Archivio per Demagogia
Un borghese piccolo piccolo
Posted in Muro del Pianto with tags Costume, Demagogia, Italia, Liberthalia, Politica, Populismo on 12 ottobre 2018 by SendivogiusSe a noi non toccasse di rivivere la farsa declinata in pantomima orwelliana e avviluppata in un chorizo fascio-peronista, ci sarebbe di che sorridere dinanzi a questa commedia dell’assurdo; se non fosse che alla fine dei giochi il conto (salatissimo) lo pagheremo noi tutti. E intanto ci tocca assistere alla tragedia di uomini ridicoli che giocano alla riVoluzione, trattandosi più che altro di cazzari a dimensione ‘social’ in lotta continua contro il principio di realtà, evidentemente incompatibile coi limiti della loro arena digitale di twittatori professionisti dalle aspirazioni totalitarie, tanta è la sete di potere.
(115) Cazzata o Stronzata?
Posted in Zì Baldone with tags Bilimbique, Costume, Demagogia, Governo del Popolo, Idioti, Italia, Liberthalia, Luigi Di Maio, M5S, Manovra del Popolo, Pancho Villa, Politica, Populismo, Povertà, Società on 30 settembre 2018 by Sendivogius“Classifica SETTEMBRE 2018”
Non che non ci avesse provato pure l’Unto… quello originale, non la caricatura catramata!
A suo tempo, circa duemila anni fa, un altro cazzaro di successo aveva moltiplicato i pani ed i pesci… trasmutato l’acqua in vino… Persino resuscitare i morti gli era sembrato più facile… ma di eliminare la povertà proprio non c’era stato verso.
Alla fine, dove non era riuscito neanche Gesù Cristo, ha potuto Giggino ‘O Sarracino, stabilendo l’abolizione della povertà per decreto. E non sappiamo se siano previste severe sanzioni, per i trasgressori che dovessero ostinarsi a restare poveri; certo per boicottare la benemerita opera del Governo del Popolo. Da oggi dunque è stabilito a norma di legge che la povertà non esiste più. E se lo annuncia Giggino, l’Evita affacciata al balcone insieme allo stato maggiore del Popolo Sovrano, se ne può star pur certi.
Poi vabbé! Le parole, come la scelta dei simboli, sarebbero anche importanti… E pare che al “governo del cambiamento” non gli riesca proprio di affrancarsi da questa parodia del ventennio
mussoliniano: con quello che gira in felpa declamando i motti del duce malanima (molti nemici, molto onore… noi tireremo dritto… me ne frego!) e quest’altro affacciato al balcone, con la claque autoconvocata dei meravigliosi pupazzi a 5 stelle (non esattamente la folla dei grandi eventi), per l’occasione adunati in notturna sotto al balconcino di Palazzo Chigi (quello di Piazza Venezia non era disponibile), in una di quelle carnevalate destinate a fare storia attraverso la sgangherata sceneggiata fascio-peronista.
Bene, ora che è stata abolita la povertà (ed alzi la mano chi negli ultimi dieci anni ha trovato un posto di lavoro rivolgendosi ai “centri per l’impiego”), adesso che tutti avranno garantito un “reddito di cittadinanza” (todos caballeros!) comodamente a domicilio, ci sarebbe pure quell’annosa questione sul reperimento dei fondi e delle coperture (roba da congiura dei tecnocrati), in attesa di saccheggiare la Cassa Depositi e Prestiti, come è probabile che avverrà in assenza di liquidità…
In genere, durante le “rivoluzioni”, benché questa ne sia solo una farsa, quando non si hanno i soldi per finanziare la spesa corrente al netto delle promesse mirabolanti, di solito li si inventa. O più semplicemente li si stampa. A questo serve la “sovranità monetaria” rimessa nelle mani dei cialtroni, peggio ancora se pescati tra falliti e casi umani.
Nel 1789 l’allora governo del popolo della Francia rivoluzionaria, non potendo finanziare il proprio debito coi prestiti esteri ed avendo un disperato bisogno di rimpinguare le casse dello Stato, ricorse alla massiccia emissione di buoni del tesoro che ben presto assunsero la forma di moneta cartacea a corso forzoso, per gli scambi correnti su valore nominale. Li chiamarono “assegnati” ed ebbero effetti catastrofici sull’economia francese. Quando le emissioni superarono di gran lunga le garanzie sui prestiti, il governo rivoluzionario trovò più semplice chiudere la Borsa e la pubblicazione dei tassi di cambio, piuttosto che sospendere l’emissione di nuovi bigliettoni senza valore.
Nel 1913, i rivoluzionari messicani si finanziarono iniziando a stampare a dismisura banconote senza alcuna copertura legale su valore fiduciario, per far fronte alle esigenze amministrative e non incorrere nei rigori del credito internazionale. L’idea ebbe così tanto successo che Pancho Villa per rifornirsi di liquidità arriva a stampare un milione di banconote al giorno, le “lenzuola di Villa” (las sabanas de Villa), tanto che nel 1915 circolano oltre 400 milioni di pesos in biglietti di piccolo taglio. In pratica, durante la rivoluzione costituzionalista, ogni regione stampava la sua cartamoneta (la moneda revolucionaria) che il popolino inondato da tanta abbondanza chiama dinero villista, o anche “bilimbique” perché ai peones ricordava i buoni acquisto che un certo William Weeks (da lì la deformazione del nome) pagava ai minatori della Cananea Company al posto dei salari.
