“Pancia piena non pensa a quella vuota”. Quando ciò avviene, gli esiti possono essere devastanti…
Sazi del proprio, digiuni del mondo, si crede che al popolino senza pane si possa dare qualche brioches presa dalla mensa reale, mentre tra una chiacchiera e l’altra ci si ingozza di pasticcini ai tavoli della bouvette parlamentare.
Ansiosi di lasciare ai posteri un segno tangibile della loro anonima (e strapagata) presenza, gli Onorevoli inquilini di ‘Casa Montecitorio’ sono riusciti a promulgare una delle peggiori leggi della Repubblica. Nefasto caso di maggioranza trasversale per la rovina generale. Ma guardiamo i fatti…
Nel lontano Maggio 1996, un nutrito pattuglione guidato dal sanguigno Francesco Storace
(indimenticabile governatore del Lazio e attuale duce de “La Destra”) presentava la sua proposta in “materia di locazioni immobiliari”: la riforma del mercato degli affitti, buona (forse) nei propositi ma pessima nei risultati. A fornire il grasso per la corda contribuivano anche 50.000 elettori (clientes), con tanto di firma al “disegno di legge di iniziativa popolare”, in una singolare combinazione di incompetenza, esuberanza populistica, ignoranza economica, e sistematica sottovalutazione dei rischi, insieme a qualche inconfessabile interesse personale. A dimostrazione che la madre dei cretini, oltre ad essere particolarmente prolifica, non usa precauzioni.
Due anni di gestazione per arrivare al parto della Legge n° 431 (del 9 dicembre 1998), inerente: “la disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo“.
Siccome non vogliamo lasciare nell’oblio gli orgogliosi padri di un simile aborto, ne riportiamo con piacere i nomi e le circostanze:
«Il Senato della Repubblica, il 30 settembre 1998, ha approvato, con modificazioni, il seguente disegno di legge, già approvato dalla Camera dei deputati, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge d’iniziativa dei deputati:
Francesco Storace; (AN)
Alfredo Zagatti, relatore di commissione (DS-Ulivo)
Filippo Ascierto; (AN)
Calzolaio, Camoirano, Lorenzetti, Gerardini, De Simone, Bartolich, Vigni e Pittella; De Cesaris e Pistone; Testa; Pezzoli; Delmastro Delle Vedove; Riccio e Foti; Pezzoli, Caruso, Menia, Colucci; Franz; Martini; Giorgetti Alberto; Cavanna; Scirea; Sospiri; Riccio; Migliori e Benedetti Valentini; e di un disegno di legge d’iniziativa popolare.»
In pratica, il progetto di legge prevedeva la liberalizzazione delle locazioni immobiliari e il rilancio della ‘libera’ contrattazione, come annunciato nella roboante dichiarazione d’intenti:
«Onorevoli Colleghi! Il regime dell’equo canone ha di fatto appiattito il mercato edilizio, ma ha anche liberalizzato gli affitti per usi diversi dall’abitazione
(…) Con la presente proposta di legge si vuole proseguire sulla strada della liberalizzazione dei canoni d’affitto… Lo scopo è quello di far ritornare sul mercato degli affitti primari quelle abitazioni che per la scarsa remuneratività o per la mancanza di espressione della volontà contrattuale, ne sono rimaste fuori»
Preoccupati dalla carenza di alloggi in affitto, i promotori offrono anche una interessante interpretazione del fenomeno:
«L’emergenza abitativa è crisi di canoni. I canoni di mercato sono alti per gli inquilini che hanno un solo reddito, ma non lo sono per i proprietari che cercano una giusta redditività su un investimento fatto qualche volta anche con sacrifici»
Con salomonico impegno, contro il fenomeno degli affitti in nero e le case sfitte, si vogliono perciò conciliare gli interessi degli inquilini con quelli dei proprietari. E si fa finta di ignorare che nella stragrande maggioranza dei casi, specialmente nelle grandi città, a detenere le proprietà immobiliari sono Enti Pubblici e Fondazioni, con ampie agevolazioni fiscali; nonché gruppi bancari e compagnie assicurative.
Coerentemente, per venire incontro alla domanda di alloggi, da parte dei redditi più deboli e delle fasce sociali più svantaggiate, si liberalizzano i canoni di locazione con una serie di benefici, ad effetto immediato per i proprietari che vedono un ritorno economico non indifferente.
