba ed incolore che mai si sia vista nella storia della Capitale, dove tutti i candidati mirano pervicacemente a perdere, tanto improbo è l’incarico.
Guido Bertolaso Del Guido nazionale, meglio conosciuto come l’uomo con la tuta per la varietà del suo guardaroba e soprattutto per la funesta esperienza alla Protezione Civile, trasformata in un protettorato politico per la distribuzione appalti nell’organizzazione dei “Grandi Eventi” a coreografia del ventennio berlusconiano, avevamo già parlato diffusamente in passato…

1) GLI SCHIFOSI
2) L’UOMO CON LA TUTA
3) COMPAGNI DI MERENDE
4) GLI AMICI DEGLI AMICI

Erano i tempi andati del Silvio Re, quando Bertolaso, gaffeur di proporzioni titaniche e dalla presunzione sconfinata, sembrava proiettato nell’empireo degli onnipotenti per grazia ricevuta, diventando il più fedele interprete delle manie di grandezza del Megaloman brianzolo. Perché ogni “grande evento” (gare ciclistiche, regate, mondiali di nuoto, beatificazioni, visite pastorali, convegni eucaristici, vertici politici e militari, pellegrinaggi), richiede “Grandi Opere”: dal G.8 della Maddalena (poi spostato a Pratica di Mare, ma profumatamente pagato) alle visite pastorali del papa (800 mila euro stanziati nel 2008 per gli spostamenti di Benedetto XVI, ogni volta che il pontefice supera le sponde del Tevere il governo concede la dichiarazione di “grande evento”), senza per questo dimenticare i congressi eucaristici del 2005 a Bari (3 milioni) e ad Ancona nel 2011 (200 mila euro); dai campionati di ciclismo a Varese (71 milioni) ai mondiali di nuoto a Roma (60 milioni). E giù via sperperando fino alla grottesca manna del terremoto de L’Aquila: 1 miliardo e mezzo di euro, per una ricostruzione mai avviata ed opere pagate il triplo del prezzo reale, culminate nello sradicamento di intere comunità disperse nell’anomia spersonalizzante delle New Town.
New townA tal punto che gli sprechi dell’Era Bertolaso sono diventati mitologici, tanto superano qualunque precedente nella moltiplicazione dei costi e delle spese a trionfo dell’effimero, in regime di emergenza permanente…
SprechiSotto la conduzione di Bertolaso (il sockpuppet nelle mani di Berlusconi e Letta senior), il dipartimento della Protezione Civile è stato convertito in un immenso giocattolone in comodato d’uso a quell’altro “governo del fare”, che ne ha fatto una propria macchina spremi-soldi per la creazione di consenso e sistemazione clientele. Quindi investita di poteri straordinari a colpi di decreti-legge usati per scardinare le normative vigenti, fino a diventare un immenso collettore d’appalti da distribuire a propria completa discrezione ed in deroga a tutte le regole, per la gioia dei vari “soggetti attuatori” di natura privatistica riuniti all’incredibile greppia di governo.

Il boss e la matricolaIl boss e la matricola

All’epoca si parlò di “sistema gelatinoso” tanto la pratica era diffusa e soprattutto pervasiva, in un’orgia di corruzione ramificata a tutti i livelli possibili.

«L’era Bertolaso inizia il 7 settembre 2001. Quel giorno il secondo governo Berlusconi, in carica da pochi mesi, trasforma la Protezione Civile in un dipartimento della Presidenza del Consiglio, e ne nomina l’attuale dirigente, Guido Bertolaso.
Quella che fino ad allora era stata un’agenzia indipendente, che comprendeva i Vigili del fuoco e il Servizio sismico nazionale e si era occupata di emergenze territoriali, come terremoti e inondazioni, diventa -per effetto del decreto legge numero 343 del 2001- un organo il cui potere di ordinanza si estende anche ai cosiddetti “grandi eventi”.
Tradotto, questo vuol dire che la Protezione Civile da quel giorno si occupa anche di vertici internazionali, raduni religiosi e gare sportive, come il G8 2009 in Italia o i Mondiali di nuoto di Roma. E se aumenta il numero degli eventi di cui occuparsi, si moltiplicano le emissioni di denaro pubblico a favore della Protezione Civile e le gare d’appalto indette dalla stessa.
A far sì che poi tutto funzioni subito e al meglio c’è lui, Guido Bertolaso, il factotum di palazzo Chigi. Quando si presenta un’“emergenza” o un “grande evento” (come l’esposizione delle spoglie di S.Giuseppe da Copertino, noto santo pugliese), interviene il commissario delegato Guido Bertolaso: con una firma affida poteri straordinari al sindaco, che ha carta bianca e decide cosa e come fare.
A Varese, per esempio, in occasione di un altro “grande evento”, i Mondiali di ciclismo 2008, è bastata l’ordinanza n. 3565, varata dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 16 febbraio 2007, per stanziare sette milioni di euro per la nuova tangenziale fra la Ss 342 “Briantea” e la Ss 233 “Varesina”, con interconnessione alla Ss 344 di “Porto Ceresio”. Scavalcati sindaci ed enti locali. In una parola, i processi democratici.
[…] La soluzione, veloce quanto antidemocratica, risiederebbe nelle mani di Bertolaso: il commissario straordinario sarebbe in grado di rendere tutto “più facile”, bypassando con una firma consigli comunali e comitati di cittadini. Infatti il decreto legge “anticrisi”, varato dal Consiglio dei Ministri il 26 giugno 2009, aggiunge ai compiti della Protezione Civile anche “la gestione di interventi sulla trasmissione e distribuzione dell’energia”: è sufficiente la nomina di un “commissario delegato” per poter utilizzare “mezzi e poteri straordinari in deroga alle competenze delle altre amministrazioni locali”.
La Protezione Civile, quindi, non è solo un organo di prevenzione, ma uno strumento nelle mani dell’esecutivo. Uno strumento libero da qualsiasi controllo. Soprattutto finanziario. Non solo la Corte Costituzionale non può intervenire sulle ordinanze emesse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma la Corte dei Conti non può monitorare l’ammontare e l’utilizzo degli stanziamenti che ne conseguono.
Le cifre che sfuggono al controllo non sono irrilevanti. Tra il 3 dicembre del 2001 e il 30 gennaio del 2006 sono state emesse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri 330 ordinanze: esaminando un campione di 75 di queste, sappiamo che hanno richiesto l’utilizzo di 1.486.675.921,73 euro. In base a questo dato statistico è possibile stimare che in otto anni e mezzo, dal 2001 al 2009, le 537 ordinanze emesse abbiano richiesto ben 10.6 miliardi di euro: una cifra esorbitante, su cui la Corte dei Conti non ha alcun controllo

La Protezione Civile di Guido Bertolaso
di Laura Bellucci, Ilenia Cerri, Federica Florio
(17/07/2009)

A Roma, la Protezione Civile del Guido nazionale è rimasta famosa per i catastrofici mondiali di nuoto del 2009 organizzati insieme a quell’altro flagello che è stata la giunta Alemanno; nonché per gli intrallazzi della Cricca della Ferratella: quelli che ridevano la notte del terromoto a L’Aquila, pensando alla cuccagna della mai ultimata ricostruzione. Soprattutto, Bertolaso è noto per i massaggi galeotti (variante delle “cene eleganti”) al centro abusivo dell’amico Anemone; oltre che alle sue vicende di senzatetto alla ricerca di casa in centro storico, nell’ambito di un più articolato giro di favori e marchette tra i soliti noti.
Guido cerca casa - Berolaso ed il cardinale SepeDefinito nel periodo di massimo fulgore come il Batman arrogante e litigioso dei cataclismi (Massimo Falcioni), attualmente si è ridotto a fare il Robin di un acciaccato cavaliere oscuro oramai avviato all’inesorabile tramonto, diventando di fatto la spalla comica del berlusconismo al tracollo finale. Da cavallo perdente qual’è, verrà cavalcato dal vecchio padrone fintanto non verrà scartato sull’onda corta dei sondaggi.
Bertolaso e BerlusconiTuttavia, non è il caso di lasciarsi ingannare dalle apparenze…
Il sistema (“gelatinoso” o meno che fosse) inaugurato a suo tempo da Bertolaso & Co. per decretazione d’urgenza, regnando felicemente il papi Silvio, è diventata la prassi prevalente del nuovo esecutivo Renzi ai tempi della “rottamazione”, con galantuomini come Verdini e Formigoni elevati a garanti delle magnifiche sorti del nuovo “governo del fare”. Lo scardinamento delle regole, l’aggiramento sistematico dei controlli, l’esautorazione degli organi rappresentativi regolarmente eletti (non è certo il caso del nostro Piccolo Principe), l’abuso ricorrente nell’accentramento esclusivo dei poteri, è diventata la prassi ordinaria di un Governo che ha fatto del ricorso ai commissari straordinari un proprio tratto distintivo, nel solco della continuità ideale.
Silvio BerlusconiPer quanto possa sembrare paradossale, il vecchio Silvione Renzipersegue pervicacemente la sconfitta nell’apologesi del suo trionfo postumo, per una concezione del potere e delle “istituzioni” che ha fatto scuola tra allievi (solo per alcuni) ‘insospettabili’.

Alfio Marchini Fuori tempo massimo, nel piacionismo trasversale del populismo-soft, abbiamo invece Alfio Marchini: il bello ai tempi dell’anti-politica pop. Marchini è l’aitante (e non ultimo) rampollo di una nota casata di costruttori romani ‘de sinistra’; nonno Alfio da cui ha ripreso il nome e pochissimo altro (a parte l’eredità) è stato partigiano dei GAP romani e vicinissimo al PCI nel tempo che fu (per il quale costruì la storica sede di Botteghe Oscure, prima che il PD se magnasse pure quella), tanto da guadagnarsi il soprannome di Calce e Martello.
Come Alfio junior dalla Resistenza e la militanza comunista sia passato prima all’Opus Dei e poi direttamente a Comunione e Lottizzazione si spiega facilmente: basta seguire il solco degli affari col cuore che batte là dove pulsa il denaro. In questo Marchini è assolutamente trasversale e può passare con imperturbabile tranquillità dal finanziamento del settimanale ciellino “Il Sabato” a “L’Unità” (molto più a destra dello scomparso periodico del conservatorismo cattolico).
Francesco Gaetano Caltagirone Se volete conoscere il programma politico di Alfio Marchini, cercate alla voce “Caltagirone”. Per chi non è addentro alle faccende romane, non parliamo della siciliana “rocca dei vasi” (dall’arabo Kalat al Giarun), bensì di Francesco Gaetano Caltagirone: l’ottavo re di Roma e imperatore indiscusso dei palazzinari che dominano la città da sempre, con partecipazioni azionarie in ACEA (il vero gioiello delle aziende comunali); proprietario del principale quotidiano romano (Il Messaggero) insieme ad una pletora di giornaletti a diffusione capillare; socio d’affari nella holding finanziaria che in un sistema di scatole cinesi collega strettamente Alfio Marchini alla “finanza bianca” (passando da Cesare Geronzi a Giovanni Bazoli). Soprattutto, Caltagirone è il suocero (nonché generoso finanziatore) di Pier Ferdinando Casini che è anche il principale sponsor politico del Marchini-Sindaco, quanto mai interessato a rivedere il piano regolatore della città con la definizione delle nuove aree edificabili.
marchini-sindacoA ben vederlo, l’ex compagno Alfio sembra uscito da una puntata di “Beautiful”, col suo stile fermo agli Anni’ 80 come un Ken attempato in cerca della sua Barbie.

Giorgia Meloni A proposito di Barbie, con le sue gigantografie ritoccate in photoshop ed abbellite del 600%, ad ogni incrocio stradale troneggia sorridente e rassicurante Giorgia Meloni, l’ex pupilla di Gianfranco Fini Gianfranco Fini(rinnegato e sepolto vivo) che è riuscita nel miracolo di resuscitare un partito di nostalgici, ricostituito in fretta con gli scarti missini della defunta AN e Gianni Alemanno col quale ora finge di non avere niente da spartire.
Giorgia_MeloniParlare del programma (il grande assente di queste elezioni) è operazione assolutamente superfluo, visto che si tratta del solito ressemblement degli eterni cavalli di battaglia della “destra popolare” (gli zingari.. il degrado.. gli immigrati..), che a vari gradi di intensità pervade tutto il cucuzzaro fascista variamente disperso in candidature senza storia. E per questo Giorgetta ha ottime chance di arrivare al ballottaggio; rispetto ai suoi truci camerati ha almeno il dono dell’ironia e tanto basta a renderla simpatica, tracimando oltre le tradizionali cloache della fascisteria romana.

Fascisti in Campidoglio

Su tutto il resto non c’è storia: folklore elettorale per colorare la scheda nei rituali dell’urna, nell’anonimato generalizzato di candidati che non ‘bucano’ e si alternano tra grandi profusioni di “romanità” più o meno acquisita, a dimostrazione del provincialismo in cui sembra sprofondata la metropoli tra le più grandi e cosmopolite d’Italia, Comunque vada, sarà un disastro. Perché l’importante è partecipare. Dicono.

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Er CECIO

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 8 dicembre 2014 by Sendivogius

ceci

Carminati: “C’hai parlato? Ma sta tranquillo, si?”
Pucci: “Per me non ci sta col cervello… non ci sta, non ci sta con la capoccia!”
Carminati: “Ce la fa? Ce la fa a tenersi il cecio al culo secondo te? No! Non ce la fa…”
Pucci: “Lo so, lo so, lo so, lo so”
Carminati: “Eh, è quello il problema”
Pucci: “È quella la fregatura”
Carminati: “Allora tocca fa’ il male minore, amico mio, perché se io fossi sicuro di quello, ma che pensi che stiamo ancora a parla’ di questa cosa?”

 Massimo Carminati e Carlo Pucci, ex dirigente EUR SpA
 (30/01/2013)

Il Porcone Il convitato di lardo di cui l’Amici si danno tanto pena è Riccardo Mancini (detto Er Porcone), l’ex camerata di Avanguardia Nazionale catapultato da Gianni Alemanno ai vertici della EUR S.p.A. (la società pubblica che si occupa della valorizzazione del patrimonio immobiliare della Capitale), sotto inchiesta per un tangente da 700.000 euro e forse più, versati nel 2009 dalla Breda-Menarini, Gruppo Finmeccanica, per la consegna di 45 filobus (peraltro mai entrati in servizio) al Comune di Roma, al costo di 37 milioni di euro. Ne avevamo già parlato in dettaglio [QUI].
FilobusMa ad interessarsi dell’acquisto è un po’ tutta la dirigenza Finmeccanica, che più che altro considera la commessa come una testa di ponte, per entrare nei ben più lucrosi appalti per la costruzione della nuova metropolitana di Roma.
Per l’operazione si mobilitano l’allora sindaco Alemanno; Pierfrancesco Guarguaglini, amministratore delegato di Finmeccanica; Lorenzo Borgogni, capo delle relazioni esterne di Finmeccanica; Vincenzo Piso, coordinatore regionale del PdL, e Vincenzo Pisotrascorsi politici spesi tra Terza Posizione ed Ordine Nuovo, prima di approdare al NCD di Angelino Alfano. Soprannominato il Federale, è considerato da Borgogni il “referente politico di Mancini”, presso il quale ha raccomandato il suo assistente personale di fiducia. Ovvero, quel Carlo Pucci, promosso a dirigente commerciale e responsabile dei servizi generali presso l’EUR S.p.A, nonché esponente di spicco del sodalizio criminale Buzzi-Carminati, nell’ambito della cupola fascio-mafiosa.
Lorenzo Cola Ad occuparsi della fornitura per conto di Finmeccanica, c’è Lorenzo Cola, il consulente economico dell’ex presidente Pierfrancesco Guarguaglini, che per la transazione si accompagna a Marco Iannilli commercialista e uomo di fiducia di Massimo Carminati. Insieme a Lorenzo Cola, il commercialista Iannilli gestisce la società ArcTrade, tramite la quale si sono ritagliati una quota consistente degli appalti ENAV (società nazionale per l’assistenza al volo), presieduta da Luigi Martini (diploma da perito tecnico e soprattutto ex deputato di AN, in quota Matteoli); commesse nell’ambito della TechnoSky (Logistica e supporti informatici), con presidente Fabrizio Testa (ex AN pure lui, in quota Alemanno, e considerato il “facilitatore” dei rapporti di Carminati con la P.A.); e ulteriori lavori per conto della SELEX (sistemi integrati), amministrata direttamente dalla moglie di Guarguaglini. Tuttavia, il commercialista Iannilli è in affari anche col gruppo di Gennaro Mokbel, per il quale cura l’ingresso in Finmeccanica, attraverso la DIGINT che è il loro cavallo di troia per entrare nel giro di commesse della holding pubblica. Per la Carmine Fascianibisogna, Gennaro Mokbel, che è in solidi rapporti con Carmine Fasciani (ex Banda della Magliana e ras indiscusso del Litorale Pugliese e Mokbelromano, con la gestione esclusiva dello spaccio) e con le ‘ndrine calabresi dei Nicoscia-Pugliese-Arena, affida a Iannilli la cifra di 8 milioni di euro per il buon fine dell’intrapresa. E dovrà intervenire Massimo Carminati in persona, e metterci tutto il suo peso, per salvare Noi TPIannilli dalle ire di Mokbel, una volta sfumata l’intrapresa e spariti i soldi dell’Affaire Digint. Carminati, Iannilli, Mokbel, Cola, Piso, Mancini… sono tutti accomunati dalla medesima militanza nell’estrema destra eversiva e, a quanto pare, godono di un accesso libero e riverito nelle stanze del potere.
Faber BeachDella maxi-tangente ritagliata attorno all’acquisto dei nuovi filobus che dovrebbero collegare le nuove unità residenziali di Tor Pagnotta alla Laurentina, Mancini trattiene per sé il 10% mentre il resto della somma sembrerebbe perdersi nei rigagnoli che colano fuori dal “gabinetto di Alemanno”, come dichiarerà alla magistratura uno degli imprenditori (Edoardo D’Inca Levis) Gianni Alemannocoinvolti per la liquidazione della pratica. È curioso notare come fiumi di denaro continuino a sgorgare direttamente sotto il naso di Alemanno, scorrendo a sua insaputa in tasche fidatissime dei camerati a lui più vicini. È davvero il colmo per un uomo che ad ogni circostanza mantiene sempre la stessa faccia, ogni volta pronto a “cadere dalla nuvole” (QUI una lettura molto istruttiva sui pagamenti Enav).
fave di fucaPer il gigantesco danno alle casse comunali ed a quelle della EUR SpA, che sotto l’oculata gestione Mancini chiude, per la prima volta dalla sua fondazione, presenta bilanci pesantemente in perdita, l’allora sindaco Alemanno si costituisce parte civile contro il manager che lui stesso ha nominato. E che per inciso ha gestito per suo  conto, tanto i fondi della campagnia elettorale, tanto la tesoreria della sua fondazione “Nuova Italia”.
Mancini ed AlemannoLa cosa risulta così sfacciata, da far sussultare pure Massimo Carminati, che pure è uomo con ben più di un pelo sullo stomaco:

“A tutto c’è un limite… Alemanno che ieri sul giornale ha scritto che …la merda!…che si costituirà parte civile contro Mancini…ma Mancini è un uomo tuo! Ma che sia o non sia una merda…ma quello è uomo tuo…tu non ti puoi comportà così!”