E fu così che tutti ebbero più banconote nelle tasche e meno denaro reale da spendere. Oggi ci sarebbe l’euro ed il giochino non è tanto riproponibile. Ma dalla moneta unica si può sempre uscire… Perché qui siamo un bel passo oltre le vecchie “svalutazioni competitive” e l’assistenzialismo clientelare di stampo democristiano, nel Bengodi ritrovato della munifica Manovra del Popolo…
Hit Parade del mese:
01. ABOLITA LA POVERTÀ
[25 Set.] «Con la pensione di cittadinanza e il reddito di cittadinanza che introdurremo in questa legge di bilancio avremo abolito la povertà.»
(Luigi Di Maio, l’Elemosiniere)
02. MORANDI A 5 STELLE
[21 Set.] «L’obiettivo non è solo quello di rifare bene e velocemente il ponte Morandi, ma di renderlo un luogo vivibile, un luogo di incontro in cui le persone si ritrovano, in cui le persone possono vivere, possono giocate, possono mangiare.»
(Danilo Toninelli, sempre più concentrato)
03. NEMICI DEL POPOLO
[30 Set.] «PD e Forza Italia nemici dell’Italia. Fanno terrorismo mediatico. Vogliono far schizzare lo spread sperando in un colpo di stato finanziario.»
(Luigi Di Maio, il Popolo incarnato)
04. LA DITTATURA DEI VACCINI
[05 Set.] «Vaccinazioni coatte. Ecco il nuovo programma biopolitico voluto dall’aristocrazia finanziaria turbocapitalistica. La quale tratta i popoli precarizzati alla stregua di armenti senza dignità, con patrizio disprezzo e metodi sempre più totalitari»
(Diego Fusaro, il Turbocazzaro)
05. POLVEROSI LIBRI
[09 Set.] «Sono figlio della contestazione globale, erano tempi in cui ci si opponeva. Ho un padre insegnante e un fratello professore, quindi ho sempre respirato scuola e per questo sono preparatissimo. Non mi sono diplomato per ribellione. Quello che c’è da sapere non si impara sui polverosi libri»
(Mario Pittoni, il leghista presidente della commissione istruzione al Senato)
06. MODERNITAS
[11 Set.] «Voglio introdurre in Italia il ‘convenant marriage’ americano, una forma di matrimonio indissolubile»
(Simone Pillon, Torquemada leghista)
07. MA ANCHE NO!
[29 Set.] «Ancora una volta siamo noi a dover salvare il paese che amiamo»
(Silvio Berlusconi, il morto che parla)
08. CONTRIZIONI
[20 Set.] «Sono sei mesi che faccio autocritica»
(Matteo Renzi, il Modestissimo)
09. INCUBI
[29 Set.] «Non dobbiamo salvaguardare l’occupazione, ma i sogni delle persone»
(Davide Casaleggio, il Milton Friedman de noantri)
10. TI HA FATTO MALE, PICCOLO?!?
[24 Sett.] «Asia Argento mi ha violentato»
(Jimmy Bennett, il Violato)
Homepage
La Dignità del Lavoro
Posted in Business is Business with tags Alessandra Daniele, Beppe Grillo, Bonus fiscale, Carmilla on line, Clientelismo, Demagogia, Disoccupazione, Electrolux, Godzilla, Governo, Imprese, Italia, Lavoro, Liberthalia, Matteo Renzi, Occupazione, Silvio Berlusconi, Società on 12 Maggio 2014 by SendivogiusZolfataro nelle miniere dell’agrigentino (Anni ’50)
Lavorare stanca. Per questo, quando l’occupazione crolla e l’economia langue, la massima preoccupazione è smantellare le ultime impalcature che stabilizzano coloro che un lavoro ancora ce l’hanno, compensando lo scambio con qualche donativo, graziosamente elargito dal gabinetto rivoluzionario di salute pubblica attualmente al governo.
Per tutti gli altri, sono previsti incentivi crescenti alla fiera dell’incanto elettorale dove, in un’escalation incontrollata di castronerie a getto continuo, vince il cialtrone che più grossa la spara: dalle dentiere gratis per tutti (vecchio cavallo di battaglia del Pornonano tra i suoi coetanei), al veterinario garantito per accalappiare il voto canaro.
Perché una cazzata tira l’altra ed in campagna elettorale una promessa non si nega a nessuno, che il pagliaccio ride e il pubblico si diverte.