Ci sarebbero anche i diritti e la tutela degli inquilini, specialmente di quelli più bisognosi… E la nuova legge pensa anche loro, ipotizzando una serie di incentivi e di garanzie che però si guarda bene dal codificare. Infatti, demanda tutto ai singoli Comuni, senza alcuna contropartita per le casse erariali, con una vacuità di intenti, tanto eterea quanto sono materiali i vantaggi per i grandi immobiliaristi.
«I comuni sono chiamati con questa proposta di legge a impegnarsi su più direttrici.
Innanzitutto dovranno incentivare una migliore distribuzione degli alloggi offerti sul mercato. Si dovrà poi dar corso ai programmi di costruzione per edilizia popolare.
In attesa, i comuni definiti ad alta tensione abitativa potranno assumere in locazione immobili ad uso abitativo per destinarli a nuclei familiari colpiti da sfratto o che si trovino in situazioni di emergenza abitativa.
Le locazioni sono concluse ad uso transitorio ai sensi dell’articolo 26 della legge 392 del 1978 per la durata da uno a tre anni. I soggetti immessi nel possesso degli immobili versano al comune gli importi fissati dai contratti di locazione. Il comune si impegna nei confronti del proprietario al rilascio dell’alloggio nei termini contrattuali e si accolla ogni responsabilità per i danni che derivassero al proprietario stesso in caso di inadempimento. Gli stessi comuni inoltre possono istituire un fondo sociale per l’integrazione dei canoni di locazione per i conduttori meno abbienti»
Nella stesura di legge definitiva, sarebbe previsto un fondo nazionale di sostegno economico (Art. 11), la cui copertura finanziaria però non è certa, perché legata alle leggi di bilancio su programmazione annuale. Il resto delle agevolazioni per gli inquilini sono invece rimesse alla precedente giurisprudenza ancora in vigore, senza alcun significativo contributo aggiuntivo.
All’applicazione di canoni a prezzi accessibili, e all’effettivo rispetto dei contratti di locazione, provvederà naturalmente la “mano invisibile” del mercato rimesso al buonsenso dei privati. Con gli eccezionali risultati che tutti conosciamo.
Aboliti di fatto il vecchio “Equo-Canone” (Legge 392/78) ed i “Patti in deroga” (Legge 359/92), la Legge 431/98 contempla principalmente due livelli di trattativa:
A. Contrattazione libera, rimessa al libero mercato ed alla discrezione delle parti.
B. Contrattazione collettiva, attraverso l’introduzione di un canone concordato tra organizzazione dei proprietari e associazioni inquilini.
“Il contratto con canone concordato, previsto soltanto per le zone ad alta tensione abitativa (zone metropolitane), è definito anche “agevolato” in quanto la sua scelta da parte dei proprietari viene incentivata dalla legge mediante la concessione di agevolazioni fiscali (IRPEF calcolata sul 59,5 % dell’imponibile anziché sull’85%, più sconto sull’ICI) nonché con la facoltà di stipulare una durata più breve (tre anni anziché quattro come previsto per i contratti liberi)”
[ fonte, ARES 2000 ]
Nell’ambito complessivo, tra mercato “libero” e “concordato”, la nuova legge prevede inoltre l’introduzione di tre tipologie contrattuali:
1) Un contratto di quattro anni, rinnovabile per uguale periodo (4+4), con canone libero e quindi non coperto dalla fiscalizzazione agevolata per chi affitta a prezzo “calmierato”. Immaginate di quale enorme potere contrattuale dispone poi il potenziale inquilino.
2) Un contratto di durata triennale, con un canone concordato, in base agli accordi territoriali definiti in sede locale con le rappresentanze sindacali. Tale tipo di canone prevede una serie di detrazioni integrative per il proprietario dell’immobile.
3) Un contratto di natura transitoria, sempre su base territoriale, per la durata massima di 18 mesi, pensato principalmente per venire incontro alle necessità di lavoratori con contratto temporaneo e studenti universitari fuori sede.