 Massimo Carminati
 (20/03/2013)

In data 25 marzo 2013, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Roma, Riccardo Mancini viene arrestato per i reati di concussione, corruzione ed emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti, ed estorsione, suscitando più di qualche preoccupazione nel mondo di mezzo

“Questo se deve tappà la bocca. Aspettare che passi…se facesse la cosa…stattene tranquillo zitto muto tanto fino a quando ce stanno le elezioni”

 Massimo Carminati al telefono con l’avv. Dell’Anno
 (25/03/2013)

A Mancini viene affiancato l’avv. Pierpaolo Dell’Anno, che tra i suoi assistiti, oltre all’immancabile Carminati, annovera anche Ernesto Diotallevi: ex usuraio, in passato legato al ‘faccendiere’ Flavio Carboni ed agli ambienti piduisti, ex tesoriere del Clan dei Testaccini di Enrico De Pedis e referente di Cosa nostra a Roma.
Omicidio di Roberto CalviEvidentemente la strategia difensiva funziona, perché l’ex manager esce dalla galera a velocità della luce, ottenendo quasi subito gli arresti domiciliari.

“Mancini è stato arrestato per una cazzata! E poi i soldi non se l’è presi lui, lui veramente i soldi non se l’è presi lui, l’ha dati ad un deputato noi lo sappiamo a chi l’ha dati.. sa tutta Roma a chi l’ha dati però hanno arrestato a lui. E vedemo se ce lo dice.”

 Salvatore Buzzi
 (25/03/2013)

fave-di-fucaEbbene, chi mai sarà il misterioso cecio al culo da tenersi stretto? L’Onorevole al quale il Porcone avrebbe rigirato la sostanziosa mazzetta della Breda-Menarini e la cui identità tutta Roma conoscerebbe?!?
In proposito, noi una mezza ideuccia ce l’avremmo pure…

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Mafia Capitale

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 5 dicembre 2014 by Sendivogius

SpectreIn una città dove tutti chiacchierano troppo, dove ti raccontano qualunque cosa senza neanche bisogno di fare le domande giuste, e mantenere un segreto è praticamente impossibile, della cricca affaristico-criminale cresciuta sulle ceneri della Banda della Magliana, ufficialmente, nessuno sapeva niente.
L'insostenibile scandalo della Panda RossaDi certo, non s’erano accorti di nulla i giornalini della stampa reazionaria, con fascistume aggregato al seguito, che per mesi si sono concentrati con maniacale dedizione alle soste della panda del sindaco Ignazio Marino sul sacro parcheggio del Senato. In alternativa, c’erano sempre le proteste dei ‘cittadini’ contro la nuova gestione dei centri immigrazione e dei campi rom, su cui le trasmissioni nazional-populiste di Formigli-Paragone avevano montato sopra un vero e proprio set a puntate. E s’è visto poi chi c’era dietro la “rivolta spontanea” e quali interessi ci girano attorno…
La solita nazi-merdaIl letargo è durato finché la sonnacchiosa magistratura romana, col nuovo corso inaugurato dal procuratore Pignatone, non ha ‘scoperto’ la cupola fascio-mafiosa che da decenni governa indisturbata la Capitale, dal suo sottobosco di relazioni trasversali. A quel punto, ai watchdogs della retorica anti-ka$ta non è parso vero di poter fare di tutte le erbe un Fascio (mai metafora fu più azzeccata!), potendo giocarsi in contemporanea il “Rosso” (Salvatore Buzzi) ed il “Nero” (Massimo Carminati). Specialista del fortunato giochino è, ça va sans dire, l’organo non ufficiale degli Marcello De Vito il fondamentale rappresentante del M5S al Campidoglioensiferi: il giornaletto forcaiolo dell’inconfondibile Travaglio. Non appena è stata scoperchiata la fogna, immancabili come le mosche sulla merda sono arrivati anche i pentastellati al gran completo, dopo due anni di opposizione non pervenuta in Campidoglio.
Flic e FlocTuttavia, sfugge una differenza fondamentale: mentre Buzzi (piaccia e soprattutto non piaccia) è un personaggio pubblico, con un ruolo riconosciuto ed una reputazione ‘blasonata’ nell’ambito del cosiddetto “Terzo Settore”, e dei servizi sociali in appalto, Carminati è stato la primula nera dell’eversione neo-fascista, a cavallo tra criminalità comune, “servizi segreti” (ovviamente deviati), e la Roma-bene che conta, con protezioni insospettabili tra le “forze dell’ordine”, sempre invischiato in alcune delle vicende più oscure della storia italiana e mai condannato, in regime di sostanziale impunità.
Massimo Carminati Massimo Carminati (sulla cui biografia avremo modo di tornare) è il Re nero del “mondo di mezzo”. Pubblicamente impresentabile, gode di un prestigio illimitato tra i camerati romani (rimasti orfani di Mimmo Concutelli) e di un timore reverenziale presso la malavita capitolina, di cui condiziona traffici e ‘investimenti’ grazie ad un potere mai intaccato. In certi ambienti, il suo nome è ‘leggenda’.
I re di RomaPer accedere al lucroso mondo delle commesse municipali ed ai finanziamenti pubblici, Carminati ha bisogno della faccia (ri)pulita di un imprenditore del ‘sociale’, ben agganciato agli ingranaggi dell’amministrazione capitolina, accantonando le divisioni ideologiche in ossequio al vecchio detto pecunia non olet. “Perché la politica è una cosa, gli affari sono affari”.
Salvatore Buzzi Si tratta di Salvatore Buzzi, ex impiegato di banca, condannato nel 1984 a 24 anni di reclusione per l’omicidio del suo complice in truffe. In carcere, Buzzi si trasforma in un detenuto modello, diventando dopo le rivolte carcerarie degli Anni’70 il fiore all’occhiello del nuovo corso inaugurato dalle amministrazioni penitenziarie. Si laurea a pieni voti in Lettere Moderne con una tesi sull’economista Vilfredo Pareto e intraprende studi di giurisprudenza. Partecipa ad ogni attività possibile, per il recupero riabilitativo dei detenuti. Si fa promotore di nuovi percorsi culturali, in concomitanza con la realizzazione dei primi laboratori teatrali, fino alla rappresentazione dell’Antigone di Sofocle tra le mura di Rebibbia, per la regia di Ennio De Dominicis, con il patrocinio della Provincia di Roma e dell’allora vicepresidente Angiolo Marroni, poi diventato “garante per i detenuti”. In tale veste, diventa uno dei principali relatori al primo convegno dedicato alle Misure alternative alla detenzione e ruolo della comunità esterna, il 29/06/1984, sulle pene alternative alla carcerazione e sui nuovi percorsi di promozione sociale. Quindi, nel 1985 fonda una delle prime cooperative di detenuti: Rebibbia 29 Giugno, con esplicito riferimento al Convegno che segna la sua rinascita. Ottiene i suoi primi lavori, in regime di semilibertà, per la ripulitura di alcuni tratti della Via Tiberina, nei comuni della provincia a nord di Roma, e avvia altre piccole attività imprenditoriali in ambito cooperativo, fino alla sua scarcerazione nel 1991.
Carcere di RebibbiaA suo modo, Salvatore Buzzi incarna per molti anni un esempio riuscito di riabilitazione carceraria e di reinserimento sociale. E come icona ad uso politico, ottiene tutta una serie di agevolazioni e di aiuti istituzionali, per la sua cooperativa che viene giudicata “un modello da seguire” e da replicare. La onlus “29 Giugno” (che nel frattempo si è liberata della dicitura Rebibbia) si specializza nei Mappa dei Municipi di Romaservizi di giardinaggio, provvedendo alla manutenzione degli spazzi verdi dell’allora V Circoscrizione di Roma (attualmente Municipio IV), assumendo ex detenuti, portatori di handicap, ex tossicodipendenti. Persone che diveramente avrebbero poche o nessuna possibilità di impiego lavorativo. Le grandi fortune per la cooperativa arrivano nel 1993 con l’insediamento della giunta Rutelli e l’adesione (nel 1994) al Consorzio Nazionale Servizi, che raggruppa oltre 200 cooperative di settore. Durante il Giubileo del 2000, alla cooperativa di Buzzi viene affidata la manutenzione delle aree verdi davanti alle basiliche di S.Giovanni e S.Paolo. Ma col tempo il giro di affari si amplia sempre di più, estendendosi ai servizi di igiene urbana, pulizia di immobili pubblici e privati, servizi di portineria (all’Università di Roma 3); ottiene in gestione la raccolta porta a porta della spazzatura differenziata per conto dell’AMA, ed allarga il suo business fino all’affidamento dei centri di accoglienza dei quali, insieme alle cooperative cattoliche della “Domus Caritatis”, detiene la gestione quasi in esclusiva, spesso in assegnazione diretta o con bandi di gara ritagliati su misura, in regime di sostanziale monopolio.
Basilica di S.Giovanni in LateranoGli introiti sono tali, che nel 2013 la “29 Giugno”, insieme alla sua consorziata “Eriches29” può dichiarare un fatturato di quasi 60 milioni di euro ed oltre mille addetti.
A tutti gli effetti, la Onlus di Salvatore Buzzi diventa uno dei soggetti cooperativi più importanti di Roma e Provincia. Attraverso la Eriches29 detiene quote partecipative in decine di cooperative e controlla al 20% il “Consorzio Formula Ambiente” (di cui a Roma condivide medesimo indirizzo e sede), nell’ambito della LegaCoop, particolarmente attivo su sette regioni (Piemonte, Lazio, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo, Marche, Puglia) e con importanti appalti per conto della emiliana HERA.
Quartiere TiburtinoSi tratta di una realtà imprenditoriale, travestita da onlus, di primo livello, attivissima sul territorio e con un ruolo ben riconosciuto, in grado di garantire voti e finanziamenti elettorali, con la quale amministratori e politici locali devono fare i conti e soprattutto ne ricercano gli appoggi, in quanto Buzzi è esponente di spicco di una delle più grandi realtà associative in Italia.
In tal senso, non dovrebbero stupire le frequentazioni ‘istituzionali’, per quanto riguarda quelle certificate e riconosciute, del management del Consorzio con esponenti pubblici in occasioni semi-ufficiali. Non si tratta di incontri carbonari, o convegni segreti in qualche catacomba, ma prassi ordinaria di una normale attività politica. Sventolare dunque le foto (peraltro pubbliche) delle cene con l’ex sindaco Gianni Alemanno, o dell’attuale ministro Giuliano Poletti (presidente di LegaCoop) con Salvatore Buzzi in convegni ufficiali, come amano fare certi giornali e Roberto Savianol’immancabile Roberto Saviano, auto-promossosi ad esperto mondiale di mafia, non ha davvero senso ed assume un valore di denuncia del tutto pretestuoso. Suscitano scandalo le foto che ritraggono politici e vertici della cooperativa a cena, con Gianni Alemanno e Luciano Casamonicasullo sfondo Luciano Casamonica (quello con la maglia Italia) esponente dell’omonimo clan zigano. Casamonica, in semilibertà è dipendente del consorzio che, per dire, tra i suoi associati ha anche Pino Pelosi, condannato per l’omicidio Pasolini.

Cena socialeRoma, 28/09/2010. Cena sociale organizzata presso il centro di accoglienza gestito dalla Cooperativa 29 Giugno.
Da sinistra, Giuliano Poletti, Franco Panzironi, Umberto Marroni e Daniele Ozzimo (in piedi in fondo).
Da destra, Gianni Alemanno, Salvatore Buzzi (col maglione rosso) e Angiolo Marroni (garante per i diritti dei detenuti del Lazio).

Salvatore Buzzi e Simona Bonafé Se per questo, nell’albo fotografico della cooperativa (reperibile sul sito della stessa) si possono trovare immagini che ritraggono Salvatore Buzzi anche insieme all’iper-renziana Simona Bonafé.
È lo stesso Salvatore Buzzi indicato fino a qualche mese fa come imprenditore di successo ed esempio riuscito di riscatto sociale, invitato a raccontare la sua “straordinaria esperienza” per convegni in tutta Italia.
Salvatore Buzzi e Giuliano PolettiE del resto, a volerli guardare con la lente giusta, le attività del “compagno Buzzi” avrebbero dovuto suscitare più di qualche sospetto tra quanti ora puntano il ditino accusatore del moralista a mezzo stampa:

Romanzo Criminale«D’altronde, che a Roma ci fosse del marcio era, da tempo, sotto gli occhi di tutti. Dalle periferie violente gli omicidi di strada, dai negozi che passano rapidamente e misteriosamente di mano, allo sfaldarsi del tessuto di solidarietà fra i cittadini, la presenza di un’agguerrita “mala” si percepiva eccome
 (03/12/2014)

A scriverlo sulle prime pagine de La Repubblica, è l’ex magistrato Giancarlo De Cataldo, l’ottimo autore di “Romanzo Criminale”. Peccato che poi lo stesso De Cataldo avesse uno spazio di pubblicazione proprio sul giornalino della Cooperativa 29 Giugno, con Buzzi presidente e Carlo Guarany come direttore editoriale, entrambi arrestati in seguito all’inchiesta promossa dal procuratore Pignatone.
Giancarlo De CataldoE se non s’era accorto di nulla nemmeno De Cataldo..!
Alessandro Di Battista da Civita (VT) Anche il “Movimento Cinque Stelle”, che ora si agita tanto, in tempi recentissimi s’era interessato della Eriches29. In un’accorata interpellanza alla Camera, la deputata-cittadina Carla Ruocco, una dei cinque membri del nuovo direttorio pentastellato fresco di nomina, il 14/04/2014 chiedeva alla “Presidenza del Consiglio dei Ministri” per quale motivo al Consorzio Eriches29 non fosse stata affidata la gestione del centro rifugiati di Castelnuovo di Porto. Per la bisogna si rifaceva ad una solerte denuncia de “Il Tempo”:

Carla Ruocco«…la sezione del Tar del Lazio presieduta dal giudice Sandulli ha trattato cause relative alla gestione del centro di accoglienza per i rifugiati di Castelnuovo di Porto e che proprio alla Proeti s.r.l., di proprietà dei coniugi Sandulli, è stata aggiudicata, con procedura negoziata, la manutenzione straordinaria degli alloggi del citato centro; si legge su altro articolo pubblicato su Il Tempo il 20 marzo 2014 che il presidente del consorzio Eriches 29, già aggiudicatario di gara per il servizio di gestione del centro, lamenta di «aver subito un pregiudizio dai pronunciamenti emessi dalla sezione prima ter» ed afferma che «vogliamo essere giudicati da un giudice sereno, che non abbia più parti in commedia. Perché se è fornitore per la Prefettura di Roma proprio per il Cara di Castelnuovo di Porto, chi ci assicura che l’accanimento nei nostri confronti sia solo legato alle ragioni di diritto?»; a giudizio degli interroganti le circostanze e le condotte riportate dalla stampa appaiono, ove rispondenti, al vero particolarmente allarmanti perché evocano una pericolosa commistione di ruoli e fanno paventare il rischio dell’alterazione della necessaria terzietà ed indipendenza del giudice