Sul fronte del lavoro, la battaglia è persa da tempo. Perché se c’è chi cerca disperatamente di salvaguardare il proprio impiego o conquistarne uno, è anche vero che esiste una nutrita pletora di gggente la cui principale occupazione è lamentare l’assenza di lavoro, pregando però di non trovarlo mai. Infatti è molto meglio eccitare la propria fantasia, baloccandosi all’idea di mille euro al mese, al grido di “reddito di cittadinanza” (ad importo variabile secondo la sparata di turno) che poi, così come concepito dai suoi chiassosi ostensori, altro non è se non una variante moderna delle antiche leggi frumentarie. Presupposto teorico giusto, applicazione pratica all’insegna della peggior demagogia.
Se lo specialista in materia è sicuramente il noto strillone barbuto con la permanente in testa e con la coerenza di una vecchia baldracca che discetti di fedeltà coniugale, la pretesa è piuttosto radicata in coloro che non hanno mai lavorato e non hanno alcuna intenzione di cominciare, fintanto troveranno chi li mantiene. E infatti, come non perde occasione di latrare il tribuno delle apocalisse prossime venture (e sempre rinviate):
“Dobbiamo prepararci a milioni di disoccupati. Se non ci prepariamo con un reddito di cittadinanza, avremo una guerra civile in questo Paese. E le giovani generazioni non devono più starci sotto il ricatto del lavoro.”
(Bari, 06/05/2014)
Perché il nocciolo del problema è proprio il Lavoro, ovvero l’idea di dover lavorare per vivere (un ricatto!) e non la mancanza del medesimo o la difesa della dignità del lavoratore.
Concetti sconosciuti e soprattutto incomprensibili per un rentier miliardario che blatera dei soldi degli altri e incassa le royalties dai diritti di copyright, con la sua platea di parassiti al guinzaglio e in attesa della pappa miracolosa nel Bengodi dei citrulli 5 stelle.
Ci sarebbe infatti da chiedere, perché mai uno dovrebbe alzarsi la mattina prima dell’alba, imbottigliarsi nel traffico, chiudersi una decina di ore in fabbrica o in ufficio, per un migliaio di euro al mese, quando può ricevere la stessa cifra restando comodamente a casa e dormendo fino a mezzogiorno. E perché mai il resto del Paese dovrebbe continuare a lavorare e pagare le tasse, per mantenere a sbafo una simile massa di indisponenti nullafacenti.
Al confronto, gli 80 euri mensili millantati dal Bambino Matteo sono quanto di più serio e credibile si sia mai visto negli ultimi 30 anni. Infatti ricordano le vecchie regalie democristiane a puntello clientelare per la costruzione del consenso. La distribuzione, estesa a pioggia, strizza l’occhio ai ceti medi a reddito fisso che costituiscono il bacino elettorale di riferimento. Riguarderà (se ci sarà) la maggior parte dei lavoratori dipendenti, ma non tutti. Infatti ne sono esclusi i più poveri: quelli che guadagnano meno di 8.000 euro all’anno; ovverosia “precari”, “atipici” e “parasubordinati” che però potranno godere delle gioie della flessibilità a scadenza indeterminata, grazie all’imposizione del Jobs Act scritto sotto la dettatura dei giuslavoristi bocconiani di confindustria..
Il provvedimento difetta in coperture, ma ciò vale bene una messa in cambio del suffragio. A maggior ragione che, dall’altra parte, il Capo politico il problema delle compensazioni non se lo pone proprio.
Probabilmente inciderà poco o per nulla sul rilancio dei consumi, se per reperire le risorse della restitutio poi si aumenteranno per l’ennesima volta le accise sugli idrocarburi o si smantellarà ulteriormente la Sanità pubblica e prestazioni sociali, derogando al privato servizi indispensabili a costo di mercato.
Certo sarebbe stato più incisivo usare i fondi per intervenire sull’IRES e l’IRAP delle imprese in difficoltà, o premiando le aziende più virtuose che investono e rinnovano, piuttosto che delocalizzare e ricattare le proprie maestranze, in un dumping tutto al ribasso, pretendendo di pagare salari da 2 euro netti all’ora, come nel caso della scandalosa Electrolux.
Sarebbe forse stato utile impiegare le risorse per porre un qualche rimedio alla catastrofe sociale degli “esodati”, opportunamente cancellati dal palinsesto informativo per non imbarazzare il nuovo “governo del fare” col suo ennesimo uomo della provvidenza.
Avrebbero potuto in parte alleviare l’emergenza abitativa, con misure mirate al calmieraggio dei canoni di locazione ed al reperimento alloggi…
Sono tutte misure che, a prescindere dalla loro utilità o meno, mancano però di un apprezzabile (e fondamentale) utilizzo politico a ritorno elettorale, non possono essere sbandierate su un foglio (meglio se a Porta a Porta), né immortalate con un semplice tweet.
Non prevedono un apposito spazio, opportunamente evidenziato, in busta paga; non hanno una valenza apparentemente universale, nella loro erogazione ad cazzum. E muovono presuntivamente sulla convinzione (quantomai fondata) che gli italiani siano nella loro maggioranza un popolo di accattoni. O altro.
