Archivio per Gennaro Mokbel

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Posted in Roma mon amour with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 2 dicembre 2014 by Sendivogius

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Una Sin City marcia e cupissima, a prova di redenzione. Ecco a cosa è ridotta Roma, col suo mondo sotterraneo di sottopanza e capi-bastone, “amministratori (profittatori) pubblici” e feudatari del mefitico politicume capitolino (il più corrotto, amorale, e trasversale possibile), faccendieri e intrallazzatori, fascisti di borgata e arnesi mai disarmati dell’eversione neo-nazista, emissari delle ‘ndrine calabresi e vecchie ‘batterie’ della Banda della Magliana in libera dispersione… Sono i protagonisti assoluti di un romanzo criminale che dipana il suo intreccio nerissimo, all’ombra di una gigantesca holding organizzata intorno al malaffare istituzionalizzato a strumento di sub-governo. È l’esplosione di una neoplasia tumorale, incistata tra i gangli di una macchina amministrativa intrinsecamente corrotta e parassitaria, che in assenza di anticorpi naturali è cresciuta incontrastata ed abnorme, permeando l’intero tessuto sociale di una città, sfilacciata nel reticolo osceno di gruppi di potere criminale e cosche affaristico-clientelari su base para-mafiosa.
Ghost-riderSi tratta di un “ramificato sistema corruttivo” tutto costruito attorno alle aziende municipalizzate del Comune e nel sistematico storno dei finanziamenti pubblici, nell’ambito dell’assegnazione di appalti e servizi. Tutto consumato alla luce del giorno, tutto noto e risaputo, nel più totale disinteresse di una cittadinanza indifferente e cialtrona, che al massimo si mobilita per cacciare via una quarantina di profughi (la causa di ogni degrado) dalla periferia di Tor Tre Teste. In questo, non s’è fatta pregare troppo; subito sobillata dai soliti avanzi di fogna dello squadrismo borgataro e da qualche reduce dal forcone spuntato, eccitati dall’inaspettata possibilità di riconquistate le luci della ribalta, con la massima attenzione dei ‘media’ non interessati ad altro. Almeno fino alla trentina di arresti Alemanno - Il collezionista di figure di merdaed al centinaio di indagati, tra esponenti di primo piano della politica capitolina e vecchie conoscenze della fascisteria romana (di cui l’ex podestà  Gianni Alemanno ha costituito a suo tempo la sintesi perfetta), che hanno disvelato al piccolissimo Pubblico l’esistenza di un’organizzazione a delinquere di stampo mafioso, specializzata in estorsione, truffa, usura, corruzione, riciclaggio di capitali illeciti, turbativa d’asta, false fatturazioni, appropriazione indebita… e tutto il solito campionario di reati annessi e connessi, ai danni di una città in bancarotta e prossima al tracollo.
Alemanno a pecoroniDi un simile sottobosco, di questa cupola fascio-mafiosa, delle sue relazioni inconfessabili e delle sue commistioni col potere politico, delle convergenze nell’ambito dell’amministrazione capitolina, con l’occupazione ed il saccheggio delle aziende municipalizzate e delle società partecipate, passando per la correlazione tra un simile sistema affaristico-clientelare e camerati raggrumati attorno all’entourage del sindaco (post?)fascista… noi avevamo già parlato con largo anticipo sui tempi e con dovizia di informazioni.
Pertanto, prima di dedicarci a questo nuovo capitolo, riproponiamo ai nostri Lettori un riepilogo delle puntate precedenti:

ALEMANNO CONNECTION
GIGLIA Dove si parla dei comitati di interesse, di un certo Franco Panzironi e della Fondazione Nuova Italia, delle interrelazioni e dei personaggi, che hanno reso possibile la connessione affaristico-criminale all’ombra del littorio, per quello che si può definire il “Sistema Alemanno” nella gestione del potere…

I RACCOMANDATI
Panzironi Dove si parla di un certo Stefano Andrini, del suo patrono Franco Panzironi e della sua esperienza all’UNIRE, ma anche di come certe cambiali elettorali vadano portate all’incasso, inaugurando un nuovo corso ed una nuova identità per “Roma Capitale”…

IL MARCIO SU ROMA
Samuele Piccolo e Alemanno Dove si parla di come si costruisce il consenso e si creano clientele, partendo proprio dalle periferie, raccontando la straordinaria ascesa e caduta del buon Samuele, il Piccolo samaritano delle borgate..

IL SACCO DI ROMA
The Fall of Roman Empire - detail by Klem Kanthesis Dove si parla di come saccheggiare una città e le sue risorse, spoliandone beni e servizi alla stregua di un bottino di guerra, occupando e portando al collasso le principali aziende municipalizzate di AMA ed ATAC

LA SOCIETÀ DEI MAGNACCIONI
00 - una scena della serie-tv 'Roma' Dove si parla ancora di società partecipate del Comune, della EUR S.p.A. e dell’ACEA, di Riccardo Mancini, del suo amico Massimo Carminati, ma anche di Franco Panzironi e di tanta altra bella gente…

BELLA GENTE
Terza Posizione Dove si parla di un certo Gennaro Mokbel e della sua banda; di come si comprarono un senatore della Repubblica coi voti dei mafiosi calabresi; di una enorme truffa, e di come i camerati nascosero il mitra per darsi agli affari…

IL POLIPO
polipo Dove di parla di un certo Carlo Pucci, dell’ente EUR, di strani appalti e filobus mai partiti, di Riccardo Mancini e dei suoi legami con l’estrema destra neo-fascista…

Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più…
Magliana Dove si parla di tal Vincenzo Lattarulo assunto alle ‘Risorse Umane’ del Comune, della Banda della Magliana e di Massimo Carminati, di eversione nera e altri camerati…

I PREDATORI DELL’INDUSTRIA PERDUTA
Finmeccanica Dove si parla degli appalti pilotati di ENAV e della SELEX. Ma anche di come un certo Lorenzo Cola riuscì a mettersi in affari con la dirigenza di Finmeccanica, per milioni di euro, intercedendo per Mokbel ed i suoi soci…

SIN CITY

A voler vedere, molto era stato già scritto..!

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I Predatori dell’Industria perduta

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Come i vermi che formicolano su un cadavere consentono di stabilirne il grado di decomposizione, così la specie di avventurieri che riescono ad imporsi in un dato momento storico illuminano lo stadio di decadimento di una nazione.
Camillo Berneri (1934)

 Al netto delle glorie (passate) e delle infamie (presenti), l’Italia è innanzitutto terra di pupari.
Se l’istrione è la figura prevalente nella storia patria.. l’imbonitore adorato dalle masse.. l’idealtipo dominante in cui riversare le aspettative della propria mediocrità riflessa… a manovrare i fili della rappresentazione, e tessere la trama del gioco, sono i burattinai dietro i riflettori del palcoscenico. Si muovono discreti all’ombra dello statista di turno, di cui puntellano e sfruttano il potere momentaneo. Meglio conosciuti come “faccendieri”, perennemente in bilico tra politica e affari, sono i ‘signori delle referenze’, esperti in pubbliche relazioni a beneficio privato. E personale.
Nell’albo d’oro dei grandi tessitori meritano una menzione speciale l’onnipresente Gianni Letta, insieme all’intraprendente Luigi Bisignani.
Ai margini estremi della ragnatela penzolano invece il boccaccesco Valter Lavitola, il trasversale Piero Daccò, l’esuberante Lorenzo Cola… e tanti altri pesciolini di piccola taglia, ma non per questo meno famelici dei grossi squali nel mare magnum della finanza truccata.
A loro modo, sono gli eredi minori dell’eterno Licio Gelli, del curiale Umberto Ortolani, dell’immarcescibile Flavio Carboni (del quale ci siamo occupati QUI e QUI), del tetro Francesco Pazienza… Li accomuna e li contraddistingue una lettera, con un numero in progressione: P2..P3..P4…
E se le ambizioni politiche e i “piani di rinascita” sono evaporati, lasciando spazio unicamente agli ‘affari’, il modello insuperato resta comunque quello.
Gli effetti standard, ancor prima di quelli collaterali, sono generalmente pessimi.