Seduta parlamentare del 14/04/2014
Interrogazione n.4-04499

Il TempoSi scoprirà poi che l’articolo in questione era stato ispirato su diretto intervento di Massimo Carminati, che per la bisogna s’era incontrato direttamente con Gianmarco Chiocci, il direttore del noto quotidiano fascista della Capitale.
Strage di BolognaNon è dato sapere quando l’ex terrorista nero dei NAR abbia deciso di prendere sotto la propria cappella ‘imprenditoriale’, Salvatore Buzzi ed il suo entourage, mettendo a disposizione la propria rete di relazioni nel sottobosco della malavita romana. Ma basandosi sui trascorsi giudiziari del Guercio, se ne può far salire la collaborazione alla fine degli anni ’90, dopo l’ultima condanna di Carminati a 6 anni e mezzo di reclusione, nel Febbraio del 1998, NARper i suoi trascorsi con la Banda della Magliana. Certo in galera non dev’esserci stato granché, visto che l’anno successivo (il 17/07/1999) Er Cecato veniva nuovamente arrestato per il clamoroso quanto misterioso furto nel caveau del Palazzo di Giustizia di Roma, insieme ad altri vecchi esponenti dei NAR riciclatisi nella criminalità comune.
Morte di CaravillaniA far gola al Consorzio, che controlla per via diretta una quindicina di cooperative, è soprattutto la gestione dei centri di accoglienza per immigrati: le anime morte che vengono smistati nei centri e computati alla stregua di capi di bestiame, per far crescere l’importo dei risarcimenti in rapporto al numero degli ospitati, che a bocca dello stesso Buzzi rendono meglio del traffico di droga (60 euro al giorno per ciascun adulto e 85 euro per i minori). Meglio ancora se i profughi vengono stornati verso strutture di proprietà di altre società immobiliari controllate dal gruppo che così, oltre alla quota giornaliera, si fa pagare anche l’affitto a carico degli enti pubblici di competenza.
soldiTra le società interessate ci sono la Rogest srl, a sua volta controllata dalla “Luoghi del Tempo”, intestata a Lucia Mokbel, sorella di quel Gennaro, esponente della destra neo-nazista romana, implicato nello scandalo Telekom-Sparkle, ed interessato agli appalti di Finmeccanica. Oltre alla militanza nell’estrema destra e le frequentazioni con gli ambienti eversivi dei NAR, Mokbel e Carminati condividono anche lo stesso commercialista, Marco Iannilli, a cui è intestata la villa di Sacrofano dove risiede la ex primula nera. Insieme a Lorenzo Cola (altro fascistone), Iannilli era già stato coinvolto nello scandalo delle commesse pilotate di Finmeccanica.
Ma tra le società potenzialmente interessate agli affari del Consorzio di Buzzi ci sono anche la Edil House 80, tra i cui proprietari si distingue Andrea Munno, anche lui un passato nell’estrema destra.
Anni_di_piomboSotto la giunta Alemanno, tra gestione dei punti verde e immigrati, il fatturato delle cooperative dell’accoppiata Buzzi-Carminati si decuplica nella manciata di pochi anni, con un giro per decine di milioni di euro. Impongono le nomine ai vertici delle aziende partecipate del Comune, stabiliscono le assunzioni nella municipalizzata per la raccolta dei rifiuti (AMA), condizionano l’attribuzione degli appalti ed il confezionamento dei bandi di assegnazione. Per questo pagano un fiume di tangenti a funzionari e politici compiacenti.
La spartizione criminale di RomaPer il recupero crediti e le altre attività di riscossione sul territorio, ci pensa invece il factotum di Carminati. Si tratta di Riccardo Brugia, a suo tempo assurto agli onori del gossip per una sua tresca con Anna Falchi, in realtà è un ex rapinatore di banche ed altro esponente storico della destra neo-fascista romana, col compito di coordinare le attività nei settori del recupero crediti e dell’estorsione, di custodire le armi in dotazione del sodalizio, mentre le attività vengono coordinate presso la tavola calda di un distributore di benzina in Corso Francia.
In ambito ufficiale, al Consorzio vengono affidati su assegnazione diretta gli interventi per l’emergenza maltempo a Roma, la manutenzione delle piste ciclabili e dei parchi pubblici. Ad interessarsi della pratica è Claudio Turella, funzionario del Comune di Roma, con la responsabilità per la programmazione e manutenzione delle aree verdi. Per il suo disturbo, Turella avrebbe ricevuto: 25.000 euro per l’emergenza maltempo, la promessa di 30.000 euro per le piste ciclabili, più la promessa di altre somme di denaro.
Riccardo ManciniSe Franco Panzironi e Riccardo Mancini, due fedelissimi di Gianni Alemanno, sono a libro paga ordinario della cupola, provvedendo all’assegnazione di appalti ed allo sblocco dei pagamenti, alla grande cuccagna partecipa anche Giovanni Fiscon, direttore generale dell’AMA, e una vita da ‘dirigente’ nelle partecipate pubbliche (ACEA e SOGEIN). Mentre Franco Panzironi è il democristiano passato al Littorio, esperto in assunzioni clientelari di massa e grande elemosiniere della fondazione alemanniana Alemanno e Mancini“Nuova Italia”, Riccardo Mancini è l’ex avanguardista, storicamente legato a Massimo Carminati, e portato da Alemanno fino ai vertici dell’EUR S.p.A. Stando agli atti dell’inchiesta, i due pubblici ufficiali a libro paga forniscono all’organizzazione uno stabile contributo per l’aggiudicazione degli appalti, oltre allo sblocco dei pagamenti in favore delle imprese riconducibili all’associazione e tra il 2008 e il 2013 come garanti dei rapporti dell’associazione con l’amministrazione comunale. Della partita fa parte anche Carlo Pucci, il tabaccaio di Viale Europa, promosso a direttore marketing dell’ente pubblico, per la sua straordinaria competenza nella vendita di gratta e vinci.
EURFabrizio Franco Testa, un’altra creatura di Alemanno e della sua “destra sociale” che ha infeudato l’ENAV, è la testa di ponte dell’organizzazione nel settore politico e istituzionale, coordina le attività corruttive dell’associazione, si occupa della nomina di persone gradite all’organizzazione in posti chiave della pubblica amministrazione. Nel 2009 viene nominato alla presidenza di ENAV-Tecnosky e per questo era già indagato per un presunto giro di sovra-fatturazioni e costituzione di provviste in nero.
Luca Gramazio Luca Gramazio è invece un figlio d’arte: ha ereditato voti e referenze da papà Domenico, detto Er Pinguino, fascista verace e storico personaggio della destra missina, tra i fondatori del sindacato CISNAL. Attuale capogruppo di “Forza Italia” alla Regione Lazio e già presidente dei consiglieri comunali di Roma durante l’era Alemanno, il Gramazio junior che ha frequentazioni dirette e continue con Carminati, è sospettato dagli inquirenti di “essere uno dei collegamenti dell’organizzazione con il mondo della politica e degli appalti” e per questo remunerato con un contributo da 50.000 euro. Sempre che il quadro indiziario venga confermato in sede probatoria.
Domenico GramazioMa a quanto risulterebbe dalle indagini il giochino andava avanti da tempo, col coinvolgimento trasversale di pezzi pregiati legati invece alla vecchia amministrazione veltroniana…
Interessati al business potenzialmente infinito dell’accoglienza agli immigrati africani, che a partire dal 2011 affluiscono ad ondate Luca Odevainedalla Libia in fiamme, la cricca si affida niente meno che a Luca Odevaine; precedenti per detenzione di sostanze stupefacenti ed emissione di assegni a vuoto, che non gli impediscono di fare una sfolgorante carriera politica, a tal punto da diventare vice-capo gabinetto dell’allora sindaco Walter Veltroni, per conto del quale cura i rapporti con le Forze dell’Ordine, la Polizia Municipale, rappresentando il Sindaco nel Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza. Fino Polizia provincialeal Gennaio 2013 è stato pure responsabile della “polizia provinciale” (a proposito di corpi inutili). Insomma l’uomo giusto al posto giusto. Per conto della giunta Veltroni, è stato anche direttore dell’Ufficio per il decoro urbano e contro l’abusivismo edilizio, delegato del sindaco alla Polizia Municipale, nonché direttore dei centri per rifugiati politici. Soprattutto, Odevaine fa parte del “Tavolo di coordinamento nazionale”, voluto dal Ministero degli Interni per fronteggiare l’emergenza immigrazione. In pratica, grazie al suo ruolo, Odevaine può «orientare le scelte del Tavolo di coordinamento nazionale al fine di creare le condizioni per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle strutture gestite dai soggetti economici riconducibili a Buzzi». In tale veste come coordinatore per l’accoglienza ai rifugiati, aumenta il numero delle quote degli immigrati da destinare nei centri accoglienza di Roma e del Lazio, favorendo gli interessi dei centri gestiti dal consorzio Buzzi-Carminati, ricevendone un contro-stipendio da 5.000 euro al mese più regalie.
Luca OdevaineA (non) completare l’elenco delle figure istituzionali poste nei punti chiavi e funzionali all’ottenimento di appalti commissionati su misura, ci sono altresì Mario Schina, che dal 2001 al 2007, sempre sotto la giunta Veltroni, è stato responsabile per il “decoro urbano” al Comune di Roma. E pure Emanuele Salvatori, coordinatore comunale per l’attuazione del “Piano rom e interventi di inclusione sociale”.
Tra gli indagati, c’è invece Eugenio Patené, consigliere regionale in quota PD, Walter Politano (responsabile dell’anticorruzione!), e Daniele Ozzimo che durante l’epoca Veltroni era assessore capitolino alla Casa.
Daniele Ozzimo Daniele Ozzimo (classe 1972) esordisce come consigliere municipale nell’ex Municipio V, dove la cooperativa muove i suoi primi passi per la manutenzione degli spazi verdi ed i servizi di giardinaggio. E quindi sarebbe naturale che il consigliere PD, che in null’altro s’era distinto finora se non per il record di assenze dai banchi del consiglio comunale (con tassi di assenteismo del 98%), intrattenga fin da subito rapporti con una delle più importanti realtà cooperative attive sul territorio locale. Il fatto di aver ricoperto, tra i suoi molteplici incarichi pubblici, la carica di vice Presidente della Commissione Politiche Sociali, diventando poi membro della Commissione Lavori Pubblici, Scuola e Sanità, lo rende un referente piuttosto privilegiato per la coop. “29 Giugno”. E quindi, al di là dei facili sensazionalismi mediatici, qualche dubbio sul suo reale conivolgimento nella vicenda sarebbe più che lecito… Anche perché nell’Ordinanza della Procura, a leggere gli atti resi pubblici, finora NON sembrerebbero emergere fatti penalmente rilevanti a carico di Ozzimo. Tra i presunti beneficiati della cricca ci sarebbe invece Mirko Coratti, presidente Mirko-Corattidimissionario dell’attuale consiglio capitolino. Coratti è una vecchia conoscenza. È stato vice-coordinatore romano per “Forza Italia” fino al 2005, quando dai suoi feudi elettorali concentrati tra le borgate di Fidene e Villa Spada, ed i quartieri della periferia N.E, passa con voti e bagagli al ‘centrosinistra’, transitando per l’Udeur. Alfiere del renzismo nella Capitale, Coratti era più che altro famoso per le sue pagliacciate mediatiche come quando si incatenò ad un lampione di Via del Plebiscito, per protestare contro “le violenze dei no-global ed il ripristino (bontà sua!) della legalità[QUI]. La cricca gli avrebbe rigirato una stecca da 150.000 euro, per sbloccare un pagamento da 3 milioni di euro destinato alle cooperative del Consorzio di Buzzi, insieme alla aggiudicazione del bando di gara AMA n. 30/2013 riguardante la raccolta del multimateriale; lo sblocco dei pagamenti sui servizi sociali forniti al Comune di Roma; la nomina di un nuovo direttore del V Dipartimento, in sostituzione della neo incaricata Gabriella Acerbi, ritenuta persona poco disponibile. Sempre secondo gli atti della magistratura inquirente.
Sinking of TitanicMa il verminaio scoperchiato dalla Procura romana sembra solo la punta di un iceberg destinato a travolgere altri nomi ‘eccellenti’ della politica capitolina, e contro il quale rischia concretamente di impattare come una sorta di Titanic, l’intera Regione Lazio in un nuovo scandalo ancora da esplorare.
Perché oscura è profonda è la tana del Bianconiglio…

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Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 2 dicembre 2014 by Sendivogius

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Una Sin City marcia e cupissima, a prova di redenzione. Ecco a cosa è ridotta Roma, col suo mondo sotterraneo di sottopanza e capi-bastone, “amministratori (profittatori) pubblici” e feudatari del mefitico politicume capitolino (il più corrotto, amorale, e trasversale possibile), faccendieri e intrallazzatori, fascisti di borgata e arnesi mai disarmati dell’eversione neo-nazista, emissari delle ‘ndrine calabresi e vecchie ‘batterie’ della Banda della Magliana in libera dispersione… Sono i protagonisti assoluti di un romanzo criminale che dipana il suo intreccio nerissimo, all’ombra di una gigantesca holding organizzata intorno al malaffare istituzionalizzato a strumento di sub-governo. È l’esplosione di una neoplasia tumorale, incistata tra i gangli di una macchina amministrativa intrinsecamente corrotta e parassitaria, che in assenza di anticorpi naturali è cresciuta incontrastata ed abnorme, permeando l’intero tessuto sociale di una città, sfilacciata nel reticolo osceno di gruppi di potere criminale e cosche affaristico-clientelari su base para-mafiosa.
Ghost-riderSi tratta di un “ramificato sistema corruttivo” tutto costruito attorno alle aziende municipalizzate del Comune e nel sistematico storno dei finanziamenti pubblici, nell’ambito dell’assegnazione di appalti e servizi. Tutto consumato alla luce del giorno, tutto noto e risaputo, nel più totale disinteresse di una cittadinanza indifferente e cialtrona, che al massimo si mobilita per cacciare via una quarantina di profughi (la causa di ogni degrado) dalla periferia di Tor Tre Teste. In questo, non s’è fatta pregare troppo; subito sobillata dai soliti avanzi di fogna dello squadrismo borgataro e da qualche reduce dal forcone spuntato, eccitati dall’inaspettata possibilità di riconquistate le luci della ribalta, con la massima attenzione dei ‘media’ non interessati ad altro. Almeno fino alla trentina di arresti Alemanno - Il collezionista di figure di merdaed al centinaio di indagati, tra esponenti di primo piano della politica capitolina e vecchie conoscenze della fascisteria romana (di cui l’ex podestà  Gianni Alemanno ha costituito a suo tempo la sintesi perfetta), che hanno disvelato al piccolissimo Pubblico l’esistenza di un’organizzazione a delinquere di stampo mafioso, specializzata in estorsione, truffa, usura, corruzione, riciclaggio di capitali illeciti, turbativa d’asta, false fatturazioni, appropriazione indebita… e tutto il solito campionario di reati annessi e connessi, ai danni di una città in bancarotta e prossima al tracollo.
Alemanno a pecoroniDi un simile sottobosco, di questa cupola fascio-mafiosa, delle sue relazioni inconfessabili e delle sue commistioni col potere politico, delle convergenze nell’ambito dell’amministrazione capitolina, con l’occupazione ed il saccheggio delle aziende municipalizzate e delle società partecipate, passando per la correlazione tra un simile sistema affaristico-clientelare e camerati raggrumati attorno all’entourage del sindaco (post?)fascista… noi avevamo già parlato con largo anticipo sui tempi e con dovizia di informazioni.
Pertanto, prima di dedicarci a questo nuovo capitolo, riproponiamo ai nostri Lettori un riepilogo delle puntate precedenti:

ALEMANNO CONNECTION
GIGLIA Dove si parla dei comitati di interesse, di un certo Franco Panzironi e della Fondazione Nuova Italia, delle interrelazioni e dei personaggi, che hanno reso possibile la connessione affaristico-criminale all’ombra del littorio, per quello che si può definire il “Sistema Alemanno” nella gestione del potere…

I RACCOMANDATI
Panzironi Dove si parla di un certo Stefano Andrini, del suo patrono Franco Panzironi e della sua esperienza all’UNIRE, ma anche di come certe cambiali elettorali vadano portate all’incasso, inaugurando un nuovo corso ed una nuova identità per “Roma Capitale”…

IL MARCIO SU ROMA
Samuele Piccolo e Alemanno Dove si parla di come si costruisce il consenso e si creano clientele, partendo proprio dalle periferie, raccontando la straordinaria ascesa e caduta del buon Samuele, il Piccolo samaritano delle borgate..

IL SACCO DI ROMA
The Fall of Roman Empire - detail by Klem Kanthesis Dove si parla di come saccheggiare una città e le sue risorse, spoliandone beni e servizi alla stregua di un bottino di guerra, occupando e portando al collasso le principali aziende municipalizzate di AMA ed ATAC

LA SOCIETÀ DEI MAGNACCIONI
00 - una scena della serie-tv 'Roma' Dove si parla ancora di società partecipate del Comune, della EUR S.p.A. e dell’ACEA, di Riccardo Mancini, del suo amico Massimo Carminati, ma anche di Franco Panzironi e di tanta altra bella gente…

BELLA GENTE
Terza Posizione Dove si parla di un certo Gennaro Mokbel e della sua banda; di come si comprarono un senatore della Repubblica coi voti dei mafiosi calabresi; di una enorme truffa, e di come i camerati nascosero il mitra per darsi agli affari…

IL POLIPO
polipo Dove di parla di un certo Carlo Pucci, dell’ente EUR, di strani appalti e filobus mai partiti, di Riccardo Mancini e dei suoi legami con l’estrema destra neo-fascista…

Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più…
Magliana Dove si parla di tal Vincenzo Lattarulo assunto alle ‘Risorse Umane’ del Comune, della Banda della Magliana e di Massimo Carminati, di eversione nera e altri camerati…

I PREDATORI DELL’INDUSTRIA PERDUTA
Finmeccanica Dove si parla degli appalti pilotati di ENAV e della SELEX. Ma anche di come un certo Lorenzo Cola riuscì a mettersi in affari con la dirigenza di Finmeccanica, per milioni di euro, intercedendo per Mokbel ed i suoi soci…

SIN CITY

A voler vedere, molto era stato già scritto..!

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Posted in Muro del Pianto, Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 22 novembre 2014 by Sendivogius

money

Piaga antica, il Trasformismo è una costante della politica italiana di cui costituisce la norma, contrassegnando il degrado della vita pubblica: dai feudi elettivi su base ereditaria ai notabili locali, coi loro pacchetti di voti in dote al miglior offerente; dai corporativismi castali, ai cacicchi del trasversalismo consociativo; dai signori delle tessere, ai padrini delle clientele e delle cosche elettorali… È il gusto arcaico di un ‘potere’ dalle forme barcocche, inteso innanzitutto come arbitrio personale ed esercitato all’ombra degli ‘affari’, nella presunzione dell’impunità.
Boardwalk EmpireIl proliferare di certi figuri istituzionali misura l’intorbidamento di valori e prospettive ideali, progressivamente imputridite nelle acque di una politica tossica, impantanata nelle torbiere della grande palude centrista. Nessun corpo ne è immune. Una volta effettuato l’innesto per ibridazione democristiana, la contaminazione è irreversibile. Si diffonde come una neoplasia tumorale ed agisce alla stregua di un virus mutogeno, che rigenera le cellule dell’organismo ospite a propria immagine e somiglianza. In questa prospettiva, la trasformazione di un PD impollinato dalle spore della Margherita può ritenersi un processo ormai compiuto.
Luigi Lusi ed i milioni sparitiDopo il caso di Fracantonio Genovese, purosangue DC, stavolta è il turno dell’onorevole Marco Di Stefano, per una vicenda passata tutta in sordina e che invece vale la pena delineare nella sua valenza paradigmatica…
Marco-Di-StefanoApostolo del renzianesimo nei circoli della Capitale, mentre alla Leopolda si è occupato di coordinare il tavolo sui “pagamenti digitali”, il deputato Di Stefano è una sorta di emblema del trasformismo applicato a forma vincente di ascesa tutta personale, nel nuovo corso intrapreso da un “centrosinistra”, senza più aspirazioni né funzionalità storica che non sia mera transizione spartitoria.
MARCO DI STEFANOCinquantenne rampante (Roma, il 12/05/1964), Marco Di Stefano nasce politicamente a destra; attraversa tutto l’arco centrista e infine approda a ‘sinistra’, sotto l’illuminata leadership veltroniana, con una di quelle operazioni di mera cooptazione elettorale per acquisizione voti di cui Goffredo Bettini è sempre stato l’immaginifico deus ex machina.
Le sue evoluzioni acrobatiche nelle brughiere della politica romana, che ha fatto delle piroette trasformiste la prassi ordinaria di sottogoverno capitolino, rappresentano un certificato di garanzia.
riot controlEx poliziotto, è stato (manco a dirlo!) un ‘fascista’; bazzica gli ambienti della destra romana e nel 1989 aderisce ufficialmente al MSI. Nel 1993, conosce il MSIsuo primo esordio elettorale di successo, venendo eletto consigliere circoscrizionale, per l’immenso suburbio dell’Aurelio che accorpa i quartieri di Casalotti, Boccea, e Primavalle, nella periferia ovest della città. Sui banchi consiliari della XVIII Circoscrizione di Roma, fa la Stefano De Lilloconoscenza di un altro ras della politica capitolina: quello Stefano De Lillo che, insieme ai suoi fratelli, tanto si darà da fare nella Roma di Alemanno, piazzando mezzo parentado in ogni posto disponibile a carico pubblico. De Lillo, transumato nel “Nuovo Centrodestra” di Angelino Alfano, fa parte a pieno titolo dell’attuale maggioranza di governo di “centrosinistra”. Tornando a Di Stefano, nel corso di un ventennio, passa al CCD (Centro Cristiano Democratico) della triade D’Onofrio-Casini-Mastella, e Mario Baccininel 1997 diventa consigliere comunale. Si mette sotto l’ala protettiva di Mario Baccini, il ferale impresario di pompe funebri in stile anni ’30 recentemente passato anche lui al NCD di Alfano. Aderisce all’UDC di cui diviene segretario provinciale. Segue il grande balzo a ‘sinistra’, quando forte delle sue 14.000 preferenze viene eletto nella lista civica che sostiene la candidatura di Piero Marazzo alla Regione Lazio.
beating-a-dead-horse-call-me-maybeTra un incarico e l’altro, nel 2000 svolge anche le funzioni di sub-commissario governativo dell’UNIRE (Unione nazionale incremento razze equine), feudo personale di Franco Panzironi e della “destra sociale” di Gianni Alemanno, che schiantano l’ente sotto una cascata di debiti.
Goffredo Bettini - Er SeccoNel 2007 passa all’UDEUR di Clemente Mastella, che lo promuove vice-segretario nazionale. Ma nel Febbraio del 2008 molla tutto per entrare nel nuovo PD di Walter Veltroni in quota Fioroni (ex Margherita), per scoprirsi fan accanito di Letta (Enrico) e poi renziano di ferro.
Il governatore Marrazzo, prima di essere travolto dalla sordidissima storiaccia di ricatti, prostituzione transessuale e cocaina, lo nomina assessore al Demanio ed al Patrimonio, con un occhio di riguardo alla cassa ed alle potenzialità di investimento che la sua gestione comporta.
buco neroE qui cominciano i primi guai per il sanguigno Marco Di Stefano… Infatti, secondo la Procura di Roma, l’ex consigliere regionale nel 2008 avrebbe condotto una serie di trattative agevolate, in deroga ai regolamenti previsti dai bandi di gara, con i fratelli Pulcini, noti costruttori romani, assai attivi nel settore immobiliare, per l’affitto di due palazzi alla Regione Lazio (in deficit di bilancio e surplus di immobili), alla Lazio Servicemodica cifra di 7 milioni e 327 mila euro l’anno, per conto della Lazio Service (altra controllata regionale e noto carrozzone clientelare), nell’Agosto del 2008.
pulciniIl ‘bello’ (o il brutto) è che i Pulcini sembrano non detenere nemmeno la proprietà degli immobili interessati alla locazione, ma tramite la propria società di investimenti ne gestiscono l’assegnazione, ricavando lucrose plusvalenze.
Guardia di Finanza Secondo il nucleo di Polizia valutaria della Finanza, attraverso una serie di triangolazioni societarie (la Belgravia Invest srl e la Coedimo), Di Stefano avrebbe predisposto i contratti di locazione al solo fine di soddisfare gli interessi economici degli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini a canoni esorbitanti e completamente fuori mercato. Per il disturbo, Di Stefano si sarebbe fatto pagare una ‘provvigione’ pari ad un milione e 800 mila euro, dei quali 300.000 sarebbero stati destinati al suo Lostsegretario e collaboratore personale, tale Alfredo Guagnelli di cui non si hanno più tracce dall’08/10/09 dopo un suo misterioso viaggio a Firenze. Una scomparsa provvidenziale, che priva gli inquirenti della procura romana di un tassello fondamentale dell’inchiesta in atto, insieme al corpo del reato (il denaro).
Alfredo Guagnelli Alfredo Guagnelli (classe 1972), viveur e fama di donnaiolo, è uno dei tanti faccendieri dei quali l’Italia abbonda, sempre a cavallo tra affari e politica. Con la sua Internazionale immobiliare e la Genco Srl gestisce compravendite di immobili ed intermediazioni di affari. È di casa in Costa Azzurra ed a Montecarlo, con un occhio sempre attento alla politica domestica per rapporti trasversali… Attraverso la propria concessionari di auto di lusso, World Rent Car si preoccupa di carrozzare Marco Di Stefano. È in ottimi rapporti con Paolo Bartolozzi, eurodeputato di Forza Italia, di cui sosteneva le campagne elettorali. Ed è grande amico di Michele Baldi, un altro specialista nel cambio multiplo di casacche: Alleanza Nazionale, poi Forza Italia, e infine capolista della “Lista Zingaretti” alle ultime elezioni regionali, folgorato anche lui sulla via del Nazareno. Ma Guagnelli in passato ha frequentato pure l’ex consigliere provinciale del Pdl Enrico Folgori e Giulio Gargano (ex DC, ex AN, ex FI, ex tutto), prima di volatizzarsi nel nulla diventando uccel di bosco.

