Zolfataro nelle miniere dell’agrigentino (Anni ’50)
Lavorare stanca. Per questo, quando l’occupazione crolla e l’economia langue, la massima preoccupazione è smantellare le ultime impalcature che stabilizzano coloro che un lavoro ancora ce l’hanno, compensando lo scambio con qualche donativo, graziosamente elargito dal gabinetto rivoluzionario di salute pubblica attualmente al governo.
Per tutti gli altri, sono previsti incentivi crescenti alla fiera dell’incanto elettorale dove, in un’escalation incontrollata di castronerie a getto continuo, vince il cialtrone che più grossa la spara: dalle dentiere gratis per tutti (vecchio cavallo di battaglia del Pornonano tra i suoi coetanei), al veterinario garantito per accalappiare il voto canaro.
Perché una cazzata tira l’altra ed in campagna elettorale una promessa non si nega a nessuno, che il pagliaccio ride e il pubblico si diverte.
Sul fronte del lavoro, la battaglia è persa da tempo. Perché se c’è chi cerca disperatamente di salvaguardare il proprio impiego o conquistarne uno, è anche vero che esiste una nutrita pletora di gggente la cui principale occupazione è lamentare l’assenza di lavoro, pregando però di non trovarlo mai. Infatti è molto meglio eccitare la propria fantasia, baloccandosi all’idea di mille euro al mese, al grido di “reddito di cittadinanza” (ad importo variabile secondo la sparata di turno) che poi, così come concepito dai suoi chiassosi ostensori, altro non è se non una variante moderna delle antiche leggi frumentarie. Presupposto teorico giusto, applicazione pratica all’insegna della peggior demagogia.
Se lo specialista in materia è sicuramente il noto strillone barbuto con la permanente in testa e con la coerenza di una vecchia baldracca che discetti di fedeltà coniugale, la pretesa è piuttosto radicata in coloro che non hanno mai lavorato e non hanno alcuna intenzione di cominciare, fintanto troveranno chi li mantiene. E infatti, come non perde occasione di latrare il tribuno delle apocalisse prossime venture (e sempre rinviate):
“Dobbiamo prepararci a milioni di disoccupati. Se non ci prepariamo con un reddito di cittadinanza, avremo una guerra civile in questo Paese. E le giovani generazioni non devono più starci sotto il ricatto del lavoro.”
(Bari, 06/05/2014)
Perché il nocciolo del problema è proprio il Lavoro, ovvero l’idea di dover lavorare per vivere (un ricatto!) e non la mancanza del medesimo o la difesa della dignità del lavoratore.
Concetti sconosciuti e soprattutto incomprensibili per un rentier miliardario che blatera dei soldi degli altri e incassa le royalties dai diritti di copyright, con la sua platea di parassiti al guinzaglio e in attesa della pappa miracolosa nel Bengodi dei citrulli 5 stelle.
Ci sarebbe infatti da chiedere, perché mai uno dovrebbe alzarsi la mattina prima dell’alba, imbottigliarsi nel traffico, chiudersi una decina di ore in fabbrica o in ufficio, per un migliaio di euro al mese, quando può ricevere la stessa cifra restando comodamente a casa e dormendo fino a mezzogiorno. E perché mai il resto del Paese dovrebbe continuare a lavorare e pagare le tasse, per mantenere a sbafo una simile massa di indisponenti nullafacenti.
Al confronto, gli 80 euri mensili millantati dal Bambino Matteo sono quanto di più serio e credibile si sia mai visto negli ultimi 30 anni. Infatti ricordano le vecchie regalie democristiane a puntello clientelare per la costruzione del consenso. La distribuzione, estesa a pioggia, strizza l’occhio ai ceti medi a reddito fisso che costituiscono il bacino elettorale di riferimento. Riguarderà (se ci sarà) la maggior parte dei lavoratori dipendenti, ma non tutti. Infatti ne sono esclusi i più poveri: quelli che guadagnano meno di 8.000 euro all’anno; ovverosia “precari”, “atipici” e “parasubordinati” che però potranno godere delle gioie della flessibilità a scadenza indeterminata, grazie all’imposizione del Jobs Act scritto sotto la dettatura dei giuslavoristi bocconiani di confindustria..
Il provvedimento difetta in coperture, ma ciò vale bene una messa in cambio del suffragio. A maggior ragione che, dall’altra parte, il Capo politico il problema delle compensazioni non se lo pone proprio.