LA DISCESA NEL MAELSTRÖM
Il gorgo oscuro nel quale è stata risucchiata FINMECCANICA, un tempo fiore all’occhiello delle partecipate pubbliche e sinonimo di eccellenza nell’industria tecnologica italiana, rappresenta la metafora di un Paese che sembra precipitato nell’abisso senza ritorno di una fogna senza fondo.
 Lo scandalo che sta scuotendo i vertici di Finmeccanica è lo specchio di un capitalismo malato (o semplicemente coerente con la sua intrinseca natura predatoria), ulteriormente esasperato dai vizi antichi del malcostume italico: familismo amorale e cooptazione clanica; spartizione clientelare degli incarichi; appetiti smisurati, uniti alle ambizioni ed all’avidità personale di certa dirigenza. A tutto ciò si aggiunga l’ingorda ingerenza dei partiti, che usano le partecipate pubbliche come uffici di collocamento politico e filiali di pronto cassa per il loro finanziamento illecito.
Quello che è stato denominato “Sistema Finmeccanica”, sembra in realtà costituire una prassi più che diffusa (e tollerata), nell’ambito dei grandi gruppi industriali per l’aggiudicazione delle pubbliche commesse. Ed in particolare per quelle corporation, che trattano le forniture di armamenti hi-tech.
Per piazzare determinati prodotti (e costosissimi giocattolini militari) è necessario “convincere” il potenziale acquirente interessato. Regalini, generose prebende, e cospicue offerte ad personam costituiscono ottimi argomenti per sbloccare certe trattative riservate… Ovviamente, richiedono sensibili esborsi in denaro (possibilmente non tracciabili) ed abili “intermediatori d’affari”, ai quali vengono erogate golose provvigioni per il disturbo e che siano in grado di gestire al meglio la transazione (e la dazione). Possibilmente con discrezione.
Per la bisogna, le holding in gara hanno bisogno di accantonare notevoli somme di denaro cash, alle quali poter attingere secondo necessità. Questa “liquidità finanziaria”, fondamentale per oliare la stipula dei contratti d’appalto (e ‘dopare’ le gare), è strutturata nella costituzione di “fondi” ad hoc. Naturalmente si tratta di rilevanti importi extra-contabili, cioè non registrati nei bilanci consolidati dell’azienda, o comunque camuffati sotto acquisizioni societarie.
La vulgata comune li chiama prosaicamente “fondi neri” e sono alla base delle operazioni di corruzione. Ma gli ‘addetti ai lavori’, come ogni professionista del crimine, vi diranno che si tratta semplicemente di “affari”.
Per accantonare le cifre necessarie alla costituzione di fondi neri, per la corruzione di funzionari pubblici o il pizzo da versare agli uomini politici, esistono una serie di sistemi collaudati: le false fatturazioni, con l’immancabile truffa sui rimborsi dei Crediti IVA; la compravendita fittizia di nuovi asset, più o meno strategici, e di aziende minori ad un prezzo di gran lunga maggiorato rispetto al valore reale. Il reperimento di risorse in nero può avvenire inoltre facendo lievitare il costo degli appalti (meglio se pubblici); oppure attraverso complicate triangolazioni dei pagamenti tramite società off shore. Il surplus viene accantonato e stornato su conti protetti, solitamente nei “paradisi fiscali”, per le pratiche occulte di persuasione.
Tuttavia, nel caso specifico di Finmeccanica è bene precisare che la pratica veniva esercitata attraverso canali diversi, senza intaccare l’affidabilità dei bilanci societari, agendo piuttosto sulla contabilità delle partecipate azionarie e delle aziende minori del gruppo, tramite la catena dei subappalti affidati prevalentemente a piccole società esterne. A queste ultime venivano assegnati lavori fittizi e mai realizzati; oppure venivano erogati importi nettamente superiori al prezzo del servizio prestato e attraverso l’emissione di false fatturazioni si provvedeva alla creazione delle provviste nere.
 Un sistema dove i rischi dell’intrapresa privata sono elusi dall’intervento statale nel ripianamento delle perdite, dove i margini di profitto e le opportunità di arricchimento personale sono altissime, dove la spregiudicatezza individuale può trasformarsi in un requisito di successo, attirerà inevitabilmente avventurieri della finanza e faccendieri senza scrupoli, intenzionati a ritagliarsi il loro spazio nel lucroso campo delle intermediazioni commerciali, tra i “consulenti” che gravitano nell’orbita della galassia Finmeccanica.
Al contempo, l’enorme flusso di denaro che circola nelle casse del corporate group non poteva non suscitare gli appetiti della nutrita pletora di parassiti e politicanti, che gravita attorno all’orbita dei partiti, tanto da trasformare l’azienda in una centrale di finanziamento occulto. La prassi è quella già collaudata ai tempi di Tangentopoli: commesse sub-appaltate ad aziende raccomandate da esponenti politici in cambio di tangenti; assunzioni di parenti e famigli con cariche direttive; la compravendita di poltrone e del sostegno politico a vertici aziendali; finanziamenti a correnti e fondazioni di partito…
Il problema è che Finmeccanica è anche un colosso dell’industria bellica al quale sono demandati settori strategici della Difesa nazionale.
Fintanto che produceva utili, bilanci in attivo, e buoni dividendi azionari, il “sistema Finmeccanica” è andato benissimo: tutti sapevano e tutti tolleravano. In fin dei conti, la concorrenza internazionale ha sempre giocato sporco, esercitando pressioni tutt’altro che lecite e di gran lunga peggiori. Gli scandali della Boeing, della Lockheed Martin, o dell’incredibile Halliburton (ma anche QUI), lo dimostrano fin troppo bene.
Tuttavia, l’aggravarsi della crisi economica e la conseguente contrazione degli appalti pubblici, oltre ad una lunga serie di scelte di investimento sbagliate, ha fatto implodere il “sistema” lasciando aperta una mostruosa voragine di debiti e perdita di quote di mercato. Tant’è che adesso l’azienda è costretta a (s)vendere i gioielli di famiglia, come nel caso della storica Ansaldo-Breda.

LA GIOSTRA DEI FONDI NERI
 Con bilanci sostanzialmente regolari, all’interno di Finmeccanica la costituzione dei fondi neri veniva in prevalenza affidata, per iniziativa di singoli manager del Gruppo, ai fornitori esterni delle società controllate. Tra le finalità, oltre al mero arricchimento personale, c’era la necessità di incrementare una liquidità supplementare, onde poter disporre di una riserva in contanti da versare al mondo politico, in cambio di protezioni e del rinnovo degli incarichi dirigenziali.
Il denaro accantonato grazie alle false fatturazioni e agli artifici contabili collegati al cash flow, veniva occultato tramite una serie di triangolazioni su conti bancari ciprioti e della Repubblica di San Marino, intestati a società di comodo lussemburghesi, e alfine rimesso in circolo (e nelle tasche) lungo i canali della corruzione.
Perno del sistema di corruzione sembra essere la Selex Sistemi Integrati: una costola di Finmeccanica, nata nel 2005 dalla fusione delle compartecipate dell’ALENIA, e amministrata dall’ing. Marina Grossi, che avrebbe ereditato la ‘pratica’ dal suo predecessore Paolo Prudente (ex direttore generale di Alenia). La spettrale signora torinese è altresì la moglie del 75enne Pierfrancesco Guarguaglini: ex amministratore delegato di Finmeccanica e presidente (dimissionario) del Gruppo, con i suoi 4.712.000 euro di stipendio all’anno. Attualmente, insieme alla moglie, è iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Roma, per frode fiscale, fatture false ed altri reati tributari.
La giostra dei “fondi neri” ruota attorno alle commesse fiduciarie e agli appalti che SELEX affida all’ENAV, tramite il collaudato sistema delle false fatturazioni a prezzi maggiorati.
Per rendere l’idea in sintesi di quali aziende stiamo parlando:

 ENAV è la società che fornisce il servizio nazionale di controllo e assistenza del traffico aereo civile. Ente interamente pubblico, e di fondamentale importanza, è controllato dai ministeri del Tesoro, delle Infrastrutture e Trasporti.
In considerazione delle responsabilità e delle delicate mansioni che la società svolge, nel 2009 è stato nominato presidente dell’ENAV Luigi MARTINI: ex calciatore della Lazio, con un diploma tecnico-professionale per l’artigianato, eletto deputato nelle fila di AN e famoso per il cumulo degli stipendi. Secondo la testimonianza dell’imprenditore Di Lernia, pare che l’on. Martini debba la sua nomina per l’assunzione all’Alitalia del figlio dell’ex ministro Altero Matteoli (AN-PdL): Martini faceva parte della commissione di esame.
Ma all’Enav, con ruoli di dirigenza lavorano pure Enzo Minzolini, fratello del direttorissimo raccomandatissimo al TG1 e il genero di Rocco Buttiglione. Prima di essere costretto alle dimissioni, l’amministratore delegato era un vecchio residuato democristiano, sul quale ritorneremo: Guido Pugliesi.
ENAV per la propria attività ha nelle sue disponibilità un patrimonio di impianti di supporto logistico e di infrastrutture tecnologiche altamente sofisticate, che richiedono una manutenzione ed una integrazione costante degli applicativi con l’impiego di nuovi software sempre aggiornati. Tutti servizi di supporto tecnico-informatico, sistemistica e manutenzione logistica, sono affidati ad una società controllata dell’Enav. Si tratta della TECHNO SKY srl, che nel sistema messo in piedi da Selex ed Enav ha un ruolo importante e un passato pesante… La “Techno-Sky” infatti non è altro che la vecchia “Vitrociset Sistemi” (sotto nuovo nome) di Camillo Crociani (già coinvolto nello scandalo Lockeed del 1976), acquistata da ENAV per 109 milioni di euro.

 SELEX Sistemi Integrati, come si può leggere sul sito ufficiale, è “la società di FINMECCANICA che progetta, realizza e commercializza tecnologie per l’Homeland Protection, sistemi e radar per la difesa aerea, la gestione del campo di battaglia, la difesa navale, la gestione del traffico aereo ed aeroportuale, la sorveglianza costiera e marittima. L’azienda, che occupa circa 4.200 dipendenti, vanta un’esperienza di cinquanta anni e una clientela in 150 Paesi”.

SELEX paga ENAV per ricevere appalti. ENAV affida con trattativa privata (non prevede gare) le commesse alla SELEX, che però non si occupa dei lavori direttamente ma li sub-appalta alla TecnoSky (che appartiene ad ENAV). Cioè affida i lavori all’azienda controllata dell’ENAV, che si occupa dei servizi di manutenzione, con evidente maggiorazione dei costi per il doppio appalto che invece poteva essere gestito direttamente all’interno della società stessa.
Tecno Sky a sua volta affida i lavori, con un nuovo sub-appalto, ad altre società esterne con un ulteriore rincaro dei costi. Si tratta di piccole società a responsabilità limitata, spesso e volentieri riconducibili a manager e consultant trading assai attivi all’interno di Finmeccanica; oppure vicine a personaggi politici e sostenute da singoli esponenti di partito.
Non di rado si tratta di società di comodo, senza alcuna specifica competenza di settore, che attraverso il rigonfiamento dei costi, false fatturazioni, bilanci truccati, e la sistematica evasione delle imposte, riescono a ritagliare profumate provvigioni al nero per manager compiacenti (e non solo), che si spartiscono la cresta sui pagamenti.
Capita che le società in questione ricevano perfino saldi anticipati per lavori in realtà mai realizzati e senza alcuna verifica su quelli invece effettuati.