“Non pensare al dinosauro”
di Alessandra Daniele
(11/05/2014)‘Noi siamo la speranza” – Matteo Renzi
«Il trailer del nuovo remake di Godzilla è interessante: si concentra su Bryan Cranston, e sui plotoni di eroiche redshirt pronte a sacrificarsi nell’ovviamente inutile ma nobile tentativo di salvare altre redshirt dall’ennesima apocalisse CGI. Il lucertolone mutante si intravede soltanto di sguincio, avvolto da cortine di nebbia, in pochi fotogrammi pseudo realistici stile found footage alla Cloverfield. Sembra quasi che gli autori si vergognino d’aver girato l’ennesimo Godzilla, e stiano cercando di vendercelo come un disaster movie serioso e documentaristico di forte impegno ecologista, con un intenso Bryan Cranston come protagonista assoluto. In realtà, sappiamo tutti benissimo di che film si tratti, e chi ne sia il vero protagonista. Lo dice il titolo stesso: Godzilla.
Un maldestro tentativo di mascheramento simile è in atto anche nella politica italiana. Il dinosauro nella stanza è l’inciucio permanente, le larghe intese a spese degli italiani, le stesse dei governi Monti e Letta. Sotto la cortina di fuffa della retorica nuovista renziana, niente è davvero cambiato.
Sono assolutamente identici il disprezzo per i diritti dei lavoratori, il classismo paternalista, l’idolatria per il mercato e l’astio per lo stato sociale, l’arrogante e denigratoria insofferenza per il dissenso, la ricattatoria propaganda truffaldina sul ”bene del paese”.
L’agenda Monti-BCE. Stavolta però si pretende di vendercela come l’Era dell’Acquario, cercando di nascondere il dinosauro mutante dietro il faccione di Metheo Renzi, il Berlusconi on speed, e i suoi petulanti slogan da motivatore di call center.
L’unica nota positiva del governo Renzi è che abbia finora mancato quasi tutte le scadenze del suo calendario cazzaro. C’è da augurarsi che continui a farlo, vista la carica reazionaria delle sue cosiddette riforme, mirate all’aumento rovinoso della precarietà del lavoro, e alla drastica riduzione della rappresentanza democratica.
Ed è facile immaginare a cosa miri l’annunciata riforma della Giustizia concordata col partito di Scajola, Berlusconi e Dell’Utri.
La sola promessa quasi mantenuta, e ossessivamente strombazzata da Renzi e dall’assordante onnipresente corte dei suoi queruli sicofanti, è il bonus elettorale di 80 € coi quali secondo loro si dovrebbe riuscire a rimediare da mangiare per due settimane. A meno che non abbia già razziato tutto Pina Picierno.
In realtà il bonus finirà divorato dagli aumenti delle tasse, ma convenientemente dopo le elezioni.
‘Noi siamo la speranza” dice Renzi del suo governo. Monicelli aveva proprio ragione: la speranza è una trappola inventata dai padroni.»
Il Re della Giungla
Posted in A volte ritornano with tags Antonio Gramsci, Beppe Grillo, Borghesia, Ceto medio, Demagogia, Fascismo, Gilbert Keith Chesterton, Idiota, Italia, Liberthalia, M5S, Parlamento, Piero Gobetti, Politica, Primo Levi, Scimmie on 15 aprile 2014 by SendivogiusCercare di penetrare il pensiero di Grillo è come effettuare una rettoscopia a mani nude e pensare di riuscire a trarne qualcosa di buono. Perché solo un avanzo di fogna di tal fatta, per giunta applaudito dalla platea pagante delle sue scimmie urlatrici, poteva parafrasare le parole di Primo Levi e ridurre una tragedia umana e personale a strumento propagandistico. Completamente incapace di percepirne il senso, ne stravolge il messaggio, senza cogliere minimamente l’abnormità della manipolazione, funzionale alle sue squallide mitologie distopiche da psicopatico gravemente dissociato dalla realtà e, soprattutto, da ogni forma di decenza.
“Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne troverà una gli darà alla testa come il vino ad un astemio.”
Gilbert Keith Chesterton
“Eretici” (1905)
Tutto è stuprato e ricondotto all’appagamento del narcisismo ipertrofico del Deretano del MoVimento: il contenitore costruito a propria misura, del quale amplifica i peti alla stregua di un megafono, mentre stacca i biglietti e conta i soldi vendendo spettacoli per comizi.
Pertanto, escluso qualsiasi spessore di una qualche rilevanza ‘politica’, ogni categorizzazione patologica del personaggio e della sua canea al guinzaglio sarebbe superflua… Ci troviamo infatti dinanzi all’imbecille supremo, che trascende tutte le leggi della stupidità. È tesi, antitesi, e sintesi del cretino totale; un Fruttero ed un Lucentini non basterebbero per descrivere la prevalenza di un simile fenomeno da discarica, prima ancora che da baraccone.
Convinto com’è di essere il centro dell’universo, non si accorge di costituirne piuttosto un’escrescenza emorroidale, dimenticata nella più infima ed oscura periferia del cosmo.