la società dei magnaccioniLa truffa degli enti previdenziali
Gli enti previdenziali costituiscono da sempre la cuccagna per affaristi e politicanti senza scrupoli, che scambiano le casse pensionistiche (altrui) come una specie di bancomat personale a cui attingere liberamente.
Nel 2008, le palazzine già interessate dalla trattativa tra Di Stefano e Guagnelli e Pulcini sullo sfondo della Regione Lazio, tutte situate in Via del Serafico, nel quartiere Ardeatino dove il valore immobiliare di mercato si aggira attorno ai 4.000 € al m², sono oggetto di una seconda transazione…
Enpam Il 14 Ottobre del 2008, la commissione patrimoniale dell’ENPAM (l’Ente di Previdenza ed Assistenza di Medici e Odontoiatri) prende in esame l’acquisto del palazzo di via Serafico 107 già affittato alla Regione. A curare la trattativa è sempre la Belgravia Investimenti.
Il 21 Ottobre i fratelli Pulcini avviano la compravendita dell’immobile con prezzo fissato a 29 milioni di euro, firmando un contratto preliminare con versamento di 2 milioni di euro.
Il 22 Ottobre, la Belgravia Invest Srl, per gentile intercessione dell’assessore Di Stefano partecipa al bando regionale per l’affitto dei nuovi locali della “Lazio Service”.
A Marzo 2009, l’immobile viene venduto all’ENPAM per 58 milioni di euro, con una plusvalenza del 100%. Nel 2010 viene acquistato (tramite la Coedimo Srl) anche il secondo immobile per 31 milioni di euro e subito rivenduto all’ENPAM al costo di 59,7 milioni di euro.
Per una così lungimirante operazione immobiliare, soprattutto per la cassa previdenziale degli odontoiatri, la Procura di Roma ha disposto una indagine per truffa aggravata nei confronti dell’ex presidente dell’Ente Eolo Parodi, Maurizio Dallocchio, docente all’università Bocconi ed ex consigliere esperto dell’ente, l’ex direttore generale Leonardo Zongoli e l’ex responsabile degli investimenti finanziari Roberto Roseti. L’ex direttore del dipartimento immobiliare dell’ente, Luigi Antonio Caccamo è stato invece indagato, per la compravendita di un immobile di sei stanze a Trastevere, dismesso a prezzo particolarmente vantaggioso da parte dei Pulcini.
WackyRacesAntHill_MobLe gigantesche creste ai danni dei bilanci degli enti previdenziali, che oltre a salassare le categorie professionali di riferimento sono chiamati a corrispondere le future pensioni dei medici (tra cui giovani e precari che pagano contributi salatissimi) ed erogare quelle dell’oggi, vista la sostanziale impunità del reato con la restituzione del malloppo, passando per la (s)vendita degli immobili pubblici, tendono a ripetersi con modalità più o meno sempre uguali.
D’altronde, da Pietro Lunardi a Claudio Scajola, le case sono da sempre una grande passione della “politica”, con immobili di pregio che variano di prezzo tra una cessione ed una compravendita, a velocità della luce, dove a guadagnarci sono in pochissimi e quasi sempre gli stessi…
Enpapi È il caso dell’ENPAPI (l’ente previdenziale degli infermieri), con l’acquisto della sua nuova sede in Via Farnese capace di rivalutarsi del 25% in un solo giorno, con immobili che passano di mano nel giro di 24 ore…

«Una sede prestigiosa acquistata per un controvalore di 20 milioni di euro. È quanto ha fatto Enpapi, cassa previdenziale degli infermieri, il 29 aprile 2009 comprando la villa di via Farnese 3, in Roma (quartiere Prati), dalla società Dm Immobiliare. Villa che, nello stesso giorno, Dm Immobiliare aveva rilevato da Citec International (gruppo Citec, specializzato in soluzioni informatiche) per un corrispettivo di 16 milioni.»

Vitaliano D’Angerio
La villa che si rivaluta del 25% in un giorno
Il Sole 24 Ore – (02/02/2012)

Plusvalenza alla vendita: 4 milioni di euro. Tanto a pagare sono gli infermieri.
ENPAPMa niente batte l’incredibile vicenda dell’ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza degli Psicologi), con un intero palazzo comprato e rivenduto in un solo giorno, con una cresta da 18 milioni di euro tutta a carico delle casse previdenziali dell’ente.
Il 31 gennaio 2011, l’immobiliare bresciana Estate due srl acquista dal Fondo Omega, un palazzo di oltre 3.000 mq (cinque piani con seminterrato) in pieno centro di Roma, in Via della Stamperia nello storico rione Trevi, al costo di 26 milioni e mezzo di euro e nello stesso giorno rivenduto all’Ente previdenziale degli psicologi per la modica cifra di 44 milioni e mezzo di euro.
Riccardo Conti Amministratore unico dell’immobiliare di Brescia (con un capitale sociale di 73.720 euro e nessuna struttura organizzativa) è Riccardo Conti, che all’occorrenza è anche senatore PdL e che per inciso in tutta la compravendita non sborsa un solo euro.
Il Fondo Omega che detiene la proprietà del palazzo a prezzo variabile è il fondo immobiliare della banca Intesa San Paolo, su gestione della Fimit. A presiedere Angelo Arcicasal’ENPAP e sottoscrivere l’acquisto è invece il lungimirante Angelo Arcicasa, al quale potevano vendere benissimo anche la fontana di Trevi data la sua disponibilità di spesa ed il valore che attribuisce al denaro, peraltro non suo.
In pratica, la nuova sede dell’Enpap viene pagata 14.000 euro a mq. E con IVA inclusa l’intera spesa arriva a sfiorare i 54 milioni di euro. Come invece il costo di un immobile possa aumentare di 18 milioni di euro in una sola giornata lavorativa, è mistero che non l’oculato Angelo Arcicasa, né la FIMIT di Massimo Caputi si sono mai dati la pena di spiegare per un ‘affare’ clamorosamente in perdita.
L’unico a guadagnarci (e parecchio pure!) è il senatore Conti, che non contento si guarda bene dal versare l’IVA dovuta. E si dimentica pure di pagare la ditta che effettua (da contratto) i lavori di ristrutturazione. Si tratta in fondo di una peculiarità distintiva per tutti i ladri che affollano la corte dei papiminkia.

Pappone costituente

En passant, la società immobiliare del senatore Conti si dimentica anche di fornire i certificati di agibilità e le planimetrie catastali del palazzo venduto all’ENPAP, senza che peraltro il presidente Arcicasa si sia mai preso il disturbo di richiederli, col risultato che in tal modo la proprietà risulta invendibile né cedibile a terzi.
Denis VerdiniCom’è, come non è, un milione di euro legato alla compravendita della sede ENPAP finiscono rigirati dal senatore Conti nelle tasche del senatore Denis Verdini, suo degno collega di partito, senza che si capisca bene a che titolo (la penale per un precedente prestito mai chiarito di 10 milioni di euro).
E d’altronde l’amico Denis non è nuovo a simili intrallazzi. Infatti, oltre ad illecito finanziamento (si sospetta la creazione di una provvista di fondi neri), l’intraprendente Verdini dovrà rispondere anche per gli appalti pilotati nella costruzione della nuova Scuola per la formazione dei marescialli dei Carabinieri a Firenze, nell’ambito della sua indefessa attività di “mediatore” al centro di alcuni dei più torbidi intrighi del ventennio berlusconiano nell’ambito della cosiddetta P3 (ne avevamo parlato QUI).
Renzi e VerdiniAttualmente, Denis Verdini è l’interlocutore privilegiato (e si può dire unico) del Telemaco trapiantato a Palazzo Chigi: quello che litiga tutti i giorni con ogni cosa sia collocabile vagamente a sinistra, insulta i sindacati, e odia i “professoroni” a meno che non gli diano sempre ragione. Però è pappa e ciccia con la Confindustria (che gli paga Leopolda e campagna elettorale) e riscrive la Costituzione col pappone di Arcore, di cui Verdini è il plenipotenziario di fiducia.
CUOREIn quanto a Marco Di Stefano, l’entità dell’affare e dell’aggravio di spesa ai danni della Regione Lazio, non hanno impedito al nostro eroe di essere ricandidato a tutte le tornate elettorali successive e maturare il suo bel vitalizio. Inserito nel listino bloccato alle ultime elezioni amministrative, in quota PD nella circoscrizione Lazio1, Marco Di Stefano è risultato essere il primo dei non eletti alla Camera, ed è potuto entrare in Parlamento solo ad agosto 2013, per la rinuncia di Marta Leonori entrata come assessore al Comune di Roma.
Shingeki no kyojinIn virtù delle sue passate e straordinarie esperienze gestionali, a Di Stefano è stato subito assegnato un posto come membro della Commissione Finanze del Parlamento. Attualmente (bontà sua!) si è autosospeso.
Boardwalk-EmpireSono i soliti avanzi di ‘nuovo’, che non passano mai.

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(51) Cazzata o Stronzata

Posted in Zì Baldone with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , on 31 Maggio 2013 by Sendivogius

Classifica MAGGIO 2013”

Ultimatum alla Terra In concomitanza con l’ennesimo monito presidenziale (l’ultimo di una corposa collezione retorica), giunge il rapporto dell’ISTAT, sulla catastrofica situazione della disoccupazione in Italia, e soprattutto la relazione del governatore della Banca d’Italia, che nella sostanza invita a persistere nella prosecuzione ad oltranza delle ricette terminali che ci hanno condotto ad una recessione più devastante di quella del lontano 1929.
È alquanto straniante ascoltare le parole del governatore Ignazio Visco mentre parla di una crisi economica, che si voleva inesistente [QUI] ad eccezione degli avvertimenti di qualche “disfattista”, e mentre denuncia con ampio ritardo i disastri della cura monetarista made in Monti: quella che doveva rilanciare economia e occupazione in nome del rigore, stroncando nei fatti ogni prospettiva di crescita tramite la distruzione progressiva del tessuto sociale e produttivo. Tanto che ora si parla addirittura di “crisi strutturale”, nella reiterata incapacità di rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici, in corso soltanto da un paio di decenni, a tal punto da rimpiombare il Paese indietro di 35 anni… Proprio in concomitanza con la fallimentare esperienza del primo “governo di larghe intese” (quello del 1978 con Andreotti premier), giustamente riproposto in riedizione aggiornata al trapasso dei tempi. Ma non si potevano certo scontentare le pretese del Monitore dall’alto del Colle, che adesso bofonchia qualcosa sullo scollamento dei cittadini dalle istituzioni, sul crollo di credibilità dei partiti, e sui rischi nella tenuta della coesione sociale, contro il rischio dei quali la grande ammucchiata neo-democristiana (miracolata da un’opposizione inconcludente come quella dei 5 Stelle) è certamente la migliore delle risposte possibili, dopo la letale esperienza del direttorio tecnocratico a guida Monti.
Ovviamente, la risoluzione dei problemi è stata rimessa alla riproposizione dei medesimi schemi all’origine della catastrofe finanziaria, piuttosto che nella rimozione delle cause, secondo una visione macroeconomica quantomeno discutibile.
Tra i successi della ferale accoppiata Monti-Fornero vale la pena ricordare le eccezionali controriforme [QUI]: dal “mercato del lavoro” (trasformatasi in un’inarrestabile fabbrica di disoccupati), all’ennesima revisione pensionistica (con la catastrofe sociale degli “esodati”), passando per quella forma estrema di eutanasia sociale chiamata “fiscal compact”
Tuttavia, a volerli ascoltare, i segnali di allarme c’erano tutti. E non era difficile accorgersene, tant’è che persino noi, dal fondo della nostra ignoranza, ne avevamo accennato ripetutamente:
Dalle inquietanti analogie coi disastrosi esperimenti ultraliberisti nell’Argentina di Felipe Cavallo [QUI];
All’annunciato crollo del prodotto interno [QUI], perché ‘crescita’ non fa rima con ‘rigore’;
Al costante stato confusionale del Governo Monti [QUI], nell’evidente dissociazione tra il trionfalismo dei proclami e la miseria dei fatti [QUI], precipitati in un tunnel senza luce [QUI] nella manipolazione costante dei dati [QUI], in nome di un più ampio disegno poco economico e molto ideologico [QUI].
A giudicare dalla caratura politica ed etica dei protagonisti vecchi e nuovi, la notte sarà ancora lunga e terribilmente buia…

Hit Parade del mese:

01. TRAUMI

[28 Mag.] «Ho sottovalutato il derby Roma-Lazio. È stato un trauma impressionante per la città, e non abbiamo ben valutato il tifo calcistico, che ha bloccato 200 mila persone. Il derby ha danneggiato noi del centrodestra per la tipologia delle candidature: quella di Marino è più lontana dallo stadio»
(Gianni Alemanno, il Podestà)

02 - Rotondi02. INDIGENZE

[17 Mag.] «Sicuramente io appartengo alla gente povera, perché anche se il “Corriere della Sera” ci descrive come casta, noi facciamo parte degli italiani meno abbienti. Io sicuramente non sono una persona abbiente, noi parlamentari siamo ceto medio.»
(Gianfranco Rotondi, il nuovo povero)

03 - Scilipoti03. SENSO DI RESPONSABILITÀ

[20 Mag.] «La politica dovrebbe fare quello che ho fatto io, mettere gli interessi dei cittadini prima di quelli dei partiti. Oggi c’è un governo di grande responsabilità: quello che cercavo di dire io tre anni fa e nessuno mi ascoltava.»
(Domenico Scilipoti, l’Incompreso)

04 - Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni04. QUESTIONI DI STILE

[03 Mag.] «I 710 mila euro che ho dato al movimento di Monti? Ho sentito questa urgenza, ma non per questo mi aspettavo un posto da ministro. Come potrei ambire ad una poltrona? Non è nel mio stile.»
(Ilaria Carla Anna Borletti Dell’Acqua in Buitoni, la Sobria al governo)

05 - famme 'na bocca!05. SPIRITO DI CARITÀ

[16 Mag.] «Sapete che vi dico? Che se quelle di Berlusconi sono prostitute, allora io sono lesbica! Perché io mantengo due giovani donne in difficoltà economica, e ogni mese pago loro uno stipendio. Sono lesbica!»
(Daniela Santanché, la Filantropa)

05b - Biancofiore05.bis PARI OPPORTUNITÀ

[04 Mag.] «Sono le associazioni gay ad autoghettizzarsi, la loro è una casta. Io non sono mai stata omofoba: chiunque abbia un amico gay conosce la sofferenza di quando ti fanno giocare a soldatini, da piccolo, o con le pistole. Io odio le discriminazioni verso gli animali, si figuri verso le persone! Sa qual è la verità? La verità è che certe mie posizioni personali sono uguali a quelle di Papa Francesco! Solo che da lui si genuflettono… mentre con me?»
(Michaela Biancofiore, Immancabile)

06 - Porca e Suino06. ASSENZE

[22 Mag.] «Don Gallo uno di noi, ci mancherai!»
(Flavio Briatore, il Compagno)