PICCOLE IMPRESE PER GRANDI AFFARI
 Tra le aziende beneficiate dagli appalti agevolati e miracolate dagli affidamenti della TecnoSky-ENAV, la concorrenza è piuttosto affollata. Naturalmente, ognuna di queste società ha il suo referente in Finmeccanica ed il suo sponsor politico…
Tra le società più attive risulta esserci la ARCTRADE. L’azienda è direttamente riconducibile a Lorenzo Cola, uomo di fiducia della coppia Grossi-Guarguaglini e superconsulente di Finmeccanica. Lo stesso Cola si definisce “consulente globale” ed è attivo su tutti i fronti di vendita, gestendo commesse milionarie e, a tratti, condizionando la stessa politica industriale del gruppo Finmeccanica, con contatti negli ambienti militari e nei servizi segreti.
D’altra parte, a Lorenzo Cola è riconducibile anche la EDIL-COGIM che si aggiudica le opere per l’aeroporto di Lamezia Terme (5,3 milioni di euro).
La “ARC-Trade” invece, gestita ufficialmente dal commercialista Marco Iannilli (il sodale di Cola) e con appena 30 dipendenti, grazie agli appalti dell’Enav riesce a fatturare soltanto nel 2008 qualcosa come 24 milioni di euro.
Nella fattispecie, Iannilli avrebbe emesso fatture per un cifra di 800.000 euro a favore di “Selex” per una serie di lavori in realtà mai eseguiti, a partire dal riammodernamento dell’aeroporto del Qatar. E incassa importi  maggiorati per opere in quello di Palermo.
A tal proposito, è illuminante constatare come una “azienda leader” nello sviluppo s/w e nell’Information Technology abbia a tutt’oggi una pagina web ancora in allestimento, dove NON vengono riportati partenariati, clienti, competenze e certificazioni. Sarebbe interessante sapere con quali requisiti sia stata scelta…
 Particolarmente attiva è anche la PRINT SYSTEM (sistemi radar) di Tommaso Di Lernia, il grande accusatore, già arrestato nell’Aprile del 2006 insieme a Stefano Ricucci che aveva foraggiato per la scalata alla RCS. All’imprenditore Di Lernia, insieme a Lorenzo Cola, la Procura di Roma contesta un’evasione delle imposte per quasi 5 milioni di euro, avvalendosi di fatture relative ad operazioni inesistenti emesse nel 2009 dalle società cipriote “Antinaxt Trading Limited”, con sede a Nicosia, per un ammontare pari a 3.393.560 euro e dalla società “Esmako Limited” per un ammontare pari a 1.385.822,80 euro. Il pm Paolo Ielo gli contesta inoltre l’emissione di fatture relative a operazioni inesistenti annotate. Reato aggravato per essere stato commesso anche al fine di realizzare le provviste per l’erogazione di utilità a pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio per il compimento di atti contrari ai doveri del loro ufficio.
Per sottolineare quanto sia stretto il legame che unisce la “Print System” con “Enav” e la Difesa, sarà il caso di ricordare Bruno Nieddu, generale (in pensione) della GdF, ex presidente di ENAV e  concreti interessi nella società del Di Lernia.

ARC Trade e PRINT SYSTEM sono sponsorizzate direttamente da Marina Grossi (amministratrice della “Selex”), che d’altronde affida al fratello Giorgio, pare con assegnazione diretta, la ristrutturazione di alcuni fabbricati dell’aeroporto romano di Fiumicino, al costo di 2 milioni di euro.
AICOM (engineering system), SIMAV (sistemi di manutenzione avanzati), RENCO S.p.A. godono invece dell’interessamento di Lorenzo Borgogni, (ex) responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, che per il disturbo intasca cospicui fuori-busta per svariate centinaia di migliaia di euro. Per esempio, si fa liquidare dalla SIMAV la modica cifra di 1.250.000 euro in “consulenze” e studi gestionali affidati alla “SGI Consulting”: una società fondata insieme a Luigi Martini (il presidente post-fascista di ENAV e gentile signora), al quale viene rigirato il medesimo importo. Due milioni e mezzo di euro ad ufo.
Almeno questo è quanto scaturisce dalle testimonianze incrociate, messe a verbale, dell’accoppiata Iannilli-Cola e Di Lernia.

Lo strano caso della OPTIMATICA
OPTIMATICA S.p.A. è un altra delle società fornitrici della SELEX. Specializzata in knowledge management (processi gestionali), “Optimatica” vanta tra i suoi clienti primari: ENAV, INAIL e il Dipartimento per la Funzione Pubblica, ma anche le informatiche IBM e Symtec, insieme alla società di revisioni “Accenture”.
Nell’ambito degli appalti Enav-Selex, la società si è assicurata la gestione degli archivi informatici per la modesta somma di 9.900.000 euro (il tetto limite dell’appalto era dieci milioni). Una cifra assolutamente fuori mercato.
Soprattutto, l’Optimatica è una società nelle grazie degli ex-AN… nella fattispecie: Luigi Martini (ENAV) e Altero Matteoli (ex ministro ai Trasporti) al quale, secondo la testimonianza di Tommaso Di Lernia, “Optomatica” eroga finanziamenti per la sua fondazione.

e della ELSAG-DATAMAT
Da notare che tra i clienti di rilievo della “Optimatica” c’è anche l’ELSAG, a cui nel 2007 si aggiunge DATAMAT, e infine confluita in SELEX.
L’ELSAG-DATAMAT, azienda d’eccellenza, entra agli onori delle cronache in occasione della “Louis Vuitton Cup” del 2009. I manager della società sono sospettati di turbativa d’asta e corruzione in merito ai lavori di ampliamento e ristrutturazione del porto di Trapani, interessato dalla competizione velistica. Si tratta di Francesco Subbioni, responsabile della divisione Servizi, e Carlo Gualdaroni, direttore generale di ELSAG. Entrambi suscitano le attenzioni della Direzione Investigativa Anti-mafia. Nella vicenda risultano coinvolti pure il senatore (PdL) Antonio D’Alì, ex sottosegretario agli Interni, attualmente indagato dalla Procura di Palermo per “concorso esterno in associazione mafiosa”, e Valerio Valenti, viceprefetto di Trapani, che secondo gli inquirenti avrebbero discusso col direttore Gualdaroni i termini dell’accordo per assicurarsi l’appalto.

IL JOLLY DELLE CONSULENZE D’ORO
 Nell’ambito di un sistema consolidato, le operazioni più complesse insieme alle più delicate trattative commerciali sono spesso affidate ad una serie di “consulenti” specializzati.
Lorenzo COLA è il jolly spiccia-faccende nel mazzo truccato delle carte Finmeccanica; dopo un esordio professionale alla “Ernst & Young”, è il pontiere dei grandi appalti, in grado di condizionare le stesse scelte strategiche del Gruppo in ambito internazionale. Lui stesso si definisce un “consulente globale” di Finmeccanica. È l’ombra nera di Guarguaglini ed è anche uno dei grandi accusatori insieme a Tommaso Di Lernia.
Di Cola si sa pochissimo, ma i suoi hobby sono diventati famosi: le auto da corsa (gli piace correre in F3); la raccolta di cimeli nazisti che sembra andare oltre la passione collezionistica, visto che le svatische le porta tatuate direttamente addosso.
Lorenzo Cola imbocca in Finmeccanica nel 2005, poco più che quarantenne, su raccomandazione di Luca Danese (nipote di Giulio Andreotti) che lo presenta a Paolo Prudente, all’epoca capo dell’Alenia (poi Selex). Da quel momento, la carriera di Cola si fa strepitosa…
Come presidente della COGIM piazza prefrabbricati di uso militare, per conto del Ministero della Difesa, in Iraq e Afghanistan e Bosnia per il contingente italiano.
Come super-consulente di Guarguaglini, nel 2008 Lorenzo Cola cura l’acquisizione per conto di Finmeccanica della DRS Technologies: colosso statunitense degli armamenti. Costo dell’operazione: 5,2 miliardi di dollari (3,3 miliardi di euro). Per Cola la provvigione ammonta a 8 milioni di euro.
L’acquisto, gestito dalla banca d’affari Lehman Brothers (vi ricorda niente?), assicura a Finmeccanica l’accesso alle forniture del Pentagono (DRS produce i caccia F-16 e gli elicotteri d’attacco Apache). Ed è anche il motivo per cui ci ritroviamo sul groppone gli inutilissimi 131 cacciabombardieri, per il trasporto intercontinentale di testate atomiche, F-35 JSF (joint strike fighter), al mostruoso costo di 13 miliardi di euro e a discapito del più versatile (ed economico) Eurofighter, prodotto dal consorzio europeo per l’EFA (European Fighter Aircraft).
Ad anticipare la quasi totalità dei soldi (3,2 miliardi di euro), necessari a comprare la DRS, ci pensano le banche: Intesa-SanPaolo, Unicredit, e (per gli amanti della cospirazione globale) l’immancabile Goldman Sachs. Come copertura del credito, Finmeccanica offre in garanzia l’ANSALDO… Peccato che con la riduzione delle spese militari ed il disimpegno USA in Iraq, l’acquisto della DRS si stia rivelando un pessimo affare. Per questo ora Finmeccanica pianifica di spacchettare l’Ansaldo e vendere la Breda a copertura dei debiti contratti con le banche.
 Lorenzo Cola è anche il fautore delle trattative coi libici di Gheddafi, per le forniture di sistemi d’arma ed alta tecnologia al deposto regime del rais, per un valore di 150 milioni di euro. Nel ruolo di super-consulente, nel 2008 Cola partecipa anche all’acquisizione di quote Finmeccanica (il 5%) da parte dei fondi sovrani libici. Operazione che suscita parecchie perplessità e l’aperta ostilità dell’ex ministro Tremonti. Grande artefice dell’operazione (ça va sans dire): Gianni Letta.
Per conto dell’Ansaldo, cura invece le forniture per la costruzione di “centrali” (nucleari?) in Iran.
Al contempo, il Lorenzo Cola conosce e olia il “sistema”, gioca in proprio con sue società di comodo, cura la rete di appalti gonfiati e relazioni interessate, che garantiscono a lui ed ai manager corrotti profitti stratosferici. Il gioco funziona, finché non punta sul cavallo sbagliato…

L’Affare DIGINT
La nemesi di Lorenzo Cola si chiama DIGINT.
La società, che dovrebbe occuparsi di sicurezza digitale, è una creazione di Lorenzo Cola e Marco Iannilli, che la usano per pompare soldi dalle commesse gonfiate di Selex e Finmeccanica.
Sostanzialmente, la DIGINT è una scatola vuota, utile però per movimentare e ripulire fondi neri all’estero. Nell’affare, Cola e Iannilli, coinvolgono pure Gennaro Mokbel, faccendiere capitolino e noto fascistone border-line che su Cola ha le idee chiarissime:

«Lorenzo, che è uno psicopatico, pare uno psicopatico… ma per farvi capire: diciamo che è il primo consigliere di Guarguaglini»

Di Mokbel, dei suoi sodali, e dell’utile idiota fatto eleggere senatore (con la gentile intercessione della ‘Ndrangheta) per tutelare gli interessi della banda, avevamo parlato in dettaglio QUI.
La DIGINT diventa quindi una società controllata al 51% dalla Finmeccanica Group Services ed al 49% dalla Financial Lincoln. Quest’ultima è una società anonima lussemburghese, appositamente registrata nel 2006 dalla banda Mokbel. La partecipazione all’affate richiede un investimento di 8,3 milioni di euro per l’acquisto delle quote societarie, con l’intenzione di creare una joint-venture per infilarsi negli appalti di Finmeccanica.
Gli intrallazzi che intanto Mokbel va combinando a Roma ed in giro per l’Europa, catturano l’attenzione del ROS dei Carabinieri che in tal modo scoprono anche la truffa in atto alla DIGINT e scoperchiano il “sistema” in vigore a Finmeccanica, determinando le dimissioni di Renzo Meschini (ex amm. della Finmeccanica Group Services)
Lorenzo Cola viene arrestato l’8 Luglio 2011 per riciclaggio aggravato, truffa, false fatturazioni. E da quel momento inizia a parlare…