Probabilmente inciderà poco o per nulla sul rilancio dei consumi, se per reperire le risorse della restitutio poi si aumenteranno per l’ennesima volta le accise sugli idrocarburi o si smantellarà ulteriormente la Sanità pubblica e prestazioni sociali, derogando al privato servizi indispensabili a costo di mercato.
Certo sarebbe stato più incisivo usare i fondi per intervenire sull’IRES e l’IRAP delle imprese in difficoltà, o premiando le aziende più virtuose che investono e rinnovano, piuttosto che delocalizzare e ricattare le proprie maestranze, in un dumping tutto al ribasso, pretendendo di pagare salari da 2 euro netti all’ora, come nel caso della scandalosa Electrolux.
Sarebbe forse stato utile impiegare le risorse per porre un qualche rimedio alla catastrofe sociale degli “esodati”, opportunamente cancellati dal palinsesto informativo per non imbarazzare il nuovo “governo del fare” col suo ennesimo uomo della provvidenza.
Avrebbero potuto in parte alleviare l’emergenza abitativa, con misure mirate al calmieraggio dei canoni di locazione ed al reperimento alloggi…
Sono tutte misure che, a prescindere dalla loro utilità o meno, mancano però di un apprezzabile (e fondamentale) utilizzo politico a ritorno elettorale, non possono essere sbandierate su un foglio (meglio se a Porta a Porta), né immortalate con un semplice tweet.
Non prevedono un apposito spazio, opportunamente evidenziato, in busta paga; non hanno una valenza apparentemente universale, nella loro erogazione ad cazzum. E muovono presuntivamente sulla convinzione (quantomai fondata) che gli italiani siano nella loro maggioranza un popolo di accattoni. O altro.
“Non pensare al dinosauro”
di Alessandra Daniele
(11/05/2014)‘Noi siamo la speranza” – Matteo Renzi
«Il trailer del nuovo remake di Godzilla è interessante: si concentra su Bryan Cranston, e sui plotoni di eroiche redshirt pronte a sacrificarsi nell’ovviamente inutile ma nobile tentativo di salvare altre redshirt dall’ennesima apocalisse CGI. Il lucertolone mutante si intravede soltanto di sguincio, avvolto da cortine di nebbia, in pochi fotogrammi pseudo realistici stile found footage alla Cloverfield. Sembra quasi che gli autori si vergognino d’aver girato l’ennesimo Godzilla, e stiano cercando di vendercelo come un disaster movie serioso e documentaristico di forte impegno ecologista, con un intenso Bryan Cranston come protagonista assoluto. In realtà, sappiamo tutti benissimo di che film si tratti, e chi ne sia il vero protagonista. Lo dice il titolo stesso: Godzilla.
Un maldestro tentativo di mascheramento simile è in atto anche nella politica italiana. Il dinosauro nella stanza è l’inciucio permanente, le larghe intese a spese degli italiani, le stesse dei governi Monti e Letta. Sotto la cortina di fuffa della retorica nuovista renziana, niente è davvero cambiato.
Sono assolutamente identici il disprezzo per i diritti dei lavoratori, il classismo paternalista, l’idolatria per il mercato e l’astio per lo stato sociale, l’arrogante e denigratoria insofferenza per il dissenso, la ricattatoria propaganda truffaldina sul ”bene del paese”.
L’agenda Monti-BCE. Stavolta però si pretende di vendercela come l’Era dell’Acquario, cercando di nascondere il dinosauro mutante dietro il faccione di Metheo Renzi, il Berlusconi on speed, e i suoi petulanti slogan da motivatore di call center.
L’unica nota positiva del governo Renzi è che abbia finora mancato quasi tutte le scadenze del suo calendario cazzaro. C’è da augurarsi che continui a farlo, vista la carica reazionaria delle sue cosiddette riforme, mirate all’aumento rovinoso della precarietà del lavoro, e alla drastica riduzione della rappresentanza democratica.
Ed è facile immaginare a cosa miri l’annunciata riforma della Giustizia concordata col partito di Scajola, Berlusconi e Dell’Utri.
La sola promessa quasi mantenuta, e ossessivamente strombazzata da Renzi e dall’assordante onnipresente corte dei suoi queruli sicofanti, è il bonus elettorale di 80 € coi quali secondo loro si dovrebbe riuscire a rimediare da mangiare per due settimane. A meno che non abbia già razziato tutto Pina Picierno.
In realtà il bonus finirà divorato dagli aumenti delle tasse, ma convenientemente dopo le elezioni.
‘Noi siamo la speranza” dice Renzi del suo governo. Monicelli aveva proprio ragione: la speranza è una trappola inventata dai padroni.»