Ora che l’Innominabile non è più ipotesi concreta, ma pratica stabilmente incistata al governo della Nazione, sarà divertente vedere gli esponenti di fascio e di potere costretti loro malgrado a presenziare (nel luogo sbagliato) le celebrazioni ufficiali per dovere istituzionale, con le mascelle serrate a masticare l’amaro boccone, ma soprattutto impegnati a snaturare una festa che di Liberazione di sicuro non sarà, mentre si prepara a divenire altro e dove ovviamente non verrà MAI pronunciata la parola proibita.
Abbastanza per rassicurare quella “destra italiana che non è mai stata fascista” e che nell’album di famiglia presenzia a braccio teso per monoplegia dell’arto destro.
Intanto, in onore ai nipotini di Bandera, nel paradiso degli ukronazi assurto a culla della civiltà, in quel di Torino si festeggia la NATO, il cui contributo alla Resistenza resta ignoto, ma che ormai è assurta a valore costituzionale, per imprescindibile deferenza atlantica, su atto di fede e provocazione mirata nella prevaricazione di pochi, con la complicità della sedicente “Opposizione” organica di regime, mentre si distribuiscono manganellate democratiche, dispensate con particolare gusto su chi pensava di festeggiare ben altro…
Per tutto il resto, sarà bene ricordare (ce n’è sempre bisogno!), cosa l’Innominabile non è e cosa invece la Liberazione non sarà, per tutti coloro (e a quanto pare sono parecchi) che se ne fossero dimenticati nel frattempo.
C’è ancora tanto lavoro da fare e tutto da ricostruire…
«Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità.
Il fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di cultura, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli “altri” le cause della sua impotenza o sconfitta.
Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista.
Non ama la natura, perché identifica la natura nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali, non ha senso dell’arte, non ama la solitudine, né rispetta il vicino, il quale d’altronde non rispetta lui.
Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso, ma vede nella religione il baluardo per impedire agli altri l’ascesa al potere. Intimamente crede in Dio, ma come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri. Il fascista è disposto a tutto purché gli si conceda che lui è il padrone, il padre. Le madri sono generalmente fasciste.»Ennio Flaiano;Don’t Forget. “Diario degli errori”, 1976. (“Scritti postumi”. Bompiani, 1998)