
“Il porcile riguardava tutti”
(Carlo Taormina – 18/09/2012)
C’è qualcosa di primitivo nelle fameliche orde di “burini” calati sulla ghiotta greppia romana, incistandosi sul fascismo pariolino della Roma borghese, e sullo squadrismo convertito agli intrallazzi affaristici dei giovani rampolli di borgata, portando in dote una fame atavica e primordiale.
Più che una “casta” di potere e di affari, sembra un’armata di straccioni ripuliti… È incredibile come, fuor di metafora, la loro azione si esplichi in un gigantesco assalto al buffet, con le abbuffate a sbafo di un’orda di arraffoni e scrocconi che ha fatto del “magnare” una prassi sfacciata di sub-governo.
E, mentre nel consiglio regionale del Lazio si consuma l’ennesimo psicodramma collettivo, con la camionista parcheggiata alla Regione che un giorno minaccia le dimissioni e l’indomani le rinvia, tra ex forza-italioti ed ex missini si è scatenata una faida tutta interna al Partito dei Ladri, con lancio di stracci e mutande sporche, rinfacciandosi le reciproche ruberie.
È l’orrido derby della destra laziale: Ciociaria vs Tuscia. Da una parte, i fascisti ciociari facenti capo a Gianni Alemanno (il podestà barese della Capitale) e alla sua cricca; dall’altra, i viterbesi sotto la protezione di Antonio Tajani (il vuoto cosmico in transito alla UE). Si attende con ansia l’intervento dei cugini poveri della Sabina.
Oggetto del contendere: la spartizione dei fondi regionali per le spese di partito.

Si tratta dei 15 milioni di euro che la giunta regionale del Lazio elargisce graziosamente ai 17 e passa gruppi consiliari, per le spesucce straordinarie dei consiglieri a finanziamento di indefinite “attività sul territorio”, che di solito consistono in grasse cene più o meno ‘elettorali’.
Peccato che gli eletti del popolo supino siano spesso incapaci di distinguere la differenza tra la promozione politica e l’utilizzo privatissimo dei fondi pubblici, che infatti vengono impiegati ad uso personale per le spese più svariate…
A gestire i fondi per conto del PdL, in qualità di capogruppo e tesoriere, era fino a poco tempo fa Franco Fiorito, detto Batman in virtù di una sua acrobatica caduta da una moto ferma. L’onesto Francone, dalla Ciociaria con fetore, proviene da un territorio storicamente famoso per i suoi briganti, per gli irriducibili nostalgici mussoliniani e per le clientele andreottiane. Uomo legato alla tradizione, sembra cogliere l’eredità realizzando una sintesi perfetta di sì fulgidi esempi…
A chi ancora crede che l’età anagrafica faccia la differenza, il 41enne federale abborracciato è un ex galoppino miracolato dalla politica per professione. Reclutato giovanissimo nelle fila del MSI, transita in AN e poi nel PdL per annessione. Si definisce “futurista”: la mistificazione lessicale dietro la quale si nasconde ogni fascista verace. Indimenticato sindaco di Anagni, si dedica alle celebrazioni littorie con commemorazioni della marcia su Roma ed altri commossi omaggi al duce buonanima. Infine, catapultato in Regione, gestisce i fondi che il presidente del consiglio, Mario Abbruzzese (ciociaro pure lui), gli mette in mano per conto del PdL, come fossero una cosa propria.
Infatti,
«Non esiste l’obbligo di pubblicare i bilanci dei gruppi consiliari del Lazio. I rendiconti sono approvati da un Comitato di controllo contabile che è presieduto da un consigliere del Partito Democratico che – ops! – non si è mai accorto di nulla. Poi vengono consegnati al presidente del Consiglio regionale, che si chiama Mario Abbruzzese e sua volta mantiene 18 collaboratori e spende 3,4 milioni per il personale, 8 milioni per consulenze, ha avuto una dotazione di un milione e mezzo di euro sia nel 2010 e sia nel 2011 e guadagna 23mila euro al mese, vale a dire più del presidente Obama. Il consiglio regionale del Lazio ha speso per “manutenzione e messa a norma degli immobili” trenta milioni di euro negli ultimi tre anni e quest’anno ne aveva in previsione altri dieci, bloccati dopo le denunzie alla magistratura dei due consiglieri radicali, Rocco Berardo e Giovanni Rossodivita. Ecco perché il sulfureo Fiorito dice: “me sento preso per culo”. Cresciuto a gassose e rosette e vendicato dal mollusco si considera il più onesto dei disonesti, e perciò il solo che andrà in galera.»
Il bravo Francone non si smentisce ed usa i soldi pubblici per pagarsi le vacanze in Sardegna ed i cenoni al ristorante, regalandosi auto (BMW.. Smart) e moto di grossa cilindrata. Grazie ad una gestione oculata, ciccio-Fiorito riesce a mettere insieme un discreto tesoretto, certamente frutto dei sudati risparmi a fronte di una indefessa attività politica, che utilizza per incrementare un cospicuo patrimonio immobiliare. Per esempio, nel Novembre 2011 acquista un villone abusivo, in piena riserva naturale del Parco del Circeo, sborsando 800.000 euro in contanti. Ma le transumanze elettorali di Francone possono contare sulla logistica di 8 fabbricati e 5 terreni in quel di Anagni, più un altra casa con relativo terreno a Piglio, mentre a Roma vanta la disponibilità di almeno un paio di appartamenti.