Come altri istrioni prestati all’antipolitica prima di lui…
“..ha l’istinto del condottiero di ventura, la pregiudiziale che gli uomini devono seguire lui, il gusto per l’unanimità cortigiana. La sua politica verso i partiti ha la teatralità di tutti i deboli e ignora che i grandi statisti hanno sempre saputo dominare le differenze della realtà senza sopprimerle.
[…] Infatti per i nostri connazionali non i fatti contano ma l’enfasi di una dimostrazione ben riuscita in piazza e la voce grossa del fanatismo presuntuoso.”Piero Gobetti
(30/10/1923)
Ovviamente, coerenza, linearità di pensiero e realismo critico, sono totalmente ininfluenti e tutto sommato inutili nel vuoto propositivo e nell’inconsistenza programmatica di una setta di perdigiorno reclutati nei bar (gente che ha superato il 30esimo anno con un c/v in bianco), laureati in fuffologia applicata o fuori corso da un paio di decadi, e dai quali provengono gli “attivisti” miracolati in parlamento con una ventina di voti on line ed auto-votati all’irrilevanza politica, che vegetano e strepitano nell’adorazione di “Beppe”. Come verità di fede, sono pronti a sostenere tutto ed il contrario di tutto, a seconda di come scroscia il Vate® la mattina sul Sacro Blog.
Il successo di una simile accozzaglia di contraddizioni senza senso è la dimostrazione provata di quanto Chesterton andava affermando sugli istinti dell’uomo comune…
“Non è che la gente che smette di credere alla politica non crede più a niente, crede a qualsiasi cosa”
In fondo, si tratta dei soliti avanzi di cetomediume arrabbiato, piccoli borghesi terrorizzati dalla prospettiva di sembrare poveri, ed i loro lagnosi rampolli dalle ambizioni frustrate ed il forcone di cartone…
Sono i degni eredi di quel “popolo delle scimmie” di cui già parlava Antonio Gramsci, in concomitanza con la crisi del parlamentarismo, e che andranno a gonfiare le fila del fascismo incipiente:
«La piccola borghesia si incrosta nell’istituto parlamentare: da organismo di controllo della borghesia capitalistica sulla Corona e sull’amministrazione pubblica, il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo. Corrotto fino alle midolla, asservito completamente al potere governativo, il Parlamento perde ogni prestigio presso le masse popolari. Le masse popolari si persuadono che l’unico strumento di controllo e di opposizione agli arbitrii del potere amministrativo è l’azione diretta, è la pressione dall’esterno.
[…] Questa nuova tattica si attua nei modi e nelle forme consentiti a una classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti…. con tutti i loro riflessi giornalistici, oratori, teatrali, piazzaioli durante la guerra, è come la proiezione nella realtà di una novella della giungla del Kipling: la novella del Bandar-Log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della giungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo, ecc., ecc. Era avvenuto questo: la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d’opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza.
[…] Ma ha anche dimostrato di essere fondamentalmente incapace a svolgere un qualsiasi compito storico: il popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea storia, lascia traccia nel giornale, non offre materiali per scrivere libri.»Antonio Gramsci
“Il Popolo delle Scimmie”
(02/01/1921)
Perché, passano i secoli, ma la giungla è vasta e sempre piena di Tarzan brizzolati con le loro tribù di macachi ammaestrati.
I Professionisti dell’Anti-Ka$ta
Posted in Kulturkampf with tags Beppe Grillo, Casta, Cultura, Demagogia, Enrico Mentana, Francesco Costa, Gianantonio Stella, Informazione, La 7, Liberthalia, Linkiesta, Marco Alfieri, Marco Travaglio, Michele Santoro, Politica, Populismo, Potere, Qualunquismo, Sergio Rizzo, Società, Sole 24 Ore on 6 aprile 2014 by SendivogiusSe c’è una professione di sicuro successo che sembra non conoscere alcuna forma di crisi, questo è il professionismo anti-casta, assolutamente preponderante nella sua dimensione tutta mediatica. La categoria conta alcuni specialisti di comprovata esperienza nel settore e diversi milioni di aspiranti tali, con tutto l’esibizionismo narcisista del castigatore virtuale, particolarmente attivi sulla piazza autistica dei cosiddetti social-network.
Nella sua autoreferenzialità circoscritta all’invettiva iconoclastica, tale sentimento cresce esponenzialmente con l’aggravarsi delle regressioni che, prima ancora che economiche, sono di natura sociale.
Di preferenza, costituisce il sottoprodotto infetto di un populismo dilagante, speculare ad un qualunquismo di ritorno e quantomai collegato al substrato fascistoide da cui l’italiano medio è intrinsecamente corrotto.
Campioni indiscussi del genere letterario sono sicuramente la premiata ditta Rizzo-Stella, che sui misfatti della “casta” (l’invenzione lessicale è loro) hanno costruito le proprie fortune professionali, inaugurando un filone editoriale di successo. Curioso che entrambi siano editorialisti di punta del “Corriere della Sera”, il quotidiano governativo per antonomasia che delle esecrate “caste” politiche ha sempre abbracciato la difesa a prescindere. Sorvoliamo sul fatto che certe denunce, lungi dall’essere disinteressate, siano spesso e volentieri funzionali ad una determinata ideologia ordoliberista...
