Niente è per sempre. Le circostanze mutano e con esse le opinioni…
J.R.Lowell, in un suo famoso quanto abusato aforisma, sosteneva che solo gli stupidi non cambiano mai le loro idee; anche se non risulta che lui abbia mai revisionato le proprie. Tuttavia, alla riprova, non è nemmeno dimostrato che cambiare opinione costituisca poi chissà quale esibizione di intelligenza sopraffina; specialmente quando lo si fa in continuazione, senza mai preoccuparsi delle contraddizioni nell’assenza di una logica apparente.
Se ci si trova davanti ad argomentazioni convincenti, nel corso dell’esistenza cambiare parere è cosa più che lecita e giusta.
Cambiarlo invece a seconda delle convenienze del momento, e per null’altro che non sia mero tornaconto personale, tramite l’uso strumentale della menzogna e nel perseguimento dell’utile immediato, denota solo la disonestà intellettuale (per non dire la doppiezza morale), nonché il cinismo di una spregiudicata volontà di potere, alla quale di solito si agganciano a rimorchio gli opportunisti ed i voltagabbana dei quali l’Italia storicamente abbonda per vocazione nazionale.
Poi certo, in fondo alla categoria, ci sono gli imbecilli che, almeno in apparenza, difettano della malafede dei primi. Sono quelli del “vorrei ma non posso”, che non condividono ma alla fine si allineano (sempre!). E ovviamente lo fanno nel raggiungimento di un ‘bene’ più alto, che nella sua astrazione ipotetica non è mai dato sapere con certezza. Poi al limite ci ripensano ed in tal caso rettificano a danno ormai compiuto.
Per sua incontrovertibile natura, il posto migliore ove dar prova della sublime intelligenza della propria incoerenza, elevata a sistema di valori in conto svendita, è certamente quell’alveo ‘politico’ che non per niente raccoglie da sempre gli scarti diversamente ricollocabili di una società incivile in sovrapproduzione da scorie. In questo, certa “politica” rappresenta la palestra d’elezione per un simile esercizio, specialmente se la finalità ultima è il conseguimento del “potere” (più o meno assoluto), nell’occupazione scientifica dei meccanismi istituzionali.
Secondo tale prospettiva, l’aspirante “partito della nazione” a dimensione personalizzata su trazione renziana, nell’immanenza fanfarona del ducesco, costituisce a suo modo una delle espressioni più compiute, in un panorama già inflazionato di suo per abbondanza di fenomeni a disposizione.
Poi certo il partito bestemmia, convertito in coreografia scenica per la farsa decisionista del suo ducetto d’accatto, sta riuscendo nella missione più che impossibile di rendere la setta degli invasati a 5 stelle un’opzione quasi credibile, se non addirittura desiderabile, in confronto a questa famelica banda di marchettari plurinquisiti, innesti padronali e accrocchi confindustriali, capeggiati da un narciso patologico in bulimia da potere.
Per fortuna, esiste pur sempre la mitologica “minoranza interna“ del PD: la più pletorica, inutile e irritante congrega di petulanti quaquaraquà agitati in ordine sparso, che con le loro continue peristalsi scuotono l’intestino crasso del partito, in costipazione da espulsione alle sue propaggini terminali.
Costantemente ad un centimetro dalla “sintesi”, incapaci di ogni “antitesi”, per “tesi” negoziabili ad oltranza e ogni volta removibili su pressione senza eccezione. Sono quelli degli aggiustamenti semantici, della variazioni di forma e mai di sostanza, in cambio di quel poco o niente che possa illuderli di non aver perso la faccia, dopo aver dato ben altro nell’incapacità di distinguere le due cose…
“Il suicidio della minoranza Pd“
di Francesco Marchianò
(24/09/2015)
«Gli esponenti della minoranza Pd sono contenti dopo l’accordo raggiunto sulla riforma costituzionale. Bontà loro. Vanno rispettati: c’è tanta gente che muore serena, persino felice. Hanno scelto la via del suicidio politicamente assistito; Renzi e i suoi, increduli, si sono limitati ad esaudire l’ultimo desiderio.
Le opposizioni interne avrebbero dovuto tenere il fiato sul collo del gruppo dirigente renziano e mostrare i denti in ogni occasione. Hanno preferito, invece, fare i bravi agnellini che si portano in dono alla tana del lupo. Avrebbero dovuto imparare da Renzi erispondere con la stessa moneta. Quando era in minoranza nel partito, l’allora sindaco di Firenze aveva messo in piedi una lotta a Bersani e ai suoi, fatta di polemiche, offese, attacchi frontali e imboscate parlamentari, come accadde durante l’elezione del presidente della Repubblica nel 2013.
In questo caso, però, non si tratta di sola vendetta e spirito di fazione. Di mezzo ci sono i principi fondamentali della costituzione di fronte ai quali si sarebbero dovute alzare barricate. In quale paese democratico il capo dell’esecutivo si fa promotore di una riforma costituzionale? Forse de Gaulle, ma questi era almeno legittimato. In quale paese, il parlamento più delegittimato dalla storia si autoproclama riformatore? In quale paese una riforma costituzionale viene imposta a colpi di maggioranza da partiti la cui somma di voti è inferiore al 50% e che solo una legge elettorale bocciata dalla Consulta ha consentito di avere i numeri in Parlamento? In quale paese il partito più grande nel paese alle ultime elezioni politiche, cioè il Movimento 5 stelle, viene escluso dalle riforme e accusato di ogni male?
Ci troviamo di fonte a una degenerazione tipicamente sudamericana. A chi ha a cuore un’idea diversa della democrazia politica e sociale non resta che il referendum. Il presidente Renzi, pochi giorni fa, in una delle sue innumerevoli battute, sosteneva chenon c’è più tempo da perdere poiché quando si tentò per la prima volta un riforma costituzionale senza mai approvarla lui faceva ancora le scuole elementari. Non è vero.
L’ultima riforma costituzionale fu approvata a maggioranza semplice nel 2005, la fece Berlusconi e Renzi era presidente della provincia di Firenze. Stupisce che un politico a capo di un’istituzione non ne fosse a conoscenza.
Allora, l’attivismo di partiti, politici, cittadini e costituzionalisti contribuì alla vittoria del No al referendum costituzionale. Oggi, invece, le voci di chi si oppone si affievoliscono fino a scomparire dentro lo starnazzare dei neocostituzionalisti. Mentre anonimi diventano sempre più i membri della minoranza Pd che appaiono come dei turisti della lotta politica.»