Come le famose “Grida” di manzoniana memoria, la legge sancisce tutta una serie di divieti e sanzioni in caso di violazioni contrattuali o irregolarità, come ad esempio:
– Corresponsione di un canone superiore rispetto a quello registrato nel contratto
– Versamento di una cauzione superiore ai tre mesi di affitto
– Mancata corresponsione al locatario degli interessi percepiti sul deposito cauzionale
– Penale in caso di recesso anticipato del contratto
– Accollo delle spese per lavori straordinari e spese di manutenzione ordinaria, a carico dell’inquilino (in caso di canone concordato)
– Variazione del canone di locazione con aumenti annuali
Peccato che i controlli in materia sono assolutamente inesistenti. Inoltre, è quasi impossibile per un inquilino dimostrare le eventuali violazioni contrattuali, dal momento che si basano su accordi verbali e non certo su abusi messi per iscritto!
Conformemente, nel 2002 la Corte Costituzionale ha stabilito che per il proprietario non è necessario dimostrare di essere in regola col Fisco, per poter esercitare lo sfratto, mentre non esiste alcuna garanzia per quanto versato in surplus dall’affittuario, in contrasto con ciò che invece va affermando la legge (Art. 13, comma 5):
“il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può richiedere la restituzione delle somme indebitamente versate. Nei medesimi casi il conduttore può altresí richiedere, con azione proponibile dinanzi al pretore, che la locazione venga ricondotta a condizioni conformi a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 2 ovvero dal comma 3 dell’articolo 2. Tale azione è altresí consentita nei casi in cui il locatore ha preteso l’instaurazione di un rapporto di locazione di fatto, in violazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, e nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione il pretore determina il canone dovuto, che non può eccedere quello definito ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 ovvero quello definito ai sensi dell’articolo 5, commi 2 e 3, nel caso di conduttore che abiti stabilmente l’alloggio per i motivi ivi regolati; nei casi di cui al presente periodo il pretore stabilisce la restituzione delle somme eventualmente eccedenti.”
Sempre tenendo conto dei tempi della giustizia italiana.
Viste le brillanti premesse, la Legge 431 è stata interpretata e sfruttata a tutto vantaggio dei proprietari, rivelandosi funzionale esclusivamente alla speculazione dei grandi gruppi immobiliari che controllano il mercato, insieme a spregiudicati affaristi senza scrupoli… Qualcuno ricorda ancora i famigerati Furbetti del Quartierino?
La contrattazione collettiva si è rivelata invece fallimentare, con un impatto minimo sul mercato (meno del 20% e in costante riduzione). Applicato in prevalenza per gli immobili pubblici e per i patrimoni privati degli enti previdenziali, il canone concordato non ha minimamente garantito gli inquilini storici dai rischi di sfratto, aprendo piuttosto la strada alle cartolarizzazioni ed alla dismissione in massa degli immobili. Questo perché tale contratto non è ritenuto redditizio dalle società proprietarie che preferiscono vendere, liberandosi delle spese di gestione e degli oneri accessori come la manutenzione. Lungi dal favorire la disponibilità di nuovi alloggi, la liberalizzazione ha comportato la vendita sul libero mercato di oltre un milione di appartamenti, determinando una situazione economica insostenibile per le famiglie a basso reddito.
Tra gli altri effetti collaterali, la creazione di una domanda indotta che comporta una ulteriore lievitazione degli oneri contrattuali e accresce la domanda di case in proprietà aumentando a dismisura i costi alla vendita. Di conseguenza, si è verificato un paradosso curioso: affitti altissimi e richiesta al minimo storico, mentre milioni di persone vivono sotto un tetto precario come i loro lavori.
Nel 2002, a tre anni dalla promulgazione della legge, in tutta Italia gli affitti sono cresciuti in media del 40% con punte del 60% a Torino e del 54% a Roma. Naturalmente non sono diminuite le locazioni in nero, che anzi sono aumentate a dismisura con l’estensione del canone libero, insieme agli abusi e alle vessazioni a danno degli affittuari, perpetrati nella certezza della totale impunità.
Quando il canone è registrato, oltre il 60% dei locatori chiede il pagamento di un affitto maggiore rispetto a quello riportato nel contratto di locazione.
“Ma occorre anche considerare la rilevanza di un altro fattore, e cioè del comportamento fortemente speculativo delle grandi società immobiliari e delle lobby internazionali del mattone: Specialmente nel settore degli appartamenti di pregio, dei residence di lusso, delle case-ufficio e delle case-vacanze si sono formati dei canali internazionali globalizzati molto remunerativi, che operano soprattutto a livello informatico e che da una lievitazione generalizzata dei prezzi di mercato (anche dell’affitto) hanno tratto vantaggi insperati.”
[ Indagine sull’emergenza abitativa; Rapporto del 2002 – Ares2000]