In meno di due anni, dirotta sui suoi conti personali qualcosa come 750.000 euro, ad integrazione del magro stipendio da consigliere (solo 18.000 euro mensili), con almeno 109 bonifici sospetti e sempre dello stesso importo (4.190 euro e 8.380 euro), svuotando le casse del partito. E siccome è un altro che crede nel valore della famiglia, intesta i conti a tutto il parentado, tanto per non far torti a nessuno: mamma, papà e fratello.
Del resto Francone è uno dei tanti furbi dei quali l’Italia abbonda… Non per niente, come ci tiene a precisare mamma Anna: “a tre anni leggeva già Topolino” (!!) C’è da chiedersi se non si sia ispirato alla Banda Bassotti.
A sollevare il coperchio sull’allegra gestione finanziaria del Batman della Ciociaria, è il nuovo (e già dimissionario) presidente dei consiglieri regionali del PdL, tal Franco Battistoni da Montefiascone, in un insolito zelo legalitario. E infatti i vertici del partito hanno preteso le dimissioni di Battistoni più ancora di quelle di Fiorito, strenuamente difeso dalle centurie romane, tanto grande è stato lo choc per l’improvvisa ventata di legalità.
Colto in fallo a gozzovigliare nelle basse cucine della politica assistita, l’austero Francone ha subito adottato la linea vincente e di successo, inaugurata a suo tempo dal fu ministro Claudio Scajola (il Velociraptor del nucleare): i soldi gli venivano stornati sul conto “a sua insaputa” da maliziose manine amiche. Mal consigliato, ha affidato la sua difesa all’avv. Carlo Taormina, specialista in
cause perse, ma profumatamente pagate e ben pubblicizzate, secondo una collaudata linea difensiva: “così fan tutti”. Convinto che la miglior strategia sia l’attacco, invece di spiegare gli ammanchi di cassa si è messo ad attaccare tutto e tutti, concentrando i colpi (bassi) contro i propri rivali di partito, facenti capo alla corrente viterbese di Tajani.
Tra le spese incongrue denunciate da Francone, novello castigatore, ci sono i gadget ed i piccoli sfizi di consiglieri a corto di liquidità: dall’acquisto di bottiglie di champagne alle cene luculliane nei migliori locali della Capitale; dalle immancabili cravatte Marinella ai soggiorni “per due” in resort extra-lusso… tutto rigorosamente a carico delle pubbliche casse della munifica regione Lazio.
In piccolo, sembra infatti che tutti vogliano emulare le gesta del Papi della Patria, elevato ad insuperabile modello, insieme alle varianti porcine delle “serate eleganti” e delle ineguagliabili “gare di burlesque” alle quali il Pornomane ci ha abituato negli anni scoperecci del bunga-bunga…
Tra i fondamentali preventivi di spesa del partito sembrano esserci la richiesta di 48.000 euro per il “noleggio del set di Roma antica e del teatro 10 di Cinecittà“, da parte del vicecapogruppo del Pdl, Carlo De Romanis, per celebrare alla grande il Natale di Roma: “una straordinaria occasione per rivivere il passato”, in concomitanza col “grande evento storico” .
Carlo De Romanis, classe 1980, è uno dei protege di Antonio Tajani, che se l’è portato dietro fino a Bruxelles. Prontamente sistemato alla regione nel 2010, De Romanis (er Pupone) è nell’ordine:
– Vicepresidente Commissione Affari comunitari e internazionali;
– Vicepresidente Commissione Speciale Federalismo fiscale e Roma capitale;
Non contento, ed evidentemente munito del dono dell’ubiquità, è membro delle più svariate commissioni, percependo relativi emolumenti e indennità aggiuntive:
– Risorse umane;
– Demanio;
– Patrimonio;
– Affari istituzionali;
– Enti locali;
– Tutela dei consumatori e semplificazione amministrativa;
– Commissione speciale Sicurezza e Prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro.

Per festeggiare l’insperata cuccagna in concomitanza del suo insediamento regionale, il fantasioso Carletto non trova di meglio che organizzare una “festa carinissima”, all’insegna della sobrietà che il ruolo istituzionale ed i tempi austeri richiedono…
Bambinone mai cresciuto, il suo ideale è il toga-party.
Il 10/09/2010, l’on. De Romanis organizza al Foro Italico (già Foro Mussolini) una sobria festicciola in costume per il suo ritorno a Roma; titolo della celebrazione: “Olympus – Ulisse torna a casa e sfida i nemici”; al modico costo di 20.000 euro che invano Carletto ha tentato di accollare al partito.
