Secondo un’antica leggenda tedesca, ognuno di noi avrebbe un “doppio”: non un semplice sosia, ma una copia uguale e contraria della quale ignoriamo l’esistenza, pure inscindibilmente connessa alla nostra. Il doppelgänger ci assomiglia come un’immagine riflessa nello specchio, ma la sua natura è antitetica alla nostra. A volte costituisce una sorta di nemesi dispiegata sulle nostre azioni, come nel “William Wilson” di E.A.Poe. Più spesso rappresenta una proiezione demoniaca del nostro inconscio, incarnando in una controparte maligna le nostre paure più recondite… Come entità soprannaturale è assai simile ad una larva spettrale. È malizioso… e in quanto tale guarda con invidia il suo gemello ‘umano’, al quale anela sostituirsi. La sua presenza è immanente ed il suo influsso sempre perturbante. In ogni caso, secondo il tenebroso folklore teutonico, nessuno dovrebbe mai incontrare il proprio doppelgänger, se non vuole essere travolto dalla sventura e quindi condotto alla rovina…
Nella psicanalisi, il tema del doppelgänger è funzionale alla spiegazione dei fenomeni di straneamento e dissonanza cognitiva, collegati alla riconfigurazione strutturale di una identità in crisi, in una sorta di insanabile dualismo che spesso si risolve nell’inazione.
Dalle brumose contrade mitteleuropee ed anglosassoni, l’inquietante doppelgänger sembra essersi trasferito da tempo nelle più solari terre latine. Essi vivono e sono tra noi! Destinati a non incontrarsi mai, copia e originale si sovrappongono e agiscono ognuno all’insaputa dell’altro, in un connubio così stretto da essere ormai impossibile distinguere l’originale, sempre più esangue, dal suo doppione, incredibilmente intraprendente…
A livello prosaico, un tipico esempio di italico doppelgänger è Stefano Fassina: entità vuota e ciarliera, dove gli opposti convivono e si annullano indistintamente in un vorticoso susseguirsi di doppie negazioni, nella conciliazione impossibile degli ossimori, senza che vi sia mai una affermazione stabile di principi e di pensiero. In perenne dissociazione con se stesso, vive alimentandosi delle proprie contraddizioni senza apparente soluzione di continuità. Come per il terzo principio della dinamica, ad ogni atto di Fassina corrisponde una azione uguale e contraria del suo doppelgänger, con il medesimo risultato: la confusione che genera il Nulla e alimenta le fortune di effimeri cialtroni come il Grullo pentastellato ed i suoi ensiferi.
D’altronde, la vicinanza prolungata al governo coi papiminkia del postribolo berlusconiano non aiuta il povero Fassina ed anzi ne acutizza il disturbo dissociativo, aggravato da una probabile ansia di approvazione, che lo spinge ad allinearsi in fretta su pressione esterna su qualsiasi questione: da anti-liberista ad alfiere del rigorismo più estremo; da critico intransigente del governissimo a vice-ministro del medesimo… Nell’applicazione pratica, le sue idee vengono cambiate più rapidamente di un paio di mutande usate, per aderire in fretta alla nuova situazione cogente: anti-militarista coi pacifisti e militarista coi generali; più berlusconiano di Brunetta; bottegaro tra i bottegari…
Per questo, in un Paese dove l’evasione fiscale ha raggiunto i 257 miliardi all’anno, bisogna comprenderlo quando all’assemblea di Confcommercio dichiara che si tratta prevalentemente (l’avverbio è tutto) di una “evasione di sopravvivenza”.
Del resto, con Fassina non si capisce mai se parli lui o il suo doppelgänger, nell’impossibilità di distinguere l’originale ormai sbiadito nella sua copia:
14/01/13. È tempo di elezioni ed il prof. Fassina, nelle vesti di responsabile economico del PD, dopo aver criticato per mesi le (catastrofiche) politiche monetariste del Governo Monti, chiosa serafico quant’altri mai:
«Se il nostro partito andrà al governo non rinegozieremo il Fiscal Compact, né abrogheremo il pareggio in bilancio in Costituzione.»
Poi però ci ripensa e, incurante della contraddizione, il suo ‘doppio’ o chi per lui rettifica a debita distanza (il 12 Marzo):
«Gli elettori italiani, dopo quelli di tanti altri Paesi europei, hanno confermato una valutazione che è da tempo sotto gli occhi di tutti, prevedibile e prevista: la moneta unica, dato l`assetto di governance dell`euro e le politiche mercantilistiche prevalenti, è insostenibile. Lo scenario per larga parte dell`euro-zona è di depressione, aumento della disoccupazione e innalzamento del debito pubblico. Austerità autodistruttiva e svalutazione del lavoro aggravano la questione sociale e, inevitabilmente, la questione democratica. Gli elettori italiani a stragrande maggioranza hanno detto no all`Agenda Monti, ossia all`agenda dell`euro-zona, non a causa dei sacrifici enormi e iniqui ma in quanto consapevoli che, al di là di singole misure utili, la rotta seguita dall`euro-zona è senza prospettive.»
(12/03/13)
Il 15 gennaio del 2013, riferendosi a Mario Monti candidato ed al suo direttorio tecnocratico di automi telecomandati, il Fassina, contemporaneamente all’opposizione e nella maggioranza di governo, tuona inflessibile più che mai:
«Chi offre soluzioni tecniche sotto la bandiera di un supposto interesse generale unico, declinato a prescindere dalla volontà popolare, faccio fatica a non pensare che voglia solo la difesa dei più forti.»