07 - Fico07. DE-CRESCITA

[28 Mag.] «Siamo in lenta ma costante e inesorabile crescita… A Portici siamo quasi al 9%!»
(Roberto Fico, Pasdaran 5 Stelle)

08 - M.Mauro08. SI VIS PACEM PARA BELLA

[23 Mag.] «Credo che siamo tutti quanti d’accordo nel riconoscere che il valore più importante che condividiamo nella nostra civile convivenza sia la pace. Sistemi di difesa avanzati, come i caccia F35, servono per fare la pace.»
(Mario Mauro, il Pacificatore)

09 - Marini09. SOBRIETÀ

[23 Mag.] «In questi tempi difficili un matrimonio fa sognare, e richiama valori importanti quali l’incontro col Signore e la consacrazione dell’amore. Non solo la diretta Rai1 delle mie nozze è stata un’operazione intelligente, ma da parte del servizio pubblico anche doverosa.»
(Valeria Marini, The Bride)

10 - Sallusti10. MEMENTO

[08 Mag.] «Non dimentichiamoci che delle leggi ad personam di Berlusconi hanno goduto anche tutti gli italiani.»
(Alessandro Sallusti, delinquente abituale)

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IL POLIPO

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 26 marzo 2013 by Sendivogius

Testa di... Alemanno

A Roma, con Gianni Alemanno non ci si annoia mai. Il personaggio è una garanzia.
Abbarbicato come una piovra sugli scogli del potere, il podestà barese prestato alla Capitale, vi resta disperatamente attaccato, peggio di una cozza e più coriaceo di un lichene, mentre il cerchio marcio dei suoi fedelissimi gli si restringe attorno, più simile ad un cappio che ad una cordata. Spesso si Almirante coi suo fascisti all'università La Sapienzarimprovera ad Alemanno di essersi contorniato di elementi impresentabili, ripescati direttamente dalle latrine dello squadrismo post-fascista e altri rigurgiti in disarmo dell’eversione nera, con l’aggiunta di fossili borbonici del clericalismo sanfedista, come se il sindachetto dallo sguardo spiritato fosse altro. In fondo (molto in fondo) da lì proviene e quello è il suo mondo di riferimento, con l’innesto di vecchi arnesi rimasti orfani del potere democristiano. Inutile aspettarsi qualcosa di migliore e soprattutto di diverso dalla sua natura.
Con l’arresto di Riccardo Mancini, amministratore delegato di EUR S.p.A, la personale parabola del camerata Gianni segna un altro punto tutto al ribasso, nel saccheggio indiscriminato e reiterato delle società partecipate dal Comune di Roma che, con ogni evidenza, Alemanno ritiene una sorta di preda bellica da spartire tra i propri vassalli.
In prospettiva, del sacco delle aziende municipali avevamo parlato in dettaglio QUI.
Tuttavia, se le società comunali costituiscono da sempre il giocattolo prediletto che la ‘politica locale’ usa per costruire e consolidare il proprio apparato di potere su base territoriale, per il collocamento delle clientele elettorali ed il controllo degli appalti pubblici, nell’ambito delle municipalizzate capitoline la EUR S.p.A. si colloca su di un piano differente e giuridicamente anomalo rispetto all’ordinaria amministrazione.
EUR (mappa da urukmag)Dotata di una sua struttura societaria a gestione separata e capitalizzazione mista, con una rilevante autonomia di spesa e capacità decisionale, la EUR S.p.A. è una sorta di moloc dalle partecipazioni multiple e di grandi opportunità, come a suo tempo ebbe modo di sottolineare il giornalista Corrado Zunino in una sua lunga inchiesta…

«L’Eur è un quartiere spa – esperienza unica in Italia – dove non governa la giunta del XII municipio, amministrativamente responsabile, né, di fatto, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che pure questi signori ricchi e di estrema destra ha nominato alla guida di Eur spa (è questo il nome dell’ente padrone). Governa, appunto, Eur spa, società pubblica e privata insieme, in mano al ministero delle Finanze (al 90 per cento) e al Comune di Roma (il 10 per cento). Con i bilanci esausti che si ritrova, oggi Alemanno può solo approvare ciò che i ricchi padroni del quartiere deliberano.
Roma-Eur (tuttisfondi.com)“Pubblico e privato insieme, l’esistenza di Eur spa è un’anomalia totale”, dice l’economista Giorgio Ruffolo ricordando come la società per azioni controllata dallo Stato abbia ereditato dall’Esposizione universale del 1942 un ben di dio di palazzi e musei, strade e marciapiedi, parchi e innaffiatoi e che, forte della sua potenza economica (645 milioni di euro a bilancio), si muove sul territorio come farebbe un feudatario dell’undicesimo secolo che deve rispondere solo al monarca e alla sua corte.»

Corrado Zunino
Eur, il quartiere d’oro dove comanda Parentopoli
La Repubblica (20/05/2010)

È ovvio che, con una simile struttura e con risorse strategiche virtualmente illimitate, la EUR S.p.A. si sia rapidamente trasformata in una formidabile centrale di potere…

«E chi c’è nell’ultima Eur spa, quella protetta da Alemanno, dove sono stati mandati via i tecnici qualificati e sono entrati i tabaccai di estrema destra? Sono stati esautorati i dirigenti storici per far posto a Dario Panzironi figlio di Franco, (ex) amministratore delegato di Ama, la società pubblica che pulisce le strade della capitale. Per la Parentopoli romana, l’assunzione di uomini vicini al sindaco nelle aziende municipalizzate, Panzironi senior è indagato per abuso d’ufficio. Il manager è consigliere della società Marco Polo satellite della potente Eur spa e suo figlio Dario, già portaborse in Comune, ora è funzionario proprio dell’Eur Spa con un contratto a tempo indeterminato. Mancini ha estratto il suo nome tra sessanta curriculum ricevuti.
La filiazione ad libitum di nuove realtà pubblico-private figlie di Eur spa ha portato nei ruoli di controllo delle società “a cascata” sempre agli stessi uomini. Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps, manager fedele a Gianni Letta, è presidente del collegio sindacale in sette “Eur-qualcosa” su sette. Controlla lui che sia tutto in ordine. E presidente della ‘Marco Polo spa’, fino a poche settimane fa, è stato Paolo Togni, sistemato da Alemanno in Comune alla direzione delle Politiche ambientali, nuclearista per convinzione ed estrazione professionale, coinvolto nel 2007 nelle inchieste sulla ricostituzione della loggia P2. Togni ha lasciato “Marco Polo” accusando la società di fare gli interessi di terzi. Infine, del “gruppo Mancini” fa parte Angelo Jacorossi, la Tangentopoli del 1992, un miliardo e mezzo (in lire) pagate per riscaldare le case IACP di Roma. L’imprenditore oggi amministra una società, la SACCIR, di cui è stato a lungo consigliere il nostro ingegner Mancini. Ma Jacorossi è anche l’amministratore di Eur Power: sta lanciando la “smart grid”, l’autosufficienza energetica del quartiere. Come dice Riccardo Mancini, avanguardista nero della prima ora: “Noi dell’Eur siamo una macchina guerra“.»

Riccardo Mancini Di Riccardo Mancini, rampollo di una ricca famiglia di imprenditori romani, con passati burrascosi nell’estrema destra movimentista (da Avanguardia Nazionale a Terza Posizione) e amicizie pericolose nella Banda della Magliana, avevamo già parlato con dovizia di particolari QUI, in riferimento alla coorte di pretoriani che ha legato la propria fortuna alle sorti di Gianni Alemanno e che dunque lo segue ovunque.
Tra i miracolati che hanno vinto la lotteria alla corte di Alemanno, c’è sicuramente il sig. Carlo Pucci, tabaccaio di Viale Europa nel quartiere Eur, che Riccardo Mancini ha fatto imboccare all’ente, nominandolo nientemeno che direttore marketing… Forse perché Pucci, tra i suoi titoli di merito, può vantare soprattutto la propria relazione con Emilia Fiorani: presidente del CdA della SoGeRi (Società Generale Rifiuti) che, nel complicato sistema di scatole cinesi messo insieme da Mancini, ha partecipazioni congiunte tanto con la EUR spa che con l’ACEA.
ComicomixTuttavia, piuttosto che essere usata come una immensa agenzia di collocamento, la società dell’EUR si è dimostrata funzionale alla costituzione di una rete di relazioni, insieme al consolidamento dei legami di appartenenza politica e di fedeltà personali, alla stregua di una cricca massonica che trova il suo fulcro (in)naturale nella Fondazione Nuova Italia: la creatura privata di Gianni Alemanno, con le infinite variabili e intrecci che questo implica, a partire da una struttura ibrida di interconnessioni, e che a suo tempo avevamo analizzato in dettaglio QUI.
Istituita l’11/03/2003, la Fondazione Nuova Italia è il perno sul quale si regge il sistema di potere feudale di Gianni Alemanno e del suo deus ex machina Franco Panzironi: vecchio volpone di provenienza democristiana, campione di clientelismo di massa e nepotismo estremo, specialista in tracolli finanziari (dall’AMA all’UNIRE), che lo segue ovunque insieme agli altri barracuda di corrente…

Il Marcio su Roma «In tutto 449 soggetti: uomini noti, affaristi, dirigenti pubblici, imprenditori, politici ed esponenti della destra estrema. Anime diverse riunite da un collante potente: Gianni Alemanno.
Prima di tutto lui, Riccardo Mancini, vicino al sindaco dai tempi del MSI. Ufficialmente Mancini non compare nell’organigramma, ma il suo nome è scritto nero su bianco nell’atto istitutivo della fondazione.
(…) Ma Riccardo Mancini non è l’unico personaggio illustre ad aderire alla Fondazione. Insieme a lui, fin dagli inizi, c’è Daniele Anemone, fratello di Diego Anemone e principale azionista della società di famiglia costituita nel 2004, la Anemone Costruzioni. L’azienda è tra le imprese vincitrici del maxiappalto del G8 della Maddalena e finisce al centro delle inchieste dei magistrati sulle attività della Cricca, costituita proprio da Diego Anemone, da Angelo Balducci (l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici) e forte della sponda dell’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Sempre nel business dei grandi eventi è un altro aderente della prima ora: Paolo Marziali, il costruttore emergente che ha realizzato il polo notatorio di Ostia, ha lavorato per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia oltre ad ottenere importanti commesse da alcuni municipi romani.
A sostenere la “Nuova Italia” figurano anche Guido Puglisi, ex dipendente Enav finito sotto inchiesta per concorso in finanziamento illecito ai partiti. E Fabrizio Franco Testa: quest’ultimo nel novembre del 2009 è stato nominato presidente di Techno Sky, una controllata Enav. Interrogato dagli inquirenti, il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese, ha dichiarato che sarebbe stato Gianni Alemanno a favorire la nomina del manager.
Tanti sono invece i sostenitori che hanno visto fiorire fortunate carriere dentro il Comune di Roma: Alessandro Cochi è diventato delegato alle politiche sportive di Roma Capitale; Marco Cochi, collaboratore del sindaco per la cooperazione decentrata; l’avv. Mauro Lombardo, oltre alla poltrona di vicesindaco di Guidonia-Montecelio in quota PdL, ha ottenuto la carica di dirigente all’ufficio acquisti di ATAC.
Una rappresentanza importante riguarda il Ministero dell’Agricoltura, guidato dal 2003 da Gianni Alemanno. In questa famiglia i personaggi più significativi sono Paolo Gulinelli e Riccardo Diofebi, cresciuti dentro l’AGEA, la società che si occupa delle quote latte, e finiti nella SIN, l’azienda informatica controllata dall’Agricoltura ma con un capitale misto pubblico/privato. Le loro carriere hanno compiuto un notevole salto di qualità dopo la nomina di Alemanno al ministero, al punto che anni dopo Gulinelli è riuscito a strappare a SIN un contratto blindatissimo che, in caso di licenziamento del manager, prevede per l’azienda il pagamento di 144 mensilità.
Tra i fondatori compare anche Fabrizio Mottironi, con un passato vicino alla formazione di estrema destra “Terza Posizione”, nominato da Alemanno presidente di Buonitalia, la società pubblica che si occupava di promuovere il made in Italy alimentare. E ancora il defunto leader della destra radicale romana Giuseppe Dimitri, il coordinatore del PdL Vincenzo Piso, e Gioacchino Camponeschi. Una carriera come autista all’ATAC la sua prima di diventare segretario della Faisal-Cisal, quello che da molti è definito il “sindacato del sindaco”

Daniele Autieri
La Repubblica
(26/03/2012)

Per la cronaca, Riccardo Mancini (l’ex ad di EUR SpA) è indagato per concussione, corruzione e frode fiscale dalla Procura di Roma, in virtù di Manutenzione stradale a Romauna presunta tangente da 800.000 euro versata dall’azienda bolognese Breda Menarini, relativamente all’appalto per conto di Roma Metropolitane (ma gestito da Eur spa), circa la fornitura di 45 filobus destinati al trasporto pubblico urbano, per il collegamento dei quartieri Laurentina e Tor Pagnotta nell’ambito del cosiddetto “corridoio della mobilità”. Il problema è che il corridoio in questione, con la predisposizione delle corsie speciali riservate ai nuovi filobus, non è stato a tutt’oggi ultimato ed i nuovi mezzi giacciono inutilizzati nei depositi.
Sostanzialmente, la tangente si configura come una forma di aiutino, un “local help” per agevolare gli affari (con una provvigione supplementare di 7.000 euro per ognuno dei 45 filobus)…
Edoardo D'Incà LevisA gestire la transazione in linea diretta sono Roberto Ceraudo ex amministratore della Breda-Menarini, ed il faccendiere Edoardo D’Incà Levis, che gestisce intermediazioni d’affari nella Repubblica Ceca e provvede materialmente a predisporre la dazione in denaro.
Ad ogni modo, nell’inchiesta ritornano tutti i bei nomi del magico mondo di Finmeccanica e del suo sottobosco di intraprendenti faccendieri, dei quali ci siamo già occupati in dettaglio QUI.
C’è Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, ma soprattutto c’è Lorenzo Cola ed il suo sodale Marco Iannilli
Secondo quanto riportato nell’ordinanza del Tribunale del Riesame:

«Un primo step per intervenire, attraverso le controllate di Finmeccanica, nella costruzione della metropolitana di Roma, un affare che poteva valere 2 miliardi di euro per Finmeccanica (…) La promessa da parte della società rappresentata da Ceraudo era necessaria a far sì che l’ATI che nel novembre del 2008 si era aggiudicata l’appalto, fosse indotta a subappaltare la fornitura dei filobus alla Breda per effetto delle pressioni operate da Mancini, il quale era espressione della società appaltante, Roma Metropolitane. Ciò costituiva il primo passo per accedere ai lavori della costruzione della metropolitana di Roma, affare ben più lucroso e appetibile.
filobus anni 50La somma complessiva ammontava a 650/700mila euro, parte dei quali, circa 500mila sarebbe andata al Mancini. Marco Iannilli (commercialista di Lorenzo Cola, uomo di fiducia dell’allora presidente Finmeccanica, Pierfrancesco Guarguaglini) aveva quindi messo in contatto Mancini con Cola, il quale lo aveva poi incontrato a colazione, certamente nel 2009»

Per la bisogna Ceraudo crea una società off-shore con conto corrente a Londra; dunque emette una serie di false fatturazioni per un totale da 500mila euro. La provvista così creata viene trasferita su un conto svizzero gestito da D’Incà Levis e quindi rigirata su c/c gestito da Ceraudo, con una serie di triangolazioni estero vestite su conto terzi: 233.360 euro (16/03/09); 312.000 euro (24/09/09); 204.100 euro (17/07/09).

Corridoio della mobilità

Mancini costituisce un interessante caso, non nuovo nel suo genere, di mazzetta a suo insaputa… Interrogato dal pm Paolo Ielo, (03/02/2013), avrebbe ammesso di aver percepito infatti un emolumento di 60.000 euro per il disturbo da parte di Roberto Ceraudo e dall’imprenditore Edoardo D’Incà Levis, il quale avrebbe predisposto materialmente il versamento in nero.

“Il compenso di tutto il lavoro da me svolto per la fornitura dei 45 filobus ammontava all’1% della fornitura di competenza della Breda Menarini. Poco dopo, sempre nel 2008, Ceraudo mi manifestò la necessità di ‘aiutare’ la commessa nel senso che andavano reperite risorse per un milione 200 mila euro da destinare a persone della De Santis Costruzioni in grado di influire sull’assegnazione dell’appalto.”

Mancini non ha capito bene perché gli fosse stata consegnata la cifra in questione, ma in ogni caso avrebbe reputato cosa più che normale trattenerla nelle sue personali disponibilità, anche perché secondo le dichiarazioni dell’imprenditore D’Incà Levis, la provvista in nero era destinata, molto genericamente e senza alcun riscontro, alla “segreteria di Alemanno”.

“Ceraudo mi disse che la politica voleva ancora soldi e che erano destinati alla segreteria di Alemanno. Non precisò né io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse.”

Forza MerdeSegreteria dove per inciso siede un altro galantuomo come Antonio Lucarelli: classe 1965, già portavoce di Forza Nuova e poi folgorato sulla via di Alemanno. Tra gli ex consulenti della segreteria del sindaco c’è inoltre da ricordare Dario Panzironi (figliol prodigo di papà Franco), prima che fosse assunto in pianta stabile all’EUR spa.
Nella santissima trinità al Campidoglio, Lucarelli sta al ‘figlio’ così come Riccardo Mancini sta alla ‘spirito santo’, entrambi alla destra di Alemanno.

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> Per ulteriori approfondimenti,

Sul sistema Anemone-Balducci e la gestione appalti nell’ambito dei “Grandi Eventi”:

1) Gli Schifosi
2) L’Uomo con la tuta
3) Compagni di merende
4) Gli Amici degli Amici

Sulla rete di potere nella Roma di Alemanno ed il sistema delle municipalizzate:
1) Alemanno Connection
2) Il Sacco di Roma
3) La Società dei Magnaccioni

Sullo scandalo Finmeccanica e affini:
1) I Predatori dell’Industria perduta

La Porcilaia

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 20 settembre 2012 by Sendivogius

Il porcile riguardava tutti
(Carlo Taormina – 18/09/2012)

C’è qualcosa di primitivo nelle fameliche orde di burini calati sulla ghiotta greppia romana, incistandosi sul fascismo pariolino della Roma borghese, e sullo squadrismo convertito agli intrallazzi affaristici dei giovani rampolli di borgata, portando in dote una fame atavica e primordiale.
Più che una “casta” di potere e di affari, sembra un’armata di straccioni ripuliti… È incredibile come, fuor di metafora, la loro azione si esplichi in un gigantesco assalto al buffet, con le abbuffate a sbafo di un’orda di arraffoni e scrocconi che ha fatto del “magnare” una prassi sfacciata di sub-governo.
E, mentre nel consiglio regionale del Lazio si consuma l’ennesimo psicodramma collettivo, con la camionista parcheggiata alla Regione che un giorno minaccia le dimissioni e l’indomani le rinvia, tra ex forza-italioti ed ex missini si è scatenata una faida tutta interna al Partito dei Ladri, con lancio di stracci e mutande sporche, rinfacciandosi le reciproche ruberie.
È l’orrido derby della destra laziale: Ciociaria vs Tuscia. Da una parte, i fascisti ciociari facenti capo a Gianni Alemanno (il podestà barese della Capitale) e alla sua cricca; dall’altra, i viterbesi sotto la protezione di Antonio Tajani (il vuoto cosmico in transito alla UE). Si attende con ansia l’intervento dei cugini poveri della Sabina.
Oggetto del contendere: la spartizione dei fondi regionali per le spese di partito.