Alla festa esclusiva, solo su invito personalizzato, che più che altro assomiglia ad un baccanale, partecipa anche la governatora Renata Polverini.
È sconsolante notare come nella destra di greppia e di governo trapiantata nelle stanza del potere capitolino, non si riesca ad andare oltre i clichè dell’antico minchione romano, delle patetiche carnevalate con elmi di cartapesta e sandaloni ai piedi, in una sagra pecoreccia e scollacciata che è quanto di meglio i rampolli del post-fascismo sdoganato sembrano in grado di produrre, quando non brandiscono il manganello o si fanno tatuare farseschi legionari sui bicipidi anabolizzati.
Convertiti ad una insospettabile morigeratezza, i Fioriti ciociari gli rimproverano il festino orgiastico “con donne semisvestite”; oppure tuonano con la grazia signorile di un Taormina, che reprobo dichiara: “Pensano di riuscire a far credere che il porcile in cui sono stati, in cui i soldi del partito venivano spesi da qualcuno per andare a puttane, sia una faccenda che riguarda solo Fiorito.”
A difesa dei suoi ospiti è fortunatamente intervenuto il diretto interessato, Carlo De Romanis, alias Ulisse, che con classe risponde: “mai frequentate squillo, ho una fidanzata di 25 anni”. E poraccia!
È sempre festa (o farsa) nel bordello delle libertà…

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Sarà il caso di rammentare come la Regione Lazio abbia un debito monstre di oltre 10 miliardi di euro, cumulato in massima parte nel quadriennio 2001-2005 durante l’oculata gestione di Francesco Storace: il fascistissimo governatore, calamitato alla Regione negli anni allegri della grande cuccagna sanitaria da smerciare ai privati amici.
A fronte di un piano di rientro che prevede un drastico taglio delle strutture ospedaliere e della spesa pubblica (dall’Istruzione ai Trasporti), accompagnati però da un incremento delle tasse regionali a dispetto di minori e più costosi servizi, i consiglieri della Regione Lazio non lesinano i contributi a loro stessi, auto-erogandosi fiumi di denaro pubblico, attraverso un flusso costante che non conosce crisi, né remore, né pudori.
Tra i primi atti della Giunta Polverini, vale la pena ricordare il fondamentale emendamento apposto alla legge di bilancio e approvato in fretta e furia nel dicembre del 2011, che permise il ripescaggio dei ‘trombati’ del PdL, riciclati come assessori “esterni” nel ruolo di ‘tecnici di settore’. Competenze zero. Ma i 14 miracolati avevano l’indiscutibile pregio di vantare cospicue clientele elettorali con un utile ritorno in pacchetto di voti. Dunque, in qualche modo, andavano premiati e comodamente accompagnati alla pensione [QUI].
E d’altra parte sono all’incirca 180 gli ex consiglieri che accedono al vitalizio per un totale di 16.200.000 euro all’anno, graziosamente erogati dalla Regione e dai contribuenti tutti.
Sempre nel 2010, ad opera del fondamentale contributo di Mario Abbruzzese, presidente del consiglio regionale, viene modificata la norma sui finanziamenti ai vari gruppi consiliari della Regione, per un totale di 15 milioni di euro, che in tal modo vengono distribuiti direttamente ai singoli gruppi, in proporzione al numero dei consiglieri e senza obbligo di motivare la richiesta dei fondi o di mettere le spese a bilancio.
Forse è per questo che la Regione Lazio vanta la bellezza di 17 gruppi consiliari, otto dei quali composti da un unico consigliere, che da solo può percepire fino a 210.000 euro all’anno per ogni onorevole pancia. Poi c’è, chiaramente, l’imprescindibile rimborso elettorale per i partiti (un euro e mezzo per ogni voto valido).
Ricapitolando, un consigliere regionale del Lazio percepisce ogni mese:
9.062,62 euro lordi, come indennità di carica
3.503,11 euro lordi, come indennità di diaria
4.190,00 euro netti, come contributo per il rapporto (sadomaso) tra elettore ed eletto.
Poi, naturalmente, ci sono i rimborsi chilometrici per gli spostamenti in auto (40 centesimi a Km) e le indennità previsti per i doppi e tripli incarichi nell’ambito delle commissioni regionali, che nel Lazio sono 19 e tutte insieme costano quasi 20 milioni di euro all’anno. È superfluo dire che ogni consigliere ha almeno un paio di incarichi e tutti sono presidenti o vice-presidenti di una qualche commissione, cumulando relative prebende ed indennità. Si tratta di ulteriori 7.211 euro netti al mese.
A fronte di una così imponente mole di lavoro, è ovvio che i consiglieri debbano in qualche modo essere supportati da un valido aiuto nelle loro attività, ed abbiano ognuno un proprio staff personale, oltre all’organico assunto in pianta stabile alla Regione ed evidentemente giudicato insufficiente ai fini dell’amministrazione ordinaria.
È la cuccagna infinita ai tempi della crisi di chi fa bisboccia e poi rigira il conto agli italiani, sussurrando contrito: “ce lo chiede l’Europa”..!
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