(15/01/13)
A distanza di nemmeno 24h, interviene subito il suo doppelgänger:
«Noi collaboreremo con Monti, anche se dovessimo vincere al Senato. Si apre una stagione durissima, in cui tutti i riformisti sono chiamati a un lavoro comune»
(16/01/13)
Tuttavia, il meglio di loro stessi Stefano Fassina ed il suo inquieto doppione lo danno durante la campagna elettorale e nel periodo convulso, che precederà il varo del governissimo dalle larghe intese:
26/02/2013. «Le risposte alle emergenze sociali, economiche, e morali di questo Paese sono incompatibili con un accordo con il PDL.»
03/03/2013. «Sarebbe grave tornare al governo tecnico, a qualcuno che non si è misurato con il consenso e che provi ad imporre una agenda astratta. Allontaneremmo ancora di più i cittadini dalla politica. Dobbiamo ascoltare il messaggio che è arrivato che riguarda noi, le capitali europee, che riguarda Francoforte.
[…] Si deve consentire a chi è arrivato primo alle elezioni di poter offrire una prospettiva di governo al Parlamento, verificare il risultato del voto. Se non ci sono le condizioni si deve tornare rapidissimamente alle elezioni perché la democrazia funziona così. Non ci sono alternative. I cittadini hanno dato indicazioni chiare, se non c’è la maggioranza si torna alle urne per verificare la possibilità di costruire una soluzione alternativa.
[…] Credo che vada ascoltato il messaggio degli elettori. Deve stare a Palazzo Chigi chi ha ricevuto il consenso. Se non è possibile si deve tornare a chiedere il consenso agli elettori, se vogliamo salvare oltre che l’economia anche la democrazia. Altrimenti veniamo travolti da questa disattenzione.»07/03/2013. «Non siamo disponibili ad alcun accordo con il Pdl. Se non ci sono le condizioni per fare un Governo di cambiamento con il M5S si deve tornare alle elezioni.»
10/04/2013. «C’è troppa differenza tra destra e sinistra, tra progressisti e conservatori. Abbiamo visioni e prospettive alternative. Berlusconi non è affidabile, è uno che ha comprato uno o più senatori per far cambiare la maggioranza. Discutiamo di moralità della vita pubblica e non possiamo affrontare questi problemi con chi ha piegato le regole a suo uso e consumo. Anche Renzi fuori dalla propaganda deve riconoscere questa distinzione.»
E infatti Matteo Renzi la grande ammucchiata non la vuole affatto. Ma secondo Fassina la sua posizione è troppo defilata e la sua opposizione non così netta.
Al contrario, l’intransigenza del “giovane turco” è senza se e senza ma e non ammette cedimenti:
21/03/2013. «Siamo il partito di maggioranza e Bersani chiederà di essere incaricato. Al Senato non ci sono i numeri? Non sarebbe una novità successe già nel ’94 con Berlusconi.
Berlusconi non ha né credibilità politica né programmi condivisibili, quindi non se ne parla.
[…] Noi un governo con un partito che convoca i parlamentari davanti al tribunale, che compra i deputati non lo faremo mai!»
Se il concetto non fosse abbastanza chiaro, Stefano Fassina ribadisce ripetutamente:
24/03/2013. «È grave che, in ore decisive per la costruzione di un governo adeguato alle sfide di fronte all’Italia, una parte del PD intervenga per indebolire il tentativo del Presidente incaricato Bersani, prospettando una possibile maggioranza con il PdL per un “governo del presidente”. I cittadini italiani alle elezioni hanno chiesto inequivocabilmente un cambiamento, sia sul terreno dell’etica pubblica sia sul terreno della politica economica. Un partito guidato da chi per venti anni ha praticato un uso proprietario e personalistico delle istituzioni non può essere interlocutore di un governo del cambiamento. Qualunque compagine governativa, in qualunque forma presentata, sarebbe impossibilitata dal sostegno del PdL a realizzare il cambiamento. Non sarebbe tanto un problema del PD. Sarebbe un danno enorme per la residua credibilità delle istituzioni democratiche perché non si riuscirebbe ad affrontare le emergenze politiche e economiche. Gli obiettivi di parte, di una parte del PD, non dovrebbero essere anteposti all’interesse del Paese.»
25/03/2013. «Un esecutivo con il Pdl è impensabile e non risponde a quanto detto ai cittadini»
26/03/2013. «Noi al governo con Berlusconi ed il partito della compravendita parlamentare, di Ruby, delle ad personam, non ci andremo mai!»
09/04/2013. «Oggi non vedo le condizioni per poter fare un’alleanza di governo PD-PDL…. Ritengo che non ci sia nessuna possibilità di fare un governo insieme.»
10/04/2013. «Berlusconi è inaffidabile. Nessun governo è possibile con il PdL»
Finché non si giunge al fatidico 29 Aprile 2013, con l’insediamento dell’esecutivo PD-PDL-Monti, per la prosecuzione pedissequa delle politiche economiche di quest’ultimo, a completamento del servizietto cominciato altrove:
“È un governo al servizio del Paese. E questo è un dato importante”
Del governo di larghe intese, Stefano Fassina diventa viceministro dell’economia, sottoscrivendo scelte che, a parole, sembrava non aver mai condiviso…
Nella sua nuova veste istituzionale, non troverà niente da eccepire sull’etica pubblica di chi “ha praticato (e continua a praticare) un uso proprietario e personalistico delle istituzioni” e sul “danno enorme per la residua credibilità delle istituzioni democratiche”…
Il dubbio che qualcosa non sia andato proprio per il verso giusto viene definitivamente fugato il 28 Maggio, a conferma di una metamorfosi (sostituzione?) ormai completa:
«Il governo Letta non è il governo dell’inciucio, il senso politico dell’operazione Letta è stato compreso e apprezzato»