Si tratta dei 15 milioni di euro che la giunta regionale del Lazio elargisce graziosamente ai 17 e passa gruppi consiliari, per le spesucce straordinarie dei consiglieri a finanziamento di indefinite “attività sul territorio”, che di solito consistono in grasse cene più o meno ‘elettorali’.
Peccato che gli eletti del popolo supino siano spesso incapaci di distinguere la differenza tra la promozione politica e l’utilizzo privatissimo dei fondi pubblici, che infatti vengono impiegati ad uso personale per le spese più svariate…
A gestire i fondi per conto del PdL, in qualità di capogruppo e tesoriere, era fino a poco tempo fa Franco Fiorito, detto Batman in virtù di una sua acrobatica caduta da una moto ferma. L’onesto Francone, dalla Ciociaria con fetore, proviene da un territorio storicamente famoso per i suoi briganti, per gli irriducibili nostalgici mussoliniani e per le clientele andreottiane. Uomo legato alla tradizione, sembra cogliere l’eredità realizzando una sintesi perfetta di sì fulgidi esempi…
A chi ancora crede che l’età anagrafica faccia la differenza, il 41enne federale abborracciato è un ex galoppino miracolato dalla politica per professione. Reclutato giovanissimo nelle fila del MSI, transita in AN e poi nel PdL per annessione. Si definisce “futurista”: la mistificazione lessicale dietro la quale si nasconde ogni fascista verace. Indimenticato sindaco di Anagni, si dedica alle celebrazioni littorie con commemorazioni della marcia su Roma ed altri commossi omaggi al duce buonanima. Infine, catapultato in Regione, gestisce i fondi che il presidente del consiglio, Mario Abbruzzese (ciociaro pure lui), gli mette in mano per conto del PdL, come fossero una cosa propria.
Infatti,

«Non esiste l’obbligo di pubblicare i bilanci dei gruppi consiliari del Lazio. I rendiconti sono approvati da un Comitato di controllo contabile che è presieduto da un consigliere del Partito Democratico che – ops! – non si è mai accorto di nulla. Poi vengono consegnati al presidente del Consiglio regionale, che si chiama Mario Abbruzzese e sua volta mantiene 18 collaboratori e spende 3,4 milioni per il personale, 8 milioni per consulenze, ha avuto una dotazione di un milione e mezzo di euro sia nel 2010 e sia nel 2011 e guadagna 23mila euro al mese, vale a dire più del presidente Obama. Il consiglio regionale del Lazio ha speso per “manutenzione e messa a norma degli immobili” trenta milioni di euro negli ultimi tre anni e quest’anno ne aveva in previsione altri dieci, bloccati dopo le denunzie alla magistratura dei due consiglieri radicali, Rocco Berardo e Giovanni Rossodivita. Ecco perché il sulfureo Fiorito dice: “me sento preso per culo”. Cresciuto a gassose e rosette e vendicato dal mollusco si considera il più onesto dei disonesti, e perciò il solo che andrà in galera.»

Francesco Merlo
Casta Ciociara
(14/09/2012)

Il bravo Francone non si smentisce ed usa i soldi pubblici per pagarsi le vacanze in Sardegna ed i cenoni al ristorante, regalandosi auto (BMW.. Smart) e moto di grossa cilindrata. Grazie ad una gestione oculata, ciccio-Fiorito riesce a mettere insieme un discreto tesoretto, certamente frutto dei sudati risparmi a fronte di una indefessa attività politica, che utilizza per incrementare un cospicuo patrimonio immobiliare. Per esempio, nel Novembre 2011 acquista un villone abusivo, in piena riserva naturale del Parco del Circeo, sborsando 800.000 euro in contanti. Ma le transumanze elettorali di Francone possono contare sulla logistica di 8 fabbricati e 5 terreni in quel di Anagni, più un altra casa con relativo terreno a Piglio, mentre a Roma vanta la disponibilità di almeno un paio di appartamenti.
In meno di due anni, dirotta sui suoi conti personali qualcosa come 750.000 euro, ad integrazione del magro stipendio da consigliere (solo 18.000 euro mensili), con almeno 109 bonifici sospetti e sempre dello stesso importo (4.190 euro e 8.380 euro), svuotando le casse del partito. E siccome è un altro che crede nel valore della famiglia, intesta i conti a tutto il parentado, tanto per non far torti a nessuno: mamma, papà e fratello.
Del resto Francone è uno dei tanti furbi dei quali l’Italia abbonda… Non per niente, come ci tiene a precisare mamma Anna: a tre anni leggeva già Topolino (!!) C’è da chiedersi se non si sia ispirato alla Banda Bassotti.
A sollevare il coperchio sull’allegra gestione finanziaria del Batman della Ciociaria, è il nuovo (e già dimissionario) presidente dei consiglieri regionali del PdL, tal Franco Battistoni da Montefiascone, in un insolito zelo legalitario. E infatti i vertici del partito hanno preteso le dimissioni di Battistoni più ancora di quelle di Fiorito, strenuamente difeso dalle centurie romane, tanto grande è stato lo choc per l’improvvisa ventata di legalità.
Colto in fallo a gozzovigliare nelle basse cucine della politica assistita, l’austero Francone ha subito adottato la linea vincente e di successo, inaugurata a suo tempo dal fu ministro Claudio Scajola (il Velociraptor del nucleare): i soldi gli venivano stornati sul conto “a sua insaputa” da maliziose manine amiche. Mal consigliato, ha affidato la sua difesa all’avv. Carlo Taormina, specialista in cause perse, ma profumatamente pagate e ben pubblicizzate, secondo una collaudata linea difensiva: così fan tutti. Convinto che la miglior strategia sia l’attacco, invece di spiegare gli ammanchi di cassa si è messo ad attaccare tutto e tutti, concentrando i colpi (bassi) contro i propri rivali di partito, facenti capo alla corrente viterbese di Tajani.
Tra le spese incongrue denunciate da Francone, novello castigatore, ci sono i gadget ed i piccoli sfizi di consiglieri a corto di liquidità: dall’acquisto di bottiglie di champagne alle cene luculliane nei migliori locali della Capitale; dalle immancabili cravatte Marinella ai soggiorni “per due” in resort extra-lusso… tutto rigorosamente a carico delle pubbliche casse della munifica regione Lazio.
In piccolo, sembra infatti che tutti vogliano emulare le gesta del Papi della Patria, elevato ad insuperabile modello, insieme alle varianti porcine delle “serate eleganti” e delle ineguagliabili “gare di burlesque” alle quali il Pornomane ci ha abituato negli anni scoperecci del bunga-bunga…
Tra i fondamentali preventivi di spesa del partito sembrano esserci la richiesta di 48.000 euro per il “noleggio del set di Roma antica e del teatro 10 di Cinecittà“, da parte del vicecapogruppo del Pdl, Carlo De Romanis, per celebrare alla grande il Natale di Roma: “una straordinaria occasione per rivivere il passato”, in concomitanza col “grande evento storico” .
 Carlo De Romanis, classe 1980, è uno dei protege di Antonio Tajani, che se l’è portato dietro fino a Bruxelles. Prontamente sistemato alla regione nel 2010, De Romanis (er Pupone) è nell’ordine:
– Vicepresidente Commissione Affari comunitari e internazionali;
– Vicepresidente Commissione Speciale Federalismo fiscale e Roma capitale;
Non contento, ed evidentemente munito del dono dell’ubiquità, è membro delle più svariate commissioni, percependo relativi emolumenti e indennità aggiuntive:
– Risorse umane;
– Demanio;
– Patrimonio;
– Affari istituzionali;
– Enti locali;
– Tutela dei consumatori e semplificazione amministrativa;
– Commissione speciale Sicurezza e Prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro.

Per festeggiare l’insperata cuccagna in concomitanza del suo insediamento regionale, il fantasioso Carletto non trova di meglio che organizzare una “festa carinissima”, all’insegna della sobrietà che il ruolo istituzionale ed i tempi austeri richiedono…
Bambinone mai cresciuto, il suo ideale è il toga-party.
Il 10/09/2010, l’on. De Romanis organizza al Foro Italico (già Foro Mussolini) una sobria festicciola in costume per il suo ritorno a Roma; titolo della celebrazione: “Olympus – Ulisse torna a casa e sfida i nemici”; al modico costo di 20.000 euro che invano Carletto ha tentato di accollare al partito.
Alla festa esclusiva, solo su invito personalizzato, che più che altro assomiglia ad un baccanale, partecipa anche la governatora Renata Polverini.
È sconsolante notare come nella destra di greppia e di governo trapiantata nelle stanza del potere capitolino, non si riesca ad andare oltre i clichè dell’antico minchione romano, delle patetiche carnevalate con elmi di cartapesta e sandaloni ai piedi, in una sagra pecoreccia e scollacciata che è quanto di meglio i rampolli del post-fascismo sdoganato sembrano in grado di produrre, quando non brandiscono il manganello o si fanno tatuare farseschi legionari sui bicipidi anabolizzati.
 Convertiti ad una insospettabile morigeratezza, i Fioriti ciociari gli rimproverano il festino orgiastico “con donne semisvestite”; oppure tuonano con la grazia signorile di un Taormina, che reprobo dichiara: “Pensano di riuscire a far credere che il porcile in cui sono stati, in cui i soldi del partito venivano spesi da qualcuno per andare a puttane, sia una faccenda che riguarda solo Fiorito.
A difesa dei suoi ospiti è fortunatamente intervenuto il diretto interessato, Carlo De Romanis, alias Ulisse, che con classe risponde: mai frequentate squillo, ho una fidanzata di 25 anni. E poraccia!
È sempre festa (o farsa) nel bordello delle libertà…

     

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Sarà il caso di rammentare come la Regione Lazio abbia un debito monstre di oltre 10 miliardi di euro, cumulato in massima parte nel quadriennio 2001-2005 durante l’oculata gestione di Francesco Storace: il fascistissimo governatore, calamitato alla Regione negli anni allegri della grande cuccagna sanitaria da smerciare ai privati amici. A fronte di un piano di rientro che prevede un drastico taglio delle strutture ospedaliere e della spesa pubblica (dall’Istruzione ai Trasporti), accompagnati però da un incremento delle tasse regionali a dispetto di minori e più costosi servizi, i consiglieri della Regione Lazio non lesinano i contributi a loro stessi, auto-erogandosi fiumi di denaro pubblico, attraverso un flusso costante che non conosce crisi, né remore, né pudori.
Tra i primi atti della Giunta Polverini, vale la pena ricordare il fondamentale emendamento apposto alla legge di bilancio e approvato in fretta e furia nel dicembre del 2011, che permise il ripescaggio dei ‘trombati’ del PdL, riciclati come assessori “esterni” nel ruolo di ‘tecnici di settore’. Competenze zero. Ma i 14 miracolati avevano l’indiscutibile pregio di vantare cospicue clientele elettorali con un utile ritorno in pacchetto di voti. Dunque, in qualche modo, andavano premiati e comodamente accompagnati alla pensione [QUI].
E d’altra parte sono all’incirca 180 gli ex consiglieri che accedono al vitalizio per un totale di 16.200.000 euro all’anno, graziosamente erogati dalla Regione e dai contribuenti tutti.
Sempre nel 2010, ad opera del fondamentale contributo di Mario Abbruzzese, presidente del consiglio regionale, viene modificata la norma sui finanziamenti ai vari gruppi consiliari della Regione, per un totale di 15 milioni di euro, che in tal modo vengono distribuiti direttamente ai singoli gruppi, in proporzione al numero dei consiglieri e senza obbligo di motivare la richiesta dei fondi o di mettere le spese a bilancio.
Forse è per questo che la Regione Lazio vanta la bellezza di 17 gruppi consiliari, otto dei quali composti da un unico consigliere, che da solo può percepire fino a 210.000 euro all’anno per ogni onorevole pancia. Poi c’è, chiaramente, l’imprescindibile rimborso elettorale per i partiti (un euro e mezzo per ogni voto valido).
Ricapitolando, un consigliere regionale del Lazio percepisce ogni mese:
9.062,62 euro lordi, come indennità di carica
3.503,11 euro lordi, come indennità di diaria
4.190,00 euro netti, come contributo per il rapporto (sadomaso) tra elettore ed eletto.
Poi, naturalmente, ci sono i rimborsi chilometrici per gli spostamenti in auto (40 centesimi a Km) e le indennità previsti per i doppi e tripli incarichi nell’ambito delle commissioni regionali, che nel Lazio sono 19 e tutte insieme costano quasi 20 milioni di euro all’anno. È superfluo dire che ogni consigliere ha almeno un paio di incarichi e tutti sono presidenti o vice-presidenti di una qualche commissione, cumulando relative prebende ed indennità. Si tratta di ulteriori 7.211 euro netti al mese.
A fronte di una così imponente mole di lavoro, è ovvio che i consiglieri debbano in qualche modo essere supportati da un valido aiuto nelle loro attività, ed abbiano ognuno un proprio staff personale, oltre all’organico assunto in pianta stabile alla Regione ed evidentemente giudicato insufficiente ai fini dell’amministrazione ordinaria.
È la cuccagna infinita ai tempi della crisi di chi fa bisboccia e poi rigira il conto agli italiani, sussurrando contrito: “ce lo chiede l’Europa”..!

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ONORE AL MERITO!

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«In linea di principio potrei anche assumere mia madre, non mi pare inopportuno»

 È quanto ha dichiarato Sveva Belviso (il 31/07/12), vicesindaco di Roma già assessore alla Politiche Sociali, in merito all’assunzione della… cognata!
Ormai, è quasi impossibile tenere il conto dell’infornata di assunzioni al Campidoglio e “chiamate dirette” nelle aziende municipalizzate del Comune. Del resto, il vero fondamento della Repubblica italiana non risiede certo nel ‘Lavoro’, bensì nella ‘Famiglia’ alla quale gli italiani (politicanti inclusi) sono estremamente legati. Per questo non se ne separano mai.
La parola magica si chiama intuitu personae; è la formula prediletta per la pronta sistemazione di parenti, famigli e sodali, nell’accogliente greppia capitolina, a prescindere da titoli e competenze e fedina penale.
Per il resto dei comuni mortali, che protettori non ne hanno o non ne cercano, le cose funzionano molto diversamente…
Per esempio, è prevista:

a) L’immunità da condanne penali o procedimenti penali in corso che impediscano la costituzione di un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.
b) L’idoneità allo svolgimento delle mansioni relative al posto da ricoprire.

Tali prescrizioni costituiscono soltanto una parte dei requisiti di ammissione, per le “procedure di selezione pubblica per titoli ed esami”, in teoria obbligatorie, per l’assunzione (tramite concorso) al Comune di Roma. E in ogni caso:

“Non possono partecipare alla procedura selettiva coloro che siano dichiarati decaduti dall’impiego per aver conseguito dolosamente la nomina, mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità insanabile [per esempio, una laurea falsa] o che abbia riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato.”

Le disposizioni sono contenute nella delibera comunale n.424 del 22/12/2009, a cura della giunta Alemanno la quale, con ogni evidenza, applica sulla carta i principi che bellamente ignora al proprio riguardo. Mentre il Civetta e la sua cricca piazzava vecchi squadristi e avanzi di galera, cubiste e semianalfabeti, ad incarichi di responsabilità, con infornate di masse e lauti stipendi, è divertente notare la scrupolosa attenzione con la quale vengono selezionati i travet comunali…

I principi che devono orientare l’azione amministrativa della P.A. nell’espletamento della funzione amministrativa sono riconducibili a tre tipologie di fonti normative (comunitarie, costituzionali, l.241/1990). Quale tra quelli indicati è individuato nel capo I della legge n. 241/1990?
A) Principio di semplificazione.
B) Principio del decentramento amministrativo.
C) Principio democratico.
D) Nessuna delle altre risposte è corretta.

Con riferimento alla realtà australiana, una delle seguenti non è tra le ragioni individuate da Savage nel 2006 per spiegare la scarsa attenzione degli operatori museali riguardo alle ricerche sul pubblico:
A) Convinzione che la missione del museo non è il pubblico ma la conservazione delle opere.
B) Convinzione di conoscere il proprio pubblico.
C) Convinzione di non poter sostenere le spese per un’indagine appropriata.
D) Mancanza di fiducia in qualsiasi tipo di ricerca sociale.

Secondo la definizione di Simona Bodo, i modelli di policy per il “museo relazionale” sono:
A) 3.
B) 4.
C) 5.
D) 6.

Con riferimento ai principi e/o criteri individuati nel Capo I della legge n. 241/1990 indicare quale affermazione sul principio della semplificazione del procedimento è corretta.
A) Per semplificazione si intende l’organizzazione del procedimento amministrativo che tende a valorizzare le esigenze di trasparenza e concentrazione dell’azione amministrativa, unitamente a quelle del giusto procedimento, attraverso l’introduzione di istituti e regole operative a tutti i livelli del procedimento.
B) Comporta che l’azione amministrativa deve svolgersi nei limiti dell’autorizzazione legislativa e nel rispetto dei principi che presiedono all’esercizio della funzione amministrativa.
C) Comporta l’obbligo per le P.A. di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso sia quando il procedimento è iniziato ad istanza di parte sia quando è iniziato d’ufficio.
D) Comporta per la P.A. l’obbligo di esporre le ragioni di fatto e di diritto (giustificazione), nonché delle ragioni che stanno alla base della determinazione assunta.

Sono alcuni dei quesiti (neanche tra i più difficili), contemplati nella prova preselettiva per il posto di Istruttore Servizi Culturali, Turistici e Sportivi al Comune di Roma, durante l’ultimo grande concorso pubblico. Sono domandine semplici, che presuppongono una certa preparazione giurisprudenziale, per un profilo professionale riservato a candidati con diploma di maturità liceale.

