La Democrazia, ancorché imperfetta, è una cosa maledettamente complicata… Se non fosse per i partiti politici, per le inutili pastoie burocratiche dei regolamenti parlamentari, per i vuoti formalismi costituzionali, per i vincoli rappresentativi che impediscono ai “cittadini” di partecipare direttamente alle gestione della cosa pubblica, la democrazia funzionerebbe benissimo e senza intoppi. Perché dunque tergiversare in inutili discussioni, nel confronto di opinioni differenti (e quindi nella mediazione di soluzioni condivise), nella cacofonia critica di più voci divergenti, quando un unico “Capo politico” può parlare a nome di tutti, in un eterno monologo da comizio, senza dover rispondere a domande maliziose o tediose confutazioni? Si chiamerebbe “dialettica” ed è alla base del pensiero critico, come della logica razionale, ma perché mai bisognerebbe disquisire su ciò che si può rapidamente liquidare con un vaffanculo? Sono problemi ben noti fin dai tempi più antichi, ai quali molti “capi” dalla visione lungimirante hanno cercato (spesso con successo) di porre rimedio… Non per niente, per appianare le divisioni che avevano dilaniato la Respublica romana, il saggio Ottaviano divenuto ‘Augusto’ si preoccupò subito di abolirecollegia e sodalicia che tante noie rischiavano di dare alla libera partecipazione democratica dei cives. D’altronde, come ci insegnano altre fortunate esperienze in tempi più recenti, piene responsabilità richiedono pieni poteri, poiché:
“Senza i pieni poteri voi sapete benissimo che non si farebbe una lira – dico una lira – di economia. Con ciò non intendiamo escludere la possibilità di volonterose collaborazioni che accetteremo cordialmente, partano esse da deputati, da senatori o da singoli cittadini competenti. Abbiamo ognuno di noi il senso religioso del nostro difficile compito.”
Benito Mussolini (16/11/1922)
Purtroppo, immemori delle lezioni del passato, a tutt’oggi esistono i ‘Politici’.. il ‘Palazzo’.. la ‘Casta’.. E soprattutto ci sono i ‘giornalisti’, che nel migliore dei casi non comprendono il “cambiamento” in corso, perché sono venduti per definizione, specialmente se si tratta di precari da 5 euro al pezzo. Peggio ancora, sono in malafede e quindi inaffidabili per antonomasia.
«Dopo diversi problemi sorti in proposito intensificheremo la presenza del gruppo comunicazione in Transatlantico e nell’atrio del Palazzo. Non per un’esigenza di controllo, ma a garanzia dei deputati. Invitiamo tutti, poi, a rilasciare le interviste nella stanza grande del gruppo comunicazione, dopo essersi messi in contatto con uno dei componenti. Oltre l’aspetto psicologico del “giocare in casa”, sarà possibile registrare le interviste per ovviare così ai tanti problemi sorti in merito. Invitiamo tutti a declinare le richieste dei giornalisti che si sono già dimostrati inaffidabili se non, addirittura, in malafede.»