A prescindere, il piazzismo anti-casta rende bene, con un ottimo ritorno di vendite e di visibilità, soprattutto per i presenzialisti da salotto televisivo. Un esperto di marketing come l’imprenditore Umberto Cairo ne ha fatto l’asse portante del palinsesto de La 7, che si fonda su un’overdose catodica di programmi d’infotainment, trainati dal tg nazionalpopolare di Enrico Mentana. La coppia Travaglio-Santoro, che del genere sono i precursori e gli indiscussi maestri, sanno bene come dosare gli ingredienti di un’indignazione permanente, da far lievitare a portata di Auditel ed introiti pubblicitari. Gli effetti speciali, il coup de théâtre, tra interviste esclusive e “docufiction” ad effetto, ne costituiscono l’armamentario al servizio della scenografia, alimentando la farsa manichea che così tanta presa esercita sugli appassionati della serialità anticasta, concentrata nel semplicismo analitico delle sue mitologie catartiche:
«..un mondo (ideale) in cui ad una società civile pura e immacolata si contrappone una casta politica furbetta e maneggiona. Questa convinzione giacobina è una sonora leggenda anzi la politica è l’esatto specchio della società che rappresenta, nel bene e nel male. In rari casi della storia è stata un po’ migliore ma quasi mai peggiore. Per dire: nel 1994, agli albori della seconda repubblica post tangentopoli, ci fu già una grande infornata di società civile nei palazzi della politica, al grido di vade retro politica corrotta. Beh, il risultato, venti anni dopo, non è certo stato dei migliori…
[…] Il voler fare di tutta l’erba un fascio solo perché la mistica dell’anti-casta oggi si porta bene in società, non solo comico, ma alla fine diventa stucchevole. E probabilmente pericoloso.»“Quando l’ossessione della casta rasenta il comico…”
Marco Alfieri
(10/05/2013)
Lungi dal fornire soluzioni serie e concrete, il sentimento “anti-casta” finisce col tradursi in sterile revanchismo protestatario, che spesso e volentieri degenera nell’invettiva becera e nulla più. Rifugge il pensiero complesso e si nutre di irrazionalismo. È collettore di livori, che nella loro destrutturazione logica forniscono la stura alle ambizioni di demagoghi, in cerca di facili consensi. Soprattutto, presuppone un rassicurante senso di auto-assoluzione che proietta le causa del problema sempre altrove, lontano da ogni assunzione di responsabilità che non sia un mero riduzionismo (a)teorico; meglio se fondato sulla preponderanza di luoghi comuni elevati a metro di giudizio. Ciò non solo allontana le soluzioni possibili, ma opera come una forma di distorsione cognitiva, dove l’elemento irrazionale prevale sulla logica. Va da sé che, se sapientemente incanalato da demiurghi senza scrupoli, il sentimento anticasta è esso stesso una forma di controllo. E dunque di “potere”.
«Dal 2006, più o meno, l’Italia fa i conti non tanto col luogo comune per cui “sono tutti uguali” – quello c’era da prima e ci sarà sempre, come molti luoghi comuni – bensì con quel luogo comune esteso a qualsiasi settore umano che somigli, anche da lontano, al “potere”, e promosso a opinione maggioritaria, argomento politico, linea editoriale, proposta commerciale, persino programma di governo. Con effetti disastrosi, su tutti uno fondamentale e colpevole: la perpetuazione degli stessi vizi e delle stesse mediocrità che gli anti-casta in buona fede, diciamo, vorrebbero combattere.
[…] Prendiamo la politica, “la casta” per antonomasia. Solo chi ha un’idea distorta della realtà può pensare di difendere una classe dirigente che, seppure con vari e diversi livelli di colpa, è oggi una delle meno credibili e preparate d’Europa.
[…] In un Paese normale, specie se dopo dieci anni di crescita zero e nel mezzo della più grave crisi economica dalla Seconda guerra mondiale, sentimenti del genere produrrebbero cambiamenti politici di portata storica: nei partiti, negli enti locali, nei governi, a tutti i livelli. Alcuni in meglio e alcuni in peggio, ma questo vale sempre. In Italia qualcosa è accaduto, ma ancora poco e da troppo poco tempo. C’entra “la casta”, certo, e la sua straordinaria rendita di posizione politica, economica e mediatica. Ma c’entrano, per un pezzo più che significativo, anche uno squadrone di Guglielmo Giannini al cubo, campioni di demagogia, bravi a spararla grossa, che da anni incassano – politicamente, economicamente – i dividendi della mediocrità politica della casta, preservandola. Sono i professionisti dell’anti-casta.
Beppe Grillo ne è l’esponente più sboccato, quello che unisce il massimo dell’incontinenza verbale col massimo della demagogia, il massimo delle balle col massimo del complottismo, vendendoci sopra DVD, libri e biglietti per i suoi comizi/spettacoli. Antonio Di Pietro, la Lega, Silvio Berlusconi e il variegato fronte antiberlusconiano ne sono stati, da posizioni diversissime, i più significativi
interpreti politici. Striscia la Notizia e Le Iene quelli televisivi, gli ultimi soprattutto di recente. Dietro di loro crescono e prosperano una valanga di politici, scrittori, giornalisti, conduttori televisivi, opinionisti e blogger che cercano e trovano spazi di affermazione con analoghe strategie.
