A noi il presidente del consiglio Mario Monti, tuttora premier ‘tecnico’ (poiché, seppur dimissionario, è ancora in carica e piena attività) di un governo mai eletto, sfiduciato e privo di maggioranza, che lungi dal limitarsi all’amministrazione corrente continua imperterrito a legiferare per decreto, e con un parlamento pressoché assente perché in campagna elettorale, senza che su una simile anomalia costituzionale il sommo Garante abbia nulla da ‘monitare‘, ha sempre ricordato per rigidità rigorista e strategie economiche Heinrich Brüning, cancelliere tedesco dal 1930 al 1932. Della preoccupante analogia, avevamo già parlato in dettaglio QUI.
Ora, scopriamo invece (QUI ma anche QUI) che il vero modello della politica montiana è in realtà l’Argentina del presidente Carlos Menem: sconcertante emulo berlusconiano del populismo sudamericano, invischiato in traffici illeciti e plurinquisito, “principale responsabile del crollo economico dell’Argentina e della vendita dissennata ai privati delle maggiori industrie produttrici nazionali”, insieme al suo ministro delle finanze Domingo Cavallo. Quest’ultimo divenne famoso per la rocambolesca fuga in elicottero, assediato da una folla di migliaia di argentini inferociti e ridotti sul lastrico dalle sue catastrofiche ricette ultra-liberiste.
In una rara intervista pubblicata su “La Stampa” del 13/08/1994 era già racchiuso in tutta la sua attuale freschezza il Monti-pensiero, giunto fino ad oggi imperturbabile ed immutato…
Fiducia messianica nel potere auto-regolatore della “finanza”; primato assoluto e sacrale dei “mercati” che non sono una creazione umana, ma emanazione divina a cui piegare le leggi degli uomini e consacrare la vita dei popoli.
Dalla scelta cinica a “scelta civica”, c’è quasi un richiamo straussiano alla “nobile menzogna”: un’elite di sapienti che finge di conformarsi ai voleri delle moltitudini ignare; ne asseconda le illusioni per indirizzarne le credenze e con l’inganno carpirne il consenso, per rimettere tutto il potere nella disponibilità assoluta di pochi “eletti”.
A proposito del primo Governo Berlusconi, incalzato dall’intervistatore, il banchiere prestato alla propaganda chiosa serafico:
«Il governo, alla sua nascita, aveva di fronte a sé due strade. Quella thatcheriana della politica aspra e dura, annunciata prima e poi seguita. E quella del consapevole “tradimento” delle promesse elettorali del presidente argentino Menem: eletto su una piattaforma peronista, ha poi capito che era nell’interesse del Paese fare una politica diversa, l’ha spiegato agli argentini, ha avuto in Cavallo un notevole ministro dell’economia e credo che oggi i suoi concittadini siano grati del “tradimento”»