FOGNA SENZA FONDO
 L’incompetenza genera sempre costi supplementari. Il vantaggio di una giunta bulimica, che non riesce a controllare gli appetiti dei troppi gerarchi, è quello di poter addebitare le spese sul conto della cittadinanza. Infatti, oltre allo spropositato aumento della seconda rata dell’IMU (la più cara d’Italia), i Romani si sono visti aumentare il prezzo del biglietto di autobus e metropolitane, a fronte di un servizio trasporti che, con un pietoso eufemismo, si potrebbe definire ‘carente’. Va inoltre aggiunto l’aumento della tassa sulla (pessima) raccolta rifiuti, in una città oramai assediata dalle sue stesse immondizie. E non andrebbero dimenticati i continui disservizi di ACEA (acqua ed elettricità), che sembra sempre più incapace di emettere bollette con gli importi al consumo esatti.
E questo nonostante le migliaia di assunzioni clientelari nelle municipalizzate (tutte con i bilanci pesantemente in passivo): 1.400 assunzioni in AMA (raccolta rifiuti); 854 in ATAC (trasporto urbano), 600 assunzioni in ACEA (gestione idrica). L’aggravante risiede nel fatto che ACEA è una società quotata in borsa, che ha visto crollare in poco più di una anno i rendimenti azionari a seguito di una gestione a dir poco indecente.

Dopo aver infilato raccomandati ovunque e posto cialtroni incompetenti ai vertici aziendali, prosciugando le casse, la giunta fascista (hic et nunc e tutt’altro che post) ha provato inutilmente di svendere ACEA ai privati (leggi: Gruppo Caltagirone) e privatizzare la rete idrica nonostante l’esito del referendum sull’acqua pubblica. I palazzinari a Roma hanno sempre prosperato con le giunte di qualsiasi colore. Il loro sostegno è imprescindibile. Pertanto, coccolati i Caltagirone (e P.F.Casini, parente acquisito) non poteva certo mancare una lauta contropartita per il Gruppo Parnasi, a carico stavolta dell’ATAC. Si tratta di una delle tante sorprese lasciate in eredità dalla catastrofica gestione di Adalberto Bertucci [QUI] e che la nuova governance aziendale sta cercando disperatamente di contenere, limitando i danni fin dove possibile:

«L’ATAC ha un bilancio in rosso fisso. Eppure, l’azienda che gestisce la mobilità della Capitale, pensa a comprare una nuova sede da 24mila metri quadrati (che ancora deve essere costruita) sborsando 119 milioni di euro. Ma non solo. Decide di farlo con una modalità di pagamento che è estremamente vantaggiosa per il venditore (il fondo Sgr di BNP Baripas che ha come soggetto attuatore il gruppo di costruzioni Parnasi) e ad alto rischio per l’acquirente: un anticipo di 20 milioni e il resto in base all’avanzamento dei lavori. Un’operazione pericolosa fermata, solo per il momento, dalla nuova governance dell’Atac che è riuscita a trasformare il contratto di compravendita in un contratto di affitto. Ma il rischio resta.
[…] Decorsi 30 mesi dalla data di efficacia del contratto di affitto, infatti, il fondo che gestisce l’immobile vicino al Grande raccordo anulare può tornare a chiedere ad Atac di acquistare il complesso a 94 milioni di euro (pari alla differenza tra il nuovo prezzo ribassato e i 20 milioni versati per il canone) utilizzando anche come pagamento un’eventuale permuta. Magari proprio una delle attuali sedi, come quella strategica in via Tiburtina rimasta deserta per via del trasferimento del personale nel nuovo immobile. Operazioni finanziare ad altissimo rischio, effettuate con i soldi dei cittadini.»

Davide Desario
Il Messaggero – 03/08/2012
(Articolo integrale QUI)

Inoltre, trasformare il Campidoglio e le sue aziende in una enorme ‘casa del fascio’, per il collocamento dei camerati in disarmo e dei democristiani in transumanza, con la creazione di nuovi bacini di voto clientelare, non ha portato fortuna al podestà barese subissata da una sequenza di scandali a ciclo continuo, con cadenza settimanale.

Nell’indecente farsa senza fine della parentopoli romana, non poteva certo mancare il classico siparietto assenteista, con gli impiegati che timbrano il cartellino per poi dileguarsi. Palcoscenico di turno: ACEA.
Peccato che i due furbacchioni colti sul fatto non siano dipendenti qualsiasi… Si tratta infatti di Enrico De Castro (classe 1965) e Alessandro Causi (classe 1963), rispettivamente capo della sicurezza informatica e responsabile della vigilanza il secondo. I due utilizzavano le ore d’ufficio per dedicarsi all’autosalone di famiglia, facendosi rimborsare peraltro le “spese di trasferta” direttamente dall’ACEA.
Nel 2010 la loro assunzione, naturalmente con chiamata diretta su segnalazione (pare) del Campidoglio, a suo tempo aveva suscitato più di un mugugno scandalizzato. Il loro primo ingresso nella partecipata pubblica risale al 2008, quando imboccano entrambi con un contratto di consulenza a cinque mesi (rinnovabili), come ‘esperti della sicurezza’ per conto della “Security Service”. Di rinnovo in rinnovo, il contratto originario si trasforma in assunzione diretta a tempo indeterminato, non prima di aver intascato quasi 150.000 euro in consulenze e nonostante in Acea esistesse già una più che avviata divisione per la sicurezza. E se Enrico De Castro ha esperienze lavorative alla Ericsson ed alla British Telecom, Alessandro Causi può vantare una laurea in “Scienze Investigative” conseguita presso la famosissima Constantinian University, ateneo cattolico con sede nel Rhode Island (USA).
La prestigiosa istituzione viene costituita nel lontano agosto del 1966, da mons. Eugenio Tissarant, arcivescovo di Ostia, come Università degli Studi Costantiniana. La sede originale si trova alla Giustiniana (oscillando ai due estremi della periferia romana), ma la vocazione è internazionale e il trasferimento negli USA a partire dal 2000 solleva il presunto ateneo da fastidiose verifiche ministeriali.
Una curiosità: il ‘senato accademico’ della sedicente università vanta tra le sue “autorità” anche il gen. Amos Spiazzi. Il vecchio generale monarchico è stato un anello delle trame eversive, attraverso il quale sono passati i fili della sottile linea nera del golpismo italiano, dalla Rosa dei Venti al Golpe Borghese, dalla Strage di Piazza Fontana all’adesione alla Loggia P2 di Licio Gelli, contraddistinto da un’ambiguità di fondo mai dissolta.

Il Business delle Sicurezza
 La furbissima accoppiata Causi e De Castro, i due consulenti diventati dirigenti ma venditori d’auto a tempo pieno, sembra si avvalesse pure dei servigi degli (ex) colleghi della Security Service, ovvero l’istituto di vigilanza che ha in appalto la sicurezza di Acea.
Nella selva dei nomi più improbabili, per un’inflazione delle sigle più disparate, quello delle agenzie private per la vigilanza e per la sicurezza è un business tutto particolare, pompato da commesse quasi sempre pubbliche, quasi sempre su assegnazione politica, per stipendi miserrimi e assunzioni su ‘segnalazione’. Insieme alle cooperative di facchinaggio e di pulizie, costituiscono una riserva strategica di assunzioni clientelari. Specialmente per quanto riguarda i servizi di portierato e reception, tali agenzie costituiscono un pratico supplemento occupazionale, per la creazione di personali bacini di ritorno elettorale. È questa a Roma una pratica soprattutto ad uso UDC, come si conviene ad una specialità d’origine democristiana.
È un intreccio di rapporti sotterranei e commistioni politiche tutt’altro che limpido e con interessi non sempre leciti, nel suo impianto dalla facciata legalitaria e dall’impronta fascistoide.
La “Security Service”, dalla quale Alessandro Causi proviene e deve le sue fortune nel pubblico impiego, non è affatto sconosciuta alla cronaca recente, essendosi guadagnata una certa notorietà in ambito giudiziario…

LA CUCCAGNA SANITARIA
 Forse pochi ricordano come l’agenzia privata sia stata coinvolta nel mega-scandalo della Sanità laziale, ai tempi allegri della giunta regionale del fascistissimo Francesco Storace, che molto ha contribuito alla voragine contabile della Regione Lazio: questo nero deretano al centro della Penisola, capace di defecare da 70 anni e senza vergogna alcuni dei peggiori politicanti nazionali.
Nel corso del 2007, il NAS dei Carabinieri smantella un sistema di corruzione scientifica, che gravita attorno ad un pugno di manager pubblici e imprenditori privati, fondato sulla manipolazione delle gare d’appalto, il sovrapprezzo delle forniture ospedaliere, l’assegnazione dei servizi di vigilanza privata per i presidi ospedalieri, e i rimborsi truccati della cosiddetta sanità convenzionata.
Al centro della truffa c’è la Asl RM/C. Tra gli ospedali invischiati nello scandalo c’è il presidio dell’Addolorata (interno all’Ospedale S.Giovanni), il Sant’Eugenio, l’Istituto Zooprofilattico del Lazio, il Presidio ospedalierio Sant’Anna…
Si falsifica tutto: dai numero dei pasti forniti ai conti della lavanderia, dai rimborsi spese alla contabilità ordinaria, fino al numero dei ricoverati e delle prestazioni fornite… Dal 2002 al 2006, verranno conteggiati 280.000 degenti fantasma per ricoveri mai avvenuti.
Sono coinvolti dirigenti sanitari, imprenditori, ma anche grossi esponenti politici. Per esempio, c’è Marco Buttarelli, ex capo di gabinetto di Storace; Giulio Gargano, ex assessore ai Trasporti. Soprattutto, c’è Marco Verzaschi, transfuga democristiano specialista in riciclaggio presso il vincitore del momento: candidato in “Forza Italia” (1995), assessore alla Sanità del Lazio nella giunta regionale di Francesco Storace, eppoi riciclato nell’UDEUR di Clemente Mastella (2005), pronto per diventare sottosegretario alla Difesa nel Governo Prodi.
Tra le personalità di rilievo della truffa, c’è Anna Giuseppina Iannuzzi, soprannominata Lady Asl. Figlia di un ambulante dell’avellinese, fa la sua fortuna a Roma e insieme al marito, l’ing. Andrea Cappelli, gestisce il “Centro Romano San Michele”.
Secondo le accuse, Marco Verzaschi si sarebbe fatto versare 200.000 euro, per l’accreditamento della struttura in convenzione. Il condizionale è d’obbligo visto che non c’è una sentenza definitiva e Verzaschi ha sempre respinto ogni addebito.
Altri 200.000 euro l’onorevole se li sarebbe fatti dare, tra il 2004 ed il 2005, da Renato Mongillo, titolare della Security Service, per l’assegnazione della vigilanza privata all’Ospedale S.Giovanni. Altri 20.000 euro Mongillo li avrebbe dati a Franco Cerretti, il direttore amministrativo del S.Maria Addolorata.

Nel sistema, secondo i carabinieri, c’era anche Luigi Moriccioli, il ciclista ucciso sulla pista ciclabile nell’estate del 2007, dipendente del San Giovanni, che avrebbe collaborato con Cerretti. Altre irregolarità sarebbero emerse anche in alcuni appalti della società “Innova” presso gli ospedali Sant’Eugenio e Cto che fanno capo alla Asl RmC.

Cecilia Cirinei
L’Espresso – 10/06/2009

Luigi Moriccioli è il ciclista massacrato a Tor Di Valle, da due balordi rumeni il 17/08/2009.
Il delitto verrà poi strumentalizzato oltre ogni decenza (pareva l’avesse ammazzato Veltroni), durante la campagna elettorale di Gianni Alemanno, insieme ad qualsiasi altro fatto di cronaca nera. Salvo poi glissare ogni responsabilità per l’escalation criminale a elezione avvenuta. La figlia di Moriccioli, aveva trovato pronta candidatura nelle file di AN, come una dei “garanti per la sicurezza”. E d’altra parte le preoccupazioni securitarie del sindachetto barese sono ridotte ormai a propagandistici raid notturni contro il meretricio da marciapiede (peraltro dilagante).

SECURITY SERVICE & dintorni
Renato Mongillo è il grande accusatore. Arrestato nel Luglio del 2007 è colui che permette di scoperchiare i gangli del sistema, rivelando le corruttele politiche.

Il direttore amministrativo del S.Giovanni [Franco Cerretti] è stato incastrato da Renato Mongillo, titolare della Security Service, arrestato a luglio 2007 in uno dei filoni dell’inchiesta su Lady Asl: l’imprenditore ha rivelato di aver dato 20 mila euro a Cerretti in cambio dell’aiuto che avrebbe avuto per vincere l’appalto per la sicurezza del San Giovanni. Dopo la confessione, sono iniziate le intercettazioni telefoniche e ambientali. In quella del 2 dicembre 2007 un’impiegata spiega a una collega: «Loro li alteravano i conteggi, sia Cerretti che Moriccioli. Li alteravano perché consideravano sempre che su un letto mangiavano due persone, quello che usciva e quello che entrava. L’aggiustavano a modo loro. Carta vince e carta perde». Sarebbero stati 283.896, tra il 2002 e il 2006, i pazienti fantasma, conteggiati solo per far lievitare il costo di pasti e lenzuola.

Alessandro Fulloni e Ilaria Sacchettoni
“Tangenti in ospedale”
Corriere della Sera del 10 Giugno 2009

La collaborazione però non gli risparmia il rinvio a giudizio e una condanna di risarcimento erariale, da parte della Corte dei Conti (Sent. N.775/2011).
In pratica, la Security Service, per i suoi servizi di vigilanza, incassa dalla Asl Roma/C pagamenti non dovuti per 1.142.000 euro.

“trattandosi di interessi legali e fatture non ancora liquidate o liquidate solo parzialmente, per le quali erano stati commessi grossolani errori di calcolo, oltre che basati solo sulla documentazione presentata dalla società, senza alcun riscontro con quanto risultante agli atti della A.S.L.”

Inoltre, si legge nella sentenza che:

“gli accertamenti condotti nell’ambito di altro procedimento penale avevano riscontrato diversi episodi di corruzione in cui erano stati coinvolti gli amministratori della ASL RM/B (alcuniimprenditori mediante la corresponsione di tangenti, miravano ad ottenere l’aggiudicazione di appalti o il rinnovo di contratti per la fornitura di beni e servizi); considerato che la medesima società aveva svolto servizi di vigilanza anche per la ASL RM/C, venivano svolti accertamenti che permettevano l’emersione di ulteriori irregolarità consistenti nella emissione di falsi mandati di pagamento, formalmente registrati in favore di società contraenti con la medesima ASL, mentre di fatto le somme di denaro venivano accreditate su c/c intestati ad altre società di comodo riconducibili ai componenti del sodalizio criminale; le informazioni acquisite dai titolari delle società destinatarie dei mandati di pagamento consentivano di accertare che le loro ditte non vantavano i crediti riportati nei mandati e non avevano mai delegato per la riscossione le società sui conti delle quali erano state effettivamente versate le somme di denaro.”

La vicenda, assai poco edificante, non ha impedito alla filiazione meridionale della ‘Security Service’ (la Security Service Sud) di aggiudicarsi nel 2010 un mega-appalto da 45 milioni di euro in tre anni, per i servizi di vigilanza presso la Asl di Napoli 1. La gara al ribasso è stata vinta per un solo centesimo di differenza (sul pagamento ogni singola ora di lavoro), rispetto alle offerte delle concorrenti.
A Roma invece, in un afflato di rigorismo legalista senza precedenti, con raffiche di ricorsi al TAR contro le assegnazioni di appalti pubblici (dall’Acea alle Asl regionali) alla Security Service, si è distinta una battagliera alleanza di alcune delle principali agenzie della Capitale, capitanate dall’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma

Montali & Friends
 L’Istituto di Vigilanza Nuova Città di Roma, insieme alla Securitas Metronotte, la Roma Union Security (che fa capo a Claudio Lotito), Italpol, Capitalpol… costituiscono un’associazione temporanea d’impresa (ATI); al contempo, non mancano partnariati anche con la SIPRO di Salvatore Di Gangi. In pratica, si spartiscono la quasi totalità delle commesse pubbliche a Roma e per conto della Regione Lazio. Di fatto, anche se non è lecito dirlo, secondo i malevoli, costituirebbero quasi una sorta di cartello, rimpallandosi a turno gli appalti più ghiotti: i depositi dell’ATAC; il centro RAI di Saxa Rubra; la vigilanza nelle stazioni della metropolitana; il portierato nelle sedi ministeriali, non ultimo, il ministero dei Beni Culturali.
Il responsabile per lo “Sviluppo Partecipazioni e Controllo Gestione” per conto della Nuova Città di Roma è Fabrizio Montali. Figlio di un ex esponente socialista di epoca craxiana: Sebastiano Montali, siciliano trapiantato a Roma, presidente della Regione Lazio (1985-1987), sottosegratario alle partecipazioni statali (il regno degli appalti pubblici), invischiato nel caso della maxi tangente Enimont, e (manco a dirlo!) approdato in “Forza Italia”.
Montali junior, quello che tanto si è indignato per le fortune della rivale Security Service, non sembrerebbe essere esattamente un immacolato…
Nel 2010 viene denunciato da Mauro Brinati, segretario territoriale della Fisacat Cisal di Roma, per tentata corruzione, nell’ambito di una presunta truffa e falsificazione dei bilanci aziendali per 32 milioni di euro.
Ma le prime indagini sul suo conto risalgono al 2003, nell’ambito del cosiddetto “Vip-Gate”, una delle prime inchieste condotte da Henry John Woodcock, per conto della Procura di Potenza.

“[L’inchiesta] nota come «Vip-gate» nel dicembre del 2003 portò all’iscrizione nel registro degli indagati di 78 persone tra cui politici, due ministri, personaggi dello spettacolo e del giornalismo, funzionari di Ministeri, Comuni, enti pubblici per una serie di reati che andavano dall’associazione per delinquere per la turbativa di appalti all’estorsione, alla corruzione, al millantato credito ed al favoreggiamento. Un’inchiesta che si concluse con l’archiviazione degli indagati più noti ma alcuni fascicoli sono ancora aperti in altre Procure. Il Vip gate era un filone di una precedente indagine incentrata sulle «tangenti Inail» e sulle «tangenti del petrolio» del maggio dell’anno precedente che aveva decapitato i vertici nazionali dell’Inail e coinvolto anche politici lucani di primo piano.

Il Tempo – 17/06/2006

Nel 2006 invece è coinvolto in una storiaccia di estorsioni e minacce con l’intramontabile Enrico Nicoletti, il cassiere della Banda della Magliana, per conto del quale pare faccia il prestanome per l’intestazione fittizia dei beni. L’intera vicenda la trovata riassunta QUI.
Per questo,

«E’ indagato per tentata estorsione dal pm Lucia Lotti della Procura di Roma che ne ha già chiesto il rinvio a giudizio per riciclaggio, corruzione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante di mafia. Montali sarebbe stato il prestanome di Enrico Nicoletti, accusato di essere il cassiere della banda della Magliana

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Pertanto, nell’autunno del 2006, tramite il Consorzio Pegaso di cui è presidente, Montali rileva dal fallimento l’Istituto Urbe.