Sono professionisti dell’anti-casta per ragioni sia di metodo sia di merito. Nel metodo, perché cercano e ottengono applausi a forza di sparate e “provocazioni”. Perché associano con frequenza i loro avversari ai regimi e ai peggiori dittatori del Novecento. Perché gli è capitato di chiedere le dimissioni di governi regolarmente eletti sulla base del successo popolare di una manifestazione di piazza. Perché sono manichei, perché semplificano, brigano, cercano scorciatoie, producono denunce e appelli a nastro. Perché replicano, insomma, lo stile comunicativo di chi contestano. Nel merito, perché sono spesso imprecisi, faciloni, ingannevoli, a volte in buona fede, spesso in cattiva fede. Perché maneggiano pericolosamente la dietrologia: per fare un esempio, dicevano che il governo Prodi non sarebbe mai caduto prima di una certa data perché i parlamentari avrebbero voluto prima maturare la pensione – Beppe Grillo ci fece addirittura un conto alla rovescia sul suo blog – eppure il governo Prodi cadde prima di quella certa data. Perché dicono bugie, in nome del fine che giustifica i mezzi. Perché propagandano idee clamorosamente sballate e dannose.
Lo scorso 18 ottobre [18/10/11] un sondaggio mostrato durante Ballarò illustrava quale dovesse essere secondo gli italiani “l’intervento prioritario contro la crisi”. Eravamo in pieno panico da spread, gli ultimi giorni del governo Berlusconi. Ce n’erano di cose su cui dividersi: spendere per rilanciare i consumi o tagliare la spesa per ridurre le tasse? Alzare o no l’età pensionabile? Privatizzare o nazionalizzare? Nessuna di queste ipotesi risultò in testa al sondaggio di Ballarò. Ottenne invece il 61 per cento dei voti, la maggioranza assoluta, questa proposta: “la riduzione del numero dei parlamentari”. Un altro 10 per cento sostenne che la cosa da fare subito per uscire dalla crisi fosse “abolire le province”. Misure simbolicamente importanti ma che non avrebbero impatti immediati sull’economia – se li avessero sarebbero probabilmente recessivi, almeno nel breve periodo – e che non scalfirebbero nemmeno il mastodontico debito pubblico italiano. È brutto da dire, ma in tutto sono un 71 per cento di italiani che non aveva idea di che cosa si stesse parlando.»Francesco Costa
“I professionisti dell’anticasta”
Il Sole 24 Ore – 27/06/2012
Lungi dal risolvere la questione originale, oramai del tutto posta ai margini della discussione, anni di retorica anti-casta e manipolazione mediatica…
«..hanno formato un’opinione pubblica immatura, lagnosa, superficiale, disinformata, che ragiona per luoghi comuni e frasi fatte. E che quindi nella maggior parte dei casi non può che scegliersi una classe dirigente egoista, localista, populista, appiattita verso il basso, che non rende conto di niente in particolare perché nessuno gli chiede conto di niente in particolare, dato che “sono tutti uguali”. I politici lo hanno capito e ci marciano, infatti da tempo non promettono più di essere eccezionali ma di essere “gente come noi”. Rassicurano, invece che scuotere. Seguono, invece che guidare.
La “casta” dei politici italiani, con tutte le sue grandi e pompose storture, non è piovuta dal cielo, né oggi rimane al suo posto grazie a superpoteri invincibili o paranormali. È stata votata, e poi ri-votata, e poi votata ancora. Dagli stessi che se ne lamentano, il più delle volte. E questo perché “la casta” dei politici è l’espressione ultima di un Paese che è interamente strutturato in modo castale. Si pensi alla nostra scarsissima mobilità sociale, per esempio, oppure allo scandaloso apartheid a cui sono relegati i lavoratori precari. Agli stipendi che si muovono solo e soltanto sulla base dell’anzianità, oppure all’arcaica e corporativa regolamentazione delle professioni. Caste, vere.»Francesco Costa
“I professionisti dell’anticasta”
Il Sole 24 Ore – 27/06/2012
È aspetto questo che sembra totalmente avulso da ogni altra considerazione che non sia circoscritto alla mera contabilità da scontrino alla bouvette di Montecitorio, in una democrazia minimale che si nutre di suggestioni e rigurgiti autoritari che scambia per “decisionismo”.
DISTRAZIONI DI MASSA
Posted in Muro del Pianto with tags Alberto Moravia, Baby prostitute, Camillo Berneri, Costume, Degrado, Demagogia, Democrazia, Enkou, Giornalismo, Informazione, Italia, L'Adunata dei Refrattari, Liberthalia, M5S, Media, Notizie, Papi, Parioli, Prostituzione minorile, Reddito di cittadinanza, Roma, Società on 10 novembre 2013 by SendivogiusÈ desolante constatare, se ancora ce ne fosse bisogno, come i deserti delle democrazie mediatiche siano costantemente abbacinati dagli abbagli di non-notizie, centrifugate nella poltiglia indistinta di una generalizzazione piagata dalla massima approssimazione… L’importante è impressionare, scuotere l’attenzione nel sensazionalismo dell’attimo; giammai approfondire e razionalmente ponderare.