IL GRANDE DISPENSIERE
 L’altro grande “pentito” di tutta la faccenda è Tommaso DI LERNIA (Roma, 12/08/1963): il procacciatore di appalti e mazzette, che insieme a Lorenzo Cola dispensa poi al mondo politico in cambio di benevolenza.
Soprannominato il “cow-boy”, a causa della sue passione per gli stivaletti da ranchero che sembra non togliere mai, Di Lernia è il gola profonda dello scandalo Finmeccanica. Con una semplice licenza media per titolo di studio, ufficialmente Di Lernia è il “direttore tecnico” della PRINT SYSTEM, ma controlla anche la EUROCOS e la FINED: altre s.r.l. nel giro Enav-Selex.
In ENAV l’intraprendete Di Lernia ci entra intorno al 2005 grazie ai buoni uffici dell’amministratore e gen. Bruno NIEDDU, che in cambio si fa regalare un paio di appartamenti e un appannaggio da 300.000 euro (naturalmente a sua insaputa). Il colonnello Tavano è colui che invece gli presenta personalmente Lorenzo Cola. È interessante notare l’intreccio di relazioni tra alti ufficiali della Guardia di Finanza e Tommaso Di Lernia, che ha tra l’altro addebiti penali pendenti per favoreggiamento ed omicidio colposo.
Di Lernia paga a Cola fatture per consulenze in realtà mai avvenute, emesse a nome della “Antinaxt Trading Limited” e della “Esmako Limited” di Cipro. Quindi, rigira la plusvalenza ritagliata illegalmente e al nero su conti lussemburghesi e ciprioti.
La SELEX S.I. di Marina Grossi avrebbe sopraffatturato i costi dei lavori sub-appaltati ad un consorzio tra la Print System e la RENCO, per conto ENAV. La Print System avrebbe a sua volta sovra-fatturato a favore di società cipriote di copertura, in modo da realizzare la provvista necessaria a pagare le intermediazioni di Lorenzo Cola.

«Cola mi diceva che la Grossi era perfettamente al corrente del pagamento delle tangenti verso Enav, mentre nulla mi diceva circa il ruolo di Guarguaglini.
Similmente Fiore [Manlio Fiore: direttore tecnico di Selex. N.d.r] mi diceva di agire per conto della Grossi, la quale sapeva dei pagamenti. Peraltro ogni volta che mi recavo da Fiore egli prendeva appunti su in foglietto, andava a riferire credo alla Grossi, e poi tornava con le direttive.»

 Tribunale di Roma
 Verbale di interrogatorio del 25/05/11

Dall’interrogatorio di Tommaso Di Lernia, i magistrati della procura romana (Capaldo e Ielo) traggono le loro conclusioni:

«ln accordo con Lorenzo Cola, Letizia Colucci (direttore generale) e Manlio Fiore (direttore e responsabile tecnico), al fine di consentire ad Enav l’evasione delle imposte dirette, emetteva, nel 2009, fatture relative a operazioni in tutto o in parte inesistenti per un valore non inferiore a 10 milioni di euro. […] In accordo con Cola, Colucci, Fiore, al fine di evadere le imposte dirette e indirette e avvalendosi di fatture relative a operazioni in tutto o in parte inesistenti, indicava nella dichiarazione dei redditi Selex in relazione agli anni 2008-2009, elementi passivi fittizi».

 Nato a Istanbul nel 1957, Manlio FIORE è il responsabile commerciale di SELEX Sistemi Integrati e braccio destro dell’ad Marina Grossi per conto della quale cura la direzione tecnica. Del suo ruolo abbiamo già detto. Ma a destare l’attenzione dei Carabinieri e determinare il suo arresto, più dei giri di mazzette hanno contribuito le sue passioni inconfessabili. Sfrugugliando nel pc del manager della “Selex” in cerca di documenti, i Carabinieri del ROS hanno trovato qualcos’altro: centinaia di immagini e filmini pedo-pornografici. Pare infatti che il bravo dirigente di Finmeccanica faccia parte di una rete internazionale di pedofili, coi quali si scambiava la fruttuosa corrispondenza.
Le dichiarazioni che Di Lernia rende all’Autorità giudiziaria costituiscono invece l’antipasto di un’immane abbuffata, che sembra non risparmiare nessuno e coinvolge naturalmente il famelico mondo della “Politica”…

L’Amico MILANESE
 Marco Milanese, ex ufficiale della GdF e braccio destro di Giulio Tremonti all’Economia, meriterebbe una trattazione a parte, rispetto a questo articolo già over-size. Infatti sarà il caso di tornare sul personaggio in altra occasione.
In questa circostanza, basti ricordare che anche lui entra in gioco con la faccenda Finmeccanica. E lo fa arrivando in “barca”…

«…è una storia che gira intorno ad un magnifico yacht, un “Dolphin 64” di 20 metri della Mochi Craft, che Milanese possiede ma non è in grado di pagare. Del quale, come gli accade con le fuoriserie che cambia con la frequenza delle scarpe (Bentley, Ferrari, Aston Martin), decide dunque di liberarsi, accollandone però il costo ad altri e per giunta facendoci sopra una bella “cresta” da 224 mila euro.
Anche perché, ha gioco facile nel farlo, visto che, come uno sciame d’api sul miele, gli corre in soccorso una variopinta comitiva di giro, che della sua benevolenza e del suo potere di interferenza sulle società a partecipazione pubblica ha bisogno come l’aria. Un manager che orbita nella destra sociale di Alemanno e questua una nomina in una società controllata da Enav [si tratta di Fabrizia Testa, già consigliere nel CdA di ENAV e dirigente della Techno-Sky]; due “imprenditori” rotti al giochino delle sovrafatturazioni, delle provviste nere e inseriti stabilmente nel Sistema degli appalti Enav (Di Lernia e il suo factotutm De Cesare), un’eminenza grigia di “Finmeccanica” che chiamano “il generale” (Cola).
Lo yacht, dunque. Milanese lo acquista di seconda mano nel giugno 2009, accollandosi dal vecchio proprietario un leasing di 1 milione e 97 mila euro. E’ un giocattolo che, solo di rata mensile, costa dunque 20 mila euro. E che l’ex ufficiale della Finanza, che in carriera ha collezionato encomi come figurine, non ha, o non ha intenzione di spendere. Per la barca, infatti, dalle tasche dello “scapocchione fortunato” (così lo chiama Paolo Viscione, imprenditore cui munge nel tempo “una milionata” di euro in regalie e contanti) escono solo 1.200 euro, il costo della pratica di cessione del leasing. Non paga le rate, infatti. Accumula interessi di mora. E finisce con il bordeggiare sul “Dolphin” una sola estate. Finché, a dicembre 2009, segnala a Viscione di “trovarsi in imbarazzo”. Insomma, dice ai pm, l’imprenditore, “mi voleva rifilare la barca”. E’ troppo anche per lui

  Carlo Bonini
La Repubblica (09/11/11)
Articolo integrale QUI

Alla fine di una lunga trafila, ‘sta benedetta barca viene appioppata al solito Tommaso Di Lernia, che in cambio del ‘favore’ spera di ricavare “crediti” di benevolenza, da spendere in Enav-Finmeccanica…

«Il “Dolphin” viene quindi acquistato a cifre da capestro. Il valore non supera i 700 mila euro, ma Milanese lo piazza a 1 milione e mezzo. Una cifra in cui c’è il valore residuo del leasing, caricato dagli interessi di mora (1 milione 318 mila e 500 euro) per le rate scadute (220 mila euro) che Milanese non ha mai pagato e che pure Di Lernia, al momento del contratto, gli ha anticipato in contanti.»

Davvero un ottimo affare.

POLITICANTI ALL’ARREMBAGGIO
 Se Finmeccanica può vantare tra i suoi ranghi una nutrita pletora di politicanti in disarmo, nipoti e figli di parlamentari (per esempio Marco Forlani, figlio del più famoso Arnaldo), generali da ricollocare, e mogli dei vari “Lei non sa chi sono io”, con una provenienza in prevalenza democristiana, è l’ENAV in quanto “ente pubblico” ad essere il dispensiere di poltrone per i partiti. La “Società Nazionale per il Volo” si è alfine trasformata da ente di controllo a feudo impestato di politicanti. Alla munifica greppia dell’ENAV mangiano un po’ tutti, ma a spartirsi il grosso delle cariche sono soprattutto l’UDC e le varie correnti della ex Alleanza Nazionale, confluita armi e camicie nere nel PdL berlusconiano.
Per esempio, in Enav sono imboccati tra i tanti: Antonino Vecchio Domanti, ex direttore servizio finanze ENAV, e organico all’UDC; Giovanni Federico Gamaleri, figlio di Giulio ex parlamentare democristiano ed ex consigliere RAI; Carlos Salazar, imparentato con Rocco Buttiglione… Invece, del presidente Mancini e del Minzolini fratello abbiamo già ricordato.
A supervisionare gli ingressi e favorire le candidature ai vertici provvede come sempre il serafico (e grande sponsor di Guarguaglini) Gianni Letta: il gran ciambellano di Re Pompetta.

 Guido PUGLIESI è (stato) amministratore delegato di ENAV, nominato nel 2003 dopo l’azzeramento dei vertici a seguito della strage all’aeroporto di Milano-Linate.
Così lo descrive Alberto Statera sulle pagine de La Repubblica del 21/11/2011:

«Mini-boiardo non dei più autorevoli, superstite della Prima Repubblica proprio perché piccolo e non troppo astuto, sopravvissuto così al cambio di regime che ha catapultato in prima fila gli scarti del cinquantennio democristiano. Tra quelli ancora benvoluti da Luigi Bisignani e da Marco Milanese, businessmen delle nomine dei manager pubblici, purché malleabili, ubbidienti e generalmente di poche pretese. Questo Pugliesi nella Prima Repubblica portava la borsa a suo cognato Paolo Benzoni, amministratore della SIP. Vistosi perduto dopo Tangentopoli e all’albore del berlusconismo, si buttò – pensate – con Storace, che lo mise a dirigere l’ospedale San Camillo di Roma. Dai telefoni ai cateteri, per la serie: vinca la competenza. Poi, con l’UdC passato all’opposizione, Pugliesi, che pare non trascurasse di consultare il sempiterno luciferino Andreotti, trovò più naturali spazi nel risorgente centrismo. Spazi che andavano congruamente retribuiti per sperare di mantenere il posto. Con i contanti. Old style diccì.
Ma Pugliesi, testimone e pronubo della valigetta di banconote al partito di Casini, con la vecchia tecnica della mazzetta ormai sostituita dall´appartamento acquistato “ad insaputa” e dalla barca venduta al doppio del suo valore o all’affitto di seimila euro saldato in contanti dall’amico fatto onorevole, è poco più che una comparsa nel sistema di corruzione che ha fatto di Finmeccanica, che con l’ENI è il più grande gruppo pubblico d’Italia, la sentina del berlusconismo arrembante, fatto di ex fascisti affamati da decenni di potere e denaro, di ex democristiani ed ex socialisti in cerca di consulenze e di ricollocazione sotto il nuovo ombrello, generoso soprattutto con faccendieri, truffatori, lenoni e ricattatori. I personaggi che “Cesare” tratta con più disinvoltura.»