«Nel consorzio Pegaso è presente anche Salvatore Di Gangi, il re della vigilanza privata al vertice di un impero di 5 mila vigilantes. Anche lui in passato si è incrociato con Nicoletti: è stato socio al 50 per cento di un’immobiliare che, per l’altra metà, è stata sequestrata a don Enrico. Nonostante tutto, la politica asseconda il consorzio Pegaso. Montali ha partecipato alle riunioni convocate dal ministero dello Sviluppo in qualità di salvatore dell’Urbe.»

Paolo Forcellini
“I boss della vigilanza”
L’Espresso (09/10/2006)

Salvatore Di Gangi, gran patronus di un colosso della vigilanza privata come la SIPRO, è uno di quei personaggi che meriterebbe una trattazione a parte…

«Salvatore Di Gangi, siciliano, inquisito per una lunga serie di reati. E ciò nonostante dominus di una delle più emergenti tra le aziende che si occupano di sicurezza privata in Italia. L’azienda di Di Gangi si chiama Sipro, e nasce nel segno della P2. A fondarla, infatti, è Antonino Li Causi, tessera 526 della loggia guidata da Licio Gelli, un siciliano trapiantato a Roma. Nel 1994 la Sipro viene rilevata da un altro isolano di stanza nella capitale: è lui, Di Gangi, nato nel 1946 a Canicattì. Quando rileva la Sipro, Di Gangi a Roma si è gia ben ambientato, ha amici politici e rapporti d’affari. E anche frequentazioni oscure: suo fratello Vittorio detto Er Nasca bazzica gli ambienti della Banda della Magliana, l’altro fratello Aldo detto Buscetta inanella denunce. Ma ciò non impedisce alla Sipro, sotto la guida dell’ energico siciliano, di crescere, espandersi, conquistare appalti privati e pubblici: questi ultimi soprattutto nelle Poste e nella Difesa, da anni feudo della destra. Per allargarsi, Di Gangi non disdegna metodi sbrigativi, come truccare gli appalti mettendosi d’accordo con i concorrenti. Ed è così che entra nella indagine da cui, filiando come amebe, scaturiscono quasi tutte le inchieste successive, compresa quella che oggi colpisce Storace. L’inchiesta-madre è quella sull’Ivri, il più grosso istituto di vigilanza privata italiano, accusato di comprare appalti a suon di tangenti. Di Gangi finisce inquisito per avere addomesticato in combutta con Ivri una gara per la vigilanza sulle caserme dell’esercito.
[…] Ma di certo l’imprenditore della Sipro ha amicizie che portano dritto nel cuore del mondo delle intercettazioni: è lui stesso a vantarsi di avere un “contatto” ai vertici di Telecom, i suoi rapporti con alcuni alti ufficiali della Guardia di finanza sono notori. Meno notorie, e ormai ingiallite dal tempo, sono le tracce che lo legavano, anche se meno direttamente del fratello Vittorio, ad ambienti criminali dell’ estrema destra romana: in via Magliano Sabina 22, dove hanno sede le società di Di Gangi, risultava anche la Immobiliare Generale Sarda, una società controllata da Enrico Nicoletti, che della Banda della Magliana era accusato di essere il cassiere. Vicende remote e vicende recenti, insomma, sembrano incrociarsi intorno a questo sessantenne riservato e alacre. Oggi Di Gangi è un imprenditore talmente rispettabile che il 27 aprile dell’anno scorso l’Unione Industriali di Roma lo ha designato alla guida della nuova associazione di settore dedicata al mondo della security aziendale, la Sezione Sicurezza. E, a dispetto dei dispiaceri giudiziari, la Sipro sta allargando a vista d’ occhio il suo giro d’affari. A Milano, per esempio, ha ottenuto un contratto per la sicurezza della Fiera, andando ad occupare lo spazio lasciato libero dai rivali di Ivri: gli stessi con cui, secondo la Procura milanese, si accordava per taroccare le gare d’appalto.»

“Segreti e appalti milionari gli affari del re dei vigilantes”
Luca Fazzo La Repubblica (13/03/2006)

Secondo le ricostruzioni giornalistiche, Salvatore Di Gangi avrebbe le mani in pasta ovunque, dai depuratori calabresi al mondo delle intercettazioni illegali; bazzica i servizi segreti militari di Niccolò Pollari e gli spioni del Caso Telecom.
Sempre nell’ambito del Consorzio Pegaso, ritornando invece a Fabrizio Montali, nel 2006 a perorare il salvataggio dell’Istituto Urbe, facendosi sponsor politico dell’operazione, c’è il Sergio De Gregorio… Il senatore napoletano è un altro di quei fenomeni da baraccone che solo Antonio Di Pietro (con raro intuito) riesce a raccattare tra i suoi candidati, a imperitura vergogna. De Gregorio in pratica attraversa tutto l’arco istituzionale: prima il PSI, poi Forza Italia, poi gli Autonomisti di Gianfranco Rotondi… Nel 2000 fonda l’associazione “Italiani nel mondo”, insieme a Nicola Di Girolamo (un altro bel tomo la cui storia abbiamo raccontato QUI); nel 2005 entra nelle fila dell’IdV, poi è di nuovo in Forza Italia e quindi nel PdL. Recentemente salvato dall’arresto con la negazione parlamentare della richiesta a procedere, tra il 2007 ed il 2009, De Gregorio è nell’ordine indagato dalla Procura di Napoli per riciclaggio e favoreggiamento della camorra; stesso reato gli viene ascritto dalla Procura di Reggio Calabria, insieme al concorso esterno di associazione a delinquere di stampo mafioso. Dalla Procura di Roma invece è indagato per corruzione.
 Nel febbraio 2012, concludendo in bellezza, Sergio De Gregorio viene indagato per truffa e false fatturazioni insieme al faccendiere Valter Lavitola (quello della Casa di Fini a Montecarlo), per appropriazione indebita dei finanziamenti (23 milioni di euro) destinati a L’Avanti! il quotidiano di cui Lavitola è direttore.

Poi ci si meraviglia che a Roma la giunta comunale abbia reclutato il povero Maurizio Lattarulo.
Ci si chiede piuttosto perché mai non venga riabilitata l’intera Banda della Magliana, appaltando la sicurezza dello Stato direttamente ai picciotti di mafia, in perfetta sinergia.

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Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più…

Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , on 30 luglio 2012 by Sendivogius

Cavare qualcosa di buono da Gianni Alemanno e dai suoi manipoli che bivaccano in Campidoglio è come rimestare in una latrina ricolma, nell’illusione di poter trovare un anello d’oro.
 In compenso, sfogliare l’inesauribile catalogo assunzioni della giunta fascistissima del podestà barese a Roma è un po’ come compilare un’enciclopedia aggiornata dell’eversione nera, incistata sul peggior clientelismo di matrice democristiana.
L’ultimo miracolato dell’infinita serie, giunto tardivamente all’attenzione delle cronache nazionali, è Maurizio Lattarulo: estremista neo-fascista, con un curriculum criminale maturato all’ombra dei NAR e della Banda della Magliana.
Nato a Roma il 26/09/1960, Lattarulo aveva già conquistato gli onori della ribalta (giudiziaria) nell’istruttoria del giudice Otello Lupacchini contro i componenti della Banda della Magliana e condannato in via definitiva il 6 Ottobre del 2000.
La cosiddetta Banda della Magliana è una litigiosa confederazione di ‘batterie’ della mala capitolina, che (caso unico) diventerà la più grande organizzazione della criminalità romana, invischiata in alcune delle trame più oscure della storia nazionale, con solide ramificazioni nell’eversione neofascista.
Si legge nell’Ordinanza del giudice Lupacchini:

«Fin dai primi anni settanta, infatti, questo gruppo della criminalità organizzata romana, comprende la lucratività potenzialmente enorme del “prestito a strozzo”, soprattutto se esercitato verso proprietari o titolari di attività commerciali o piccole e medie società e che, comunque, permette di ricapitalizzare gli introiti derivanti dal traffico di stupefacenti, all’epoca nella fase iniziale dell’espansione in progressione geometrica successiva.
[…] Richiamata la ricostruzione della fattispecie incriminatrice cristallizzata nell’art. 416 bis c.p. è di tutta evidenza che l’associazione mafiosa, della quale tale norma fornisce il paradigma, possa disporre di strutture più o meno articolate e di un esercito più o meno ampio di aguzzini, spie, gabellieri, sicari, falsari, carnefici, carcerieri, flagellatori, necrofori, trafficanti, usurai, bottegai, mezzani, sensali, tirapiedi, reggicoda, prestanome, cerusici e casuisti, sicché non è detto – anzi secondo l’id quod plerumque accidit è proprio il contrario – che per far parte dell’associazione mafiosa tutti i sodali debbano, ad un tempo, assolvere al ruolo di aguzzini, spie, gabellieri, sicari, falsari, carnefici, carcerieri, flagellatori, necrofori, trafficanti, usurai, bottegai, mezzani, sensali, tirapiedi, reggicoda, prestanome, cerusici e casuisti, dal momento che proprio la diversificazione dei ruoli costituisce la prima garanzia di impermeabilità dell’organizzazione e, dunque, della sua sostanziale impunità.»

Maurizio Lattarulo, detto ‘Provolino’, gravita nel gruppo dei ‘Testaccini’: la frangia che, dalla sua base originaria del Testaccio, fa capo ad Enrico De Pedis (detto Renatino), invischiato nel sequestro mai chiarito di Emanuela Orlandi.

Al contrario di quanto si crede, nell’organigramma della Bandaccia, Maurizio Lattarulo è uno spiccia-faccende, che gravita nell’orbita di Ettore Maragnoli e del ben più temibile Massimo Carminati: anello di congiunzione tra la criminalità romana ed i gruppi eversivi di estrema destra, che gravitano attorno ai NAR di Giusva Fioravanti e Francesca Mambro.

Sostanzialmente, Lattarulo è il “prestanome e tirapiedi del Maragnoli, al quale faceva anche d’autista, e dello stesso Carminati” per conto dei quali gestisce il controllo del gioco d’azzardo, recupera i crediti nell’ambito delle attività di usura che reinveste insieme ai proventi dello spaccio d’eroina.

«Nell’attività del “prestito a strozzo” punti di riferimento importanti della “banda” erano anche Terenzio VANNI, il quale aveva un magazzino di liquori nei pressi di Viale Marconi; i fratelli Tiberio e Roberto SIMMI, proprietari del ristorante “la Cisterna” e di una gioielleria nei pressi del Ministero di Grazia e Giustizia, nella zona di Campo dei Fiori; nonché Santino DUCI… tutti con trascorsi di usurai e ricettatori.»

Al contempo, contando su una rete di gioiellerie compiacenti e oreficerie dove si effettua l’attività di compravendita di oro e preziosi, Maurizio Lattarulo ricicla in proprio oggetti preziosi rapinati nel napoletano, dei quali viene opportunamente rifornito da un tal Ciro Maresca, camorrista di Castellamare di Stabia. E d’altra parte Lattarulo è un assiduo frequentatore delle gioiellerie dei fratelli Simmi, in particolare del negozio di Roberto Simmi.
Secondo un’informativa di Polizia (che trovate citata su… Il Giornale):

«Roberto Simmi è il fratello del più noto Tiberio, più volte visto in compagnia di Enrico De Pedis. Tiberio, con il figlio Alessio, gestisce un negozio di oreficeria assiduamente frequentato da Maurizio Lattarulo. Presso il negozio di Piazza del Monte, invece, è stata rilevata anche la presenza di Antonio Mancini e di Raffaele Pernasetti. Inoltre dall’intercettazione telefonica ancora in corso si è potuto stabilire che il negozio è stato, per un periodo di tempo, frequentato dal famoso faccendiere Ernesto Diotallevi inquisito unitamente ai noti Francesco Pazienza, Flavio Carboni altri pregiudicati della vecchia Banda della Magliana per le vicende del crack del banco Ambrosiano e per l’attentato al vicedirettore Roberto Rosone, durante il quale viene ucciso uno degli attentatori, Danilo Abbruciati. Nelle attività dei fratelli Simmi investiva Franco Giuseppucci il quale ricettava titoli di credito e polizze e, per conto terzi, riciclava denaro sporco presso gli ippodromi e le sale corse.»

Antonio Mancini (l’Accattone), nell’ambito della Bandaccia, è legato al gruppo Ostia-Acilia; inoltre, è in affari con Gianfranco Urbani (er Pantera), che vanta nella sua sfera di controllo, anche i quartieri del Tufello e San Basilio. Er Pantera, a Roma, è stato il referente delle ‘ndrine calabresi. Francesco Pazienza e Flavio Carboni sono due “faccendieri” che gravitano nell’orbita dei servizi segreti. Entrambi affiliati alla P2 di Licio Gelli, vengono coinvolti a vario titolo nel crack del Banco Ambrosiano e nelle trame di Michele Sindona, collegate a loro volta all’omicidio-suicidio di Roberto Calvi a Londra e all’assassinio di Giorgio Ambrosoli (l’onesto commissario liquidatore della banca).
I fratelli Simmi, nonostante le inchieste che li riguardano, verranno poi prosciolti nel 1993 dalle accuse di ricettazione ed usura. Tuttavia, nell’impressionante ondata di omicidi che ha funestato la città di Roma tra il 2011 ed il 2012, quello dei Simmi è un nome prepotentemente tornato alla ribalta della cronaca nera…
La mattina del 05/07/2011 viene trucidato il 33enne Flavio Simmi nel trafficatissimo Quartiere Prati. L’omicidio (tutt’ora impunito) è opera di un killer professionista che piazza nove proiettili nel corpo della vittima, senza sfiorare la compagna di Simmi che si trova accanto a lui.
Flavio, di professione gioielliere, è il figlio di Roberto Simmi e nipote di Tiberio.

Con Massimo Carminati, invece Lattarulo condivide oltre alle attività criminali una lunga militanza nelle file dell’estrema destra. Entrambi vengono arrestati nell’ottobre del 1982 in merito alle indagini sui NAR. Tuttavia, un primo arresto Lattarulo lo aveva già subito il 28/09/1981, in merito agli scontri di Centocelle durante il primo anniversario della strage di Acca Larentia…

Il 10/01/1979 le squadracce fasciste si muovono in massa, per l’invasione dimostrativa del quartiere ‘rosso’ di Centocelle. Praticamente, c’è tutta la fascisteria romana: dall’ala istituzionale del MSI (Biagio Cacciola, il senatore Michele Marchio, Bartolo Gallitto, Luigi D’Addio) ai gruppi universitari del FUAN, fino ai futuri stragisti dei NAR (Valerio Fioravanti e Dario Pedretti), a Massimo Morsello (tra gli ispiratori di Forza Nuova)… E ci scappa il morto:

«Gli scontri cominciano alle 18.15 con l’assalto alla sezione DC di piazza dei Mirti a colpi di molotov, lanciate dalla testa del corteo, tenuta appunto da “pischelli” con le pistole. Quando arriva la prima volante una cinquantina di giovani in parte con il volto travisato si portano in Viale delle Robinie compiendo atti di devastazione. Un gruppetto di 7-8 militanti rovescia auto. La polizia risponde aprendo il fuoco. Un agente in borghese, Alessio Speranza, uccide il diciassettenne Alberto Giaquinto, colpito alla nuca. Al suo fianco c’è una delle teste pensanti dell’ala radicale del Fuan, Massimo Morsello. E’ stato uno dei protagonisti di Campo Hobbit, presentando le sue canzoni con lo pseudonimo di Massimino.»

Ugo Maria Tassinari
Agenda nera (13)

Con “riserva di accertamento dei requisiti per l’accesso allo stesso“, Maurizio Lattarulo imbocca al Comune di Roma il 23/07/2008, insieme alla calata dei lanzichenecchi neri di Alemanno, rientrando nella prima infornata di vecchi camerati da sistemare a carico pubblico, salvo vedersi prorogato il contratto di ‘consulenza’ (e stipendio raddoppiato a 30.670 euro annui) presso il “Dipartimento per le Politiche delle Risorse umane” (e collocamento politico) dal 01/01/2009 al 31/12/2010. Per meriti sconosciuti ai più, è quindi avanzato di carriera e attualmente risulta in forze nelle staff dell’Assessorato alle Politiche sociali.
Alle polemiche sollevate in merito all’assunzione del fascista cravattaro, Sveva Belviso, la bionda madonnina alle Politiche Sociali, ignorando le virtù del silenzio, ha replicato stizzita:

Innanzitutto preciso che il signor Maurizio Lattarulo per il reato di banda armata legata ai Nar è stato prosciolto in fase istruttoria 20 anni fa e mai, gli è stato imputato alcun reato di usura così come è stato riportato. Quando l’ho conosciuto, all’inizio del mio mandato si è presentato dicendo che aveva avuto problemi con la giustizia, precisamente per un reato associativo generico, e che, a quella data, nessun carico pendente risultava in tribunale e che era iniziato il suo percorso riabilitativo, conclusosi poi nel 2010 con sentenza definitiva di riabilitazione – aggiunge Belviso – Lattarulo quindi, nel 2008, era un cittadino come tanti, nel pieno dei suoi diritti. Proprio per il suo passato, ho pensato potesse rappresentare un esempio concreto di persona riabilitata alla quale dare un’occasione nuova di vita. Possibilità quest’ultima, fra l’altro contenuta nelle competenze dirette dell’assessorato alle Politiche sociali previste dalla Legge 381 del 1981, dedicata proprio al reinserimento lavorativo di detenuti, tossicodipendenti ed ex detenuti.
[…] Lattarulo ha poi lasciato spontaneamente l’assessorato nel 2010, dicendo che aveva trovato una soluzione lavorativa più stabile.

Infatti gli era scaduto il contratto, prontamente rinnovato.
Sulla genuinità del provvedimento, si è pronunciato anche il sedicente “Garante per i detenuti”, un perfetto carneade del quale è superfluo ricordare perfino il nome, data la pletorica inutilità della carica, aggravata dall’esborso degli emolumenti per il mantenimento del vaporoso incarico.

Vista la selezione dei figuri in Campidoglio, ci pare quasi di immaginare la valutazione:

Candidato: Che m’assumete?!?
Esaminatrice: Quali sono i suoi requisiti?
Candidato: So’ fascista! C’ho pure l’abbonamento alla Lazio!!
Esaminatrice: Ottimo. Ha carichi pendenti?
Candidato: E che vor dì?!?
Esaminatrice: Voglio dire… ha precedenti penali?
Candidato: Una volta m’hanno fermato perché giravo col motorino senza casco… Ah! Allo stadio ho mandato affanculo ‘na guardia!
Esaminatrice: Mi spiace, ma non basta.
Candidato: ?!?!?
Esaminatrice: Tentato omicidio? Ricettazione? Spaccio? Riciclaggio di capitali illeciti? Associazione a delinquere? Banda armata?
Candidato: No, al massimo me so’ fumato ‘na canna a Ostia Lido co’ li amici..
Esaminatrice: Ah no! Noi su questo proprio non transigiamo. Siamo inflessibili!
Candidato: Mhmm… C’ho ‘na svastica tatuata sulla chiappa destra…
Esaminatrice: È un buon inizio, ma purtroppo non è sufficiente. Avanti un altro!

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