E fu così che in un brutto giorno d’autunno l’italiota medio, dal fondo del suo salottino misero-borghese, scoprì l’esistenza delle baby-prostitute e delle porno-lolite che arrotondano la paghetta avita con ben più consistenti marchette mercenarie. Piaga antica come l’umanità e universalmente diffusa, della prostituzione minorile parlava ampiamente (per dire) anche il Satyricon di Petronio: testo che nei licei seri ancora si legge, o si traduce direttamente dal latino.
In Giappone, vengono chiamate Enkou shōjo e la pratica si accompagna spesso allo squallido fenomeno conosciuto col nome di Enjo kōsai…
Dalle nostre parti, ne ha scritto diffusamente Alberto Moravia in uno dei suoi romanzi più duri: “La vita interiore”, guarda caso ambientato negli ambienti pariolini della Roma bene.
In tempi più recenti, il pubblico meretricio delle prostitute bambine, consumato nell’indifferenza generale lungo i viali metropolitani, si è trasferito direttamente nelle dimore imperiali del Papi della Patria ed eletto a pratica ordinaria, tra gare di burlesque e cene eleganti con la partecipazione straordinaria della nipote marocchina dell’egiziano Moubarak.
Ovviamente, a destare scandalo è un fattaccio di cronaca cittadina da usare come stura per un allarmismo ipocrita, dietro il quale si cela però una morbosità malsana, per alimentare le paranoie di genitori già patologicamente iperansiogeni, divorati dai sensi di colpa di peter pan assenti.
Le altre non-notizie del momento sono tutte all’insegna del medesimo squallore, applicato al deprimente grigiore politico del tempo presente: la non-decadenza del Pornonano; le non-dimissioni del Guardasigilli; le non-proposte di un non-partito, che si rianima a colpi di fake e tra le esibizioni di rutto libero del “capo politico”, per camuffare un’incompetenza imbarazzante…
E in tal senso, l’ennesima boutade pentastellata circa il sedicente “reddito di cittadinanza” è già sfrecciata via come una cometa in disfacimento, per ricadere subito nel dimenticatoio dell’idiozia, ridotta qual’è a buffonata mediatica, dissolvendosi nei fumi della sua pretenziosa inconsistenza tra declamazioni trionfali ed effimeri scoppi di mortaretti.
È un avvicendarsi di imbonitori e venditori sul palco della ribalta, al grande incanto delle proposte irrealizzabili: dal presidente operaio e un milione di posti di lavoro, a mille euro per tutti! Anzi no: 600… 800… 400… è un asta al ribasso, ora al rilancio!
Superato il dramma, resta la farsa.
Tutto si sussegue alla stregua dei trucchi da baraccone di un prestigiatore impazzito, che dal suo cilindro magico non fa altro che tirare fuori, coniglietti, tortorelle e mazzi di fiori a getto continuo, tentando invano di impressionare un pubblico sempre più annoiato e distratto.
In tempi di agonia politica, l’agone appartiene agli attori travestiti da tribuni ed ai venditori camuffati da moralisti… Un vecchio vizio tipicamente italiano, che anarchici preveggenti come Camillo Berneri conoscevamo bene e sapevano riconoscere dietro le pratiche della “demagogia oratoria”:
«A forza di seminare sciocchezze a piene manciate, a forza di provocare diarree di entusiasmo senza pensiero, a forza di lanciare delle trovate da ciarlatani invece che delle idee nette e ferme, siamo giunti al fascismo. E non abbiamo ancora imparato che pochissimo, nonostante che la lezione sia stata disgustevole di olio di ricino, dura di manganello, lacrimante sangue e sghignazzante con tutti i denti, come la morte sghignazza. Oh, che ci vuole agli Italiani per stomacarli?
[…] Il predicatore, sia tonsurato sia ateo, sia fascista sia giacobino, è facondo sempre ma non mai eloquente. La facondia permette di parlare a lungo ed elegantemente senza esporre idee che non siano dei luoghi comuni.
[…] Il facondo senza eloquenza è il tribuno volgare. Prato ondante al vento della parola, la folla accoglie il fondiccio di torbidumi ideologici, si compiace delle cascatelle di metafora più o meno barocche, si meraviglia della fluidità dell’eloquio, si lascia impaniare dalle civetterie del gesto e dei toni. Ma finito il discorso-spettacolo, non rimane, nei cervelli, che qualche vaga immagine fumosa
di tutti quei razzi e di tutte quelle girandole. Alla domanda dell’assente: “Che cosa ha detto?” non vi è altra risposta: “Ha parlato bene”, che altra risposta non è possibile.»Camillo Berneri
da L’Adunata dei Refrattari
(28/03/1936)