 “Gli eterni vizi dei boiardi”
Alberto StateraLa Repubblica (21/11/11)

Forte della sua esperienza alla Sanità del Lazio, ai tempi della giunta di Francesco Storace (il fascista verace che ha lasciato in eredità alla regione una voragine da 9,5 miliardi di deficit), dalla direzione dell’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma, Pugliesi si porta appresso altri due dirigenti: Luigi Trapazzo e Raffaello Rizzo, cha da Di Lernia si fa dare 90.000 euro per l’acquisto di un monolocale e poi altri 50.000 euro per assegnare lavori in Enav alle imprese amiche.

«Il ruolo di Rizzo era quello di favorire le imprese che erogavano finanziamenti all’UDC e alla frangia romana riconducibile all’attuale sindaco di Alleanza Nazionale [ovvero, Gianni Alemanno! n.d.r].
Sostanzialmente tali imprese portavano finanziamenti all’UDC alle feste di partito a fare delle donazioni.
Per contro, i finanziamenti agli uomini di AN avvenivano direttamente nell’ufficio di Pugliesi dove gli imprenditori portavano le somme di denaro che Pugliesi dava ad AN.
Ricordo anche che in un’occasione, in relazione ai lavori effettuati a Venezia, vennero assegnati lavori a una società che si chiamava “Costruzioni e Servizi” vicino a Marco Follini, all’epoca vice-presidente del Consiglio.»

 Tribunale di Roma
Verbale del 27/06/11

Guido Pugliesi invece si fa pagare 206.000 euro (02/02/2010) per i suoi buoni offici.
In sostanza, stando alle ricostruzioni probatorie, Pugliesi si fa versare i soldi da Cola e Di Lernia; ne trattiene una parte a titolo personale e rigira il resto alle casse dei partiti in lizza.

“Io C’entro”: Oboli all’UDC
 Tra i reati contestati a Guido Pugliesi c’è anche l’accusa di illecito finanziamento in relazione ad una presunta tangente da 200 mila euro versata dall’imprenditore Tommaso Di Lernia, titolare della Print System, al segretario amministrativo e tesoriere dell’UDC, il deputato Giuseppe Naro (che ha sempre negato ogni responsabilità), e che Di Lernia avrebbe consegnato personalmente alla sede romana del partito nel Marzo 2010.
Altri soldi all’UDC sarebbero arrivati tramite il commercialista Franco BONFERRONI (classe 1938), ex senatore democristiano e componente del CdA di Finmeccanica, che nel 2008 si fa girare da Lorenzo Cola circa 350.000 euro. Sarà forse il caso di ricordare che Bonferroni, originario di Reggio Emilia, sottosegretario all’Industria e Commercio estero nel VI e VII Governo Andreotti dal 1989 al 1992, risultava già implicato nel crac finanziario della PARMALAT di Callisto Tanzi: l’ex senatore democristiano si era fatto liquidare profumate “commissioni” dal ragioniere Fausto Tonna (ex direttore finanziario di Parmalat), per una serie di catastrofici investimenti in Indocina.

Oro al Partito degli Honestiores
Tra i beneficiati dalle oblazioni di Guido Pugliesi, in munifico manager di Enav, pare ci sia anche una assidua conoscenza delle cronache giudiziarie l’on. Aldo BRANCHER (deputato, naturalmente, PdL), che dal Di Lernia si sarebbe fatto finanziarie le sue “Officine della libertà”.

 Ilario FLORESTA (Milano, 1941) è un altro dei politici a libro paga: già parlamentare di Forza Italia e sottosegretario al Bilancio nel primo governo Berlusconi, nonché consigliere d’amministrazione in ENAV dal Luglio 2009, vanta come formazione un diploma da perito tecnico-industriale.
Dal commercialista Iannilli (per conto della “ArcTrade”), Floresta si fa passare un mensile supplementare di 15.000 euro; quindi si fa anticipare circa 300.000 euro a titolo di compromesso per l’acquisto di una villa a Sharm El Sheik in Egitto, senza che la compravendita vada mai in porto. Ma l’ex deputato pare insaziabile, visto che verrà a pretendere da Di Lernia il pagamento di tangenti per 500.000 euro.
Sia Pugliesi che Floresta sollecitano pagamenti anche dalle società che subappaltano da Selex le opere commissionate da Enav e riconducibili a Lorenzo Borgogni…

 Lorenzo BORGOGNI (Siena, 1952) è stato l’ombra di Pierfrancesco Guarguaglini, che lo ha voluto alla direzione delle relazioni esterne di Finmeccanica nel 2002.
Borgogni è un altro mazziere addetto allo smistamento tangenti: incassa dai fornitori, trattiene per sé, e rigira il resto ai politici. Come dichiara Lorenzo Cola ai magistrati:

«Il suo lavoro era quello di tenere i contatti con i politici che avevano i rapporti con le società del Gruppo. Da un lato, Borgogni era informato, attraverso i suoi collaboratori, dei politici che chiedevano un colloquio con responsabili vari delle società e, dall’altro, egli stesso li indirizzava a questa o a quell’altra società, a seconda della loro esigenza. Borgogni era a conoscenza, fin da epoca remota, del sistema di pagamento delle tangenti da parte dei fornitori di “Selex Sistemi Integrati”. Lui stesso era beneficiario di una parte di queste tangenti. So questo con certezza perché in moltissime occasioni mi è accaduto di parlarne con lui

Con questo sistema, dal 2006 al 2011, accumula un patrimonio in nero di 7 milioni di euro, ad integrazione del magro stipendio che percepisce come manager pubblico in Finmeccanica: le sue dichiarazioni annuali dei redditi vanno da 1,2 milioni di euro del 2007, a 1,7 milioni nel 2010.
La “ArcTrade” di Cola e Marco Iannilli è il suo bancomat personale: 550.000 euro e altri contributi che il manager chiama “zucchine”.
Tuttavia, Lorenzo Borgogni attinge anche altrove: AUXILIUM (150.000 euro); SIMAV (2 milioni di euro, in cambio dell’interessamento per la cessione di quote societarie, che si spartisce con Luigi Mancini); Consorzio ANCV (1,5 milioni di euro nel 2000); ITALBROKER (2 milioni, in cambio del mantenimento della copertura assicurativa che aveva in Finmeccanica); CREDSEC (2 milioni, per l’acquisto da FinGroup di due immobili industriali).
Il frutto di tanto onesto lavoro viene trasferito su conti esteri. Poi grazie allo “scudo fiscale” di Giulio Tremonti, nel 2010 fa rientrare in Italia 5 milioni e 600 mila euro (per altro a nome della moglie) e, tallonato dagli inquirenti, si presenta dai magistrati per chiarire che i soldi li ha “guadagnati in modo lecito”, tramite le sue esose mediazioni.
Ma Borgogni è pure un ragazzone diligente, che svolge bene i suoi compitini. Infatti, annota tutto onde poter stabilire un prezzario per il mercato delle nomine politiche ai vertici della holding Finmeccanica, con l’assunzione di amici e parenti:

«Squillace è espressione del ministro La Russa, il consigliere Galli della Lega, mentre per lo Sviluppo Economico e Scajola, il riferimento è stato Alberti […] Ricordo, ad esempio che la Lega, a mezzo Giorgetti, chiese che un posto fosse senz’altro riservato a quel partito in Ansaldo Energia. Che il nominativo di Adolfo Vittorio per Elsag-Datamat me lo diede Gianni Letta per conto di Carlo Giovanardi e che poi mi chiamò in prima persona.»

 Tribunale di Roma
Dichiarazioni spontanee di Borgogni
Verbale del 11/01/2011

Soprattutto, Borgogni si vanta di aver ottenuto direttamente da Silvio Berlusconi la nomina di Giuseppe Orsi: nuovo amministratore delegato di Finmeccanica, in quota Lega Nord, che si fa subito interprete della strategia padana… Svuotare il Sud delle sue realtà economiche e industriali, chiudendo gli impianti e trasferendo la produzione al Nord. Esattamente come avveniva ai tempi dei Savoia, ma con l’intento neanche troppo segreto di creare nuove clientele assistite e concentrare le risorse in ‘padania’, prima dell’impossibile secessione. È divertente notare che gran parte dei personaggi coinvolti nel gigantesco scandalo Finmeccanica, provengano dal “Nord operoso che lavora”. Notoriamente, a sud di Perugia si campa di rendita e gli zecchini d’oro crescono copiosi sugli alberi.

Daniela..Giampi..Valterino & Co.
 Tra i beneficiati dei fondi Finmeccanica erogati dal bravo Borgogni, compare anche la scoppiettante Daniela Santanché: la pasionaria fascista, così attiva al governo senza mai essere stata eletta dall’abusato “popolo sovrano”…

«Nell’inverno del 2009 partecipai a una cena a dove c’erano l’onorevole Alfonso Papa, Luigi Bisignani, Daniela Santanchè e Galbusera. Nell’occasione Bisignani mi chiese di aiutare la Santanchè, che non era stata rieletta, con la sua agenzia pubblicitaria Visibilia che gestiva la raccolta per “Il Giornale”, “Libero”, “il Riformista”, e di dare un contributo attraverso contratti che Finmeccanica ha con varie testate. Dopo qualche giorno lei mandò un collaboratore a parlare con il mio responsabile della comunicazione per rendere concreto l’aiuto. Successivamente lei mi chiamò lamentandosi degli importi stanziati e disse che era un po’ ridicolo.»

In pratica, la Santanché si occupa della raccolta pubblicitaria e pensa bene di battere cassa a Finmeccanica, grazie alle sue entrature politiche, salvo poi lamentarsi dell’esiguità dei contributi: solo 350.000 euro (di soldi pubblici) nel biennio 2009-2011. Una vera miseria!