Lo “STAFF” del M5S (22/05/13)
Fortunatamente, ci sono anche i giornalisti seri, che pongono le domande giuste (o non le pongono affatto a chi di dovere), dalla schiena dritta e l’intransigenza senza sconti… Nel mondo in bianco e nero degli ensiferi, rigidamente diviso in buoni e cattivi, dannati e salvati, pessimi giornalisti sono sicuramente l’ingrata (?) Milena Gabanelli e, su tutt’altro versante, Pierluigi Battista per un suo editoriale sul Corsera, dal titolo sarcasticamente eloquente su prassi e teoria dei 5 Stelle: “La nebbia dietro la liturgia dello scontrino”, in cui pone degli interrogativi legittimi su limiti evidenti. Nei confronti del vecchio Pigi, noi abbiamo sempre nutrito una cordiale e ben radicata antipatia, che peraltro non ci ha impedito in tutti questi anni di ignorare bellamente i suoi articoli sul Corriere della Sera, previa lettura, senza mai farci rovinare la giornata… Oscar Wilde, in uno dei suoi più celebri aforismi, sosteneva come le domande non fossero mai indiscrete e come, al contrario, potevano esserlo le risposte. Nella democrazia diretta dei pentastellati le domande non gradite espongono invece al delitto di lesa maestà, mentre la testa di questo innocuo Battista viene esposta simbolicamente su un vassoio, in una danza sguaiata tra i cachinni degli ensiferi in crisi di nervi:
«Come si può in questo Paese davvero credere nella professionalità e nell’imparzialità dei giornalisti se a due giorni dalle elezioni un noto editorialista del Corriere della Sera, Pierluigi Battista, scrive menzogne sapendo probabilmente di mentire. Sostiene ad esempio che il M5S si sia interessato solo alla rendicontazione e non abbia fatto nulla sui temi della sua campagna elettorale: Reddito di cittadinanza, Imu, Irap ed Equitalia. Elenchiamo qui di seguito alcune delle cose fatte dai deputati e senatori M5S, solo per dimostrare, prove alla mano, come da parte di una certa stampa vi sia malafede e servilismo verso il Potere Unico. E laddove non si trattasse di malafede, allora è incompetenza o ignoranza. Siamo stufi di giornalisti che invece di fare un lavoro certamente più difficile e faticoso, quello di verificare con attenzione e in dettaglio se quel che scrivono corrisponda alla verità, pensano solo a dare notizie superficiali, concentrandosi su casi creati ad arte per avere la scusa di non parlare dei fatti concreti sottostanti. Se i politici, in passato, hanno potuto causare il disastro che ora è sotto gli occhi di tutti è anche grazie a una stampa disattenta, superficiale o forse venduta.»
E’ quanto si può leggere nel comunicato congiunto del gruppo M5S di Camera e Senato, con lo stile piccato di chi, evidentemente avvezzo all’invettiva revanchista, trova difficile scendere nel merito delle questioni sollevate, rispondendo alla critica con l’insulto generalizzato. Come da manuale. Per questi strani alfieri della democrazia diretta resta assai difficile comprendere che in una qualunque democrazia (se davvero vuole dirsi tale) l’esistenza del dissenso è imprescindibile, insieme alla fastidiosa presenza di chi proprio si ostina a pensarla diversamente da te. D’altro canto, perché intorbidare le acque quando tutto dovrebbe funzionare come un’orchestra armoniosa, volta all’esaltazione dell’unità pur nella diversità di una confraternita guerriera, coesa nell’ubbidienza al Capo politico che si sente in guerra? Nella democrazia 2.0 del Regno di Gaia, prossimo venturo, non c’è spazio per le divergenze e meno che mai per le domande, che vanno filtrate, controllate, sterilizzate, per ritagliare delle non-risposte proporzionate alla caratura intellettuale di ubbidienti soldatini in plastilina, dove l’azione è rimessa al 100% dei suffragi ed il consenso deve essere totale. Quando la RiVoluzione trionferà, i media cesseranno di essere tendenziosi e inaffidabili, ergendosi a testimonianza di indipendenza ritrovata e conquistata libertà:
«In un regime totalitario, come dev’essere necessariamente un regime sorto da una rivoluzione trionfante, la stampa è un elemento di questo regime, una forza al servizio di questo regime; in un regime unitario, la stampa non può essere estranea a questa unità. […] La stampa più libera del mondo intero è la stampa italiana. Altrove i giornali sono agli ordini di gruppi plutocratici, di partiti, di individui; altrove sono ridotti al compito gramo della compravendita di notizie eccitanti, la cui lettura reiterata finisce per determinare nel pubblico una specie di stupefatta saturazione, con sintomi di atonia e di imbecillità; altrove i giornali sono ormai raggruppati nelle mani di pochissimi individui, che considerano il giornale come un’industria vera e propria, tale e quale come l’industria del ferro e del cuoio. Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime; è libero perché, nell’ambito delle leggi del regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione. […] Dato il “la”, c’è la diversità che si evita la cacofonia e si fa prorompere invece la piena e divina armonia; oltre agli strumenti, c’è poi la diversità dei temperamenti e degli artisti; diversità necessaria, poiché si aggiunge, elemento imponderabile ma vitale, a rendere sempre più perfetta l’esecuzione. Ogni giornale deve diventare uno strumento definitivo, cioè individualizzato, cioè riconoscibile nella grande orchestra. I classici archi non escludono, nelle moderne orchestre… […] Ciò precisato, la stampa nazionale, regionale e provinciale serve il regime illustrandone l’opera quotidiana, creando e mantenendo un ambiente di consenso intorno a quest’opera. È grande ventura per voi di vivere in questo primo straordinario quarto di secolo: è grande ventura per voi di poter seguire la Rivoluzione fascista nelle sue progredienti tappe. Il destino è stato particolarmente benigno con voi, cui ha concesso di essere giornalisti durante una guerra e durante una rivoluzione, eventi entrambi rari e memorabili nella storia delle Nazioni. […] Mi auguro che, quando vi convocherò nuovamente, io sia in grado di constatare che avete sempre più fermamente e fieramente servito la causa della Rivoluzione. Con questa speranza, accogliete il mio cordiale saluto, nel quale v’è una punta di ricordi e di nostalgie.»