Ma Lorenzo Borgogni, per conto di Finmeccanica, segue anche gli investimenti panamensi di un nuovo potenziale “consulente” fortemente raccomandato dal papi nazionale… Si tratta di Valter Lavitola, ex direttore del quotidiano “L’Avanti!” (un tempo glorioso giornale socialista e ora ridotto a imbarazzante larva assistita a spese pubbliche), attualmente latitante, assurto agli onori delle cronache per la famosa telenovela estiva sulla casa del cognato di Fini a Montecarlo, la scoperta dell’isola del tesoro nascosto (Santa Lucia), e gli intrallazzi insieme al lenone ufficiale (e cornuto) di Palazzo: Giampiero Tarantini.
Lavitola è interessato agli appalti per la “security” del Canale di Panama e riesce perfino a trovare una sponda nel (ex) direttore commerciale di Finmeccanica: Paolo Pozzessere, che sul campo sudamericano vanta anche altre preziose risorse…
 Tra gli altri consulenti di punta in America latina, resta sicuramente indimenticabile Debbie Castaneda, soubrette colombiana e grande amica dello statista di Arcore, che si vede sottrarre la provvigione di 6 milioni di euro per un appalto Finmeccanica, da Alessandro Agag (genero dell’ex premier spagnolo Aznar), e per questo va a piangere direttamente da papi Silvio.
Sulle specializzazioni professionali ed i requisiti tecnici della Castaneda non possono sussistere dubbi, come appare evidente dal suo C/V:

«Dopo essere stata eletta Miss Colombia nel 1996, Debbie si è dedicata per tre anni agli studi universitari, conseguendo una Laurea in Pubblicita’ e Marketing con il massimo dei voti in USA. Tra i suoi hobby il canto e il disegno (ha conseguito un master in disegno grafico). Ama molto gli sport, e in particolare, nuoto e jogging.
Dopo aver recitato in vari serial televisivi e telenovelas nel suo paese, Debbie partecipa nel 2000 al film di Oliver Stone “Ogni maledetta domenica”. Nello stesso anno approda in Italia ed esordisce in tv su Italia1 con la trasmissione “Tribe Generation”, mentre nel 2001 è una delle top model della trasmissione di Canale 5 “Italiani”. Dal 28 settembre 2003 al 6 gennaio 2004 Debbie ha fatto parte del cast della trasmissione di Giorgio Panariello “Torno sabato… e tre” trasmesso su Raiuno. Di recente Debbie ha anche partecipato al film di Guy Ferland “Dirty Dancing 2: Havana Night”, che uscirà nelle sale americane nel Maggio del 2004.»

L’approccio usato invece da Giampi Tarantini, per accedere ai salotti buoni di Finmeccanica, è noto e resta inconfondibile… Si presenta infatti col solito codazzo di troie, da piazzare nel letto del potente di turno a cui elemosinare favori.
 Il suo aggancio si chiama Salvatore METRANGOLO, consigliere di amministrazione della SEICOS, società che progetta e gestisce reti integrate di comunicazioni, e presidente della SSI (Sistemi Software Integrati). Entrambe società del gruppo Finmeccanica:

«Salvatore Metrangolo, per gli amici Rino. Nato a Guagnano vicino Lecce, commerciante di moto e ciclomotori, “Rino” è non solo procuratore generale della SELEX Service e della SEICOS, ma anche presidente del cda della Space Software Italia, società controllata dalla ELSAG. E’ un fatto che a gennaio 2009 il manager sia stato registrato da una cimice della Guardia di finanza nel privé dell’Hotel De Russie a Roma, mentre insieme a Tarantini, l’amico Enrico Intini, la Cosentino (ex direttore ASL di Bari) e l’imprenditore Cosimo Catalano discute animatamente su un bando da una cinquantina di milioni di euro per alcuni servizi da gestire negli ospedali regionali.»

 Gianluca di Feo ed Emiliano Fittipaldi
L’Espresso (04/06/2010)

Tra i principali referenti politici di Metrangolo, c’è il deputato PdL Alfonso Papa (attualmente ospite delle patrie galere). È un cerchio che non si chiude…

Se il berlusconismo ha un primato, è quello di aver condensato in meno di un ventennio gli scandali e le porcherie (trasmutate in farsa scollacciata) che l’Italia unita non era riuscita a cumulare, nonostante l’impegno, in tutti i suoi 130 anni precedenti la “discesa in campo” dell’Unto..!

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BELLA GENTE

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C’è del marcio in Danimarca
(W.Shakespeare – Amleto: atto I, scena IV)

In termini inversi, c’è da chiedersi se in Italia esista ancora qualcosa di sano…
Se la corruzione è una sciagura antica, senza bandiere di appartenenza, nel cosiddetto Belpaese ha assunto dimensioni tali da diventare strutturale, quale elemento endogeno nel carattere identitario di un’intera nazione, che ha fatto del malcostume diffuso il proprio tratto distintivo. E, come il vaso di Pandora, non smette di riversare i suoi mali nella sfacciata presunzione di impunità.
È un circolo vizioso, innestato su di un sistema economico già amorale per sua intrinseca natura e per questo più propenso a delinquere. Ciò che stupisce è la ribalta degli stessi personaggi, la riproposizione delle solite facce di sempre, legate con doppio filo ad un passato che non vuole passare, secondo un copione fin troppo noto.

LA ‘FRODE CAROSELLO’
 L’ultima (ma non definitiva) della serie, è l’ennesima truffa finanziaria che ha tra i principali protagonisti due delle principali compagnie di telefonia italiane: FASTWEB e TELECOM Italia tramite la propria controllata SPARKLE.
Sembra che i due colossi delle tlc si fossero specializzati nella compravendita fittizia di servizi telefonici, tramite un’intricata serie di triangolazioni societarie e finte fatturazioni, finalizzata alla creazione di falsi crediti IVA.
Il giochino contabile, conosciuto nell’ambiente come “Frode Carosello”, andava avanti almeno dal 2002 ed ha comportato un danno di 365 milioni di euro, per mancati introiti, alle esangui casse di uno Stato, particolarmente prodigo quando c’è però da favorire i ladroni amici…
Nella sua estensione, la natura della frode è molto più complicata. Tuttavia, una delle varianti più semplici consiste nella vendita di traffico telefonico ad aziende estere in ambito europeo, esenti dal pagamento dell’IVA secondo la normativa comunitaria. Per la transazione internazionale, ci si avvale di intermediari commerciali: sono società di comodo per il transito di capitali, con sede nazionale ed estera (Panama; USA; Svezia).
Le Limited straniere (chiamiamole Beta) acquistano i pacchetti telematici dalle grandi compagnie italiane (Alfa). Questo tipo di transazioni, in quanto esportazioni estere, non sono soggette al pagamento dell’IVA, per mancanza del presupposto territoriale.
A loro volta, le stesse aziende estere rivendono il pacchetto appena acquisito ad una o più società terze (denominate ‘cartiere’), con sede in Italia, che rigirano nuovamente il prodotto alle compagnie originarie (sempre Alfa). Queste ultime versano in anticipo il pagamento dell’IVA sul prodotto riacquistato, direttamente nelle casse della società cartiera. In questo modo, Telecom Sparkle (o chi per lei) vanta un credito d’imposta nei confronti del Fisco italiano; si tratta di un rimborso che può scorporare in fase di bilancio dal resto delle somme da versare all’erario.
La ‘cartiera’ (Gamma) non solo si guarda bene dal versare l’IVA dovuta, ma viene altresì posta in liquidazione (o fallimento) a transazione avvenuta, per rinascere sotto altro nome e pronta a ricominciare il giro, con i suoi flussi di cassa virtuali.
Il cosiddetto mobile phone supply (traffico di schede prepagate; accesso a servizi internet…) è totalmente inesistente, così come è fittizia la compravendita di servizi in realtà mai forniti, tramite le ‘cartiere’ che erogano false fatture, incrementando i rimborsi e creando fondi neri.
È più o meno, quanto avveniva in SPARKLE, sotto la famigerata amministrazione TELECOM di Marco Tronchetti Provera. Grossomodo, sembra sia il caso della FASTWEB guidata da Silvio Scaccia.

Operazione PHUNCARD-BROKER
 Nel 2004, su segnalazione dell’Agenzia delle Entrate di Roma, il Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza avvia una serie di indagini tributarie sui bilanci di TELECOM per sospetta elusione fiscale. I finanzieri scoprono una serie di ingenti movimenti contabili poco chiari, tra intermediari italiani ed esteri, con società finlandesi che fatturano miliardi per gestire traffici telefonici da Parigi a Roma. L’interesse delle Fiamme Gialle si concentra sulla concessione dei ‘servizi’ dial-up (la truffa dei numeri dialer) e, seguendo il groviglio delle società coinvolte, vira rapidamente verso FASTWEB in merito alla commercializzazione delle Phuncards: carte prepagate per l’accesso, tramite un sito internet, a contenuti tutelati dal diritto d’autore (royalties). Salvo scoprire che non esiste alcun sito né diritto tutelato, ma solo una massiccia produzione di fatture false per operazioni mai effettuate.
Al contempo, sempre a Roma, i Carabinieri del ROS indagano su un giro di usura ai danni di un imprenditore locale, taglieggiato da… un ufficiale della Guardia di Finanza del nucleo anti-estorsioni!
“L’11 febbraio 2004 la Procura di Roma chiede ai carabinieri dei Ros di riscontrare le dichiarazioni della denuncia presentata da Vito Tommasino, che accusava il maggiore Luca Berriola di averlo ricattato e di avergli prestato soldi a tassi d’usura incredibili.”
Berriola utilizza l’imprenditore Tommasino, per far rientrare dall’estero 1,5 milioni di euro su un suo conto corrente cifrato panamense e riconducibile alla Broker Management SA, i cui flussi finanziari sono risultati ricollegabili al traffico di carte telefoniche sulle quali stanno già indagando i militari del Nucleo valutario della GdF.
Agli inquirenti non serve molto per capire che le indagini sono strettamente collegate: tanto i militari della Finanza tanto quelli dell’Arma, stanno investigando sulla medesima banda criminale coinvolta in due diverse operazioni di riciclaggio.
Le due indagini vengono quindi riunite e poste sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Roma, fino ai 56 arresti degli ultimi giorni per associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata.

I BRICCONCELLI
A gestire l’immenso giro di denaro sporco è un’agguerrita cricca di riciclatori professionisti, che opera su dozzine di conti correnti. L’intraprendente gruppo traffica in diamanti e beni di lusso; non disdegna di investire i suoi proventi nel mercato delle armi e in forniture militari nel sud-est asiatico. In eccesso di liquidità, effettua compravendite immobiliari e cerca persino una partecipazione in FINMECCANICA. Inoltre, attraverso una galassia di piccole società, offre i propri servizi di intermediazione finanziaria ai manager di Fastweb e Telecom Sparkle.
Nell’organizzazione confluiscono neo-fascisti militanti, vecchi esponenti della Banda della Magliana e capibastone delle ‘ndrine crotonesi.
Ma nel mazzo ci sono pure consulenti finanziari e liberi professionisti, manager in carriera e specialisti in intermediazioni d’affari sui mercati esteri. Ognuno col suo soprannome, come si conviene nel bestiario della mala romana. È divertente notare come uno dei principali broker implicati nel riciclaggio internazionale, Marco Toseroni (detto er Pinocchio), presenti l’attività nel proprio curriculum vitae:

“In 21 investimenti, ho assunto il ruolo di consulente e successivamente di dirigente essendo coinvolto nel processo di selezione delle opportunità di investimento e negoziazione dei deal (operazioni commerciali n.d.r). Ho inoltre svolto attività di consulenza finanziaria e di pianificazione strategica rivolte ad imprese a conduzione familiare in ordine al perfezionamento di acquisizioni, allo sviluppo di canali commerciali all’estero, alla ristrutturazione del business”

Più che un clan mafioso, è un piccolo partito del malaffare organizzato che vanta persino un proprio rappresentante in Senato: Nicola Paolo Di Girolamo. Ma andiamo per ordine…

 Gennaro MOKBEL. È il Mister X di questa sorta di Spectre capitolina. Mokbel, madre napoletana e padre egiziano, 50 anni ben portati, è una vecchia conoscenza della DIGOS romana…
Vecchio fascistone dalle simpatie neo-naziste, in gioventù bazzica gli ambienti eversivi di Terza Posizione, entrando presto nella rete di fiancheggiatori dei NAR. Infatti, nel maggio 1992, viene arrestato durante un blitz dell’UCIGOS insieme ad Antonio D’Inzillo, un latitante che Mokbel nasconde in casa sua, e si becca tre mesi di reclusione. Con gli anni, si dedica al più lucroso traffico di stupefacenti, guadagnandosi a contorno una serie di condanne per ricettazione, detenzione di armi da fuoco, lesioni aggravate, e “usurpazione di titoli”, prima di riciclarsi come imprenditore criminale. Tuttavia, non dimentica i vecchi camerati (Mambro, Fioravanti, Pedretti) ai quali si vanta di pagare le spese legali. Ne parla al telefono con Carmine Fasciani, esponente della criminalità romana, legato ai resti della Banda della Magliana:

“Valerio e Francesca… Dario Pedretti…te li ricordi tutti?… Li ho tirati fuori tutti io …tutti con i soldi mia, lo sai quanto mi so costati Ca’?… un milione e due…un milione e due!”

Un discorso a parte merita Antonio D’Inzillo, giovanissimo killer dei NAR passato alla Banda della Magliana. Per chi ha letto ‘Romanzo Criminale’ di Giancarlo De Cataldo, D’Inzillo è Il Pischello.
A.D’Inzillo, classe 1963, figlio di un noto ginecologo della Capitale, comincia la sua militanza politica nei CLA (Costruiamo l’Azione) d’ispirazione ordinovista.

Il 17/12/1979 a Roma un commando dei NAR uccide il 24enne Antonio Leandri [maggiori dettagli li trovate QUI]. I killer materiali sono Bruno Mariani e Giusva Fioravanti; l’autista alla guida di una Fiat 131 rubata è il 16enne D’Inzillo. Il gruppo di fuoco viene arrestato quasi subito, tranne Fioravanti che riesce a scappare.
Bruno Mariani ha 19 anni, una militanza studentesca in Avangurdia Nazionale ed amicizie con l’ala militare dei CLA, dove conosce D’Inzillo che si unisce alle sue scorribande squadriste. Dopo l’arresto per l’omicidio Leandri, il minorenne D’Inzillo viene condannato in primo grado a 15 anni di reclusione, ma nel marzo 1985 viene scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare.
Il 02/03/1989 viene nuovamente arrestato, insieme a due camerati di TP, presso il deposito bagagli della stazione Tiburtina di Roma, mentre ritira un borsone con le armi dei NAR. Nel gruppetto c’è anche Giorgio De Angelis, attualmente consigliere del sindaco Alemanno.
 In carcere D’Inzillo rimane poco anche stavolta, sempre per decorrenza dei termini di custodia, tuttavia fa in tempo a conoscere Marcello (Marcellone) Colafigli, uno dei boss della Magliana, ed a prendere contatti con l’omonima banda.
Cocainomane abituale, D’Inzillo viene successivamente accusato di aver provocato la morte, durante una lite, di Patrizia Spallone con la quale ha una relazione sentimentale. La ragazza è la nipote del chirurgo di Togliatti.
D’Inzillo fugge in Belgio, ma nel 1991 viene estradato in Italia per traffico di stupefacenti.
Nel 1993, nell’ambito della faida che vede coinvolti vari esponenti della Banda della Magliana, viene incriminato per l’assassinio di Enrico De Pedis, detto Renatino (è il Dandy di ‘Romanzo Criminale’), boss del gruppo dei ‘Testaccini’, ammazzato il 02/02/1990.
A questo punto, D’Inzillo si dà alla latitanza e di lui si perdono (apparentemente) le tracce. 
Ufficiosamente, D’Inzillo si trasferisce in Africa dove fa il mercenario per gruppi paramilitari, che gestisce in proprio ed affitta per servizi particolari in Kenya, Congo, Uganda… in quanto lavora “al servizio di apparati governativi come coordinatore militare di attività segrete, assolutamente illecite, quali la raccolta e il trasporto di legname rubato in territorio sudanese oltre al traffico di particolari risorse minerarie, come l’oro del Congo”. In Uganda si mette sotto la protezione del presidente Museveni, organizza squadre di autodifesa  contro i macellai dell’LRA, e si dedica al lucroso traffico internazionale di diamanti, che (guarda caso) costituiscono una voce importante negli investimenti di Gennaro Mokbel, che sembra procurarsi la materia prima con estrema facilità tramite dei canali privilegiati…
Rintracciato dalla magistratura italiana, nel 2008 D’Inzillo muore. Una scomparsa provvidenziale che però non produce cadaveri, visto che il corpo è stato cremato e, al di fuori del certificato, nulla attesta il decesso. Incredibilmente, la notizia la trovate QUI.

 Fabrizio RUBINI. Già rinviato a giudizio per omicidio aggravato  (QUI), è un nome noto alla Polizia: “nel 2005 è finito in carcere a Regina Coeli, accusato di aver ucciso il rivale in amore, un geometra di Ostia. Nonostante l’accusa grave e le intercettazioni che inchiodavano lui e l’amante, Rubini è stato scarcerato nel 2006. Sembra si sia rimesso subito in affari. Rubini, commercialista noto della Capitale, è stato socio con Di Girolamo in varie società (Wbc srl; Emmemarine srl; Progetto Ristorazione), ma secondo gli inquirenti ora mira in alto: sarebbe lui l’intestatario di un conto a San Marino dove vengono accreditati milioni di euro, soldi che la banda mandava dalle società di vari paradisi fiscali” (fonte La Repubblica).

 Paolo COLOSIMO. Avvocato vicino agli ambienti neo-fascisti della Capitale, è il difensore di Niccolò Accame, ex portavoce di Francesco Storace, nel processo Lazio-gate. È anche l’ex legale dell’immobiliarista Danilo Coppola: uno dei Furbetti del Quartierino. Coppola è indagato dalla Procura di Roma per sospette operazioni di reciclaggio per conto di Enrico Nicoletti, il cassiere della ‘Banda della Magliana’, Aldo De Benedittis ed i fratelli Ascenzi, a loro volta legati ad Enrico Terribile e tutti cresciuti sotto l’ombra protettiva della Bandaccia.
Nel maggio 2007, l’avv. Colosimo viene arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta ed intestazione fittizia di beni, in seguito al crack del gruppo Coppola, quindi posto agli arresti domiciliari. Tra l’altro, l’avvocato aveva già all’attivo una condanna per porto abusivo di armi da sparo.
Ma Paolo Colosimo è anche il difensore di fiducia di Giuseppe Arena, affiliato all’omonima cosca calabrese, operante nella provincia di Crotone…

 Franco PUGLIESE. 53 anni, è stato condannato in via definitiva per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, violazione di sigilli, abusivismo edilizio, ricettazione, estorsione ed usura.
Nel maggio del 1997 il Tribunale di Crotone confisca a Pugliese beni per un valore di 12 miliardi di lire. Al presunto boss, in quell’occasione, fu applicata la sorveglianza speciale per tre anni.
Inoltre, Franco Pugliese è strettamente legato alla famiglia mafiosa degli Arena,
“in considerazione del fatto che la figlia Mery è la compagna del latitante Fabrizio Arena (il cui padre, Carmine, uno degli esponenti storici dell’omonima cosca di Isola Capo Rizzuto risulta ucciso in un eclatante agguato mafioso nel 2004, mediante l’esplosione di un colpo di bazooka) e la sorella PUGLIESE Vittoria risulta sposata con Nicoscia Pasquale, già inserito nell’omonima cosca e assassinato in data 11/12/04.” (Tribunale di Roma, 23/02/2010)

Roberto MACORI. Già condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale, è l’inviato speciale di Mokbel nei rapporti di collaborazione con i calabresi.

Nicola DI GIROLAMO È il pezzo pregiato della collezione Mokbel: l’utile idiota posto a rappresentare gli interessi della banda in Parlamento, con la gentile collaborazione della ‘Ndrangheta calabrese.
Romano, avvocato, imprenditore, il 50enne Di Girolamo cura il giro di intermediazioni societarie per conto di Mokbel, si preoccupa di reinvestire i capitali illeciti e dell’esportazione di valuta all’estero (Panama e Hong Kong). Soprattutto, è coinvolto nelle intestazioni fittizie di beni e nel riciclaggio internazionale, con l’aggravante di rivestire il ruolo di promotore ed organizzazione dell’associazione a delinquere, secondo quanto riportato dai magistrati.
Vuoi perché Di Girolamo abbia ambizioni politiche… Vuoi perché Mokbel ritenga la rappresentanza parlamentare utile alla causa… Com’è, come non è, ad un certo punto la banda decide di candidare Di Girolamo alle elezioni.