Benito Mussolini “Scritti e discorsi” (1927-1928) Vol. VI; pagg. 250-251
Sono le parole illuminate che il capo politico del fascismo pronunciò in una conferenza a Palazzo Chigi, il 10/10/1928, dinanzi ad una settantina di direttori editoriali per spiegare loro quale fosse la vera missione del giornalismo.
«Ho sempre saputo che in questo paese è pericoloso avere delle opinioni. Un pericolo sottile ma controllabile... Almeno fin quando non ci inciampi»
(Alack Sinner)
LIBERTHALIA – Libera Commedia nella colonia corsara
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«…conto su pochi lettori e ambisco a poche approvazioni. Se questi pensieri non piaceranno a nessuno, non potranno che essere cattivi, ma se dovessero piacere a tutti li considererei detestabili…»
I commenti sono liberi, ma voi non ve ne approfittate o verrete trattati di conseguenza. E senza troppi complimenti.
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«Essere vivo, interessato, vedere le cose, vedere l’uomo, ascoltare l’uomo, immedesimarsi nel prossimo, sentire sé stessi, rendere la vita interessante, fare della vita qualcosa di bello e non di noioso.»
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“Il coraggio di essere”
«Il bene di un libro sta nell’essere letto. Un libro è fatto di segni che parlano di altri segni, i quali a loro volta parlano delle cose. Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«I libri non sono fatti per crederci, ma per essere sottoposti a indagine. Di fronte ad un libro non dobbiamo chiederci cosa dica ma cosa vuole dire»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«Riempi i loro crani di dati non combustibili, imbottiscili di “fatti” al punto che non si possano più muovere tanto sono pieni, ma sicuri di essere “veramente bene informati”. Dopo di che avranno la certezza di pensare, la sensazione di movimento, quando in realtà son fermi come un macigno. E saranno felici, perché fatti di questo genere sono sempre gli stessi. Non dar loro niente di scivoloso e ambiguo come la filosofia o la sociologia affinché possano pescare con questi ami fatti ch’è meglio restino dove si trovano. Con ami simili, pescheranno la malinconia e la tristezza»
(R.Bradbury – “Fahrenheit 451”)
«Nel sogno c’è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch’è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare»
(D.Buzzati – “Il Deserto dei Tartari”)
«Un sogno è una scrittura, e molte scritture non sono altro che sogni…»
(U.Eco – “Il Nome della Rosa”)
«…Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio»
(J.L.Borges)
“Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni manutengoli.”
(A.Gramsci - 'Lettere dal carcere')
“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza, se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io considero degno di ogni più scandalosa ricerca”
(P.P.Pasolini)
“Nulla potrebbe essere più irragionevole che dare potere al popolo, privandolo tuttavia dell’informazione senza la quale si commettono gli abusi di potere. Un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura l’informazione. Un governo popolare, quando il popolo non sia informato o non disponga dei mezzi per acquisire informazioni, può essere solo il preludio a una farsa o a una tragedia, e forse a entrambe”
(J. MADISON - 4 Agosto 1822. Lettera a W.T. Barry)
“Un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema. Perché ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo; una stampa onesta è lo strumento efficace di un simile appello.”
(Joseph Pulitzer)
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