BIRBANTELLI IN PARLAMENTO
Nel 2007 anche Gennaro Mokbel aveva tentato la via politica aderendo ad “Alleanza Federalista”, un movimento nato nell’ottobre 2003 come costola romana della LEGA NORD. Dopo aver assunto la carica di ‘segretario regionale’, Mokbel distribuisce le cariche tra moglie e parentado associato.

“Nell’ottobre 2007, a seguito dei contrasti con i vertici di Alleanza Federalista accusati di immobilismo ma soprattutto di non coinvolgere MOKBEL Gennaro nella condivisione/scelta delle strategie politiche, maturerà la decisione di costituire un autonomo gruppo politico a cui veniva dato il nome di Partito Federalista Italiano. Partito attraverso cui venivano avviati una serie di contatti con esponenti politici di primo piano, che culmineranno nella candidatura alle elezioni politiche del 13 e 14 Aprile 2008 di DI GIROLAMO Nicola, quale candidato al Senato.”

 (Atti dell’inchiesta)

È Mokbel che pensa a tutto: soldi, finanziamenti, appoggi politici, alleanze, strategie… Tanto che l’avv. Di Girolamo sembra quasi disinteressarsi alla sua campagna elettorale. E mal gliene incolse!
Le intercettazione telefoniche la dicono lunga su quale fosse la reale stima del suo capo e la considerazione di cui gode Di Girolamo nel resto del gruppo:

“Hai sbagliato però… a Nicò… ma tu ma dove cazzo… che me stai a pija per culo?!? A Nicò guarda che io… ti do una capocciata eh… Nicò?!? (…) Io me altero che tu me prendi per il culo… Io te indico come segretario politico… che so due giorni che me dice c’abbiamo una serie di incontri… col sindaco de Marino, con tutta gente… e tu non m’hai… non mi hai mai fatto una telefonata! Nicola io non so se tu sei capace a comportarte o sei non sei capace a fare delle cose. Tutti gli altri esistono per darte ‘na mano a farle ‘ste cose, non per essere trattati con sufficienza, con menefreghismo, con superficialità… Nicò, non stai facendo un cazzo, perdendoti nelle tue elucubrazioni, ti ho avvisato la prima, ti ho avvisato la seconda, e ti ho avvisato la terza volta… qui si tratta che tu stai sulla luna (…) e rimani ne a luna… perché io appresso a un coglione come te nun me ce ammazzo… Nicò… hai capito?!? Non ce perdo tempo, non ce perdo più soldi! Ti ho continuato a dire: tocca fare questo, tocca fare quello, tocca fare quest’altro… tu fai solo una confusione inutile, giri su te stesso, fai rodere il culo a tutti quanti… poi siccome non te dicono un cazzo a te, vengono da me… oh che dovemo fa?!? L’incontro tocca farlo, st’altra cosa tocca farla… e a un certo punto me so rotto i coglioni, capito caro Nicola?  Vai a fare il senatore, prendi i tuoi sette mila euro al mese, vattene affanculo a me non me rompe li coglioni sennò te metto le mani addosso!”

Vista la caratura del candidato, per la bisogna, Gennaro Mokbel si appoggia alla comprovata esperienza delle cosche calabre nel reperimento voti. E qui entra in gioco Franco Pugliese, che si accolla il disturbo in cambio del pagamento delle spese e di un prestanome a cui intestare uno yacht appena acquistato. Roberto Macori (l’uomo di Mokbel) e  Giovanni GABRIELE (il referente della cosca) volano subito in Germania, nella zona di Stoccarda, dove iniziano a rastrellare voti tra gli immigrati calabresi, procacciandosi schede elettorali in bianco da falsificare.
Di Girolamo viene eletto nelle liste PDL per la circoscrizione estera – collegio Europa e diventa senatore della Repubblica con 22.875 voti validi. Il 29/12/08 il sen. Sergio De Gregorio (Pdl) annuncia la nomina di Nicola Di Girolamo a vicepresidente della sedicente fondazione “Italiani nel mondo”. Diventa membro della III° Commissione Affari Esteri del Senato ed entra a far parte anche del Comitato per le questioni degli Italiani all’estero.
Tuttavia, a scanso di equivoci, subito dopo l’elezione Mokbel ricorda al neo-eletto senatore chi è che comanda davvero:

“Da ‘sto momento la vita tua è questa: senato, viale Parioli, viale Parioli, senato e a casa. Poi da viale Parioli si decide co’ chi devi sta a pranzo, con chi devi sta a cena, che devi incontra… chi dobbiamo vede’, i viaggi che se demo fa… Se lo capisci, bene! Sennò vattene per i cazzi tua, prendi un milione e cento e va a… Mettemo un altro… non c’ho tempo da perde”

E non perde occasione per ribadire il concetto al povero senatore pezza da piedi che, tra minacce e umiliazioni, fa quasi pena:

“Mò ricordati che devi paga’ tutte le cambiali che so state aperte e in più devi paga’ lo scotto sulla tua vita, Nicò perché tu una vita non ce l’avrai più.. ricordati che dovrai fare tutte le tue segreterie, tutta la gente sul territorio, chi te segue le Commissioni, il porta borse, l’addetto stampa, il cazzo che se ne frega… ma come ti funziona ‘sto cervello Nicò?”

Pare infatti che Di Girolamo non sia stato poi un grande investimento politico… Preoccupato di cancellare le tracce che possano collegarlo alla sua passata attività di riciclatore, fa casino sui vecchi c/c e sull’allineamento dei ‘poteri di firma’. Soprattutto, prende iniziative autonome dal resto della banda e pasticcia con gli svizzeri della Egobank di Lugano. Il senatore infatti è preoccupato di finire come Coppola e Fiorani.
Di errore in errore, Di Girolamo continua a suscitare le ire del ras della Camilluccia, che non lesina complimenti alla sua creatura malriuscita:

MOKBEL: «Se t’è venuta la “candidite”, se t’è venuta la “senatorite” è un problema tuo, però stai attento che ultimamente te ne sei uscito 3-4 volte che io sò stato zitto, ma oggi mi hai riempito proprio le palle Nicò, capito?!? Se poi dopo te e metto tutte in fila e cose… abbozzo du volte… tre volte…»
DI GIROLAMO: «Comunque, guarda, mi dispiace…»
MOKBEL: «Devo aprì bocca Nicò? devo aprì a bocca mia? Io quando apro a bocca faccio male, a secondo del male che si fa, Nicò, hai capito? Vuoi che parlo io?
(…) Non me ne frega un cazzo, a me di quello che dici tu, per me Nicò puoi diventà pure presidente della Repubblica, per me sei sempre il portiere mio, cioè nel mio cranio sei sempre il portiere, non nel senso che tu sei uno schiavo mio, per me conti come il portiere, capito Nicò? Ricordati che io per le sfumature mi faccio ammazzà e faccio del male!»

In un’ampia scelta di casistiche, il senatore Di Girolamo può scegliere se essere lo schiavo, il portiere, o il pupazzo di Mokbel:

“lui è legato a me non da filo doppio, ma da cento fili… senza de me è finito, non può far nient’altro”

Tuttavia, non tutte le ciambelle riescono col buco…
Già alla vigilia della sua elezione a senatore, Di Girolamo viene sospettato di aver falsificato la sua residenza all’estero. Il Tribunale di Roma ne chiede l’arresto per attentato ai diritti politici, falso ideologico, false dichiarazioni, e falsificazione di atti pubblici.
 Settembre 2008; il Senato non concede l’autorizzazione a procedere l’arresto contro Di Girolamo e rinvia l’ipotesi di decadenza dal seggio senatorio alla Giunta delle Elezioni per il Senato.
 20 ottobre 2008; la Giunta delle Elezioni ordina l’annullamento della nomina, ma la decisione viene sospesa per l’intervento dal senatore Andrea Augello (Pdl), ventriloquo di Alemanno a Roma.
 29 Gennaio 2009; il Senato rimette la decadenza Di Girolamo come senatore, alla futura sentenza penale.
 Febbraio 2009. Si sveglia il ferale presidente del Senato, Renato Schifani, che promette tempi certi per la rimozione dell’imbarazzante senatore, avvertendo fortemente l’esigenza di eiattare il degno prodotto del ‘popolo delle libertà’…

“Sei una grandissima testa di cazzo… Nicò sei proprio sballato. Sei una grande delusione, lo sai Nicò?” 

(Gennaro Mokbel)

CAMERATA ANDRINI, PRESENTE!!
 Stando alle amabili definizioni del gran capo, se Di Girolamo è un “coglione” è pur vero che questi vanno sempre abbinati in coppia…
Che cosa è successo? Per essere candidati nella Circoscrizione Europa, bisogna innanzitutto risiedere all’estero. E non è il caso dello strapazzato Di Girolamo.
A falsificare i certificati di residenza, ci pensa un altro fenomeno da baraccone pescato tra i protetti di Gianni Alemanno. Si tratta dell’ormai famoso Stefano Andrini: un personaggio dagli interessanti contatti…
Andrini infatti conosce bene l’ambasciatore italiano in Belgio, Sandro Maria Siggia. Inoltre, entra in contatto con Aldo Mattiussi, un funzionario del Consolato italiano a Bruxelles, che provvede a certificare la falsa residenza dell’avv. Di Girolamo nella capitale belga.
Stefano Andrini si preoccupa pure di scegliere l’alloggio per l’aspirante senatore e non ha niente di meglio che indicare, nell’attestazione di residenza, un trilocale in uso a studenti fuori sede…
Andrini ha un amico suo pugliese che è “borsista” (mò si chiamano così) presso il Parlamento Europeo. Il borsista ha un appartamento in locazione, che sub-affitta ad altri ragazzi per pagarsi le spese. E si offre di ospitare pure Di Girolamo.
Persino gli inquirenti non resistono dall’ironizzare sulla brillante sistemazione offerta da Andrini:

«Ed è questa sistemazione che viene scelta a Bruxelles come “residenza” del futuro senatore della Repubblica. Si tratta di un appartamento evidentemente inidoneo, costituito da un salone, due stanze e servizi, in cui il professionista romano, avv. Di Girolamo Nicola Paolo, avrebbe dovuto risiedere dormendo sul divano-letto della sala, poiché le due camere erano già occupate da altri ragazzi»

Poi, come al solito, Di Girolamo ci mette del suo e sbaglia a trascrivere l’indirizzo, fino all’epilogo di questi giorni.
Alla luce dei fatti, visto l’enorme potere che la categoria ingiustamente sottovalutata può acquisire ed esercitare, la domanda nasce spontanea: quanto può essere pericoloso un coglione?

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